La medicina in Grecia e Roma antica

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La medicina in Grecia e Roma antica
Nelle prime fasi, la medicina occidentale era una medicina teurgica, in cui la malattia era
considerata un castigo divino, concetto che si trova in moltissime opere greche, come l'Iliade, e che
ancora oggi è connaturato nell'uomo.
Il simbolo della medicina è il serpente, animale sacro perché ritenuto,
erroneamente, immune dalle malattie. Secondo un'altra versione nel
simbolo non è rappresentato un serpente, ma l'estirpazione del
Dracunculus medinensis o verme di Medina. Comunque, il serpente
aveva un'importante funzione pratica nella medicina antica: nel tempio
di ogni città c'era una sorta di cunicolo con i serpenti. Il tempio, infatti,
non era solo un luogo di devozione, ma anche un luogo dove si
portavano i malati: la fossa dei serpenti serviva a spaventare il
paziente, a cui probabilmente venivano date anche delle pozioni, per
indurre uno stato di shock e fargli apparire il dio che così lo guariva.
Col passare del tempo la medicina prese sempre più le distanze dalla
religione sino ad arrivare alla medicina razionale di Ippocrate, che
segnò il limite tra razionalità e magia.
Le prime scuole si svilupparono in Grecia e nella Magna Grecia, cioè in
Sicilia e in Calabria. Tra queste, fu importantissima la scuola pitagorica.
Pitagora, grande matematico, operava nell'isola di Samo, ma si spostò
a Crotone quando il tiranno Policrate prese il potere nella sua città. Egli portò nella scienza naturale,
ancora non definibile medicina, la teoria dei numeri: secondo Pitagora alcuni numeri avevano
significati precisi e, fra questi, i più importanti erano il 4 e il 7. Il 7 ha sempre avuto un significato
magico, per es. nella Bibbia un numero infinito è indicato come 70 volte 7. Tra l'altro il 7
moltiplicato per 4 dà 28, cioè il mese lunare della mestruazione, e 7 per 40 dà 280, cioè la durata in
giorni della gravidanza. Sempre per la connotazione magica del 7 si diceva che era meglio che il
bambino nascesse al 7° mese piuttosto che all'8°. Anche il periodo di quarantena, cioè i 40 gg che
servirebbero per evitare il contagio delle malattie, è derivato dal concetto di sacralità del numero
40. Tuttavia la scuola pitagorica non si limitò a questo, ebbe importanti allievi e in quel periodo
nacquero delle scuole filosofiche molto importanti.
Talete elaborò un'importante sistema secondo cui l'universo era costituito da: aria, acqua, terra,
cui Eraclito aggiunse il fuoco (i 4 elementi fondamentali). In questo periodo venne dato grande
rilievo anche alle qualità, secco e umido, freddo e caldo, dolce e amaro, etc.
Un grande allievo di Pitagora, Alcmeone di Crotone, nel VI-VII secolo a.C. fu il primo ad avere
l'idea che l'uomo fosse un microcosmo costituito dai 4 elementi fondamentali. Secondo lui
dall'equilibrio degli elementi, che chiamò isonomia o democrazia, derivava lo stato di salute, mentre
lo stato di malattia derivava dalla monarchia, ovvero dal prevalere di un elemento sugli altri.
Alcmeone fu anche il primo ad individuare nel cervello l'organo più importante. Sino ad allora era
stata data pochissima importanza al cervello, che era sempre sfuggito all'osservazione: all'epoca
greca il corpo era sacro e non si praticavano dissezioni, ma veniva visto negli animali sacrificati
come una massa gelatinosa e fredda di scarso interesse. Alcmeone stabilì che il cervello doveva
essere l'organo che comandava l'organismo. Pare che si fosse anche reso conto, fatto poi smentito
da altri, che i nervi servissero per condurre gli impulsi nervosi, ma questa notizia non ha lasciato
traccia nella storia della scienza di allora.
La vera e propria medicina razionale è da attribuire ad Ippocrate (V
sec. a.C.), padre della medicina. Ippocrate visse tra il 460 e il 370 a.C. nell'isola di Coo o Cos, nel
Dodecanneso, dove si sviluppò la scuola razionale, cui vanno ascritti molti dei pensieri attribuiti ad
Ippocrate, che visse nei 50 anni di pace periclea, periodo in cui fiorì la filosofia. Operò nell'area del
Mediterraneo e nei suoi viaggi toccò la Sicilia, l'Egitto, Alessandria, Cirene, Cipro.
La base della medicina razionale è la negazione dell'intervento divino nelle malattie. Anche la
famosa malattia sacra, l'epilessia, fu attribuita ad una disfunzione dell'organismo.
La concezione di Ippocrate si rifaceva a quella di Talete ed in parte anche a quella di Alcmeone di
Crotone, quando diceva che l'uomo è il microcosmo ed il corpo è formato dai 4 elementi
fondamentali, nell'ordine aria, fuoco, terra ed acqua. Secondo Ippocrate e la sua scuola (pare che
addirittura si trattasse di suo genero Polibo), agli elementi del corpo umano corrispondevano, in
base a delle qualità comuni, degli umori: all'aria, che è dappertutto, corrispondeva il sangue; al
fuoco, caldo, corrispondeva la bile; alla terra, per il colore, corrispondeva un umore scuro in realtà
inesistente, forse osservato nella pratica dell'auruspicina, durante il sacrificio degli animali. Il
sangue della milza, venoso, molto scuro fu forse ritenuto essere un altro umore, diverso dal sangue,
e fu chiamato bile nera, atrabile in latino e o melaina kole' in greco; infine all'acqua corrispondeva il
muco, o pituita o flegma, comprendente tutte le secrezioni acquose del nostro corpo (saliva, sudore,
lacrime, etc.), localizzato principalmente nel cervello, che era umido e freddo come l'acqua.
Agli umori furono fatte corrispondere anche le stagioni: la prima stagione, quella del sangue e
dell'aria corrispondeva alla primavera, l'estate era quella del fuoco e della bile, l'autunno era quella
della terra e dell'atrabile e l'inverno era la stagione dell'acqua, della pituita e del cervello. Fu fatto
anche un parallelismo con le quattro età della vita, infanzia e prima giovinezza, giovinezza matura;
età virile avanzata, ed infine età senile.
Ippocrate, rifacendosi a quello che aveva detto Alcmeone di Crotone, sosteneva che la malattia
derivasse dallo squilibrio, senza parlare
La medicina greca di Alessandria influenzò Roma, nonostante l’iniziale resistenza dei romani. A
Roma la medicina era praticata in ambito familiare (il medico di famiglia era il pater familias, che
aveva il potere assoluto sulla famiglia) e nessuna teoria vera e propria vi era alla sua base,
risultando, perciò, una scienza empirica, anche se razionale.
I medici, per lo più schiavi o liberti, che pretendevano un onorario per le loro cure, cosa che destava
scandalo presso gli aristocratici tradizionalisti, erano considerati come utili artigiani tanto che molti
signori istruivano alla medicina gli schiavi più dotati per tenerli presso di loro come medici personali
o di famiglia servendosene, come permetteva la legge, anche dopo la loro liberazione.
Una vera e propia formazione all’arte della medicina non esisteva in Roma. Galeno, nel II secolo
d.C., nota come molti dei suoi presunti colleghi non sappiano neppure leggere mentre il medico
Tessalo, vissuto durante il governo di Nerone, pretende di formare alla medicina in meno di sei
mesi.Chiunque poteva dichiararsi medico e senza nessuna cognizione teorica o esperienza pratica
aprire un ambulatorio. L’esercizio della professione era remunerativo e molti, del tutto inesperti,
come ciabattini e tessitori, diventavano da un giorno all’altro medici o meglio lo diventavano
facendo esperienza sulla pelle dei loro pazienti.
Quello che noi oggi chiamiamo lo studio del medico nell’antica Roma non si distingueva dalle altre
botteghe presenti nel foro che gli archeologi sono in grado di identificare solo per i reperti di
strumenti medici ivi ritrovati. L’arredamento era piuttosto semplice: cassapanche e cassette per gli
strumenti medici, le medicine, teli e bende, anfore con acqua, olio e vino, due sedie e sgabelli e
spesso anche un lettino. Nella completa mancanza di ospedali civili, vicino all’ambulatorio vi era una
specie di lazzaretto per la degenza e l’osservazione dei pazienti operati.
Il medico nell’antica Roma era di solito un professionista “generico” che non aveva una precisa
specializzazione, con l’eccezione di alcune grandi città dove esercitavano rari medici specialisti che
divengono più numerosi a partire dal I secolo d.C. in tre settori della medicina: la chirurgia
(chirurgus), l’oculistica (ocularius) e l’otorinolaringoiatria (auricularius). Alcuni come un tale Decimio
Eros Merula di Assisi aveva una doppia specializzazione in chirurgia e oculistica e per questo motivo,
come attesta un’iscrizione sul suo sepolcro, accumulò tanto denaro da lasciare il comune erede di
una grossa donazione.
I medici più noti ed apprezzati raggiungevano dei redditi annui molto elevati sino a parecchie
migliaia di sesterzi giungendo ad accumulare patrimoni milionari ottenuti anche con il “regalo
d’onore”, da cui il termine “onorario”, con cui i malati più ricchi risanati usavano premiare il medico
competente con del denaro in sovrappiù di quello richiesto.
Alcuni invece, per avidità si comportavano in modo difforme dall’etica della professione prolungando
costose cure per una malattia già sanata oppure pretendendo somme ingenti per una medicina di
poco prezzo o addirittura portando a morte un paziente che avesse incluso il proprio medico nel suo
testamento.
Uno specialista molto attivo nell’antichità era l’ oculista, il che fa supporre una diffusione delle
malattie collegate agli occhi come attestano i frequenti, circa 300, ritrovamenti archeologici nelle
regioni occidentali dell’Impero, del cosiddetto “pestello dell’oculita”, consistente in una piccola
piastra di pietra, di circa 5 centimetri di lato, su cui era iscritto il nome del medico e il principio
attivo della medicina con le relative indicazioni. Il pestello veniva adoperato come un mortaio per
realizzare unguenti particolari che venivano essiccati ed usati come colliri (panini) come “la pomata
di Onesto Lautino contro vecchie cicatrici” (Honesti Lautini diamisus ad veter[es] cica[trices])
La letteratura medica dell’epoca è ricca di trattati dedicati alla ginecologia ma non vi sono prove, ad
eccezione di una fonte (cfr. Sorano, III, pr.), che attestino la professione di ginecologi come medici
specializzati. Nei parti aveva maggiore importanza la funzione dell’ostetrica mentre il medico
svolgeva una azione di sostegno nei casi difficili. É probabile che i pochi medici donna di cui
abbiamo testimonianze fossero specializzate proprio in ginecologia dove ci si avvaleva di strumenti
abbastanza evoluti come lo speculum vaginale.
Poiché, come per il medico generico, anche per lo specilista non esisteva alcuna formazione o
autorizzazione pubblica, non mancavano ciarlatani che con poco spesa si inventavano strane
specializzazioni come quella per rimuovere i marchi a fuoco di ex schiavi, per la bruciatura di ciglie o
per le fratture o come quei specialisti delle malattie della pelle che affluirono numerosi dall’Egitto,
per arricchirsi con le loro prestazioni ai romani colpiti da una epidemia di lebbra.
L’odontoiatria non costituiva una specializzazione particolare molto diffusa ma era in genere
esercitata dai chirurghi che la praticavano, in assenza di anestetici efficaci, in modo molto doloroso
per i malcapitati. Inoltre le conoscenze del tempo permettevano di applicare protesi dentali e di
sostituire denti cariati con altri di avorio o metalli.
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La medicina arrivò a Roma con la conquista della Grecia. Auruspicina etrusca e teorie mediche della
Magna Grecia sono le fondamenta sulle quali nacque la medicina romana. Essa si sviluppò grazie
all’apporto di conoscenze provenienti dalla Grecia; furono moltissimi, infatti, i medici greci che
operarono nell’Urbe. A Roma fare il medico era considerata cosa disdicevole, che poteva fare solo
uno straniero. Siccome la Grecia, dopo la conquista romana, era poverissima per le numerosissime
guerre che l’avevano dilaniata, ci furono numerosi medici che si vendettero come schiavi per poter
andare a Roma ad esercitare la propria arte. Molti di questi divennero famosi e si comprarono la
libertà, divenendo dei liberti. Nonostante la fiducia dei tradizionalisti i medici greci o forestieri si
affermarono in Roma tanto che sia Cesare che Augusto concessero loro il diritto di cittadinanza e
vietando che potessero essere rimandati ai loro luoghi d’origine.
I principali scrittori di medicina nel I e II secolo d.C. e medici famosi furono: il medico greco
Pedanio Dioscoride, il primo botanico medico scientifico; il medico greco Arteo di Cappadocia, un
discepolo di Ippocrate; l’anatomista greco Rufo di Efeso, noto per i suoi studi sul cuore e sugli
occhi; il Greco Sorano di Efeso che pubblicò un trattato di ginecologia. il medico romano Aulo
Cornelio Celso, autore di un’enciclopedia di medicina;
I pensieri
I Metodici (I sec. a.C.)
Si sviluppò a Roma nel I secolo a.C. e ebbe maggior fortuna. Il suo fondatore fu Temisone di
Laodicea, allievo di Asclepiade di Prusa. Temisòne influenzò moltissimo la cultura medica romana.
Asclepiade di Prusa (130 a.C.) svolse un ruolo importante nella diffusione della medicina greca a
Roma nel I secolo a.C. Contrario alla teoria degli umori, Asclepiade sosteneva che il corpo fosse
composto da particelle staccate, o atomi, separati da pori (canalicoli), e che la malattia fosse
causata dall’alterazione del moto ordinato degli atomi o dal blocco dei pori, che egli tentava di
guarire tramite l’esercizio fisico, i bagni e le variazioni della dieta, piuttosto che con i farmaci.
Questa teoria venne ripresa periodicamente e in varie forme fino al XVIII secolo. Fu un ottimo
medico pratico e utilizzò abbondantemente le cure termali e l’idroterapia. I Metodici si impegnarono
duramente nel tentativo di classificare tutte le malattie e le cure allora conosciute; le teorie degli
Empirici furono il loro punto di partenza. Il più noto tra i Metodici fu Sorano di Efeso (I / II sec.),, un
medico greco che che registrò nozioni di ostetricia e ginecologia, apparentemente basate su
dissezioni umane, e che, sebbene aderisse alla scuola di Asclepiade, distingueva le malattie in base
ai sintomi e al decorso; pubblicò un trattato di ginecologia. Operò a Roma durante l’Impero di
Traiano e di Adriano.
I Pneumatici (I sec. a.C.)
La dottrina dei Pneumatici si sviluppò a Roma al tempo di Nerone e Vespasiano (I sec. a.C.).
Secondo i membri di questa scuola la base della vita è lo Pneuma, un agente capace di raggiungere
ogni parte del corpo trasportato del sangue, producendo il “calore animale”. L’intuizione dei
Pneumatici è notevole e anticipa la scoperta delle funzioni dell’ossigeno nell’organismo. Agatino di
Sparta, Archigene di Apamea ed Erodoto sono i più noti esponenti dei Pneumatici.
Gli Eclettici (I sec. a.C.)
La scuola degli Eclettici convisse a Roma con quella dei Pneumatici nel I secolo a.C. Secondo gli
Eclettici nessuna delle teorie mediche allora conosciute era del tutto convincente. Per questo
selezionarono dalle altre dottrine le idee che ritenevano migliori, riunendole in un corpus personale.
Tra gli Eclettici si ricordano Arateo di Cappadocia e Pedànio Dioscoride. Dioscuride Pedànio (I sec.
D.C.), importantissimo trattatista, fu il fondatore della botanica farmaceutica, e pubblicò un libro,
intitolato De materia medica, che rimase come base della farmacologia fino al primo ’800.
AULO CORNELIO CELSO (Fine del I sec. a.C.)
Fu l’unico vero romano tra i grandi medici che operarono a Roma. Nacque alla fine del I secolo a.C.
da una famiglia patrizia. Non fece parte di nessuna delle scuole mediche dell’epoca; nella pratica si
rifaceva agli insegnamenti di Ippocrate e Asclepiade. Della sua immensa opera enciclopedica “De
artibus” è arrivata fino a noi solo la sezione “De medicina”: un compendio di medicina in otto
volumi. Celso (14 A.C.-37 D.C.) fece una sorta di enciclopedia medica in cui trattò argomenti di
chirurgia, di medicina dal punto di vista di un erudito, piuttosto che da quello di un conoscitore
dell’argomento, facendo un grande elenco di pratiche comuni a Roma. Descrisse i sintomi delle
malattie in modo molto accurato: dalle sue parole possiamo riconoscere disturbi noti e diffusi anche
ai nostri giorni. Celso fu un punto di riferimento per i medici del Medioevo. Inventò una terminologia
medica ancora usata nella medicina moderna. Da qui possiamo però farci un’idea dello sviluppo
raggiunto dalla chirurgia in quell’epoca, soprattutto in alcuni campi, quali l’odontoiatria. La chirurgia
odontoiatrica è di origine etrusca, i quali erano abili dentisti: si hanno, infatti, immagini di protesi
dentarie, di impianti di denti. Grande importanza ebbe l’erboristica anche se, anch’essa, usata in
maniera molto empirica.
GALENO (II sec. d.C.)
Galeno
Il medico più importante e noto dell’epoca romana, che lasciò una traccia importantissima nella
cultura occidentale, fu Galéno (131 D.C.-201 D.C.) il pergameno. Galeno di Pergamo, greco, fu il
medico più rilevante di questo periodo; l’importanza di questo medico, nella storia della medicina
antica, è seconda solo a quella di Ippocrate. Questi nacque a Pergamo intorno al 130 d.C. ed era
figlio dell’architetto dei re, proveniva dunque da una famiglia facoltosa; studiò a Corinto, Smirne e
Alessandria e dopo il tirocinio ad Alessandria passò a Roma, dove fece il medico dei gladiatori e di
Marco Aurelio , acquisendo quindi una certa infarinatura anatomica, anche se, seguendo i concetti
greci, si dedicò soprattutto alla dissezione degli animali. Tra questi i più studiati erano il maiale
(“l’animale più simile all’uomo”, a detta di Galeno) e la scimmia . Galeno intuì l’importanza
fondamentale degli organi e di molti anche il loro effettivo ruolo; ad esempio capì che le vesciche
urinarie non producevano urina, ma che questa proveniva dagli ureteri (lo dimostrò legando gli
ureteri), descrisse per la prima volta il nervo ricorrente. Ebbe molta importanza come medico
pratico: basandosi sulle piante medicinali introdusse farmaci di grandissima importanza, introdusse,
ad esempio, l’uso della corteccia di salice, del laudano (tintura di oppio) come anestetico. Però
insieme a questi reclamizzò dei farmaci completamente inutili, tra cui la triacache veniva venduta
nelle farmacie. Venne utilizzata fino alla fine del 1700. Nonostante le sue numerose intuizioni,
poiché la teoria più accettata all’epoca era quella ippocratica, egli, pur con qualche introduzione di
elementi estranei, sposò la teoria degli umori. Anzi, esasperò l’aspetto terapeutico della materia
peccans. Tra la materia peccans vi era il pus, che venne chiamato da Galeno “bonum et laudabile”,
perchè era espressione di materia peccans che doveva essere eliminata: aveva capito che il pus era
una sostanza da eliminare. Purtroppo, però, soprattutto dagli epigoni di Galeno tale teoria venne
sfruttata in senso stretto: dicevano infatti che le ferite non dovevano guarire per prima intenzione,
ma doveva formarsi prima pus: era quindi necessario bruciare la ferita in maniera tale da provocare
la sua formazione, perchè solo così le ferite guarivano meglio. Tale concetto restò valido sino alla
fine del 1500. Galeno portò, inoltre, all’esasperazione anche altre metodiche terapeutiche, quali il
salasso. Nel suo concetto introdusse anche il concetto metodista dei pori: ciò, però, fu travisato ed
interpretato come un invito, fatto da Galeno, a non lavarsi. Rimase nell’Urbe fino alla morte, intorno
al 200 d.C.
Galeno e Ippocrate
Galeno descrisse i quattro sintomi classici dell’ infiammazione (rubor, dolor, calor, tumor, ossia
arrossamento, dolore, calore e gonfiore) e contribuì notevolmente alla conoscenza delle malattie
infettive e alla farmacologia. La sua conoscenza anatomica degli esseri umani era incompleta, in
quanto era fondata sulla dissezione delle scimmie.
Scrisse un enorme corpus di opere mediche. Galeno racchiuse tutto lo scibile medico dei suoi tempi
in circa 400 opere; solo 83 di queste sono giunte fino a noi. La più nota è il “De arte medica”, una
guida sintetica alla pratica medica che fu molto usata nel Medioevo. Alla base delle teorie di Galeno
ci sono l’approccio clinico di Ippocrate e il metodo filosofico di Aristotele. Di Aristotele accetta il
principio teologico, che riporta ogni effetto ad una causa. Tale principio era adottato anche dalla
filosofia cristiana: ciò decreterà il grande consenso che Galeno raccolse nei secoli successivi.
Galeno. De pulsibus
Manoscritto Greco
Dopo Galeno ci furono una moltitudine di medici fronte che operarono nell’impero d’occidente ma
soprattutto in quello d’oriente, con conseguente passaggio del sapere dall’Occidente all’oriente.
I ROMANI
L’ IGIENE PUBBLICA ROMANA
La medicina romana si connette alla medicina di altri popoli latini e alla medicina magica etrusca: si
narra in scritti di Eschilo e Teofrasto che i figli della Maga Circe, esperta in farmaci, divennero
Principi etruschi esperti nell’arte della madre; Esiodo parla della grande rinomanza dei medici
etruschi attenti all’igiene per esempio, attraverso le opere di canalizzazione ritenute importanti per
l’agricoltura ma anche per l’eliminazione delle acque putride fonti d’infezioni.
Come i greci, i romani utilizzarono vari rituali religiosi per la guarigione, perché credevano all’origine
soprannaturale di molte malattie ma, a differenza della società greca che riteneva che la salute
fosse un fatto privato e personale, il governo romano tutelò e incoraggò il miglioramento della
sanità pubblica. Inoltre, accanto a una medicina privata, Roma aveva istituito una comunità di
servizi igienici e sanitari con lo scopo di prevenire le malattie attraverso il miglioramento delle
condizioni di salute con la costruzione di acquedotti per portare acqua in città, di bagni pubblici e di
reti delle acque reflue. Nell’epoca greca e poi romana ci fu un grandissimo sviluppo dell’igiene. I
romani si lavavano moltissimo, ne è un esempio l’uso e il numero delle terme allora esistenti. I
bisogni fisiologici non venivano più espletati nell’ambiente esterno o in luoghi aperti comuni (vicoli,
spiazzi..), ma in apposite costruzioni, le latrine pubbliche, dotate di sistema idrico e di sistema
fognario. A Roma vi era un efficace apparato fognario oltre ad un efficientissimo sistema idrico. In
ogni casa, non solo in quelle dei ricchi, ma anche nelle insulae, che erano le case popolari anche
nelle insulae, che erano le case popolari dell’epoca, vi era una fontana, l’acqua corrente, portata in
ogni casa dagli acquedotti. Questi acquedotti, costituiti da tubi di piombo, materiale molto
malleabile, furono imputati del crollo dell’impero romano, a causa della malattia causata dai sali di
piombo, il saturnismo. In realtà pare che non fosse tanto l’acqua inquinata a determinare tale
malattia, ma il vino. L’acqua , infatti, non depurata proveniente da zone montane, era ricca di sali di
calcio, i quali, col tempo, depositandosi sulle pareti delle tubature, costituivano un rivestimento
capace di trattenere i sali di piombo, che non venivano più a riversarsi nell’acqua corrente. Il vino
risultava invece, alla fine , ricco di sali di piombo, che sono solubili, in quanto questi venivano
utilizzati, alla stregua del bisolfito usato oggi, per controllare la fermentazione del vino.
I romani contribuirono quindi al progresso della medicina soprattutto nel campo della sanità e dell’
igiene pubblica: i vespasiani, gli acquedotti, e gli ospedali pubblici dei romani sono rimasti
insuperati fino ai tempi moderni. Le terme, l’ordinamento dei parchi, la sorveglianza igienica sugli
alimenti, le cloache e le leggi sanitarie a difesa della salute pubblica sono, attraverso le scuole,
conosciute e rinomate in tutto l’impero; Roma diviene maestra di igiene sociale nel mondo. Nel III
secolo d.C. tutto l’insegnamento è riordinato, la medicina greca è applicata, codificata
perfettamente, con evoluzione nelle regole igieniche. Il medico più importante dell’epoca romana,
che lasciò una traccia importantissima nella cultura occidentale, fu Galéno (129 D.C.-200 D.C.) il
pergameno .
La classe medica ha una posizione importante nella società e nello stato, la medicina legale è
importantissima nel complesso delle leggi e lo stato affida al medico la cura e la responsabilità della
salute del cittadino.
La graduale infiltrazione nel mondo romano di vari popoli stranieri fu seguita da un periodo di crisi
nelle scienze. La medicina occidentale nell’Alto Medioevo fu costituita da elementi popolari,
frammisti ad alcune nozioni classiche, spesso mal comprese e applicate. Perfino nella sofisticata
Costantinopoli vi fu un recupero di pratiche magiche. Solo pochi e insigni medici greci, come
Oribasio, Alessandro di Tralles e Paolo di Egina mantennero vive le antiche tradizioni, nonostante la
decadenza.
MEDICINA MILITARE ROMANA
Chirurgia nell' antica Roma
Con la riforma dell’esercito di Augusto vennero introdotti i medici militari che avevano ricevuto, al
contrario di quelli civili, una specifica formazione. I medici militari vengono arruolati come gli altri
soldati e rimangono in servizio per circa 16 anni presso i valetudinaria, qualcosa di molto simile ai
moderni ospedali.
Negli accampamenti era quasi sempre presente una grande infermeria i cui resti sono stati trovati in
diverse città-accampamento con a capo il “medicus castrensis”, esentato da ogni altro servizio,
assistito da capsarii (infermieri guardarobieri), frictores (massaggiatori), unguentari , curatores
operis (addetti al servizio farmaceutico), optiones valetudinarii (addetti al vitto e
all’amministrazione).
La cavalleria possedeva propri medici (medici alarum) così come nella marina vi erano i medici
triremis. Vi era anche una gradazione dei medici militari in medicus legionaris di grado superiore al
medicus coorti, ed infine il medicus ordinarii che aveva il grado corispondente a quello di
centurione, ma senza un comando effettivo su i soldati.
Le operazioni chirurgiche avvenivano di solito con il malato più o meno narcotizzato e che doveva
esser tenuto fermo dagli assistenti dei chirurghi romani che non esitavano a «tagliare e bruciare»,
come riferisce Seneca, per averli visti all’opera, equiparando a crolli e incendi «le carneficine dei
medici quando operano le ossa o infilano le mani nelle profondità degli intestini»
Il salasso era considerato una sorta di panacea per molte malattie e pur essendovi una farmacopea
abbastanza sviluppasta nella Roma antica non esisteva la professione del farmacista: il medico
preferiva confezionarsi da solo i farmaci da adoperare badando bene a dar loro un profumo o un
colore piacevole.
DECADENZA DELLA MEDICINA ROMANA Con la caduta dell’impero romano decade anche la
medicina romana: il Medioevo si delinea con le sue grandi epidemie e pestilenze e centinaia di
migliaia di vittime. Con il sorgere del Cristianesimo, il culto di Esculapio-salvatore, è sostituito dal
Cristo, medico dell’anima e del corpo: il Vangelo si rivolge agli ammalati e si parla di guarigione
come di divino intervento. La medicina religioso-cristiana combatte le formule magiche e promuove
le preghiere, l’imposizione delle mani e le unzioni con olio santo e studi e ricerche scientifiche
vengono considerati inutili. L’influsso delle correnti mistiche orientali incontra questa medicina
religiosa e si fonde in una medicina popolare che ricorre al culto di santi guaritori (antico e non
dimenticato concetto) che, con il tempo e con l’influsso bizantino, si trasformerà in medicina
conventuale che, specie con l’uso delle erbe medicinali e la riscoperta degli antichi testi medici,
segnerà l’inizio di una nuova scienza medica.
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EPOCA POST- GALENICA (III sec. d.C.)
Alcuino.Edizione medioevale di un’opera di Galeno
La crisi economica e politica dell’Impero romano procedette di pari passo con la decadenza della
medicina. I medici dell’epoca furono fortemente influenzati da Galeno, ma non aggiunsero nulla di
nuovo alle sue teorie. L’avvento del Cristianesimo contribuì a questa crisi, poiché segnò il ritorno
alla medicina teurgica. La preghiera diventò il più prezioso dei farmaci e ai Santi fu attribuito il
compito di difendere dalle malattie e di intercedere per la guarigione. La medicina era esercitata
sopratutto nei monasteri, specie in quelli benedettini. In questi luoghi si tramandavano le
conoscenze mediche dell’antichità e le si metteva in pratica spinti da intenti caritativi. Alcuni
monaci, tuttavia, diedero un contributo personale scrivendo trattati di medicina. Tra questi
ricordiamo Alcuino, il medico di Carlo Magno.