Il punto esatto in cui SexandtheCity diventa reazionario

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Il punto esatto in cui SexandtheCity diventa reazionario
Il punto esatto in cui Sex and the City
diventa reazionario
L’indomani mattina mi sveglia una chiamata al telefono fisso.
«Pronto?»
«Ho individuato il punto esatto in cui Sex and the City da innovativo diventa reazionario.»
«Pronto? Chi è?»
«Ignazia, sono Panagia! Il punto è l’inizio della terza stagione.»
Mia sorella Panagia ha circa quattro anni in meno di me, ne ha
fatti trentatré qualche mese fa. Con lei ho un rapporto più interessante che con Lucia, cui voglio comunque moltissimo bene, anzi
forse un po’ di più che a Panagia. Ma Panagia è coraggiosa, sfrontata e gestisce la vita con i suoi metodi, che sono metodi che nessuno suggerirebbe a nessuno. Eppure lei ce la fa.
Ad esempio è andata via di casa prima di Lucia, pur essendo
più giovane. Ha iniziato a lavorare mentre studiava giornalismo
ed è riuscita a laurearsi in quattro anni. Vive sola, mentre Lucia
se n’è andata di casa solo quando s’è trattato di andare ad abitare
con Giulio, uno un po’ tonto, effetto di un nefasto trascinamento
relazionale dal liceo, che è un modo oscuro per dire che è il suo fidanzatino dei sedici anni. Lucia è monogama e credo abbia avuto
solo due uomini in tutta la sua vita: il suo fidanzato e Rudy, un bagnino conosciuto in Sicilia durante un periodo di crisi con Giulio.
Panagia invece ha una vita sessuale molto disordinata, va con
maschi femmine e cantanti, è eroticamente un po’ bulimica, con
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fasi di voracità feroce e fasi di rigetto, e non ha intenzione di impelagarsi in storie noiose. È un periodo, dice, ma è un periodo che
dura da quando la so sessualmente attiva. Credo che a conti fatti
sia una questione di onomastica. Panagia è un nome che devi portare con coraggio, perché fa abbastanza schifo, e figurarsi se io,
Ignazia, nome non brutto ma certamente difficile, non la capisco.
Quindi diventi forte, pronta a sfidare le regole, il senso comune e
la condanna della società.
Lei ha sempre rifiutato qualunque presunto abbellimento ingenuamente tentato dalle compagne di scuola, tipo “Penny” o “Peggy”.
«Panagia, maledizione! Sono le... che ore sono?»
«È presto, ma non troppo. Non lavori oggi?»
«Aspetta un attimo in linea, vado a mettere su il caffè.»
Prima vado in bagno a fare la pipì, preparo la moka placebo perché vado a decaffeinato e mi incanto in attesa che il caffè esca.
Ci sono momenti al mattino in cui ci si può imbambolare fissando un punto in uno stato di trance prossimo all’estasi. Ma che ci
faccio sveglia a quest’ora?
Mia sorella!
Torno al telefono e lei non c’è più. La richiamo.
«Scusa, c’è stato un piccolo incidente domestico, è crollata la credenza e... Va bene, mi sono dimenticata di te.»
«Ma come hai fatto, sorella mia?»
«È che sono mezza addormentata. Dicevi? Sex and the City...»
«Sì, ecco. Fino alla seconda stagione, le quattro già piuttosto omologate amiche vivono alquanto serenamente il proprio desiderio e
la propria sessualità. Certo, la componente nevrotica non può mancare perché ha appeal, però alla fine le possiamo definire in pace
con i propri accoppiamenti e con quelli degli altri. E poi ci sono i
“camera look” che di tanto in tanto conferiscono un tocco ironico
pseudodocumentaristico alla serie.»
«Cos’è che conferisce il tocco documentaristico?» Sbadiglio allontanando la cornetta.
«Non esattamente documentaristico... sono i “camera look”. Cer50
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ti personaggi, spesso gente in strada o al ristorante, o comunque
in luoghi pubblici, dicono la loro su un dato argomento sulla base
della propria esperienza guardando l’obiettivo della telecamera,
come se fosse un’intervista.»
«E questo significa... Cos’è che significa esattamente?»
«Lascia stare, ti faccio alcuni esempi della virata della serie verso il più bieco conservatorismo.»
Così mia sorella mi fa la lista:
PIPÌ. All’inizio della stagione in questione, Carrie esce con un uomo
politico conosciuto a un evento tamarro a Staten Island (ah, uh, orrore, fuori Manhattan!). Lui, si scopre a un certo punto, ha una passione per la pioggia dorata e dice a Carrie che gli piacerebbe se una
volta, facendo la doccia insieme, lei gli urinasse addosso. Lei non se
la sente, è legittimo. Ma pur di non infrangere nessuno dei due stupidi tabù (fare la pipì addosso a qualcuno, dire al suo partner che
non è poi così aperta a tutte le esperienze sessuali), smette di bere
acqua quando deve passare la notte con lui, dando luogo a prevedibili gag. Ora, dice Panagia, va bene che una decida di non fare
la pipì sul fidanzato perché non le va, o perché le fa impressione, o
qualunque sia il motivo, solo che mentre racconta alle amiche della richiesta di lui sembra che parli di uno che si diverte a sparare
alle anatre di Central Park. Alla fine Carrie fa nella sua rubrica un
intervento piuttosto canzonatorio sulla vicenda.
«Te lo ricordi?» mi chiede.
«Non ho mai visto Sex and the City, lo sai.»
STD (Sexually Transmitted Diseases). A un certo punto Miranda sco-
pre di avere la Clamidia e il ginecologo la convince a intraprendere l’improbabile missione di stilare ex post un elenco di tutti quelli con cui è andata a letto per avvertirli della circostanza e indurli
a sottoporsi a un esame clinico. «Figurarsi che idiozia» dice Panagia. Mi ripropongo di chiedere a Michele se si tratta di una proce51
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dura, se non standard, quanto meno verosimile, o se sia da ascriversi alla disperazione degli sceneggiatori. A ogni modo, Miranda
si ritrova una lista di quarantadue amanti, e con contrizione inizia
a darsi della troia, coerentemente al nuovo spirito reazionario che
ha iniziato ad animare la serie.
«È chiaro?»
«Sì, sì» le rispondo, allungandomi su uno scontrino naufrago
sul tavolo, sul retro del quale segnare che devo comprare detersivo, dentifricio e cipolle.
DONNE E POLITICA. Questo è l’esempio che mi sembra faccia più
incazzare mia sorella. Ecco quattro ragazze che parlano di politica,
dice la voce fuoricampo di Carrie, mentre si vedono le quattro sedute al tavolo di un bar. Samantha dichiara candidamente di scegliere fra i candidati sulla base dell’aspetto fisico. Da quando sei
interessata alla politica, chiede Miranda a Charlotte. È da sempre
l’ambiente giusto per incontrare uomini, risponde Charlotte che
più tardi preciserà che ai tempi del college aveva una cotta per Dan
Quayle. Infine, parlando dei padri fondatori, non particolarmente
scopabili secondo Miranda, Samantha precisa di aver sentito che
Thomas Jefferson era una “real fox”.
«Che ne pensi? È orribile, misogino, stereotipico, no?»
«Be’, sì.»
«Ma come fai a non incazzarti? Io mi sono sentita come tradita.»
«Boh! È che, come ti dicevo, io Sex and the City non l’ho mai
seguito.»
GAY/STRAIGHT. Mi correggo, è certamente questo il punto che fa
più incazzare mia sorella. Carrie esce con uno più giovane – un
twenty-something guy – e tutto va a meraviglia finché non viene
fuori che fra gli ex di questo Sean (il giovane si chiama così ed è
interpretato dallo stesso attore che faceva Tag, l’assistente e poi
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quasi fidanzato di Rachel in Friends, ed è pure in CSI New York)
c’è anche un ragazzo, un maschio. Carrie inizia a essere ossessionata dall’idea che il suo nuovo boyfriend sia bisessuale e dalla
bisessualità in generale. Le amiche e l’amico omosessuale per lo
più concordano: o sei gay, o sei straight! Niente indefinibili vie di
mezzo. Una sera, a una festa di amici di Sean, fanno il gioco della bottiglia e a Carrie tocca baciare Alanis Morissette, che è femmina. Si rende quindi conto che è tutto troppo “bi” per lei e, con
l’orgoglio di chi sa con chiarezza se è gay o straight, lascia la festa
senza neanche salutare.
«Ieri sera, chissà come mai, Lucia e Giulio mi hanno invitata a
cena. Credo volessero piazzarmi con un certo Amintore, collega
di Giulio mollato da poco dalla fidanzata. E insomma, c’era quel
Dennis Tomatis o come cazzo si chiama, ce l’hai presente? Quei coglioni stravedono per questo, rappresenta il lato creativo di tutto
il branco di burocrati.»
«Daniele Tomassini, il compagno di scuola? Lo stilista?» chiedo.
«Sì, non so se fa lo stilista, in ogni caso lavora nella moda e svolge con inappuntabile dedizione il ruolo di macchietta gay alle cene
di tua sorella. C’era questo Amintore che si fingeva interessato a
me, mentre si vedeva che da un momento all’altro poteva prendere la rincorsa e buttarsi dal balcone, e mi faceva un sacco di domande di pseudoseduzione, sull’amore, il sesso, gli ex. Così è venuto fuori il nome di Miriam. E chi è Miriam, mi ha chiesto. Ed è
stato come se tutti si fossero zittiti per sentire. Ho risposto che era
una donna toscana con cui avevo avuto una breve relazione qualche anno fa. Ad Amintore è andato di traverso il vino, Dennis ha
cominciato a sproloquiare. Quindi sei lesbica, e devi dirlo ragazza mia che sei lesbica, sennò qui sai che casino. Non sono lesbica,
ho risposto. Mi è capitato di avere relazioni con alcune donne, ma
non mi definirei lesbica. A questo punto Dennis sembra incazzarsi e inizia ad aggredirmi. Ma non esiste, ma non esiste, incomincia
a starnazzare muovendo le manine e girando in cerchio. Ragazza
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mia, devi deciderti. Li conosco quelli come te, io queste cose non
le concepisco. O ti piace la figa, o ti piace il cazzo. Devi de-ci-de-re.
Lo faceva per fare il fenomeno con i presenti deridendomi. A un
certo punto mi sono scocciata e gli ho detto: voi froci! è da millenni che lottate per strappare qualche diritto, e in quei due contesti
in cui riuscite a farvi accettare venite a rompere il cazzo a me? È
successo un putiferio.»
«Un putiferio perché hai detto froci?», immagino la scena perfettamente, e mi viene da ridere.
«Perché ho detto froci, credo» risponde mia sorella. «O forse perché sono stata aggressiva, che ne so.»
A questo punto mi squilla il cellulare.
«Panagia, ti richiamo dopo. C’è Lucia che mi chiama all’altro telefono, è la terza volta.»
«Va bene, a dopo.»
«Sì?»
«Ignazia, Ignazia!» Lucia è agitata, affannata, parla come se si fosse
scritta un discorso, come se non ci avesse dormito la notte. «Ignazia,
devi assolutamente parlare con quella scriteriata di tua sorella.» Lucia
ha sempre avuto la caratteristica di non affrontare mai direttamente le questioni, preferendo cercare mediatori, spalleggiatori, alleati.
«Calmati, che succede?» In realtà so più o meno esattamente
cosa mi dirà.
«Sai che ha fatto, quella pazza? Gli ha detto: voi froci avete lottato millenni per affermare i vostri diritti e ora venite a rompere le
ovaie a me! E sai a chi l’ha detto? A Dennis Tomatis!»
«Non ci posso credere!»
«Credici! Ha detto frocio a Dennis Tomatis! Dennis Tomatis,
capisci?»
«No, intendevo: ha davvero usato “rompere le ovaie”?» Me l’ha
riportato diversamente. Ci prova da anni, Panagia, a “defallologocentrizzare” le sue imprecazioni, come dice lei. Impresa piuttosto complicata.
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Dennis è glam e rappresenta l’appendice vippesca del gruppo
dei grigi amici di Giulio. È l’apostrofo rosa fra la banca e lo studio legale.
«Ignazia, per favore, parlale. Dille di scusarsi o non potrò più
invitarla.»
«Lucia, e non invitarla più a queste cene, che fai un favore a tutti. Tanto vi vedrete quando pranziamo da mamma e papà.»
E mentre chiudo, valutando come forse mi sia persa qualcosa non
vedendo Sex and the City, mi viene in mente una frase di Avedon
Carol, che dice che ciascuno di noi ha una sessualità che qualcuno, da qualche parte, disapprova.
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