Leggi il primo capitolo
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Irene Chias Esercizi di sevizia e seduzione romanzo p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 3 22/03/13 11.17 Questa è opera di fantasia. Fatti salvi occasionali riferimenti a personaggi pubblici, luoghi e marchi, che hanno l’unico scopo di conferire veridicità alla narrazione, tutti i protagonisti, gli episodi e i dialoghi di questo romanzo sono immaginari. Non vanno collegati ad alcuna persona vivente, né intesi come denigratori di alcuna istituzione, associazione, movimento o organizzazione. www.librimondadori.it Esercizi di sevizia e seduzione di Collezione Scrittori italiani e stranieri ISBN 978-88-04-62476-9 © 2013 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano I edizione aprile 2013 p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 4 22/03/13 11.17 Esercizi di sevizia e seduzione Emilio Corallino, A a Luca Venezia. p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 5 22/03/13 11.17 p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 6 22/03/13 11.17 Mai simili, con i nostri corpi di donne. Mai sicure, mai uguali a loro. Noi apparteniamo al sesso della paura, dell’umiliazione, al sesso straniero. virginie despentes, King Kong Girl p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 7 22/03/13 11.17 p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 8 22/03/13 11.17 L’endometriosi Ho sempre nutrito un’istintiva diffidenza nei confronti dei ginecologi maschi. Cosa può averli spinti a una professione che prevede l’esplorazione igienica di cavità femminili? Come può un simile lavoro non influire sulla spontaneità della loro libido? Li ho sempre evitati, quando ho potuto scegliere. Ma un’emergenza è un’emergenza, l’ospedale è quello che è e, se in un punto non strettamente definito fra tuba di falloppio e ovaio, ti esplode analgesicamente una cisti endometriosica – esplosione della quale ti accorgi solo perché l’amica sposata con cui sei a vedere la mostra di Lichtenstein sgrana gli occhi e si porta le mani alle orecchie come nell’Urlo di Munch al vedere i tuoi pantaloni bianchi tingersi di nuove tonalità –, se ti esplode la cisti, seppur in maniera indolore, dicevo, c’è poco da scegliere: vai al pronto soccorso e ti fai mettere le mani addosso dal primo che ti capita, maschio o femmina, nella speranza fiduciosa che sia almeno un dottore, possibilmente in medicina. È così che ho incontrato Michele Rombini, il ginecologo che ha riparato i danni causati dal clandestino impiantatosi in una zona non mappata delle mie viscere. Michele, tranquillizzante quarantenne cui sarò sempre grata per la cortesia e i modi garbati, per le 9 p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 9 22/03/13 11.17 spiegazioni semplici ma scientifiche, rasserenanti ma non condiscendenti sul mio debordante endometrio ribelle. L’endometriosi funziona così: l’endometrio, che è la tunica mucosa, quella massa rosso scuro che si forma dentro l’utero nel corso dei circa ventotto giorni del ciclo mestruale e che costituisce sostanza nutritizia per l’eventuale embrione, non rispetta più le regole, e inizia a formarsi anche fuori dell’utero, sulle ovaie, sulle budella et cetera. Ora, con la mestruazione, quel periodo della vita di una donna che nelle pubblicità chiamano esotericamente “quei giorni”, l’endometrio viene espulso e il ciclo – che è tutto il periodo che intercorre tra una mestruazione e l’altra anche se da alcuni viene usato metonimicamente come sinonimo di “quei giorni” – ricomincia daccapo: l’endometrio progressivamente si ipertrofizza fino alla successiva desquamazione. Il problema è che l’endometrio che si trova al di fuori dell’utero e che, rispondendo agli ormoni, si è ingrossato nel corso del ciclo, non essendo collegato ad alcuna uscita, non esce e resta lì a costituire massa: la cisti endometriosica, che è destinata a crescere. La mia, prima di scoppiare, era un bel solido sferoidale bilobato del diametro di circa sei-sette centimetri. Il dottor Rombini mi fa capire perfettamente questo meccanismo essenziale con una chiarezza disarmante. Mi dice anche che sono stata fortunata dato che nel mio caso l’endometrio in eccesso, sebbene fuori della sua naturale collocazione, una via d’uscita l’ha trovata, la cisti insomma nell’esplosione è riuscita a mandare il sangue più il resto nella tuba. Il sangue è quindi uscito normalmente dalla... e qui Rombini tentenna, ma lo perdono. Non vorrei fare la mitomane, ma credo di piacergli, e con la scusa di una possibile emergenza gli chiedo il numero di telefono. Ho dato un’occhiata alle dita: sono sguarnite di fedine e di simboli massonici. Rombini questa volta non esita un istante e sembra quasi sollevato alla mia richiesta. 10 p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 10 22/03/13 11.17 «Mi dà anche il suo? Per qualsiasi emergenza...» «Tipo se ho male all’utero lei mi chiama?» Quant’è stupido fare ironia in circostanze simili. La mia amica sposata me l’ha detto: tu così gli uomini li spaventi. Cerco di ribaltare le sorti della conversazione mentre il ginecologo maschio mi guarda con un sorriso incerto. Forse non ha colto la battuta, meglio. «Stasera una mia amica dà una festa in zona Ripamonti. Vuole venire? Così in caso di emergenza...» «Ho una cena, sarò impegnato almeno fino alle ventidue e trenta» dice lui. «Ma se non è troppo tardi posso raggiungerla lì, oppure passare a prenderla.» Non avevo mai rimorchiato con questa facilità, devo avere dei bellissimi genitali, interni ed esterni. Cosa di cui, nella vita quotidiana, gli uomini con cui ho a che fare normalmente non possono essere consapevoli. 11 p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 11 22/03/13 11.17 Come se i colori non fossero di tutti Insomma, non ero un caso grave. Codice verde. «Ma come, più rosso di così?» Loro però non ne hanno voluto sapere: «Perdite ginecologiche in donna non incinta è codice verde». E non avevano neanche un assorbente da darmi, ho usato la carta del bagno, quella ruvida per asciugarsi le mani in cellulosa riciclata, credo. Povera sanità pubblica. Dal pronto soccorso però, dopo le mie circa tre brave ore di attesa, sono stata spedita nel reparto di ginecologia dal ginecologo Rombini. È un tipo curioso, m’interessa. Sembra un po’ lento, ma non è scemo. Forse è solo rilassato. In ogni caso mi ha lasciato una sensazione di calore e di pace che non sentivo da un po’. Mi piace, spero di vederlo alla festa. La mia amica sposata, dopo una generosa mezz’ora di attesa, se n’è giustamente tornata a casa. Ha comunque sacrificato un suo foulard alla causa della mia presentabilità, me lo sono messo attorno ai fianchi come un pareo per coprire il sangue sui pantaloni. Adesso sono ormai le nove di sera, non dovrebbe essere orario di visite. Per un tratto del corridoio mi ritrovo completamente sola, ma davanti a un distributore di bibite sento una certa caciara. Sono due tizi, uno è un infermiere. «L’hanno proprio conciata, quella poveraccia» dice l’infermiere a un altro tipo senza camice. «Ma come dargli torto. Hai presente che figa?» 12 p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 12 22/03/13 11.17 «Ma tu hai proprio visto che le hanno fatto?» chiede l’altro con una punta di impazienza. Cerco di non fissarlo, ma mi rendo conto di conoscerlo. Lavora per un rivenditore di serramenti non lontano da casa mia. Lo incrocio spesso al bar, e lo vedo entrare o uscire dal negozio. «Ti dico solo che le hanno dovuto mettere trentadue punti di sutura» dice l’infermiere. Mi chiedo se stiano parlando di un parto. «Certo che hai avuto proprio culo a capitare in questo reparto, eh Beppe? Che culo! Davvero, cazzo! Ne vedi di ogni, eh?» «Un giorno se riesco le faccio una foto, poveraccia! E poi ha un culo strepitoso» dice ancora l’infermiere. «Le hanno lasciato quattro denti in bocca quei drittoni di Baggio.» «Bene, sai come viene meglio così?» E ridono. Credo di avere le allucinazioni acustiche, stanno parlando di una paziente che ha subito un’aggressione. Potrei superarli ignorandoli, ma qualcosa mi blocca nell’area del distributore automatico, come un incantesimo. «Mi scusi» dico all’infermiere con aria autenticamente smarrita, «può dirmi dov’è l’uscita? Credo di essermi persa.» «Qui sei in reparto maternità, devi tornare da dove sei venuta, poi seguire le frecce per medicina interna e, prima dell’ingresso a medicina interna, trovi l’indicazione per l’uscita.» Non capisco perché mi dia del tu. «Grazie, lei è molto gentile», ma non riesco a muovermi. «Non hai capito?» mi chiede l’infermiere. «Sì, stavo riflettendo sull’idea di prendere una bottiglietta d’acqua.» «Uè, che riflessione...» dice l’altro, che non mi riconosce pur avendomi probabilmente visto cento volte. Meglio così. La sua manifestazione d’umorismo viene interrotta da un bambino di circa quattro anni, per quello che ne capisco di età di bambini, che chiamandolo papà gli si attacca alle gambe e si lamenta di una sorpresina o qualcosa del genere. «È rosa, io non lo voglio rosa. Rosa è il colore delle femmine» 13 p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 13 22/03/13 11.17 dice il bambino lagnoso e stridulo cui, in quanto maschio, hanno insegnato a rinnegare un dominio significativo dello spettro visibile, restringendo così la gamma delle sue possibilità di scelta. In generale, direi. Nella vita. Poveri maschi, penso. Io, quasi di spalle rispetto alla scenetta, maneggio portamonete e conii da 20 e 50 centesimi per ottenere un mezzo litro di acqua frizzante senza lasciare il resto alla macchina ladra. In realtà non m’interessa né dell’acqua, né del resto. «Allora dallo a tua sorella, se è rosa, ché ai maschi il rosa fa schifo» dice amorevole il papà, primo artefice della mutilazione cromatica e morale del figlio, evidentemente. Come se i colori non fossero di tutti. «Ma io lo voglio! E Noemi ce l’ha blu.» «Nicki, ma se Noemi ce l’ha blu, tu ti prendi il suo» dice l’infermiere, che sembra avere una certa confidenza col bambino. Devono essere parenti, mi dico. Magari la madre sta partorendo e loro aspettano qui, nell’ospedale dello zio infermiere. «E lei non me lo vuole dare!» strilla il moccioso, con un acuto che per un attimo mi blocca la circolazione sanguigna. Non riesco a non guardarlo, non riesco a non guardare lui e i due adulti. Probabilmente torva. Il padre amorevole lo afferra per un omero quasi sollevandolo e dice: «Ora vai da tua sorella, lei è femmina e si deve beccare il rosa e tu che sei maschio ti prendi il blu. È normale. Dille che se fa storie vengo e ci penso io». Poi lo strattona e dice: «Vai, pirla! Impara subito come si trattano le donne». Il bambino dice: «Ahi ahi». Mi ritrovo di nuovo con l’infermiere Beppe, brizzolato e lampadato, che mi scruta, e l’amorevole papà che mi ignora. Adesso però ho una bottiglietta di San Benedetto gassata in mano, la sento come una specie di amuleto. I muscoli della mia faccia si contraggono rapidi in un sorriso fin14 p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 14 22/03/13 11.17 to, pronti per l’articolazione di un “buonasera”. Ma alla fine mi allontano senza dire niente. A questo punto mi sento disturbata, come infettata da un pensiero nascosto che ancora non riesco a formulare. Mi sento inquinata da quello che ho sentito da questi due e devo attaccarmi all’idea del ginecologo Rombini per darmi un po’ di forza. Ma svoltato l’angolo mi pare di avere un’altra allucinazione. Sento: «Dopo, se non c’è casino, andiamo nell’altro reparto e ti faccio vedere la sfondata». E poi ridacchiare. 15 p1p228_Chias_EserciziDiSeviziaESeduzione.indd 15 22/03/13 11.17