Catalogo - Associazione Culturale Art Company

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Catalogo - Associazione Culturale Art Company
a cura di
Chiara Canali
Fortunato D’Amico
Torino, Stazione Porta Nuova
Ex Biglietteria
Libreria Feltrinelli
Progetto grafico e copertina
Chiara Crosti
Testi e schede critiche
Chiara Canali
Fortunato D’Amico
Con la partecipazione di
Renucio Boscolo
Video documentazione
Dario Migliardi
laStampa.it
Mostra a cura di
Chiara Canali
Fortunato D’Amico
Coordinamento Organizzativo
Cristina Fossati
Art Director
Chiara Crosti
Promozione e organizzazione
Nel circuito
Partner
Ci scusiamo se per cause indipendenti dalla nostra
volontà abbiamo omesso alcune referenze fotografiche.
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta
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proprietari dei diritti e dell’autore.
© 2011
Art Company, Milano
Sopramaresotto, Milano
Tutti diritti riservati / All rights reserved
Gli artisti per le opere
Gli autori per i testi
Comune di
Cossano Canavese
Comune di
Caravino
Comune di
Ivrea
Comune di
Settimo Rottaro
Comune di
Vestignè
Ringraziamenti
Daniele Ratti e Francesca Canfora, Federica
Crola, Laura Bottagisio
Indice
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Profetica, Proetica, Poetica
di Fortunato D’Amico
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2012: fine del mondo o inizio di
una nuova era?
di Chiara Canali
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Simona Bramati
Silvia Capiluppi
Daniela Cavallo
Paolo Ceribelli
Paola Crema
Gianni Depaoli
Roberto Fallani
Manuel Felisi
Stefano Fioresi
Duilio Forte
Giovanni Gaggia
Loredana Galante
Bob Gil
Barbara Giorgis
Alessandro Girami
Pina Inferrera
Marta Mancini
Marica Moro
Luca Pugliese
Sonja Quarone
Ludmilla Radchenko
Massimiliano Robino
Valerio Saltarelli Savi
Federico Unia
012 Profetica, Proetica, Poetica
di Fortunato D’Amico
012
Un atto poetico generato da un atteggiamento
etico induce a una chiara visione profetica. In
quanti modi gli artisti nella storia hanno raggiunto questo stato di rivelazione?
Qualcuno di loro c’è riuscito per un’innata ispirazione divina; altri si sono applicati con la dovizia del “buon padre di famiglia” nell’esecuzione
dei processi di creazione che stanno alla base
della loro professione. Scalpellini, muratori,
pittori, architetti, musicisti, poeti, nei secoli si
sono prodigati per costruire paradigmi speculari tra eventi divini e circostanze materiali. In
questa rinnovata passione una schiera infinita
di adepti ha frequentato le vie dell’alchimia, della scienza, della matematica, dell’astronomia,
per cercare la legge ed enunciare la dimostrazione della formula che mette in stretta relazione le intelligenze celesti e gli agnelli, i canti
angelici con la molteplicità della parola. In qualsiasi mestiere lo studio di nessi escatologici
intriseci alla propria attività, praticata con spirito investigativo e curioso nei confronti della
realtà, ha permesso ai maestri delle specifiche
arti di restituire il risultato delle conoscenze
acquisite sotto forma di prodotti ed invenzioni.
Leonardo da Vinci è il maestro storicamente
riconosciuto per la sua abilità di trasformare
le intuizioni acquisite in ricerche e strumenti
che inaugurano una nuova condizione dell’avvenire.
I suoi disegni anticipano oggetti e scoperte della società contemporanea.
Questo atteggiamento leonardesco nei confronti del futuro ci può aiutare a riflettere sulle
architetture come le piramidi, i templi Maya,
le decorazioni degli edifici, le forme delle città,
che portano in sè la consapevolezza del futuro
e quindi della predizione.
La profezia e la contemporaneità dell’arte
Naturalmente le stelle e i pianeti stanno alle
profezie come alla conoscenza dei calendari.
Il controllo del tempo, la determinazione dei
periodi transitori, l’iconizzazione dei processi
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stagionali, la previsione attraverso la classificazione e la razionalizzazione dei fenomeni naturali, distribuiti ciclicamente e determinati dal
movimento del pianeta e degli astri, sono solo
alcuni dei temi esaminati dall’arte di tutti i tempi. Le architetture, i territori e le città costruite
con i sistemi cosmogonici consentivano agli
antichi di monitorare il passaggio astronomico
dei pianeti e di prevederne gli effetti su quei
territori.
Più di una semplice rappresentazione da calendario, l’architettura, la pittura e la decorazione
erano sottomesse a queste finalità pratiche.
Conoscere la posizione delle stelle per organizzare il ciclo di vita, le feste, i riti, l’agricoltura,
era la base per governare una comunità. Per
questo le opere artistiche testimoniavano la
loro dipendenza dai fenomeni celesti e diventavano Arte. In realtà si tratta di documenti
che registrano gli studi e le memorie dei fatti
narrati, codificazioni di conoscenze da conservare e tramandare ai posteri, per insegnargli
le legge della sopravvivenza.
Diluvi, apocalissi, miracoli e quant’altro illustravano le minacce alle quali il racconto della vita poteva essere soggetto. L’arte
del passato è comprensibile solo alla luce di
questi processi culturali che stimolano letture e studi sui sistemi previsionali codificati
nell’astronomia e nella statistica e orientati alla determinazione degli eventi futuri.
Mauricio Cardenas, Taurus,
Mostra STAR-T arte sotto le stelle, Torino, 2008
Ai contributi scientifici elaborati dai centri di
ricerca specializzati nello studio delle trasformazioni che accompagnano la vita del pianeta,
l’artista contemporaneo dovrebbe fare tesoro
di queste testimonianze storiche per comprendere la condizione del presente e del futuro.
Le influenze scientifiche determinano lo sviluppo della rappresentazione artistica e modificano la codifica della performance simbolica
degli eventi, creando la condizione necessaria
all’apparire dell’arte contemporanea.
Il tempo è una condizione della conoscenza
che guida i processi della memoria e controlla, attraverso proiezioni e stime, la visione ed
i progetti dell’ avvenire. Elaborato, profilato,
renderizzato nei progetti e nelle proiezioni statistiche dell’epoca contemporanea, l’avvenire
rimane un mistero insondabile, anche oggi che
l’informatizzazione globalizzata ha digitalizzato
i pensieri, i sogni e le metafore dell’umanità.
Una conoscenza accessibile solo a chi con l’intuito riesce a penetrare dietro il sottile vero
che separa lo ieri e l’oggi.
Di fatto la profezia implica la conoscenza a
priori di qualche cosa che deve accadere in
tempi brevi, o in un lungo periodo. Oggi i grandi
guru delle profezie sono gli esperti di marketing e di sviluppo aziendale, moderni profeti del
mercato, conoscitori attrezzati di metodi previsionali e statistici. Con questi strumenti gli
esperti pianificano le scelte produttive e comunicano ai consumatori i nuovi modelli culturali
da adottare per il consumo delle nuove merci.
Si tratta di preparare il mercato e di sollecitare i bisogni latenti delle persone attraverso
la pubblicità e qualsiasi altro mezzo induca ad
una reale di diffusione e consumo dei prodotti.
I simboli presenti nella storia dell’arte ci aiutano a riconoscere e svelare i misteri dai racconti difficilmente comunicabili tramite una iconografia statitica ed un processo fluido come
quello della parola.
e alla Taurasia dei millenni andati. Un secolo
e mezzo difficile, segnato da tradimenti e i ribaltoni dell’idea risorgimentale, proposta alla
storia da Cavour, Garibaldi, Vittorio Emanuele
II e dagli altri volenterosi eroi che sposarono la
causa patriottica proprio a qui Torino.
012, Profetica Proetica Poetica, è rivolta ai
promotori di queste terre, a tutti quelli che qui
hanno casa, sostano o ritornano, con la mente
e lo spirito carichi di stelle, per distribuirle nelle
le piazze, nelle strade, nei palazzi, sopra e sotto
il grande albero del melo che svetta nel cielo
taurino. Qui dove gli astri si proiettano nel sacro agro, la giunzione di ciò che sta in alto con
ciò che sta in basso ha sempre trovato validi
estimatori, incredibili elaboratori di previsioni
che in seguito sarebbero diventate scenari reali di vita e per questo nominate profetiche. Un
merito speciale a quelli che qui a Torino e in
Piemonte si sono nutriti e hanno cullato in loro
lo spirito di profezia e di follia, raggiungendo i
traguardi della conoscenza e dell’arte: Nostradamus, Erasmo da Rotterdam, Emanuele Thesauro, Filippo Juvarra, Guarino Guarini, Cagliostro, Friederich Nietzsche, Cesare Lombroso,
il Conte di Saint Germain, Giacomo Casanova,
Gustavo Rol, Germano Celant, Mario e Marisa
Merz, Federico Fellini, Renucio Boscolo.
Torino Profetica
In questa mostra ventiquattro artisti, esposti
nell’ex biglietteria della stazione di Torino Porta Nuova, esplorano con le loro opere il bilico
esistente tra passato, presente e futuro e sperimentano riflessioni dedicate allo scorrere del
tempo.
Questa esposizione d’arte contemporanea,
nata 150 anni dopo l’Unità d’Italia, è dedicata
al Piemonte, a Torino, all’Augusta Taurinorum
Torino è una città dedita alla conservazione
dei saperi, alla valorizzazione delle persone e
delle culture di qualsiasi etnia, che nonostante
gli impedimenti contingenti non mai ha scordato la sua missione, sempre orgogliosamente
evidenziata dalla continuità della Storia. Il suo
messaggio, luminoso nell’oscurità delle notti,
ha rischiarato il cammino e le visioni dei tanti
visitatori che si sono succeduti nei paesaggi
temporali della Grande Wicca, vero tempio di
Marco Acerbis, Stella, Palazzo Carignano, Torino, 2008
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verità per chi conosce l’arte della trasmutazione dei suoni e insegna alla scuola della selva
oscura e della macchia.
dell’arte hanno beneficiato, rinvigorendo il lavoro creativo che hanno comunicato a piene
mani.
curatoriale in sintonia con le esigenze di ogni
singolo artista e in riferimento al tema della
mostra. Scrive Boscolo: “Kronosemantica deriva da 3 parole: kronos (ordine, tempo), phono
(suono), semanio (significo), quindi dare ordine
cronologico alle quartine, esaminare il suono e
la fonetica, estrarne il significato traducendole
in tutte le lingue note.”
La mostra parte dai nomi degli artisti, anagrammandoli ed estrendoli dai contenuti delle
profezie, scelte tra quelle più approriate all’indole di ciascuno, per produrre un’installazione
Mostra STAR-T arte sotto le stelle, Torino, 2008
I volti profetici dell’arte
I volti a Torino sono importanti; da quello della
Sindone e del Sacro Volto a quello di Leonardo da Vinci conservato nella Biblioteca Reale
di Torino, per non parlare di Eridano principe
egizio arrivato in città qualche millennio addietro a cui si deve l’antico nome del fiume Po.
Il fiume, secondo la mitologia stellare, scorre
per una parte in cielo e per l’altra in terra: evidentemente solca il territorio di Torino e del
Piemonte.
La filosofia delle stelle prevede di rovesciare,
meglio dire proiettare, le stelle in terra, creando le condizioni per la realizzazione di un paradiso terrestre in giunzione con le costellazioni
del proprio cielo.
L’estratto allegorico dei movimenti delle stelle
antropizzate dalla cultura degli uomini diventa
mito e il racconto divino assume i connotati di
profezia, insinuandosi nelle proiezioni dell’avvenire, rinnovando le condizioni per il suo avvento.
I volti a Torino sono quindi rivolti e rivoltosi, rivoluzionari per definizione, eretici convinti anche
sotto mentite spoglie. Artisti, architetti, filosofi, poeti, scienziati e medici, di questa filosofia
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Un metodo per creare, una bussola per non
disperdersi nella selva oscura
012, Profetica Proetica Poetica, deve un elogio particolare a Renucio Boscolo, torinese di
adozione e grande esperto del Rinascimento,
conoscitore di segni, clipeologia, criptografia, probabilmente il più importante studioso
al mondo di profezie. A lui si deve la corretta
interpretazione dei testi scritti alla metà del
millecinquecento dal medico e astronomo provenzale Nostradamus. In tempi più recenti agli
interessi di Boscolo si è aggiunto Sigismondo
Fanti, protagonista e colonna portante del
cinquecento, professore di matematica, architetto e astrofilo, mentore di tutti i più influenti
personaggi della cultura rinascimentale, autore del trattato Trionfo di Fortuna. Dagli insegnamenti di Renucio Boscolo, da oltre 40 anni
impegnato nella divulgazione etica dei metodi
previsionali e delle tecniche basati sulla Parola abbiamo tratto ispirazione per strutturare
l’impianto critico di questa mostra.
Il procedimento elaborato in questi anni da
Renucio Boscolo col nome di Kronosematica,
ha consentito la formulazione di un progetto
parole non certo messe a caso ma che spesso si rivelano sorprendenti segnali lungo la sua
strada, che è appunto la Somma dell’arte del
Suono e della Parola. Solo con questo metodo il lettore saggio potrà veramente aspi­rare
a resuscitare i muti (il silenzio è d’oro). Versi
composti dal Verbo, dalla profezia da minare
solo se andrà analizzato il conte­nuto, in più lingue e secondo quanto il messaggio sia rivolto
al tal popolo o al talaltro, per cui lo si dovrà
leggere nella sua lingua specifica.”
I nostri territori sono ricchi di documenti garanti della consapevolezza degli artisti verso
i linguaggi e orientati alle indicazioni illustrate
da Renucio Boscolo. Ognuno di noi potrà sperimentare, ed esercitarsi a tradurre codici apparentemente distanti per portare il proprio
contributo al banco dell’arte. Quando l’artista
avrà imparato a conoscere i criteri della trasmutazione linguistica tra un codice ed un altro, costruirà sistemi sempre più integrati tra
suoni, parole, forme, colori, movimenti, ritmi.
Allora gli sarà possibile scoprire i segreti della
scienza e della fantascienza. Ma prima saremo tutti chiamati a dimostrare di saperci identificare individualmente nelle profezie scritte
dai profeti del passato.
Buona Fortuna.
Profezie di Nostradamus
visiva rappresentativa di questa interpretazione. Avverte ancora Boscolo:
“Bisogna essere padroni del Nome, del significato delle parole, per poter operare a dovere
e interpretare tutti i sensi espressi e racchiusi
appunto nella Parola! Bisogna ricordare la tradizione ebraica del mito della Parola, del Bal
Shém o Bàal-Shém-Tòv. Non si può pretendere
di spiegare Nostradamus senza talvol­ta leggere anche in greco, in latino o in ebraico alcune
Pianta stellare della Cappella della Sindone
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2012
Fine del mondo o inizio di una nuova era?
di Chiara Canali
Ogni cultura, ogni civiltà e ogni tempo ha elaborato le proprie leggende, previsioni e profezie
legate alla fine del mondo. Alcune storie e preveggenze come il Calendario Maya, l’antica civiltà del grande Egitto, gli edifici del sito archeologico di Angkor, la Bibbia e Nostradamus,
i testi sacri ebraici e la spiritualità indiana, le
leggende Hopi e di altre popolazioni americane, l’I-Ching cinese e la corrente di pensiero
New Age sembrano avere punti in comune,
convergendo nella fatidica data del 21 dicembre 2012.
Come riconosce Roberto Giacobbo nel volume
2012: la fine del mondo, ciò che colpisce non
sono le differenze tra le varie profezie, bensì le
somiglianze. Autori diversi, senza sapere nulla
l’uno dell’altro, appartenuti a epoche storiche
diverse, hanno descritto scene simili con un’ansia a dir poco profetica. Il 2012 secondo alcuni
studiosi, come Josè Argüelles, è un momento
di enormi cambiamenti evolutivi che coinvolgerà l’intero pianeta, un periodo che si chiama
“sincronizzazione galattica” e in cui il pianeta
Terra entrerà in una fase astrologica che lo
allineerà a poderose energie di cambiamento.
Proprio per questo dà addito a innumerevoli
interpretazioni, sulla base di molte profezie conosciute fin dai tempi antichi.
costellazione del Sagittario e l’altro in quella
dei Gemelli, formando una croce che esprime
l’idea di “centro cosmico”. La croce, formata
dall’intersezione tra l’eclittica e la costellazione
del Sagittario, puntava in direzione del centro
della Via Lattea (centro galattico).
Nel periodo attorno alla data del 21 dicembre
2012, che corrisponde al solstizio d’inverno, il
Sole sarà allineato con il centro galattico sulla
linea dell’eclittica, per un fenomeno chiamato
precessione degli equinozi. Questo fatto, indicato come “croce maya”, accade ogni 26.000
anni. Secondo uno studioso come John Major
Jenkins, non si deve considerare solo il momento preciso dell’allineamento solstiziale, ma
tutta un’ “era dell’allineamento” che, comprendendo il 2012, si estende dal 1980 al 2016.
2012: il capolinea
CALENDARIO MAYA
Secondo il Calendario dei Maya il centro del
tempo e dello spazio si sarebbe rivelato quando il loro grande ciclo calendariale fosse giunto al termine del 12 dicembre 2012. I Maya
formularono una grande visione unitaria dei
processi universali, uniti da un filo numerico
comune che corre in una realtà multidimensionale. Accanto a questo, svilupparono un altro sistema di computo del tempo, chiamato il
Lungo Computo, che collocava nel 2012 la fine
di un grande ciclo temporale. Nella simbologia
Maya, la Via Lattea intersecava l’ellittica (la linea percorsa dal Sole) in due punti: uno nella
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Croce Maya
LA PROFEZIA DEI TESCHI DI CRISTALLO
Una leggenda collegata alla tradizione orale
dei Maya è quella dei 13 teschi di cristallo:
“Quando i tredici teschi di cristallo saranno
ritrovati e riuniti, inizierà un nuovo ciclo per il
genere umano, un ciclo di grande conoscenza
ed elevazione”. Il teschio è un simbolo molto
potente, è il simulacro di ciò che si è stati e
di ciò che si diventerà, della vita e della morte; un simbolo antico usato da molte culture e
con diverse valenze. I tredici teschi di cristallo
potrebbero quindi contenere informazioni circa l’origine e il destino della razza umana. Se
il 21 dicembre 2012 i 13 teschi di cristallo si
riunissero, le onde elettromagnetiche da essi
emesse potrebbero ridurre al minimo l’impatto delle conseguenze catastrofiche della fine
del mondo.
I-CHING
Terence McKenna, uno dei simboli della filosofia New Age, ha realizzato ricerche sull’ I-Ching,
il Libro dei Mutamenti, l’antico testo profetico
e sapienziale cinese che risale al II secolo a.C.,
ha scoperto un complesso frattale criptato
che ha chiamato “onda temporale”. L’I-Ching è
un sistema a 64 esagrammi ognuno dei quali composto da 6 linee che possono essere o
continue, yang, o spezzate, yin: si tratta delle
due polarità che corrispondono al positivo e
al negativo, al maschile e al femminile. La conclusione di McKenna è che ci troviamo in un
ciclo finale di tempo della durata di 64 anni del
calendario lunare cinese, equivalenti a 67 anni
del nostro calendario gregoriano che si concluderebbe con la data della sincronizzazione
maya del 2012, data che viene indicata come
Esagrammi I-Ching
il ponte che condurrà finalmente all’Età dell’Acquario.
PACHA CUTI
Gli sciamani del Perù negli ultimi anni stanno
scendendo dalle loro Ande per annunciare al
mondo che è prossimo il Pacha Cuti, “il mondo
sotto-sopra”, e che al culmine di esso, proprio
nel 2012 secondo i loro calcoli, apparirà una
nuova razza di essere umano che loro chiamano Homo Luminous.
CODICE GENESI
Negli anni Novanta del secolo scorso, il giornalista investigativo Michael Drosnin ha pubblicato un libro intitolato Codice Genesi. L’autore sostiene di aver decifrato un codice divino
nascosto nelle pagine della Bibbia che conterrebbe la profezia della fine del mondo: il codice
rivelerebbe che una cometa colpirà la Terra
nell’anno ebraico 5772, anno che corrisponde
al nostro 2012.
APOCALISSE DI GIOVANNI
Riferimento sicuramente essenziale, quando si
pensa a un’eventuale fine del mondo, è senz’altro “Apocalisse di Giovanni”: “Poi dalla bocca del
drago e dalla bocca della bestia e della bocca
del falso profeta vidi uscire tre spiriti immondi,
simili a rane: sono infatti spiriti di demoni che
operano prodigi e vanno a radunare tutti i re
di tutta la terrà per la guerra del grande giorno di Dio onnipotente (…) E radunarono i re nel
luogo che in ebraico si chiama Armaghedon”.
Poi ancora, nel XII capitolo: “Nel cielo apparve
poi un segno grandioso: una donna vestita di
Sole, con la Luna sotto i suoi piedi e nel capo
una corona di 12 stelle. Era incinta e gridava
per le doglie e il travaglio del parto”.
Sono immagini che si ripetono anche nelle altre profezie: la donna che rappresenta la vita,
la luna e le 12 stelle, i 12 segni zodiacali che le
vengono accostati.
IL TERZO SEGRETO DI FATIMA
I messaggi della Madonna di Fatima furono
trasmessi alla pastorella Lucia il 13 ottobre
1917, ma furono pubblicati nel giornale Neues Europa di Stoccarda il 15 Ottobre 1963
sotto il titolo L’avvenire dell’Umanità a firma di
L. Einrich. L’autenticità di tale documento non
è mai stato smentito dal Vaticano.
“Verrà il tempo dei tempi e la fine di tutte le
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fini, se l’umanità non si convertirà; e se tutto
dovesse restare come ora, o peggio, dovesse
aggravare, i grandi e i potenti periranno insieme ai piccoli e ai deboli. (…) Ciò che è putrido
cadrà, e ciò che cadrà, più non si rialzerà. La
chiesa sarà offuscata e il mondo sconvolto, dal
terrore. Tempo verrà che nessun Re, Imperatore, Cardinale o Vescovo, aspetterà Colui che
tuttavia verrà, ma per punire secondo i disegni
del Padre mio”.
Come nell’Apocalissi di Giovanni, non si allude
a una data precisa, ma le immagini lasciano
presagire si tratti di una vera e propria fine dei
tempi.
Correggio, Cupola di S. Giovanni Evangelista
1520 - 1524, Parma
LA PROFEZIA DI MALACHIA
Nella Prophetia de Summis Pontificibus, il
santo Malachia O’Morgan così parla: “Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana
Chiesa siederà Pietro il Romano, che pascerà
il gregge fra molte tribolazioni; passate queste,
la città dei sette colli crollerà e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Amen”.
Tale frase sembra richiamare sia l’Apocalisse
di Giovanni che il terzo Segreto di Fatima e, proprio come le profezie e i segni finora incontrati,
ci annuncia un crollo e minaccia la fine di qualcosa. Nel suo testo profetico, una raccolta di
111 motti in latino, si possono decifrare altrettanti pontefici a partire da Celestino II, salito al
soglio papale nell’anno 1143 fino alla fine dei
tempi, fino all’ultimo papa dopo il quale la Chie-
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sa cadrà. Con Giovanni Paolo II siamo arrivati
a 110: l’attuale Joseph Ratzinger, eletto papa
dal conclave il 19 aprile 2005 con il nome di
Benedetto XVI sarebbe il centundicesimo. Se
fosse l’ultimo, la profezia di Malachia sarebbe
straordinariamente in sintonia con il periodo
storico della profezia maya sul 2012.
Secondo alcune tradizioni romane molto antiche, nella trascrizione delle profezie di Malachia sarebbe andato perduto un motto: Caput
nigrum.
In questo motto azzarderei perfino un collegamento con il caput nigrum di un altro grande
capo, questa volta dello stato e non della chiesa, che è stato eletto in clima di rivolgimenti
e cambiamenti: Barack Obama diventato Presidente degli Stati Uniti in data 4 novembre
2008.
NOSTRADAMUS
Il nome Nostradamus è un gioco di parole
latino che Michael de Nostredame ha scelto
per sé da studente: viene dalla voce verbale
“damus”, noi diamo, e dal nominativo plurale
neutro “nostra”, le cose che ci appartengono. Quindi il nome Nostradamus riecheggia il
co-gnome di Michael, ma significa anche “noi
diamo il nostro sapere”, ripercorrendo quello
che è stata la sua vita di profeta, ma anche
di scienziato e astronomo che ha saputo riconoscere negli eventi che si susseguivano delle
ripetizioni cicliche.
Renucio Boscolo rileggendo le Centurie di
Nostradamus alla luce del 2012 elabora una
grossa serie di combinazioni. In una quartina
delle Centurie si legge infatti: “La Religione del
nome dei Mari (Maria o Pontos) vincerà – Contro la setta del figlio AdaLuncAtif – La setta
ostinata e deplorata si temerà per i Due Benedetti – Colpiti per Aleph et Aleph”. Nell’interpretazione di Boscolo, i Due leader nel mirino
di questi fanatici terroristi vanno a riferirsi a
eminenti personaggi il cui nome è Benedetto:
Mubarak (Egitto), Barack Obama (Usa) e Benedetto XVI che incarna il ruolo e la religione del
nome dei Mari e Pontefici.
Le risposte dell’umanità
Interpretazioni laiche e religiose sembrano
concordare sul periodo circoscritto per questa
“fine dei tempi”. Diverse sono però le risposte
e le reazioni elaborate da studiosi, da filosofi e
dall’umanità tutta.
I catastrofisti prevedono nel 2012 l’attuarsi
di scenari apocalittici con anticristi, devastazioni, distruzioni, fiamme e fuoco dal cielo, maremoti e terremoti, catastrofi naturali, fino a
tempeste solari e all’impatto di un meteorite.
Partendo da alcune conclusioni scientifiche, il
filone catastrofista trova molteplici cause che
condurranno il mondo diritto all’annunciata
fine, con il conseguente giudizio divino che si
abbatterà sull’umanità intera.
Per gli ottimisti il 2012 è invece una “porta sul
possibile”, un’occasione di risveglio, che richiede attenzione per aprirsi al mistero e ai poteri
del cosmo, al di là dell’umano. Per gli ottimisti
bisogna prendere coscienza che si sta vivendo la nascita di una nuova Terra, di una nuova
vita: il 2012, per alcuni, annuncia il momento del “grande risveglio” della maggior parte
dell’umanità a una nuova coscienza o spiritualità unificata, raggiungibile attraverso diverse
esperienze come l’unità degli individui, l’amore
selvaggio, l’apertura alla Luce.
dei tarocchi con Obama per Stefano Fioresi,
della fisica astronomica per Bob Gil, dei dadi
per Alessandro Girami, e ancora dei tarocchi
autoprofetici per Sonja Quarone.
Una quarta schiera di artisti indaga sul ciclo
di morte e vita che caratterizza la chiusura di
un’era l’inizio di una nuova vita: Simona Bramati
recupera il segno dell’urna; Giovanni Gaggia si
esprime con la simbologia del sangue; Loredana Galante interpreta la metafora della giostra
con i teschi; Valerio Saltarelli Savi contrappone
sfera razionale e sfera spirituale.
Infine, un quinto gruppo celebra il risveglio della
Luce che ha in sé il potenziale della rivelazione
e dell’apparizione divina, con le opere di Barbara Giorgis, Pina Inferrera, Marta Mancini.
Gli artisti: profeti, poeti e visionari
Nell’immaginario degli artisti riuniti in questa
mostra si possono riscontrare atteggiamenti
ed espressioni diverse elaborate attraverso
un linguaggio artistico contemporaneo, che
corrispondono alla personale interpretazione
del tema, secondo cinque filoni tematici diversi.
Un primo gruppo parte dallo studio delle profezie per riflettere sui messaggi di profeti, mistici, veggenti oppure sugli oracoli di popoli e
civiltà diverse: Silvia Capiluppi si rifà all’antico
Canto dei Lacandòn (discendenti dei Maya), un
popolo di adoratori delle pietre; Paola Crema
cita il mito del Minotaoro; Gianni Depaoli richiama la profezia degli Hopi; Ludmilla Radchenko
recupera il frutto biblico della mela; Massimiliano Robino si riallaccia all’iconografia della
croce.
Un secondo gruppo di artisti si sofferma sugli
effetti e le conseguenze delle profezie sul genere umano raffigurando scenari apocalittici,
in direzione catastrofica (Paolo Ceribelli, Duilio
Forte, Luca Pugliese, Federico Unia) e ottimistica (Daniela Cavallo, Marica Moro).
Nella terza sezione incontriamo una classificazione analitica e dettagliata di alcuni strumenti preveggenti e profetici come nel caso della
parola scritta sui libri per Manuel Felisi, dello
specchio chiaroveggente per Roberto Fallani,
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Simona Bramati
Chi sei tu per scagliare
la prima pietra?
Con la sua pittura Simona Bramati svela il rimosso, svela la realtà parallela e
sommersa di un mondo oscuro popolato
da meraviglie e orrori dell’umanità. Non
è nelle intenzioni dell’artista descrivere
un’umanità emancipata e dagli attributi
contemporanei, bensì rappresentare l’uomo (e la donna) nella sua essenza eterna
ed immutabile pur nell’alternarsi dei tempi, delle stagioni e delle generazioni.
L’istallazione Chi sei tu per scagliare la
prima pietra? si compone di 6 urne decorate con ramages di colore bianco, contenenti ciascuna una pietra bianca appoggiata su un cuscino di velluto rosso. Sulle
facciate di ogni urna compare un oblò in
cui vi è dipinto l’occhio di una donna più
o meno giovane che fissa lo spettatore. Il
lavoro si ricollega al tema delle lapidazioni nei paesi orientali, intendendo raccontare, attraverso il brandello di un occhio
dipinto, lo stato d’animo delle donne che
hanno subito violenza sia fisica che psicologica. Nell’individuazione della pupilla
dell’occhio, simbolo allusivo a tutta la persona, la Bramati intende concentrare tutto il carattere della personalità che va a
dipingere.
La presenza dell’oculo sull’urna rimanda
simbolicamente all’ “occhio dell’aquila”,
che si formerà tra il 22 e il 23 Dicembre
del 2012 quando una donna (Venere)
si troverà a metà strada tra Saturno e
Plutone, ossia a 30 gradi di distanza da
ciascuno di essi, formando così il vertice
di un piccolo triangolo a cui si attribuisce
solitamente il significato di assorbimento
e di ingresso di qualcosa di rigenerante e
vitale.
Nata nel 1975 a Jesi. Vive e lavora a
Castelplanio (AN)
MOSTRE PERSONALI
2011 Indiscrezioni, a cura di Beatrice
Buscaroli con la collaborazione di Davide
Rondoni, Giudecca 795 Art Gallery, Venezia
2010 Il peso di un giorno oscuro, Festival
della Letteratura del Crimine, Palazzo Stella,
Genova
2008 Lachesi, la filatrice del destino, a cura
di Loretta Mozzoni e Chiara Canali, Salara di
Palazzo della Signoria, Jesi, Ancona
MOSTRE COLLETTIVE
2011 54° Biennale di Venezia - Padiglione
Italia, a cura di Vittorio Sgarbi, Urbino Orto
dell’Abbondanza
2011 Il sottile fascino del perturbante, a
cura di Maria Rita Montagnani, Villa Bottini,
Lucca
2009 Imago Feminae, Donne dipingono
Donne, a cura di Giacomo Maria Prati e
Chiara Canali, Palazzo Guidobono, Pictor in
Fabula 2009, Tortona
2009 Rumors, Ex Arsenale Borgo Dora,
Torino
2008 Digitale Purpurea, a cura di Chiara
Canali, Palazzo Ducale, Genova
2008 Icons. The New Gotic Girl, a cura di
Chiara Canali, Galleria In S. Lorenzo 3, Parma
2007 La nuova figurazione italiana. To be
continued…, a cura di Chiara Canali, Fabbrica
Borroni, Bollate, Milano
2007 Arte Italiana 1968-2007, Pittura, a
cura di Vittorio Sgarbi, Palazzo Reale, Milano
2005 Il male, Esercizi di Pittura Crudele, a
cura di Vittorio Sgarbi, Palazzina di Caccia di
Stupinigi, Torino
C.C.
Chi sei tu per scagliare la prima pietra? #1, 2011, tecnica mista su legno, vetro, pietra, stoffa,
cm 21,5 x 20,5 x 21,5. Courtesy Giudecca 795 Art Gallery, Venezia
14
15
Silvia Capiluppi
Ix Chel
12.19.18.15.0
Ripenso ad un antico canto Lacandòn: “Si
perderà la mia canzone, se non l’avrai imparata, quando io morirò”.
Ci sedemmo nel suo piccolo tempio a
bere Balchè. Tutte le divinità Maya erano presenti e tra queste una sola Dea, Ix
Chel, ‘Signora dell’arcobaleno’, protettrice
della Luna, della Medicina, dell’Acqua, della Fertilità e del Parto. Patrona dell’arte
della tessitura, Sacra Custode delle ossa
e delle anime dei morti.
Fu lì che chiesi a Chan Kin delle Pietre.
Ricordavo di aver letto nel libro Il segreto
dell’aquila di Agnese Sartori che il popolo
dei Lacandòn prendeva il nome da lacantùn – pietra –“gli adoratori delle pietre”.
Grandi pietre ovoidali, coperte di fuliggine
poiché ad esse si rendeva omaggio bruciandovi sopra l’incenso o copal. Ma qual
era il loro significato? “Queste pietre le
hanno preparate Los Ancestros Maya (gli
Antenati Maya); hanno forse mille anni…
da generazioni e generazioni le portiamo
con noi, sono il cuore della nostra cultura,
della nostra razza… queste pietre sono
quelle della fondazione delle grandi città…
una viene da Palenque, una viene da Yaxchilàn, una viene da Bonampak, l’altra viene da…” era stanco. “Nelle pietre ci sono
le Entità, gli Dei che dimoravano nelle nostre Antiche città… ma poi sono arrivati
i turisti, e così gli Dei prima sono fuggiti
da Palenque e sono andati a Yaxchilàn;
dopo sono fuggiti anche da lì”. I Lacandoni un tempo erano dei veri uomini Halach
Winic. Ricordai di aver letto questo termine nel Chilam Balam di Chumayel, sacro
libro profetico degli antichi Maya, ove era
menzionata l’esistenza di una società iniziatica con un linguaggio proprio ed una
complessa simbologia rituale. Era perciò
evidente la discendenza dei Lacandoni
da una vera tradizione. E proprio in quel
16
testo era detto che con il tempo la tradizione sarebbe andata perduta, perché i
figli dei figli avrebbero perduto ‘la visione’.
Chan Kin, figlio di Chan Kin Viejo sorrideva
mentre con ironia raccontava che nemmeno più la moglie credeva al potere divinatorio e di premonizione dei suoi sogni.
Sognai l’anziana donna capace di disfare i
Nodi e il giovane uomo che conosce come
aprire l’Uovo. Un Rito segreto di vita e rinascita.
Tempo dopo entrai a Xibalba, un nuovo
sogno…
Silvia Capiluppi
L’espressione artistica di Silvia Capiluppi prende forma nel 1994 con la mostra fotografica
“InSix”.
Nel 2006 dà inizio al ciclo delle installazioni
di guarigione inaugurando il percorso interattivo “Peccato”. Nel 2008 crea “Riflet-ti-amo”,
nel 2009 vara il network empatico Progetto
Nodo, nel 2010 partecipa a “Culture_Nature”
- mostra collaterale alla 12° Biennale di Architettura di Venezia. Nello stesso anno inizia
la collaborazione con l’associazione Arte da
Mangiare.
Nel 2011 realizza le installazioni “Sarah Penelope Pilar”, “Albero maestro” e “Mala’femmana” esposta presso il Padiglione Tibet in
Venezia.
Architetto, naturopata e insegnante di yoga,
dopo l’approfondimento della Cromoterapia
si dedica allo studio delle Antiche Tradizioni –
Bagua, Ayurveda, Medicina Tradizionale Tibetana, Medicina Tradizionale Andina e Maya - e
alla pratica del Mantra Healing, dello Yoga del
sogno e del sonno.
Ix Chel 12.19.18.15.0, video installazione, rete metallica,
gesso, plastica, polvere d’oro, cotone e piume
17
Daniela Cavallo
New Day, New World
Attraverso la fotografia in digitale, che è
la rivoluzione estetica di questo millennio,
Daniela Cavallo può esprimersi con una
“scrittura di luce”, una “pittura illuminata”
fatta di pura luce che impressiona bruscamente le opere, genera bagliori inattesi e produce accecamenti subitanei, dà
vita a mille variopinti riflessi e seleziona gli
attimi rivelatori di uno stato di coscienza.
L’opera New Day, New World fa parte di
un recente ciclo di lavori incentrato sul
tema dei bambini indaco, un concetto
pseudoscientifico nato nell’ambito della
subcultura New Age con cui si indica una
generazione di bambini che sarebbero
dotati di tratti e capacità speciali o di tipo
soprannaturali.
Dichiara l’artista: “Credo che il nuovo
mondo sia fatto di energia spirituale, i
bambini indaco - che hanno bacchette
magiche, cappelli da fatina e cilindri da
mago - non sono altro che l’auspicio di
riprendere contatto con la parte magica
dentro ognuno di noi”.
Il colore indaco sulla pelle di questi bambini corrisponde a una simbologia cromatica di trasfigurazione fisica e rigenerazione interiore, che anticipa un tempo
di cambiamenti e modificazioni genetiche.
L’atmosfera infuocata ed esplosiva della scena, percorsa da lingue di fuoco e
nu-vole cariche di tempesta, evidenzia il
clima apocalittico e irreale in cui avverrà
il progressivo passaggio epocale, preannunciando la rinascita di una nuova era.
C.C.
18
Nata a Ostuni nel 1982. Vive e lavora a
Milano.
MOSTRE PERSONALI
2011 New Day, New World, a cura di Ivan
Quaroni, Studio D’Arte Fioretti, Bergamo
2010 Time Sirens, a cura di Silvia Fabbri,
Fondazione Durini, Milano
2010 What changed your life?
Contemporary Art, a cura di Chiara Canali,
Superstudiopiù, Milano
2009 Che voli prendere, a cura di Roberto
Mutti, Galleria San Salvatore, Modena
2007 Suspence, a cura di Chiara Canali,
Angelart, Milano
2006 Speculazioni, a cura di Chiara Canali e
Paolo Manazza, Aus18, Milano
MOSTRE COLLETTIVE
2011 Biennale di Venezia- Regione
Lombardia, a cura di Vittorio Sgarbi, Palazzo
Lombardia, Milano
2011 Esprit Méditerranéen, a cura di
Cosmo Laera, Pinacoteca Provinciale, Bari
2010 Like a bowl full of jelly, a cura di Ivan
Quaroni, Livorno
2009 Stile libero, Galleria Cannaviello, Milano
2008 International Festival of Experimental
Art, a cura di E. Fornaro, Biennale di San
Pietroburgo
2008 Biennale di fotografia e video, a cura di
F. Boggiano, Alessandria
2008 Germinazioni- A new breed, Palazzo
della Penna, Perugia
2007 La nuova figurazione italiana. To be
continued, a cura di Chiara Canali, Fabbrica
Borroni, Bollate
2006 Suoni e Visioni International, a cura di
Fabrizio Boggiano, Museo Contemporaneo,
Amburgo, Museo d’Arte Contemporanea,
Copenaghen, Villa Santa Croce, Genova,
Galleria d’Arte Contemporanea, San Marino
New Day, New World, 2011, stampa digitale su policarbonato, cm 148 x 188, tiratura 1/3.
Courtesy Studio D’Arte Fioretti, Bergamo
19
Paolo Ceribelli
The beginning and the end
Marchio di fabbrica del lavoro di Paolo
Ceribelli è il soldatino di plastica, utilizzato
in sequenze ritmiche che seguono l’accostamento dei piani e l’intervallo delle linee
oppure accumulato in mucchi disordinati
nello spazio. Il risultato è fortemente pittorico e oggettuale, nonostante sia ottenuto attraverso un procedimento rigidamente meccanico, matematico, eseguito
manualmente dall’artista accostando un
soldatino dopo l’altro sulle superfici prescelte.
Premessa alla ideazione dell’opera The
beginning and the end di Paolo Ceribelli
è la profezia dei Maya secondo cui, l’attuale Età dell’Oro (la quinta), terminerà il
21/12/2012. Nella realizzazione, l’artista ha utilizzato oggetti e materiali di uso
comune insieme ai soldatini di plastica
che sono elemento fondamentale della sua ricerca artistica. Il tavolo inserito
nella stanza rappresenta il mondo in cui
viviamo con la presenza di uno sgabello,
un piatto, un bicchiere e delle posate che
sottolineano la presenza dell’uomo nella
quotidianità.
Il piatto, simbolo di nutrimento, è pieno di
soldatini di plastica completamente immersi in un bagno d’oro in riferimento alla
Quinta Età del Calendario Maya, a rappresentare il fatto che l’umanità si ciba costantemente di guerra.
Le gambe segate del tavolo e lo sgabello
rovesciato alludono all’inversione del campo magnetico e allo spostamento dell’inclinazione dell’asse terreste che causerebbe catastrofi e cataclismi.
La mappa disegnata sul tavolo con il collage di soldatini è una visione complessa
ed intricata del periodo socio politico in
cui viviamo, mentre il secchio pieno di soldatini, conseguenza finale della profezia,
diventa prefigurazione del cambiamento,
20
della necessità di gettare via il prodotto
della società attuale per lasciare spazio a
una rigenerazione. Per Ceribelli il carattere esteriore di un’epoca diventa segno distintivo del suo tempo privato e della sua
opera.
C.C.
Nato nel 1978 a Milano, dove vive e lavora.
MOSTRE PERSONALI
2011 Soldiers, a cura di William Hoek and
Frédérique Pauporté, In-Store, Bruxelles
2010 Toy soldiers ERA, a cura di Chiara
Canali, Galleria Glauco Cavaciuti, Milano
2009 Take me home, a cura di Cristina
Trivellin, Galleria San Lorenzo, Milano
2006 Soldiers, Italiano home store, Los
Angeles, Usa
2003 Superm-art, Italiano home store, Los
Angeles, Usa
MOSTRE COLLETTIVE
2011 La macchina dello stato, a cura di
Enrica Melossi, Museo degli archivi di stato,
Roma
2011 AAM, a cura di Chiara Canali, Galleria
Glauco Cavaciuti, Spazio Eventiquattro e Price
WaterhouseCoopers, Milano
2010 Step09, Galleria La Contemporanea,
Museo della scienza e della tecnica, Milano
2010 The White Cellar, a cura di Chiara
Canali, Paratissima, Ex Palazzo FIAT, Torino
2010 Pop/Comics/World, a cura di Patricia
Chicheportiche, Galerie 208, Parigi
2010 Exsense, Museo della Permanente,
Milano
2009 Mi-Art, Galleria Pio Monti, Roma
2007 Collettiva, Galleria San Lorenzo,
Artimino, Prato
2001 Giovani Artisti Italiani, Italiano Home
Store, Los Angeles, Usa
The beginning and the end, 2011, legno, vestro, metallo e soldatini di plastica, cm 250 x 200 x 120.
Courtesy Galleria Glauco Cavaciuti, Milano
21
Paola Crema
MINOTH II°
Per risalire dal baratro in cui sta sprofondando, l’umanità non può che puntare su
un arricchimento. Quale arricchimento?
Mitizzato dalla leggenda, reiterato nella
storia, immolato per ricordarci che il destino degli uomini si ripete ogni qual volta
l’eccesso opulento ci porta fuori strada, il
Minotauro rappresenta uno dei paradigmi profetici più evidenti nella ciclicità degli eventi umani. Ingabbiati in convinzioni
statiche non siamo più capaci di ritornare
all’origine ma pretendiamo di avanzare
e di espanderci, continuando a costruire stanze confuse attorno a noi. Una via
senza ritorno verso l’espansione. Eppure
arretrare consolidare mantenere, ricordare, sono distintivi dei processi etici che
includino la memoria del percorso. La fine
di questa consapevolezza è l’origine della
perdita d’identità e di cultura sociale.
La natura ha prodotto umani e animali, ma l’uomo attuale sembra aver perso
quelle qualità istintive che gli hanno fatto
ottenere la supremazia sulla terra, quelle
che lo rendevano un essere superiore e
completo. Così sarà il mito, con le sue visioni simboliche di ibridi e metamorfosi, ad
indicarci la strada. L’uomo dovrà riappropriarsi dell’acutezza dell’aquila, della forza
dirompente del toro, della velocità elegante del cavallo, della saggezza del gufo, dello
slancio della pantera. Dovrà dotarsi di qualità anfibie e magari attingere nuove energie anche dal mondo vegetale e minerale.
Questi bronzi che vogliono apparire come
reperti archeologici, possono in realtà essere letti nel contempo come profetici.
Mito e profezia, il lontano passato e l’inquietante futuro, saldati assieme nel cerchio del tempo.
MOSTRE PRINCIPALI
2011 Padiglione Italia, 54 Biennale di
Venezia, MoBa, Firenze
2010 La voix des Choses, Tempio di Adriano,
Roma
2010 Ambient: Arte e Architettura,
Imaginary Archeology, Biennale di Venezia,
Venezia
2010 Frammenti di Atlantide, Casina delle
Civette, Museo Villa Torlonia, Roma
2010 Antinoo dopo e oltre, Museo
Archeologico, Firenze
2009 Il Tempo e il Mito / L’Uomo e
l’Universo 1609-2009, Archivio di Stato,
Roma
2008 Memorie preziose, Museo degli
Argenti e delle Porcellane, Palazzo Pitti,
Firenze
2008 Marguerite, Villa Adriana, Tivoli
2008 Mascate Bait, Zubair Museum, Oman
2007 Manama Art Centre, Bahrain
2007 Il Tempo Grande Scultore, Museo
Capitolino Centrale Montemartini, Roma
2005 Audi Bank, Beirut
2004 Istituto Italiano di Cultura, Rabat
2004 National Historical Museum, Bucarest
2004 Diamantmuseum, Anversa
2004 University Technical Museum, Pechino
2004 Kyriakis Foundation, Limassol
2004 Istituto Italiano di Cultura, Tunisi
2003 National Museum, Damasco
2000 Women Jewelry Exhibition, Ilias
Lalounis Jewelry Museum, Atene
F.D.A.
MINOTH II°, 2010, scultura in bronzo a patina chiara, cm 135 h
22
23
Gianni Depaoli
Verso il quinto mondo
“Ci sarà un giorno in cui gli uccelli cadranno dal cielo, gli animali che popolano i boschi moriranno, il mare diventerà nero e
i fiumi scorreranno avvelenati. Quel giorno, uomini di ogni razza si uniranno come
guerrieri dell’arcobaleno per lottare contro la distruzione della Terra”.
Profezia degli Hopi
Il continuo contatto con il mare e con gli
operatori del settore, prevalentemente
del Nord Europa, ha insegnato a Gianni
Depaoli a coltivare il rispetto di questo
elemento e parole come ecosostenibilità e biodiversità, oggi ormai di uso comune, le ha imparate sin da bambino anche
se allora erano semplicemente “Rispetto
del Mare” e “fermo biologico”.
Influenzato da questo percorso di vita e
coinvolto nei problemi ad esso collegati, ha iniziato a frequentare il variegato e
multiforme mondo dell’arte per mettere
in evidenza, far riflettere, denunciare situazioni. Per esprimere il suo pensiero,
ha creato, installazioni che testimoniassero il degrado ambientale e la violenza
sugli animali attraverso mostre itineranti sostenute da musei e da enti e svolte
in luoghi istituzionali. La sua rivelazione
artistica constata la verità già declamata dagli Hopi, popolazione amerinda oggi
confinata in una riserva dell’Arizona, e ripropone il segno dell’artista come colui
che promuove la consapevolezza e annuncia la conoscienza dei pericoli di una
politica autodistruttiva, praticata in nome
di un progresso portatore di un falso benessere.
La profezia degli Hopi è stata incisa sopra
una roccia, forse per aiutarci a non dimenticare, anche oggi che le parole enunciate testimoniano l’attuarsi della grande
catastrofe.
F.D.A.
24
Nato nel 1961 a Ivrea. Vive e lavora a Candia
Canavese (TO).
MOSTRE PERSONALI
2011 Arte Accessibile Milano, a cura di
Martina Cavallarin, Selective Art - Parigi,
Studio LB Contemporary Art - Brescia,
Artespressione - Milano e Mossini Modern
Gallery-Mantova, Spazio Eventiquattro, Gruppo
24 Ore, Milano
2011 Rossomare, mattanze inquinamenti,
eco sostenibilità, Galleria d’Arte Moderna,
Genova
2010 Ciò che il mare porta, European Week
for Waste Reduction e Mediterranea 2010,
Atelier di Palazzo Ducale, Genova
2009 Installazione luminosa in metacrilato
con inclusione di abissali, Acquario Civico,
Messina
2008 Maree Noire, Marineland, Antibes
2007 Mare Nero, Museo di scienze Caffi,
Bergamo
MOSTRE COLLETTIVE
2011 Paternopoli, Terra Arte edizione XI
2011 Arte da Mangiare – Orto d’ artista:
Dalla semina al raccolto, Società Umanitaria,
Milano
2010 Open Art 2010, Sale del Bramante,
Piazza del Popolo, Roma
2010 International Art Fair StuttgartSindelfingen, Stoccarda
2010 Only Italy–Mostra Arte
Contemporanea, Teatro Stabile di Hanzhou,
Cina
2010 Carrousel du Louvre – Art Shopping,
Parigi
2010 Il senso del tempo tra storia e
conoscenza, a cura di Vittorio Tonon, Archivio
di Stato, Novara
2010 Affordable Art Fair Amsterdam 2010,
Amsterdam
2008 Rassegna d’ arte Galleria Artpoint
222, Vienna
Verso il quinto mondo, 2011, tecnica mista, pesce, pelle di pesce, resina, pigmento nero,
sale marino, cm 400 x 500
25
Roberto Fallani
Specchio delle mie brame
“Specchio delle mie brame dimmi: qual
è il significato della mancanza di immagine riflessa? E’ il vuoto davanti a
noi, cioè il nulla che ci aspetta? O è una
promessa di indipendenza di giudizio?”
Come tutti gli Oracoli, i signicati sono
ambigui e talvolta di opposta interpretazione. Se il ragionamento porta a credere
alla prima ipotesi, il sentimento ci fa però
preferire la seconda. Forse l’Oracolo vuol
dire che ognuno deve creare le proprie visioni, e quindi il proprio futuro. Lo specchio
è un oggetto magico perchè raddoppia
quello che intercetta: oggetti, ambienti,
persone, sono rapiti dentro una superfice finita che allude ad una prospettiva
virtuale inesistente. Per le sue attitudini
intrinseche lo specchio promuove una
realtà oltre se stesso e invoglia il consultante all’invenzione di profezie che
lo coinvolgono. Le richieste oracolari rispondono alle domande e agitano gli stati
d’animo dell’interrogante in scenari intriganti, dove la sua personalità è protagonista in attesa di riconoscimenti futuri di
nuove storie da recitare.
Una fascinazione narcisista, da movenze
cinematografiche e teatrali, dove il soggetto chiede quale sarà la sua parte e
quella degli altri nel gioco della vita che
verrà.
Il lavoro di Roberto Fallani di grande presa
visiva ed emotiva, tende a dare una visione drammatica ed indecifrabile, del futuro
caratterizzato da un costante riflesso del
passato.
F.D.A.
26
MOSTRE PRINCIPALI
2011 Padiglione Italia, 54 Biennale di
Venezia, MoBa, Firenze
2010 Culture-Nature, Spazio Thetis, Biennale
dell’Architettura, Venezia
2010 Ambient (personale), Arsenale,
Biennale dell’Architettura, Venezia
2009 Il Tempo e il Mito, Archivio Generale
dello Stato, Roma
2007 Silver and Glass (personale), Palazzo
Pitti, Museo degli Argenti, Firenze
2007 Il Tempo grande Scultore, Centrale
Montemartini, Roma
2007 Sculture da indossare, Il Fortino, Forte
dei Marmi
2005 Cent Soleils, Ambasciata d’Italia, Algeri
2005 Riconoscimento da parte della
Commissione Europea del brevetto di
invenzione per Vetro Armato, Bruxelles
2003 Lights, Istituto Italiano di Cultura, New
Delhi
2001 Entra a far parte del gruppo Mirabili,
Formitalia, Valenzatico Pistoia
2000 Aula Magna Universit con Piano e
Portoghesi, Archi, Firenze
1998 Memoria di futuro (personale),
Fondazione Bagatti Valsecchi, Milano
Specchio delle mie brame, 2011, specchio, ferro, diametro di cm 130
27
Manuel Felisi
Torah
Un insieme di libri tagliati e compattati
sino a formare una doppia rotaia: è l’intuizione artistica realizzata per il site specific
di 012 da Manuel Felisi.
L’opera provvede ad intrecciare le storie
dei viaggiatori del tempo con quelle della
città e i suoi misteri, scegliendo di completare il senso del luogo attraverso la rappresentazione di un binario che arriva, o
parte, dal muro della stazione.
Un binario morto, di fine corsa, o al contrario vivo, che non lascia aperte altre scelte:
bisogna scendere o ripartire.
L’installazione dichiara la sua origine metafisica e promuove un viaggio magico e
misterioso. Un tour di materializzazioni
e di scomparse che percorre l’etica e la
trasforma in estetica, relazionandosi con
il contenuto ed il contesto, dentro una logica di metamorfosi costantemente sollecitate. Vagoni ricchi di parole, spezzate con
la spada inglese sword, rimesse in circolo
per conessioni atipiche, ottime per determinare nuovi scenari. Moti verbali congegnati per scuotere i cieli inabbissati nel
ventre della Grande Vacca, assopita nelle
mani del destino e ora pronta per il rito
della mungitura.
Il gioco dei rimandi divini porta alla storia
della buona novella e alla parafrasi del
lemma perennemente soggetto a purificazioni alchemiche ed innesca esplosioni di
creatività per confermare che dio è in noi.
La Torah è il libro sacro di tutte le profezie da cui è possibile trarne consiglio per
costruire guide sicure, adatte al transito
di carichi viaggianti diretti verso mete imprevedibili. Tante lettere insieme formano
i vocaboli che combinati tra di loro, producono discorsi e rappresentazioni della
realtà. Le prossime fughe dal minotauro
e dal suo labirinto dei termini, annunciano
nella felicità umana di intraprendere il volo
28
e librarsi nello spazio tra cielo e la terra, o
nelle pagine fluide i svolazzanti del grande
libro.
F.D.A.
Nato nel 1976 a Milano, dove vive e lavora.
MOSTRE PRINCIPALI
2011 Cutlog, Contemporary Art Fair,
Fabbrica Eos, Parigi
2011 Il mito del vero, collettiva a cura di
Giacomo Maria Prati e Paolo Lesino, Spazio
Guicciardini, Milano; 2010 Flowers, a cura di
Ivan Quaroni, Fabbrica Eos, Milano
2010 Pensiero Fluido, a cura di Alberto
Mattia Martini, Spazio Oberdan, Milano
2010 Letteralmente, personale, Visionnaire
Design Gallery, Milano
2010 MiArt 2010, Fabbrica Eos, Milano
2009 ArtVerona 09, Fabbrica Eos, Verona
2009 Distrato, personale a cura di Alberto
Mattia Martini, Contemporanea(mente),
Parma
2008 Miami Art Basel Event, collettiva,
Laure De Mazieres, Design District, Miami
2008 Architetture Sensibili, collettiva a cura
di Linda Giusti, Castello di Rivara, Torino
2008 Visioni urbane, personale, edifici San
Faustino, Milano
2008 Nato a Milano Lambrate, personale a
cura di Alberto Mattia Martini, Fabbrica Eos,
Milano
2007 Personale, Paparazzi Gallery, Crema
2006 Felisi, personale, Annotazioni d’Arte,
Milano
2006 Epidemia, collettiva, Palazzo nuovo
Torino
2004 Compilation, collettiva, Santa Barbara
Arte Contemporanea, Milano
2002 Chien ta kuo, collettiva a cura di Ivan
Quaroni, Scaldasole
Torah, 2011, installazione site specific, legno e libri. Courtesy Fabbrica Eos, Milano
29
Stefano Fioresi
OXAMA
La ricerca di Stefano Fioresi si compone
spesso di composizioni tematiche tra i
soggetti che originano strutture plurime
disposte in pattern visivi. L’effetto e il significato dell’elemento singolo varia con le associazioni operate all’interno della totalità
di configurazioni possibili che si sommano
in una struttura globale. Proprio come avviene nell’arte di divinazione dei Tarocchi
classici dove ciò che conta non sono le
carte isolate ma le loro combinazioni che,
lette seguendo il verso degli sguardi, danno luogo a lunghe storie e sequenze significative.
Nell’opera OXAMA di Fioresi la “X” è la lettera che sostituisce la “B” di Obama e l’”S”
di Osama. Il bisticcio di lettere nasce dal
continuo equivoco e scambio di nomi tra
i due, mentre la X incognita li accomunerebbe in questo strano destino segnato
dai loro nomi. L’installazione si compone
di 22 lavori pittorici che ricostruiscono in
scala maggiorata le 22 carte dei Tarocchi. Sfruttando la base fotografica a collages dei tarocchi, l’artista ha inserito con
la tecnica a stencil e spray l’immagine dei
due personaggi “Barack OBAMA e Bin Laden OSAMA” associati ai simboli delle carte che più li rappresentano.
C.C.
Barack OBAMA
Le Stelle
La Forza
Il Sole
L’Intemperanza
Il Bagatto
La Papessa
Il Papa
Il Carro
La Giustizia
Il Mondo
Il Giudizio
30
Bin Laden OSAMA
La Morte
L’Appeso
Il Diavolo
La Luna
Il Matto
L’Imperatore
La Ruota della Fortuna
L’Eremita
La Torre
L’Imperatrice
Gli Amanti
Nato nel 1965 a Modena, dove vive e lavora.
MOSTRE PERSONALI
2009 Prospettive contemporanee, l’Arte
dell’Architettura e l’Architettura dell’Arte,
a cura di Roberto Milano, Galleria La
Contemporanea, Torino
2008 Night ‘N’ Nuit, a cura di Chiara Canali,
Galleria San Lorenzo, Milano
2006 Grande Maestri del ‘900 - dalla
Metafisica alla Transavanguardia, Salone
Pietro da Cemmo, Museo di Crema, Crema
2006 Museum, a cura della Galleria San
Lorenzo, Chiesa di Sant’Onofrio, Firenze
2003 NYC- New York City, a cura di Maurizio
Sciaccaluga, Galleria Factory, Modena
2003 Lara’s Friends, a cura di Maurizio
Sciaccaluga, Young Museum, Palazzo Ducale
di Revere (MN)
MOSTRE COLLETTIVE
2010 Open 13, Esposizione Internazionale
di Scultura ed Installazioni, a cura di Paolo De
Grandis, Lido di Venezia
2009 Il mucchio selvaggio, Galleria D406,
Modena
2008 Il vuoto e le forme, 1a Esposizione
Internazionale di Sculture, Installazioni e
Dipinti, a cura di Anna Caterina Bellati,
Chiavenna, Sondrio
2007 La nuova figurazione italiana- to be
continued…, a cura di Chiara Canali, Fabbrica
Borroni, Bollate, Milano
2007 Caos project, 52 Biennale di Venezia,
a cura di Paolo De Grandis, Scuola Grande di
San Giovanni Evangelista, Venezia
2006 Open 2006, 9a edizione
dell’Esposizione Internazionale di Scultura ed
Installazioni, a cura di Paolo De Grandis, Lido
di Venezia
2005 Material, l’arte e la materia del mondo,
a cura di Marinella Paderni, Gamma Due,
Sassuolo, Modena
OXAMA – Tarocchi, 2011, collages, stencil, acrilico, resina e doratura su tela, installazione
composta da 22 opere, cm 80 x 40 ciascuna, dimensione ambiente
31
Duilio Forte
Phoenix Turris
La tradizione è il dispositivo per entrare nel
futuro perchè rivela le password nascoste
nelle infinite ramificazioni dei simboli che
assumono sembianze umane, zoomorfe,
vegetali, architettoniche o si confondono
nella grammatica dei gesti e delle storie
raccontate nelle leggende, come quelle di
Odino o del Cavallo di Troia. Nella rappresentazione scenica i materiali sono i media capaci di restituire emozioni e sensualità agli stati d’animo in cerca di concrete
possibilità di apparizione.
La torre rappresenta un mondo magico a
sè stante, con delle chiavi di accesso uniche ed una forte valenza simbolica. Le porte che conducono all’interno della struttura coincidono con momenti importanti
di superamento e di passaggio tra mondi
diversi.
Ad esempio le torri medievali, la cui funzione era di potere e di prestigio ma anche di
difesa, avevano botole, passaggi segreti e
sotterranei simili a labirinti che solo i loro
proprietari conoscevano.
AtelierFORTE osserva la condizione di inaccessibilità, protezione e allo stesso tempo
di favore della torre. Nella storia ha avuto
una funzione in ambito militare come vedetta nelle fortificazioni temporanee.
Simboleggia lo spirito di avventura, di scoperta e di conquista, come pure un momento privilegiato di riflessione e di osservazione.
Phoenix Turris si presta come punto di arrivo della Fenice, la quale lo sceglie come
luogo dove operare la propria rinascita. La
leggenda infatti racconta che quando una
Fenice sente arrivare la morte, questa costruisce un nido a forma di uovo, dentro
cui brucerà e dalle cui ceneri nascerà un
nuovo esemplare.
Allo stesso modo alla fine di un’era ne segue un’altra che nasce dalla conoscenza
32
tramandata e dall’ultimo stadio evolutivo
raggiunto.
F.D.A.
Artista di origine italiana e svedese, si laurea
in Architettura presso il Politecnico di Milano.
Svolge attività di ricerca nel campo dell’arte
con particolare attenzione alla dimensione
spaziale. Nelle sue opere l’esperienza pratica
della tradizione svedese, con l’attenzione alla
natura ed alla semplicità, si fonde con il grande
respiro e complessità della storia e della cultura artistica italiana.
Il 13 marzo 1998 Duilio Forte fonda AtelierFORTE.
Il 12 febbraio 2009 in occasione dei 200 anni
della nascita di Darwin, nasce il movimento
ArkiZoic, il cui manifesto delinea i capisaldi di
uno stile artistico fondato sulla centralità dello
spirito vitale, Anemos, che da 450 milioni di
anni caratterizza il nostro pianeta.
Nel 2008 e 2010 partecipa alla Biennale di
Architettura di Venezia con le opere Sleipnir
Venexia e Sleipnir Convivalis. Nel 2010 è candidato all’ICIF Prize.
AtelierFORTE si distingue nell’uso di due materiali. Il legno principalmente nello sviluppo delle
grandi opere architettoniche come nella serie
Sleipnir, che fonde la figura mitica del cavallo
di Odino, con la tradizione del cavallo di Troia. Il
ferro domina invece nella plastica scultorea. I
due materiali legandosi insieme creano strutture leggere e resistenti. Due materiali antichi
che concorrono alla definizione di un mondo
proiettato nel futuro con radici profonde nel
passato, nella storia e nella tradizione.
Phoenix Turris, 2011, legno e ferro, m 12 x 6 x 6
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Giovanni Gaggia
Opus Pistorum
Quello di Giovanni Gaggia è un viaggio nel
segno e nella simbologia assunta dal colore rosso all’interno di un percorso che nasce nel 2001 e arriva al 2011. L’insieme
delle opere scelte per evidenziare questo
cammino diventano un’unica installazione
dal titolo Red Passion che fa capo a tre
cicli di studi. “Opus Pistorum”, un disegno
a penna Bic rossa su una tela di due metri,
nato dopo la lettura dell’omonimo testo di
Henry Miller - “Colui che pesta come in un
mortaio” - presenta evidenti implicazioni
sessuali all’interno di una dimensione ancora del tutto corporea. I disegni a matita
di Sanguinis Suavitas (divisi in due serie)
sono simbolo di liberazione dal vecchio
corpo e rinascita in uno nuovo. La prima
serie di disegni va ad analizzare la ritualità
in relazione alla dimensione del sacro: ali
di farfalle, realizzate secondo una calligrafia chirurgica delicata e preziosa, si incastonano le une nelle altre a partire dalle
impronte centrali dei cuori, lasciando affiorare, sotto la loro trama, altre sembianze
di vita, come le immagini di una crocifissione dai lineamenti orientali (tratte dalle
illustrazioni di una Via Crucis realizzata da
un vescovo di Hong Kong).
La seconda serie studia la forza e la potenza dell’essere umano, al di là della morte,
con oggetti ed elementi - chiavi, ciabatte e
altri effetti personali da viaggio - tratti dal
Libro della Memoria di Ustica, segni significativi di una perdita e di un ritrovamento.
Nessuna memoria è infatti più salda della
memoria di sangue. Memoria e sangue
sono, nell’orizzonte simbolico, equivalenti,
perché assolvono alla stessa funzione di
sostenere la vita, come pegno di immortalità e, in quanto territori contigui tra vita e
morte, sono canali privilegiati della comunicazione tra vivi e morti.
Nato a Pergola (PU) nel 1977, dove vive e lavora.
MOSTRE PERSONALI
2011 I need you, a cura di Claudio Composti,
Spazio NovaDea, Ascoli Piceno
2011 Corpo fisico, corpo etereo (doppia
personale), a cura di Roberta Ridolfi, FactoryArt Gallery, Berlino
2008 Aforismi Simpatetici, a cura di Chiara
Canali, Museo dei Bronzi Dorati, Pergola (PU)
2007 Di spirito e di Carne, a cura di Roberta
Ridolfi, Factory-Art gallery, Trieste
2004 Mare Nostrum – Gemine Muse, a
cura di Roberta Ridolfi, Galleria Comunale
Francesco Podesti, Ancona
MOSTRE COLLETTIVE
2011 Le Petite Poucet, a cura di Davide
Quadrio, Francesco Sala, Stefano Verri, luoghi
differenti, Fabriano, Ancona
2011 New Grotesque, a cura di Silvia Fabbri,
Chiesa di Sant’Ambrogio, Milano
2011 In Corpo (Art fair OFF) a cura di
Emanuele Beluffi, BT’F gallery, Bologna
2010 White Cellar, a cura di Chiara Canali,
ex palazzo Fiat, Torino
2010 Ustioni, a cura di Matteo Bergamini,
Private Flat, Firenze
2010 Natura Anfibia, a cura di Claudio
Composti e Massimo Rizzardini, MC2gallery,
Milano
Opus Pistorum, 2001, penna Bic rossa su tela, cm 157 x 210.
Courtesy Collezione Gianluca Terenzi
C.C.
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Loredana Galante
Dal di Dentro. Borli
Tra pittura, scultura, installazione e performance si sviluppa la ricerca di Loredana
Galante, avvicendando stili, linguaggi e modelli diversi. Le opere pittoriche presentano citazioni ed evocazioni che rimandano
all’incongruenza dei sogni, alla stratificazione delle esperienze ma anche al cambiamento.
In questa occasione Loredana Galante ha
volto la sua naturale attitudine ironica e
salvifica all’indagine del tema della morte
in un’installazione che richiama le Danze
macabre del Cinquecento. Viene rappresentata una giostra con una danza di
scheletri di carta in una composizione e
numero di personaggi molto variabili.
L’opera, intitolata Dal di Dentro, crea un
set composto di tre presenze: Borli, I desideri sono illuminazione, la Donna Scheletro Taylormade. Ogni icona contiene e supporta una o più storie personali. Accanto
al quadro, seduta su una poltrona, una
Donna Scheletro incinta (con la Vulva in
bella vista) quale simbolo di rinascita dalle
spoglie della morte.
La Giostra stessa è infatti metafora dell’incessante girare in circolo della vita, intrecciata a doppio filo con la morte. Nell’alternanza tra scene statiche e dinamiche
sono impresse il mistero del futuro, la
possibilità della trasformazione, l’annuncio
di un desiderio, l’inizio di un processo di fiducia che traghetta la speranza.
C.C.
L’artista, dotata di una personalità poliedrica,
si pone continuamente in gioco attraverso
diversi linguaggi: performance, installazione,
eventi, pittura. La sua ricerca presenta un
aspetto ludico che tenta ogni volta di coinvolgere direttamente lo spettatore. Come ha
scritto Angela Madesani «Galante è viaggiatrice e non turista, frequentatrice appassionata
di luoghi e di atmosfere. In controtendenza
con i ritmi frenetici con i quali si deve misurare quotidianamente, trasforma i suoi viaggi in
performances esistenziali». Con l’aiuto di pratiche di meditazione e d’introspezione approfondisce un lavoro di consapevolezza e di intimità,
con attenzione ai drammi e alle passioni, alla
biografia propria e a quella degli altri. Queste
“ricorrenze” umane sono rappresentate in farse e forme grottesche di riscatto, di profonda
accoglienza e compassione. Con un linguaggio
ironico e spesso ludico, sdrammatizza ansie
e desideri personali, affronta temi centrali
dell’umano: l’amore, la famiglia, la dipendenza
emotiva, l’abbandono. Come atto di compensazione alla Perdita colleziona, cuce e cataloga ricordi ed emozioni, frammenti materici di
memoria. Un lavoro che ha le sue radici nelle
inquietudini e nei bisogni umani, affrontando i
nemici comuni dell’isolamento e della solitudine. Hanno scritto di lei: Luca Beatrice, Achille
Bonito Oliva, Chiara Canali, Luciano Caprile,
Viana Conti, Miriam Cristaldi, Genni Di Bert,
Linda Kaiser, Manuela e Milly Gandini, Angela
Madesani, Emilia Marasco, Franco Ragazzi, Elisabetta Rota, Laura Safred, Sandra Solimano,
Paola Valenti, Stefano Verri, Chiara Vigliotti.
Dal di Dentro. Borli, 2011, acrilico su tela, cm 280 x 150
I desideri sono illuminazione, 2007, stoffa, filo, acrilico, cm 40 h x 50 diam.
Donna Scheletro , 2011, velluto, cotone, velluto, cm 195 x 60
Dedicato a Borli. Thanks to Laura Olivari, Pretelli Annamaria
Supported by Pomati Schiavi Manera Business & Art service consulting
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Bob Gil
Il respiro dell’universo
Nulla è ciò che appare, perché tutto ciò
che noi osserviamo già appartiene inesorabilmente al passato.
La Mente è capace di “concepire” e “percepire” in tempo reale l’intera universalità,
è il nulla da cui tutto diviene e la capacità
percettiva è il risultato di una consapevolezza interiore che consente di esplorare
se stessi e spaziare sino agli estremi confini dell’universo, in “armonia” relazionale.
Le intuizioni e i poteri della Mente vanno oltre le conoscenze scientifiche, ma ciò che
non si può spiegare non necessariamente
significa che non esiste.
Oggi come non mai, dalla fisica all’astrofisica, attraverso la filosofia dell’esistenza,
possiamo ricercare la via del sapere di cui
gli antichi “Saggi egizi” ci hanno lasciato
traccia nel simbolo geroglifico NEHEH, che
tradotto significa “eternità luminosa”.
L’universo che osserviamo è in “espansione accelerata” e ciò è spiegabile con
la sussistenza di un “meta-universo” che
avvolge l’universo interno, al quale noi apparteniamo, che insieme stanno gradualmente rientrando verso l’anello energetico originario, dal quale si rigenererà un
nuovo ciclo cosmico.
Il tempo ha un suo ritmo e i suoi momenti,
come in una partitura di musica, e si può
prevedere cosa potrà accadere, ma la
“mente cosmica”, come un direttore d’orchestra, può interagire con energia e materia cambiando il corso degli eventi.
Ogni atteggiamento, benché minimo, ha
conseguenze su di noi e tutto ciò che ci circonda, occorre quindi riacquisire il senso
comune dell’equilibrio e dell’ordine cosmico che gli antichi egizi chiamavano MAÄT,
l’intelligenza cosmica per eccellenza.
Roberto Felice Maria Gilardi, è nato a Lecco
nel 1955. Frequentate le medie inferiori nel
“Collegio di Celana” a Caprino Bergamasco,
diplomato Geometra presso l’Istituto Tecnico
Statale “G. Parini” di Lecco, nel 1975 ha intrapreso gli studi universitari presso il Politecnico
di Milano alla facoltà di Ingegneria Civile, per
poi migrare ad Architettura.
Agli inizi degli anni ’80 ha sviluppato ricerche
e sperimentazioni nel campo delle energie rinnovabili, realizzando prototipi di collettori solari
termici ed impianti di cogenerazione; negli anni
’90 ha svolto attività tecnico-commerciale in
progetti internazionali nel settore delle grandi
costruzioni.
Con il Consolato d’Italia e l’Istituto italiano di
cultura di Bruxelles, nel ’96 ha co-sponsorizzato la manifestazione “Cinquante ans de presence italienne en Belgique”, per ricordare gli
emigranti italiani che hanno perso la vita nelle
miniere e nel 2001, con la Rappresentanza a
Milano della Commissione europea, ha organizzato l’evento “Ciao Lira, benvenuto Euro”; nel
2003 ha realizzato un reportage fotograficoarcheologico in Egitto; nel 2005 ha sviluppato
progetti per l’arte, la musica e lo spettacolo;
nel 2007 ha fatto parte della commissione
giudicatrice degli esami di stato per l’abilitazione alla libera professione di geometra; dal
2009 riveste la carica di Consigliere comunale, già candidato Sindaco.
Si occupa di comunicazione ed eventi per
brands di rilievo internazionale; a La Biennale
di Venezia - 12. Mostra Internazionale di Architettura, in veste di autore ha presentato l’opera letteraria dal titolo The Big Black Ring - Il
Respiro dell’Universo, di cui è in preparazione
la trasposizione cinematografica.
Il respiro dell’universo, 2011, poltrona d’autore a sacco tonda, riempita con microsfere a tre
diversi diametri, in tessuto con stampa a sublimazione fotorealistica, cm 30 h x 140 diam.
Roberto Felice Maria Gilardi
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Barbara Giorgis
Frammenti d’artista
La ricerca artistica di Barbara Giorgis
muove in direzione del recupero delle radici spirituali nelle rappresentazioni della
modernità. Le icone della Giorgis giocano
sul contrasto tra sfondo nero e particolari
figurativi immersi nella Luce, come tramite per il passaggio da uno stato di occultamento allo stato luminoso, manifestazione
dell’apparizione e rivelazione della divinazione. La Luce è elemento fondamentale
nel processo di creazione immaginifica di
Barbara Giorgis, ed è possibile teorizzare
una sorta di teosofia della luce, dove il colore non è che ombra della luce assoluta. Il
riflesso, o l’ombra dell’essere, è una forma
che annuncia altro e di più rispetto a ciò
che è: essa è più che apparenza, è apparizione e precognizione.
Frammenti d’artista è un’opera composta
da otto piccoli disegni a carboncino racchiusi in una cornice - scatola, ispirati ad
alcuni quadri di Vermeer. L’opera vuole
riproporre le atmosfere di luce che con
l’intensità e la sintesi del bianco e nero si
trasformano in ombre indistinte e visioni
misteriose su cui immaginare atti di preghiera o luoghi alchemici e notturni.
Sono Frammenti d’artista che vogliono
restituire frammenti del passato senza il
quale non esisteremmo, esaltando la capacità del segno di restituire leggerezza
poetica all’opera d’arte, per custodire visioni e proteggere l’immaginario nel piccolo microcosmo delle nostre visioni.
Barbara Giorgis è nata nel 1959 a Modena,
vive e lavora tra Milano e Modena.
Si è diplomata in pittura all’Accademia di Belle
Arti di Bologna.
Ha vissuto a Modena fino al 1991 dopodiché
nel 1992 si è trasferita a Milano.
Docente di disegno dal vero all’Accademia di
Belle Arti di Brera, ha collaborato con l’Università di California presso l’Accademia di Belle
Arti di Brera al coordinamento del Biennio di
Arti Visive.
Barbara Giorgis ha realizzato mostre personali a Milano e ha partecipato a numerose collettive in Italia e all’estero; tra queste ha esposto
a Palazzo dei Diamanti a Ferrara, con la galleria Forni ha esposto a Milano e in Francia,
con la galleria Arsprima di Milano ha esposto
a Francoforte e con la BaooquTang Modern
ha esposto all’Art Gallery di Hong Kong.
In Belgio ha partecipato alla mostra sul libro
d’artista alla Fondazione Andrè Demedtshuis.
Hanno scritto per lei: Chiara Canali, Stefano
Castelli, Pietro Coletta, Andrea Del Guercio,
Eleonora Frattarolo, Elisabetta Longari, Cristina Muccioli, Cheryl Wing - Zi Wong.
C.C.
Frammenti d’artista, 2011, carboncino su carta
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Alessandro Girami
La tratta
Quattro dadi gettati sul tavolo del tempo
condizionano le scelte di una vita in attesa
di rivolte e di cambiamenti epocali.
L’inerzia di una trasformazione che tarda
ad arrivare è segnalata dalla presenza dei
pochi numeri ripetitivi, nei quali l’assenza
di un dado con le facce vuote lascia aperta
la possibilità di giorcarsi altre chances, in
un futuro ancora da scrivere e fuori dalla
determinazione dei destini comuni. Ai margini di un sistema matematicamente preparato per portare illusorie e precarie visioni di vita, si concentra la vera coscienza
critica del Paese, nata dalla penalizzazione
imposta delle periferiche realtà urbane
che nei giovani e nelle persone anziane invoca cambiamenti repentini.
Dalle remote postazioni del pensiero può
nascere la forza per ripartire in nuovi scenari di vita, dove i numeri non rappresentano la massa critica delle persone disperate alla ricerca della sopravvivenza, ma
simboli rivoluzionari di un’arte che come
obiettivo propone l’etica come solutore exetico.
Quattro date e ventiquattro facce, mostrate come indice di un periodo storico
giunto alla stazione di arrivo ma pronto a
ripartire con altri conteggi, azzerando tutto e tutti e riportando tutto sul piano delle
verifiche. Ripartenze o di stasi perenne? I
dadi vanno lanciati, fatti rotolare sulla superficie del tempo, se si vuole continuare
a giocare con la vita.
Nato nel 1980 a Milano, dove vive e lavora.
Giovanissimo, ha iniziato il suo approccio all’arte con la Spray Art, percorso che ha abbandonato presto sostituendo la tela al muro. Successivamente ha affiancato alla pittura l’uso di
materiali diversi.
Nel 2005 si è diplomato in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera, avvicinandosi
durante gli anni accademici al Teatro in tutte
le sue forme, studiandone oltre alla scenografia, i costumi, la recitazione e la scrittura.
Nel 2008 ha realizzato un’installazione pittorica all’inaugurazione del decimo Festival del
Teatro Statale di Adana (Turchia).
Nel 2010 ha partecipato con un’installazione
a Culture_Nature Green ethics - habitat - environment, un’importante evento collaterale
della 12 Mostra Internazionale di Architettura
della Biennale di Venezia curata da Fortunato
D’Amico e Alessandra Coppa presso lo spazio
Thetis Arsenale Novissimo di Venezia.
Nel 2011 ha partecipato con l’installazione
Dal letame rinascono i fiori all’XI Edizione di
Terra Arte, manifestazione artistico-culturale
a cura di Luca Pugliese e Fortunato D’Amico a
Partenopoli (AV).
La tratta, 2011, polistirolo garzato e resinato, cm 200 x 50 x 50
F.D.A.
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Pina Inferrera
Somnia
Inferrera si dedica in maniera assidua
all’esplorazione di luoghi incontaminati
dove la natura mistica e misteriosa si mostra potente e in continua evoluzione. Le
metamorfosi del luogo sono documentate
e imprigionate nella memoria degli scatti
fotografici, le acque del lago nel momento
in cui si ghiacciano, i fili d’erba che ingialliscono nelle brughiere, sono solo alcune
delle immagini che compongono il diario
fotografico dal quale Inferrera attinge per
dar vita alle sue opere. Il lavoro dell’artista si sviluppa in un ambito
in cui coesistono realtà e finzione; Inferrera si pone l’obiettivo di ridisegnare le percezioni del tempo e dello spazio invitando
lo spettatore a condividere nuovi modelli
e nuove strutture di pensiero. Nelle opere
fotografiche sono rappresentati paesaggi
nei quali albergano figure femminili che si
mimetizzano nell’ambiente. Queste figure,
in atteggiamento contemplativo, sembrano sospese fra due mondi: quello spirituale e quello reale; le forme della natura, dai
contorni sfumati e dai colori freddi, conferiscono all’opera un carattere onirico
e comunicano allo spettatore un senso
d’inquietudine e di spaesamento. Inferrera
sceglie come soggetto distintivo, la propria immagine che, di volta in volta si modifica e si sdoppia. Colpiscono l’impegno e
la versatilità di questa artista che alla sua
dimensione femminile assegna un ruolo
protagonistico; una poetica che parla della libertà d’espressione e di quella sfera
del sentimento che sempre più spesso è
schiacciata o annullata.
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Nata a Messina, nel suo percorso artistico
s’interessa sia alla fotografia che alla scultura. La sua ricerca è tesa all’esplorazione
del mondo e in particolar modo si dedica al
rapporto fra la natura e la realtà industriale.
I materiali di scarto delle industrie vengono
prima fotografati e poi adoperati per la realizzazione di sculture dalle dimensioni imponenti.
Opere site-specific, sculture che diventano un
segno articolato, capaci di ridisegnare lo spazio in cui sono installate. Dal duemila le videoinstallazioni sono il linguaggio prescelto. Tra le
sue mostre personali: 2011, Rerum Natura,
Photofestival Milano, a cura di R. Mutti; 2010,
Somnia, Bruna Soletti Arte Contemporanea,
a cura di A. Madesani; 2010 P.AR.CO. Padiglione Arte Contemporanea, Casier (Tv) a cura
di C. Massini; 2009, L’Anima dell’Acqua, Cà
d’Oro, in concomitanza 53ª Biennale di Venezia; Clicking the Cosmos, videoinstallazione in
San Marco, collaterale al Guggenheim; Public
Art Vercelli, a cura di R. Bellini; 2005, Germinazioni, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea A. Malandra, Vespolate (No), a cura di
G. Scardi; 2002 Frammenti, Museo d’Arte
Moderna Pagani, Castellanza (Va), a cura di L.
Giudici. Nel 2011 ha curato il progetto Futuro
Arcaico, collaterale alla Fiera di Bologna, Sal8
di Syusy Blady. E’ stata invitata da V. Sgarbi alla
54° Esposizione della Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Palazzo Te Mantova.
Somnia, 2010, light box su backlit, led, cm 33 x 33.
Courtesy Galleria d’Arte De Chirico Arte Contemporanea, Torino
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Marta Mancini
Attese
Marta Mancini pratica una pittura lieve
e insieme drammatica che si palesa per
metafore e, attraverso la forma astratta,
i suoi lavori anticipano una natura soprasensibile tutta da scoprire. Le sue opere
sono sempre connotate da un titolo lirico
e poetico, attribuito al termine della realizzazione dell’opera, che esprime direttamente lo stato d’animo dell’artista durante l’esperienza soggettiva della stesura
pittorica.
La serie Attese è costituita da un polittico
di riquadri orizzontali inseriti in scatole di
ferro che presentano una superficie lavorata a motivi differenti: a righe orizzontali
sovrapposte, a spazi triangolari tagliati da
una X, a zone informali modellate con sabbia e cera, a inserti superficiali di residui
materici tondi. Nessun dipinto vive come
singolo ideale a sé stante, ma ciascuno
dei pannelli è concepito per essere visto
nell’insieme, secondo una costante idea di
iterazione, variazione e ripetizione, come
se costituisse una sezione ininterrotta di
una sequenza che si dispone nell’arena visiva, rendendo possibile la comunicazione
nella disunità. In più, la collocazione a terra, nello spazio ambientale […], restituisce
una percezione diversa, anche per il fatto
che l’illuminazione che percepiscono non è
quella aerea e soffusa, bensì quella diretta
derivata dalla collocazione di singole lampadine che pendono verticalmente a distanza ravvicinata sull’opera. Il senso dell’
“attesa” si configura dunque sia dal punto
di vista spaziale che temporale, recuperando il senso ampio e poliallusivo delle Attese di Fontana: la ricezione di queste opere si apre ad un’intenzione contemplativa,
quasi vagamente metafisica, che prevede
un’allusione primordiale, di astrazione archetipa.
C.C.
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Nata nel 1974 a Jesi, dove vive e lavora.
MOSTRE PERSONALI
2011 2/3, a cura di Chiara Canali, Galleria
Contemporaneo, Jesi
2009 S.T., a cura di Loretta Tavoloni, Solea,
albergo di campagna, Ripe, Ancona
2008 Nuove sviste, a cura di Loretta
Mozzoni e Simona Cardinali, Chiesa San
Bernardo, Jesi
2008 Assente, a cura di Loretta Tavoloni,
Atelier dell’Arco Amoroso, Ancona
MOSTRE COLLETTIVE
2010 Premio Focus-Abengoa, Ospedale de
los Venerable, Siviglia
2010 Art-cevia International Art Festival, a
cura di Massimo Nicotra, Arcevia, Ancona
2008 Artefatto – blitz estetico, Sala Arturo
Fiffke, Trieste
2007 Profilo d’Arte- concorso di pittura per
artisti emergenti, a cura di Milena Gamba
e Chiara Gatti, Museo della Permanente,
Milano
2007 Il male- Premio Arti Visive San Fedele
Milano 2006/2007, a cura di Andrea
Dall’Asta S.I., Angela Madesani, Daniele
Astrologo, Chiara Canali, Matteo Galbiati,
Chiara Gatti, Angela Orsini, Stefano Pirovano
e Francesco Zanot, Galleria San Fedele,
Milano
2007 Sogno: titolo provvisorio, a cura di
Tania Bini, Domenico Gioia, Loretta Tavoloni,
Anna Piazzini e Pamela Squadroni, Lordflex,
Serra de’ Conti, Ancona
Attese, 2009/2010, tecnica mista su legno e ferro, lampadine, cm 50 x 350 circa
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Marica Moro
M’ama non m’ama
La passione amorosa spinge a formulare
richieste frenetiche sulla corrispondenza del sentimento da parte della persona amata. Il cuore dell’innamorato deve
essere affidabile e puro, palpitare sicuro
per garantire il viaggio verso un’eternità
da con - sorte in cui la fiamma dell’amore
rimarrà indissolubilmente accesa. C’è in
gioco una scelta per un cambiamento senza ritorno; il passaggio da una situazione
morta ad una nuova che segna il tempo di
una rinascita interiore della vita, da verificare previa la sicurezza di un amore unisono. E’ una richiesta semplice, fortemente
indirizzata ad una risposta assoluta, che
non ammette incertezze e nemmeno vie di
mezzo. La margherita è il fiore più innocente per sfilare i dubbi e instaurare la verità
credibili. Il sogno immaginato nei pensieri
e nelle emozioni dell’inebriato consultante
pretendono conferme profetiche. Le mani
si muovono convulse in cerca di rapide risposte. A volte il dramma del risultato può
essere fatale, spezzare il cuore e travolgere l’esistenza, cambiando in senso opposto l’emotività iniziale.
L’opera M’ama non m’ama, installazione
spaziale site specific, prende avvio da una
approfondita riflessione sul tema della serra, intesa come luogo di sperimentazione
umana e vegetale, dove nascita e crescita
diventano metafora della vita stessa.
M’ama non m’ama è ciò che rimane di un
vaso spezzato e di petali sparsi, come metafora di un sentimento ambivalente, quello dell’amore totalizzante, che dall’esaltazione può condurre alla disperazione, al
senso di perdita totale.
Marica Moro dopo la laurea in Arti visive e Discipline per lo Spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, espone in molte mostre e manifestazioni in Italia e all’estero; negli
ultimi anni la sua ricerca artistica spazia dalla
videoanimazione, all’installazione scultorea,
con l’uso di resine e materiali plastici, fino alla
contaminazione tra pittura e arte digitale.
Dal 1998 conduce laboratori artistici presso
alcune scuole di Milano e dal 2006 organizza workshop a tema presso il Museo d’arte
contemporanea Paolo Pini di Milano, partecipando inoltre a vari gruppi di lavoro nell’ambito dell’arte e della cultura, dedicati al tema
dell’ambiente e della biodiversità.
Nel 2010 ha collaborato a “Water and biodiversity” con la Galleria 10.2! e Visionlab di
Triennale Bovisa, ha partecipato a “Culture
Nature”, evento collaterale della Biennale di
Architettura di Venezia e ha realizzato, con il
contributo dell’azienda Gobbetto e la collaborazione del Museo d’arte Paolo Pini, un’opera
scultorea permanente per l’Ospedale Niguarda Cà Granda di Milano.
Negli ultimi anni la sua ricerca artistica si concentra sul tema della serra, intesa come luogo
di sperimentazione umano e vegetale, dove
nascita e crescita diventano metafora della
vita stessa: l’allusione è anche al dibattito sulla
sperimentazione scientifica sugli embrioni.
F.D.A.
M’ama non m’ama, 2011, installazione, gesso, resina, ferro, pigmenti.
Courtesy Galleria 10.2!, Milano
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Luca Pugliese
L’Arcangelo Michele
Pittura e musica, suoni che diventano forme e forme che diventano suoni sono le
linee guida del lavoro di Luca Pugliese, in
un percorso sinestesico denso di significazioni e di messaggi reconditi, suscettibile
di molteplici e complementari livelli di lettura.
Un’esigenza etica e antropologica si evidenzia nell’opera dell’Arcangelo Michele,
che fa riferimento alla profezia sulla “fine
dei tempi” contenuta nell’Apocalisse di
Giovanni Apostolo, prefigurando analoghe
immagini del terzo segreto di Fatima.
“E apparve un altro segno nel cielo; ed ecco
un gran dragone rosso che aveva sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi. E la sua coda trascinava la terza parte
delle stelle del cielo e le gettò sulla terra”
(Apocalisse di Giovanni, capitolo XII, 3-4).
“Michele e i suoi angeli combatterono col
dragone, e il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero; e il luogo loro
non fu più trovato nel cielo” (Apocalisse di
Giovanni, capitolo XII, 7).
La figura di Michele, dall’espressione
ebraica “Mik‘ael” - “chi è come Dio” - è ricordata nella Bibbia per aver condotto gli
angeli nella lotta contro il drago (Demonio)
e per averlo sconfitto. Le antiche tradizioni
religiose, come quella ebraica, parlavano
già di schiere angeliche che presiedono i
moti delle stelle e dei pianeti e che filtrano in successione gerarchica le energie
dell’Altissimo, dispensate in primis da
Mik’ael (“colui che è come Dio” e che risiede di fronte all’Altissimo). La libertà sulla
Terra passa attraverso la conoscenza dei
Cieli e quindi attraverso l’intersezione dei
due piani quello celeste e quello terrestre
all’interno del nostro cuore.
L’opera di Luca Pugliese si ricollega a questi concetti e intende ripensare e rifondare il rapporto dell’uomo con il cosmo,
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filtrando le energie dell’assoluto e recuperando le radici di una memoria cosmicospirituale.
C.C.
Luca Pugliese (Avellino, 1973) è pittore, musicista, cantautore e architetto.
Da sempre interessato alla pluralità e alla contaminazione dei linguaggi, si è laureato presso
l’ateneo di Napoli eseguendo una performance musicale ispirata alla sua tesi in progettazione architettonica. Nel 2001 ha fondato
in Irpinia la kermesse di musica e arti visive
Terra Arte, meta di numerosi e prestigiosi artisti nazionali e internazionali, e il progetto di
musica d’insieme Fluido Ligneo, nell’ambito del
quale ha scritto e composto gli album Endemico (2003), Flashbacks (2005) e Andante…
(2009, distribuito da Emi).
Come pittore ha tenuto mostre personali e
collettive in tutta Italia. Nel 2010, con la sperimentazione audio-visiva Cosmo sonoro, confluita nell’omonimo catalogo (Skira 2010), ha
tenuto mostre personali alla Triennale Design
Museum di Milano e al Museo internazionale
e Biblioteca della musica di Bologna. Nell’ottobre del 2011 il cd audio-video Cosmo sonoro è
stato distribuito in tutta Italia dalla Emi.
L’Arcangelo Michele, 2008, acrilici su tela, cm 150 x 100
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Sonja Quarone
Se ti ricordi bene
Le bambole di Sonja Quarone toccano le
corde dell’autoprofezia, evidenziando una
ricerca singolare vincolata nella dimensione dell’arte che trova nel corpo stesso
dell’artista motivi per convogliare i mutamenti del futuro ricordandosi che siamo
sempre quello che abbiamo elaborato e
pensato di noi stessi. Stupisce la semplicità dell’ intuizione che individua nel corpo il
territorio d’indagine sul tema della libertà
e l’uso della tecnica woodoo per progettare la propria persona.
Il corpo, nelle filosofie del terzo millennio,
assume un ruolo centrale per il disvelamento dei meccanismi di riconoscimento
e delle dialettiche espressive. Uno strumento plasmabile del quale possediamo
le password di accesso all’intimità e le
cognizioni naturali per veicolare pensieri,
emozioni, azioni e trasformarle in cose e
accadimenti reali. Osservando l’opera di
Sonja Quarone sovviene la consapevolezza della rapida modifica conseguita dagli
esseri umani del nostro tempo rispetto
alle generazioni precedenti. L’anatomia,
una volta legata al patrimonio ereditario
dell’individuo, assume caratteri di indipendenza grazie alle recenti conquiste della
genetica e della chirurgia plastica. Il nostro
fisico è un manifesto surreale, mezzo per
elaborare codici di comunicazione intra
e interpersonali, contenitore di linguaggi
e regole grammaticali generate da vocabolari multimediali predisposti ad ulteriori
rimandi.
L’opera è un commento poetico di un’esperienza specificamente femminile, affascinata dal ricordo perché ha il potere magico di rimarginare le ferite. La memoria
è l’essenza: l’anima, non l’esteriorità. Oggetti d’affezione e d’infanzia si accumulano
per attivare la narrazione di un percorso a
ritroso. In questa “ricerca del tempo per52
duto” le opere danno voce e visione a tutti i ricordi che abbiamo dimenticato. Tra
immagini che riaffiorano e parole che ricostruiscono la scena della memoria che
diventa visionaria e alterata, chiara e confusa, leggera e fissa.
F.D.A.
Sonja Quarone è nata a Vigevano nel 1972,
attualmente vive e lavora a Cassolnovo (Pavia).
Ha dapprima conseguito la maturità artistica
presso il Liceo Artistico di Novara; successivamente, la sua formazione si è completata
presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, perfezionandosi soprattutto con l’insegnamento
di docenti quali l’artista concettuale Vincenzo
Ferrari ed il poeta visivo Ugo Carrega. Ha conseguito il diploma in Decorazione con una tesi
su “il concetto di traccia in alcuni esponenti
dell’informale storico” discussa con Claudio
Cerritelli. Dopo aver partecipato a diverse collettive, nel 2001 allestisce la sua prima mostra personale, per continuare poi ad esporre
in gallerie sempre più prestigiose. Nel 2008
la Direzione Artistica del Museo della Permanente di Milano la inserisce tra i propri soci
artisti. Nel 2010 Antonio d’Avossa cura la sua
personale, “Se ti ricordi bene”, al Castello di
Vigevano, Sala della Cavallerizza. Sempre nel
2010 prende parte alla collettiva “Culture Nature” a cura di Fortunato D’Amico e Alessandra Coppa, evento Collaterale della Biennale
di Venezia 12a Mostra internazionale di Architettura, allo Spazio Thetis, Arsenale novissimo
Venezia. Nel 2011 prende parte alla collettiva
“aam- arte accessibile milano” a cura di Fortunato D’Amico, Galleria Fabbrica EOS e partecipa all’XI Edizione di Terra Arte, manifestazione
artistico-culturale a cura di Luca Pugliese e
Fortunato D’Amico a Partenopoli (AV).
Se ti ricordi bene, 2010, installazione, tecnica mista e resina, 10 box luminosi, cm 70 x 160 x 30.
Courtesy Fabbrica Eos, Milano
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Ludmilla Radchenko
Il mondo alla frutta
La prima profezia biblica è quella che ammonisce di non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.
La mela offerta da Eva ad Adamo segna il
passaggio dalla naturalezza all’artificialità
della vita, sempre più ricercata nei surrogati dell’esistenza. Un Eden perduto tra le
evanescenti condizioni del consumismo
delle merci, figli di un serpente, biscione
mercuriale seduttore, luccicante ed ingannatore. Il peccato originale ha “inscatolato” e venduto, sui bancali dei supermercati, i frutti alterati e transgenetici di
un presunto paradiso terrestre. Il grande
giardino di frutta si è trasformato in città,
solcato da lunghe autostrade asfaltate e
grattacili altisonanti che svettano su altri
sempre più elevati. La natura è un sogno
assolutamente poco reale in una generazione che negli ultimi decenni è cresciuta
tra i display informatici e televisivi ed a cui
è stato negato di sperimentare la vita nella tridimensionalità del mondo naturale.
L’installazione artistica Il mondo alla Frutta di Ludmilla Radchenko è un appello al
mondo per ritornare a prendersi cura del
proprio pianeta. L’opera rappresenta il
torsolo di una mela gigante alta 2 metri e
creato con le lattine recuperate dal mondo del consumo. É una metafora di quello
che è rimasto dal pianeta che stiamo rovinando e consumando con le nostre azioni.
Gli orologi o i campanelli appesi ricordano
i semi del torsolo e coinvolgono e supplicano lo spettatore di svegliarsi a salvare il
nostro pianeta.
L’installazione è completata da una tela,
Pop Food, in cui è delineato il mondo inquinato dal consumo in cui noi stessi siamo
come pesci impazziti che divorano qualsiasi cosa venga offerta dalla società.
F.D.A.
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Nata a Omsk, in Siberia, l’11 novembre 1978,
dopo la Scuola d’Arte, diplomatasi in design
di moda, nel 1999 si trasferisce in Italia in ricerca di indipendenza. Dopo la sua esperienza
in televisione, nel 2008 le sue prime mostre
collettive e qualche personale la convincono
a mollare definitivamente lo spettacolo per
dedicarsi all’arte. Nel 2010 ha l’occasione di
realizzare una mucca gigante per la “Cow Parade 2010”, di partecipare ad un’installazione
artistica alla Triennale di Milano e di essere
promossa per una personale al Museo di Arte
Contemporanea di Lucca.
Dopo la sua esposizione al Teatro alla Scala
viene selezionata al concorso internazionale
di pittura Gemlucart di Monaco dove ha inizio
la sua collaborazione con l’Opera Gallery. Nel
dicembre 2010 nelle librerie Feltrinelli esce il
suo primo libro: Power Pop edito da Skira a
cura di Fortunato D’Amico. Nel febbraio 2011,
la Provincia di Milano supporta una personale
di Ludmilla presso alla Casa Delle Culture del
Mondo.
Nel 2011 una Galleria di New York presenta
Ludmilla al festival Eating Art e le sue opere
vengono esposte alla Galleria Crown Fine Art
a SoHo.
A giugno l’Associazione Artouverture invita
Ludmilla a partecipare ad una collettiva a Palazzo Papafava durante la Biennale di Venezia.
Ludmilla Radchenko segue il movimento artistico Pop Realism, strettamente legato alla
sua visione critica del mondo popolare, che denuncia la realtà del momento in un collage di
immagini reali.
Il mondo alla frutta, 2011
lattine di alluminio, cm 200 h
Pop Food, 2011, tela, cm 130 x 200
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Massimiliano Robino
Concetto cosmico
Se tutto questo si arrestasse? Uno stop
che, come un segnale stradale nei pressi
di un passaggio a livello, richiama allo spazio necessario per la riflessione nell’opera
Concetto Cosmico - Croce di Sant’Andrea
di Massimiliano Robino, una grande installazione pittorica che indaga il simbolo nelle sue eccezioni più arcaiche. L’opera fa
parte di un ciclo di opere che l’artista ha
iniziato a realizzare lo scorso anno. Il suo
obiettivo è dare forma attraverso l’utilizzo
di tele di svariate dimensioni ad un modo
nuovo di essere “artista”.
Le opere del ciclo Concetto cosmico prevedono infatti la realizzazione di una serie
di crocifissi la cui simbologia riprende l’
iconografia medievale. La croce, ci spiega,
viene infatti intesa come incrocio tra due
assi. La centralità è il punto di partenza da
cui l’opera sviluppa le sue geometrie di carattere universale.
Nasce a Vigevano (Pavia) nel 1973. Studia arte
e musica sin da bambino. Dopo un periodo da
chitarrista metal, inizia a dedicarsi esclusivamente al disegno e alla pittura frequentando
studi di artisti e musei europei, concentrandosi in particolare sul Settecento francese. Dopo
un periodo da ritrattista ed una parentesi
“neo-pop”, abbraccia nel 2010 un astrattismo
di matrice optical che lo porta ad inaugurare la
serie Concetto Cosmico e a rilanciare un nuovo spiritualismo nell’arte. Ha esposto in musei
e gallerie in tutta Italia.
Mariangela Maritato
Concetto cosmico - Croce di Sant’Andrea, 2011, cm 160 x 280
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Valerio Saltarelli Savi
La natura dell’uomo
L’objet trouvé per Valerio Saltarelli Savi
diventa materia prima per sintonizzarsi
sulle corde emotive che legano i concetti
di evoluzione, memoria, vita, morte e destino, in una trasfigurazione tragica e paradossale che fonde la dimensione corporea
con quella più ascetica.
Nell’opera intitolata La natura dell’uomo ci
mostra la duplice dimensione che appartiene alla natura umana attraverso la contrapposizione di due letti rivestiti da due
differenti coperte – impresse con un’avveniristica tecnica di stampa su lana – una
con l’effigie dell’Uomo Vitruviano, l’altra
con la Sacra Sindone. Accanto, un tavolino
che reca sale e acqua, i due elementi indispensabili per la vita dell’uomo.
Parimenti a un cervello, diviso in due parti
con funzioni distinte, così nell’uomo si ritrovano, in unione indissolubile, la parte
razionale e quella spirituale.
La stessa percezione dell’esistenza che
ogni individuo sperimenta si sviluppa su
due piani: da un lato la visione pragmatica
deputata a gestire la quotidianità, dall’altro
la dimensione della fede e dell’intangibile. Il
corpo dell’uomo, fragile e complicato, frutto e interprete di passioni, è suo malgrado
contenitore di universi paralleli.
Si ringraziano per la realizzazione dell’opera, LNG Maglieria di S. Giorgio P.no (PC)
e il depositario e inventore del brevetto
“Wool in Frame”, Daniele Maiavacca, che
ha collaborato con l’artista. C.C.
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Nato nel 1967 a Piacenza. Vive e lavora a S.
Giorgio P.no (PC).
MOSTRE PERSONALI
2010 Relief, a cura di Chiara Canali, Palazzo
Pretorio di Castell’Arquato (PC)
2008 Sculture, Deutsche Bank, Piacenza
2008 Valerio Saltarelli Savi, Mario Branca, a
cura di Chiara Canali, Palazzo Costa, Piacenza
2007 Luck & Faith, a cura di Stefania Mazzotti, Studio La Matta, Circuito GAM, Solarolo
(RA)
2004 Personale, Galleria Fahrenheit 451,
Piacenza
MOSTRE COLLETTIVE
2011 Premio Nocivelli, Verolanuova (BS)
2011 Bosnia arte, Palazzo Farnese Piacenza
2010 Workshop Incontri con l’Arte,
Museum in Motion MIM, Castello di San
Pietro, San Pietro in Cerro (PC)
2010 La caducità, Joyce&co Gallery, Genova
2009 Nasce un bambino. Il mondo apre
gli occhi, a cura di Chiara Canali, luoghi vari,
Parma, in collaborazione con il Comune di
Parma
2009 Collettiva, PalaExpo, Roma
2008 D.A.B. Design, Galleria civica di Modena, Modena
2008 Tributo a Delfitto, Pavia
2008 Sculture sotto la luna, Piacenza
2008 Speciale su TELEVISIONET.TV
2008 Sorsi di Pace, Distillerie Francoli
Ghemme (NO), a cura di Chiara Canali
2007 La Natività, Museo Venanzo Crocetti,
Roma
2007 Omaggio a Max Ernst, Oratorio Madonna delle Grazie, Borgo di Vigoleno (PC)
2007 Inaugurazione, a cura di Maria Livia
Brunelli, MBL Home Gallery, Ferrara
2005 Talents, Galleria Rosso Tiziano,
Piacenza
2005 NurtureArt, Brooklyn, New York
Il modo in cui lo spirito è unito al corpo,
non può essere compreso dall’uomo, e
tuttavia in questa unione consiste l’uomo.
(S. Agostino)
L’anima desidera stare col suo corpo,
perché, senza li strumenti organici di
tal corpo, nulla può operare né sentire.
(Leonardo Da Vinci)
La natura dell’uomo, 2011, installazione, letti, tavolino, sale e acqua. Courtesy Alquindici Arte
Contemporanea, Piacenza. Si ringrazia LNG Maglieria di S. Giorgio P.no (PC) e
Daniele Maiavacca, depositario e inventore del brevetto “Wool in Frame”
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Federico Unia
Pietà
Federico Unia risponde esemplarmente
con un nuovo lavoro al clima ‘apocalittico’
e di devastazione a cui è invitato a riflettere da Chiara Canali; d’altra parte il suo
percorso espressivo di questi ultimi anni
è intensamente caratterizzato e insistentemente attento alla condizione globale di
violenza vissuta, subita, patita dal pianeta. Correttamente Unia individua e pone
al centro della sua analisi non lo stato di
violenza, la sua forma o il gesto specifico,
ma la condizione, il clima, lo stato subito
successivo alla devastazione; ogni opera
risponde allo stato di prostrazione, di umiliazione, di offesa subita.
A questo clima attento al dopo risponde la
condizione assoluta di dolore della giovane
Madonna, figura emblematica dello stato
simbolico dello stesso giovane Buonarroti;
il dolore estremo è tutto interiorizzato, si
raccoglie nell’offesa subita, implode nella
prostrazione attraverso l’atto di sorreggere, di esporre il corpo del figlio quale
risultato finale del percorso di supplizio e
di morte.
Appare importante e significativo quanto
la risposta di un giovane artista al paesaggio sociale si configuri in maniera mirata
dall’interno del patrimonio della cultura artistica, con valore di testimonianza di una
condizione di persistenza, di scavalcamento delle specificità e delle stagioni politiche
della violenza e della disperazione; Unia
elabora una risposta stando e persistendo nella condizione concettuale di immobilità e di stabilità dell’icona, già della prima
stagione della memoria (II secolo d.c.), per
poi attraversare le scuole e gli stili e raggiungere lo stato di contemporaneità.
Un processo espressivo, iconografico e
cromatico, che riconduce e riconosce
l’esperienza del dolore e della disperazione all’interno del patrimonio e dello stesso
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sistema della comunicazione dell’arte.
Andrea B. Del Guercio
Nato a Milano nel 1983. Vive e lavora a Milano.
MOSTRE PERSONALI
2011 Un’antologica metropolitana, a cura
di Andrea Del Guercio, Galleria Accademia
Contemporanea, Milano
2009 Poster4Peace, a cura di TheBag e
Puzzle4Peace, Puzzle4PeacePoint, Milano
2009 I favolosi ’60, a cura di Luca Sartini,
spazio Blitz Bovisa, Milano
MOSTRE COLLETTIVE
2011 Lecco Street View, a cura di Chiara
Canali, Lecco
2011 FaceToFace, a cura di Giuseppe Iavicoli
CombinesXL, Milano
2011 Contemporary Art Meeting 500, a
cura di Giuseppe Iavicoli, Spazio Concept,
Milano
2010 EtnoAntropologia Dell’Arte
Contemporanea, a cura di Andrea Del
Guercio, Galleria Accademia Contemporanea,
Milano
2010 WhyNotArt, a cura di Chiara Canali in
collaborazione con Cris Nulli
2009 Streets Without Wall, a cura di Chiara
Canali, P.za Duomo, Firenze
2009 Immagina Immagini, il Caledoscopio
Contemporaneo, a cura di Andrea Del
Guercio, Galleria Accademia Contemporanea,
Milano
2009 Digital Is Uman, a cura di
Puzzle4Peace, Museo della Scienza e della
Tecnica, Milano
2008 Sold Out, a cura di Chiara Canali,
Limbiate, Milano
2007 Street Art Sweet Art, performance
con installazione, PAC, Milano
Pietà, 2011, tecnica mista su pannello di legno, cm 105 x 175.
Courtesy Galleria AccademiaContemporanea, Milano
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Polaris
astronomy_human culture_environment
Il territorio dell’Anfiteatro Morenico di
Ivrea, di circa 600 Kmq, è il più grande
degli anfiteatri glaciali d’Europa.
Si compone di 92 comuni, per circa
200.000 abitanti complessivi, di cui
25.000 vivono ad Ivrea. Quest’area del
Canavese si costituisce come legame fisico e materiale morfologico preminente
per una sua rivalutazione paesaggisticoambientale.
Polaris, promosso dal Comune di Cossano
Canavese e dagli altri Comuni partners, è
un progetto culturale ideato per stimolare il rilancio di questo territorio e favorire
opportunità di sviluppo sociale ed economico sostenibile. Un processo che parte
dalle risorse esistenti e in particolare dalla
natura e dall’agricoltura che qui, più che
in altri luoghi, sono impreziosite da importanti testimonianze storico-culturali e
archeo-astronomiche.
La Pera Cunca, un masso coppellato tra
i più interessanti ed enigmatici del periodo celtico, il Castello di Masino, collocato
sull’omonima collina, patrimonio del F.A.I.
Fondo per l’Ambiente Italiano, rappresentano solo alcuni dei rilevanti reperti storici
da tutelare presenti nel territorio del Canavese.
Il Masterplan, realizzato per questo progetto, assume come prioritaria la messa
a sistema delle eccellenze attraverso circuiti tematici. Nell’area si possono individuare ben 11 percorsi per un totale di
circa 284 chilometri. Le stelle e l’archeoastronomia diventano la password per
accedere al sistema di conoscenze storiche e di sviluppi futuri delle aree intorno
all’Anfiteatro Morenico di Ivrea.
Team POLARIS:
Mario Tassoni, Andreas Kipar, Fortunato D’Amico, Cristina Cary, Lorenza Boni.
Collina della capra o Collina di Masino (To) e anfiteatro morenico di Ivrea
(Illustrazioni di Cristina Cary); rilievo dell’anfiteatro morenico di Ivrea
Pera Cunca: masso coppellato; proiezione della costellazione dell’Auriga;
ortofoto Collina di Masino (To)
La Pera Cunca come macchina astronomica
Percorsi storico-culturali della Collina di Masino (To)
finto di stampare
ottobre 2011