La storia di Villa Paradiso

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La storia di Villa Paradiso
La storia di Villa Paradiso
S
ulle pendici rivolte a Mezzogiorno del Monte San Michele,
immersa in una macchia di verde ed a ridosso dello storico muro che
sorge dove un tempo correva la strada romana che cingeva il colle, si
eleva una costruzione che, pur nell’armonia delle soluzioni architettoniche adottate, denuncia una impostazione originariamente severa e massiccia, quasi a richiamare l’immagine di un fortilizio militare e che, pertanto, si distingue per la sua atipicità, anche nella multiforme varietà di stili
che caratterizzano le residenze storiche capresi.
La singolarità della costruzione non è, tuttavia, casuale: l’intera zona,
infatti, dopo l’occupazione francese dell’anno 1806 fu sconvolta da lavori
di fortificazione che interessarono non solo i resti della Villa Imperiale
edificata dall’Imperatore Tiberio sulla sommità del colle (1), ma anche la
Chiesa della Croce, chiusa al culto e trasformata in polveriera (2).
E’ presumibile, quindi, che l’attuale forma architettonica di Villa Paradiso
derivi da un fortino militare, tenuto conto che nella proprietà corre una
delle antiche strade di adduzione alla sommità del Monte San Michele.
Il Friedlaender d’altronde, testimonia che buona parte delle antiche preesistenze della zona, specie la più antica, fu distrutta per “…piantarvi forti
ed allogiamenti militari…” (3).
L’origine della villa deriva da una cisterna, edificata presumibilmente in
epoca greca.
L’ipotesi, più volte confermata, è stata ripresa da Gaetana Cantone (4): “La
sommità del Monte San Michele è costituita da un terrazzamento che
poggia su strutture di età imperiale, di cui la maggior parte doveva essere
destinata a cisterne.
L’ipotesi che qui fosse un tempio greco è sostenuta da Weichart, Trower e
Friedlaender sulla base dei segni lasciati dall’asportazione delle colonne.
Ad ovest del monte sono, isolati dal contesto, i resti di due cisterne
romane costruite sopra i resti di strutture di età greca.
La configurazione del nucleo originario presenta i caratteri di un’acropoli
difesa da mura, il che ha fatto pensare alla sua originaria appartenenza
all’impianto greco dell’isola”.
Le esigenze di risorse idriche per l’alimentazione dell’intero complesso
dovevano essere, d’altronde, giustificate non solo dall’insediamento
imperiale, ma anche dalle colture, anche esse ampiamente documentate,
che coprivano l’intera fascia collinare.
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A tale scopo, infatti, risponde anche la originaria sequenza di cisterne e
depositi (le “camerelle”), che servì prima di base alla strada che circondava il monte e successivamente venne trasformata, agli inizi dell’800, dai
Francesi, nel grande muro che si trova a ridosso della villa.
In epoca successiva le cisterne vennero trasformate probabilmente in
abitazioni rurali, in seguito abbandonate e dirute.
Il Feola, nel suo dettagliatissimo rapporto sulle preesistenze Augusto –
Tiberiane del Monte San Michele, descrive accuratamente lo stato dei
luoghi della zona (5).
Di tali ruderi, o della costruzione che su essi insisteva, si perdono le tracce
fino al XVII secolo, epoca in cui risulta che l’intero territorio dovesse
essere di proprietà ecclesiastica. .
Dal reperimento di documenti notarili apprendiamo, infatti, che nel 1687
venne trasferita dal Capitolo di Capri a Pietro Aniello della Brunetta la
proprietà del Monte San Michele nella consistenza che dovrebbe avere
l’attuale proprietà del Principe Parente e che il residuo territorio è diviso
tra la proprietà Arcucci e proprietà Giuseppe Imparato, entro cui dovrebbe ricadere gran parte dell’attuale territorio di Villa Paradiso.
Ulteriori notizie e conferme si ottengono da documenti, datati 1985, di
una controversia legale su un confine tra due proprietà sul Monte San
Michele, una di Domenico Feola, che l’aveva acquistata nel 1769 e l’altra
del Canonico Nicola Imparato (erede del padre Giuseppe). La controversia riguardava una frana di pietre da una delle “camerelle” che sostenevano la strada romana e che invase la proprietà Imparato che iniziava proprio a valle, quindi in perfetta corrispondenza con l’attuale proprietà di
Villa Paradiso.
La situazione agli inizi dell’Ottocento trova un riscontro grafico nel bellissimo disegno che rappresenta il profilo sud-est di Monte San Michele,
pubblicato sul citato libro di Cantone, Fiorentino e Sarnella (pag. 169) che
risulta incredibilmente simile all’attuale stato, con i terrazzamenti, le colture, le strade di adduzione, prima degli sconvolgimenti militari operati
dai Francesi, ai quali, quasi certamente, è dovuta la realizzazione del fortino da cui deriva l’attuale costruzione.
Dopo un periodo di ulteriore abbandono e decadenza Villa Paradiso deve
la sua attuale fisionomia alla realizzazione del sogno di un medico piemontese, il primo farmacista omeopata insediato a Napoli agli inizi del
Novecento.
Stanco del lavoro, amante della natura ed appassionato dell’isola, il
medico si ritirò a vivere a Capri, dopo aver acquistato l’intera proprietà
nella sua consistenza di 5.000 mq. circa.
Il dott. Viglino (tale era il suo nome) era un uomo determinato, caparbio e
ricco.
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L’opera di recupero gli costò quasi dieci anni di lavoro, ma alla fine, nel
1927, egli aveva realizzato un miracolo tale da giustificare il nome che
volle dare alla proprietà. I terrazzamenti, le balze, le passeggiate erano
infatti coperte da una tale profusione di piante, fiori,essenze anche rare,
da richiedere il servizio permanente di quattro giardinieri. L’ispirazione
per un’opera di così vasta portata probabilmente scaturì dalla contingenza che quasi contemporaneamente (i lavori, infatti, terminarono nel
1923), nella proprietà confinante, Lady Algernon Gordon Lennox, nota
aristocratica inglese e consorte del Principe Parente, realizzava un giardino ed un parco nella propria villa, trasformando, quindi, una brulla collina
in un sito dal fascino straordinario.
Per la ristrutturazione dell’abitazione il dottore si affidò all’estro dell’ing.
Angelo De Angelis, eclettico architetto e letterato molto noto sull’isola, al
quale si deve, tra l’altro, la realizzazione di Villa Ciano e di casa Eliana a
Tiberio.
Riuscì, tuttavia, a godere della sua creazione per brevissimo tempo. Alla
sua morte gli eredi, tutti residenti all’estero, affidarono la villa ad una
custode e sparirono.
La proprietà cadde, ancora una volta, in abbandono e la rigogliosa natura
di Capri, l’incuria e le profanazioni trasformarono, dopo non molto
tempo, il paradiso del dottore in una rovina, coperta da una sorta di
impenetrabile giungla.
Fino all’arrivo, dopo cinquanta anni circa, di una coppia di appassionati
visionari, catturati dal fascino misterioso e solenne dei luoghi…
Il restauro di Villa Paradiso, eseguito a partire dalla metà degli anni ottanta, ha comportato sei anni di lavoro.
Attraverso ricerche storiche, di archivio e di scarne testimonianze dirette
si ricostruito il disegno dell’intero impianto esterno, raggiungendo una
assoluta fedeltà all’originale, grazie anche alla collaborazione di architetti
paesaggisti, primo tra i quali Ippolito Pizzetti.
L’abitazione è stata pressoché integralmente abbattuta e ricostruita con
materiali e sistemi costruttivi moderni. La realizzazione architettonica e la
divisione degli interni è stata curata direttamente dai proprietari, con il
contributo dell’interior designer Terry Vaina.
I particolari costruttivi rispecchiano la maniacale cura adottata per tutto il
progetto. I pavimenti sono in uno speciale cotto artigianale lavorato a
mano (installato anche nell’Ambasciata di Francia a Roma), con alcuni
inserimenti di maioliche Giustiniani del Settecento. Le volte a crociera
sono state realizzate con tecniche artigianali ormai desuete, mentre i
camini delle due camere padronali sono opera di uno scomparso artista
caprese. Il camino in pietra proviene da una chiesa del Seicento ed alcuni
sanitari dall’Inghilterra. Tra gli arredi sono presenti alcuni mobili di anti-
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quariato o d’epoca di famiglia, tra i quali si segnalano due canterani napoletani del Settecento.
Nella Villa Paradiso è presente la più estesa collezione privata esistente
del pittore Karl Wilhelm Diefenbach, al quale è dedicato un museo allocato presso la Certosa di Capri, nonché una delle più complete raccolte di
stampe e vedute originali di Capri.
Note
(1) Hadrawa N.: “Ragguagli di varii scavi e scoverte di antichità fatte nell’isola di Capri” Napoli,
1793;
Romanelli D. “Isola di Capri. Manoscritti inediti del Conte della Torre Rezzonico, del professor
Breislak e e del generale Pommereul” Napoli, 1816;
Mangoni R. :”Ricerche topografiche ed archeologiche sull’isola di Capri da servire di guida ai
viaggiatori” Napoli, 1834;
Canale A. :”Storia dell’isola di Capri dall’età remotissima fino ai tempi presenti” Napoli, 1887;
Feola G. :”Rapporto sullo stato attuale dei ruderi Augusto Tiberiani nell’isola di Capri” Napoli,
1894;
Weichart C. :”Tiberiu’s Villa and other Roman buildings on the Isle of Capri”, Leipzig, 1900;
Trower H. E. :”The book of Capri with illustrations” Napoli, 1906;
Friedlaender I. :”Capri” Roma, 1938;
(2) “Almanacco Caprese” n. 7 ed. La Conchiglia, 1977;
(3) Friedlaender I., op. cit.;
(4) Cantone G., Fiorentino B., Sarnella G. “Capri, la città e la terra” ESI, Napoli, 1982;
(5) Feola G., op. cit.
VILLA PARADISO
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