39 La prevenzione ambientale delle

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39 La prevenzione ambientale delle
Azienda Ospedaliero Universitaria
OSPEDALI
RIUNITI
Umberto I - G.M.Lancisi - G.Salesi
Ancona
DIPARTIMENTO DI MEDICINA INTERNA
MALATTIE IMMUNO-ALLERGICHE E RESPIRATORIE
SOD Allergologia
norme di prevenzione ambientale
per le malattie allergiche
dell'apparato respiratorio
SOD Allergologia
Questa pubblicazione vuole sottolineare come nelle malattie allergiche dell’apparato respiratorio sia indispensabile porre attenzione alla prevenzione ambientale come mezzo per ridurre la carica allergenica e, conseguentemente, la
severità dei sintomi e il consumo di farmaci.
La consapevolezza che il paziente allergico vede come ostile l’ambiente in cui
vive ci ha indotto a raccogliere queste informazioni e a realizzare uno strumento per orientarsi meglio nel labirinto delle notizie che spesso provengono da
fonti non scientificamente controllate.
L’adozione delle norme consigliate non elimina la necessità di sottoporsi a
controlli specialistici in ragione della potenziale cronicità delle malattie allergiche.
La pubblicazione di questo opuscolo conferma l’attenzione della nostra Azienda Ospedaliera anche verso le problematiche della prevenzione integrata con
i momenti! della diagnosi e della terapia.
Un sentito ringraziamento ai colleghi della SOD di Allergologia e ai componenti dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico che, con disinteressato, notevole
impegno hanno realizzato questo documento arricchendolo anche della parte
iconografica.
Floriano Bonifazi
Direttore SOD Allergologia
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Norme di prevenzione ambientale per le
malattie allergiche dell’apparato respiratorio
INDICE
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SOD Allergologia
NORME Dl PROFILASSI AMBIENTALE VERSO
I PRINCIPALI ALLERGENI DA INALAZIONE
La dimensione ed il continuo incremento delle malattie allergiche manifestatosi negli ultimi anni in particolare nei paesi Occidentali, ove si stima che circa
il 20% della popolazione soffra di asma, rinocongiuntivite, dermatite/eczema
allergie alimentari o da farmaci, hanno imposto all’attenzione dell’opinione
pubblica le allergie come “...l’epidemia del XX secolo...”.
Le cause di tale fenomeno non sono note; numerosi studi sono in corso nel
tentativo di individuare le connessioni tra il nostro attuale modo di vivere, il cosiddetto stile di “vita occidentale”, e l’esorbitante aumento delle allergie, che
ad esso sembra accompagnarsi.
In particolare si sta notando una maggiore incidenza di sensibilizzazione al-
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Norme di prevenzione ambientale per le
malattie allergiche dell’apparato respiratorio
lergica verso gli allergeni presenti nell’ambiente domestico come acari della
polvere domestica, animali domestici e muffe.
L’entità dei sintomi influenza notevolmente la qualità della vita dei soggetti
allergici, interferendo con l’attività lavorativa e scolastica, creando una sempre
maggiore richiesta di prestazioni sanitarie e di terapia, con ovvie conseguenze
sui costi sociali.
Da qui nasce l’esigenza di attuare la “profilassi”, cioè una serie di comportamenti, supportati da mezzi idonei, finalizzati a prevenire la comparsa di un
evento indesiderato.
Nel caso specifico delle malattie allergiche respiratorie, gli interventi di profilassi più efficaci coinvolgono gli allergeni degli ambienti chiusi (acari della
polvere domestica, animali domestici muffe e lattice) e sono attuabili a livello
di singole abitazioni o ambiente lavorativo. Molto più complesso il controllo nei
confronti degli allergeni presenti nell’ambiente esterno: per alcuni (es. i pollini)
non esistono al momento realistiche possibilità di intervento, è possibile solo
formulare previsioni dell’andamento pollinico consentendo una premedicazione mirata dei soggetti allergici.
In altre situazioni come la contaminazione ambientale da allergeni di origine
industriale (es. polveri di soia), sono possibili interventi tecnologici per abbattere le polveri inquinanti: il controllo dell’efficacia di tali misure è compito di
specifiche agenzie pubbliche.
Questo “opuscolo”, articolato in domande e risposte, ha lo scopo di fornire
indicazioni sulla prevenzione delle malattie allergiche attuabili a livello del singolo paziente.
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SOD Allergologia
COS’È L’ALLERGIA?
È una risposta anomala del sistema immunitario a sostanze abitualmente innocue (definite allergeni); tale risposta si sviluppa in
due tempi: una prima fase senza
sintomi (sensibilizzazione), in cui
l’organismo produce anticorpi (del
tipo IgE) che riconoscono specificamente gli allergeni. Successivamente, la persistente esposizione
all’allergene può portare alla comparsa dei sintomi: si passa cioè
dalla fase della sensibilizzazione
asintomatica a quella della malattia allergica che spinge il paziente
a rivolgersi al medico.
1° FASE: SENSIBILIZZAZIONE
Produzione di anticorpi IgE verso
specifici allergeni che si legano a
cellule chiamate mastociti presenti
nella mucosa nasale, congiuntivale, bronchiale e nella cute.
2° FASE: MALATTIA ALLERGICA
L’allergene a cui si espone il soggetto “sensibilizzato”, legandosi agli anticorpi
adesi ai mastociti, provoca la liberazione di sostanze “nocive”, responsabili del
fenomeno dell’infiammazione, con conseguente comparsa dei sintomi.
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malattie allergiche dell’apparato respiratorio
PERCHÉ SI È ASSISTITO NEGLI ULTIMI ANNI AD UN
NOTEVOLE INCREMENTO DELLE MALATTIE ALLERGICHE?
Non esiste ancora una risposta certa: le ipotesi più accreditate sono:
•Effetto dell’aumento dell’inquinamento atmosferico: la maggiore
esposizione ad inquinanti ambientali aspecifici (gas di scarico delle automobili, fumi industriali, idrocarburi policiclici ecc.) favorisce l’infiammazione
delle mucose, la produzione delle IgE ed aumenta il potere allergizzante di
alcuni allergeni.
•Modificazione dei rapporti tra sistema immunitario e malattie infettive: la riduzione delle infezioni (ad esempio la nettissima riduzione della tubercolosi o delle malattie da parassiti) devia l’attività del sistema immunitario
verso bersagli altrimenti innocui: gli allergeni.
Verosimilmente entrambe le ipotesi puntualizzano le tendenze salienti,
nel complesso intreccio di modificazioni socio-culturali che caratterizzano il nostro attuale stile di vita (es. riduzione dell’allattamento al seno,
impiego precoce e indiscriminate di antibiotici, ridotto consumo di alimenti freschi, scarsa attività fisica all’aria aperta, assenza di contatto con
animali domestici/da cortile nei primi anni di vita, prolungata permanenza
in ambienti chiusi, in cui l’isolamento termico favorisce la crescita di acari
e muffe, ecc.).
COME SI PUÒ INTERVENIRE?
Si può agire a tre livelli.
1.Prevenendo l’insorgenza della sensibilizzazione (Prevenzione primaria).
2.Prevenendo la comparsa dei sintomi, e quindi la malattia allergica, nei sog-
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getti sensibilizzati (Prevenzione secondaria).
3.Prevenendo lo scatenamento dei sintomi o l’aggravamento della patologia
nei soggetti malati (Prevenzione terziaria).
È POSSIBILE LA PREVENZIONE
PRIMARIA DELLE ALLERGIE?
È noto da tempo che il rischio di sviluppare malattie allergiche è maggiore tra
i figli di genitori allergici, ma è sempre più significativo l’incremento di tali malattie tra i nati da genitori sani.
Attualmente non si dispone di studi conclusivi sull’efficacia della prevenzione
primaria: sebbene gli studi in corso siano promettenti non si sa con certezza
se, limitando i contatti con l’allergene fin dai primi giorni di vita o già nei corso della vita fetale, nelle madri predisposte durante la gravidanza, si riduca il
rischio di sviluppare malattie allergiche. Sull’effetto della prevenzione primaria
verosimilmente intervengono molti fattori tra cui il tipo e la dose di allergene,
che inducono risposte differenti del sistema immunitario.
È noto ad esempio che il contatto precoce con il lattice di gomma favorisce
la comparsa di allergie nei bambini, viceversa dati contrastanti si hanno sugli
effetti del contatto precoce col gatto.
Molto più documentata è l’efficacia di interventi a livello di prevenzione secondaria e terziaria, ovvero la possibilità di limitare i danni attribuibili all’esposizione all’allergene nei soggetti già sensibilizzati o malati.
Le informazioni di seguito riportate fanno riferimento a tali interventi, in particolare verso l’acaro della polvere, che rappresenta la maggior causa di allergie
respiratorie in Italia.
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ESISTE L’ALLERGIA ALLA POLVERE?
Allergia alla polvere è una espressione abituale che può generare ambiguità.
Innanzitutto nel fenomeno allergico non è coinvolta la polvere di natura inorganica, che è prevalentemente presente negli ambienti esterni (es. polvere
della strada), ma quella degli ambienti chiusi, o polvere domestica. Si tratta
di una miscela complessa, comprendente componenti di natura organica e
inorganica (TAB 1).
DI ORIGINE VEGETALE
pollini
residui alimentari
detriti vegetali
DI ORIGINE ANIMALE
ALTRO
forfora umana
forfora di animali
frammenti di piume e lana
frammenti di insetti
residui alimentari
acari
spore fungine (muffe)
microrganismi (batteri)
particolato di sostanze
chimiche (fosforo, resine,
enzimi dei detersivi)
Tab. 1 - Componenti della polvere domestica
I detriti corporei e le feci dell’acaro sono gli elementi prevalentemente responsabili dell’allergia respiratoria nel nostro paese.
I derivati del corpo degli insetti (in particolare lo scarafaggio), le cosiddette forfore di animali domestici occasionalmente gli enzimi possono avere un ruolo
in specifiche situazioni ambientali.
COSA SONO GLI ACARI?
Gli acari sono artropodi appartenenti alla classe degli aracnidi.
Quelli maggiormente rappresentati nella polvere domestica sono il Dermato-
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phagoides Pteronissinus e il Dermatophagoides Farinae. Non sono visibili ad
occhio nudo (misurano infatti tra i 250 e i 400 pm) vivono in media due mesi.
Gli acari non sono direttamente dannosi per l’uomo,
ma liberano nell’ambiente
sostanze (proteine), presenti nelle particelle fecali e nel
corpo, che agiscono come
allergeni e sono attive come
tali anche dopo la loro morte.
Oscurità, umidità relativa tra
il 60 e l’80%, temperatura
ambientale tra i 15 e i 30° C,
disponibilità di forfore umane
e animali di cui si nutrono, costituiscono le loro condizioni ottimali di crescita.
Ciò spiega la loro sostanziale assenza in località situate ad altitudini superiori
ai 1000-1500 metri che presentano un clima freddo e secco. Tuttavia è ormai
accertato che le condizioni microclimatiche delle nicchie abitate dagli acari
sono più importanti delle condizioni climatiche generali.
Pertanto condizioni ottimali di temperatura ed umidità in ambienti chiusi
possono favorire la loro presenza anche in località teoricamente esenti
da rischi.
DOVE SI TROVA L’ALLERGENE?
Come premessa generale bisogna distinguere tra acaro ed allergene: l’acaro
è la fonte di produzione dell’allergene, quindi le sedi che favoriscono il suo
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Norme di prevenzione ambientale per le
malattie allergiche dell’apparato respiratorio
sviluppo favoriscono inevitabilmente la presenza dell’allergene. Peraltro gli allergeni sono detriti volatili, che possono essere trasportati dalle correnti aeree
ovunque all’interno dell’abitazione, e tendono a depositarsi nei luoghi meno
accessibili alle pulizie quotidiane, indipendentemente dalla presenza in quelle
sedi di acari.
Ovviamente ambienti poco frequentati, ad esempio soffitte, cantine, seconde
case, sono luoghi in cui l’acaro prolifera agevolmente; cosi pure, all’interno
dell’abitazione, stanze in cui sono rilevabili macchie di condensa o piccole
aree di muffa alle pareti: tali riscontri indicano infatti un eccesso di umidità
ambientale.
Gli acari presenti negli ambienti domestici (e quindi i loro allergeni) sono concentrati in aeree preferenziali definite “riserve ambientali” (materassi cuscini,
tappeti, moquette, tende, mobili imbottiti, vestiario, péluches). Si tratta di vere
e proprie nicchie ecologiche, dove alle condizioni fisiche ambientali favorenti
la crescita, si aggiungono ulteriori fattori positivi, in particolare la disponibilità di detriti cutanei che qui si
raccolgono e rappresentano il
nutrimento di questi artropodi.
Gli acari sono in grado di colonizzare rapidamente diversi
ambienti, inclusi i mezzi di trasporto (come l’automobile o i
mezzi pubblici), spesso il trasferimento avviene attraverso
gli abiti.
Gli allergeni degli acari sono
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SOD Allergologia
veicolati da particelle relativamente “pesanti”, per cui rimangono
sospesi in aria per breve tempo
(circa mezz’ora dopo le pulizie),
tendendo poi a depositarsi sulle
superfici (pavimento, scaffali, soprammobili ecc,). La capacità dei
tessuti di intrappolare l’allergene
trasforma inoltre in riserve di allergene moquette, tappeti, imbottiture, tende ecc., che sono spesso
sede elettiva di presenza degli acari. I movimenti dell’aria all’interno dell’abitazione (es. utilizzo dell’aspirapolvere, accensione dei termosifoni) provocano
la continua ricircolazione di tali particelle, che si accumulano nelle zone meno
soggette alle consuete pulizie domestiche. Per questo, specie nei bambini,
vanno sconsigliati i comportamenti che provocano una rapida e massiva dispersione degli allergeni dalle riserve (saltare sul tetto, fare battaglia con i cuscini) o che comunque espongono ad alte concentrazioni di questi (nascondersi sotto il tetto).
Per una corretta profilassi
all’interno dell’abitazione, è
utile intervenire sia sulle aree
di prevalente produzione degli allergeni (es. materassi,
cuscini, divani, mobili imbottiti), che sulle aree di prevalente accumulo degli stessi
(libri, suppellettili, soprammobili, mobili).
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malattie allergiche dell’apparato respiratorio
COME RIDURRE L’ESPOSIZIONE AGLI ALLERGENI
DEGLI ACARI DELLA POLVERE DOMESTICA?
Si può intervenire su tre “obiettivi”:
1. L’AMBIENTE DOMESTICO, modificando le variabili fisiche per limitare la
proliferazione degli acari.
2. LE RISERVE AMBIENTALI DI ACARI, utilizzando metodi fisici e chimici
indirizzati agli acari, ai loro allergeni o ad entrambi.
3. LE SEDI DI ACCUMULO AMBIENTALE DEGLI ALLERGENI, rimuovendo con mezzi fisici e chimici il particolato allergenico.
Sebbene gli interventi di seguito suggeriti abbiano valore generale, essi vengono solitamente attuati dopo il riscontro di una allergia e sono quindi da
considerare come misure di profilassi secondaria e terziario (vedi D3).
L’età, le manifestazioni cliniche, la severità dei sintomi, il grado di sensibilizzazione e l’eventuale presenza di polisensibilizzazione orienteranno il tuo allergologo nella scelta degli interventi di profilassi più idonei per la tua situazione,
anche in considerazione dell’ubicazione domestica e della potenziale esposizione ambientale. Pertanto le norme cui si accenna di seguito, così come
l’indicazione dei mezzi più idonei per attuarle (rivestimenti occlusivi, acaricidi,
aspirapolveri, ecc.) saranno adattate ad ogni situazione specifica e sarà compito del tuo allergologo consigliare anche gli strumenti adeguati per verificare
l’efficacia di tali misure.
1. L’AMBIENTE DOMESTICO
L’obiettivo di ridurre la proliferazione degli acari e limitare quindi la produzione
di allergeni può essere perseguito attraverso la modificazione delle variabili
fisiche (umidità e temperatura) dell’ambiente.
La riduzione dell’umidità relativa degli ambienti chiusi, preferibilmente fino a
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valori massimi del 45 - 50%, può essere ottenuta con i seguenti metodi:
•ventilare i locali tenendo le finestre aperte per almeno 10-15 minuti più volte
durante la giornata, al mattino e nelle prime ore del pomeriggio;
•evitare di aggiungere fonti di umidità o di vapore (piante, umidificatori, biancheria stesa ad asciugare in casa, ferri da stiro a vapore, ecc.);
•utilizzare una cappa aspirante sopra i fornelli per rimuovere il vapore generato dalla cottura dei cibi, asciugare rapidamente le superfici bagnate, ventilare il locale dopo il bagno e la doccia e dopo aver stirato.
N.B. I deumidificatori hanno un’efficacia relativa che varia in rapporto all’umidità del clima; nei climi temperati i sistemi di deumidificazione centralizzati possono ridurre in modo significativo la crescita degli acari. L’utilità di un
deumidificatore è legata pertanto alla sua capacità di mantenere stabilmente
l’umidità relativa della stanza al di sotto del 50%.
Per mantenere la temperatura degli ambienti chiusi al di sotto di 20 - 22° C:
•modulare il sistema di riscaldamento autonomo;
•ventilare i locali.
N.B. L’uso di condizionatori d’aria (a cui vanno applicati filtri da cambiare periodicamente), che intervengono su temperatura e umidità dell’ambiente, si
è dimostrato efficace in studi controllati. Un complemento auspicabile alle
suddette misure è la presenza all’interno degli ambienti di un termoigrometro,
strumento che, misurando temperatura ed umidità relativa, permette di controllare l’efficacia degli interventi attuati.
2. LE RISERVE AMBIENTALI
Le riserve ambientali (materassi, cuscini, moquette, tappetti, tende, mobili,
imbottiti) sono le principali sedi di proliferazione ed accumulo degli acari e
quindi dei loro allergeni.
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Sono di seguito elencati separatamente i mezzi di intervento disponibili, ma
come norma generale una bonifica efficace prevede un intervento integrato
di ogni mezzo possibile sia sulle fonti di produzione (acari) che sull’allergene.
A) Bonifica mediante mezzi fisici
•L’eliminazione delle riserve è in assoluto il sistema di bonifica più efficace e
semplice da attuare.
•La sostituzione delle stesse con equivalenti in materiali che non consentano
nè lo sviluppo degli acari nè l’accumulo dei loro allergeni (mobili in materiali
plastici, superfici lisce, divani in pelle, pavimenti in marmo o linoleum, facilmente lavabili ecc.) costituisce una valida alternativa. I cuscini dovrebbero
essere rinnovati periodicamente; i materassi molto vecchi vanno eliminati, a
quelli in lana vanno preferiti gli analoghi in fibra sintetica. Nessun tipo di materasso si può comunque considerare a “prova di acaro”; esiste una comunicazione che segnala la presenza di acari anche in materassi in lattice. Va
evitato l’eccessivo accumulo di indumenti nelle stanze da letto. Per i bambini, i giocattoli di plastica o di legno sono da preferire a quelli di stoffa, lana e
ai péluches. In sintesi è auspicabile la semplificazione dell’arredamento domestico (es. riduzione di soprammobili), che favorisca la facilità delle pulizie.
•II confinamento degli acari all’interno delle “riserve ambientali” rappresenta
una valida alternativa nei casi in cui queste non possano essere eliminate o
sostituite (es. materassi, cuscini ecc.); si attua mediante specifiche barriere,
quali fodere coprimaterasso-copricuscino-copripiumino, che impediscono il
passaggio degli acari e dei loro allergeni all’esterno. I tessuti utilizzati come
rivestimenti occlusivi sono in fibra sintetica lavabili e traspiranti per consentire il passaggio del vapore acqueo prodotto dal soggetto. Vanno comunque puliti con un panno umido ogni settimana e lavati in lavatrice ogni 2-3
mesi a 55-60 °C. Tutti i materassi, cuscini e piumini della stessa camera
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in cui dorme il soggetto allergico dovrebbero essere dotati di tali fodere.
L’uso di lenzuola e federe a trama fitta contribuisce a limitare il passaggio dei
detriti cutanei all’interno del materasso.
I vestiti andrebbero riposti in sacchi di cellophane all’interno degli armadi,
possibilmente non nella camera da letto del soggetto allergico. L’adozione di tecniche di deposito
sotto vuoto dei vestiti che
non vengono utilizzati per
una stagione consente l’uccisione degli acari ma non
l’eliminazione dell’allergene,
per la quale è necessario il
successivo lavaggio.
•II lavaggio a temperature superiori a 55-60 °C permette
l’uccisione degli acari e la
rimozione degli allergeni. La
biancheria da letto (federe,
lenzuola) va lavata in lavatrice almeno una volta a settimana a 60 °C. Le coperte o i piumini devono
essere lavati a 55° ogni due settimane. Anche il lavaggio a secco uccide gli
acari ma non rimuove completamente gli allergeni.
•Una modalità alternativa di eliminazione dell’acaro dai tessuti, utile soprattutto per i giocattoli di pèluche, è il congelamento in freezer per 12-24 ore,
successiva esposizione a temperatura ambiente per 30-60 minuti e lavaggio
a basse temperature per rimuovere gli acari uccisi.
•L’esposizione al sole per alcune ore tutti i giorni di lenzuola, coperte, piumini,
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cuscini, e se possibile anche del materasso, permette di uccidere gli acari o
almeno di contrastarne la crescita, tuttavia non riduce il contenuto allergenico. Un atteggiamento complementare al precedente è il non rifare il letto al
mattino, ma lasciarlo “sfatto” fino al pomeriggio, per consentire una migliore
ventilazione di lenzuola e materasso.
B) Bonifica mediante mezzi chimici
•Gli acaricidi sono prodotti chimici in grado di uccidere gli acari (es. benzil benzoato o piretroidi), disponibili in polvere, schiuma o soluzione. Dopo
averli applicati e lasciati agire va necessariamente usato l’aspirapolvere (almeno 12-24 ore dopo) per rimuovere l’allergene, che altrimenti permane
nelle sedi ove l’acaro e stato ucciso. La loro efficacia è limitata dalla breve
durata dell’effetto e dalla difficoltà di penetrazione all’interno delle riserve (es.
materassi, mobili imbottiti, interni d’auto).
•Altri prodotti chimici impiegati nella profilassi sono i denaturanti proteici (es.
ac. tannico) che agiscono degradando la struttura proteica degli allergeni,
senza interferenza diretta sugli acari. L’uso in combinazione con gli acaricidi ne prolunga l’effetto. In ragione delle proprietà denaturanti, tali sostanze
possono alterare i colori dei tessuti con cui vengono a contatto.
NB. Al momento attuale non esistono studi sufficienti in grado di dimostrare la
assoluta innocuità di tali prodotti chimici per l’uomo e la loro efficacia quando
usati come unico intervento di profilassi ambientale. II tuo allergologo potrà
comunque forniti le indicazioni necessarie per tipo, durata e sicurezza dei vari
acaricidi disponibili.
3. SEDI DI ACCUMULO AMBIENTALE DEGLI ALLERGENI
II soggetto sensibile agli acari dovrebbe evitare di esporsi a massicce dosi ambientali di allergene. Tale obiettivo può essere perseguito limitando le sedi di
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deposito dell’allergene aero-disperso (es. contenere i libri in librerie chiuse, riporre i soprammobili nelle vetrinette, evitare quadri e oggetti appesi) ed evitando o limitando al massimo l’esposizione diretta (ad esempio non eseguire di
persona le pulizie domestiche, o il cosiddetto “cambio stagionale dei vestiti”).
In tali evenienze, il ruolo protettivo delle comuni
mascherine è abitualmente poco efficace.
L’obiettivo di ridurre la dispersione aerea dell’allergene durante le pulizie può essere ottenuto mediante la rimozione della polvere con un panno
umido o antistatico o con specifici aspirapolveri.
Infatti con i comuni aspirapolveri, privi di filtri adeguati, l’aria aspirata viene restituita all’ambiente
domestico con gran parte del suo contenuto allergenico, che viene anzi ridistribuito su tutte le
superfici disponibili: è quindi necessaria l’adozione di sistemi di filtraggio che trattengano allergene, evitando o riducendone il ricircolo nell’ambiente domestico. Si dimostrano efficaci in tal senso i sistemi a doppio sacco
o la dotazione di filtri HEPA (High Efficiency Particulate Air filter), in grado di
rimuovere la quasi totalità delle particelle di 0,3 micron. In alternativa, il sistema di combinazione filtro ad acqua - filtro HEPA vede abbinati un serbatoio di
acqua, che sostituisce il sacchetto di carta, con il filtro HEPA, montato in successione, cosicché le particelle di polvere dell’aria aspirata vengono intrappolate nei due mezzi (acqua e filtro HEPA) senza essere ridisperse nell’ambiente.
Altro intervento dimostratosi efficace nella rimozione degli allergeni dall’abitazione è la costruzione di case con “sistemi di vuoto centralizzato”, che convogliano l’aria emessa dagli aspirapolveri in ambienti esterni all’abitazione, impedendo la riemissione dell’allergene nell’appartamento.
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CHE FARE SE SI CAMBIA ABITAZIONE IN VACANZA?
Qualora si cambiasse temporaneamente residenza (es. vacanze
nella seconda casa al mare, campo scuola ecc.) sarebbe opportuno bonificare adeguatamente i
nuovi ambienti alcuni giorni prima
dell’arrivo del soggetto allergico.
Anche i camper e le roulotte, in ragione degli spazi limitati dell’uso sporadico
e della possibile presenza di moquette, dovrebbero essere adeguatamente
bonificati prima del successivo utilizzo.
In albergo è prudente richiedere camere predisposte per allergici agli acari o
quantomeno prive di moquette.
L’ALLERGIA ALL’ACARO PUÒ PREDISPORRE
AD ALLERGIE ALIMENTARI?
La presenza di strutture comuni agli allergeni degli acari e di alcuni invertebrati,
in particolare crostacei (gamberi, scampi) e molluschi (lumache), può esporre
i pazienti con allergia respiratoria all’acaro a reazioni allergiche (orticaria, asma
ecc.) dopo ingestione di crostacei e lumache, che dovrebbero pertanto essere
prudenzialmente evitati.
II riscontro di sintomatologia anche minima dopo assunzione di tali cibi (es,
prurito alla bocca, lieve orticaria) rende tassativo il divieto.
I pazienti che effettuano l’immunoterapia specifica per acari non devono assumere tali cibi.
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È IPOTIZZABILE UNA CASA PRIVA DI ACARI?
Sebbene non ci sia un completo accordo sui livelli di allergene a rischio di sensibilizzazione e di scatenamento dei sintomi, è stato proposto che una concentrazione di allergeni inferiore a 2 mg per grammo di polvere sia in grado di
prevenire la sensibilizzazione agli acari, un livello inferiore a 10 mg per grammo
di polvere eviti lo scatenamento dei sintomi asmatici.
II raggiungimento di
questo obiettivo richiede una specifica
progettazione dell’abitazione, l’adozione
combinata delle varie
misure di profilassi
la verifica del risultato dei provvedimenti
adottati, attraverso mezzi indiretti (termoigrometro) o diretti che rilevino il livello
ambientale di allergene.
A questo proposito, sono attualmente disponibili sistemi di rilevazione per il
dosaggio quantitativo dell’allergene presente nella polvere domestica; il tuo
allergologo potrà darti precise informazioni in merito ad essi.
La possibilità concreta di realizzare simili abitazioni “ideali” è oggetto di sperimentazioni tuttora in corso.
L’attuazione di norme di profilassi nel proprio appartamento non elimina com-
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Norme di prevenzione ambientale per le
malattie allergiche dell’apparato respiratorio
pletamente il rischio di esposizione all’allergene dell’acaro. Infatti una quota significativa delle attività quotidiane si svolge comunque in altri ambienti (scuola,
ambiente di lavoro, locali pubblici, mezzi di trasporto, impianti sportivi, ecc.)
inquinati in misura variabile da acari, con riflessi potenzialmente importanti
sulla malattia allergica.
Animali domestici
Soprattutto cane e gatto, ma anche altri mammiferi, come coniglio, criceto,
cavallo o alcuni uccelli, sono fonti allergeniche il cui ruolo negli ultimi anni è
sempre più rilevante in rapporto alla crescente abitudine di tenere animali in
casa o a praticare equitazione.
Le informazioni sulla profilassi riguardano essenzialmente cane e gatto per la
loro maggiore diffusione nelle abitazioni, la maggiore quantità di informazioni
disponibili e la sostanziale analogia delle norme da adottare anche per gli altri
animali.
Cane e Gatto
Gli allergeni principali del
gatto (chiamato Fel d 1) e
del cane (Can f 1) sono prodotti dalle loro ghiandole
sebacee.
La sensibilizzazione verso gli allergeni del cane ha
minore incidenza rispetto a
quella verso il gatto probabilmente perché il cane è abitualmente tenuto fuori casa, tendenzialmente
lontano da camere da letto e divani.
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Saranno di seguito illustrate le caratteristiche degli allergeni del gatto che rendono ragione del loro importante ruolo nelle allergie.
Non si conosce il significato biologico della proteina allergizzante del gatto (Fel
d1), ma si è appurato che la sua produzione è regolata dagli ormoni sessuali
maschili e si suppone abbia un ruolo nel riconoscimento sessuale e della specie.
Gli allergeni del gatto sono estremamente “volatili” in quanto veicolati da particelle molto piccole, in grado di disperdersi rapidamente nell’aria anche a distanza e di rimanere sospese per molte ore prima di depositarsi sulle superfici.
Queste caratteristiche fanno sì che la sintomatologia dei pazienti insorga rapidamente appena questi entrano in un ambiente in cui il gatto sia o sia stato
presente (es. improvvisa comparsa di oculorinite o attacco di asma).
In conseguenza della estrema volatilità e della facilità di adesione ai tessuti dei
vestiti, che fungono da veicolo, l’allergene diviene ubiquitario, con possibilità
di essere reperito in ambienti mai frequentati dal gatto, compresi mezzi di trasporto, luoghi pubblici, ospedali.
Inoltre l’adesività dell’allergene ai tessuti trasforma tappeti, divani, letti, moquette, che hanno avuto contatti più o meno duraturi col gatto, in importanti
serbatoi di allergene, in grado di liberarne in modo continuativo quantità notevoli, qualora siano movimentati o semplicemente toccati.
Infine la straordinaria resistenza ai fattori ambientali, comprese le alte temperature, rende tale allergene estremamente pericoloso, infatti occorrono dai tre
ai sei mesi per la riduzione spontanea dei livelli allergenici nelle abitazioni dopo
l’allontanamento definitivo dell’animale.
L’attuazione delle misure di profilassi verso tali allergeni presenta delle difficoltà
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dovute sia alla scarsa complianza del paziente, spesso legato affettivamente
all’animale e poco propenso a separarsene, sia al carattere ubiquitario dell’allergene, in ragione della sua facile aerodispersione e dell’adesività che ne facilita il trasporto. Pertanto gli interventi di seguito consigliati risultano spesso
scarsamente efficaci.
Schematicamente si possono distinguere in base al bersaglio colpito in:
A) Interventi sulla sorgente di allergene
•L‘allontanamento definitivo del gatto/cane dall’abitazione rappresenta la misura di profilassi più efficace.
•L’allontanamento del gatto/cane dalla camera e dagli ambienti abitati è una
misura comunque valida qualora la precedente non sia attuabile.
•II lavaggio del gatto/cane 2 volte/settimana è un intervento di difficile attuazione, specie per il gatto; inoltre ogni lavaggio rimuove una quantità pari al
40-70% dell’allergene, che ritorna ai livelli cutanei di base già dopo 2 giorni.
L’applicazione di soluzioni denaturanti (acido tannico) sul pelo dell’animale
ha lo scopo di neutralizzare l’allergene, ma non ne impedisce la produzione.
B) Interventi sulle riserve di allergene
•L’eliminazione di moquette, tappeti e mobili imbottiti eventualmente sostituiti
con materiali idonei facilmente lavabili e non soggetti ad accumulo di polvere
e detriti, consente di ridurre le sedi da cui l’allergene può essere facilmente
disperso nell’aria.
•L’uso di aspirapolveri dotati di filtri HEPA e doppio sacco, eventualmente
dopo pretrattamento delle superfici con agenti denaturanti (es. acido tannico in soluzione al 3%) permette di rimuovere dalle riserve buona parte
dell’allergene.
•II lavaggio dei mobili imbottiti dei tappeti, degli abiti è volto a ridurre il contenuto di allergene delle riserve e, nel caso degli abiti, previene il trasporto
dello stesso.
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SOD Allergologia
C) Interventi sull’ambiente
•Purificatori d’aria dotati di filtri HEPA installati in camera da letto e negli ambienti abitati sono in grado di rimuovere pressoché completamente l’allergene aerodisperso; sono tuttavia poco efficaci qualora non siano rimosse
preventivamente le riserve, fonte di ricontaminazione ambientale.
II gatto dentro o fuori casa?
Diversi studi recenti suggeriscono che l’esposizione al gatto in età infantile
protegge dal rischio di sviluppare sensibilizzazione allergica e asma, forse attraverso l’azione delle endotossine. Questa ipotesi tuttavia necessita di essere
validata da ulteriori studi controllati. Rimane ferma l’indicazione ad evitare i
contatti con il gatto in tutti i soggetti che presentano documentata sensibilizzazione verso questo animale.
Cavallo
L’allergia al cavallo è stata una
patologia rilevante in passato, quando il cavallo era il più
importate mezzo di locomozione, attualmente prevale tra
gli allevatori e i soggetti che
praticano l’equitazione. Gli allergeni sono molto potenti e i
pazienti possono manifestare
sintomi anche in prossimità
di scuderie, maneggi, circhi
equestri.
Roditori (cavie, coniglio, criceto)
L’allergia verso tali animali è finora ristretta agli allevatori o al personale di
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Norme di prevenzione ambientale per le
malattie allergiche dell’apparato respiratorio
laboratorio, ma la crescente abitudine di tenere questi animali in casa, in particolare da parte dei bambini, sta trasferendo fuori dagli ambienti lavorativi tale
allergia.
La strategie di profilassi ambientale sono analoghe a quelle su esposte per il
gatto/cane.
I miceti (muffe)
La sensibilizzazione verso tali allergeni va dal 4% al 38% della popolazione
allergica a seconda delle nazioni considerate. La difficoltà di ottenere affidabili
test diagnostici rende comunque molto imprecise Ie stime al riguardo.
I miceti hanno l’importante ruolo, nell’ecosistema, di decomposizione e riciclaggio del materiale organico.
Le condizioni ideali della loro riproduzione sono temperatura tra i 18° e i 32°C
e umidità relativa superiore al 65%.
Se le condizioni ambientali sono sfavorevoli i miceti “entrano in letargo” grazie
alla forma di “spora” che è caratterizzata da notevole capacità di resistenza
a condizioni estreme (agenti chimici basse temperature, assenza di acqua).
Le spore aerotrasportate dal vento sono estremamente mobili, con possibilità
di ampia diffusione nell’ambiente e capacità di ritornare alla forma di muffa se
e dove le condizioni esterne siano favorevoli.
Tali condizioni favorenti possono essere presenti anche in ambienti domestici:
es. alimenti mal conservati, pareti o pavimenti con infiltrazioni di umidità.
Lo stretto rapporto con i cicli naturali dà ragione della presenza di fasi stagionali che sono simili alle stagioni dei pollini.
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SOD Allergologia
In particolare Alternaria e Cladosporium, che sono i miceti meglio studiati e
maggiormente presenti sul nostro territorio, presentano una fase vegetativa
nelle aree umide come miceti del terreno ed una fase di dispersione atmosferica molto rilevante, sotto forma di spore, nella stagione estiva in relazione ai
lavori agricoli ed alle variabili climatiche.
La sintomatologia può essere scatenata da concentrazioni di spore di Alternaria pari a 100 spore per m 3 d’aria e per il Cladosporium di 3.000 spore per
m 3 d’aria.
L’Alternaria è la muffa meglio studiata sul piano della diagnostica allergologica, caratteristicamente riconoscibile ad occhio nudo come la muffa nera
sui pomodori avariati. Nell’ambiente esterno, il substrato biologico ottimale
è dato da detriti di vegetazioni spontanee o coltivazioni di cereali, in ambienti
domestici può risiedere nel terriccio di piante d’appartamento o nelle aree di
umidità, inoltre la concentrazione negli ambienti interni è influenzata dalle spore veicolate dall’esterno.
Misure di profilassi per i pazienti allergici ad Alternaria, e più in generale a
muffe dell’ambiente esterno, potenzialmente reperibili anche negli ambienti
confinati possono essere:
A) Nell’ambiente esterno
•evitare di esporsi direttamente a massicce dosi di spore (es. in caso di lavori
agricoli come la trebbiatura; allontanarsi da casa nei periodi a rischio, se la
residenza è molto vicina a terreni agricoli in cui si effettuano tali attività);
•evitare di esporsi a vegetazione marcescente (es. passeggiate nei boschi);
•potare regolarmente siepi e cespugli attorno alle case e rastrellare le foglie
cadute;
•estirpare le piante rampicanti dai muri esterni degli edifici;
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Norme di prevenzione ambientale per le
malattie allergiche dell’apparato respiratorio
•svolgere attività di giardinaggio solo con mascherine protettive.
B) Nell’ambiente domestico
•evitare di tenere piante verdi in grande quantità, all’interno della propria abitazione;
•eliminare gli umidificatori;
•evitare di stendere in casa il bucato ad asciugare;
•tenere sotto controllo l’umidità ambientale mediante adeguata ventilazione
ed uso di deumidificatori, se l’umidità supera il 65%;
•non soggiornare a lungo in ambienti umidi e chiusi da tempo (cantine, serre,
stalle, ecc.);
•revisionare periodicamente gli impianti di condizionamento;
•eliminare gli alimenti con tracce di muffa.
NORME DI PREVENZIONE PER I PAZIENTI
AFFETTI DA POLLINOSI
I pollini sono i semi maschili delle piante, liberati nell’aria durante
la fioritura in adeguate
condizioni climatiche. In
soggetti geneticamente predisposti il polline
può provocare reazioni
allergiche mediate da
anticorpi IgE specifici;
il grado di esposizione
(concentrazioni elevate
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SOD Allergologia
e per lunghi periodi) e le dimensioni (pollini di piccole dimensioni facilmente trasportabili dal vento anche a distanze considerevoli) contribuiscono alla
comparsa di sensibilizzazione allergica.
I pollini non sono visibili ad occhio nudo, in quanto le loro dimensioni variano
da 5 a 200 micron.
Le condizioni climatiche influenzano sia la distribuzione delle specie botaniche
nelle varie regioni dell’Italia e di altri paesi, sia la loro fioritura annuale e anche
la dispersione dei loro pollini.
Infatti:
•l’aria calda e secca favorisce la pollinazione;
•il vento favorisce la dispersione dei pollini;
•l’umidità eccessiva ritarda la pollinazione;
•la pioggia fa cadere i pollini al suolo;
•l’alternanza di periodi di piogge con periodi di sole può favorire, per alcune
famiglie botaniche, ripetute fioriture.
COSA SONO L’AEROBIOLOGIA E IL
CALENDARIO DEI POLLINI?
Le particelle di polline presenti nell’aria possono essere catturate da appositi
strumenti, i campionatori, situati ad altitudini adeguate e dotati di un nastro
adesivo al quale aderiscono i pollini.
La presenza di campionatori pollinici in diverse località consente di calcolare la concentrazione delle diverse specie di pollini per metro cubo d’aria e
di elaborare pertanto dei calendari pollinici per monitorare l’andamento della
pollinazione di una determinata famiglia botanica.
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Norme di prevenzione ambientale per le
malattie allergiche dell’apparato respiratorio
Da diversi anni esistono in Italia Centri di monitoraggio aerobiologico articolati
in reti nazionali; il nostro Centro è collegato alla rete nazionale AAITO (Associazione Allergologi Immunologi Territoriali Ospedalieri), in grado di fornire
giornalmente informazioni sul tipo di polline presente nell’atmosfera e sulle sue
concentrazioni, a livello locale e nazionale.
QUALI SONO I POLLINI “TRADIZIONALI”?
Le Graminacee: sono la famiglia botanica più diffusa (pascoli,terreni coltivati e
incolti, prati), dalle zone alpine fino al mare. La loro fioritura avviene da aprile
a ottobre (a seconda delle varie latitudini) con concentrazioni più elevate tra
aprile e giugno.
Si distinguono in:
Graminacee spontanee: es. erba mazzolina, erba canina, coda di topo,
logliarella.
Graminacee coltivate: orzo, avena, grano, segale, mais.
Urticacee, tra le quali la Parietaria
è di maggiore importanza allergologica. È un’erba infestante, che
cresce sui muri o sulle rocce (erba
“muraria”). La sua fioritura avviene
generalmente tra febbraio e novembre nel Nord e Centro Italia; al
Sud e nelle isole è quasi perenne.
Tra le Composite vanno segnalate l’Assenzio selvatico (o Artemisia), che cresce ai bordi delle strade o ferrovie
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SOD Allergologia
e nei prati (fioritura tra settembre e ottobre) e le Ambrosie, introdotte in Italia
attraverso semi di cereali provenienti dall’America.
LE PIANTE ORNAMENTALI POSSONO
CAUSARE FENOMENI ALLERGICI?
Sì, piante utilizzate per l’arredo di case e uffici possono dar luogo a manifestazioni allergiche come congiuntiviti, riniti, asma o a reazioni cutanee (pruritoorticaria) da contatto e\o sfregamento con le foglie. L’incidenza di tali fenomeni è piuttosto rara, in quanto è stata stimata, da recenti studi, intorno al 2.5%
nei soggetti atopici. Rappresentano comunque un fattore di rischio specie nei
soggetti esposti professionalmente, come giardinieri, vivaisti, fiorai.
La piante più frequentemente coinvolte sono:
•il Ficus Benjiamina, il cui allergene, presente nelle foglie e nel lattice, può provocare sia
orticaria da contatto che oculorinite e asma,
per diffusione nell’aria ambiente; alcuni soggetti allergici a tale pianta possono presentare reazioni crociate con il lattice di gomma
e soprattutto allergia alimentare verso il fico;
•lo Spatifillo, in cui l’allergene è localizzato
nel polline e in altre strutture della pianta; può
causare disturbi respiratori o orticaria da contatto.
Fiori recisi o coltivati come tulipano, gerbera,
giacinto, crisantemo, primula, stella di Natale,
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Norme di prevenzione ambientale per le
malattie allergiche dell’apparato respiratorio
narciso, nasturzio possono indurre reazioni, per lo più dermatiti da contatto, a
causa di sostanze presenti nelle foglie o nel fusto.
QUALI SONO I POLLINI “EMERGENTI” ?
Appartengono a famiglie botaniche di più o mono recente importazione o
diffusione nei vari territori italiani.
Tra le più importanti in allergologia segnaliamo:
•le Cupressacee: a tale famiglia appartengono il Cipresso comune (con fioritura tra gennaio e marzo), la Tuja (pianta ornamentale; fioritura in marzo e
aprile); il Ginepro (presente in zone marine ma anche sopra ai 2000 metri di
altezza; fioritura tra febbraio e maggio); il cipresso dell’Arizona (utilizzato da
alcuni anni per farne delle siepi; fioritura in novembre e dicembre);
•le Betulacee: tra esse di maggiore rilevanza allergologica è la Betulla, tipica
dei Paesi Scandinavi. È presente in Italia nei boschi ad altitudini tra i 900 e i
1800 m., ma anche come pianta ornamentale in parchi urbani. II suo periodo di pollinazione è tra marzo e maggio.
POLLINI E ALLERGIA ALIMENTARE
Molti pazienti affetti da pollinosi possono manifestare allergia alimentare verso
alcuni tipi di frutta e verdura freschi, per la presenza di “allergeni cross-reattivi”
(cioè “comuni”) o verso tisane, miele e pappe polliniche, contenenti granuli
pollinici.
L’allergia alimentare può manifestarsi con:
•sintomi orali (“sindrome allergica orale”) al contatto con il cibo: prurito e bru-
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SOD Allergologia
ciore della lingua, delle labbra, del palato; gonfiore delle labbra o della lingua;
senso di costrizione laringea;
•più raramente con sintomi generali (generalmente entro un’ora dall’ingestione dell’alimento: nausea, dolore addominale, rinite, asma, orticaria-angiodema, shock anafilattico).
Segnaliamo alcune tra le più frequenti “cross-reattività”:
POLLINI
CIBI
Graminacee
Parietaria
Melone, cocomero, pomodoro, arachide,
pesca, albicocca, prugna, mandorla, kiwi
Melone, ciliegia, basilico, pistacchio
Betulla
Mela, pera, pesca, albicocca, prugna, ciliegia,
noce, nocciola, mandorla
Composite
Sedano, prezzemolo, finocchio, carota
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Norme di prevenzione ambientale per le
malattie allergiche dell’apparato respiratorio
COSA FARE PER RIDURRE L’ESPOSIZIONE
DEL PAZIENTE ALLERGICO AI POLLINI?
È fondamentale che il paziente conosca il periodo di fioritura della specie botanica
al cui polline è risultato allergico, affinché possa attuare norme di prevenzione
durante tale periodo.
Utile a tale scopo la consultazione del calendario e del bollettino pollinico, per
conoscere anche la concentrazione giornaliera o settimanale del polline in una
precisa area geografica.
Anche il medico allergologo deve consultare il calendario e il bollettino dei pollini,
per correlare la sintomatologia riferita dal paziente all’entità dell’esposizione e modulare le scelte terapeutiche farmacologiche e di tipo immunoterapico (vaccino).
È possibile al momento attuale accedere al bollettino pollinico consultando il
sito: www.pollinieallergia.net, o il sito dell’Azienda Ospedaliero Universitaria
Ospedali Riuniti “Umberto I - G.M. Lancisi- G. Salesi” (www.ospedaliriuniti.
marche.it): Dipartimento di malattie respiratorie o allergiche alla voce
Bollettino dei pollini.
Conosciuto il periodo più a rischio di insorgenza di sintomatologia allergica, il
paziente dovrà adottare in tale periodo una serie di misure preventive:
a breve termine:
•rimanere in casa, con finestre e porte chiuse, nelle ore centrali della giornata,
specie in giorni caldi e ventosi, uscendo nelle prime ore del giorno o la sera,
quando la concentrazione pollinica è minore;
•areare gli ambienti domestici al mattino presto o nelle ore serali;
•evitare gite o passeggiate in campagna; evitare di sdraiarsi sui prati, di tagliare l’erba o di sostare in prossimità di erba tagliata di fresco;
•evitare attività sportiva all’aperto;
•evitare viaggi in macchina o in treno con finestrini aperti; se possibile utilizzare nell’auto un sistema di aria condizionata dotato di filtri anti-polline, che
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SOD Allergologia
andrà cambiato periodicamente;
•ridurre o evitare l’ingestione di alimenti cross-reattivi con i pollini;
a medio termine:
•preferire soggiorni in zone a minore concentrazione pollinica, ad es.: località
marine, dove la brezza riduce la concentrazione del polline nell’aria;
•località di montagna per chi è sensibile ad es. alla Parietaria (ad altitudini
oltre i 900 m. tale pianta non cresce);
•evitare, per i pazienti allergici alle Graminacee, soggiorni In montagna nelle
4 settimane successive alla normale fioritura (in montagna la pollinazione
avviene più tardi);
•ridurre al minimo la presenza di erbe infestanti (Urticacee, Composite) o di
piante ornamentali (es. Cupressacee) nelle zone vicino alla propria abitazione.
Misure preventive a lungo termine dovrebbero essere adottate più in generale
per limitare l’insorgenza di sensibilizzazioni e il peggioramento della sintomatologia allergica (es. evitare negli arredi dei centri urbani e delle zone residenziali
l’introduzione di piante o alberi “allergizzanti”; eradicare le piante infestanti presenti; ridurre la concentrazione di polveri irritanti o inquinanti nelle zone urbane,
responsabili di una più facile penetrazione delle particelle polliniche a livello bronchiale (utile quindi installare stazioni di monitoraggio di gas inquinanti).
Per ulteriori informazioni consigliamo:
per informazioni riguardanti le attività mediche svolte presso la SOD di Allergologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti “Umberto I - G.M.
Lancisi - G. Salesi” visionare il sito aziendale www.ospedaliriuniti.marche.it;
ulteriori informazioni possono essere richieste telefonando ai numeri:
071 596 3250-3559, dal lunedì al venerdì, dalle ore 12 alle ore 13.
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Norme di prevenzione ambientale per le
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a cura dei Medici della SOD di Allergologia
Azienda Ospedaliero Universitaria
Ospedali Riuniti “Umberto I - G.M. Lancisi - G. Salesi”
Torrette - Ancona
Leonardo Antonicelli, M. Beatrice Bilò, M. Feliciana Brianzoni, M. Stella Garritani
Disegni di: Anna Fusari
Rilevazioni aerobiologiche: Barbara Cinti, Biologa
anno 2013
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Le guide della
CARTA
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Realizzazione
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