L`Università serve a farsi una cultura, per mantenersi si gioca a poker

Transcript

L`Università serve a farsi una cultura, per mantenersi si gioca a poker
25 agosto 2015
Attualità e politica del gioco 3
Totoguida Scommesse n. 60
L’Università serve a farsi una cultura,
per mantenersi si gioca a poker
ETICA E GIOCO
di Gioel Rigido
CAMPIONE DI POKER E STUDENTE DI LETTERE, ANGELO PATANÈ VUOL FARE DI QUESTO GIOCO LA SUA PROFESSIONE. MA VUOLE
ANCHE STUDIARE ARCHEOLOGIA A TRIESTE, PER CONTINUARE I TORNEI A NOVA GORICA. CON L’INCORAGGIAMENTO DELLA MADRE,
CHE LO HA ACCOMPAGNATO AL CASTING DELLA CASA DEGLI ASSI FACENDO DI TUTTO PER FARLO PARTECIPARE AL REALITY
«H
o iniziato a giocare
a poker per divertimento, a diciott’anni. Ho capito che potevo
farne una professione quando
ho vinto un Sunday Special
da 50mila euro, a 20 anni».
Il successo, per Angelo Patanè,
è arrivato prestissimo e del
tutto inatteso. «Mi ero iscritto
tanto per provare, di certo
non pensavo di arrivare primo», racconta a TS. «Nemmeno mi rendevo conto di
cosa significasse vincere tutti
quei soldi e, ammetto, mi ci
sono divertito un po’ troppo.
Ora sono più accorto», scherza
adesso che è una delle promesse del poker italiano: tra
gli ultimi premi, l’ottavo posto
alle Micro Series un mese fa
e, a inizio anno, la partecipazione al talent la Casa degli
Assi, dove si è classificato
quinto.
Patanè oggi si divide tra poker
e Università, frequenta la Facoltà di Lettere Moderne a
Palermo e grazie alle vincite
si mantiene agli studi da solo.
Anche se l’Università è più
che altro una passione: «Studio per avere una cultura, e
Lettere è la facoltà che mi
interessa maggiormente. Insomma, mi lascio una porta
aperta, ma quello che vorrei
fare nella vita è giocare a poker». Intanto però intende
conciliare le due attività finché
è possibile: «Sogno di trasferirmi a Nova Gorica. In questo
modo potrei frequentare la
Facoltà di Archeologia a Trieste, e continuerei a giocare al
Casinò Perla e, on line, alle
poker room internazionali».
IL FILOSOFO
Prendiamola con filosofia:
anche nel poker si può
cercare la presenza di Dio
ENZO LARDO, PROFESSORE
DI FILOSOFIA NEGLI ISTITUTI
SUPERIORI, HA LE IDEE CHIARE
SULLA SCELTA DI MANTENERSI
AGLI STUDI CON IL POKER:
NON È ETICO! MA NON È ETICA
NEMMENO UN’UNIVERSITÀ
RISERVATA AI BENESTANTI
Capita che gli studenti parlino
con lei del loro futuro, e magari c’è qualcuno che pensa
di diventare giocatore professionista?
Molti mi parlano delle loro
scelte di vita, ma per fortuna
nessuno mi ha mai detto di pensare a un futuro del genere.
Lei dice “per fortuna” perché
lo considera un progetto scellerato? Anche se poi si utilizzano i proventi di un torneo
di poker per pagarsi gli studi?
Fondamentalmente è un discorso etico. Dobbiamo pensare
che questo ragazzo c’è riuscito
ma altri cento non ci riuscirebbero mai. E noi dobbiamo
stabilire delle regole generali
che, in filosofia come in giurisprudenza, non ammettono eccezioni. Mentre questo studente
pokerista è un’eccezione: non
si può consigliare a chiunque
di seguire questa strada.
Quindi, la scelta di questo
studente sarebbe da considerare quasi immorale?
Dobbiamo anche considerare
un altro aspetto: nell’assoluta
mancanza di riferimenti culturali, economici eccetera, non
possiamo criticare chi riesce a
guadagnarsi da vivere in un
modo piuttosto che in un altro.
C’è chi sa giocare a poker e
chi fa bene il cameriere.
Il poker, comunque, è basato
soprattutto sull’abilità, le cosiddette skill, non sull’alea,
sul caso. E la scuola incoraggia
i giovani a rischiare, a mettersi
in gioco. In qualche modo,
azzardare nella vita. Anche
per fare un’impresa, e perfino
progettando una carriera professionale, si fa affidamento
sulle proprie capacità e su
una parte di fortuna.
Se è per questo, in alcune scuole
stanno sperimentando l’insegnamento del gioco in Borsa.
Un profano che investe in Borsa,
ovviamente rischia a casaccio.
Se, invece, uno inizia fin da
piccolo a studiare i meccanismi
della Finanza, magari facendo
qualche simulazione di compravendita di azioni, da grande
sarà in grado almeno di valutare
la dose di rischio.
È più morale rischiare il denaro nella Finanza che a un
tavolo di poker?
In entrambi i casi i credenti
chiamano in causa quello che
definiscono provvidenza, che
interviene nella buona riuscita
della propria opera.
Questo è un concetto religioso.
E le religioni hanno guidato il
comportamento nell’economia
e nella finanza. Il calvinismo
ha incoraggiato l’intraprendenza negli affari sostenendo
che «se guadagno tanti soldi
dimostro che Dio è con me». Il
cristiano, invece, vede il denaro
come lo sterco del diavolo. Conservare il denaro, capitalizzarlo
o comunque giocarci, è qualcosa di immorale.
Due approcci opposti all’etica.
Sì: uno cerca nel rischio imprenditoriale il segno della presenza di Dio, l’altro invece
cerca il segno della presenza
di Dio nella solidarietà.
Ma tornando alla realtà laica,
che differenza c’è tra il rischio
al tavolo verde e il rischio
d’impresa, se in entrambi i
casi vengono richieste delle
abilità e non solo la fortuna?
Noi dimentichiamo l’aspetto
della dipendenza. È facilissimo
finire sul lastrico per avere
perso il controllo.
Ma anche un’attività imprenditoriale può portare sul lastrico.
Il denaro in sé crea dipendenza.
Tant’è che sentiamo gente che
guadagna 15mila euro al mese
e si lamenta di non riuscire ad
arrivare alla fine del mese per
le troppe spese: la casa in montagna, il suv, la barca...
GIAMPIERO MONCADA
Se si trattasse di un qualunque
sport, la cosa non creerebbe
alcun disappunto. Angelo ammette invece di avere qualche
problema quando racconta dei
suoi progetti, e i primi a criticarlo sono i parenti: «Quando
ho detto loro che avevo vinto
un torneo da 50mila euro, mi
hanno risposto “Chissà quanti
ne hai persi”. Ma a 20 anni
chi ce li aveva 50mila euro
da perdere a poker?» Anche
se Patanè ci tiene a precisare
che «per giocare a questi livelli
ho dovuto studiare tantissimo», la convinzione che il
poker sia solo questione di
fortuna è difficile da sradicare.
«C’è gente che non riesce a
credere che io viva così e mi
dice che prima o poi la fortuna
finirà. Intanto però gli anni
passano...»
La madre di Patanè invece è
un’appassionata: «All’inizio
giocava al poker classico, ora
on line ai tornei sit&go perché
le partite troppo lunghe la annoiano. Diciamo che gioca
per arrotondare». Con lei il
poker ha creato tutto un altro
tipo di scontri: «Se organizziamo qualche partita a casa,
lei non partecipa, non vuole
giocare con me. E anche se le
do dei consigli di gioco non
mi dà retta, anzi dice che la
disturbo. Insomma, mi evita»,
racconta. La madre invece
sembra considerare il poker
un lavoro a tutti gli effetti:
«A volte sto studiando e mia
madre mi chiede “Ma che stai
facendo? Vai al computer a
guadagnare”». Patanè è il primo a definirla «una madre un
po’ anomala. Ovviamente alla
laurea ci tiene, ma forse vede
il poker come una strada più
facile da percorrere». Insomma, di certo non è il tipo di
madre che sogna il figlio medico. «Quando ho vinto il
Sunday Special è stata felicissima. Poi, per una strana
coincidenza, era proprio il
giorno del suo compleanno e
le ho regalato 10mila euro».
Stesso entusiasmo anche quando Patanè è entrato nella Casa
degli Assi: «Ci teneva molto,
sapeva che era una possibilità
di imparare ancora di più oltre
che di farsi conoscere; e poi è
intervenuta nel corso del casting e ha fatto di tutto per
farmi selezionare. In fondo,
se sono arrivato dove sono,
lo devo pure a lei».
n
LA RICERCATRICE
Per la docente universitaria,
è una questione di ormoni.
Ma alcuni giochi insegnano
le regole della vita
ORNELLA DE ROSA, DOCENTE DI
STORIA DEL GIOCO PUBBLICO
IN ETÀ CONTEMPORANEA
ALL’UNIVERSITÀ DI SALERNO,
È PRESIDENTE
DELL’OSSERVATORIO
INTERNAZIONALE DEL GIOCO,
LA PRIMA ORGANIZZAZIONE
A SVOLGERE, GIÀ DAL 2003,
ATTIVITÀ DI RICERCA
SCIENTIFICA NEL SETTORE
L’Osservatorio che lei presiede
studia il fenomeno del gioco
con un approccio del tutto
laico, senza pregiudizi. Come
considera l’affermazione dello
studente di Palermo che si
paga gli studi con le vincite
al poker?
È un’affermazione grave perché
questa non è la strada giusta
per un qualsiasi studente. Questo giovane ha sicuramente una
memoria di ferro e conosce
bene, magari inconsapevolmente, il calcolo delle probabilità,
che peraltro è una materia universitaria. Ma quanti potrebbero
pagarsi gli studi con il gioco?
Lui è una mosca bianca.
Anche una famiglia che ti
mantiene agli studi non è una
regola generale: molte non
hanno la possibilità.
Conosco bene le difficoltà degli
studenti, ma nella nostra università, come in altre, è sufficiente avere una media del 27
ed essere in regola con gli esami
per ottenere il rimborso delle
tasse pagate. Non è il gioco ad
aiutare negli studi, ma la buona
volontà.
Quindi il gioco contrasta con
una vita regolare, con l’impegno di uno studente?
Non ho detto questo. Nelle scuole dell’ex Unione Sovietica lo
studio di base erano alcuni giochi, come gli scacchi. E anche
negli Usa alcuni giochi sono
materie scolastiche perché insegnano ad affrontare la vita.
Ma gli scacchi hanno due elementi fondamentali in qualunque settore: la tattica e la strategia. Elementi presenti anche
nel poker, che comunque rimane
un gioco di alea, di casualità.
Certo, anche negli scacchi c’è
qualcosa che dipende dal caso:
posso trovarmi di fronte un giocatore più bravo di me oppure
uno meno capace. Ma per il
resto, tutto dipende dalla mia
abilità.
Un po’ quello che succede nella vita, dove possiamo trovarci
a essere i migliori, ma ci possiamo anche trovare a competere con persone più brave.
Quindi un imprenditore, così
come un medico o un musicista, possono impegnarsi al
massimo e, ugualmente, non
avere successo perché vengono
battuti da qualcuno più bravo.
È vero, ma nel lavoro c’è un’etica di responsabilità. Nel gioco,
invece, l’eccitamento viene provocato da due ormoni: endorfina e serotonina. Quest’ultima
schizza quando sei felice. Per
esempio, se segni un gol a calcio. Ma non si vive di soli gol.
Il gioco vuole ripetere quella
sensazione di benessere di quando si vince. E quando non si
vince, entra in campo l’altro
ormone che, invece, procura
l’angoscia. Quando andavo a
dare un esame all’Università
ero in uno stato di eccitazione.
Appena superato l’esame con
successo, avevo esaurito il piacere di quell’esperienza.
È per questo che, come dicono
gli esperti, il giocatore patologico non vuole vincere?
Il giocatore non vuole mai vincere. E comunque noi siamo
ingordi: se vinciamo un euro
con un gratta e vinci, andiamo
subito in cassa e ne compriamo
un altro. Anche dopo aver vinto
20 o 50 euro.
GPM
25 agosto 2015
Totoguida Scommesse n. 60
4 Attualità e politica del gioco
Uk, no alle pubblicità sul gioco prima
delle 21. Ma c’è qualche eccezione
GRAN BRETAGNA
di Gioel Rigido
L’
obbligo di non trasmettere pubblicità del
gioco prima delle 21,
gli inviti a giocare responsabilmente e il rinvio al sito
informativo gambleaware.
co.uk al termine di ogni spot,
oltre al divieto esplicito di
acquistare prodotti di gioco
per i minorenni. Sono alcune
delle norme incluse nel nuovo codice di autoregolamentazione pubblicitaria che l’industria del gioco inglese ha
varato la settimana scorsa.
Nel 2014 il Department for
Culture, Media & Sport – il
ministero che ha la competenza sul gioco – aveva richiesto una revisione del codice di autoregolamentazione, il vecchio testo risaliva
infatti al 2007.
Del compito si è occupata
l’Igrg (Industry Group for
Responsible Gambling),
l’ente che dal 2014 riunisce
le cinque associazioni di gioco inglesi – Association of
L’industria
del gioco adotta
il nuovo codice
di autoregolamentazione.
Ma non abbassa
la guardia:
«L’opera
di revisione
deve essere
continua»
British Bookmakers, British
Amusement and Catering
Trade Association, Bingo
Association, National Casino
Forum e Remote Gambling
Association – proprio con
l’obiettivo di promuovere il
gioco responsabile con maggiore incisività.
Alcune regole ammettono
eccezioni: in particolare il
divieto di trasmettere pubblicità nella fascia protetta
non riguarda gli spot sulle
scommesse che vengono
mandati in onda nel corso
di trasmissioni sportive, e
quelli sul bingo. Le pubblicità in fascia protetta, tuttavia, non possono reclamiz-
zare offerte promozionali o
fare riferimento ad altri prodotti di gioco.
Le nuove norme entreranno
in vigore in maniera progressiva nel corso dei prossimi sei mesi: secondo l’Igrg
diversi operatori si attengono
di propria iniziativa a regole
ancora più rigide di quelle
incluse nel codice di autoregolamentazione.
«Abbiamo svolto in maniera
costruttiva il compito che ci
è stato affidato», ha commentato Barry Hardy, il presidente dell’Igrg. «Nella gerarchia normativa, un codice
di autoregolamentazione occupa il gradino più basso,
ma come industria responsabile abbiamo il dovere di
Barry Hardy, presidente dell’Igrg
integrare gli obblighi che il
legislatore ci pone. Gli obiettivi sono sempre quelli di
prevenire il gioco minorile,
ed evitare gli effetti dannosi
del gambling». Hardy ha
quindi sottolineato che il
compito dell’Igrg non è finito: «È sempre possibile
apportare ulteriori miglioramenti, siamo convinti che
l’opera di revisione debba
essere effettuata in maniera
n
costante».
25 agosto 2015
Attualità e politica del gioco 5
Totoguida Scommesse n. 60
Quale futuro potrà avere il bitcoin
nel settore dei giochi pubblici?
LEGISLAZIONE
di Stefano Sbordoni
S
i è appena concluso un sondaggio indetto
da una testata
Stefano Sbordoni
è avvocato del Foro giornalistica
di Roma esperto di
normativa italiana specializzata in
e internazionale
gaming che
in materia di giochi
chiedeva ai
e scommesse.
propri lettori il
grado di gradimento del rapporto tra gioco ed il bitcoin.
Il 23,2% degli utenti che
hanno partecipato al sondaggio riferisce di preferire la
moneta “vera”, per il 17,9%
il bitcoin non sarebbe sicuro,
mentre soltanto un 5,4% è
favorevole all’utilizzo della
moneta virtuale, sollecitando
però i controlli da parte delle
competenti autorità.
Nell’ambito del sondaggio i
giocatori on line risultano
più propensi, rispetto a quelli
dedicati al canale terrestrefisico, all’utilizzo del bitcoin
nei siti di gioco on line. Per
il 17,9% dei giocatori on
line il bitcoin è un’opportunità per i siti di gioco, mentre
il 14,3% addirittura sostiene
che l’utilizzo della moneta
virtuale potrebbe costituire
un vantaggio per i giocatori
di poker e casinò on line.
Questi i risultati del sondaggio, che comunque forniscono un dato importante: i giocatori sanno che cos’è un
bitcoin, che magari con una
migliore comunicazione potrebbe costituire anche un
utile strumento alla lotta alle
frodi ed alle truffe. Se diamo poi uno sguardo a
quello che succede al
di fuori del nostro Paese, con sorpresa (ma
non troppa) apprendiamo che il bitcoin
(in inglese anche Ecash, ma la moneta
elettronica ha assunto diverse forme e
tipologie nel corso
del tempo: per esempio, il Cybercoin, la
moneta cibernetica, e il
Digicash, il denaro digitale) viene utilizzato da una
società britannica, Liberty
Games. L’azienda di giochi
da sala anglossassone rende
possibile pagare con moneta
elettronica le partite di biliardo o quelle al videogame
preferito. Quindi ci sono sviluppi anche nel mercato terrestre.
Certo è che le monete virtuali
hanno il loro ambiente naturale nel web. Nei mercati
del gioco on line sembra che
i bitcoin siano una delle for-
me più popolari di pagamento, sia per i giocatori che
per gli operatori di gioco.
Con il servizio delle monete
virtuali possono essere coperte tutte le tipologie di
mercato legate (non ci sono
più problemi di valuta) ai
diversi giochi: casinò, poker,
scommesse sportive,
bingo, eccetera.
Certo è
che il bitcoin
in quanto tale potrebbe essere considerato sotto
diversi aspetti come: 1) moneta (considerato che raggiunge lo stesso scopo del
denaro classico), 2) valuta
estera (non ha corso legale
nel territorio), 3) bene immateriale (non esiste fisica-
mente), 4) strumento finanziario, 5) diritto di baratto e,
da ultimo, 6) sistema di pagamento. L’utilizzo delle monete virtuali, che si andrà
sempre di più diffondendo
nell’ambito dell’e-commerce,
aprirà in futuro numerosi dibattiti e confronti anche a
livello giudiziario
(negli Stati
Uniti
già
v i
sono
importanti
precedenti). La Corte
di Giustizia Europea nel caso
C-264/14 Skatteverket contro
David Hedqvist si occuperà
per la prima volta della questione di come debba essere
trattato, in riferimento all’imposta sul valore aggiunto,
il cambio della valuta virtuale
«bitcoin» in valute convenzionali. Nelle conclusioni del
caso presentate in data 16
luglio 2015 l’avvocato Juliane Kokott ha ritenuto che
«il cambio di un semplice
mezzo di pagamento in uno
avente corso legale e viceversa, effettuato dietro un
corrispettivo che il fornitore
integra all’atto della determinazione dei tassi di cambio, costituisce una prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 2,
paragrafo 1, lettera c), della
direttiva Iva». Dovremmo
attendere la sentenza per
comprendere come
deve essere trattato e
considerato il cambio
della valuta tradizionale in valuta virtuale. Per ora il dibattito è aperto, visto
e considerato che alcuni Stati membri
sono per l’esenzione
Iva (Regno Unito e
Germania), mentre per
altri i cambi tra valuta
convenzionale e quelle virtuali sono imponibili d’Iva
(Polonia, Estonia).
La nostra Agenzia delle Entrate ancora non si è pronunciata, anche se un’interpellazione è stata gia proposta. Nel caso in cui dovesse
passare l’esenzione IVA, questa caratteristica accomunerebbe ancora di più il sistema
del bitcoin a quello dei giochi
e delle scommesse.
Certo sarebbe necessario procedere con una regolamen-
Per ora
il dibattito
è aperto, visto
e considerato
che alcuni Stati
membri sono
per l’esenzione
Iva (Regno Unito
e Germania),
mentre per altri
i cambi tra valuta
convenzionale
e quelle virtuali
sono imponibili
d’Iva (Polonia,
Estonia)...
tazione intervendo unitamente sia nella normativa relativa
al settore del gaming che sul
Tub, che è ancora fermo alla
moneta elettronica, che non
ha avuto molto successo in
Italia; i pochi operatori che
hanno tentato di investire in
questo settore hanno tutti
balbettato e, tranne poche
eccezioni, fallito.
Parlando di esperienza a livello europeo in tema di moneta virtuale, è bene sapere
che in Spagna il Ministerio
de Hacienda ricollega il bitcoin al denaro e comunque
ad altre utilità, tanto che con
la risoluzione SUG/00329
del 15 aprile 2014 ha sancito
che i casinò on line in bitcoin
sono soggetti alla Ley n.13
del 28 maggio 2011. La domanda sorge spontanea: chi
si assume il rischio per il
tipo di cambio? Non essendovi una normativa di riferimento, che peraltro andrebbe ben articolata e studiata,
si potrebbe pensare, qualora
si desse vita ad un bitcoin
dedicato esclusivamente al
settore dei giochi e delle
scommesse, ad una unità interministeriale tra la Banca
d’Italia ed Adm. Del resto si
ricorda che, in virtù di una
norma primaria non abrogata,
l’Amministrazione ha titolo
di emettere moneta elettronica: e perché allora non
pensare ad un bitcoin gestito
da Adm, che navighi sotto
la guida del timone dell’amministrazione?
n