Dossier CDS Georgia 2016 pdf

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Dossier CDS Georgia 2016 pdf
Georgia
საქართველო
INDICE
1.
2.
3.
4.
Scheda paese
Contesto regionale
Storia del paese
Situazione attuale
4.1 Situazione sociale
4.2 Situazione politica interna
4.3 Politica estera
4.4 Situazione economica
5. Cultura e tradizioni locali
5.1 La musica
5.2 La danza
5.3 La letteratura
5.4 L’arte
5.5 La cucina
6. Caritas Ambrosiana in loco
7. Descrizione del contesto dove si svolge il campo
8. Approfondimenti tematici
9. Glossario
10. Riferimenti
p. 3
p. 5
p. 14
p. 35
p. 35
p. 37
p. 39
p. 40
p. 43
p. 43
p. 44
p. 45
p. 46
p. 47
p. 49
p. 50
p. 52
p. 61
p. 65
1. SCHEDA PAESE
DATI GENERALI
Nome ufficiale
Sakartvelo
Superficie
69.700 km2
Popolazione
4.931.226
Capitale
Tbilisi
Lingua
Georgiano (ufficiale), russo, armeno, azero
Gruppi etnici
Georgiani 83,8%, Azeri 6,5%, Armeni 5,7%, Russi 1,5%, altri 2,5%
Religione
Cristiano Ortodossa 83,9%, Musulmana 9,9%, Cristiano armena
3,9%, Cattolica 0,8%, altre 0,8%, nessuna 0,7%
Ordinamento dello Stato
Repubblica parlamentare
Presidente
Giorgi Margvelashvili
Primo ministro
Giorgi Kvirikashvili
Moneta
Lari Georgiano
Controvalore in Euro
2,47 Lari Georgiani per 1Euro
Clima
La Georgia occidentale ha un clima umido subtropicale, quella
orientale ha un clima più continentale
Fuso orario
UTC+4
Georgia ed Italia a confronto
INDICATORI SOCIO-ECONOMICI
Indice di sviluppo umano (HDI)
Classifica Indice di sviluppo umano (su 187
paesi)
% di popolazione che vive al di sotto della
soglia di povertà (secondo i parametri
nazionali)
Georgia
Italia
0,754
0,873
27
76
29,9 (2012)
9,2
Aiuti ufficiali allo sviluppo ricevuti ($ pro
capite)
n.d.
151
3,4
(563 Milioni $)
n.d.
PIL ($ pro capite)
9.500
35.800
Concentrazione delle ricchezza (indice di Gini)
41,4
31,9
2
0,8
13,56
2,459 trilioni
Tasso di inflazione (%)
4,1
0,3
Tasso di disoccupazione (%)
16,7
12,2
Lavoro minorile (% 5-14 anni)
18,4
-
Importazioni (in Miliardi di $)
7,466
389,2
Esportazioni (in Miliardi di $)
3,535
454,6
Spesa educativa (% del PIL)
2
4,3
Iscritti scuola primaria (%)
103
99
Iscritti scuola secondaria (%)
101
99
Analfabetismo adulto (%)
0,2
0,8
Spesa per la Sanità (% del PIL)
9,4
9,1 (2013)
Posti in ospedale (per 1000 abitanti)
2,6
3,4 (2011)
Aiuti ufficiali allo sviluppo ricevuti (% sul PIL)
Crescita annua del PIL (%)
Debito estero (in Miliardi di $)
INDICATORI SOCIO-CULTURALI
Georgia
Italia
53,6
69
Crescita annua popolazione (%)
- 0,08
0,27
Mortalità infantile (su 1.000 nati vivi)
16,15
3,29
1,1 (2009)
-
Speranza di vita alla nascita
75,95
82,12
Rete stradale pavimentata (km)
19.109
487.700
-
487.700
Popolazione Urbana (%)
Denutrizione infantile (% bimbi 0-5 anni)
Totale rete stradale (km)
2. IL CONTESTO REGIONALE
IL CAUCASO
Repubbliche della Sud del Caucaso:
Armenia – Azerbaižan - Georgia
Repubbliche del Nord del Caucaso, parte della Federazione Russa:
•
•
•
•
•
•
•
Repubblica di Adygheja
Repubblica di Karačaevo-Čirkassia
Repubblica di Kabarda-Balkaria
Repubblica dell'Ossezia del Nord (o Alania)
Repubblica di Ingušezia
Repubblica di Cecenia
Repubblica del Daghestan
Nota: In seguito ai conflitti armati avvenuti all'inizio degli anni '90, l'Abkhazia e l'Ossezia
del Sud sono regioni auto-proclamatesi repubbliche indipendenti dalla Georgia, così come
il Nagorno-Karabakh dall'Azerbaižan. Il loro status politico tuttavia non è riconosciuto fino
ad oggi e la Georgia e l'Azerbaižan le rivendicano in quanto facenti parte della propria
integrità territoriale.
La Russia e le relazioni con le repubbliche del Caucaso meridionale
Pubblicato il 12 aprile 2016 su Most – rivista di approfondimento quadrimestrale
Se attualmente il Caucaso viene considerato l’estrema propaggine sud-orientale
dell’Europa, questo si deve principalmente al fatto che negli ultimi due secoli di storia la
regione ha vissuto quasi ininterrottamente sotto il dominio russo. Fu proprio l’Impero
zarista ad avviare a partire dalla metà del XIX secolo il processo di occidentalizzazione di
una regione che fino a quel momento veniva comunemente considerata storicamente e
culturalmente parte del Medio Oriente, essendo rientrata per secoli nelle sfere d’influenza
di imperi come quello ottomano e quello persiano, che hanno fatto del Caucaso una terra
di conquista.
Verso l’inizio del XIX secolo, consolidate le recenti acquisizioni territoriali (territori di
Rostov, Astrakhan e Krasnodar), e approfittando della contemporanea crisi che stava
colpendo le due principali potenze regionali, ovvero i già citati imperi ottomano e persiano,
l’Impero russo decise di provare a espandere ulteriormente i propri confini verso sud, nella
regione del Caucaso, dove già aveva creato qualche avamposto militare. Il primo paese
ad essere annesso all’Impero fu la Georgia, che già dal 1783 era diventata un protettorato
russo. Invocato dal sovrano locale, nel 1801 lo zar Alessandro I entrò a Tbilisi con
l’esercito, ponendo fine a una violenta guerra civile e incorporando il Regno di KartliKakheti (Georgia centro-orientale) all’Impero russo. Nel 1810 i russi annessero anche il
Regno di Imereti (Georgia centro-occidentale), completando la conquista del paese. Nel
frattempo l’Impero russo aveva intrapreso l’ennesima guerra contro i persiani (1804) per
alcune dispute territoriali riguardanti proprio l’annessione della Georgia, uscendone
qualche anno dopo vincitore. A porre fine al conflitto fu il Trattato di Gulistan, stipulato nel
1813, che obbligò l’Impero persiano a riconoscere il dominio russo sulla Georgia e a
cedere allo Zar il Dagestan, buona parte dell’Azerbaigian e parte dell’Armenia
settentrionale.
Nel 1817 le truppe zariste guidate da Aleksey Yermolov diedero il via alla conquista del
Caucaso settentrionale, abitato principalmente da popoli montanari che però riuscirono a
opporre una tenace resistenza all’invasione russa. Nel 1826 scoppiò l’ultima delle guerre
russo-persiane, che terminò due anni dopo con il Trattato di Turkmenchay, in seguito al
quale l’Impero russo acquisì i khanati di Erivan, Nakhcivan e Talysh, oltre alla provincia di
Iğdır; mentre un anno dopo i russi ebbero la meglio anche sugli ottomani, che dovettero
cedere i porti di Anapa e Poti e parte della Georgia meridionale. Dopo quasi mezzo secolo
di dure battaglie, i russi riuscirono infine a piegare anche la tenace resistenza dei
montanari del Caucaso settentrionale, sconfiggendo prima gli uomini dell’Imam Shamil nel
1859 e poi spezzando definitivamente nel 1864 la resistenza dei circassi, arrivando a
conquistare l’intera regione. Le ultime acquisizioni territoriali nel Caucaso avvennero in
seguito alla Guerra russo-turca del 1877-78, quando gli ottomani dovettero cedere allo Zar
l’Agiara e la provincia di Kars.
In seguito alla Rivoluzione russa del 1917, che segnò la fine dell’Impero zarista, i popoli
del Caucaso vissero un breve quanto effimero periodo di indipendenza, segnato da
numerose guerre interetniche. Tra il 1919 e il 1921 l’Armata Rossa riuscì a riconquistare la
regione, che entrò in seguito a far parte dell’Unione Sovietica. Il Caucaso settentrionale
venne inglobato all’interno della RSS Russa, mentre in quello meridionale, dopo la breve
esperienza della RSFS Transcaucasica, vennero create le RSS di Georgia, Armenia e
Azerbaigian. Il dominio russo nel Caucaso meridionale durò per altri settant’anni, fino a
quando nel 1991, in seguito al collasso dell’Unione Sovietica, le tre repubbliche non
proclamarono la propria indipendenza.
Nonostante siano passati ormai 25 anni dalla dissoluzione dell’URSS, per una serie di
fattori storici, politici e culturali Mosca continua a esercitare tutt’ora una forte influenza nel
Caucaso meridionale, che rappresenta una regione chiave sotto molti punti di vista, verso
la quale la Russia nutre ancora grandi interessi economici e geostrategici. Per queste
ragioni anche dopo l’esperienza sovietica Mosca ha sempre cercato di mantenere i paesi
del Caucaso all’interno della propria sfera d’influenza, usando la diplomazia, cercando di
stringere negli anni accordi mirati a rafforzare la cooperazione reciproca, ed esercitando
quando necessario il proprio potere coercitivo, garantitole dal ruolo di principale potenza
regionale.
Il difficile rapporto con la Georgia
In seguito alla decisione del governo di Tbilisi di rompere ogni relazione in seguito alla
Seconda Guerra in Ossezia del Sud del 2008, Mosca continua a non avere alcun rapporto
diplomatico ufficiale con la Georgia. Nonostante l’assenza di relazioni ufficiali, parte delle
forti tensioni accumulatesi in seguito alla guerra sono state comunque stemperate negli
ultimi anni, soprattutto in seguito alla salita al potere del partito del Sogno Georgiano dopo
le elezioni parlamentari del 2012. L’ascesa del Sogno Georgiano, guidato dal miliardario
Bidzina Ivanishvili, l’uomo più ricco del paese, ha di fatto posto fine agli anni di governo di
Saakashvili, da sempre ostile nei confronti del Cremlino, e del suo Movimento Nazionale
Unito, che l’anno successivo ha poi perso anche le elezioni presidenziali. La débâcle degli
uomini di Saakashvili ha fatto credere a molti analisti politici in un possibile cambio di rotta
di Tbilisi in politica estera e ad un conseguente riavvicinamento alla Russia; tale
riavvicinamento non si è però mai concretizzato, a causa delle inconciliabili posizioni che
hanno impedito finora lo sviluppo di un dialogo costruttivo tra Mosca e Tbilisi.
Il principale motivo di scontro tra i due paesi è la questione delle repubbliche separatiste di
Abkhazia e Ossezia del Sud, il cui status è tuttora disputato. Tbilisi considera le due
regioni parte integrante del proprio territorio, continuando a denunciare l’occupazione da
parte delle milizie locali e dell’esercito russo; il Cremlino invece, in seguito al confitto del
2008 ne ha riconosciuto l’indipendenza, stringendo nel tempo rapporti sempre più stretti
con i due governi locali. Come affermato recentemente dai vertici del governo georgiano,
Tbilisi non ha intenzione di ripristinare i rapporti con Mosca né ora né in un prossimo
futuro, almeno finché la situazione non cambierà. Il governo georgiano si aspetta infatti
che la Russia faccia un passo indietro, ritrattando il riconoscimento delle due repubbliche
o perlomeno ritirando le proprie truppe dalle regioni occupate; dal canto suo Mosca,
principale alleato di Sukhumi e Tskhinvali, non sembra essere disposta a prendere in
considerazione le richieste di Tbilisi.
La rottura dei rapporti diplomatici con Mosca ha finito per influire fortemente anche
sull’economia georgiana, considerando che fino al 2006 la Russia è stata uno dei più
importanti partner commerciali di Tbilisi. Il primo segno di rottura è avvenuto proprio in
quell’anno, con l’embargo economico imposto da Mosca nei confronti dei vini georgiani per
presunte violazioni delle norme sanitarie. La situazione è poi nettamente peggiorata in
seguito al conflitto russo-georgiano, quando Mosca ha deciso di aumentare sensibilmente
il prezzo del gas destinato alla Georgia, paese che non dispone di materie prime, la quale
per pronta risposta ha iniziato a importare in misura sempre maggiore dall’Azerbaigian
(attualmente Tbilisi importa il 90% del gas naturale da Baku, mentre solo il restante 10%
proviene dalla Russia, diretto in Armenia). Recentemente, dopo che la domanda di gas nel
paese è aumentata, il governo di Tbilisi ha provato a intavolare una trattativa con Gazprom
per aumentare la quantità di gas russo commercializzabile nel mercato georgiano, per fare
concorrenza all’Azerbaigian e ottenere prezzi più competitivi; la decisione di trattare con la
compagnia russa è stata però fortemente contestata dall’opposizione, che è scesa in
piazza per protestare contro la trattativa, costringendo il governo a prendere accordi per
un aumento di fornitura con la compagnia azera SOCAR.
A fine anno in Georgia si terranno le elezioni parlamentari, con il Sogno Georgiano arrivato
al termine del proprio mandato con Giorgi Kvirikashvili come primo ministro, dopo la
parentesi di Garibashvili, che proverà a riconfermarsi alla guida del paese nonostante il
crescente calo di consensi, difendendosi ancora una volta dall’assalto del Movimento
Nazionale Unito dell’ex presidente Saakashvili, ora guidato dal suo delfino Davit
Bakradze. L’esito di queste elezioni potrebbe avere un importante impatto nel bene o nel
male sulle future relazioni tra Mosca e Tbilisi.
La cooperazione con Abkhazia e Ossezia del Sud
Un discorso a parte meritano Abkhazia e Ossezia del Sud, territori che la Russia riconosce
ufficialmente come repubbliche indipendenti. In seguito al riconoscimento Mosca ha
intensificato i rapporti diplomatici e commerciali con Sukhumi e Tskhinvali, assumendosi
inoltre l’incarico di difenderei loro confini, nonché ponendosi come principale garante del
loro status quo. Negli anni immediatamente successivi al conflitto con la Georgia, per
cercare di far ripartire il settore economico dei due paesi Mosca ha provveduto a elargire
una serie di importanti finanziamenti ai due governi, mentre per cercare di aggirare il loro
isolamento politico (oltre alla Russia l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud sono riconosciute solo
da Nicaragua, Venezuela e Nauru) ha provveduto a distribuire passaporti russi ai cittadini
abkhazi e sud-osseti, permettendogli di spostarsi agevolmente all’interno della
Federazione Russa e di viaggiare all’estero.
Nel 2014 la Russia ha stretto con l’Abkhazia un importante accordo di cooperazione che
ha ulteriormente rafforzato i legami economici tra i due paesi, all’interno del quale è stato
definito un prestito di circa 5 miliardi di rubli (più o meno 65 milioni di euro); parte dello
stesso accordo è stata anche la creazione di uno spazio comune di difesa e sicurezza,
con la decisione di Mosca di aumentare la militarizzazione del confine abkhazo-georgiano.
L’anno successivo la Russia ha firmato un secondo accordo “sull’alleanza e l’integrazione”
con l’Ossezia del Sud, attraverso il quale Mosca ha deciso di attuare un’unione doganale
tra i due paesi per venire incontro alla precaria economia osseta, togliendo inoltre i
controlli alla frontiera per rendere più agevole il transito delle persone. L’accordo ha
riguardato anche la sicurezza, con la decisione di accorpare le milizie sud-ossete alle
forze armate russe e agli altri corpi di sicurezza che presidiano la regione, andando a
formare un vero e proprio esercito unico.
Questi ultimi accordi hanno portato le due repubbliche caucasiche a raggiungere un
elevato grado d’integrazione con Mosca, spingendo diversi analisti politici a ipotizzare
soprattutto nel caso dell’Ossezia del Sud una possibile futura annessione alla Russia;
ipotesi rafforzata dalle parole del presidente sud-osseto Leonid Tibilov, che lo scorso
ottobre ha fatto capire che il suo paese sarebbe pronto a votare l’unione alla Russia,
definita come “il sogno di tante generazioni di osseti”. Finora questa ipotesi è stata però
sempre smentita da Mosca, la quale è conscia del problematico impatto che una mossa di
questo tipo avrebbe sulla comunità internazionale e sui rapporti con la Georgia.
L’alleanza con l’Armenia in chiave euroasiatica e la questione del
Nagorno-Karabakh
Intrappolata in una morsa formata da due paesi ostili come la Turchia a ovest e
l’Azerbaigian a est, fin dal momento della sua indipendenza l’Armenia ha sempre cercato
di intrattenere buoni rapporti con la Russia, unico alleato affidabile nella regione in grado
di proteggere Yerevan dai bellicosi vicini ed evitarle l’isolamento politico. Nonostante
questo, l’Armenia ha mantenuto per anni una posizione piuttosto ambigua in politica
estera, legandosi in modo sempre più stretto a Mosca ma cercando di seguire
contemporaneamente la strada dell’integrazione europea.
Dopo diverse indecisioni, nel 2013 il governo di Yerevan ha finalmente scelto il percorso
da intraprendere, annunciando di volere aderire all’Unione Doganale Euroasiatica,
interrompendo così il processo di integrazione europea a soli due mesi dal vertice del
Partenariato Orientale tenutosi quell’anno a Vilnius, in cui l’Armenia avrebbe dovuto
firmare l’Accordo di associazione con l’Unione Europea. L’anno successivo il paese è
entrato ufficialmente all’interno della neonata Unione Economica Euroasiatica,
aggiungendosi a Russia, Bielorussia e Kazakistan.
Il recente ingresso dell’Armenia nell’Unione Euroasiatica ha contribuito a rafforzare
ulteriormente i già solidi rapporti con Mosca, che rappresenta attualmente il primo partner
commerciale di Yerevan sia per quanto riguarda le importazioni che le esportazioni. Negli
ultimi anni la Russia ha inoltre concesso una serie di sostanziosi finanziamenti mirati a
rilanciare l’economia dell’Armenia, che in cambio ha garantito a Mosca l’esclusiva in
diversi settori economici tra cui alcuni di fondamentale importanza come quello
dell’approvvigionamento energetico. La maggior parte del gas e del petrolio consumato nel
paese caucasico viene infatti importata da Mosca, che al momento vanta il diritto esclusivo
a utilizzare tutte le infrastrutture energetiche presenti nel paese, compreso il gasdotto che
collega Yerevan a Teheran, rilevato lo scorso anno da Gazprom attraverso la filiale
armena Armrosgazprom. In mano a una compagnia russa è anche il settore dell’energia
elettrica, che viene gestito dalla Inter RAO.
Tra la Russia e l’Armenia si registra una grande cooperazione anche nel settore della
sicurezza. Considerato il progressivo riarmo azero, nonché l’aumento dell’instabilità nella
regione del Nagorno-Karabakh, recentemente teatro di violenti scontri, nell’ultimo periodo
Mosca ha concesso a Yerevan una serie di prestiti mirati a finanziare l’acquisto di
armamenti di produzione russa, intensificando inoltre le esercitazioni congiunte con
l’esercito armeno. In cambio del supporto militare l’Armenia ha concesso alla Russia di
mantenere attiva la 102ª Base Militare di Gyumri, nel nord-ovest del paese, così come la
3624ª Base Aerea di Erebuni, situata alle porte di Yerevan. Recentemente l’Armenia ha
inoltre firmato con Mosca un accordo che prevede la creazione di un sistema regionale
comune di difesa aerea, che assicurerà lo scambio di informazioni tra i due paesi su tutto
lo spazio aereo del Caucaso, e aiuterà lo sviluppo dei sistemi missilistici di difesa aerea e
dei sistemi radar armeni.
La Russia gioca inoltre un ruolo di primo piano nel processo di pacificazione del NagornoKarabakh, territorio conteso tra Armenia e Azerbaigian che fu teatro nella prima metà degli
anni Novanta di un sanguinoso conflitto armato, terminato nel 1994 in seguito a un
cessate il fuoco negoziato proprio dal Cremlino. Il fatto che in oltre vent’anni i governi di
Armenia e Azerbaigian non siano mai riusciti ad avviare un dialogo costruttivo, aspettando
che qualche organizzazione o paese terzo risolvesse la questione per conto loro, ha così
finito per conferire gradualmente alla Russia un ruolo di fondamentale importanza nel
processo di risoluzione del conflitto.
Attualmente Mosca insieme a Francia e Stati Uniti siede alla presidenza del Gruppo di
Minsk, struttura creata nel 1992 dall’OSCE (all’epoca CSCE) per cercare di risolvere la
questione del Nagorno-Karabakh attraverso vie diplomatiche, la quale finora non è però
riuscita a conseguire risultati importanti. Ma il ruolo di primo piano di Mosca va oltre i
negoziati portati avanti dal Gruppo di Minsk; in seguito alle reciproche provocazioni e ai
conseguenti incidenti che si sono verificati negli ultimi anni lungo la linea di confine
armeno-azera, il Cremlino, quale principale potenza regionale, è sempre stato pronto a
prendere in mano la situazione, finendo quindi per essere legittimato dalle due parti nel
ruolo di principale mediatore del conflitto.
Mosca e l’Azerbaigian, amici in conflitto d’interessi
Il rapporto che l’Azerbaigian ha intrattenuto con la partire dalla fine dell’epoca sovietica si
può definire ambivalente: da un lato Baku ha sempre cercato di mantenere rapporti
amichevoli con Mosca, a cui è in parte ancora legata dal recente passato e poiché
consapevole dell’importante peso del Cremlino in chiave regionale; dall’altro il paese
caucasico ha sviluppato negli anni una politica di progressivo allontanamento dalla Russia,
per avvicinarsi invece alla Turchia e ai paesi occidentali, specialmente europei, con i quali
intrattiene importanti rapporti economici. Considerati quindi i legami che uniscono Baku a
Mosca e i rapporti commerciali che allo stesso tempo la avvicinano all’Europa, i vertici del
paese caucasico negli ultimi anni hanno preferito promuovere una linea neutrale in politica
estera, decidendo di non schierarsi apertamente né con l’una né con l’altra parte. La
posizione di neutralità assunta dall’Azerbaigian è stata confermata dalla decisione di
aderire nel 2011 al Movimento dei paesi non allineati, unico caso tra le repubbliche del
Caucaso.
In ambito economico i rapporti tra Russia e Azerbaigian sono segnati dal conflitto
d’interessi nel settore energetico causato dal tentativo dei paesi dell’Unione Europea di
diversificare il proprio approvvigionamento cercando fornitori alternativi a Mosca, e dal
fatto che Bruxelles abbia individuato proprio in Baku il partner ideale per la realizzazione di
questo progetto. Nel 2006, con la realizzazione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan,
l’Azerbaigian è riuscito a fare arrivare il proprio petrolio fino al bacino del Mediterraneo e
quindi ai mercati europei, aggirando per la prima volta la Russia. Inoltre, a partire dal
2007, in seguito all’inizio dello sfruttamento del grande giacimento off-shore di Shah
Deniz, il più grande giacimento di gas naturale del paese, l’Azerbaigian ha deciso di
interrompere le forniture di gas russo, rivelatesi ormai non più necessarie, diventando a
sua volta uno dei più importanti produttori regionali. Con la definitiva rinuncia da parte
della Russia al progetto South Stream, che avrebbe dovuto trasportare il gas russo in
Europa attraverso il Mar Nero e i Balcani, l’Azerbaigian ha colto l’opportunità di prendere
parte alla creazione un proprio Corridoio Meridionale del Gas, progetto reso possibile
dall’inizio dei lavori di realizzazione dei gasdotti TANAP e TAP, che trasporteranno il gas
azero fino in Italia. Nonostante il conflitto d’interessi nel settore energetico, negli ultimi anni
Mosca e Baku hanno comunque firmato diversi accordi commerciali che hanno portato a
un continuo aumento degli scambi economici tra i due paesi.
Tra i settori chiave in cui i due paesi collaborano maggiormente vi è sicuramente quello
della sicurezza. Baku negli ultimi anni ha incrementato esponenzialmente le proprie spese
militari, stringendo importanti accordi con Mosca ma anche con Israele per l’acquisto di
nuovi armamenti mirati ad ammodernare il proprio esercito e per l’organizzazione di
esercitazioni militari congiunte. Nel 2012 la Russia è stata comunque costretta a rinunciare
alla propria presenza militare nel paese caucasico, con la chiusura della stazione radio di
Qabala in seguito al mancato accordo per il rinnovo del contratto d’affitto dell’impianto.
Nonostante i due paesi abbiano sempre collaborato nel settore della sicurezza, vi sono
anche punti su cui essi si trovano in disaccordo. Su tutti vi è la questione del NagornoKarabakh, del cui processo di pacificazione la Russia svolge un ruolo chiave. Secondo il
governo dell’Azerbaigian infatti, il Gruppo di Minsk, co-presieduto da Mosca, sarebbe
troppo sbilanciato su posizioni filo-armene; inoltre a Baku non viene visto di buon occhio il
consistente supporto militare che la Russia fornisce all’Armenia, con l’obiettivo di far fronte
proprio al riarmo azero, così come continua a creare tensioni il progressivo avvicinamento
di Yerevan a Mosca, culminato con l’ingresso dell’Armenia all’interno dell’Unione
Economica Euroasiatica.
AUTORE
Emanuele Cassano. Studente di Scienze Internazionali con specializzazione in Studi
Europei presso l’Università degli Studi di Torino, si occupa dell’area del Caucaso, sia dal
punto di vista politico che da quello storico e culturale. Dal 2012 è redattore di East
Journal, mentre dal 2014 è coordinatore di redazione della rivista Most, quadrimestrale di
politica internazionale.
3. STORIA DEL PAESE
La Georgia è uno stato relativamente giovane, nato dalla fusione di alcuni piccoli principati
unificati tra il X e il XIII secolo che, con il passare dei secoli, si separarono e cominciarono
a ricostituirsi solo nel tardo XVIII secolo.
LA STORIA ANTICA
La storia, in Georgia, ha radici antichissime. Nel 2001, nei pressi della città di Dmanisi,
sono stati trovati resti di un cranio ominide risalenti a circa 1,8 milioni di anni fa, ancora
oggi il più antico resto fossile di ominide mai ritrovato e che farebbe anticipare la comparsa
del genere Homo a circa 7 milioni di anni fa. Una delle scoperte più sensazionali dei nostri
tempi.
Durante il I millennio a.C il territorio dell'attuale Georgia era occupato ad occidente, sul
Mar Nero, dalla Colchide (la mitica terra del vello d'oro) e ad oriente dall'Iberia. È attestata
una cultura neolitica dal quinto millennio a.C. Scavi archeologici condotti negli anni ‘70
nella regione di Imiris-gora (Georgia orientale) hanno rivelato un certo numero di siti con
case dotate di gallerie, camini e pilastri di sostegno.
Nell'epoca calcolitica (IV-III millennio a.C.) la Transcaucasia e la Georgia erano occupate
dalla cultura archeologica di Kura-Araxes, cui appartengono gli insediamenti di
Beshtasheni ed Ozni e le sepolture delle provincie di Trialeti e Tsalka (Georgia orientale).
Questi resti sono testimoni di una cultura architettonica avanzata e sviluppata. Seguì, nel II
millennio a.C., la cultura di Trialeti.
Quella che al giorno d'oggi è la parte occidentale del paese venne colonizzata dai greci,
ed in particolare gli abitanti di Mileto attraverso la colonia di Sinope, che si insediarono
sulle coste della Colchide fondando Trebisonda e altri insediamenti a partire dal VII secolo
a.C. A quest'epoca risale probabilmente il mito di Giasone e degli Argonauti, cha
raggiunsero la Colchide alla ricerca del vello d'oro.
Tra il 550 a.C. e il 300 a.C. l'area fu sballottata da un impero all'altro: i persiani, i macedoni
e i seleucidi. I Romani sconfissero questi ultimi nel 189 a.C. e concessero alla gente del
posto di costituire degli stati armeni indipendenti. Questi vennero unificati circa un secolo
dopo, costituendo la zona di influenza romana più potente dell'est, dal Mar Caspio alla
Turchia centrale, comprendente gran parte dell'attuale Georgia. Fu una delle prime nazioni
al mondo a convertirsi al cristianesimo: la data della conversione è convenzionalmente
fissata al 317, anno in cui Mirian II re di Iberia lo proclamò religione ufficiale dello stato.
Durante il IV secolo d.C. e buona parte dei V secolo d.C., il regno d'Iberia (Kartlia) perde
l'indipendenza passando sotto il controllo persiano. Il regno fu abolito ed il paese venne
governato dai governatori nominati dallo Shah. Alla fine del V secolo d.C., il principe
Vakhtang I Gorgasali guido una rivolta anti-Persiana e ristabili lo stato iberico di cui
divento il re. Dopo la sua morte nel 502 ed il breve regno di suo figlio Dachi (502-514),
l'Iberia venne nuovamente incorporato nella Persia come semplice provincia. Tuttavia alla
nobiltà iberica di volta in volta è stato assegnato il privilegio di scegliere i governatori, che
in georgiano sono detti Erismtavari.
LA GEORGIA MEDIOEVALE E MODERNA
Nel VII secolo d.C. la rivalità tra Impero Bizantino e impero di Persia per l'egemonia nel
Medio Oriente si era esaurita. Il passaggio di potere tra gli arabi e i bizantini terminò con
l'arrivo dei turchi selgiuchidi, che conquistarono quasi tutta l'Armenia tra il 1060 e il 1070 e
spinsero molti abitanti a spostarsi in Georgia.
Nel 978 tutti i principati georgiani furono uniti nel regno unito della Georgia (978-1466)
sotto la dinastia di Bagrationi, il cui capostipite era Ashot I "Il Grande" (IX sec. d.C.). I
maggiori rappresentanti di questa dinastia furono Davide "il costruttore" (Devid IV
Agmashenebeli), che regnò dal 1089 al 1125, e la regina Tamar (1184-1213); entrambi
sono considerati santi dalla chiesa ortodossa georgiana.
Sotto la loro guida il regno della Georgia incluse anche territori dell'Armenia, Azerbaijan e
del Caucaso settentrionale. Dopo l'epoca della regina Tamar, che aveva creato il regnosatellite di Trebisonda, iniziò un lungo periodo di declino; la Georgia si frammentò in
parecchi regni e principati.
I mongoli, i persiani safavidi e i turchi ottomani si disputarono la supremazia sul territorio
fino al XVIII secolo. Sopraggiunse poi la Russia: le truppe di Caterina la Grande si
diressero verso la regione allo scopo di sconfiggere i Turchi. Ma ancora nel 1795 l'eunuco
persiano Agha Mohammed Khan Qajar saccheggiava Tbilisi.
L'ETÀ CONTEMPORANEA
Nel 1801, lo zar russo Alexander abolì il regno georgiano di Kartli-Kakheti ed esiliò la
famiglia reale. La Georgia venne completamente assorbita nell'impero russo nel 1804, e
negli anni a seguire si mise in atto un intenso programma di "russificazione", atto a
sostituire il sistema sociale e culturale georgiano con quello russo. La chiesa ortodossa ed
apostolica georgiana venne sottomessa all'autorità della chiesa russo-ortodossa. Il
malcontento del popolo georgiano, causato dalla autocrazia zarista e dalla dominazione
economica armena, cresceva giorno dopo giorno. Cominciò così, a partire dalla seconda
metà del diciannovesimo secolo, un movimento nazionale di liberazione.
Una sommossa agricola su grande scala, nel 1905, portò a riforme politiche che
facilitarono la distensione per un certo periodo, durante il quale il partito socialdemocratico
marxista divenne il movimento politico dominante occupando tutte le sedi georgiane nello
stato russo, stabilite dalla Duma dopo la rivolta del 1905. Josef Vissarionovich Djugashvili
(che successivamente cambiò il proprio nome in 'uomo d'acciaio' che, in georgiano, si dice
Stalin), un bolscevico georgiano (anti-menscevico), divenne la guida del movimento
rivoluzionario georgiano. Stalin era il figlio di un umile calzolaio di Gori, ma alla morte di
Lenin avrebbe preso il controllo del Paese più grande della terra.
La rivoluzione russa dell'ottobre 1917 sprofondò la Russia in una sanguinosa guerra civile,
durante la quale parecchi territori periferici dell'impero (tra cui la Georgia) dichiararono
l'indipendenza. Il 26 maggio 1918 fu proclamata la Repubblica Democratica della Georgia
indipendente (DRG): il nuovo paese era controllato dalla fazione menscevica del partito
socialdemocratico, che stabilì un sistema multi-partitico, in forte contrasto con "la dittatura
del proletariato" stabilita dai bolscevichi in Russia. Lo stato georgiano venne riconosciuto
dalle principali nazioni europee nello stesso 1918, e dalla Russia nel mese di maggio del
1920.
Nel febbraio 1921 l'armata rossa invase la Georgia e dopo una breve guerra occupò il
paese: il governo georgiano fuggì in esilio.
LA GEORGIA SOTTO L'URSS (1921-1991)
Dopo la conquista da parte dell'esercito sovietico nel 1921, la Georgia fu incorporata nella
Repubblica Socialista Sovietica Federativa Transcaucasica (RSSFTC), che comprendeva
le odierne repubbliche di Armenia, Azerbaijan e Georgia; inoltre alcune province,
storicamente appartenenti alla Georgia furono cedute a stati limitrofi: alla Turchia
(provincia di Tao-Klarjeti), all'Azerbaijan (provincia di Hereti/Saingilo), all'Armenia (regione
di Lore) ed alla Russia (parte della costa del Mar Nero).
Tra il 1921 ed il 1924, durante la resistenza al regime sovietico, circa 50.000 persone
furono incarcerate o uccise; successivamente (anni 1935-1938, 1942 e 1945-1950) furono
100.000 i deportati georgiani (accusati di tendenze nazionaliste) mandati a morire nei
gulag della Siberia sotto la dittatura di Stalin, per opera del capo della polizia segreta
sovietica, il georgiano Lavrentij Beria. Nel 1936 la RSSFTC fu sciolta e la Georgia, negli
attuali confini, divenne la Repubblica Socialista Sovietica Georgiana.
Nell'agosto del 1941, durante la seconda guerra mondiale, i nazisti invasero l'URSS anche
per cercare di raggiungere i giacimenti di petrolio del Caucaso; gli eserciti di paesi
dell'asse non riuscirono tuttavia ad arrivare in Georgia. Quasi 700.000 georgiani
combatterono nell'armata rossa contro i nazisti, e di questi circa 350.000 furono uccisi.
L'appello di Stalin all'unità patriottica e le efferatezze dei nazisti offuscarono il
nazionalismo georgiano. Dopo la morte di Stalin, avvenuta nel 1953, la politica di destalinizzazione di Kruscev fu seguita da una critica generale alla cultura ed alla gente
georgiana, di cui Stalin faceva parte. Il 9 marzo 1956 centinaia di allievi georgiani furono
uccisi quando dimostrarono contro Kruscev.
Il programma di decentralizzazione introdotto da Kruscev negli anni cinquanta fu presto
sfruttato dai funzionari del partito comunista georgiano per sviluppare la loro propria base
regionale. Nacque una prospera economia capitalistica all'ombra dell'economia di stato
ufficiale; la Georgia era infatti una delle repubbliche sovietiche più economicamente
sviluppate, ma anche più nella quale la corruzione era più diffusa.
Fra il 1964 ed il 1972 Eduard Shevardnadze, ministro dell'interno del paese, divenne
celebre per la sua lotta alla corruzione e giunse ad ottenere la
rimozione del corrotto Vasily Mzhavanadze, primo segretario del
partito comunista georgiano: Shevardnadze divenne allora primo
segretario con il benestare di Mosca. La sua politica fu efficace e
portò la Georgia, tra il 1972 ed il 1985, ad un miglioramento
generale dell'economia ufficiale, dovuto anche all'allontanamento di
centinaia di funzionari corrotti. Nel 1985, Shevardnadze fu nominato ministro degli affari
esteri del URSS e venne sostituito come guida georgiana da Jumber Patiashvili, un
comunista conservatore generalmente inefficiente di fronte alle sfide della perestrojka.
Nel 1978 il regime sovietico ordinò che Eduard Shevardnadze fosse rimosso dall'incarico e
che, nella costituzione della Repubblica Socialista Federativa Georgiana, la lingua
georgiana non fosse più definita come lingua ufficiale della Georgia; dimostrazioni di
strada costrinsero il regime a recedere, il 14 aprile 1978 (all'atto dell'indipendenza, nel
1991, il 14 aprile è stato proclamato giorno della lingua georgiana).
Verso la fine degli anni ottanta si evidenziarono violenti disaccordi tra le autorità
comuniste, il rinascente movimento nazionalista georgiano ed i movimenti nazionalisti
nelle regioni abitate da minoranze etnico-linguistiche della Georgia, Ossezia del sud e
Abkhazia. Il 9 aprile 1989, le truppe sovietiche dispersero una dimostrazione pacifica che
contestava la formazione del nuovo governo a Tbilisi. Venti georgiani furono uccisi ed
alcune centinaia feriti. L'evento radicalizzò la politica georgiana, spingendo molti - persino
alcuni comunisti georgiani - a concludere che l'indipendenza era preferibile al regime
sovietico.
Seguono estratti della tesi “Tra Russia e Stati Uniti. Storia della Georgia indipendente”
(Marco Antollovich)
INDIPENDENZA DELLA GEORGIA E INDIPENDENZA DALLA GEORGIA
La Georgia, culla di una nazione che vanta origini antichissime, di gran lunga precedenti
alla Rus’ di Kiev, è stata considerata fin dal 1800 una colonia russa, prima dell’Impero
zarista e poi dell’Unione Sovietica.
Molti furono i Georgiani che riuscirono a emergere e a ottenere posizioni di ruolo nella
multietnica e variegata realtà sovietica. Basti pensare a figure come Stalin, Berija,
entrambi di nazionalità georgiana, o al legame di sangue che ha vincolato gli ultimi tre
ministri degli esteri russi a Tbilisi: Primakov trascorse tutta la sua infanzia e la sua
giovinezza nella capitale, mentre la madre del suo successore, Igor Ivonov era anch’essa
originaria di Tbilisi. Da ultimo, il padre di Sergei Lavrov, attuale ministro degli esteri russo,
faceva parte dell’élite armena della città.
La Georgia, ancor più di Armenia e Azerbaigian, rappresentava (e continua a
rappresentare) perfettamente quel crogiolo di etnie, lingue e culture che caratterizza da
sempre il Caucaso del Sud: stando all’ultimo censimento sovietico in Georgia, più
precisamente, su una popolazione totale di 5.401.000 abitanti, solo il 70% era
rappresentato da Georgiani.
Del restante 30%, gli Armeni costituivano la minoranza più numerosa (8%), seguita dai
Russi con il 6.3% e Azeri con il 5.7%. Le popolazioni ossete e abcase rappresentavano
rispettivamente il 3% e l’1.8%. Ciascuna delle minoranze, inoltre, occupava una zona ben
definita all’interno del territorio georgiano: nella regione di Samtskhe-Javakheti, a meno di
300 chilometri da Tbilisi, gli Armeni costituiscono più del 50% della popolazione
raggiungendo il 95% in certi distretti.
Gli Osseti rappresentavano nell’Ossezia del Sud, su circa 100.000 abitanti, il 66%, mentre
i Georgiani, costituivano il secondo gruppo più numeroso della regione con il 29% della
popolazione.
Il ruolo delle minoranze costituirà una delle questioni più annose per la nazione georgiana
dopo l’indipendenza e sarà foriero di conflitti interni e attriti internazionali.
Sebbene il tenore di vita in Georgia fosse considerevolmente più elevato che in molte altre
Repubbliche Sovietiche, la mancanza di risorse naturali rendeva il mercato georgiano
indissolubilmente vincolato a quello sovietico: la coltivazione di viti (e la produzione di
bevande alcoliche), agrumi e di tè rappresentava l’unica forma di esportazioni in tutta
l’URSS.
Considerando che la coltivazione di tali prodotti avveniva solo sulle coste del Mar Nero
(principalmente in territorio abcaso), essa rappresentava una fonte di introiti non
trascurabile per l’economia georgiana, ma aveva alimentato negli anni un vasto mercato
nero, con una conseguente impennata di corruzione negli anni ‘80.
Il crollo dell’Unione Sovietica ebbe dunque ripercussioni devastanti sul neonato stato
georgiano poiché la relativa chiusura dei mercati, sommata alle guerre civili combattute al
suo interno, portarono a una riduzione drastica dell’economia: rispetto al PIL del 1989 si
registrò un calo dell’11% nel 1990, del 20.6% nel 1991, del 43.4 % nel 1992.
Da questa breve introduzione possiamo dedurre quanto la Georgia di fine anni ’80 fosse
un territorio instabile e fragile sotto ogni punto di vista, all’interno di un altrettanto fragile
Unione Sovietica. Ma come reagì questo piccolo stato agli avvenimenti che portarono alla
dissoluzione del colosso sovietico e all’indipendenza del Caucaso?
Come nelle vicine repubbliche di Armenia e Azerbaigian, esisteva una Nomenklatura
georgiana vicina o facente parte del partito che si era arricchita negli anni grazie al fiorente
mercato nero; tali patronati andarono, col passare del tempo, a ricoprire un ruolo sempre
più importante all’interno dell’amministrazione statale.
Grazie alla politica di decentramento dell’era di Gorbaciov, emersero delle nuove figure
fondamentali per l’indipendenza del Caucaso e della Georgia, in particolar modo: i “patriotbusinessman”.
Questa neonata categoria politico-militare-economica, grazie agli introiti derivati dal
mercato nero, era in grado di organizzare forme di milizia privata altamente addestrata;
tale milizia andrà a costituire il nucleo centrale dei vari eserciti nazionali agli albori
dell’indipendenza, nei primi anni ‘90.
Il desiderio di svincolarsi dal giogo russo aveva dunque portato alla formazione di partiti e
movimenti d’opposizione durante la fine degli anni ’80, tutti di stampo nazionalistico, tutti
anti-russi, ma non tutti necessariamente anti-comunisti. Tra questi la “Società Rustaveli”,
pro-comunista, il “Partito per l’Indipendenza Nazionale” di Tserteli, il “Partito Nazionaldemocratico” di Chanturia e la “Società di sant’Ilya”, fortemente nazionalista, fondata dai
dissidenti Kostava e Gamsakhurdia.
In Georgia, tuttavia, le prime vere manifestazioni volte a contestare il ruolo egemone del
partito comunista cominciarono già nel novembre del 1988. Fu proprio durante le proteste
di fine ’88 che emerse la figura di Zviad Gamsakhurdia, leader carismatico e misterioso,
emblema messianico della lotta per l’indipendenza e del nazionalismo georgiano.
Gamsakhurdia, originario della Mingrelia (regione storica georgiana, abitata da Mingreli,
un sottogruppo dei Georgiani), ma cresciuto a Tbilisi, era figlio del più noto poeta e
letterato georgiano del XVIII-XIX secolo.
Filologo, traduttore di Baudelaire e di innumerevoli opere francesi, inglesi e statunitensi,
Zviad aveva sin da giovane dimostrato uno spiccato amore per la patria e un altrettanto
spiccato odio per l’invasore sovietico. Promotore di una politica basata sul nazionalismo
più esasperato (il suo slogan era “la Georgia per i Georgiani”), legava a doppio filo la
rinascita della Georgia sia all’indipendenza dall’URSS, sia a una gestione dello stato tutta
georgiana, dove le minoranze non dovevano né potevano ricoprire alcun ruolo (privare le
minoranze di un ruolo nelle amministrazioni locali avrebbe consentito alla popolazione
georgiana di controllare meglio, anche grazie all’ imposizione del georgiano come lingua,
dei territori di confine dove i Georgiani risultavano in forte minoranza).
In questo clima, specchio delle differenti tendenze centrifughe in atto in URSS, nel marzo
del 1989 una folla di 20.000 manifestanti, riunitisi a Sukhumi, richiese a gran voce il
riconoscimento dell’indipendenza della Repubblica Abcasa (ma sempre all’interno
dell’Unione Sovietica) e la conseguente secessione della Repubblica Georgiana. La
repubblica autonoma di Abcasia infatti, era una regione da sempre difficilmente
controllabile da Tbilisi. Con una superficie pari a quella dell’isola di Cipro, l’Abcasia
occupava quasi tutta la zona costiera del Mar Nero e vantava un’economia
complessivamente sviluppata, grazie alle piantagioni di agrumi e al turismo, con degli
standard di vita incontrovertibilmente più elevati che nel resto del paese.
Il capoluogo Sukhumi, era uno dei luoghi di villeggiatura più amati dalle élites russe in tutta
l’Unione Sovietica.
Con una popolazione di 525.000 persone rappresentava circa un decimo della
popolazione della repubblica georgiana nel 1989, ma, a causa della composizione multietnica e della politica delle amministrazioni locali, la rendevano un territorio
potenzialmente instabile.
Gli Abcasi vantavano inoltre origini totalmente differenti dal popolo georgiano: antichi
abitatori del Nord Caucaso, con una lingua derivante del proto-circasso, risultavano molto
più vicini alle etnie circasse, inguscete, daghestane e cecene piuttosto che a quella
georgiana, differente anche da un punto di vista linguistico.
Le differenze religiose (gli Abcasi erano prevalentemente musulmani sunniti) e linguistiche
costituivano da sempre un notevole scoglio culturale: gli Abcasi non si sono mai integrati
appieno con il popolo georgiano, né, tantomeno, si sono sentiti georgiani.
In seguito a una politica di migrazioni forzate e di “georgianizzazione” del territorio, la
popolazione abcasa in Abcasia costituiva paradossalmente soltanto il 17.8% del totale,
mentre i Georgiani, con il 45.7% rappresentavano il gruppo maggioritario. Tra le altre
popolazioni ivi residenti i Russi e gli Armeni componevano il 30% del totale,
rispettivamente il 14.3 e 14.6%.
Sebbene gli Abcasi costituissero una minoranza numerica all’interno del proprio territorio,
essi ricoprivano quasi tutte le cariche più importanti all’interno delle amministrazioni locali
e all’interno del PC abcaso: il fatto che nel 1990 il 67% dei ministri nel governo abcaso
fosse rappresentato da indigeni non è un dato trascurabile.
Tale sproporzione tra rappresentanza nazionale e rappresentanza parlamentare era
dovuta ad una “politica dei compensi” voluta direttamente da Mosca. Un simile
atteggiamento nei confronti delle minoranze abcase era strettamente legato al fatto che, in
seguito alla politica repressiva staliniana e ai non rosei rapporti con la repubblica
georgiana, l’intellighenzia abcasa avesse più volte richiesto (nel 1957, 1967 e 1977)
l’annessione della repubblica autonoma alla RSFSR (Repubblica Socialista Federativa
Sovietica Russa, ovvero l’attuale Federazione Russa) e che questa fosse puntualmente
respinta dalla sede centrale del PCUS.
La risposta del movimento nazionale georgiano alla “provocazione” non si fece attendere e
un’ondata di manifestanti georgiani si riversò nelle strade di Tbilisi fondendo slogan contro
l’Abcasia a slogan contro il partito e contro Mosca. L’intervento dell’esercito il 9 aprile
1989, inviato dal Partito Comunista Georgiano per sedare la rivolta, provocò centinaia di
feriti, ponendo fine alle proteste, ma anche all’ultimo barlume di legittimità del regime.
Fu solo grazie all’aiuto fornito dalle milizie popolari private e delle bande criminali
organizzate che si evitò un vero e proprio massacro di civili. Tali bande armate, controllate
dai già nominati “patriot-businessman”, si ersero in difesa delle donne e dei bambini,
guadagnando notevole popolarità; solevano auto-definirsi “un’organizzazione di carità
paramilitare”. Tra queste organizzazioni, i Makhdrioni (Makhdrioni: letteralmente
“Cavalieri”) di Jaba Joseliani, uno scrittore di operette teatrali capo della mafia georgiana,
e le milizie di Kitovani avrebbero giocato un ruolo fondamentale durante i conflitti contro
l’Ossezia del Sud e l’Abcasia.
In seguito agli eventi dell’aprile ’89, secondo un sondaggio svoltosi la settimana
successiva all’ accaduto, l’89% del popolo georgiano voleva la piena indipendenza, più
che in qualsiasi altra Repubblica Sovietica, comprese le Repubbliche Baltiche.
La situazione, già esasperata, degenerò definitivamente il 23 novembre dello stesso anno,
questa volta a causa della questione osseta.
L’Ossezia del sud, con una popolazione di circa 100.000 abitanti, composta da Osseti al
66.2% e da Georgiani solamente per il 29%, era un oblast (l’Oblast è una suddivisione
amministrativa all’interno dell’ex- Urss, corrispondente, all’ incirca, alla definizione di
regione) a statuto speciale all’interno del territorio georgiano.
Gli osseti del sud risultavano però strettamente legati da vincoli etnici, culturali e linguistici
(gli Osseti, sia del Nord che del Sud, discendono direttamente dagli Alani; la loro lingua
risulta pertanto diversa sia dal georgiano, che dalle lingue del Nord Caucaso, poiché
legata direttamente al medio-persiano) ai “fratelli” dell’Ossezia Settentrionale, la quale,
trovandosi al di là dei monti del Caucaso, rientrava appieno nel territorio della RSFSR.
Con quasi la metà di matrimoni misti all’interno della piccola regione autonoma, Osseti del
sud e Georgiani erano riusciti a instaurare un modus vivendi stabile e, nonostante i
tentativi di “georgianizzazione”, la cultura e la tradizione osseta erano sopravvissute negli
anni all’ interno della Georgia sovietica.
Agli inizi di novembre del 1989 il Soviet Supremo sud-osseto aveva avanzato una richiesta
più contenuta e realizzabile rispetto a quella abcasa: l’Ossezia del sud sarebbe dovuta
passare da uno status di “Oblast autonomo” a “Repubblica autonoma” (ASSR), con
pochissime conseguenze pratiche, se non dal punto di vista dell’amministrazione interna.
Tale richiesta venne percepita dal soviet georgiano come un primo passo verso
l’indipendenza e, pertanto, bloccato. Prendendo dunque spunto dagli avvenimenti accaduti
pochi mesi prima in Abcasia, l’Ossezia si autoproclamò una nazione indipendente. Come
avvenuto per l’Abcasia, la risposta georgiana non si fece attendere: leader incontrastato
del movimento popolare fu Zviad Gamsakhurdia, che organizzò una marcia su Tskhinvali
alla testa di 30.000 manifestanti. Sebbene la protesta non degenerasse in un vero e
proprio conflitto armato, la possibilità di un’escalation militare era tutto fuorché
improbabile.
Il 20 settembre 1990 il Soviet Supremo sud-osseto proclamò l’indipendenza della
Repubblica Democratica Sovietica dell’Ossezia del Sud e l’annessione alla RSFSR. Per i
Georgiani, secondo i quali i Sud-osseti non erano altro che “ospiti” (il termine georgiano
coniato da Gamsakhurdia per indicare i Sud-osseti è stumrebi, la cui accessione negativa
implica più un concetto di parassitismo, che di ospitalità) la dichiarazione d’indipendenza
risultava un atto inaccettabile per tre motivi fondamentali:
•
•
•
la Repubblica Georgiana non poteva dimostrarsi debole e disunita alla vigilia
dell’indipendenza;
la neonata Repubblica Osseta poteva risultare indipendente da un punto di vista
formale, ma non sostanziale: con una popolazione di 100.000 abitanti, priva di
risorse minerarie e terre coltivabili, incastonata tra le montagne del Caucaso,
avrebbe certamente fatto appello ai fratelli nord-osseti (e quindi ai Russi) per aiuti
concreti;
la presenza russa a sud della catena del Caucaso, a meno di 100 chilometri da
Tbilisi, risultava una minaccia considerevole alla sicurezza georgiana.
Le minoranze georgiane all’interno dell’Ossezia del Sud, poi, sarebbero diventate
bersaglio delle stesse discriminazioni che gli Osseti avevano subito in Georgia e sarebbe
stato difficile per la madrepatria tutelarne la salvaguardia.
Il 5 gennaio 1991, circa 5.000 uomini riuniti in squadriglie paramilitari con l’appoggio della
nuova Guardia Nazionale, costituita ad hoc per l’occasione, entrarono a Tskhinvali
attaccando la popolazione civile; la milizia locale sud osseta, meglio addestrata rispetto ai
Georgiani, rispose al fuoco.
Dopo la mobilitazione organizzata da Gamsakhurdia in favore dell’integrità della
Repubblica Georgiana e delle minoranze georgiane in territorio, il parlamento varò una
legge per l’abrogazione dello status di Oblast autonomo dell’Ossezia del Sud, dichiarando,
inoltre, lo stato di emergenza.
La politica del pugno di ferro promossa da Tbilisi non lasciava spazio a mediazioni di sorta
e, da subito, la situazione degenerò in conflitto aperto: durante il gennaio 1991, le forze
georgiane e ossete combatterono ininterrottamente per venti giorni a Tskhinvali e nelle
zone limitrofe.
L’Ossezia del Sud, arroccata trai monti del Caucaso, era composta da una moltitudine di
piccoli villaggi, alcuni dei quali a forte maggioranza georgiana. La “capitale”, a
maggioranza osseta, era circondata da villaggi etnicamente georgiani, che controllavano
ben tre delle quattro strade che portavano a Tskhinvali. Allo stesso modo la milizia
irregolare osseta non ebbe difficoltà a isolare i restanti villaggi georgiani dalla madrepatria
durante gli scontri che ormai volgevano a favore dei secessionisti osseti.
La milizia osseta, per altro, veniva periodicamente rifornita di armi, blindati e munizioni
attraverso il Tunnel Roccioso (unico passaggio che collega l’Ossezia meridionale a quella
settentrionale; questa galleria tra la montagne del Caucaso, sarà l’unico passaggio
attraverso il quale i sud osseti potranno ricevere aiuti dalla Russia) dalla guarnigione russa
di Vladikavkaz.
Non bisogna dimenticare inoltre che la milizia georgiana, composta più da Makhedrioni e
da soldati della guardia nazionale che da veri e propri coscritti, non sempre condivideva
appieno le decisioni assunte dai vertici georgiani.
Nonostante il trauma suscitato dal rapido susseguirsi di avvenimenti che stava portando la
Georgia alla perdita della propria sovranità su quasi un terzo del territorio nazionale, il 9
aprile 1991 il parlamento georgiano dichiarò la propria indipendenza.
Il 26 maggio 1991 Zviad Gamsakhurdia divenne il primo presidente della Georgia
indipendente, con una schiacciante vittoria (87 % dei voti). Il nuovo parlamento rifletteva
perfettamente il nazionalismo georgiano: 9 posti soltanto, su 245, furono concessi alle
minoranze.
La mancanza di qualsivoglia forma di diritto politico, la repressione delle minoranze e il
totale disinteresse per le istituzioni democratiche spinsero a un rapido coalizzarsi di tutte le
altre forze politiche e militari georgiane. Il fallito colpo di stato organizzato a Mosca contro
la presidenza Gorbaciov spinse Gamsakhurdia a una riforma dell’esercito sotto il controllo
statale. Più precisamente, come abbiamo già visto, mancava in Georgia un vero e proprio
esercito nazionale, il che poteva spingere le milizie a ribellarsi contro le autorità centrali.
Esistevano truppe sovietiche di stanza in quattro basi militari in Georgia, ma sotto il
comando di Mosca, e truppe “irregolari” formate dalle milizie personali dei signori locali,
padroni dell’economia sommersa georgiana. Tra questi Tengiz Kitovani, capo della
Guardia Nazionale, amico di Gamsakhurdia (ma da questi non controllato) e Jaba
Ioseliani, capo dei Makhedrioni e leader incontrastato del traffico di tabacco e benzina.
Il 23 agosto 1991 un decreto governativo poneva La Guardia Nazionale sotto il diretto
controllo del Ministero degli Interni, con il manifesto proposito di “normalizzare” una forza
instabile che sarebbe andata a creare il nucleo del nuovo esercito georgiano, allontanando
Kitovani dal suo ruolo di comando.
Sfortunatamente però, il nuovo presidente ottenne il risultato contrario: Kitovani, sentitosi
tradito dal vecchio amico e non volendo perdere il controllo su una milizia da lui stesso
formata, unì i suoi 12.000 soldati ai Makhdrioni di Ioseliani e, con l’appoggio del primo
ministro Tengiz Sigua, organizzarono un colpo di stato.
A inizio dicembre le forze del nuovo triumvirato marciarono su Tbilisi, costringendo
Gamsakhurdia a rifugiarsi prima in Armenia e poi in Cecenia.
Sebbene il colpo di stato fosse andato a buon fine, gli Zviadisti continuerannoo i
combattimenti in tutto il territorio georgiano e soprattutto in Mingrelia, terra di
appartenenza del leader detronizzato, tra Georgia e Abcasia.
IL RITORNO DI SHEVARDNADZE E LA QUESTIONE ABCASA
Durante la prima metà degli Anni Novanta la guerra civile e il conflitto in Ossezia del Sud
portarono la Georgia al tracollo finanziario e politico: i triumviri si resero da subito conto
della gravità della situazione e richiamarono in patria l’unica personalità che potesse
risollevare le sorti del paese: Edward Shevardnadze che, dopo essere stato Primo
Segretario del Partito Comunista Georgiano dal 1972 al 1985, era stato nominato Ministro
degli Esteri dell’ Unione Sovietica nel 1985, sostituendo Gromyko durante la presidenza
Gorbaciov.
La drastica escalation in Ossetia, che rischiava di coinvolgere sempre di più la Russia con
esiti incerti, spinse le parti in causa a cercare un accordo: il 24 giugno 1992 Shevardnadze
e Eltsin siglarono, nella località di Dagomys sul Mar Nero, gli accordi di pace.
I punti di maggior rilievo del trattato di pace stabilivano:
– il ritiro delle forze in campo;
– la demilitarizzazione della regione;
– il ritiro degli ultimi contingenti ex-sovietici dall’ Ossezia del Sud;
– la creazione di una “Commissione di controllo congiunta” composta da 200 Georgiani,
200 Russi e altrettanti Sud-Osseti.
Il prestigio di Shevardnadze e il pacificarsi dei rapporti con l’Ossezia consentirono alla
neonata Repubblica Georgiana l’ingresso alle Nazioni Unite e il riconoscimento globale il
31 luglio del 1992.
Un’altra regione, tuttavia, acclamava a gran voce l’indipendenza, minacciando l’integrità
del territorio georgiano: questa volta però, la minaccia giungeva da ovest, sulle coste del
Mar Nero. All’arrivo di Shevardnadze anche in Abcasia la situazione sembrò, per un breve
periodo, migliorare. Venne autorizzata l’apertura di un’università abcasa, di stazioni radio e
stazioni televisive in lingua abcasa e la pubblicazione di riviste che non fossero
necessariamente in georgiano o in russo.
Quando tuttavia il conflitto in Ossezia del sud sembrava volgere al termine, si
susseguirono una serie di attacchi contro la ferrovia georgiana in Abcasia. Secondo la
maggior parte degli storici georgiani si trattava di una provocazione di Ardzimba, l’allora
leader abcaso, pronto a scatenare un vero e proprio conflitto.
L’Abcasia aveva inoltre nuovamente espresso la volontà di re-instaurare la costituzione
abcasa del 1925, mozione respinta dal parlamento georgiano il 25 luglio 1992. Il 14 agosto
del 1992 Kitovani marciò alla testa di un contingente di 3.000 uomini per riportare ordine
nella regione secessionista. Tale intervento tuttavia non risultava totalmente giustificato,
né aveva ricevuto l’approvazione di Shevardnadze, il quale ammise che esistevano “delle
intenzioni non manifeste” che avevano spinto Kitovani ad attaccare l’Abcasia.
Più precisamente buona parte dei traffici illeciti georgiani avevano come sbocco
preferenziale il vastissimo mercato nero russo: la ferrovia che attraversava l’Abcasia
arrivava direttamente a Soci, evitando il tortuoso passaggio attraverso i monti del Caucaso
e non è un mistero che Kitovani e Joseliani fossero legati alla criminalità organizzata
georgiana. Kitovani, inoltre, come riportato eufemisticamente dallo storico Chervonnaya,
“non mostrò una gentilezza angelica” durante l’intervento.
L’Abcasia decretò la mobilitazione generale, ma le truppe georgiane riuscirono a sfondare,
entrando a Sukumi, aiutate da irregolari zviadisti. Gli Zviadisti, sostenitori del’ex presidente
Gamsakhurdia (in esilio in Cecenia) preferirono infatti, in un primo momento, sostenere la
fazione georgiana piuttosto che i separatisti abcasi, coerentemente con il loro credo
nazionalista; mossero dunque dalla loro roccaforte di Gali, in Mingrelia, per unirsi alle forze
di Kitovani. Sukhumi venne conquistata, sebbene Gamsakhurdia avesse proibito agli
Zviadisti di unirsi all’esercito georgiano.
Il 2 settembre venne decretato il cessate il fuoco. Nonostante l’arrivo di un gruppo di
osservatori delle Nazioni Unite (circa 50 membri), il conflitto riprese con intensità
crescente. La ripresa delle ostilità era dovuta in gran parte al voltafaccia degli Zviadisti, i
quali combattevano ora con gli irregolari abcasi per reintegrare il loro leader in esilio e non
erano vincolati dal cessate il fuoco, dichiarato solo dalle milizie georgiane e abcase.
Per la prima volta si unirono alla coalizione abcaso-zviadista migliaia di volontari
provenienti dal Nord Caucaso. L’Abcasia, la cui popolazione era musulmana sunnita ed
etnicamente molto più vicina alle popolazioni russe (qui non si intende etnicamente russe,
ma facenti parte della Federazione Russa) del Caucaso che non ai Georgiani, ricevette
consistenti aiuti da Daghestani, Ingusceti, Circassi e irregolari ceceni che avevano fondato
il movimento della “Confederazione dei Popoli di Montagna”.
Dopo l’abbattimento di un Su-27 russo, la Georgia ebbe la certezza che la Russia
appoggiasse indirettamente i secessionisti abcasi. Nel settembre del 1993 cominciarono a
militare nelle fila dei separatisti anche reparti speciali dell’esercito russo, sebbene da
Mosca giungessero ferme smentite, accompagnate da dichiarazioni di solidarietà
all’integrità territoriale georgiana.
In realtà il fatto che gli Abcasi ricevessero un consistente contributo dai russi risulta un
elemento incontrovertibile e comprovato. Agli Abcasi fu concesso di rifornirsi dalla base
militare russa di Gudauta, unica base Russa in territorio abcaso, complici molti generali
dell’esercito russo che vedevano in Shevardnadze un traditore (Shevardnadze era stato
Ministro degli Esteri dell’Unione Sovietica sotto la presidenza Gorbaciov ed uno dei
maggiori sostenitori e promotori delle riforme strutturali che avevano portato allo
smembramento dell’Urss. I più conservatori tra i politici e i militari russi vedevano dunque
in Shevardnadze un traditore della patria e dell’ortodossia comunista).
Nel marzo 1993 la testata russa Izvestia confermava il fatto che le forze separatiste
avessero ricevuto 72 carri armati e mezzi di artiglieria pesante dai Russi. Nel 1993 la sola
città di Sukhumi venne assediata quattro volte. Il 27 luglio 1993 Mosca riuscì a definire il
cessate il fuoco e l’allontanamento di tutta l’artiglieria pesante attorno al capoluogo.
Sebbene entrambe le parti avessero aderito formalmente, soltanto Shevardnadze rispettò
la parola data. Il 16 settembre, approfittando del vantaggio così scorrettamente ottenuto, le
truppe abcase sferrarono un ultimo assedio a Sukhumi, che capitolò undici giorni dopo.
Nelle settimane che seguirono, 232.000 georgiani furono espulsi dal territorio abcaso dalle
truppe di Ardzimba dando vita a una vera e propria pulizia etnica. In quei giorni 4.465
georgiani furono uccisi. Come, a seguito delle violenze perpetrate in Ossezia del sud, i
Georgiani erano stati accusati di genocidio, così ora i Georgiani accusavano gli Abcasi
dello stesso crimine.
Il cessate il fuoco prevedeva il dispiegamento di un contingente di pace lungo il confine
abcaso-georgiano: considerando che né l’ Unione Europea né le Nazioni Unite erano
disposte a stabilire una missione di peacekeeping in loco, si offrì Volontaria la CSI,
Comunita degli Stati Indipendenti, composta da Russia, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia,
Tagikistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Tagikistan, (Ucraina e Turkmenistan non hanno mai
ratificato il trattato); il mandato di peacekeeping, formalmente sotto tutela della CSI,
prevedeva il dispiegamento in campo del solo contingente di pace russo. Tremila soldati
russi (che non avevano formalmente preso parte al conflitto) furono stanziati lungo il
confine.
Le Nazioni Unite misero a disposizione cento osservatori disarmati in territorio georgiano.
L’Abcasia venne posta sotto embargo dalla stessa CSI (gennaio 1996) e vennero chiusi i
confini con la Russia. L’isolamento abcaso sarebbe durato fino al 1999 e sarebbe costato
alla nuova repubblica all’incirca 11 miliardi di dollari. Il conflitto con l’Abcasia era dunque
terminato, ma non quello contro gli Zviadisti, che si accingevano a riconquistare l’ormai
indifesa Georgia. Questa volta, tuttavia, giunse a Shevardnadze l’inaspettato aiuto di
Mosca; un aiuto certamente non disinteressato. L’esercito georgiano in brevissimo tempo,
supportato da irregolari russi, sconfisse la milizia zviadista, che si ritirò in Abcasia e lo
stesso Gamsakhurdia uscì di scena, suicidandosi misteriosamente nel suo rifugio in
Cecenia. Sebbene la stessa moglie del ex-presidente avesse testimoniato una forte
depressione nel marito, il suicidio, per le modalità e le tempistiche con cui venne
commesso, lascia presumere una partecipazione russa all’atto estremo.
Il prezzo che i Russi chiesero a Shevardnadze per l’aiuto fornito fu tuttavia molto elevato,
poiché la Georgia dovette entrare a pieno titolo nella Comunità degli Stati indipendenti il 9
ottobre 1993. Dovette inoltre siglare nel febbraio del 1994 un accordo di amicizia con
l’ingombrante vicino russo, accompagnato dalla firma di trattati economici, dal consenso
alla permanenza di militari russi nelle ex-basi sovietiche e dall’accettazione del russo
Grachev come ministro della Difesa.
LA GEORGIA NEL CAOS E L’ EPOCA DI SHEVARDNADZE
La neonata Repubblica Georgiana all’arrivo di Shevardnadze, all’inizio del 1992, versava
in condizioni disastrose: come si è visto Ossezia del Sud e Abcasia non nascondevano le
proprie mire indipendentiste e filo-russe, inoltre l’Ajara risultava sempre meno controllabile
da Tbilisi. La struttura dell’apparato economico si stava sfaldando in modo
apparentemente ancor più veloce rispetto allo sfaldamento a territoriale.
Come poté constatare tangibilmente Per Garthon, rapporteur svedese del Parlamento
Europeo in Georgia, l’inflazione aumentava in modo allarmante: il rapido declino della
produzione industriale e agricola era seguito da un’inflazione che raggiungeva il 50-60%
mensile equivalente al 600-720 % annuo.
La nuova valuta, il “coupon”, rendeva gli stranieri sempre più restii all’idea di investire nel
paese: si trattava di una valuta debolissima, in continua svalutazione e priva di potere
d’acquisto. In breve tempo i salari divennero così bassi da non consentire alla popolazione
di pagare sostanzialmente nulla: un coupon valeva all’incirca un centesimo di centesimo di
euro e 1.000 coupon, pertanto, equivalevano a 10 centesimi. 18.000 coupon, il salario
mensile, equivaleva a circa 2 euro. Quasi dieci anni dopo, nel 2002 uno stipendio medio
andava dai 30 ai 100 lari, equivalente a circa 14-54 dollari statunitensi.
Dal 1990 al 1997 ebbe inizio un vero e proprio esodo di lavoratori georgiani verso la
Russia, l’Unione Europea o gli Stati Uniti. Più di un milione di emigrati dal 1990 al 1997
lasciò il paese alla ricerca di ingaggi più remunerativi: circa 134.000 persone all’anno.
Sebbene il tasso di disoccupazione rimanesse elevato (quasi il 14% nel 1999), tale ondata
migratoria consentì un’entrata di capitale straniero grazie alle rimesse.
Shevardnadze si trovava dunque a ereditare un fardello gravoso e difficilmente gestibile.
Eletto a presidente del Consiglio di Stato il 10 marzo 1992 preferì ottenere il potere
attraverso un mandato parlamentare, piuttosto che impossessarsene con la forza. Le
riforme che dovevano essere attuate per salvare la Georgia dal baratro nel quale stava
precipitando erano tutte indissolubilmente collegate: la gestione dell’economia, della
politica estera e di quella interna avrebbero determinato le sorti della Georgia negli anni
successivi.
Il presidente neo-eletto (Edward Shevardnadze venne ufficialmente eletto presidente della
Repubblica Georgiana il 16 novembre 1995, precedentemente aveva ricoperto la figura di
presidente del Parlamento) riconobbe dunque dapprima l’errore politico del suo
predecessore in Ossezia del Sud: l’accettazione georgiana del cambio di status da “oblast
autonomo” a “repubblica autonoma” avrebbe causato molti meno problemi rispetto a un
intervento militare in un territorio impervio e sotto la tutela di Mosca.
La richiesta di scuse che ne seguì e l’apertura a un nuovo dialogo tra Sud-Osseti e
Georgiani sembravano pertanto volte a ricostruire i rapporti tra i due popoli, non
irreparabilmente compromesse.
La guerra in Abcasia aveva invece dato vita a uno scenario del tutto diverso: le strade di
Tbilisi erano affollate da esuli senza casa dei territori conquistati e la partita per l’Abcasia
sembrava lungi dall’esser conclusa; gli osservatori dell’OSCE avevano apertamente
definito gli avvenimenti di Sukhumi “pulizia etnica”, ponendo la Georgia in una posizione di
forza sul piano internazionale.
La terza regione autonoma, l’Ajara, la cui posizione sarebbe risultata di fondamentale
importanza per la Georgia (al confine con la Turchia, acquisterà una grande importanza
strategica per il Paese, poiché vi sarebbe passata la pipeline Baku-Tbilisi-Cheyan),
continuava a essere governata da un signore della guerra locale, Abashidze, più vicino a
Mosca che a Tbilisi.
In Ajara era infatti presente una delle ultime basi sovietiche in territorio georgiano e le più
alte cariche dell’esercito russo vedevano in Abashidze un altro alleato nella lotta contro
Shevardnadze. La repubblica di Ajara dunque, sebbene facesse parte de iure dello stato
georgiano, non intratteneva con quest’ultimo nessuna forma di rapporto, né di dialogo. I
contributi riscossi in Ajara restavano nella regione ed erano costituiti quasi esclusivamente
dalle mazzette guadagnate per concedere il transito di mezzi e merci dalla Turchia alla
capitale Tbilisi.
L’accordo tacito tra Abashidze e Shevardnadze, consisteva proprio nella ricerca di un
modus vivendi attraverso un principio do ut des: l’amministrazione centrale non avrebbe
interferito in alcun modo nella politica interna della regione autonoma, a patto che questa
continuasse a esser parte della Repubblica Georgiana.
Pacificate le relazioni con la Russia grazie ai dialoghi tra il presidente georgiano ed Eltsin,
Shevardnadze non fece mistero di voler avvicinare il proprio paese all’Occidente: al
riconoscimento dell’indipendenza georgiana da parte dell’Unione Europea (23 marzo
1992) seguirono una visita del ministro degli affari esteri tedesco Genscher e l’apertura
dell’Ambasciata statunitense il mese seguente.
La dichiarata lotta alla corruzione, accompagnata da una relativa stabilità interna e dal
prestigio esercitato dalla figura stessa di Shevardnadze, che si era guadagnato la simpatia
e il rispetto dell’Occidente – soprattutto in Germania e negli Stati Uniti – poichè, in qualità
di Ministro degli Esteri dell’Unione Sovietica, era stato promotore della politica di Glasnost
e Perestrojka durante la presidenza Gorbaciov, consentirono un accenno di ripresa
dell’economia georgiana dovuta a un aumento degli investitori stranieri.
L’inflazione, però come visto sopra, galoppava e nella speranza di limitare l’inflazione
legandosi a una valuta forte Shevardnadze nel 1994 fu costretto a presentare alla Russia
la richiesta di integrare la Georgia nella “zona-rublo”, la quale però venne respinta.
Sebbene il presidente esprimesse un sincero desiderio di entrare in Unione Europea, lui
stesso si rendeva conto che raggiungere i parametri standard per l’accesso sarebbe stato
impossibile in breve tempo: ancora nel 2000 le entrate fiscali ammontavano a 25 milioni di
lari, solo il 65 % del previsto, la disoccupazione si attestava attorno al 12% e l’economia
sommersa influiva su quasi il 40% del totale.
Poiché risultava palese che la Russia cercasse di destabilizzare il Caucaso per potervi
giocare di nuovo un ruolo egemonico, in quegl’anni il presidente georgiano intravide
nell’avvicinamento agli Stati Uniti (e quindi, indirettamente, alla NATO) la possibilità di
ottenere un appoggio esterno nella lotta alle repubbliche secessioniste e una garanzia
contro una potenziale minaccia russa.
Nel 1999 la Georgia uscì dalla CSTO (Collective Security Treaty Organization, è
un’alleanza militare nata nel 1992, ma resa funzionale soltanto a partire dal 7 ottobre
2002, composta da Russia, Armenia, Bielorussia, Tagikistan e Kazakhstan. Georgia e
Azerbaigian si sono ritirate dal Patto nel 1999, seguite, nel 2012, dall’ Uzbekistan) e
dichiarò l’intenzione di diventare un membro effettivo della NATO nel 2005.
Tbilisi cominciò a ricevere istruttori dagli Stati Uniti i quali, dopo la chiusura della base
russa di Vaziani nel 2001, ottennero il placet georgiano per utilizzare la base abbandonata
come area di rifornimento per le truppe in Iraq.
Già alla fine degli anni Novanta, la Georgia diede inizio a un ammodernamento
dell’esercito, rifornendosi di nuove armi e apparecchiature da Israele e, in seguito,
dall’Ucraina. Come dimostrazione dell’impegno preso, un contingente georgiano di 200
membri si unì alle forze NATO in Iraq; durante l’era di Mikheil Saakashvili tale contingente
avrebbe raggiunto le 2.000 unità, rendendo la Georgia il più grande paese contribuente
non membro come numero di uomini impiegati sul campo.
Un’altra ambizione di Shevardnadze era la costruzione del BTC: tale progetto faraonico
prevedeva la costruzione di una pipeline che, sfruttando le risorse azere in Mar Caspio,
avrebbe dovuto collegare le città di Baku, Tbilisi e Cheyan (Turchia), per rifornire il grande
mercato turco e, da lì, trasportare il greggio in Europa.
Nel 1999 venne terminato il primo oleodotto non controllato dalla Russia: il BTS (Baku,
Tbilisi, Supsa). Sebbene si trattasse di una pipeline in grado di trasportare
complessivamente poco materiale, la sua realizzazione costituì una svolta materiale e
simbolica per liberare il Caucaso dalla dipendenza dal giogo russo
nell’approvvigionamento di idrocarburi.
La costruzione del BTC sarebbe risultata molto più complessa e costosa del previsto e il
ruolo di maggior peso sarebbe stato giocato da Stati Uniti ed Europa, nel tentativo di
diversificare i propri paesi fornitori.
Come affermò Alexander Rondeli :
“Noi [Georgiani] abbiamo bisogno dell’oleodotto; in questo modo continueremo ad avere
gli Stati Uniti dalla nostra parte contro la Russia. La Georgia non ha nulla da offrire al
mondo, se non la sua posizione geografica”, aggiungendo inoltre che “non è il petrolio in
sé ad avere importanza. Certamente creerebbe nuovi diritti doganali e tasse di transito,
ma, ad ogni modo, quei soldi finirebbero una volta ancora nelle tasche delle persone
sbagliate”.
Queste righe costituiscono un sunto preciso di ciò che rappresenterà, in quel periodo, la
Georgia di Shevardnadze. La sua posizione geostrategica aumentò l’interesse degli
investitori stranieri che vedevano nella piccola Repubblica caucasica un tassello
fondamentale per la costruzione di quella che verrà definita “La Nuova Via della Seta”.
Tuttavia, il fallito tentativo di arginare la corruzione e un nuovo clima di instabilità politica
avrebbero spinto i nuovi attori internazionali occidentali a ridurre progressivamente gli
investimenti in Georgia: per correre ai ripari Shevardnadze si sarebbe dunque trovato
costretto a riavvicinarsi (anche se solo in parte) a Mosca.
Fin dall’ inizio la lotta alla corruzione non aveva dato i risultati sperati: più precisamente si
era creata col tempo una fitta schiera di “alleati” del presidente, meglio noti come membri
del “Circolo di Shevardnadze”, i quali avevano ampia facoltà di azione, quasi fossero
svincolati dalle costrizioni della legge.
Ma cosa aveva portato alla nascita di questa cerchia così vicina al presidente? Sin dal suo
ritorno in patria, Shevardnadze aveva combattuto i signori della guerra locali, che
detenevano il controllo del mercato nero verso la Russia e la Turchia, padroni incontrastati
dell’economia sommersa. Tale lotta aveva portato all’arresto degli stessi Kitovani e
Joseliani e i controlli alle frontiere del nord del paese erano aumentati, anche se molte
merci di contrabbando riuscivano comunque a oltrepassare i confini.
Considerando che combattere da solo il crimine georgiano sarebbe stata un’impresa
ardua senza un appoggio politico-economico alla base, Shevardnadze dovette stringere
accordi con i signori locali, come Abashidze, e con potenti uomini d’affari.
Tali misure risultarono efficaci nella lotta al mercato nero, ma resero il presidente sempre
più vincolato agli interessi dei suoi protettori. Uno dei suoi nipoti, Nugzar, divenne uno
degli uomini più ricchi in Georgia, mentre il neoeletto ministro degli Interni venne coinvolto
in numerosi scandali di tangenti. Sebbene Shevardnadze fosse considerato
complessivamente onesto, l’astio provato dalla popolazione verso la sua cerchia di eletti
andò ad aumentare nel corso dei primi anni del 2000.
“Non è un mistero che far soldi è possibile solo avendo delle buone relazioni [personali]
con Shevardnadze”, affermava in un’intervista al Georgian Messenger, il 30 maggio 2002,
Mikheil Saakashvili, uno dei leader dell’opposizione e futuro successore di Shevardnadze.
Alle elezioni parlamentari del 1999 vennero riscontrate delle irregolarità dagli osservatori
dell’OSCE presenti in loco, ma non sufficientemente gravi da inficiare il carattere
democratico delle elezioni. Di tutt’altro avviso l’opposizione, che cominciò ad accusare il
partito di maggioranza e il presidente stesso. Shalva Natelashvili, leader dei laburisti,
considerò che la Georgia si stava trasformando in “una monarchia post-comunista su
modello azero”.
Non a caso, nonostante il calo di sostenitori registrato nei sondaggi pre-elettorali,
Shevardnadze ottenne un secondo mandato alle presidenziali del 2000.
Il 2 giugno del 2002 vennero riportati brogli elettorali alle elezioni “locali”, una sorta di
prova generale per le ben più importanti parlamentari del 2003 e per le presidenziali del
2005. La mancanza di un censimento attendibile nella Georgia post-indipendenza e
l’ambiguità dei documenti presentati ai seggi (vecchi passaporti sovietici, patenti, libretti
della pensione privi di foto) consentivano a una parte della popolazione di votare svariate
volte in cambio di qualche mazzetta.
L’opposizione intensificò le proteste: a guidarla vi erano Zurab Zhvania, leader dei Verdi, e
Mikheil Saakashvili, leader del Movimento Nazionale. Sebbene il primo fosse il membro
dell’opposizione più conosciuto all’estero (Zhvania era un convinto europeista, parlava
fluentemente l’ inglese, e si era recato più volte in Europa per promuovere l’ idea di una
Georgia europea, e per discutere di altre problematiche con altri membri dei partiti dei
Verdi europei) e per lungo tempo più amato in patria, Saakashvili riuscì ben presto a
essere apprezzato dalla folla grazie alla sue aspre critiche contro il presidente: lo slogan
del Movimento Nazionale era “Georgia senza Shevardnadze”.
Dal 2003 la politica estera di Shevardnadze si fece sempre più sfumata e ambigua:
Shevardnadze era filo-occidentale per una questione di immagine, non per una ragione
ideologica. Da un lato aumentarono le spese militari, accompagnate da un invio di truppe
in Iraq, dall’altro le pressioni per entrare a far parte il prima possibile della NATO andarono
affievolendosi e il ritiro delle truppe russe dalle basi in Georgia non costituì più una priorità.
Se la costruzione degli oleodotti BTC BTS era incontrovertibilmente volta a sottrarsi dal
giogo russo, così la riapertura della linea ferroviaria per Soci attraverso l’Abcasia e dei
nuovi accordi siglati con Gazprom sembravano avvicinare nuovamente Tbilisi a Mosca.
Tale ambiguità non venne accolta positivamente dalle cancellerie occidentali e anche la
popolazione, che non aveva visto alcun cambiamento considerevole del tenore di vita in
dieci anni, era ormai stufa della politica di Shevardnadze.
Un nuovo triumvirato composto da Zhvania, Nino Burjanadze (futuro presidente georgiano
ad interim) e Saakashvili, appoggiati dalla popolazione e probabilmente dall’Occidente,
avrebbe dato vita a una serie di proteste pacifiche, la cosiddetta “Rivoluzione delle Rose”,
che avrebbe portato all’uscita di Shevardnadze dalla vita pubblica.
GLI STATI UNITI IN GEORGIA. UNA DEMOCRAZIA DI COMODO
L’occidentalizzazione della Georgia doveva tuttavia avere una base ideologica: la
democrazia. Si tratta però di un espediente che molti autori trovano semplicemente
funzionale alla politica di espansionismo statunitense e di allargamento della NATO.
Un caloroso discorso di George W. Bush spiegava infatti che: “Dalla Rivoluzione delle
Rose nel 2003, il popolo georgiano ha tenuto delle libere elezioni, ha spianato la strada ad
una crescita economica e ha costruito le fondamenta per una democrazia prospera”.
Il fatto che uno studio di Reporter Senza Frontiere abbia constatato un peggioramento
nella libertà di stampa, facendo slittare la Georgia dal 73° al 93° posto dal 2003 al 2005 e
che l’opposizione abbia accusato Saakashvili di clientelarismo, corruzione e autoritarismo
è stato a lungo trascurato dalle cancellerie occidentali.
Anche la definizione stessa di “elezioni libere” sembrava stridere con gli avvenimenti reali:
il filo-occidentale e democratico Saakhasvili, sebbene fosse stato eletto con una
maggioranza quasi bulgara di voti nel 2003 (97,4) anche se in realtà nel 2003 Saakashvili
era l’uomo del momento, un leader carismatico, la figura chiave della “Rivoluzione delle
Rose”; mancava in Georgia una vera opposizione, né un possibile rivale per il futuro
presidente, alle presidenziali del 2008 aveva vinto sì alla prima tornata elettorale, ma con
un 53,47% di voti, accompagnato da accuse di brogli da molti osservatori internazionali.
Ciò che contava per l’Occidente erano altri avvenimenti, di minor importanza forse, ma che
testimoniavano l’esistenza di una Georgia molto vicina all’Europa e agli Stati Uniti: una
delle strade più importanti di Tbilisi era stata nominata George W. Bush Avenue in seguito
alla visita del presidente nel 2005 e Saakashvili aveva dato inizio alla costruzione del
nuovo palazzo presidenziale costruito da un architetto italiano su modello della Casa
Bianca a Washington. Il fatto che fosse costato 12 milioni di lari, circa lo 0,2 % dell’intero
budget statale non venne nemmeno menzionato.
Nel 2008 i principali partner commerciali di Tbilisi erano ormai tutte potenze regionali che
avevano scavalcato la Russia, diminuendo l’influenza che Mosca aveva avuto sulla
Georgia di Shevardnadze: Turchia, Azerbaigian, Ucraina e Germania avevano infatti
declassato la Russia al quinto posto.
Come sottolinea Julien Zarafiran nel suo testo “Les Etats-Unis au Sud Caucase
postsovietique” “Non si è più davvero sicuri che gli Stati Uniti sostengano qui la
“democrazia” che trova difficoltà ad affermarsi appieno in Georgia. Loro sostengono
piuttosto uno stato, grazie al quale la promozione della democrazia ha permesso un
avvicinamento significativo e che è diventato un alleato”.
La decisione americana di adottare una politica di “soft power” nel Caucaso sarà solo il
primo passo verso una politica di “hard power”. Come già analizzato precedentemente, il
neonato esercito georgiano non era stato in grado di riaffermare lo status quo pre-1989
nelle regioni secessioniste, né tantomeno sarebbe stato in grado di contrastare un attacco
russo, nell’eventualità (non troppo remota) in cui gli attriti tra Mosca e Tbilisi fossero
degenerati in un conflitto aperto.
Oltre al sostegno economico in aiuto all’ideale democratico, giunsero in Georgia contributi
altrettanto generosi per il rafforzamento della Difesa georgiana. Un esercito forte avrebbe
permesso a Saakashvili di ottenere un maggiore consenso interno, facendo leva sulla
possibilità di attaccare le due regioni (ormai dichiaratesi indipendenti) e riportarle sotto il
controllo di Tbilisi.
La formazione di battaglioni addestrati dalle truppe americane nella lotta contro il
terrorismo internazionale avrebbe potuto ridurre le accuse di incompetenza (rivolte dai
Russi) dell’esercito georgiano per quanto concerneva il controllo dei confini nella vallata
del Pankisi. I migliori reparti dell’esercito georgiano sarebbero stati mandati in Iraq e
Afghanistan, avvicinando sempre più la Georgia alla NATO. Un ammodernamento radicale
dell’esercito avrebbe implicato un acquisto massiccio di nuovi armamenti statunitensi,
israeliani e, in seguito, ucraini.
La Georgia cominciò a ricevere aiuti americani già dal 1994 attraverso l’“International
Military Education Training” volto appunto ad addestrare il neonato esercito georgiano,
ricevendo 2,5 milioni di dollari dal 1994 al 2001 (epoca Shevarnadze) solo attraverso
questo programma. In totale, nello stesso periodo, i fondi americani stanziati per un
miglioramento della difesa georgiana ammontano a più di 40 milioni di dollari.
La crisi successiva alla guerra in Cecenia portò gli Stati Uniti a compiere un ulteriore
passo: attraverso il “Train and Equip Program”, dal 2002 al 2004, l’invio di istruttori
dell’esercito statunitense in Georgia fu accompagnato dalla vendita di autovetture, camion
(circa 150), pezzi di ricambio per aerei da guerra, munizioni, carburante, divise e
strumentazione radio.
Ben 150 milioni di dollari vennero stanziati in 12 anni attraverso il “Georgia Border Security
and Low Enforcement”, una soluzione-escamotage volta ad addestrare le truppe
georgiane senza che ciò potesse formalmente costituire una minaccia per Mosca: il
programma infatti mirava a rafforzare il controllo sulle regioni di confine a Nord della
Georgia, bloccando l’attività di contrabbando transfrontaliera e dichiarando guerra al
terrorismo internazionale. Aumentando i controlli nella vallata del Pankisi, Georgia e
Russia appianavano le divergenze d’opinione sulla questione cecena, dal momento che
Tbilisi stessa si era impegnata a fronteggiare i ribelli ai confini.
Forte dei contributi ricevuti, la Georgia si impegnò, sia con Shevardnadze che con
Saakashvili, a partecipare alle missioni NATO, fornendo un contributo non trascurabile.
Nel 1999 la Repubblica Georgiana prende parte alla missione in Kosovo, mettendo a
disposizione circa 150 uomini raggruppati in reggimenti tedeschi e turchi. L’impegno si
sarebbe fatto progressivamente maggiore durante la guerra in Iraq: dal 2003 al 2008
sarebbero stati impiegati quasi 4000 soldati georgiani, che avrebbero costituito la terza
forza numerica dopo Stati Uniti e Regno Unito.
Durante la missione ISAF in Afghanistan lo spazio aereo georgiano venne aperto alla
NATO, causando non pochi attriti con la Russia, e Tbilisi firmò il “Partnership Action Plan
on Terrorism”, fornendo un contributo ufficiale alla lotta al terrorismo. Nel 2012 la Georgia
sarà il primo paese non NATO, in quanto a numero di soldati in campo, con ben 1685
uomini. A fronte degli sforzi militari compiuti in supporto delle forze NATO, nel 2005 la
Georgia firmò con la NATO un Piano di Azione Individuale (MAP) nella speranza di essere
totalmente integrata come membro della struttura Nord Atlantica.
Nonostante la forte pressione degli Stati Uniti, al summit di Bucarest del 2008 né la
Georgia né l’Ucraina riuscirono a ottenere il riconoscimento come membri. Non bisogna
trascurare infatti il ruolo di Francia e Germania sia come potenze NATO sia come partner
commerciali della Russia. Una presa di posizione troppo marcata, con l’entrata delle due
repubbliche all’interno dell’Alleanza, avrebbe potuto compromettere i rapporti con Mosca.
Il fallimento del Summit di Bucarest avrebbe avuto conseguenze dannose sia per la
Georgia, che per gli Stati Uniti: un processo di cooperazione economica e militare durato
più di un decennio subiva una brusca battuta d’arresto che rischiava di rovinare le relazioni
tra i due stati e di lasciare esposta la Georgia, ormai considerata alleato statunitense, a
dure ripercussioni russe.
È importante considerare che il cambiamento della politica estera russa con Putin rendeva
la Georgia un bersaglio vulnerabile: Saakashvili aveva resistito alle pressioni e alle
minacce di Mosca dal giorno del sua nomina a presidente, convinto che gli sforzi fatti
sarebbero stati premiati con accesso alla NATO come membro e non come partner. Tale
accesso avrebbe permesso alla Georgia un intervento deciso contro le repubbliche di
Abcasia e Ossezia meridionale volto a tutelare l’integrità della Nazione. Forte di una
protezione dalla NATO, non avrebbe dovuto temere un attacco da parte russa, protettrice
dell’indipendenza delle due repubbliche autonome. Il fallimento di Bucarest creò una
doppia complicazione: il mancato intervento contro le repubbliche abcase e sud ossete
avrebbe potuto creare una crisi interna e aumentare il dissenso popolare e, al tempo
stesso, un intervento avrebbe potuto portare ad un attacco russo volto a difendere le due
repubbliche alleate.
LA GEORGIA DI SAAKAŠVILI
Alle elezioni del 4 gennaio 2004 Mikheil Saakašvili ottenne una vittoria schiacciante (il
96% dei voti validi) con la promessa di combattere la piaga della corruzione e del
nepotismo che ostacolavano lo sviluppo economico del paese. La "Rivoluzione delle rose"
(chiamata così perché ottenuta senza nessuno spargimento di sangue) dimostrò a tutte le
repubbliche caucasiche dell'ex Unione Sovietica come l'avvento della democrazia nella
regione potesse trasformarsi da lontana speranza a realtà.
A febbraio, il parlamento approva una riforma costituzionale che rafforza le competenze
del presidente della repubblica. Il nuovo presidente deve affrontare molti problemi: più di
230.000 profughi in fuga dalle zone separatiste hanno messo a dura prova l'economia
georgiana; la pace nelle regioni separatiste di Abkhazia ed Ossezia del sud, sorvegliate
dal contingente di pace delle Nazioni Unite e dalle forze armate della Russia, rimane
fragile; la risoluzione dei problemi che hanno portato alla nascita di conflitti locali è ancora
lontana.
La questione della regione separatista dell'Ajaria viene risolta abbastanza rapidamente: il
capo separatista Aslan Abashidze rifiuta dapprima di applicare il decreto del governo
Saakašvili mirante a riprendere il controllo dell'Ajaria, ed entrambe le parti hanno
mobilitato le loro forze per prepararsi apparentemente per un confronto militare:
l'ultimatum di Saakašvili e l'effettiva minaccia di un'azione di forza provocano tuttavia la
fuga di Abashidze.
I rapporti con la Russia rimangono problematici a motivo del sostegno economico e
militare di quest'ultima nei confronti dei governi separatisti di Abkhazia ed Ossezia del sud.
Le truppe russe tuttora mantengono due basi militari, sotto la facciata di contingente di
pace in queste regioni, nonostante i reiterati inviti del governo di Tbilisi a ritirarli.
L'integrazione nella NATO e nell'UE rimane il principale obiettivo della politica estere della
Georgia. Il 29 ottobre 2004, il Consiglio dell'Atlantico del nord (NAC) della NATO ha
approvato il piano d'azione specifico di associazione (IPAP) per la Georgia: la Georgia è la
prima fra i paesi associati alla NATO che ha portato a termine con successo questa
operazione. La Georgia continua a sostenere le forze di coalizione nell'Iraq. Il giorno 8
novembre 2004, 300 soldati georgiani supplementari sono state inviate nell'Iraq. Il governo
georgiano si è impegnato ad inviare un totale di 850 soldati in Iraq nelle forze di protezione
della missione dell'ONU. Con l'aumento dei soldati georgiani in Iraq, gli Stati Uniti
addestreranno i 4 mila soldati georgiani supplementari all'interno delle strutture del
programma (GTEP) di cui la Georgia fa parte.
Il governo georgiano è impegnato nella riforma economica in collaborazione con la banca
mondiale e con l'FMI (fondo monetario internazionale) e punta molto sulla rinascita
dell'antica via della seta come corridoio euroasiatico, sfruttando la posizione geografica
della Georgia come ponte per il transito delle merci fra Europa ed Asia. Saakašvili si è
impegnato per migliorare l'economia in generale e specificamente per aumentare le paghe
e le pensioni, come pure per eliminare la corruzione e riportare alle casse statali i
guadagni illeciti dei politici del governo precedente.
Nel febbraio 2005 il primo ministro Zurab Zhvania è stato assassinato e Zurab Nogaideli è
stato nominato come nuovo primo ministro.
Il 9-10 maggio 2005 la Georgia è stata visitata dal presidente USA George W. Bush, che
ha incontrato di Mikheil Saakašvili e un gruppo di parlamentari georgiani. Nel 2006
Saakašvili era ancora sotto pressione per la mancata attuazione delle riforme promesse in
campagna elettorale. Le organizzazioni come Amnesty International hanno seria
preoccupazioni per quel che riguarda il rispetto dei diritti dell'uomo. La disoccupazione, le
pensioni e corruzione eccessive e la continua disputa sull'Abkhazia hanno notevolmente
diminuito la popolarità di Saakašvili nel paese. I rapporti della Georgia con la Russia erano
al punto più basso nella storia moderna dovuto alla polemica sulla arresto di quattro
ufficiali russi accusati di spionaggio in Georgia (poi estradati in Russia).
Con l'incidente delle spie la Russia impose da ottobre un embargo aereo, marino e
postale, l'arresto di georgiani accusati di crimine organizzato e di aver favorito l'espatrio di
georgiani in territorio russo. La Russia oltretutto minacciava di raddoppiare il prezzo del
metano venduto alla Georgia. Da parte sua la Georgia minacciava di porre il veto
all'ingresso della Russia nel WTO.
LA GUERRA IN OSSEZIA NEL 2008
Nell'agosto 2008 nuovi scontri in Ossezia del Sud sono sfociati nell'avanzata delle forze
georgiane nella regione e nella reazione russa con il bombardamento del porto di Poti, un
importante centro strategico per la distribuzione di carburante nel Mar Nero e la cacciata
degli attaccanti. La Georgia ha proclamato la mobilitazione generale, dichiarando lo stato
di guerra. Nel proseguo delle operazioni militari che interessano l'area l'esercito russo ha
inviato truppe in Ossezia e Abcasia, schierandosi a fianco dei secessionisti. Nei giorni
seguenti le operazioni russe non si sono limitate all'area contesa, ma hanno coinvolto
anche il territorio della Georgia quando le truppe dell'Armata Russa hanno occupato la
città di Gori a 90 km da Tbilisi, la città di Poti ed altre località minori, costringendo i
georgiani a ripiegare per difendere la capitale. Un accordo preliminare sul cessate il fuoco
è stato firmato da Georgia e Russia il 15 agosto 2008. Lo Stato Maggiore dell'esercito
russo ha dichiarato di aver completato il ritiro dalle zone occupate in Georgia entro 10
giorni, mentre la parte georgiana osserva che esistono ancora posti di blocco russi nel suo
territorio e che il ritiro dal porto di Poti non è stato completato. Il Parlamento georgiano,
riunito in seduta straordinaria, ha prorogato lo stato di guerra fino all'8 settembre 2008.
La Russia ha riconosciuto l'indipendenza di Ossezia del Sud ed Abcasia il 26 agosto 2008,
sottoscrivendo successivamente accordi militari con le due repubbliche.
4. SITUAZIONE ATTUALE
La Georgia è grande circa un quarto dell'Italia ed occupa quasi la metà del Caucaso, quel
territorio compreso tra le due catene montuose del Grande Caucaso a nord e del Piccolo
Caucaso a sud e dal Mar Nero a ovest e il Mar Caspio a est.
La Georgia è suddivisa in 2 repubbliche autonome costituite già in epoca sovietica, 1 città
capitale (k'alak'i) e 9 altre regioni (mkhare), stabilite provvisoriamente fra il 1994 e il 1996,
69 province (raioni).
1 Abcasia (Sukhumi)
2 Samegrelo-Zemo Svaneti (Zugdidi)
3 Guria (Ozurgeti)
4 Agiaria (Batumi)
5 Racha-Lechkhumi e Kvemo Svaneti
(Ambrolauri)
6 Imereti (Kutaisi)
7 Samtskhe-Javakheti (Akhaltsikhe)
8 Shida Kartli (Gori)
9 Mtskheta-Mtianeti (Mtskheta)
10 Kvemo Kartli (Rustavi)
11 Kakheti (Telavi)
12 Tbilisi (Tbilisi)
Il distretto amministrativo autonomo della Ossezia del Sud (Tskhinvali), già nota come
Samachablo o regione di Tskhinvali e facente parte della regione Shida Kartli, non è una
delle repubbliche autonome ed è stato il teatro di un persistente conflitto militare a partire
dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica per ottenere l'indipendenza dalla Georgia. L'8
agosto 2008 la Georgia ha lanciato un'offensiva per riguadagnare l'Ossezia del Sud al suo
controllo. In risposta all'intervento georgiano, la Russia è intervenuta militarmente
occupando l'Ossezia meridionale ed una zona cuscinetto ai suoi confini all'interno della
Georgia.
4.1 SITUAZIONE SOCIALE
La Georgia, per la sua posizione strategica tra Europa ed Asia, ha un patrimonio culturale
ed una diversità demografica molto ricche. La popolazione della Georgia è di circa
3.729.500 abitanti (Geostat, 2015) e si estende su un territorio di 69.700 chilometri
quadrati. La città più popolosa del paese è la capitale Tbilisi, che è l'unica a superare il
milione di abitanti. Altre città, di popolazione nettamente minore, sono: Kutaisi, seconda
città del paese con i suoi 200.000 abitanti, Batumi, vicina al confine turco, e Rustavi, che è
stata la prima città georgiana ad ospitare un'industria metallurgica. Le restanti città non
raggiungono i 100.000 abitanti.
La Georgia è un insieme di nazionalità e identità regionali diverse, alcune meglio integrate
di altre. Nei casi più critici tale fenomeno ha portato alla secessione e alla guerra (come è
accaduto con l’Abkhazia e l’Ossezia del sud, entrambe regioni con lingue che presentano
notevoli peculiarità e popolazioni che non si considerano georgiane). Circa 250.000
persone di etnia georgiana sono state costrette ad abbandonare l’Abkhazia durante il
conflitto del 1992-1993 e la loro posizione giuridica spesso è ancora quella di rifugiato
politico interno. Altri gruppi etnici che parlano lingue per certi versi riconducibili al
georgiano, come le comunità che vivono nel Samegrelo e nello Svaneti, sono riusciti a
mantenere la loro identità culturale senza separazioni o conflitti. I georgiani sono attorno
all'83,8%, dell'attuale popolazione. Gli altri principali gruppi etnici includono gli azeri, che
sono il 6,5% della popolazione, armeni 5,7%, russi 1,5%, abcasi e osseti. Anche altri
numerosi piccoli gruppi etnici vivono nel paese inclusi assiri, ceceni, cinesi, ebrei
georgiani, greci, curdi, turchi e ucraini. In particolare, la comunità ebraica georgiana è una
delle più vecchie comunità ebraiche del mondo.
La Georgia esibisce anche una significativa diversità linguistica. All'interno della famiglia
delle lingue caucasiche meridionali sono parlati il georgiano, il laz, il mingreliano e lo svan.
Il georgiano, la lingua ufficiale, è parlata dal 71% della popolazione, il 9% parla russo, il
7% armeno, il 6% azero, e il 7% le altre lingue.
La Chiesa apostolica autocefala ortodossa georgiana è una delle più antiche chiese
cristiane del mondo, fondata nel I secolo d.C. dall'apostolo Andrea. Nella prima metà del
IV secolo d.C. il Cristianesimo venne adottato come la religione di Stato. Questo ha
portato un forte senso di comunità che ha aiutato a preservare l’identità nazionale
georgiana nonostante i ripetuti periodi di occupazioni straniere e tentativi d'assimilazione.
Dalla fine dell’epoca sovietica la chiesa russo-ortodossa ha vissuto una grande rinascita.
Sono state restaurate molte chiese antiche e i monasteri e conventi si sono ripopolati di
monaci e suore. Solo un piccolo numero di georgiani, prevalentemente nell’Adjara, è
musulmano, così come la popolazione azera del paese, mentre gli armeni appartengono
per lo più alla chiesa cristiano apostolica armena. In accordo con la costituzione della
Georgia, le istituzioni religiose sono separate dal governo e ogni cittadino ha il diritto di
professare liberamente la propria fede religiosa. Comunque, più dell'82% della
popolazione della Georgia pratica la confessione cristiano ortodossa e la Chiesa
Ortodossa Georgiana è un'influente istituzione nel paese.
La disoccupazione è il problema principale della Georgia e riguarda soprattutto i giovani.
Due terzi della popolazione dai 20 ai 24 anni è senza lavoro. Le promesse del Governo
georgiano di creare nuovi posti di lavoro sta creando discussioni, in molti sostengono che i
posti di lavoro vengono creati dall’economia, non da un Ministero. La povertà è cresciuta
del 22.7% nel 2010, del 23% nel 2011 e oggi ancora il 9,2% della popolazione vive al di
sotto della soglia di povertà. La disoccupazione rimane alta (14.9% secondo le stime del
2015; disoccupazione giovanile stimata attorno al 30%). Il calo notevole di giovani formati
e pronti al lavoro, tanto intellettuale quanto fisico, si accompagna a un senso di sfiducia
crescente e al grande desiderio di emigrare all’estero. Il vice presidente del Congresso
delle Nazioni Chviča Tolordava afferma che “l’autorità dovrebbe preoccuparsi della
creazione di un ambiente necessario per lo sviluppo economico, il Governo si focalizza
solo sul settore turistico, mentre i giovani, ai quali è destinato il programma, non ne
ricaverà benefici. La paura è che la gioventù georgiana si trasformi in personale di servizio
di quegli europei che arrivano qui in vacanza, e non sono nemmeno tanti. Non hanno
bisogno di personale qualificato, ma di camerieri, inservienti di albergo, portieri e simili
oggi in Georgia si riesce a trovare lavoro solo nel settore delle banche o nella polizia”. Nel
primo caso, non senza l’aiuto delle conoscenze, mentre il servizio nella polizia perde
popolarità a vista d’occhio. I giovani non hanno stimoli ad intraprendere alcuna
professione. Non vedono il senso dell’ottenimento di un diploma, visto che nemmeno con
questo si riesce a trovare lavoro. L’incentivo scompare anche a partire dalla scuola.
Frequentare un Istituto di alta formazione costa 20 000 lari all’anno (pari a 12 000 dollari).
Uno stipendio medio è di 323 lari (195 dollari) e circa un terzo della popolazione vive in
povertà.
Il sistema educativo della Georgia ha subito radicali riforme di modernizzazione, anche se
dolorose e controverse, a partire dal 2004. Il tasso di alfabetizzazione degli adulti in
Georgia è dato al 100%. L'istruzione è obbligatoria per tutti i bambini di età compresa tra i
6 e i 14 anni.
Il sistema scolastico è diviso in elementari (6 anni, fascia d'età 6-12 anni), base (3 anni,
fascia d'età 12-15), e secondaria (3 anni, livello d'età 15-18 anni), o in alternativa gli studi
professionali (2 anni). Gli studenti con un diploma di scuola media hanno accesso
all'istruzione superiore. Solo gli studenti che hanno superato l'esame nazionale unificato,
possono iscriversi in un istituto statale di istruzione superiore, sulla base di graduatoria dei
punteggi che lui / lei hanno ricevuto agli esami. La maggior parte di queste istituzioni
offrono tre livelli di studio: un programma di Bachelor (3-4 anni), un programma di Master
(2 anni), e un programma di dottorato (3 anni). Vi è anche un programma di specialista
certificato che rappresenta un unico programma di istruzione di più alto livello della durata
di 3-6 anni
La Welfare Monitoring Survey, inchiesta condotta dall’UNICEF ha rivelato che la povertà
dei bambini abbandonati è in crescita nell’annata 2013-2014. Il livello di povertà cresce tra
i bambini del 50% in più rispetto al resto della popolazione. Il Governo con il supporto
dell’UE e dell’UNICEF negli ultimi anni sta sviluppando dei servizi e sistemi per migliorare
la situazione dei bambini abbandonati in strada.
Nel 2013 la Georgia ha fatto notevoli progressi nel tentativo di eliminare le peggiori forme
di degrado e povertà in cui versano molti minori. In particolare, nel tentativo di combattere
il lavoro minorile, ha promosso diversi interventi contro questa forma di sfruttamento: ha
svolto una raccolta dati per l’analisi della situazione sul lavoro minorile e ha fatto degli
sforzi enormi per rafforzare la legge e aderire agli standard internazionali che riguardano i
diritti dell’infanzia. Ha continuato la riforma del sistema degli istituti statali di accoglienza
degli orfani o istituzioni simili per cercare di fornire una migliore assistenza ai bambini
abbandonati e collegare i minori con tutori e famiglie allargate. Nonostante i notevoli sforzi,
i dati sul lavoro minorile e sull’abbandono familiare riportano ancora l’elevato
coinvolgimento dei bambini nel settore agricolo e nell’elemosina per strada, quest’ultima è
considerate tra le peggiori forme di sfruttamento minorile. Nella lotta alla
deistituzionalizzazione dei minori abbandonati e in generale nell’assistenza ai bambini in
estrema povertà, il Ministero degli Affari Sociali georgiano ha attuato una forte campagna
e ha sviluppato un piano 2010-2012 per chiudere i grandi istituti di accoglienza per
bambini e orfanotrofi minori e sostituirli con delle piccole case accoglienza (non più di 8-10
bambini), il reintegro famigliare, l’adozione e altre forme più consone e umane per la
crescita dei bambini.
Altro gruppo svantaggiato è sicuramente quello delle persone con disabilità o bambini con
bisogni speciali. Oltre a non ricevere l’aiuto necessario dallo Stato, spesso, nonostante la
legge georgiana lo vieti, questi bambini vengono esclusi dalla partecipazione alle scuole
pubbliche e alla vita sociale. Infatti, oltre a mancare le strutture adeguate, come rampe o
ascensori, gli insegnanti non sono preparati e manca lo staff di accompagnamento.
Ovviamente questo problema si ripresenta non solamente alla scuola primaria, ma a tutti i
livelli, fino a condizionare il futuro lavorativo di queste persone.
4.2 SITUAZIONE POLITICA INTERNA
In base alla costituzione la Georgia è una repubblica democratica semipresidenziale, con il
Presidente della repubblica come capo di Stato, e il Primo Ministro come capo del
governo. Il potere esecutivo è composto dal Presidente e dal Gabinetto della Georgia. Il
gabinetto è composto dai ministri con a capo il Primo Ministro, nominato dal Presidente. In
particolare, i ministri della difesa e dell'interno non sono membri del Gabinetto e sono
direttamente subordinati al Presidente della Georgia. Il potere legislativo è detenuto dal
Parlamento, il quale è unicamerale composto da 150 deputati, dei quali 75 membri sono
eletti con un sistema a rappresentanza proporzionale e 75 sono eletti attraverso un singolo
membro di distretto in un sistema di pluralità, che rappresentano i loro elettori. I membri
del parlamento sono eletti per un mandato di cinque anni. La Georgia ha una Corte
Suprema, con giudici eletti dal parlamento su raccomandazione del Presidente, e una
Corte costituzionale.
L’attuale presidente della repubblica è il candidato della coalizione governativa “Sogno
georgiano”, Georgij Margvelashvili, filosofo di formazione, che prima dell’avvio della
campagna elettorale rivestiva la carica di ministro dell’Istruzione.
Gli ultimi due anni e mezzo di governo del Sogno Georgiano sono stati caratterizzati da
una serie di alti e bassi: partiti con un grande entusiasmo, e forti di un largo consenso
popolare, derivato dal fatto di essere la “novità” sulla scena politica georgiana, gli uomini di
Ivanishvili (fondatore del Sogno Georgiano), hanno però via via deluso le aspettative dei
cittadini, a causa dell’impossibilità di realizzare le troppe promesse fatte durante la
campagna elettorale. Il Sogno Georgiano ha comunque avuto il merito di aver ripulito il
paese dalla vecchia e contestata classe dirigente, sostituita però con un’altra che si è
rivelata altrettanto discutibile.
Negli ultimi due anni il Sogno Georgiano ha avviato diverse riforme, sotto pressione
dell’Europa, che hanno fatto segnalare passi in avanti in alcuni settori, anche se sotto
questo aspetto il lavoro da fare è ancora tanto, soprattutto per quanto riguarda il settore
della giustizia. Le tasse e le imposte sono state generalmente ridotte, a discapito però dei
servizi concessi ai cittadini. Intanto però i georgiani continuano a dover convivere con una
situazione precaria: la crisi economica continua a dilaniare il paese, ma il governo sembra
finora muoversi solo a piccoli passi, senza aver portato sino a questo momento
miglioramenti significativi nella vita dei cittadini.
In vista delle prossime elezioni, fissate per il 2016, oltre ai problemi interni causati dalla
recente frammentazione della coalizione, che preoccupano il Sogno Georgiano, il partito
dovrà cercare di risolvere il problema del sempre maggiore disinteresse dei cittadini nei
confronti della partecipazione politica, generato da una crescente disillusione causata
dalla difficile situazione economica in cui versa da anni il paese e dalle tante promesse
fatte a suo tempo da Ivanishvili ma mai mantenute. Se nell’ottobre del 2012 in occasione
delle elezioni parlamentari l’affluenza alle urne fu del 59%, in occasione delle elezioni
presidenziali dell’anno successivo l’affluenza scese al 47%, per poi calare ancora al 43%
al momento delle elezioni comunali del 2014.
Nonostante il crescente disinteresse della popolazione nei confronti della politica, però, il
Sogno Georgiano partirà come favorito anche alle prossime elezioni parlamentari, dove il
governo cercherà ancora una volta la fiducia dei georgiani. Il risultato però non sarà per
nulla scontato: lo stesso Movimento Nazionale Unito di Saakashvili era stato dato come
favorito nel 2012, salvo poi essere malamente sconfitto dall’emergente partito di
Ivanishvili. E proprio il Movimento Nazionale Unito, in vista delle prossime elezioni,
cercherà di strappare nuovamente la leadership del paese agli uomini del Sogno
Georgiano, sperando in un nuovo colpo di scena.
4.3 POLITICA ESTERA
La Georgia mantiene buone relazioni con i suoi diretti confinanti Armenia, Azerbaigian e
Turchia e partecipa attivamente nelle organizzazioni, come il Consiglio Economico del Mar
Nero e il GUAM. La Georgia mantiene anche relazioni politiche, economiche e militari con
il Giappone, Corea del Sud, Israele, Ucraina e molti altri paesi. La crescente influenza
degli Stati Uniti d'America e dell'Unione Europea in Georgia, in particolare attraverso la
proposta di membership con la NATO, gli Stati Uniti d'America con il programma
d'assistenza militare d'addestramento e equipaggiamento e la costruzione dell'Oleodotto
Baku-Tbilisi-Ceyhan, hanno reso tese le relazioni di Tbilisi con Mosca.
Tbilisi è in paziente attesa dello status di paese pre-aderente – l’agognato membership
action plan (MAP) – dalla primavera del 2008, quando al summit di Bucarest i vertici
dell’alleanza delinearono la politica “della porta aperta”, trovandosi d’accordo sulla futura
adesione della Georgia senza concordarne però la data. La Georgia ha tutte le carte in
regola, dal 2004 un’ondata di riforme ha cambiato il volto del paese che oggi spunta quasi
tutte le caselle per democrazia e trasparenza. È parte integrante del partenariato orientale
dell’Unione europea e nel giugno del 2014 ha firmato l’accordo di associazione e l’accordo
di libero scambio con i paesi membri. Le forze militari georgiane sono in prima linea nelle
missioni Nato e la lotta alla corruzione ha portato il paese al 50° posto dell’indice annuale
di Transparency International nel 2015 (era al 99° nel 2006). Ciò che rallenta i lavori è la
consapevolezza che la Georgia ha un enorme valore strategico e la sua posizione nello
spazio post-sovietico, che il Cremlino considera la sua sfera d’influenza, non rende facile
la decisione.
Negli ultimi mesi da Tbilisi sono arrivati segnali a prima vista contraddittori in merito alle
future strategie geopolitiche del Paese. In un incontro con l’alto comandante dell’esercito
USA in Europa Ben Hodges la ministra della Difesa georgiana Khidasheli ha dichiarato
pubblicamente come gli USA stiano portando avanti delle esercitazioni al fine di valutare la
tempistica e la capacità di reazione in caso di un’aggressione russa. I toni di Hodges nei
confronti della Russia non sono mai stati amichevoli, ma il fatto che esponenti del Governo
georgiano abbiano confermato pubblicamente l’esistenza di piani di difesa anti-russi
segnala la volontà di qualificarsi con Mosca come un interlocutore di pari livello. La
Georgia vuole dimostrare di essere pronta a rispondere a eventuali aggressioni sfruttando
l’aiuto dei propri alleati. Contestualmente, però, si evince il tentativo di voler normalizzare i
rapporti con il potente vicino. La reazione di Tbilisi è giunta, infatti, dopo che Mosca aveva
avviato nelle settimane precedenti i lavori di ripristino del collegamento ferroviario con
l’Abhkazia del Sud. La Repubblica è stata riconosciuta come indipendente dalla Russia a
seguito del conflitto del 2008, ma per la Georgia resta parte integrante del proprio
territorio. Il Governo e i media di Tbilisi hanno visto l’azione come una provocazione: nel
2008 quello stesso collegamento ferroviario venne, infatti, usato dall’esercito russo per il
trasporto delle proprie truppe. L’aver invitato il generale americano è servito quindi anche
a segnalare a Mosca il fatto che il Governo georgiano non tollererebbe eventuali ulteriori
provocazioni. Pochi giorni dopo l’incontro con Hodges, altri membri del Governo georgiano
hanno più volte sottolineato come i rapporti tra il loro Paese e Mosca abbiano superato le
criticità registrate nel 2008. Lo stesso accordo di associazione con l’UE – siglato nel 2014
– non sarebbe stato osteggiato dalla Russia. Parallelamente, il ministro degli Esteri di
Tbilisi ha dichiarato come tale accordo, oltre all’eventuale ingresso nella NATO, non avrà
effetti sulle questioni legate alla definizione dello status dell’Abhkazia e dell’Ossezia del
Sud. Per quanto riguarda il futuro delle due Repubbliche indipendentiste sarebbero, infatti,
necessarie soluzioni di lungo periodo che non contemplerebbero l’opzione militare.
La tentazione da parte georgiana di risolvere a suo favore la disputa relativa alle due
Repubbliche indipendentiste anche grazie all’aiuto degli alleati occidentali non va
comunque sottovalutata. È difficile però ipotizzare che tali opzioni possano trovare sbocco
nel breve periodo. Allo stato attuale né Mosca, né tantomeno Washington e i suoi alleati
possono permettersi di avviare nuove contese. La questione ucraina e gli sviluppi della
crisi siriana impegneranno i contendenti per i prossimi mesi – forse anni – e fino ad allora
nessuno dei due big player dovrebbe avere interesse a rischiare un’escalation per
eventuali colpi di testa del Governo di Tbilisi. Come già evidenziato, nel breve periodo sarà
dunque difficile che a Tbilisi siano concessi quei margini di manovra che possano
riaccendere la disputa con Mosca. Contestualmente, anche le aperture che Washington e
gli alleati europei saranno disposti a fare al Governo georgiano serviranno probabilmente
da un lato a tranquillizzare Tbilisi, ma dall’altro non verrà perso di vista l’obiettivo di non
irritare troppo Mosca. Nessuno può permettersi al momento una nuova disputa
militare. Probabilmente nelle prossime settimane si intensificherà il dibattito circa
l’eventuale uso dello spazio aereo georgiano da parte di Mosca nell’ambito delle
operazioni militari in Siria. Non è da escludere che Tbilisi – nonostante membri di spicco
del Governo abbiano dichiarato di non aver ricevuto nessuna richiesta in tal senso da
parte russa – conceda l´utilizzo del proprio spazio aereo. Gli spazi di manovra della
Georgia nel tentativo di dar seguito alle proprie rivendicazioni sull’Ossezia e sull’Abhkazia
del Sud dovranno tener conto dell’esito del confronto in corso sullo scacchiere globale tra
Mosca e Washington. Questo periodo di tranquillità potrebbe però rivelarsi utile per
consentire alla Georgia di ripensare il proprio ruolo geopolitico e valutare, anche nel lungo
periodo, le opportunità di una ridefinizione dei propri rapporti con Mosca. Eventualmente
facendo delle concessioni rispetto alle due Repubbliche indipendentiste che insistono sul
suo territorio. L’alternativa potrebbe essere l’avvio di un aspro confronto con la Russia, i
cui esiti oltre che essere tutt’altro che scontati, difficilmente, nonostante l’appoggio di
Washington, potranno essere positivi per la Georgia.
4.4 SITUAZIONE ECONOMICA
Le guerre civili, la corruzione diffusa e la scarsità di risorse energetiche hanno reso
difficoltosa la ripresa economica del Paese dopo l’indipendenza dall’Urss. Il tasso di
disoccupazione ha raggiunto il 70%, tra gli impianti della grande industria solo alcuni erano
operativi e neppure a pieno regime. Tutte queste fabbriche erano private e appartenevano
a membri del governo o a persone a loro vicine. L'offerta di lavoro si riduceva di giorno in
giorno e il taglio di posti di lavoro avanzava in quasi tutte le organizzazioni statali, incluse
quelle coercitive. Lo stipendio medio di medici e insegnanti non superava i 200 dollari.
Stipendi di poco superiori si registravano nelle forze di sicurezza, in ambito bancario o nel
commercio. Non solo il settore industriale ma anche l'agricoltura si era fermata a causa
della completa rottura dei rapporti economici con la Russia. La Georgia ha perso il
mercato tradizionale russo e quello europeo resta chiuso ai prodotti locali. Negli ultimi anni
però l’economia della Georgia ha registrato buoni tassi di crescita sostenuta in gran parte
dagli investimenti privati e dalla domanda interna. Tuttavia, a partire dall’ultimo trimestre
del 2014, gli effetti della crisi regionale si sono fatti sentire, a cui si sono aggiunti un forte
deprezzamento della moneta nazionale (circa il 30% in meno), il rafforzamento del dollaro,
il calo delle esportazioni (per la riduzione delle importazioni da Russia e Ucraina) e delle
rimesse dall’estero hanno provocato un sensibile rallentamento dell’economia georgiana,
con stime di crescita del PIL per il 2015 del 2%.
Nonostante le politiche monetarie messe in atto dalla Banca Centrale Georgiana, rimane
ancora forte la dollarizzazione dell’economia e ampia resta l’esposizione agli shock
esterni. Grazie alla sua posizione geografica fra i continenti europeo e asiatico, al basso
costo del lavoro, alla stabilità sociale e all’ambiente molto favorevole per le aziende e le
imprese straniere, buone possono essere le prospettive di sviluppo del Paese, anche
tenendo conto dell’attuazione dell’Accordo di Libero Scambio Completo e Approfondito
siglato con l’UE, entrato in vigore dal settembre 2014, che dovrebbe dispiegare i suoi
effetti nel medio-lungo periodo.
I settori sui quali il Governo georgiano punta per il rilancio dell'economia sono quelli
tradizionali, dell'idroelettrico, dell'agricoltura e dell'agro-alimentare (per il rilancio del quale
questo Governo ha messo in campo un ambizioso programma quinquennale), del turismo
(che nel 2014 ha registrato un rallentamento, con un tasso di crescita dell'1,9% a fronte
degli imponenti aumenti delle presenze complessive del 56,9% nel 2012 e del 21,8% nel
2013), della costruzione di nuove infrastrutture, del manifatturiero e del rilancio delle
esportazioni, attraverso il programma "Produce in Georgia" operativo da circa 18 mesi.
La fluttuazione del lari viene considerata il giusto rimedio per far fronte alla crisi regionale
che ha causato comunque forte deprezzamenti anche alle monete della Regione,
addirittura superiori a quelle registrate dalla moneta georgiana. La svalutazione del lari ha
prodotto grande preoccupazione nel paese, sia per l’elevata dollarizzazione di questa
economia che per i timori di un aumento dei prezzi. Per far fronte alla crescente pressione
dei media e dell'opinione pubblica, la Banca Centrale ha deciso il ricorso all'aumento del
tasso di rifinanziamento di cinquanta punti, raggiungendo la soglia del 4,5% con la
prospettiva di arrivare al 5% se la pressione dovesse continuare. Sulla capacità del Paese
di attrarre investimenti il Governatore ha fatto presente che tutti i fondamentali della
Georgia sono a posto e che essa si caratterizza per un basso tasso di corruzione e di
tassazione, una notevole facilità nel fare business ed una grande quantità di riforme già
attuate. Ciononostante occorrerebbe ora una "seconda generazione" di riforme con le
quali introdurre innanzitutto una più elevata produttività in tutti i settori. Necessario quindi
una maggiore apertura della Georgia per attrarre expertise soprattutto in aree chiave
dell'economia come l'agricoltura (il 50% della forza lavoro è impiegata nel settore agricolo
che contribuisce tuttavia solo per il 9% al PIL nazionale), l'idroelettrico ed il turismo, dove il
paese ha grandi potenzialità. Anche lo sviluppo rurale (la Georgia è terzultima in Europa
per ricchezza della popolazione) si conferma la chiave per lo sviluppo del paese.
La migrazione internazionale è apparsa all'ordine del giorno per la Georgia dopo lo
scioglimento dell’Unione Sovietica. Nei primi anni dopo l'indipendenza, l’emigrazione è
stata diretta principalmente verso le regioni dell'ex Unione Sovietica, ma da allora è
gradualmente diversificata. Geostat fornisce statistiche annuali sui flussi migratori da e per
il paese. I risultati preliminari del censimento hanno mostrato un importante calo della
popolazione in Georgia nell’arco di tempo 2002-2014. Di gran lunga il maggior numero di
emigranti georgiani si trova nella Federazione Russa. Secondo lo stesso studio l'Ucraina
ha il secondo più numeroso gruppo di emigranti georgiani, intorno a 68.000 nel 2013,
seguita dalla Grecia (38.000), Armenia (37.000) e Uzbekistan (23.000). Anche gli stati
membri dell’UE sono diventati importanti mete di destinazione. Circa 40.000 georgiani
risiedevano in uno dei paesi UE nel 1990, nel 2013 questo numero era triplicato.
Il Ministero dell’Economia e Sviluppo sostenibile della Georgia oggi ha annunciato che
Anaklia Development Consortium LLC si è aggiudicata il contratto per costruire e
sviluppare un porto in acque profonde ad Anaklia. Il progetto, del valore di 2,5 miliardi di
dollari, stabilirà un nuovo corridoio marittimo fra la Cina e l’Europa, contribuendo a
ripristinare la storica Via della seta e stimolando la crescita economica a livello sia
nazionale che regionale. Si prevede che le attività di costruzione inizieranno entro la fine
del 2016, salvo il completamento delle revisioni ambientali. Il porto sarà operativo tre anni
dopo l’inizio della costruzione; si prevede che il progetto creerà 3.400 posti di lavoro
durante la fase di costruzione, mentre saranno necessari 6.400 dipendenti per condurre le
attività portuali una volta completato il progetto. Il porto sarà in grado di gestire 100 milioni
di tonnellate di carico ed entro il 2025 genererà annualmente lo 0,5% del PIL.
Situata sulla costa orientale del Mar Nero, Anaklia presenta una posizione strategica sulla
rotta più breve dalla Cina all’Europa, che recentemente è diventato un punto focale per 40
miliardi di dollari di investimenti da parte della Cina in infrastrutture tramite il Fondo per lo
sviluppo della Via della seta e già rappresenta il 26% del volume degli scambi commerciali
della Cina con l’estero. La recente apertura della Banca Asiatica d’Investimento per le
infrastrutture (AIIB), con capitale di 100 miliardi di dollari, sosterrà pure lo sviluppo di
infrastrutture regionali. Il ripristino della Via della seta è uno dei progetti che ha rivestito
primaria importanza pure per la Georgia e ha le sue basi nell’accordo di libero scambio
DCFTA (Deep and Comprehensive Free Industrial Agreement) stipulato con l’Unione
Europea a dicembre 2014. In base all’attuale accordo, Anaklia Development Consortium
riceve anche il diritto a sviluppare una Zona industriale franca, che supporterà le attività di
commercio e le operazioni del porto e ospiterà iniziative imprenditoriali locali e
internazionali; sarà amministrata con un regime esente da imposta per incentivare società
di spedizioni, fabbricanti, imprese e dipendenti a spostare le loro attività e avvalersi delle
strutture del porto. Il porto di Anaklia promette di rivitalizzare l’economia del Caucaso e
dell’Asia centrale aprendo rotte commerciali per paesi vicini e senza sbocco sul mare
come Armenia, Azerbaijan, Kazakhstan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirgizstan e
Tajikistan. L’accesso a questi paesi è limitato e lo sviluppo delle infrastrutture in Anaklia
può offrire la rotta più efficiente e sicura per milioni di persone che vivono nelle regioni
dell’Asia Centrale e del Caucaso.
5. CULTURA E TRADIZIONI LOCALI
5.1 LA MUSICA
Nella società georgiana il canto popolare ha sempre occupato una posizione di primo
piano, grazie al suo ruolo centrale in tutte le varie occasioni di incontro e di celebrazione,
ma anche nel lavoro e nella quotidianità. In Georgia le origini della tradizione di canto
polifonico risalgono infatti ad oltre 2000 anni fa: si tratta probabilmente di una tra le più
antiche forme di polifonia del mondo. La prima testimonianza dell'uso di canti di lavoro, di
guerra e di danza presso i georgiani è attestata da una fonte assira dell'VIII secolo a.C.
La cultura musicale tradizionale, fatta di canti e danze, era ampiamente diffusa già tra le
antiche tribù dei Mocinki, lontani antenati dei georgiani. Il re Assureti Sargon (VIII sec.
a.C.) scriveva che "nel paese dei Mana la gente trasformava in gioia il lavoro grazie alle
canzoni" (C.Aslanichvili, Scritti sulle canzoni popolari georgiane). Risulta evidente dalle
opere dello storico greco Senofonte come, all'epoca (IV sec. a.C.), fosse popolare tra le
tribù georgiane la musica laica, soprattutto le canzoni di guerra e per le danze, eseguite
sempre con grande originalità.
Nel corso dei secoli, la Georgia è stata più volte invasa dai conquistatori stranieri ma,
nonostante ciò, il popolo georgiano ha conservato la propria lingua, la propria scrittura,
l’originaria cultura musicale di cui la polifonia è l’elemento caratterizzante. Al contrario, i
Paesi confinanti praticano il canto omofonico. Nella canzone popolare georgiana ogni voce
ha la sua parte. La polifonia è l'intreccio melodico di più voci, a differenza degli stili
monodici dei popoli vicini: armeni, azeri, arabi, turchi e persiani. Il valore prezioso della
tradizione georgiana è testimoniato anche dal riconoscimento dall'UNESCO che nel 2001
l'ha inserita nell'elenco dei rari patrimoni universali della cultura immateriale.
La tendenza a un'attività musicale collettiva (ancora oggi in Georgia, quando la gente
s'incontra, basta che uno inizi a cantare e gli altri subito si uniscono a lui) si manifesta nei
canti a più voci eseguiti prevalentemente durante il lavoro dei campi, nelle cerimonie
nuziali, in danze, banchetti e altri momenti di vita collettiva.
Possiamo individuare tre tipi di polifonia nella Georgia, ciascuno tipico di una regione
differente. La polifonia “complessa”, comune nello Svaneti; la polifonia “dialogo” sopra una
base di bassi, della regione di Kakheti nella Georgia orientale; polifonia “contrapposta” con
tre parti di canto parzialmente improvvisate, caratteristica della Georgia occidentale. Le
canzoni riguardano tutti gli aspetti della vita quotidiana, dal lavoro nei campi (il Naduri, che
comprende suoni di sforzo fisico nella musica) alle canzoni per la cura delle malattie, fino
ai cori di Natale (Alilo). Altre ancora sono collegate al culto della vigna e molte risalgono
all’VIII secolo. Le canzoni liturgiche bizantine si sono integrate con la tradizione polifonica
georgiana al punto da trasformarsi di fatto in un'espressione significativa di essa.
La Georgia è un piccolo paese, ma molto montagnoso. Per questo motivo, gli stili di
musica popolari delle varie regioni differiscono ampiamente, rendendo difficile parlare
delle caratteristiche “di musica tradizionale georgiana” come di una sola cosa. Ciascun
gruppo etnico, ciascuna regione ha sviluppato un suo stile peculiare di polifonia, di
estrema ricchezza morfologica. Una prima differenziazione stilistica è già individuabile tra
la Georgia occidentale, dove la musica popolare è caratterizzata essenzialmente da canti
monodici e da canti a due o tre parti vocali (come, ad esempio, nella regione di Kartli-
K'akheti), e la parte occidentale del paese, nella quale predomina invece il canto a tre o
quattro parti vocali.
Vale decisamente la pena di citare l'entusiasmante incontro di Igor Stravinskij con la
polifonia georgiana, da lui stesso narrato nei Dialoghi con Robert Craft: “Sono debitore a
Noah Greenberg ed ai nastri di canto polifonico da lui registrati nei villaggi di montagna nei
dintorni di Tbilisi di una delle esperienze musicali che recentemente più mi hanno
impressionato. La tecnica jodel, che in Georgia viene chiamata krimanchuli [...]
rappresenta la forma di vocalità più virile che io abbia mai ascoltato. Inutile dire come
questo tesoro dissepolto, essendo non solo straniero ma addirittura di origine religiosa e di
conseguenza oggetto di imbarazzo per lo storicismo progressivo, ed oltre a questo
polifonico e di conseguenza sovversivo, non sia affatto benvenuto in Unione Sovietica e
difficilmente sarà salvaguardato. Senza alcun dubbio verrà sotterrato una volta per tutte, e
debitamente sostituito dai canti-slogan di partito appositamente fabbricati da Mosca Il
declino della cultura, in termini musicali - se solo vorrai perdonare il mio storicismo - è
rappresentato dall'involuzione dalla polifonia alla monofonia”. (Igor Stravinskij e Robert
Craft, Dialogues, Londra, 1968, pp. 59-60). Fortunatamente, nonostante il pessimismo del
grande compositore, le cose sono andate diversamente e questo "tesoro" non ha mai
dovuto “essere riportato alla luce”, semplicemente perché non ha mai cessato di
risplendere nel corso dei secoli.
Uno dei più famosi gruppi di canto polifonico attuali è Rustavi, che ha conservato la forma
e la struttura dei cori da camera modificandone il carattere chiuso di certe zone della
Georgia e assimilandone la ricca eredità del folklore musicale e la varietà dei suoi generi.
Rustavi compie un notevole lavoro di ricerca e recupero del patrimonio musicale
dimenticato. Per ritrovare quelle vecchie canzoni che solo gli anziani ricordano, i
componenti del gruppo girano per tutta la Georgia registrando i materiali sonori che
trovano, ne trascrivono la musica e solo allora sono pronti per riproporre le canzoni in
pubblico.
Ispiratore e organizzatore di questo lavoro è Anzor Erkomaichvili, rappresentante della
settima generazione dell'omonima dinastia di celebri musicisti. Nelle varie zone della
Georgia è ancora molto viva, accanto alla pura musica vocale, la tradizione
dell'accompagnamento strumentale, tradizione che il gruppo Rustavi ha assimilato nei
suonatori di ciuniri, ciangui, panduri, cionguri, salamuri, tra cui spicca il virtuosismo di
Omar Kalaptrichvili, solista di salamuri (ciaramella pastorale). Questo strumento occupa
un posto di rilievo nello studio scientifico degli antichi strumenti popolari georgiani, del loro
repertorio e della loro evoluzione attraverso i secoli: il salamuri sembra infatti risalire al
2000 a.C.
5.2 LA DANZA
La danza georgiana è una celebrazione della vita e della cultura ricca e diversificata della
Georgia. Ogni danza ritrae le caratteristiche della regione in cui ha avuto origine. Le danze
della montagna, come Khevsuruli o Mtiuluri, sono diverse da dai balli delle valli o pianure –
come ad esempio Acharuli e Davluri. I costumi sono diversi per ogni danza e ricordano
l’abbigliamento del passato in diverse regioni della Georgia. Le danze catturano
perfettamente la grazia naturale e la bellezza delle donne georgiane e il coraggio, l’onore
e il rispetto degli uomini georgiani. I ballerini eseguono salti e curve spettacolari, giri
incredibili e possono anche vantare di una tecnica molto originale, a differenza di tutti gli
altri balli del mondo, danzano sulle punte senza l’ausilio di scarpette da punta. Le ballerine
“scivolano” come cigni. La danza georgiana ha un enorme debito di gratitudine verso Iliko
Sukhishvili e sua moglie Nino Ramishvili, fondatori della Georgian National Ballet. È grazie
ai loro sforzi che la danza nazionale georgiana e la musica sono diventate note in molte
parti del mondo.
Le seguenti danze sono una selezione di alcuni dei
balli più popolari:
Khevsuruli – Questa energica danza di montagna
trasmette amore, coraggio e rispetto per le donne, la
durezza, la concorrenza e abilità.
Simdi – è una danza osseta eseguita da molte
coppie. I costumi di entrambi i ballerini maschi e
femmine hanno le maniche molto lunghe. La danza è
una festa visiva di costumi
in bianco e nero e le rigorose formazioni di linea.
Khorumi – Questa danza di guerra originale della regione dell’Agiaria, che si trova nella
parte sud-occidentale della Georgia. Risale al periodo della guerra eroica contro gli eserciti
invasori dei turchi, mongoli, e le altre nazioni. Originariamente eseguita da alcuni uomini,
la danza è cresciuta in dimensioni e possono parteciparvi trenta o quaranta ballerini.
Kartuli – Questo elegante e molto romantico ballo di corteggiamento è probabilmente
la più conosciuta danza georgiana. Interpretata da una coppia, la danza esprime cavalleria
tra uomini e donne georgiane. L’uomo non deve
toccare la donna, nemmeno con il suo cappotto.
Egli si concentra su di lei come se fosse l’unica
donna in tutto il mondo. Le sue braccia sono al
suo petto, che si gonfia come un pavone in
mostra per lei e i suoi piedi si
muovono rapidamente in passi corti e striscianti.
La donna tiene gli occhi bassi in maniera pudica
in ogni momento e scivola come un cigno sulla
superficie liscia di un lago.
5.3 LA LETTERATURA
La letteratura georgiana deve le sue origini al cristianesimo, introdotto nel paese verso il
sec. IV-V. All'inizio essa era costituita quasi esclusivamente da traduzioni delle Scritture,
per passare ben presto a una vasta produzione agiografica: assai nota è la Vita di Santa
Šušanik, documento dell'influenza armena sulla Georgia. Una data importante è il 980,
anno della fondazione del monastero dell'Iviron sul monte Athos, che portò all'apogeo la
letteratura monastica.
Con la dinastia dei Bagratidi la letteratura georgiana raggiunse la sua “età dell'oro” (sec.
XI-XIII). Accanto alla produzione esclusivamente ecclesiastica, proprio in questo periodo
essa presenta alcune fra le sue opere più significative soprattutto nell'epica, la quale, pur
attingendo alla tradizione indo-iranica, rivela nello spirito e nella forma una caratteristica
schiettamente nazionale. L'Amiran Dareğaniani (Amiran figlio di Dareğan) di Moses Koneli
inizia la serie di poemi illustranti la tradizione epica cavalleresca del popolo georgiano. Il
capolavoro dell'epoca è “L'uomo nella pelle di tigre” (o Il cavaliere dalla pelle di leopardo)
di Shota Rustaveli (vissuto a cavallo tra i sec. XII e XIII), vasta rappresentazione della
società georgiana sotto i Bagratidi.
Dopo un periodo di decadenza (sec. XIII-XVI), nuovi periodi di fioritura letteraria si ebbero
nei sec. XVII e XVIII, dominati dalla storia e dalla novellistica. Agli inizi del sec. XIX data la
letteratura romantica georgiana, di cui i maggiori esponenti furono Alessandro
Čavčavadze (1786-1846), ponte tra la poesia tradizionale e quella europea, e Nikoloz
Baratašvili (1817-1845), definito il “Byron georgiano”. Al fervore intellettuale di questo
periodo si deve il vasto movimento di idee che portò a quel risveglio conclusosi con
l'indipendenza politica della Georgia (1918). Una delle personalità più significative di
questo movimento di rinascita nazionale è Ilia Čavčavadze (1837-1907), che nella poesia
si ispira a modelli europei, e nella prosa descrive la difficile situazione sociale e la
decadenza morale. Accanto a lui si devono ricordare Akaki Cereteli (1840-1914),
Alessandro Kazbegi (1847-1893) e Važa Pšavela (1861-1915).
Dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi (1921) la vita letteraria ha avuto ancora
intenso sviluppo. Tra i maggiori poeti vanno citati G. Tabidze (1892-1959) e T. Tabidze
(1895-1937), P. Iašvili (1894-1937), G. Leonidze (1899-1966) e, tra i narratori, G.
Robakidze (1884-1962) e K. Gamsakurdia (1891-1975). Dopo la II guerra mondiale, nella
letteratura georgiana (anche in quella drammatica) i temi principali affrontati sono il
passato, la guerra, la costruzione della pace e della nuova società e la descrizione della
vita contemporanea secondo i canoni del realismo socialista. Tra gli autori sono da
ricordare i prosatori Šalva Dadiani (1874-1959), Demma Šengelaja (1896-1980) e Akaki
Beliašvili (1903-1961), che esordì come poeta futurista per dedicarsi più tardi alla narrativa
storica e al cinema come sceneggiatore.
A partire dagli anni Settanta, un certo rinnovamento nei temi si nota nella poesia, che si
concentra sui problemi sentimentali e spirituali dell'uomo moderno grazie a Irakli Abašidze
(n. 1909), Ana Kalandadze (n. 1924), Otar Čiladze (n. 1933), che si dedica anche alla
prosa, e Muchran Mačavariani (n. 1929). La narrativa, invece, punta a descrivere la vita
contemporanea; ricordiamo Nodar Dumbadze (n. 1928), Otia Ioseliani (n. 1930), Arčil
Sulakauri (n. 1927).
5.4 L’ARTE
Fin dall'Età del Bronzo i territori della Georgia furono interessati alle prime esperienze
metallurgiche maturate nell'area caucasica già nel III-II millennio grazie alla loro prossimità
alle civiltà dell'Asia anteriore. Oltre a costruzioni difensive o di abitazione, risalgono a
quest'epoca le numerose sepolture a tumulo (che anticipano per molti aspetti i “tumuli
reali” sciiti) di Calka-Trialeti e di altre località della Transcaucasia, contenenti ceramiche,
armi, oggetti e ornamenti in oro e argento. Nel sec. VI nelle regioni dell'antica Colchide si
diffusero elementi della cultura greca, pervenuti sulle rive del Caucaso tramite le città
commerciali (Dioskourias, Phasis, Pityous, ecc.) createvi da coloni ionici. Più tardi
penetrarono in Georgia influenze romane e quindi iraniche (nell'apporto dell'arte
sassanide, impregnata di influssi ellenistici e della Siria romana).
Con l'introduzione del cristianesimo (sec. V) andò affermandosi l'architettura religiosa, con
la costruzione di numerose basiliche a tre navate (secondo le forme diffuse nell'area
mediterranea), nelle quali l'interesse per l'organizzazione dello spazio interno prevale su
quello dei volumi esterni (basiliche di Sioni a Bolnisi, di Urbnisi, di Dmanisi e di Ančishati a
Tbilisi). Tra la fine del sec. VI e l'inizio del sec. VII si diffuse il tipo di chiesa a pianta
centrale a cupola, dove il sapiente uso dei pennacchi a tromba realizza eccezionali
soluzioni di raccordo tra la pianta quadrata e quella poligonale degli alti tamburi che
reggono la cupola: il più antico esempio, a organismo tetraconco, è la chiesa di Džvari
(586-604), mentre quella di Cromi (626-634), con cupola su quattro pilastri e nicchie
triangolari affiancate all'abside, costituisce per queste sue caratteristiche modello per
sviluppi successivi. Le chiese sorte tra il sec. X e il XIII recano influenze romaniche e
bizantine, chiese di Alaverdi presso Telavi, di Bagrati a Kutaisi, di Sveti-Choveli e del
monastero di Samtavro a Mcheta, di Nikorcminda, di Samtavisi del sec. XI; di Gelati del
sec. XII; di Betania, Ikorta e di Pitareti del sec. XIII).
La grande stagione dell'architettura ebbe termine con l'invasione mongola e il succedersi
di altri avvenimenti storici. Quella che seguì ripeté schemi del passato o si limitò a opere di
restauro o di ampliamento dei vecchi edifici. Maggiori sviluppi della scultura ebbe la pittura
murale, la cui tradizione fiorì accanto all'architettura (chiesa di Iprari, di S. Giorgio a
Nakipari, sec. XI-XII, chiesa di Ubisi, sec. XIV, chiesa di Gelati, sec. XVI).
Ricca fioritura ebbero l'arte della miniatura (Vangeli di Adisi, 897, e di Dzuruci, 940), dello
smalto (immagine della Vergine, del sec. X, incastonata nel trittico d'oro di Hanuli del sec.
XII, ora nel Museo di Stato di Tbilisi) e dell'oreficeria sacra. Con l'annessione della G. alla
Russia nel sec. XIX l'arte della Georgia si espresse secondo i temi di ispirazione russa e
occidentale nel cui ambito si sono sviluppati gli stili contemporanei.
Uno dei più amati artisti georgiani è Niko Pirosmanashvili, conosciuto anche come Niko
Pirosmani, (Mirzaani, 5 maggio 1862 – Tbilisi, 9 aprile 1918), è stato un pittore georgiano
primitivista. I suoi dipinti hanno spesso come soggetto animali, persone che mangiano e
persone che servono cibo. Le sue opere non sono molto conosciute fuori della Russia o
della Georgia. Pirosmani è conosciuto in Russia anche per l'incontro romantico con
un'attrice francese che visitò il suo paese; Pirosmani fu molto innamorato di questa donna
e, per dimostrarlo, le comprò abbastanza fiori da riempire una piazza di fronte alla finestra
del suo hotel (portandolo presumibilmente alla bancarotta). La storia divenne famosa
quando fu raccontata in un poema di Andrej Andreevič Voznesenskij, e successivamente
in una canzone di Alla Pugačëva, Million of Red Roses.
5.5 LA CUCINA
La diversità e il gusto specifico della cucina georgiana sono basati sull’esperienza delle
tradizioni culturali di tanti secoli. La cucina è uno degli aspetti più interessanti del Paese
agli occhi dei visitatori ed è il fulcro attorno a cui ruota l'attività culturale domestica. I pasti
georgiani sono una parte integrante della vita familiare e costituiscono una manifestazione
piuttosto originale per gli stranieri, dal momento che questi istanti della giornata rivelano
relazioni rituali decisamente complesse.
Ogni parte della Georgia ha la sua cucina individuale con il suo sapore speciale.
La cucina nazionale georgiana è eccezionale per l’abbondanza di cibi differenti varie
specie di carne, di pesce, di verdura, di formaggio.
I cibi più serviti sono: porcellino arrosto, carne bovina e pollo arrosto o cotto con varie
salse;
Khinkali - famosi sacchettini di pasta riempita di carne,
patate, funghi o formaggio
Khachapuri - consiste in strati di pane con
dentro formaggio
Tkemali - salsa della prugna aspra raccolta
dai famosi alberi georgiani di Tkemali
Baje - la salsa densa di aglio e noci
Mzvadi – la carne allo spiedo georgiana
Tutti questi cibi hanno un gusto raffinato, rafforzato ancora più dalla selezione particolare
dei vini bianchi e rossi della Georgia. Il pasto è guidato dal “tamada”, che propone brindisi
tradizionali. A chi non è georgiano sembrerà che nulla possa iniziare prima che tutti
partecipino al brindisi. La cucina georgiana usa prodotti molto semplici e comuni, ma
grazie alle proporzioni variabili dei suoi ingredienti obbligatori (come per esempio: noce,
erbaggio, aglio, aceto, pepe rosso e altre spezie, combinati con il segreto tradizionale
dell’arte del cuoco), essi acquistano un gusto e un aroma speciale, il che rende famosa e
impareggiabile la cucina georgiana.
Durante la dominazione sovietica i ristoranti georgiani si diffusero in tutta la nazione e
sono tuttora uno dei ritrovi preferiti dagli intenditori della Russia e degli altri stati exsovietici. Ciascuna parte del Paese ha una tradizione culinaria diversa con sapori che
derivano dalla sapiente combinazione di spezie diverse, anche se, in genere,
predominano le erbe e l'aglio. L'unica difficoltà in cui potreste imbattervi durante l'acquisto
di cibo è che i venditori insistano affinché ne prendiate ancora. I caffè e i ristoranti servono
soprattutto piatti georgiani e cibi tradizionali europei, mentre i locali tipici offrono piatti
quali: khinkali, kabab, barbecue e khachapuri.
6. CARITAS AMBROSIANA IN LOCO
Dopo il conflitto armato con la Russia nell’anno 2008, la situazione economica e sociale
della Georgia è peggiorata con il flusso dei profughi provenienti dall’Ossezia del Sud. Nel
paese i prezzi aumentarono, soprattutto quelli di prodotti alimentari e farmaci, che la
maggior parte della popolazione non poteva permettersi di acquistare.
Nel 2008, dopo aver sostenuto un intervento di prima emergenza durante il conflitto,
Caritas Ambrosiana ha rinnovato la collaborazione con Caritas Georgia attraverso questi
interventi:
• il finanziamento parziale della costruzione della scuola materna di Plavi;
• la collaborazione per sostenere attivamente le proposte di volontariato rivolte ai
giovani locali anche attraverso un’esperienza estiva di scambio.
• a Gori invece le contadine sfollate a causa del conflitto potevano frequentare il
laboratorio di sartoria, intraprendere così un’attività lavorativa alternativa.
Nel 2009 è stato offerto un piccolo finanziamento per far fronte all'emergenza causata da
un terremoto registrato nella Regione Racha, sulle montagne del Caucaso, al confine con
il Sud Ossezia. Caritas Georgia fin dai primi giorni si è attivata per portare aiuti umanitari
alla popolazione locale (alimenti, prodotti igienici e sanitari, farmaci, tende, etc).
Intanto nell’estate 2010 inizia la collaborazione per il volontariato internazionale con un
primo gruppo di giovani che ha animato il primo Cantiere della solidarietà, con volontari
georgiani e italiani.
Nel villaggio di Arali, situato in una regione all’estrema periferia del Paese dove il processo
di sviluppo è lento e difficile, Caritas Ambrosiana ha finanziato la ristrutturazione del
Centro Giovanile, importante luogo di incontro per bambini e adolescenti, sia di
confessione cristiana cattolica che ortodossa, offe un ambiente dove crescere lontano
dalla strada. La frequenza ai diversi corsi promossi dal Centro favorisce una più stretta
relazione tra i giovani del villaggio sia di confessione cattolica che ortodossa contribuendo
così a creare migliori condizioni di rispetto e tolleranza reciproche.
7. CONTESTO IN CUI OPERIAMO
Descrizione del contesto dove si svolgerà il Cantiere
La regione del Samtskhe-Javakheti occupa la parte meridionale della Georgia, è una zona
di splendidi panorami, le cui ricchezze culturali e paesaggistiche non le hanno purtroppo
impedito di diventare una delle aree maggiormente depresse del paese. Confina con le
regioni del Adjara a ovest, Guria e Imereti a nord, Shida Kartli e Kvemo Kartli a nord-est e
ad est, e l'Armenia e la Turchia a sud e sud-ovest.
Secondo il censimento del 2002, armeni (prevalentemente concentrati nei distretti di
Akhalkalaki e Ninotsminda) sono la maggioranza nella regione, che costituiscono circa il
54% della popolazione. Essi condividono la regione con i greci del Ponto orientali (in
questa regione di solito classificato come Caucaso greci), osseti e georgiani.
Le tensioni in Samtskhe-Javakheti sono state molto alte in certi periodi. Una delle ragioni è
basata sul fatto che la politica Georgiana non consente di usare la lingua armena negli
uffici pubblici e amministrativi, anche se i cittadini e funzionari parlano meglio l’armeno che
il georgiano.
I villaggi di Arali e Vale si trovano vicino ad Akhaltsikhe, capoluogo della regione. Questa è
un’area multietnica, ricca di diversità culturali e religiose. Le attività economiche sono
scarse e non bastano a procurare agli abitanti un reddito sufficiente, ragione per cui è
consistente il flusso di migrazione verso altri Paesi. Questa situazione si riflette in maniera
negativa sui giovani perché le loro famiglie non riescono sempre a garantire una cura e
un’educazione adeguata.
A questi bisogni cerca di rispondere il centro giovanile di Arali. Qui sono coinvolti ragazzi e
ragazze di diverse confessioni che hanno bisogno d’unità e conoscenza reciproca. Le
attività si svolgono dal lunedì a sabato. Anche grazie all’aiuto della diocesi di Milano,
Caritas Georgia assicura lo svolgersi di diversi corsi di formazione: informatica, tessitura e
lavorazione del feltro, matematica, inglese, disegno. I beneficiari del progetto sono 98
giovani, di cui 12 provenienti da famiglie che versano in condizioni di estrema povertà.
Questi ragazzi svolgeranno attività educative e formative in un ambiente rinnovato, sicuro
e protetto dalla strada. Nel progetto sono impegnati un coordinatore e 8 insegnanti.
Descrizione del contesto dove si svolge il Servizio Civile
L'Imereti è una regione della Georgia situata lungo il corso centrale e superiore del fiume
Rioni. La città principale della regione è Kutaisi; altri centri industriali urbani includono
Samtredia, Chiatura (centro di produzione del manganese), Tkibuli (centro carbonifero),
Zestaponi (conosciuto per la produzione dei metalli), Khoni e Sachkhere.
Tradizionalmente, l'Imereti è una regione agricola, conosciuta per coltivazione dei gelsi e
dell'uva.
Kutaisi, seconda città della Georgia, è una tra le più antiche del mondo. Capitale in epoche
diverse di vari regni georgiani, Kutaisi ha una storia ricca ed affascinante di grande
crescita economica e per numero di abitanti. Sotto il regime sovietico divenne il secondo
centro industriale della Georgia e la popolazione crebbe notevolmente, per poi iniziare a
decrescere con il declino delle industrie locali in seguito all’indipendenza del paese.
Molti dei problemi affrontati da Kutaisi, città di 241.100 abitanti, sono gli stessi che a Tbilisi
o altrove in Georgia: povertà, disoccupazione, strade mal tenute, crisi di potere perenne e
la fornitura di acqua irregolare.
Nella nostra presenza in città e più in generale regione, siamo venuti a contatto con varie
realtà gestite da Caritas:
- aiuto alle famiglie: nelle comunità di Kutaisi, Batumi, Akhalsceni, Shroma, Ozurgheti,
Chiatura, vengono distribuiti mensilmente pacchi di viveri, di cure mediche e medicine, di
un eventuale intervento chirurgico.
-ambulatorio di Kutaisi: nel Centro cattolico della città 4 giorni alla settimana prestano
servizio: un medico di base, la farmacista, l’oculista e l’ottico. I beneficiari sono 140 al
mese per la medicina di base e 30 per l’oculista, ricevono consultazione medica, medicine
ed occhiali gratuitamente.
-dormitorio per senza tetto di Batumi: in esso vengono ospitati uomini (22) e donne (8)
senza dimora, malati psichici, alcoolisti. Si offre un riparo dalla notte fredda o dalla vita
sulla strada, il letto, la biancheria pulita ogni sera e la cena.
-centro INER “A servizio della coppia e della vita”: si propone l’aiuto concreto a famiglie
ma anche a donne sole per proteggere la vita del bambino fin dal concepimento e
assicurargli l’esperienza dell’amore in famiglia. Le mamme vengono seguite inoltre con un
itinerario formativo.
La nostra attività si concentra nel Centro Ragazzi di Kutaisi, un importante luogo di ritrovo
e aggregazione che consente a bambini e ragazzi di incontrarsi in ambiente sicuro e
protetto, di acquisire competenze utili alla loro crescita e alla costruzione della loro futura
autonomia.
Il Centro fornisce da oltre dieci anni accompagnamento scolastico, formazione e spazio
per attività ricreative ai beneficiari. Viene inoltre offerto un pasto al giorno e la possibilità di
avere supporto psicologico o medico nei casi in cui se ne riscontrasse la necessità.
I beneficiari sono bambini dai 6 ai 18 anni, provenienti da famiglie che vivono al disotto
della soglia di povertà, da famiglie profughe o bambini colpiti da trauma psicologico che
necessitano di riabilitazione ed accompagnamento.
8. APPROFONDIMENTI
Cosa si intende per rifugiati?
La condizione di rifugiato è definita dalla convenzione di Ginevra del 1951, un trattato delle
Nazioni Unite firmato da 147 paesi. Nell’articolo 1 della convenzione si legge che il
rifugiato è una persona che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza,
religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si
trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale
timore, avvalersi della protezione di tale paese”. Dal punto di vista giuridico-amministrativo
è una persona cui è riconosciuto lo status di rifugiato perché se tornasse nel proprio paese
d’origine potrebbe essere vittima di persecuzioni. Per persecuzioni s’intendono azioni che,
per la loro natura o per la frequenza, sono una violazione grave dei diritti umani
fondamentali, e sono commesse per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione
politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale.
Cosa si intende per sfollati?
Come i rifugiati, anche gli sfollati (in inglese, Internally Displaced Persons, o IDPs) sono
civili costretti ad abbandonare le proprie case da guerre o persecuzioni. Tuttavia, a
differenza dei rifugiati, essi non hanno attraversato un confine internazionale.
A causa dell'assenza di un mandato generale finalizzato alla loro assistenza, la maggior
parte degli sfollati non riceveva protezione o assistenza internazionale. Negli ultimi anni,
però, su specifica richiesta del Segretario Generale o dell'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite e dopo il consenso dello Stato interessato o quanto meno il suo impegno a
non ostacolare le operazioni di assistenza, l'UNHCR ha progressivamente assunto
l'incarico di assistere le popolazioni sfollate di alcuni paesi.
I CONFLITTI
- Ossezia
Una prima ondata di profughi si ebbe nel 1990, agli albori cioè dell’indipendenza
georgiana, durante la guerra in Ossezia del Sud. Il numero di profughi, per lo più di etnia
georgiana e provenienti da Tskhinvali, era limitato a circa 2000 persone, mentre i villaggi
georgiani in Ossezia del Sud sono rimasti sotto il controllo di Tbilisi fino all’agosto del
2008.
Ci sono stati anche sfollati dalla Georgia, o meglio ossetini che sotto il governo dell’allora
presidente Gamsakhurdia furono costretti a fuggire da Tbilisi per andare in altri distretti del
Paese.
In seguito alla destituzione del presidente Gamsakhurdia, ritornò in Georgia Eduard
Shevardnadze che nel 1992 fu confermato come presidente del parlamento e capo di
stato. Durante il suo mandato, le azioni contro la popolazione ossetina cessarono e
vennero condannate come atti di inciviltà. Tuttavia, a quel punto, la maggior parte della
popolazione di etnia ossetina si era già trasferita a Valdikavkaz in Ossezia del Nord.
- Abkhazia
Nell’Abkhazia vivevano circa 250.000 persone di etnia georgiana, circa il 45% della
popolazione totale della regione. A dicembre del 1993, nel momento in cui l’esercito
georgiano abbandonò la de-facto indipendente Repubblica di Abkhazia, quasi tutti i
250.000 abitanti di etnia georgiana della regione furono costretti ad abbandonare il
territorio e a rifugiarsi in zone interne della Repubblica di Georgia
Si presentarono subito molti problemi. I profughi si rifugiarono ovunque trovassero un
posto, in particolare in ospedali, alberghi, asili, edifici abbandonati, case di riposo. La
situazione spesso non veniva accettata dai residenti locali e l'ostilità tra i profughi ed i
residenti degenerò a tal punto che alcuni profughi arrivarono perfino a fare irruzione in
edifici abitati.
Sorgeva inoltre un ulteriore problema per l'economia del Paese, poiché i rifugiati che si
insediavano in edifici abbandonati, toglievano la possibilità di poter ristrutturare quei luoghi
per adibirli a strutture ricettive turistiche.
- Ossezia II
Le ostilità dell'agosto 2008 hanno causato in pochi giorni lo spostamento di circa 140mila
sfollati, prima verso la cittadina di Gori e successivamente, con l'avanzata russa, verso la
capitale Tbilisi e le sue aree periferiche. Finiti gli scontri armati e con il ritiro delle truppe
russe, circa 110mila persone sono rientrate nelle proprie case a Gori e nei villaggi di quella
che durante le settimane successive era diventata la "buffer zone", un'area-cuscinetto tra il
confine de facto con l'Ossezia del Sud e Gori, occupata dalle milizie russe fino agli inizi di
ottobre.
Oggi rimangono senza possibilità di rientrare nelle proprie case e nei loro paesi di origine
circa 30mila persone, la maggior parte delle quali proviene dai villaggi georgiani
dell'Ossezia del Sud. Per loro, nell’autunno dello stesso 2008, il governo georgiano con
l’apporto di finanziamenti internazionali ha costruito in brevissimo tempo circa seimila
case, fondando degli insediamenti a metà fra nuovi villaggi e campi profughi. Nonostante
gli aiuti del governo, delle organizzazioni umanitarie e della solidarietà internazionale,
queste persone rimangono in profondo bisogno di assistenza che possa aiutarle nel
sostentamento e nell'integrazione sociale nelle nuove comunità.
GLI SFOLLATI IN GEORGIA
Situazione generale
In Georgia è competenza del “Ministero per Sfollati interni dai Territori Occupati, Alloggio e
Rifugiati” il rilevamento statistico dei dati sugli sfollati che vengono catalogati in un
apposito registro.
Il primo censimento degli sfollati interni in Georgia risale al 1996 ed ogni persona
considerata tale ha l’obbligo di comunicare al Ministero aggiornamenti periodici inerenti
alla propria situazione.
Tuttavia, le cifre rilevate sono approssimative ed arbitrarie, in primo luogo, per una
questione politica. Il governo centrale di Tbilisi è sempre stato interessato ad un
incremento del numero effettivo per poter utilizzare tale dato per dimostrare l’avvenuta
pulizia etnica a discapito della popolazione di etnia georgiana. Sempre più spesso si è
parlato di circa 300-350.000 persone. Poi si è cominciato a dire che nel numero sono
compresi anche i profughi di etnia diversa, che abitavano in Abkhazia quali russi, armeni,
greci, estoni e così via.
Questa affermazione non è però del tutto esatta, in quanto dall’Abkhazia sono andate via
sì molte persone di altre nazionalità, ma lo hanno fatto volontariamente in cerca di un
nuovo lavoro e di nuove e migliori condizioni di vita. Perciò non sono di certo considerate
dei profughi e nessuno impedisce loro di tornare, mentre invece non possono ritornare
nelle proprie case in Abkhazia le persone di etnia georgiana.
Sulla base di quanto rilevato dal ministero georgiano competente attraverso una nuova
registrazione risalente al 2013, si è registrato un numero di circa 206.600 sfollati in
Georgia (il metodo di registrazione è di gran lunga migliorato negli anni ed è sicuramente
più veritiero, anche se non ancora del tutto esatto: molti profughi non si sono registrati, altri
sono emigrati all’estero).
Le presenze rilevate risalgono alle diverse ondate di conflitti e si stima che circa 67.000 di
questi siano figli di almeno un genitore sfollato.
Secondo quanto riportato in un documento redatto nel 2007 dal Ministero dei Rifugiati di
Georgia, in quell’anno il 45% degli sfollati interni presenti nel Paese viveva in centri
collettivi (vale a dire in edifici pubblici quali scuole, ospedali, alberghi, villaggi turistici e
strutture simili), mentre il restante 55% con famiglie ospitanti o in appartamenti privati
affittati o acquistati. In entrambi i casi le condizioni di vita abitative si presentavano difficili
e con analoghe problematiche. Risultava inoltre la tendenza della maggior parte degli
sfollati interni a vivere nelle aree limitrofe alle zone di conflitto con una concentrazione
prevalente in Samegrelo, a Gori, in Imereti e a Tbilisi. Altri sfollati erano invece dispersi
territorialmente.
Secondo i dati del 2011, sempre sulla base delle stime fornite dal Governo georgiano,
emerge che oltre il 60% degli sfollati interni in Georgia vive nelle città di Zugdidi e Kutaisi.
La maggior parte degli sfollati provenienti dall’Abkhazia vive nelle regioni limitrofe al
contesto di origine, mentre coloro i quali provengono dall’Ossezia del Sud sono insediati
soprattutto a Tbilisi, Kaspi e Gori. Circa il 39% degli sfollati, percentuale corrispondente a
101.854 persone, vive in centri Collettivi. Il restante 61%, vale a dire un numero pari a
159.343 sfollati, vive invece in alloggi privati affittati e talvolta condivisi con famiglie e
amici, altre volte da soli per conto proprio.
Number of Registered IDPs-Statisticsby Region
(17.09.2014)
Region
Locality
Number of
IDPs
Number of
Families
Adjara
Keda
3
2
Adjara
Khelvachauri
801
307
Adjara
Kobuleti
1650
579
Adjara
Batumi
3962
1342
6416
2230
Adjara total
Guria
Chokhatauri
105
38
Guria
Lanchkhuti
166
51
Guria
Ozurgeti
219
76
490
165
Guria total
Tbilisi
Krtsanisi
3037
1088
Tbilisi
Mtatsminda
2934
1048
Tbilisi
Chugureti
6118
2144
Tbilisi
Didube
7033
2423
Tbilisi
Isani
7860
2764
Tbilisi
Saburtalo
9705
3542
Tbilisi
Nadzaladevi
11984
4254
Tbilisi
Vake
14948
5245
Tbilisi
Samgiri
15159
5046
Tbilisi
Gldani
19964
6760
98742
34314
თბილისი ჯამი
Imereti
Kharagauli
90
35
Imereti
Tkibuli
377
153
Imereti
Bagdati
386
146
Imereti
Vani
367
138
Imereti
Sachkhere
352
127
Imereti
Chiatura
368
126
Imereti
Terdjola
447
151
Imereti
Zestaponi
818
310
Imereti
Khoni
1505
502
Imereti
Samtredia
2164
673
Imereti
Tskaltubo
5995
2215
Imereti
Kutaisi
11786
3766
24755
8342
Imereti total
Kakheti
Tsnori
43
16
Kakheti
dedoplistskaro 33
12
Kakheti
akhmeta
38
14
Kakheti
Sighnaghi
97
28
Kakheti
Kvareli
84
20
Kakheti
Lagodekhi
186
62
Kakheti
Sagaredjo
232
72
Kakheti
Gurdjaani
314
106
Kakheti
Telavi
461
157
1486
487
Kakheti Total
Mtskheta-Mtianeti
Kazbegi
1
1
Mtskheta-Mtianeti
Tianeti
12
5
Mtskheta-Mtianeti
Dusheti
422
146
Mtskheta-Mtianeti
Mtskheta
10429
3333
Mtskheta-Mtianeti total
10864
3485
Racha-Lechkhum-kvemo
Svaneti
Lentekhi
125
45
Racha-Lechkhum-kvemo
Svaneti
Oni
125
56
Racha-Lechkhum-kvemo
Svaneti
Ambrolauri
192
82
Racha-Lechkhum-kvemo
Svaneti
Tsageri
399
155
841
338
რაჭა–ლეჩხუმ–ქვემო სვანეთი
ჯამი
Samegrelo-Zemo Svaneti
Mestia
829
219
Samegrelo-Zemo Svaneti
Chkhorotsku
2027
721
Samegrelo-Zemo Svaneti
Abasha
2417
794
Samegrelo-Zemo Svaneti
Khobi
3452
1072
Samegrelo-Zemo Svaneti
Martvili
2756
934
Samegrelo-Zemo Svaneti
Senaki
8230
2758
Samegrelo-Zemo Svaneti
Tsalenjikha
8007
2775
Samegrelo-Zemo Svaneti
Poti
10140
2989
Samegrelo-Zemo Svaneti
Zugdidi
45562
14607
84420
26869
Samegrelo-Zemo Svaneti total
Samtskhe-Javakheti
Aspindza
1
1
Samtskhe-Javakheti
Adigeni
23
8
Samtskhe-Javakheti
Akhalkalaki
34
11
Samtskhe-Javakheti
Akhaltsike
264
92
Samtskhe-Javakheti
Borjomi
1966
797
2288
909
Samtskhe-Javakheti total
Kvemo Kartli
Tsalka
239
78
Kvemo Kartli
Dmanisi
539
174
Kvemo Kartli
Bolnisi
824
277
Kvemo Kartli
Marneuli
1287
437
Kvemo Kartli
Gardabani
2021
717
Kvemo Kartli
Tetritskaro
1971
635
Kvemo Kartli
Rustavi
5525
1802
12406
4120
Kvemo Kartli Total
Shida Kartli
Kaspi
789
269
Shida Kartli
hashuriK
1548
487
Shida Kartli
Kareli
2446
699
Shida Kartli total
Gori
11756
3569
Shida Kartli total
16539
5024
Total:
259247
86283
Source: www.mra.gov.ge
Il rapporto con l’Amministrazione e la politica
Nelle grandi città, al di fuori dei Centri collettivi non vi sono strutture dedicate ai sfollati e
più in generale non esiste un partito che li sostenga o rappresenti. All’interno del gruppo
dei rifugiati, infatti, le divergenze di pensiero (come ad esempio nei confronti
dell’amministrazione Saakashvili o di quella attuale) non si discostano dalle divergenze di
opinione di tutti gli altri cittadini. Per anni non è stata praticamente fatta nessun tipo di
propaganda o di azioni risolutive indirizzate ai sfollati, a parte la visita periodica presso i
Centri collettivi da parte di funzionari e politici che promettevano di provvedere ad aiuti
sociali e nel migliore dei casi procedevano con soluzioni tampone limitate nel tempo.
Questa situazione rifletteva quella più generale e disastrosa in cui versava lo Stato
Georgiano che affrontava, al tempo, una serie di difficoltà tali da portarlo ad essere
indicato come uno “stato fallito”. La condizione dei rifugiati ha visto alcuni cambiamenti con
l’arrivo al potere del presidente Saakashvili. Per prima cosa, in un’ottica più commerciale,
si è iniziato ad incentivare le persone a spostarsi dagli alberghi del centro di Tbilisi verso il
Mar Nero. Gli investitori infatti provvedevano a fornire una compensazione, anche se
minima, sufficiente a comprare appartamenti in zone periferiche. Secondo fonti
governative solo dal 1999 la comunità internazionale si adoperò per venire in aiuto a
queste persone che nel 2006 videro loro riconosciuto dallo Stato lo status di IDPs (Internal
Displaced People). L’anno seguente venne compiuto un censimento ripetutosi poi a
distanza 6 anni nel 2013, un considerevole lasso di tempo considerato il nuovo conflitto
nel 2008 che andava ad aumentare le criticità di una situazione già precaria. Nel frattempo
venne approvato un “piano di azione per l’implementazione della strategia statale riguardo
gli sfollati 2012-2104”.
Uno studio sulla vulnerabilità svolto dall’UNDP nel 2013, constata che il trasferimento ha
lasciato gli IDPs in una condizione di svantaggio per quanto riguarda l’accesso alla terra e
alla proprietà. È inoltre emerso che il loro livello di reddito era o paragonabile, o
leggermente superiore alle famiglie povere della popolazione generale, ma che molti
devono continuare a fare affidamento sui sussidi statali, come l'assegno mensile per gli
sfollati, come loro principale fonte di reddito. Il governo ha continuato a fornire assistenza
abitativa agli sfollati che vivono nei centri collettivi. Nel corso del 2014 ha assegnato nuove
unità abitative a più di 1.500 famiglie, e registrato la proprietà di spazi abitabili di circa
1.400 famiglie in oltre 125 centri collettivi. Tuttavia, circa 50.000 sfollati ancora
necessitano di assistenza abitativa. Il dato non include quelli che vivono al di fuori dei
centri collettivi, la maggior parte dei quali sono stati lasciati fuori dai programmi di
assistenza abitativa.
L’01/03/2014 è entrata in vigore la legge georgiana sugli IDPs che va a sostituire la
vecchia legge ormai datata e che non soddisfaceva gli standard internazionali. I principali
aggiornamenti della nuova legge sono i seguenti:
- da marzo 2014, tutti gli sfollati riceveranno un significativo aumento all’assegno mensile
di 45 gel (una somma di 14 lari per persona veniva assegnato negli anni Novanta, a partire
dal 2000 l’assegno fu portato a 22 lari più luce, acqua e gas per coloro che vivevano nei
“centro collettivi” e a 28 lari netti per coloro che avevano trovato una sistemazione privata).
- gli sfollati sono completamente protetti da sfratto dalle sistemazioni che sono ora sotto la
loro titolarità.
- l’indennità di IDP non sarà più sospesa se l’IDP lascia il paese per più di due mesi, nel
caso in cui il motivo sia legato a viaggi di lavoro, di studio o di trattamento medico,
informando il Ministero in anticipo.
- la procedura di riconoscimento dello status di IDP è semplificata; in particolare, il
meccanismo burocratico che ha concesso lo status di IDP è stato annullato.
- il concetto di famiglia è stato definito in modo da rispettare il diritto di unità della famiglia.
Contatti con l'Abkhazia e l’Ossezia del Sud
La maggior parte dei rifugiati del conflitto abkhazo ha mantenuto rapporti con i cittadini di
etnia abkhaza. Rapporti che tuttavia non sono facili da mantenere poiché per la
maggioranza dei georgiani è molto difficile potersi recare nella “de-facto Repubblica
Abkhaza”. Un'eccezione è però rappresentata dal distretto di Gali, che è sempre stato un
distretto a sé, nel quale il 99% della popolazione è composto da cittadini di etnia
georgiana. Gli abkhazi non hanno mai posto come loro obiettivo di prendere sotto il proprio
controllo il distretto di Gali, anche se effettivamente nel caos della guerra civile del
settembre 1993, il distretto cadde ufficialmente sotto il loro controllo. Attualmente, nel
distretto di Gali i cittadini georgiani continuano a vivere nelle loro case, anche se in una
situazione di grave insicurezza. Non vengono infatti tutelati in alcun modo dall’autorità defacto di Abkhazia e vige una situazione altamente caotica.
Con l’eccezione proprio del distretto di Gali, le autorità de-facto in Ossezia del Sud ed
Abkhazia rifiutano agli sfollati il permesso di rientrare nelle loro terre sulla base del fatto
che un consistente afflusso di georgiani sconvolgerebbe l’equilibrio etnico e
comprometterebbe la sicurezza nella regione. Negli anni, tra i 40 ed i 50 mila sfollati hanno
fatto ritorno nel distretto di Gali. Tuttavia molti di questi si configurano come trasferimenti
stagionali volti alla coltivazione della terra e le famiglie in questione mantengono due
residenze. La maggior parte di questi “rientrati” è stata in grado di mantenere i documenti
di registrazione della loro condizione di sfollati. Questi documenti emessi e riconosciuti dal
governo georgiano, permettono loro di continuare ad accedere a diritti e benefici. Per
queste persone la questione che rimane aperta è quella della sostenibilità del loro ritorno. I
problemi che hanno dovuto affrontare, oltre a quelli già sopra citati, riguardano le
inadeguate soluzioni abitative e i bassi redditi.
Coloro che, man mano andava stabilizzandosi la situazione in Ossezia del Sud, fecero
ritorno nelle zone a ridosso della “linea di confine amministrativo” videro materializzarsi
l’impedimento al loro ritorno a casa tramite l’installazione di una recinzione lunga 50 km. I
soldati russi e le milizie sud-ossete nel 2013 completarono questa barriera che impedisce
l’accesso degli sfollati alle loro case, terreni, risorse idriche e fonti di sostentamento.
Inoltre, degno di nota, e il lento spostamento della barriera stessa che è arrivata ad
inglobare un breve tratto dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Supsa e più di un abitato e che viene
effettuato per lo più di notte e previo brevissimo preavviso agli abitanti che devono
scegliere se restare o andarsene lasciando i loro averi.
http://www.georgianjournal.ge/politics/32479-easter-a-melancholy-affair-for-those-divided-by-russian-built-sossetian-border-fence.html
http://www.theguardian.com/world/2015/may/20/russian-expansion-georgia-south-ossetia
http://www.eastjournal.net/archives/72575
Qui sopra i link ad articoli che trattano di quando sono i confini ad essere #sconfinati
10. GLOSSARIO DI GEORGIANO
Italiano
Georgiano
Pronuncia
Benvenuti!
კეთილი იყოს თქვენი მობრძანება
Ketili ikos tkveni
mobrdzaneba!
Piacere (di
conoscerLa)
სასიამოვნოა თქვენი გაცნობა
Sasiamovnoa tkveni gatsnoba
Com'è andato il
Suo viaggio?
როგორ იმგზავრეთ?
Rogor imgzavret?
Georgia
საქართველო
Sakartvelo
Georgiano
ქართული
Kartuli
Inglese
ინგლისური
Inglisuri
Buongiorno/
Ciao
გამარჯობა
Gamarjoba
Come sta?
როგორ ბრძანდებით?
Rogor brzandebit?
Come stai?
როგორ ხარ?
Rogor khar?
Io sto bene e
tu?
მე კარგად, შენ?
Me kargad, shen?
Grazie
გმადლობთ
Madloba
Mille grazie!
დიდი მადლობა
Didi madloba
Per favore
თუ შეიძლება / გეთაყვა
Tu sheidzleba / Getakva
Chiedo scusa
უკაცრავად
Ukacravad
Mi scusi
ბოდიში
Bodishi
Parla Inglese?
საუბრობთ ინგლისურად?
Saubrobt inglisurad?
Non parlo
Georgiano
ქართული არ ვიცი
Kartuli ar vitsi
Si
დიახ (formale) /კი (neutro) /
ჰო (familiare)
Diakh / ki / ho
No
არა
Ara
Da dove è Lei?
საიდან ხართ?
Saidan khart?
Sono Inglese/
Americano
ინგლისელი/ამერიკელი ვარ
Ingliseli/Amerikeli var
Arrivederci
ნახვამდის
Nakhvamdis
A presto
მომავალ შეხვედრამდე
Momaval shekhvedramde
Buono
კარგი
Kargi
Molto
ძალიან
Dzalian
é bene
კარგია
Kargia
Che cosa
რა
Ra
Dove è …?
სად არის?
Sad aris?
Voglio...
მე მსურს
Me msurs
Vuoi / Vuole?...
გსურს? / გსურთ?
Gsurs? / Gsurt?
Mi piace..
მომწონს
Momtsons
Io so..
ვიცი
Vitsi
Quanto?
რამდენი?
Ramdeni?
Grande
დიდი
Didi
Piccolo
პატარა
Patara
Molto/ Tanto
ძალიან ბევრი
Dzalian bevri
Poco
ცოტა
Tsota
Che ore sono?
რომელი საათია?
Romeli saatia?
Anno
წელი
Tseli
Mese
თვე
Tve
Settimana
კვირა
Kvira
Ho capito
გავიგე / გასაგებია
Gavige / Gasagebia
Non ho capito
ვერ გავიგე
Ver gavige
Ho bisogno
dell'aiuto
დახმარება მჭირდება
Dakhmareba mchirdeba
Non lo vedo
ვერ ვხედავ
Ver vkhedav
Andiamo
წავიდეთ
Tsavidet
Albergo
სასტუმრო
Sastumro
Ospite
სტუმარი
Stumari
Visitare
მონახულება
Monakhuleba
Giorno/ Oggi
დღე / დღეს
Dre / Dres
Domani
ხვალ
Hval
Quanto costa?
რა ღირს?
Ra hirs?
Soldi
ფული
Puli
Lari (Moneta
Georgiana
1 lari=100 tetri)
ლარი
Lari
PASTI
Banchetto
სუფრა
Supra
Capotavola che
fa i brindisi
თამადა
Tamada
Pane
პური
Puri
Khachapuri
(pasto
tradizionalepane con
ripieno di
formaggio)
ხაჭაპური
Khachapuri
Khinkali (famosi
sacchettini con
carne tritata di
maiale o
bovina)
ხინკალი
Khinkali
Mtsvadi (gli
spiedi)
მწვადი
Mtsvadi
Vino Georgiano
ქართული ღვინო
Kartuli rvino
Acqua
წყალი
Tskali
Birra
ლუდი
Ludi
Tè
ჩაი
Chai
NUMERI
1 / primo
ერთი / პირველი
Erti / Pirveli
2 / secondo
ორი / მეორე
Ori / Meore
3 / terzo
სამი / მესამე
Sami / Mesame
4
ოთხი
Otkhi
5
ხუთი
Khuti
6
ექვსი
Ekvsi
7
შვიდი
Shvidi
8
რვა
Rva
9
ცხრა
Tskhra
10
ათი
Ati
ALFABETO GEORGIANO
11. RIFERIMENTI
Per la scheda paese
The world factbook, CIA: https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/it.html
Human Development Report 2015 (e/o precedenti): http://hdr.undp.org/en/content/table-1-humandevelopment-index-and-its-components
Banca Mondiale – World Development Indicators: http://wdi.worldbank.org/table/6.11
Per gli approfondimenti
http://www.assoequamente.it/data/Pubblicazione%20con%20copertina.pdf
http://www.mra.gov.ge/eng
Per il contesto regionale:
http://www.asrie.org/asrie/2016/04/12/la-russia-e-le-relazioni-con-le-repubbliche-del-caucaso-meridionale/
Per la storia del Paese:
http://www.paolacasoli.com/?s=marco+antollovich
Per i dati economici e sociali
http://www.infomercatiesteri.it/highlights.php?id_paesi=125
http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-15-4686_it.htm
www.ambtbilisi.esteri.it/ambasciata_tbilisi
http://it.sputniknews.com/italian.ruvr.ru/2012_09_25/Georgia-disoccupazione/
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Georgia/Georgia-tempo-di-riforma-del-lavoro-131528
Siti ufficiali
-
Parlamento: www.parliament.ge/index.php?lang_id=ENG&sec_id=1
Presidenza: www.president.gov.ge/?l=E&m=0&sm=0
Ministero degli Affari Esteri: www.mfa.gov.ge/
Ente per il Turismo: www.tourism.gov.ge/geo/
Investire in Georgia: www.investingeorgia.org/
L'Ambasciata d'Italia: www.ambtbilisi.esteri.it/ambasciata_tbilisi
Missione OSCE: www.osce.org/georgia/
Altri media di interesse
- Eurasia.org: www.eurasia.org/country/country.aspx?NAME=georgia
- Civil.ge: www.civil.ge/eng/
- Giornalismo dal caucaso: www.caucasusjournalists.net/ENG/
Associazioni Di Riferimento
- Caritas Georgia: http://caritas.ge/it/programmi/
- Caritas Verona: http://www.caritas.vr.it/
- Caritas Ambrosiana: http://www.caritasambrosiana.it/