Iliade - L`ira di Achille
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Iliade - L`ira di Achille
qwertyuiopasdfghjklzxcvbnmqwerty Progetto Libri digitali dell'Istituto 16 Valpantena – Verona uiopasdfghjklzxcvbnmqwertyuiopasd fghjklzxcvbnmqwertyuiopasdfghjklzx cvbnmqwertyuiopasdfghjklzxcvbnmq Iliade L'ira di Achille wertyuiopasdfghjklzxcvbnmqwertyui opasdfghjklzxcvbnmqwertyuiopasdfg hjklzxcvbnmqwertyuiopasdfghjklzxc vbnmqwertyuiopasdfghjklzxcvbnmq wertyuiopasdfghjklzxcvbnmqwertyui opasdfghjklzxcvbnmqwertyuiopasdfg hjklzxcvbnmqwertyuiopasdfghjklzxc vbnmqwertyuiopasdfghjklzxcvbnmq wertyuiopasdfghjklzxcvbnmqwertyui opasdfghjklzxcvbnmqwertyuiopasdfg hjklzxcvbnmrtyuiopasdfghjklzxcvbn mqwertyuiopasdfghjklzxcvbnmqwert yuiopasdfghjklzxcvbnmqwertyuiopas L'ira di Achille Di nuovo allora il Pelìde con parole ingiuriose investì l’Atride e non trattenne il corruccio: “Ubriacone, occhi di cane, cuore di cervo, mai vestire corazza con l’esercito in guerra né andare all’agguato coi più forti degli Achei osa il tuo cuore: questo ti sembra morte. E certo è molto più facile nel largo campo degli Achei strappare i doni a chi a faccia a faccia ti parla, re mangiatore del popolo, perché a buoni a nulla comandi; se no davvero, Atrìde, ora per l’ultima volta offendevi! Ma io ti dico e giuro gran giuramento: sì, per questo scettro , che mai più foglie o rami metterà, poi che ha lasciato il tronco sui monti, mai fiorirà, ché intorno ad esso il bronzo ha strappato foglie o corteccia: e ora i figli degli Achei che fanno in giustizia lo portano in mano: essi le leggi in nome di Zeus mantengono salde. Questo sarà il giuramento. Certo un giorno rimpianto d’Achille prenderà i figli degli Achei, tutti quanti, quando molti per mano d’Ettore massacratore cadranno morenti; e tu dentro lacererai il cuore, rabbioso che non ripagasti il più forte degli Achei.” Disse così il Pelìde e scagliò in terra lo scettro disseminato di chiodi d’oro. Poi egli sedette. Dall’altra parte, l’Atride era furioso… 225 230 235 240 245 (Iliade, Libro I) 2 Parafrasi Allora Achille investì di nuovo con parole offensive Agamennone, figlio di Atreo, senza trattenere la rabbia e dicendo: “Ubriacone, dagli occhi senza forza come un cane e pauroso come cervo, il tuo cuore non ha mai osato farti indossare la corazza per combattere in guerra con l’esercito o per tendere agguati con gli Achei più valorosi: ti sembrerebbe di morire di paura. Per te è molto più facile strappare i doni a chi osa affrontarti direttamente restandotene nel campo sicuro dei Greci, o re che ti approfitti del popolo perché comandi a dei vili; se così non fosse, figlio di Atreo, avresti offeso per l’ultima volta perché qualcuno si sarebbe opposto. Ma io faccio un solenne giuramento su questo scettro che non metterà più foglie o rami (visto che il tronco da cui deriva si trova sui monti), e che non fiorirà mai più dato che un’ascia di bronzo gli ha tolto foglie e corteccia, tanto che ora i re Greci amministrano la giustizia tenendolo in mano per far rispettare le leggi in nome di Zeus. Giuro che un giorno tutti i Greci, quando moriranno in gran numero massacrati da Ettore, rimpiangeranno Achille e tu ti struggerai di rabbia, per non aver soddisfatto me, che sono il più forte tra i Greci. Achille, figlio di Peleo, disse così e poi gettò a terra lo scettro disseminato di chiodi d’oro. Poi si sedette, mentre Agamennone, figlio di Atreo era rabbioso… 3