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 DEMO
SI RIPORTANO DI SEGUITO
A SCOPO ILLUSTRATIVO
ALCUNI BRANI DEL VOLUME
“DIRITTO ALL’AMBIENTE: MANUALE PRATICO
DI USO COMUNE PER LA DIFESA GIURIDICA
DELL’AMBIENTE E DEGLI ANIMALI”
INTRODUZIONE
Introduzione
Nel nostro Paese vigono strani principi di fatto che portano a singolari conseguenze. Uno dei principali vuole che se a delinquere siamo in tanti si perde progressivamente la percezione del fatto che stiamo violando la legge, e l’illegalità
diventa ordinaria, quasi un diritto acquisito. Se poi il delinquere diventa di massa,
allora l’illegalità si trasforma automaticamente in perfetta legalità. E chi va a contestare questo principio viene a sua volta contestato.
Il campo degli illeciti in materia ambientale è la conferma da manuale di questo singolare “principio giuridico e sociale” oramai diffuso. Infatti, fin dagli anni
’60 - epoca dei primi attacchi selvaggi al territorio in particolare per ciò che concerne l’edilizia ed il paesaggio - progressivamente nel nostro Paese l’illegalità nel
campo ambientale è diventata un fenomeno diffuso e collettivo. Le leggi in materia ambientale sono cadute in desuetudine per disapplicazione, perché sostanzialmente nessuno le ha più osservate ed applicate, sia da parte di molti privati che - in
modo straordinario - anche da parte di moltissime pubbliche amministrazioni (la famosa “Legge-Galasso” sui vincoli paesaggistici ambientali del 1985, di fatto ignorata dai più e mai applicata o applicata in modo distorto, è la conferma oggettiva di
quanto andiamo dicendo).
Se dunque il delinquere diventa di massa, non solo si perde la percezione che
stiamo portando avanti attività illegali, ma il tutto diventa quasi un vanto sociale. Ed
è questo un altro dei “principi di fatto” singolari, che da anni ormai vanno ad imperare nel nostro Paese. Infatti mentre in altri Paesi esteri chi delinque - dalla violazione del fisco all’aggiramento di ogni tipo di normativa di carattere sociale - cerca
di nascondersi perché la percezione sociale di tali violazioni comporta automaticamente un ostracismo ed una censura collettiva da parte degli altri connazionali, da
noi accade esattamente il contrario. Partendo dalle violazioni fiscali e tributarie,
dove coloro che riescono in modo furbesco ad evadere le tasse ostentano senza ritegno il frutto di tali furbizie (macchine, barche, ville ...), e diventano addirittura
status symbol e modelli di riferimento per i giovani, poichè vengono identificati
come persone di successo ed all’avanguardia nella considerazione sociale (anche da
parte di coloro che – poi – pagano la tasse al posto loro…); mentre coloro che seguono le regole - sostanzialmente - sono persone poco abili o comunque non certamente all’apice della catena di considerazione sociale (i c.d. “fessi”).
Nel campo ambientale tale fenomeno ha raggiunto la sua massima estrinsecazione. Infatti il delinquere in questo settore non solo non viene nascosto, e comunque in qualche modo considerato come un fatto riprovevole e di vergogna
sociale, che dovrebbe essere sottoposto automaticamente alla censura degli altri concittadini, ma addirittura viene evidenziato e proposto come fenomeno di intelligenza, di valore sociale e comportamentale. Di più, le violazioni di legge spudorate
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DIRITTO ALL’AMBIENTE
e palesi diventano addirittura spunti di marketing, di comunicazione sociale e perfino di business economico. Ancora oggi in modo incredibile su alcune riviste a
larga diffusione si trovano tranquillamente intere pagine di pubblicità di vendita di
lottizzazioni edilizie e di singole case non vicino al mare, ma - si specifica - “sulla
riva del mare o addirittura sulla costa”. Come dire: abbiamo violato in modo impunito e impunibile tutte le normative storiche sui vincoli paesaggistici-ambientali
e sull’edilizia, abbiamo costruito in solare violazione di legge, siamo stati però talmente bravi ed astuti che quella tale violazione di legge ve la rivendiamo addirittura come valore economico perché la casa illegale ed abusiva ve la fotografiamo e
la pubblichiamo a tutta pagina come pubblicità sui giornali e la facciamo pagare di
più rispetto alla casa costruita in rispetto della fascia di vincolo sulla costa. Queste
pagine di giornale che pubblicizzano e rendono come marketing strategico-aziendale una palese e vergognosa violazione di legge, vengono pubblicate dai maggiori
rotocalchi editoriali italiani senza che nessuno si sogni di obiettare nulla, e vengono
condivise anche da gran parte dell’opinione pubblica; alla fine c’è chi va a comprarsi
tale casa proprio sul presupposto che è stata costruita sulla riva del mare o sulla costa.
Un ottimo affare. Illegale? E perché mai?...
Dunque, finisce pure sul giornale come pubblicità una grave forma di violazione di legge, perché ormai si è persa completamente la percezione della violazione
alla legge medesima e l’illegalità è diventata un fatto di cui vantarsi anche a livello
pubblicitario. Che determina peraltro un plusvalore economico.
A questo punto i fenomeni strani continuano, perché avendo perso la percezione che stiamo agendo in modo collettivo secondo sistemi illegali, il paradosso è
che mentre il delinquere è diventato una capacità furba e professionale del quale
vantarsi, è anche importante ostentare il frutto ed il prodotto del proprio delinquere, in ordine a qualunque forma di devastazione territoriale ed ambientale.
Nel contempo, chi dall’altra parte cerca ancora di sostenere che quelle leggi
vanno rispettate e che si sta violando brutalmente l’ambiente, viene tacciato di essere esagerato, estremista, oltranzista. Il paradosso dei paradossi è che il richiamo alla
cultura della legalità viene letto e percepito come un fastidio sociale, mentre chi delinque viene, in qualche modo, tollerato ed anzi condiviso socialmente. Percui - ad
esempio - chi ha costruito interi villaggi abusivi sulla costa e fronteggia con veemenza la polizia che, invece, vuole abbattere le case abusive per risanare il territorio danneggiato, è considerato una “vittima” e viene così rappresentato anche da
alcuni giornali ed avvertito da parte della pubblica opinione. Il delinquere di massa
diventa fatto sociale e politico, con esponenti della pubblica amministrazione che
scendono in piazza a fianco degli abusivisti. Roba surreale, ma sono cronache documentate dai telegiornali recenti.
A questo punto nasce la necessità assoluta ed inderogabile di una nuova cultura sociale della legalità in questo ed in altri settori. Perché, oltre a tali fenomeni,
si aggiunge l’istinto predatorio collettivo al quale abbiamo assistito in questi ultimi
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INTRODUZIONE
decenni nel nostro Paese verso tutti i beni paesaggistici, ambientali, naturali ed animali. Una strana frenesia di massa ha portato alla predazione generale di ogni cosa
naturale esistente nelle nostre zone, perché sostanzialmente tutti i principali habitat naturali, risorse e territori sono stati in qualche modo saccheggiati e danneggiati
dall’edilizia con ruspa selvaggia, da inquinamenti, da sbancamenti e cave, da ogni
altra forma di predazione ivi compresi tagli dei boschi e comunque anche da devastazioni come incendi boschivi ed altri atti di gratuito vandalismo ambientale.
Sembra quasi che se da questo nostro martoriato territorio non riusciamo a
portare via qualcosa, o comunque a lasciare una traccia indelebile negativa del nostro passaggio, siamo quasi fuori dal tempo.
A questo punto nasce veramente la necessità assoluta di organizzare e rendere
sistematica quella minima azione di richiamo alla legalità da parte dei cittadini onesti e delle associazioni ambientaliste ed animaliste; azione che si pone - ormai come l’ultimo baluardo contro questa cultura diffusa della illegalità emergente elevata a stile ed a diritto di vita.
Ecco, lo scopo di questo manuale è proprio questo. In altra opera editoriale,
che pubblico da anni, ho proposto la “Tecnica di polizia giudiziaria ambientale”.
È un volume che in tutti questi anni ha avuto molta fortuna e dove ho cercato di
spiegare in modo semplice ma rigoroso a tutte le forze di polizia statali e locali le
normative ambientali da applicare, impegnandomi a tradurre i complessi principi
giuridici delle norme in pratici aspetti operativi quotidiani per ogni operatore di polizia ambientale che agisce sul territorio.
Con “Diritto all’ambiente” vorrei perseguire l’ambiziosa ma sentita finalità di
riuscire a tradurre in termini semplici e pratici alcune delle normative ambientali a
difesa dell’ambiente e degli animali anche per i “non addetti ai lavori”, cioè per i
privati cittadini e per gli attivisti delle associazioni ambientaliste che si impegnano
come ultimo baluardo per difendere la cultura della legalità. Chi contrasta la furbizia della illegalità imperante elevata a diritto acquisito, ogni giorno si trova a combattere per cercare di sottrarre ai predoni dell’ambiente gli ultimi scampoli di natura
sopravvissuta allo scempio di questi ultimi decenni. Ma le leggi sono tante, complesse, soprattutto le procedure (penali ed amministrative) rendono ancora più difficile l’applicazione delle varie normative specifiche.
La finalità di questo volume è proprio quella di cercare di tradurre sia le procedure in primo luogo, che sono essenziali, sia le normative sostanziali in termini
pienamente operativi per chi non è particolarmente esperto nel campo ambientale.
Anzi, per tutti coloro che non sono esperti affatto, che non hanno mai preso in
mano un codice ed una legge e che - però - voglio ricorrere ai codici ed alla legge
per difendere ambiente ed animali.
Non so se le prossime pagine riusciranno a questo scopo; spero di sì. Perché
oggi ripristinare in modo corretto il meccanismo dell’applicazione della legge appare essenziale per difendere l’ambiente e gli animali dalle ulteriori forme di attacco
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DIRITTO ALL’AMBIENTE
quotidiano e sistematico. Anche per richiamare a maggiore impegno operativo tutti
coloro che devono, per ruolo istituzionale, poi applicare queste normative.
Infatti, personalmente da una vita sono sempre con le forze di polizia e dalla
parte delle forze di polizia ambientale per cercare di offrire un minimo e modesto
contributo alla loro preziosa operatività a difesa dell’ambiente attraverso i codici sostanziali e procedurali alla mano. Ma dobbiamo anche dire per dovere di onestà (e
lo diciamo senza offesa per nessuno, ma dobbiamo dirlo) che purtroppo anche in
questo settore a volte le cose non funzionano esattamente come dovrebbero funzionare. Evidentemente in questi ultimi decenni qualcosa non è andato per il verso
giusto anche nel campo della vigilanza ambientale.
L’abusivismo edilizio - ad esempio - prepotente, diffuso e dilagante, elevato
a diritto acquisito, conferma un dato oggettivo: in tutti questi anni passati e presenti
migliaia di casi di palese e spudorata violazione edilizia (anche in aree vincolate protette) sono stati portati avanti sotto gli occhi di tutti, e purtroppo anche sotto gli
occhi di qualcuno che aveva il dovere istituzionale di impedire che questi reati venissero portati a ulteriori conseguenze fin dal momento del primo scavo abusivo.
Evidentemente, se quest’abusivismo è dilagato e se oggi le case abusive sono soggette a condoni e sanatorie e non si riesce ad abbatterle, qualcosa non ha funzionato nel meccanismo della prevenzione e della repressione anche della polizia
giudiziaria. Questo va detto per una finalità chiara ed onesta di riflessione e di
crescita collettiva.
E allora la seconda finalità di questo nuovo volume è anche quella di fornire al privato cittadino e all’attivista dell’associazione ambientalista ed animalista
strumenti validi anche per sollecitare le forze di polizia e le autorità amministrative a fare quello che dovrebbero già fare di propria iniziativa, e per proprio dovere istituzionale, ma che molto spesso evidentemente non riescono o non
possono fare fino in fondo.
Non solo, dunque, uno strumento di lettura, di applicazione e di interpretazione della legge ma anche di pungolo verso le varie autorità pubbliche affinché
contribuiscano alla corretta applicazione della legge e al ripristino di una cultura
della legalità. Tutto per il nostro “diritto all’ambiente”.
Maurizio Santoloci
Ottobre 2010
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PROBLEMI GENERALI DI PRINCIPIO E DI PROCEDURA
PARTE PRIMA
Problemi generali
di principio e di procedura
per le azioni giuridiche
a tutela dell’ambiente e degli animali
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DIRITTO ALL’AMBIENTE
§ 1. LE AZIONI GIURIDICHE A TUTELA DELL’AMBIENTE
E DEGLI ANIMALI
1.1 “Denunce”, “esposti” & simili: che confusione...
Quando ci troviamo di fronte a casi di danno verso l’ambiente o verso gli
animali, istintivamente, come prima reazione, pensiamo di inviare un esposto. Immaginiamo, infatti, che qualsiasi caso o realtà di negativa incidenza ambientale o di
aggressione verso animali possa essere affrontato con tale mezzo. Nel nostro senso
comune di vedere collettivo, infatti, l’esposto è lo strumento principe per denunciare qualcosa a qualche autorità, sperando che quest’ultima poi intervenga per affrontare e risolve il problema.
In realtà non è affatto così. E anzi poi andiamo a scoprire che l’ “esposto” in se
stesso come strumento giuridico non esiste. Ne consegue che è necessario avere ben
presente una minima informazione e formazione su quello che sono le regole giuridiche ed i connessi strumenti procedurali per attivare in modo proficuo una segnalazione ad una autorità pubblica in grado di affrontare e risolvere il caso segnalato.
Ma per raggiungere questo obiettivo minimale, in assenza del quale non agiremmo in modo costruttivo, è necessario un inquadramento generale delle connesse regole normative. Dobbiamo - infatti - preventivamente individuare quali
sono gli organi pubblici deputati come competenza in questi settori, e quali sono
le regole normative e procedurali che possiamo di volta in volta attivare per raggiungere il nostro obiettivo.
Va premesso in questo contesto che, naturalmente, non tutti gli organi pubblici possono e devono intervenire su tutto, e contestualmente non tutto ciò che ci
sembra illegale sotto il profilo della nostra comune visione corrisponde automaticamente a qualcosa di illecito sotto il profilo delle regole normative. Infatti in ogni
settore della nostra vita sociale possono essere attuati comportamenti e si verificano
fatti che assumono, per senso comune, un valore antisociale o comunque negativo.
Il campo ambientalista ed animalista è ricco di tali fenomeni. Ma non tutto ciò che
appare come scorretto sotto il profilo ambientalista ed animalista è sempre e comunque un illecito rilevante a livello giuridico. In altre parole, spesso ci troviamo
di fronte a realtà che, pur essendo evidentemente negative per la collettività, non
configurano un illecito formale, ma devono essere affrontate a livello politico, sociale e culturale; distinguere bene questi due campi totalmente diversi è necessario
e propedeutico per una efficace azione giuridica in ogni iniziativa a difesa dell’ambiente e degli animali.
E dunque, il concetto di illecito ambientale (formale) non sempre coincide
con tutto ciò che è ambientalmente scorretto o dannoso. Questo confine è spesso
fonte di equivoci operativi a livello procedurale.
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PROBLEMI GENERALI DI PRINCIPIO E DI PROCEDURA
1.2 Quando un fatto è “illecito”?
Un fatto è illecito soltanto se è previsto come tale da una legge specifica. Gli
illeciti - pertanto - devono essere valutati esclusivamente rispetto a quello che la
norma prevede come tali. Se la norma non prevede un aspetto formalmente illecito,
quel fatto sarà dannoso e deleterio per l’ambiente o gli animali, ma non è illegale; dovrà essere affrontato in sede politica, amministrativa, sociale e culturale,
ma non può generare un intervento del sistema giurisdizionale. Ad esempio, la realizzazione di una discarica o di un inceneritore regolarmente autorizzati e nel rispetto di tutte
le norme di settore, anche se vengono considerati dannosi per l’ambiente e la salute pubblica,
non sono “illegali” e non possono essere “denunciati” (come qualcuno invece ritiene comunemente) alla magistratura (o oggetto di un “esposto”), dato che appunto non vi sono illeciti da
perseguire; in questi casi l’azione è puramente sociale e politica. Analogo discorso vale per alcune pratiche che riguardo gli animali e che sono rese legali dal sistema giuridico, anche se dal
nostro punto di vista animalista possono apparire fortemente in contrasto con i minimi sentimenti di etica e di rispetto verso il mondo animale.
Perché un fatto possa, invece, essere qualificato come illecito deve sussistere un
qualcosa in più, un’ulteriore condizione specifica: quel fatto, o quel comportamento, deve essere espressamente e specificamente proibito o reso obbligatorio da
una legge e questa legge deve a sua volta prevedere una sanzione a carico di chi non
osserva il divieto o l’obbligo sancito.
È a questo punto che entriamo nel campo degli illeciti. Questo campo, a sua
volta, è graduato secondo la gravità dei fatti e dei comportamenti. Infatti, la casistica delle violazioni di legge è vastissima ed il legislatore ha previsto una scala proporzionata di sanzioni rispetto alle varie gravità degli illeciti posti in essere.
Il primo grande criterio, adottato a livello politico, per distinguere gli illeciti
più gravi da quelli meno gravi consiste nel punire la violazione della legge con una
sanzione penale o con una sanzione amministrativa. Nel primo caso si avrà il reato,
nel secondo l’illecito amministrativo; è quindi la natura della sanzione che ci consente di stabilire se siamo di fronte all’uno o all’altro.
Ma che cos’è la violazione della legge? La mancata osservanza del comando recato dalla legge. Una violazione della legge, infatti, può determinare le condizioni
di un “reato” (più tecnicamente si dice che “integra gli estremi di un reato”) oppure di un “illecito amministrativo”.
Un fatto è - dunque - “illecito” soltanto quando è previsto come reato o come illecito amministrativo da una specifica norma giuridica (tra breve approfondiremo questi due concetti). In questi casi - come vedremo - competente ad agire sarà un organo di
vigilanza.
Inoltre, il campo degli illeciti non sempre è di tipo sanzionatorio tale da attivare la competenza di un organo di polizia. Il caso classico sono i provvedimenti
illegittimi della pubblica amministrazione che, pur violando le leggi, di regola
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DIRITTO ALL’AMBIENTE
(e salvo casi particolari) non sono illeciti in senso sanzionatorio e quindi vanno affrontati sotto il profilo delle illegittimità amministrative (ad esempio con il ricorso
al TAR). Nel caso d’esempio manualistico sopra citato, per una discarica o un inceneritore
realizzato attraverso provvedimenti amministrativi adottati violando le regole sostanziali e
procedurali di settore, seguendo il rito specifico chi ha un interesse legittimo (comitati di cittadini, ente esponenziale o singoli cittadini danneggiati in via diretta) può proporre ricorso al
TAR competente contro quel provvedimento. In tale campo - per casi particolarmente
gravi e palesi - si può anche attivare in sede penale una procedura particolare per
la “disapplicazione” degli atti amministrativi illegittimi (come vedremo in seguito).
Quando una violazione di legge prevede, invece, una sanzione entriamo
nel campo “punitivo”. Seguendo sempre l’esempio manualistico, se una discarica è stata
realizzata violando le norme di settore e senza alcuna autorizzazione, viene integrato un illecito penale e dunque si attiva il relativo sistema sanzionatorio specifico.
Il sistema punitivo “ambientale” si connota per la convivenza in esso di sanzioni sia amministrative sia penali. Nella normativa ambientale questo confine tra
illeciti amministrativi ed illeciti penali é sottilissimo; molte volte, infatti, la stessa fattispecie presenta una ipotesi sottilmente differente che può essere punita o in via amministrativa o in via penale. La natura penale o amministrativa delle sanzioni in
materia di ambiente dipende dalla scelta del legislatore, in relazione alla gravità delle
conseguenze che si presumono derivare dall’attività illecita.
Quindi, per chiunque voglia attivare una azione giudiziaria in questo settore,
lo spartiacque tra illecito amministrativo e illecito penale è sempre un aspetto estremamente importante, anche e soprattutto perché cambia non solo la sanzione ma
anche la procedura.
Esempio...
A volte nella stessa legge un comportamento illegale
è punito sulla base di una sottile differenza ora con sanzione penale ora con sanzione amministrativa. L’abbandono e deposito incontrollato dei rifiuti nel contesto della
parte quarta del D.Lgs n. 152/06 è punito con una sanzione amministrativa se commesso da parte di un privato,
mentre lo stesso identico comportamento se attuato da un
titolare di azienda o responsabile di ente è punito con una
sanzione penale. La differenza non va - dunque - individuata nell’azione posta in essere, ma nella qualità soggettiva personale del soggetto responsabile...
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PROBLEMI GENERALI DI PRINCIPIO E DI PROCEDURA
A livello pratico, e senza entrare in complesse questioni giuridiche, una buona
chiave di lettura semplice per capire quando ci troviamo di fronte ad una sanzione
amministrativa è quello di leggere la sanzione: se dopo il precetto (che è la parte
della norma che prevede sostanzialmente il divieto o la regola), rileviamo la parola
chiave “è soggetto alla sanzione amministrativa di euro…o da euro a euro” saremo nel
campo delle sanzioni amministrative; se invece troviamo nel testo di legge le altre
quattro parole chiavi, alternative o congiunte secondo i casi, “reclusione - multa”, “arresto - ammenda” siamo automaticamente nel campo delle sanzioni penali.
Va - infine - rilevato che è altrettanto importante per tutti seguire la
giurisprudenza e l’evoluzione delle leggi, giacché in questo settore i mutamenti sono spesso improvvisi e significativi.
Il campo degli inquinamenti, in particolare, presenta in modo sistematico un
sottile confine tra illeciti amministrativi ed illeciti penali per fattispecie che sono
solo apparentemente similari, ma che in realtà si differenziano a livello sostanziale
oltre che formale.
Va ricordato e fortemente sottolineato - tuttavia - che molto spesso un apparente illecito amministrativo nel campo ambientale nasconde in realtà in modo
abile ed astuto un grave reato, ed altre volte da un modesto e reale illecito amministrativo si può trovare la traccia per una serie di reati molto importanti che si nascondono dietro quella più trascurabile fattispecie.
Si pensi, esempio, ad un accertamento per trasporto illecito di rifiuti non
pericolosi senza formulario o con un formulario incompleto nel campo dei reflui
zootecnici industriali: valorizzando il singolo episodio, in se stesso sanzionato appunto in via amministrativa, e controllando successivamente i viaggi ed i carichi
pregressi della stessa azienda, si può giungere ad individuare uno smaltimento illegale sistematico di rifiuti liquidi zootecnici con un grave danno per i riversamenti
effettuati su terreni di comodo (che divengono vere e proprie discariche abusive).
1.3 Il concetto di illecito amministrativo
L’illecito amministrativo consiste in una violazione di un precetto compiuta da
un soggetto cui l’ordinamento ricollega, come conseguenza giuridica, l’assoggettamento ad una sanzione amministrativa, che può avere carattere pecuniario o meno.
In particolare, ricorre l’illecito amministrativo ambientale nei casi in cui la
legge colpisca l’inosservanza delle norme ambientali con l’applicazione di sanzioni
di natura amministrativa. Esso va dunque tenuto distinto dall’illecito penale.
Va comunque sottolineato che, dal punto di vista sociologico, all’applicazione
della sanzione amministrativa non segue quel disvalore etico-sociale che invece accompagna la sanzione penale; ciò è dovuto al fatto che, sotto il profilo degli effetti,
la sanzione amministrativa non determina le stesse conseguenze della sanzione penale (prima fra tutte l’iscrizione della condanna penale nel casellario giudiziale); ancora dal punto di vista procedimentale, i poteri della polizia giudiziaria nell’eseguire
pag. 15
DIRITTO ALL’AMBIENTE
l’indagine penale sono più penetranti di quelli di cui dispone l’autorità amministrativa nell’accertamento della violazione di natura amministrativa; infine, sotto il
profilo delle fonti, gli illeciti amministrativi possono essere introdotti anche da leggi
regionali.
1.4 Gli equivoci terminologici
Attenzione - dunque - anche a non creare confusione di termini.
Nel linguaggio comune si sente spesso parlare impropriamente di “multe”o
“contravvenzioni” nel campo del diritto amministrativo punitivo; ad esempio, si afferma comunemente “il vigile urbano mi ha elevato una contravvenzione”, “ho pagato una
multa al vigile urbano per il divieto di sosta” e via dicendo. Questa terminologia,
seppur di uso corrente, è del tutto errata.
La “multa”, infatti, è la sanzione penale pecuniaria prevista per i delitti e, di
conseguenza, non è appropriato definire in questo modo una sanzione amministrativa; allo stesso modo rappresenta sicuramente un errore terminologico usare
nel campo dell’illecito amministrativo il concetto di contravvenzione, costituendo
quest’ultima la forma meno grave di reato. Non sempre, dunque, il comune senso
di esprimersi corrisponde alle esatte terminologie giuridiche.
Questo può generare pericolosi equivoci interpretativi ed applicativi; e ciò
non solo nel settore del codice della strada. Si pensi - ad esempio - ai non rari equivoci terminologici tra “scarico” e “rifiuto liquido” nel campo degli inquinamenti,
laddove a volte si verbalizza che un autospurgo “scarica” illegalmente il liquame in
un fiume: un errore tra parte terza e parte quarta del T.U. ambientale che può rendere vana tutta la procedura seguita dalla P.G. e dal P.M.; un veicolo smaltisce o
riversa un rifiuto liquido (parte quarta D.Lgs. n. 152/06), ma non “scarica” giuridicamente un liquame (parte terza D.Lgs. 152/06).
Nel gergo comune l’autospurgo o una vasca aziendale scaricano, ma nel linguaggio giuridico no! E non sono errori di poco conto… Infatti, lo scarico illegale
è un illecito punito (molto blandamente) nella parte terza del T.U. ambientale,
mentre lo smaltimento illegale di rifiuti liquidi è punito (più severamente e sempre
in via penale) nella parte quarta del Testo Unico medesimo. Sbagliare un termine
in questo contesto significa creare il presupposto per un errore fondamentale sull’individuazione della norma e dell’illecito conseguente.
1.5 La depenalizzazione
La “depenalizzazione” consiste in un provvedimento legislativo in base al quale
un fatto illecito ritenuto fino a quel momento “reato” (e cioè “illecito penale” soggetto a denuncia al magistrato) viene declassificato a violazione minore e trasformato
in un “illecito amministrativo” (eliminato quindi dal campo penale e soggetto così
solo al pagamento di una sanzione amministrativa, irrogata non dal magistrato ma
da un ente amministrativo e non risulterà sul certificato penale come invece i reati).
pag. 16
CASI PRATICI
PARTE SECONDA
Casi pratici di applicazione della normativa
a tutela dell’ambiente e degli animali
Allo scopo di evitare noiose illustrazioni manualistiche di leggi e decreti nelle varie
tematiche ambientali ed a difesa degli animali, proponiamo di seguito ai lettori
una serie di casi pratici esemplificativi nel contesto dei quali sarà delineata
la disciplina giuridica di settore delle varie materie.
Una nostra scelta editoriale per proporre una esposizione più dinamica e pratica
dei principi giuridici nei campi in esame.
pag. 73
DIRITTO ALL’AMBIENTE
Il Caso
Un privato o un’associazione
nota la progressiva realizzazione su
un’area privata o pubblica di quello
che - a prima vista e secondo il
senso comune - appare come una
discarica di rifiuti abusiva. Ove vengono riversati rifiuti omogenei (ad
esempio materiali da demolizione edile)
o rifiuti misti e disomogenei (scarti artigianali, residui commerciali, materassi,
calcinacci, elettrodomestici, cartoni, copertoni etc...). L’area interessata dal riversamento appare frequentata da
soggetti ignoti che, verosimilmente di
notte, riversano sul posto tali materiali
approfittando della scarsa vigilanza e
delle caratteristiche isolate del posto. Il
cumulo di rifiuti inizia a presentarsi notevole ed in progressiva espansione. Peraltro - come spesso accade - l’area così
trasformata in ricettacolo di rifiuti attira
paradossalmente, incoraggiandoli, altri
soggetti che vedendo lo stato di degrado
si sentono in diritto a loro volta di gettare rifiuti vari sul posto.
Si sta dunque creando il presupposto per un radicamento stabile e permanete di una vera e propria discarica
illegale.
A chi rivolgersi
• Certamente competente in primo luogo e per logica procedurale è la Polizia Municipale (o Polizia Locale) del Comune interessato che è l’organo di polizia
giudiziaria ed amministrativa direttamente interessato istituzionalmente al caso.
• Comunque ogni altro organo di polizia statale o locale è competente.
• La segnalazione va inviata - anche ed in aggiunta per gli aspetti amministrativi - all’ARPA competente per territorio, all’Assessorato comunale competente in
materia di ambiente e rifiuti, ed infine al Sindaco per conoscenza.
pag. 74
CASI PRATICI
Disciplina giuridica
La materia della gestione dei rifiuti - legali ed illegali - è oggi disciplinata dalla Parte Quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e
succ. mod..
Tale norma rappresenta la legge quadro di settore in questa materia. Tutto il
decreto in questione, nel gergo comune, viene indicato come “T.U. ambientale”
in quanto si compone di sei parti che affrontano i diversi aspetti della normativa in
materia di tutela dell’ambiente. In realtà questa definizione è impropria perchè non
si tratta di un vero e proprio testo unico normativo (come potrebbe ad esempio essere il codice della strada,) in quanto non è costituito da una serie di articoli coordinati ed esaustivi tra loro, ma il D.Lgs. n. 152/06 costituisce un semplice
raggruppamento - in un unico testo - di una serie di leggi pregresse che disciplinano
vari aspetti della normativa ambientale, ma che non esauriscono tutta la disciplina
di settore. Quindi in realtà, anche per i rifiuti, oltre alla disciplina base dettata dalla
Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/06, bisogna poi fare riferimento anche ad altre leggi
integrative che disciplinano singoli e specifici aspetti. Così è - ad esempio - per le
discariche le cui regole si trovano nel decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.
Il caso sopra descritto si pone al confine tra le regole sull’abbandono dei rifiuti,
il deposito incontrollato dei medesimi e la discarica abusiva. Infatti si deve sottolineare che è errato, quando si nota su un’area un cumulo di rifiuti, pensare automaticamente che si tratti di una discarica abusiva. Questa è, dunque, una errata
interpetazione di uso molto comune, ma che non corrisponde alle regole giuridiche e quindi spesso ci induce a presentare una denuncia formalmente sbagliata.
Il che significa che, se viene individuato un privato cittadino che abbandona
in modo isolato un rifiuto proveniente dalla propria abitazione (e dunque un rifiuto
domestico non pericoloso o pericoloso) dobbiamo tenere presente che costui sarà
soggetto ad un verbale per irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria e
dovrà obbligatoriamente rimuovere i rifiuti.
pag. 75
Disciplina giuridica
Infatti, nella Parte Quarta del D.Lgs. n. 152/06 viene prevista la sanzione
base per chi opera un modesto abbandono di pochi rifiuti con un’azione isolata.
L’art. 192 prevede tale divieto e gli artt. 255, comma 1, e 256, comma 2, delineano le relative sanzioni. Viene prevista una sanzione amministrativa per un privato che opera un abbandono isolato di rifiuti di qualunque tipo (sia pericolosi che
non pericolosi), mentre lo stesso identico abbandono operato da un titolare di
impresa o responsabile di ente viene sottoposto ad una sanzione penale.
DIRITTO ALL’AMBIENTE
Se, invece, tale azione è posta in essere da un titolare di impresa o responsabile di ente per un rifiuto di origine aziendale (ma sempre modesto e con azione
isolata) il responsabile sarà perseguito con una denuncia penale (fermo restando
anche per lui l’obbligo di rimozione dei rifiuti).
Questi due casi, per i qualunque organo di polizia statale o locale ha l’obbligo
di intervenire di iniziativa o su segnalazione di un privato cittadino, riguardano pertanto un gesto isolato di abbandono di rifiuti e pertanto un fatto veramente minimo.
Disciplina giuridica
Ove, invece, i due soggetti sopra indicati (privato o azienda) non si limitino ad
un modesto abbandono isolato di rifiuti ma vadano a creare un cumulo più consistente di rifiuti con una o più azioni (e cioè, più abbandoni seriali e ripetitivi che
fanno cumulo oppure un unico riversamento, però di grande consistenza, con una
sola azione) andranno incontro rispettivamente all’illecito amministrativo ( se si tratta
di soggetto privato) o all’illecito penale (se si tratta di soggetto aziendale) per un “deposito incontrollato” di rifiuti, fattispecie prevista dagli stessi articoli sopra citati.
Va sottolineato che in questo caso siamo passati dal modesto abbandono isolato ad un accumulo di rifiuti più consistente e visibile e che poi, in alcuni casi,
può raggiungere una estensione ed una volumetria importante. Di conseguenza
proprio a causa della grandezza dell’accumulo nel gergo comune questa ipotesi viene
classifica come “discarica” ma non è così perchè siamo ancora in un ambito di modesta entità volumetrica che non può ancora far scattare il concetto giuridico di discarica che pretende quantità e tempi di permanenza dei rifiuti molto più estesi.
Fino a tale tipo di illeciti i fatti possono essere denunciati a qualunque organo
di polizia come abbandoni o depositi incontrollati di rifiuti, verranno irrogate le rispettive sanzioni ai responsabili nel caso in cui questi vengano individuati e gli stessi
saranno destinatari di un ordine di rimozione immediata di rifiuti inpartito direttamente dall’organo di polizia se colti sul fatto (flagranza) o successivamente di specifica ordinanza del dirigente comunale per la rimozione dei rifiuti e rimessione in
pristino dello stato dei luoghi (art. 192, comma 3, D.Lgs. n. 152/06). Attenzione:
la violazione di tale ordinanza (e cioè il non rimuovere i rifiuti) costituirà reato sia
per il privato che per il soggetto aziendale.
Ma allora quando questo accumulo diventa discarica?
Va sottolineato che il concetto di discarica abusiva corrisponde ad una situazione molto più importante e complessa. Infatti non basta un accumulo piccolo o
medio di rifiuti per aversi una discarica in senso stretto sotto il profilo giuridico.
È infatti necessaria la presenza in quella determinata area di un consistente
quantitativo di rifiuti, di uno spazio significativo e - soprattutto - per un tempo stabile e permanente. Soltanto in questo caso si potrà integrare il reato previsto dalpag. 76
CASI PRATICI
l’articolo 256/3° comma del decreto legislativo n.152/06 (che riguarda, appunto,
il reato di discarica abusiva).
Ma – deve essere sottolineato – che il concetto giuridico e formale di discarica abusiva va individuato anche alla luce del D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 (norma
che disciplina la discarica in linea generale).
Che cosa è una discarica abusiva? Paradossalmente questo concetto è rimesso
alla dottrina ed alla giurisprudenza, giacché se le norme stabiliscono i parametri di
una discarica “regolare”, il concetto di discarica abusiva non è espresso chiaramente
in nessun testo normativo.
Certamente la definizione di discarica dettata dall’articolo 2 lettera g) del D.lgs.
13 gennaio 2003, n. 36, recante “Attuazione della direttiva 1999/31/Ce relativa alle
discariche di rifiuti”, apporta un significativo segnale di identificazione; in base a
tale testo per discarica si intende un’ “area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei
rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno. Sono esclusi
da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il
successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di
rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno”.
pag. 77
Disciplina giuridica
Le Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza 28 dicembre 1994 n.
12753 hanno delineato con precisione il concetto di realizzazione e gestione di discarica; e poiché le stesse Sezioni Unite non hanno da allora mai mutato orientamento, il concetto espresso è formalmente ma anche sostanzialmente valido nel
contesto della attuale normativa vigente.
Si legge nella motivazione della sentenza che: “(...) la realizzazione consiste
nella destinazione e allestimento a discarica di una data area, con la effettuazione,
di norma, delle opere a tal fine occorrenti: spianamento del terreno impiegato, apertura dei relativi accessi, sistemazione, perimetrazione, recinzione, ecc. Tale ipotesi,
per la sua struttura, ricorda da vicino il reato di costruzione abusiva, che è permanente fino all’ultimazione dell’opera. Dopodiché diventa ad effetti permanenti
(…)”. La seconda ipotesi, di gestione di discarica senza autorizzazione, presuppone
l’apprestamento di un’area per raccogliervi i rifiuti e consiste nell’attivazione di una
organizzazione, articolata o rudimentale non importa, di persone, cose e/o macchine (come, ad esempio, quelle per il compattamento dei rifiuti) diretta al funzionamento della discarica. Il reato è permanente per tutto il tempo in cui
l’organizzazione è presente e attiva. Essendo esso centrato sulla gestione, non importa se per un intervallo, non vengano scaricati rifiuti nell’area di discarica a causa
di una circostanza contingente (...)”.
Dunque, secondo le Sezioni unite, per la realizzazione di una discarica abusiva
DIRITTO ALL’AMBIENTE
occorre un’attività sistematica, reiterata e ripetuta nel tempo attraverso una serie di
azioni logico-operative e soggettive tali da integrare appunto una fattispecie tesa a
realizzare concretamente quel complesso sicuramente impegnativo stabile e duraturo nel tempo che rappresenta il concetto di discarica.
È pertanto un concetto riferito ad un evento importante, lontano dalla immagine comune di discarica. Anche in questo caso vi è differenza tra il quotidiano
e diffuso modo di vedere e classificare le cose e le costruzioni giuridiche relative.
Disciplina giuridica
Non va dimenticato che, comunque, la sopra citata disposizione legislativa
non prevede e non stabilisce in negativo il concetto di discarica abusiva. Dunque è
inevitabile continuare ad operare una elaborazione di tale principio sulla base della
giurisprudenza.
La Cassazione ha statuito che: “le caratteristiche delle modalità e dei tempi
d’accumulo dei materiali delineano la nozione normativa di discarica abusiva punibile quando, per effetto di una condotta ripetuta, i rifiuti vengono scaricati in una
determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo di rifiuti, sicché rientra nella nozione in parola l’accumulo sul suolo ripetuto dei rifiuti con tendenziale
carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli dei rifiuti e
dello spazio occupato, a nulla rilevando la circostanza che tale accumulo avvenga
sullo stesso terreno in cui è situato l’operatore che in parte li tratta…” (Corte di Cassazione – Sez. III – sentenza del 12 dicembre 2006, n. 40446).
Per la realizzazione di una discarica abusiva occorre, quindi, un’attività sistematica, reiterata e ripetuta nel tempo attraverso una serie di azioni logico-operative
e soggettive tali da integrare appunto una fattispecie tesa a realizzare concretamente
quel complesso sicuramente impegnativo stabile e duraturo nel tempo che rappresenta il concetto di discarica.
Il sistema sanzionatorio per la discarica abusiva è disciplinato dall’art. 256, 3°
comma, del decreto legislativo 152/06; le pene sono piuttosto severe perché chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata di rifiuti non pericolosi è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da
duemilaseicento euro a ventiseimila euro, mentre in caso di rifiuti pericolosi la pena
dell’arresto è da uno a tre anni e l’ammenda è da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro.
Ma il punto essenziale è nella previsione in base alla quale sia in caso di condanna ordinaria sia in caso di patteggiamento consegue la confisca obbligatoria dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva e questo non solo se detta area è di
proprietà dell’autore ma anche del compartecipe al reato. Ciò significa peraltro che
se la confisca è prevista a livello dibattimentale appare automatico e inevitabile che
il terreno giunga al processo in stato di sequestro perché non si può confiscare un
bene che non è sequestrato in sede penale; ed ancora di conseguenza detta prassi
pag. 78
CASI PRATICI
rende obbligatorio il sequestro di iniziativa da parte degli organi di polizia giudiziaria
appena il reato di discarica abusiva viene da loro accertato.
Si sottolinea comunque il rilevante effetto deterrente che detta norma può
rappresentare atteso che il responsabile del reato ed il suo compartecipe (sottinteso:
al quale si deve addebitare il reato per dolo o colpa) vede definitivamente sottratta
alla propria disponibilità l’area ove sorge la discarica (e questo naturalmente anche
se trattasi di area interna ad un’azienda e non solo di terreno ordinario).
Disciplina giuridica
pag. 79
DIRITTO ALL’AMBIENTE
Commento
Commento
Lo scarico occasionale di rifiuti (leggi: abbandono) non può certamente
in se stesso e da solo essere scambiato con il concetto di realizzazione di discarica, e questo anche se questo scarico occasionale avviene su quella che in se
stessa è già oggettivamente una discarica.
Chiariamoci in altri termini. In molti siti, specialmente nelle immediate periferie delle città, ignoti hanno trasformato da tempo alcuni terreni in discariche abusive di fatto e spesso capita che un ulteriore soggetto viene trovato
mentre getta un piccolo quantitativo di rifiuti suppletivo su questo cumulo che
in se stesso rappresenta oggettivamente (ed anche giuridicamente) una discarica.
A questo punto il dubbio che si era posto (e si pone ancora oggi con la
nuova normativa) è se detto ulteriore ed ultimo soggetto possa essere chiamato
a rispondere per questo gettito isolato di rifiuti del reato di concorso in realizzazione di discarica abusiva, o se invece debba essere esclusivamente sanzionato per l’abbandono isolato di rifiuti sulla base dell’attuale art. 192 del decreto
legislativo 152/06.
Riteniamo che la seconda risposta sia certamente la più logica e la più conforme al dettato di legge. Un soggetto che abbandona in modo isolato ed occasionale dei rifiuti certamente risponde sempre e comunque del sistema
sanzionatorio in ordine all’abbandono stesso; e questo sia che l’abbandono avvenga su un terreno sgombero e pulito sia che, in ipotesi, avvenga su un terreno che, da altri e senza alcun nesso di collegamento causale ed operativo con
la propria diretta attività, sia stato in precedenza trasformato di fatto in una discarica abusiva.
Naturalmente, il soggetto risponderà di sanzione amministrativa se privato, e di sanzione penale se titolare di ente o di impresa; ma questo pur sempre nell’ambito del sistema sanzionatorio dell’art. 192 in questione (e dunque
art. 255, comma 1, nel primo caso, ed art. 256, comma 2, nel secondo caso).
Può sussistere una ipotesi intermedia, laddove il soggetto colto nell’atto
dell’abbandono di rifiuti in realtà venga ad essere considerato come il realizzatore di fatto della discarica stessa o comunque come un attivo compartecipe;
ma, in tal caso, l’onere della prova di questa ulteriore fattispecie oggettiva e
soggettiva ricade sempre sull’organo di vigilanza. In altre parole, sarà onere
dell’organo di vigilanza dimostrare che quello scarico (leggi: abbandono) di
rifiuti per il quale il soggetto viene colto sul fatto non è un abbandono isolato e geneticamente avulso dalla pregressa realizzazione della discarica, ma costituisce in realtà soltanto l’ultimo atto di una serie di atti di abbandono
omogenei pregressi che hanno, nella loro sinergia e consecuzione temporale,
pag. 80
CASI PRATICI
realizzato o comunque fortemente contribuito a realizzare quella discarica
abusiva ubicata su quel sito.
Quindi, in ipotesi, per dirigerci su un caso concreto, se la discarica abusiva è formata da materiali sostanzialmente omogenei di una certa tipologia e di
una certa individuabile provenienza oggettiva e soggettiva, non vi è dubbio
che il soggetto trovato a scaricare per l’ennesima volta materiali qualitativamente e oggettivamente omogenei rispetto a quelli dei quali è formata in tutto
o in gran parte la discarica, può essere chiamato a rispondere del reato di realizzazione di discarica (argomentando che quell’ultimo scarico è di materiale
oggettivamente omogeneo e soggettivamente sinergico rispetto a tutti o sostanzialmente quasi tutti o gran parte di altri scarichi precedenti che hanno realizzato in tutto o sostanzialmente in gran parte la discarica abusiva).
In tal caso, l’ultimo scarico non sarà considerato un abbandono isolato ex
art. 192, D.Lgs. n. 152/06, ma verrà considerato come la prova finale di un’attività sistematica, reiterata e ripetuta nel tempo che all’esito ha portato alla realizzazione di discarica abusiva.
Quindi, soltanto in quest’ultimo caso a carico del soggetto colto sul fatto
nell’atto dell’abbandono potrà ricollegarsi non già la più modesta sanzione dell’abbandono, ma denunciarlo per il reato di realizzazione di discarica abusiva.
In tutti gli altri casi, qualunque soggetto, privato o titolare di impresa o
ente, che venga colto mentre abbandona o esegue un deposito incontrollato di
rifiuti sul suolo o un riversamento nelle acque deve essere perseguito sulla scorta
del sistema delineato dalla sinergia degli artt. 192, 255 e 256 del decreto legislativo 152 del 2006.
Commento
pag. 81
DIZIONARIO
PARTE TERZA
Dizionario (semplificato)
dei termini giuridici-ambientali
pag. 241
DIRITTO ALL’AMBIENTE
Ricorso amministrativo: con questo termine si indica generalmente la richiesta che si fa all’autorità giudiziaria amministrativa affinché venga eliminato
un provvedimento amministrativo contrario alla legge. È il caso della delibera
di un Comune che stabilisce l’apertura di una discarica in un luogo protetto
dalla legge con vincoli ambientali: la delibera (provvedimento amministrativo) è illegittima (perché contraria alla legge) e si può chiedere all’autorità
giudiziaria amministrativa competente (Tribunale amministrativo regionale)
il suo annullamento.
Rimessione in pristino dello stato dei luoghi (ordine giurisdizionale di):
statuizione sanzionatoria giurisdizionale avente, però, natura amministrativa.
Viene ordinata dal giudice penale in sentenza di condanna (ma anche di patteggiamento, come più volte ribadito dalla Cassazione) per illecito in violazione del nullaosta paesaggistico. È prevista dall’art. 181 comma secondo del
Testo Unico n. 41/04 ed è sinergica all’ordine di demolizione delle opere edilizie abusive previsto dalla normativa edilizia (T.U. n. 380/01). Comprende sia
la demolizione di eventuali opere edilizie illecite sia, in via più generale, un ripristino generale della situazione ambientale pregressa (ad esempio: reinserimento di piante in caso di taglio boschivo illecito, disinquinamento in caso di
danno da scarico illegale etc…). Deve essere attuata dal Pubblico Ministero e
dal Giudice dell’esecuzione penale di ufficio, avvalendosi della forza pubblica
come stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza
c.c. 19/6/96 n. 15. I principi espressi in tale sentenza, che riguarda la demolizione di opere abusive, alla luce delle pronunce successive, sono stati estesi
anche alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
Vedi anche “ordine giurisdizionale di demolizione delle opere edilizie abusive” e “demolizione opere edilizie abusive”.
Rumore: qualunque emissione sonora che provochi sull’uomo effetti indesiderati, disturbanti o dannosi o che determini un qualsiasi deterioramento qualitativo dell’ambiente.
Sanatoria edilizia: termine improprio. Si rinvia alle voci “permesso di costruire in sanatoria” e “condono edilizio”
Sanzione: punizione che consegue all’inosservanza di un comando impartito
della legge. La sanzione “penale” (o pena) è la punizione inflitta a chi ha commesso un reato; ed è applicata dall’autorità giudiziaria, a seguito di un processo.
La pena è proporzionata alla gravità del reato e la sua applicazione è consentita
pag. 286
DIZIONARIO
solo nei casi espressamente stabiliti dalla legge. Le sanzioni penali principali sono:
- detentive (arresto, reclusione, ergastolo);
- pecuniarie (multa, ammenda).
L’arresto e l’ammenda sono le pene principali per le contravvenzioni (reati
meno gravi);
l’ergastolo, la reclusione e la multa sono le pene principali per i delitti (reati
più gravi).
Le sanzioni penali accessorie (che conseguono a quelle principali come effetto della condanna) sono:
- interdizione dai pubblici uffici;
- interdizione o sospensione da una professione o arte;
- interdizione legale;
- interdizione o sospensione dagli uffici direttivi;
- incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione;
- decadenza o sospensione della potestà dei genitori;
- pubblicazione della sentenza di condanna.
La sanzione amministrativa è la punizione inflitta a chi ha commesso un illecito amministrativo (ad esempio: parcheggio della macchina in zona vietata);
ha natura sostanzialmente pecuniaria, ma può avere anche carattere personale
(ad esempio: sospensione o decadenza da licenze) o reale (ad esempio: confisca
di beni). È inflitta dall’autorità amministrativa competente (Stato, Regione,
Provincia, Comune) a seguito di un accertamento effettuato dai suoi organi o
dalla Polizia giudiziaria.
Scarico: ai sensi del D.Lgs. n. 152/06 parte terza, qualsiasi immissione effettuata
esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in
acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente
dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all’art. 114 stesso decreto.
Il concetto di terminologia di uso comune circa lo scarico non corrisponde
automaticamente allo “scarico” delineato ufficialmente nel D.Lgs. 152/06 ed
appare nozione assolutamente fondamentale e prioritaria per l’esatta comprensione dei principi del medesimo decreto. Infatti, il concetto deve essere valutato
ed inteso in senso formale giuridico così come delineato dallo stesso decreto.
Scarico indiretto (ai fini del D.Lgs. n. 152/06): non esiste più nel contesto
della normativa attuale del D.Lgs. 152/06 (e già superato nel pregresso decreto
152/99). È stato sostituito dal concetto di gestione di rifiuti liquidi di acque re-
pag. 287
SCHEMI ESEMPLIFICATVI RIASSUNTIVI
PARTE QUARTA
Schemi esemplificativi
riassuntivi
pag. 295
DIRITTO ALL’AMBIENTE
IL VINCOLO PAESAGGISTICO-AMBIENTALE
È DIVERSO DA ALTRI TIPI DI VINCOLI
CHE OPERANO COMUNQUE SUL TERRITORIO
Il vincolo previsto dal “Codice Urbani” deriva dalla storia dei
vincoli paesaggistici-ambientali della vecchia “Legge-Galasso”
È un vincolo autonomo, con proprie regole e principi,
che sono del tutto diverse dalle discipline giuridiche di
altre forme di vincolo come - ad esempio - quello
idrogeologico, archeologico, storico etc...
Non si tratta - tuttavia come molti pensano di un vincolo di
inedificabilità assoluta
Questo vincolo riconduce
in capo alle Regioni (o enti
sub-delegati) un
potere/dovere di verifica
preventivo per accertare se
l’opera è compatibile con le
esigenze primarie di tutela
paesaggistica ed
ambientale, con rilascio o
diniego del successivo
nulla-osta
Le modifiche - anche
edilizie - del territorio sono
potenzialmente possibili
ma sottoposte ad una
doppia procedura
autorizzatoria entro le quali
il nulla-osta per tale vincolo
è preliminare
ed obbligatorio
Soltanto dopo (l’eventuale)
rilascio del nulla-osta
preventivo, il Comune ouò
decidere se rilasciare o
meno il permesso di
costruire. In caso di nullaosta negato tale permesso
non può essere rilasciato.
A cura di Maurizio Santoloci - riproduzione vietata - copyright riservato “Diritto all’ambiente - Edizioni”.
pag. 306
DIRITTO ALL’AMBIENTE
L’ART. 674 DEL CODICE PENALE
IN CASO DI INQUINAMENTI AERIFORMI DIFFUSI
E’ UN REATO DI PERICOLO E NON DI DANNO:
E’ SUFFICIENTE LA DIMOSTRAZIONE DELLA POTENZIALITA’ DEL
DANNO PER UN NUMERO INDETERMINATO DI PERSONE
Il danno richiesto dalla norma non è un effetto tossico o lesivo a
livello patologico per le persona ma una “molestia”
che richiede dunque una prova abbastanza semplice
Utili foto, filmati,
testimonianze
In sede di denuncia va
sollecitato l’organo di PG
intervenuto sul posto
a prendere atto degli effetti
delle emissioni ed a
verbalizzare il tutto
Utilissime analisi
e certificati medici
Si può ricorrere a tale reato
anche per fumi e polveri
emesse da falò e roghi
appiccati a cumuli di rifiuti
che generano emissioni
tossici per la popolazione
La giurisprudenza ha esteso l’applicazione di questo reato anche ai casi di
grandi inquinamenti aeriformi, ma l’illecito può trovare applicazione nel
contempo negli episodi di quotidiana realtà sociale laddove privati o
aziende danno fuoco a residui di vario tipo provocando colonne di fumo
che poi vanno ad invadere palazzi ed aree abitate nelle zone vicine.
Il reato di cui all’art. 674 C.P. è di competenza di ogni organo
di polizia giudiziaria statale o locale
A cura di Maurizio Santoloci - riproduzione vietata - copyright riservato “Diritto all’ambiente - Edizioni”.
pag. 310
QUIZ DI AUTOVALUTAZIONE
PARTE QUINTA
Quiz di autovalutazione
Allo scopo di favorire la preparazione per concorsi pubblici ed esami di vario tipo,
pubblichiamo di seguito una serie di quiz di autovalutazione inerenti le varie tematiche
di diritto procedurale e sostanziale nel campo ambientale.
Le risposte esatte ai quiz proposti si trovano alla fine di ogni sessione.
I testi sono di nostra ideazione con copyright - a scopo puramente culturale e, naturalmente, non corrispondono ad alcun test ufficiale presente nei concorsi di vario tipo.
pag. 321
QUIZ DI AUTOVALUTAZIONE
QUIZ
(TUTELA DEGLI ANIMALI)
1) La normativa di settore per la tutela giuridica degli animali:
a) si applica solo a cani e gatti;
b) si applica solo agli animali cui non sono applicate le leggi speciali specifiche
(vivisezione, macellazione, caccia, circhi, zoo);
c) si applica anche agli animali cui non sono applicate le leggi speciali specifiche (vivisezione, macellazione, caccia, circhi, zoo), quando sono attuate condotte non previste nè permesse da tali leggi specifiche (es. maltrattamenti ai
richiami vivi in attività venatoria, non consentiti dalla legge sulla caccia).
ESATTO:
2) La competenza per i reati contro gli animali:
a) è solo di alcuni organi di P.G. specializzati;
b) appartiene in via generale ed obbligatoria a tutta la polizia giudiziaria, statale e locale, ai sensi dell’art. 55 c.p.p.;
c) è solo di competenza delle guardie zoofile volontarie.
ESATTO:
3) In caso di flagranza per un reato a danno degli animali il sequestro
degli animali medesimi:
a) non può mai essere eseguito;
b) appare doveroso come iniziativa della P.G. operante per impedire che il
reato venga portato ad ulteriori conseguenze e/o reiterato;
c) è solo di competenza del P.M..
ESATTO:
pag. 339
DIRITTO ALL’AMBIENTE
Chi è l’autore del libro
Maurizio Santoloci inizia da adolescente
ad impegnarsi nella tutela degli animali
e dell’ambiente. Fonda con un gruppo
di altri giovanissimi una associazione
spontanea denominata MAPAN (Movimento Anticaccia Protezione Animali
e Natura), una delle prime strutture di
volontarito di base che opera in Italia
negli anni ‘70/80.
È stato poi per 12 anni Vice-Presidente
del WWF Italia. Mentre oggi è Direttore dell’Ufficio Legale della LAV.
Dopo la laurea in legge vince il concorso per entrare in magistatura. La
prima nomina è quella di Pretore di
Sorgono, a Nuoro. Tra le prime iniziative giurisdizionali si annovera la creazione della teoria della caccia abusiva
come furto venatorio.
A fine 1984 diventa Pretore di Amelia,
in provincia di Terni. Anche in questa
sede firma una serie di sentenze e provvedimenti che saranno pubblicati a livello
nazionale.
Maurizio Santoloci che, attivista di base, attacca i
manifesti per le prime campagne ambientaliste in occasione di manifestazioni contro la caccia ed i campi di
“tiro al piccione” e lo stemma del MAPAN.
Maurizio Santoloci inizia a dirigere una delle operazioni di PG con il CFS. Da queste operazioni
nascono poi sentenze innovative, come la giurisprudenda sulle “legge Galasso”.
pag. 350
Promuove inoltre iniziative giudiziarie sul
campo, tra le quali una grande operazione
di polizia giudiziaria coordinata da lui
stesso sul territorio in collaborazione con
il CFS e la Polizia Municipale; vengono
sequestrate costruzioni abusive in violazione dei vincoli paesaggistici, scarichi e
cave illegali.
AUTORE
Maurizio Santoloci svolge una lezione al primo
gruppo di operatori del NOE dei Carabinieri appena costituito, presso gli uffici della vecchia sede
del Ministero dell’Ambiente in Piazza Venezia a
Roma.
È stato consigliere giuridico del Ministro per l’Ambiente On. Valerio Zanone agli albori della costituzione del
Ministero. Successivamente il Ministro
dell’Ambiente Sen. Edo Ronchi nel luglio 1997 lo ha nominato membro della
“Comissione Ecomafia” istituita presso
il Ministero.
È stato consulente della Commissione
Bicamerale del Parlamento di inchiesta
sul traffico dei rifiuti. Nel 2006 il Ministro dell’Ambiente lo nomina suo consigliere giuridico per il contrasto alla
criminalità organizzata in materia ambientale ed è nominato membro dell’Osservatorio Crimini Ambientali
istituito presso il Ministero. Partecipa
anche ai lavori della Commissione per la
revisione del “T.U. ambientale”.
È Direttore della Testata giornalistica on
line Diritto all’ambiente ed in collaborazione con Diritto all’Ambiente - Corsi &
Fomazione ha partecipato ad eventi formativi e numerose iniziative di carattere
didattico.
pag. 351
A fianco delle attività pratiche sul territorio, Maurizio Santoloci opera una intensa
attività didattica di formazione verso gli
operatori di polizia. Delinea una sua materia specifica: “Tecnica di Polizia Giudiziaria Ambientale”. Inizia le docenze in
Sardegna negli anni di esercizio presso la
Pretura di Sorgono, e quando diventa
Pretore di Amelia il Corpo Forestale dello
Stato lo chiama come docente presso le
sue Scuole. Inizia a formare il personale
nel 1985, con le prime “operazioni
adorno” per il contrasto al bracconaggio
sullo stretto di Messina. Ma Santoloci è
subito impegnato anche nelle docenze
presso il Nucleo Operativo Ecologico dei
Carabinieri, fin dai primissimi momenti
della nascita del NOE. In questi anni ha
tenuto lezioni e conferenze anche per il
Corpo della Capitanerie di Porto-Guardia Costiera, per la Guardia di Finanza e
per molte polizie provinciali e municipali,
nonchè per il personale di molte pubbliche amministrazioni.
Oggi Maurizio Santoloci è magistrato di
Cassazione con funzioni di GIP presso il
Tribunale Penale di Terni.
Maurizio Santoloci oggi.