Paper Street - La naturalezza della violenza

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Paper Street - La naturalezza della violenza
Paper Street - La naturalezza della violenza: Psycho Killer di Ippolito Chiarello
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05/05/16, 11:39
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La naturalezza della violenza: Psycho Killer di Ippolito Chiarello
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Le chiavi di quel folle
universo creato da Quentin
Tarantino sono
costantemente assegnate ai
suoi personaggi che, prima
delle loro storie, riescono
ad affascinare con i loro
metodi poco ortodossi gli
ormai numerosissimi fan
del cineasta statunitense.
L’obiettivo del regista del
Tennesee è da sempre
quello di creare
personalità che offrono
allo spettatore una miscela di professionismo e dilettantismo, di
sofisticatezza e di durezza. Film come Le Iene, Pulp Fiction e Grindhouse
mettono in mostra svariate figure di professionisti talmente sofisticati da risultare
assolutamente seducenti. Come seducente è la loro particolare propensione alla
violenza, che riesce a rendere il compimento di un crimine efferato naturale
quanto bere una tazza di caffè. Si potrebbe scrivere a lungo sull’argomento, ma
forse è meglio sintetizzare utilizzando le parole di Martin Scorsese: «L’eroe di
Tarantino è ironico, non esistenzialista. Se gli capita di ammazzare qualcuno, dice
“Be’, e con questo?”».
Tra i memorabili personaggi delle sue pellicole, è impossibile dimenticare Louis
Gara (Robert De Niro), uno dei protagonisti di Jackie Brown. Più goffo e introverso
rispetto agli altri “colleghi”, Gara ha qualche problema a relazionarsi con il mondo
esterno e non disdegna un’uccisione a sangue freddo in un luogo pubblico per
calmare la sua ansia. Proprio a lui pare rifarsi in parte il protagonista di Psycho
Killer: quanto mi dai se ti uccido?, spettacolo di Ippolito Chiarello (prod. La Luna
nel letto) ispirato a Quanto mi dai se ti uccido?, libro pulp di Walter Spennato.
Quando l'eredità pasoliniana si fa esercizio di stile.
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Il Teatro Paisiello diventa una sala concerti, e mentre le note jazz di un
sassofonista (Raffaele Casarano) iniziano a riempire l’atmosfera, ecco arrivare un
personaggio squilibrato e confuso (Chiarello). Vestito di tutto punto, con abito
gessato e cravatta, inizia a minacciare con la sua pistola tutte le persone che gli
capitano a tiro: la quarta parete è abbattuta e tutto il teatro è sotto sequestro.
Dal musicista al pubblico, passando per il malcapitato e bistrattato “tecnico di
merda” (Michelangelo Volpe), tutti diventano vittime della rabbia repressa di un
uomo alle prese con il suo appuntamento andato a male.
Come spesso avviene nell’arte, dunque, un amore irraggiungibile simboleggia
un’anima in pena che non riesce a trovare una collocazione nel mondo; ma questa
volta il gioco diventa pericoloso, perché il protagonista non sa far altro che
uccidere la gente. Ossessionato dalla violenza quanto dalla cultura più
“accessibile”, il serial killer filtra la sua vita attraverso i grandi classici del
cinema, della tv e della musica, mentre rimane infastidito di fronte alle ostiche
note del jazz o al teatro contemporaneo, in cui “uno parla e
contemporaneamente il pubblico non capisce un cazzo”.
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Eppure, le confessioni dei presunti omicidi unite al racconto della sua scompigliata
esistenza, non fanno altro che trasformare il carnefice in vittima di un sistema
che da anni ormai, attraverso trasmissioni televisive, film e videogame, non fa
altro che abituarci inconsapevolmente alla violenza. Basta una psiche più fragile
rispetto ad altre per creare un cortocircuito dai risvolti indesiderati. E in questo
divertente e caotico “scherzo teatrale”, l’istrionico mattatore Chiarello,
attraverso la derisione, ci trasporta in una mente che chiede disperatamente
aiuto, e alla quale basterebbe davvero poco per ritrovare un equilibrio.
(Foto ©Uli von der Sieg)
Letture consigliate:
• Pulp Fiction – Vent'anni dopo, di Giacomo Lamborizio
• The Hateful Eight – Quentin Tarantino, di Nicola Delnero
Nicola Delnero
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