un ragazzo di nome marco polo

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un ragazzo di nome marco polo
UN RAGAZZO DI NOME
MARCO POLO
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
Ente Formatore per Docenti Accreditato MIUR
Questa pubblicazione è il prodotto dell’attività in situazione svolta in
seno al Percorso di Formazione denominato “Scrittura, Regole, Musica,
Armonia, Cittadinanza” II annualità
Partendo dall’incipit di Annamaria Piccione e con il coordinamento dei
propri docenti, hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e delle
classi appresso indicate:
Istituto Comprensivo “Montegrappa-Sanzio” di Palermo - Classe I C
Istituto Comprensivo “E. De Amicis” di Enna - Classi I B/C
Istituto Comprensivo “Europa” di Barrafranca - Classe III D
Istituto Comprensivo “Europa” di Barrafranca - Classe III A
Istituto Comprensivo “F. Guglielmino” di Acicatena - Classi I A/D/E, II
B/D/F/H, III A/C/D/F
Istituto Campus “Don Bosco” di Tremestieri Etneo - Classi I/II/III A
Istituto Comprensivo “G. Verga” di Comiso - Classi I/II/III B/C/E/G
Editing a cura del tutor: Annamaria Piccione
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
Ente Formatore per Docenti accreditato Ministero dell’Istruzione
La pubblicazione rientra tra i prodotti del Percorso di Formazione per Docenti
“Scrittura, regole, musica, armonia cittadinanza” II annualità.
Il Percorso di Formazione è promosso dal MIUR Dipartimento per l’Istruzione Direzione Generale
per il Personale Scolastico Ufficio VI e si organizza in interazione con il Liceo Alfano I di Salerno
Direzione e progetto scientifico
Andrea Iovino
Responsabile per l’impianto editoriale
Marisa Coraggio
Coordinamento Scientifico
Maurizio Spaccazocchi
Grafica di copertina:
l’Istituto Europeo di Design, Torino
Docente: Sandra Raffini
Coadiuzione nella redazione del progetto
e monitoraggio dell’azione
Ermelinda Garofano
Maurizio Ugo Parascandolo
Impaginazione
Tullio Rinaldi
Francesco Rossi
Ermanno Villari
Segreteria di Redazione
e Responsabile delle procedure
Valentina Landolfi
Margherita Pasquale
Relazioni Istituzionali
Nicoletta Antoniello
Staff di Direzione
e gestione delle procedure
Angelo Di Maso
Adele Spagnuolo
Amministrazione
Rosanna Crupi
Annarita Cuozzo
Franco Giugliano
Piattaforma BIMEDESCRIBA
Gennaro Coppola
Angelo De Martino
I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione Commerciale
I Docenti e le classi che hanno operato
per la composizione del racconto si
sono potuti avvelere del contributo di:
Responsabili d’area
del percorso di formazione
Ermelinda Garofano
Adele Spagnuolo
Maria Belato
Docenti Tutor Scrittura
Pino Pace
Stefano Delprete
Annamaria Piccione
Docenti Tutor Musica
Giorgio Dellepiane Garabello
Tullio Visioli
Carlo Pestelli
By Bimed Edizioni
Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
(Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura)
Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY
Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected]
La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2014 viene stampata in parte su
carta riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il
rispetto della tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi
intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi
sono risorse ineludibili per il futuro di ognuno di noi…
Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di
recupero e riciclo di materiali di scarto.
La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura
Bimed/Exposcuola 2013/2014
Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero.
Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo) senza
l’autorizzazione scritta dell’Editore.
La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed.
RINGRAZIAMENTI
Ringraziamenti ossequiosi vanno a S. E.
l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito
la Staffetta 2014 e l’azione formativa con
uno dei premi più ambiti per le istituzioni
che operano in ambito alla cultura e al fare
cultura, la Medaglia di Rappresentanza
della Repubblica Italiana giusto dispositivo
Prot. SCA/GN/1047-1 del 12/09/2013.
Si ringraziano per l’impagabile apporto
fornito alla Staffetta 2014:
i Partner tecnici:
UNISA – Salerno, Dip. di Informatica;
Ambasciata Italiana il Libano
Istituto Europeo di Design - Torino;
Cartesar Spa e Sabox Eco Friendly
Company;
Ringraziamenti particolari vanno agli
scrittori redattori degli incipit, a Elisabetta
Barone Dirigente del Liceo Alfano I partner
istituzionale della Staffetta e delle attività
di formazione, a Claudia Enrico Dirigente
della Scuola Primaria Michele Coppino di
Torino e a Filippo Gervasi Dirigente dell’Istituto Comprensivo E. De Amicis di Enna
per aver concesso la propria scuola in funzione delle attività in presenza dell’azione
formativa collegata.
La Staffetta 2013/14 riceve:
Medaglia di Rappresentanza della Presidenza della Repubblica Italiana
Patrocini:
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero della Giustizia,
Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Ministero dell’Ambiente
PRESENTAZIONE
Il Percorso di Formazione da cui scaturisce la presente pubblicazione ci
ha consentito, quest’anno, di dimostrare come attraverso l’ottimismo della
volontà sia possibile organizzare buone prassi tali da rideterminare
motivazione e nel contempo, dare alla scuola italiana gli strumenti
necessari a affrontare le sfide sempre più complesse che abbiamo davanti
a noi. Attraverso un lavoro rilevante sulla scrittura e sulla musica abbiamo
verificato come sia possibile coinvolgere gli studenti nelle pratiche che attraverso i saperi, le conoscenze e le competenze determinano cittadinanza.
Abbiamo fatto di più nel momento in cui siamo riusciti a sancire un’idea
comune di cittadinanza che si connota dei principi costituzionali su cui
poggia la nostra Repubblica. Il percorso di formazione che si è svolto
per una parte in presenza e per un’altra parte on-line ha il suo valore
aggiunto proprio per la fase in situazione che è, in buona sostanza,
il momento in cui quanto ci trasmettiamo durante le lezioni de visu e
quanto assumiamo attraverso la Piattaforma web può essere provato e
testato nel rapporto con i nostri giovani, quegli studenti italiani che
abbiamo il dovere di ringraziare per il contributo che hanno messo in
campo in favore dell’azione. Il racconto che a seguire avrete il bene di
leggere è il frutto di un lavoro complesso di un insieme di docenti e studenti
che prima sono entrati in relazione con lo scrittore redattore dell’incipit,
poi hanno scritto insieme il proprio capitolo, poi hanno seguito la storia
e, infine, hanno tradotto il lavoro di scrittura in altro linguaggio creativo
documentato dal DVD che è accluso al volume. Tutto questo è stato fatto
in interazione diretta dei docenti fruitori del percorso con il Comitato
Tecnico Scientifico, gli esperti, i docenti tutor e le tante, diverse, figure
che hanno contribuito a determinare un risultato assolutamente unico per
le attività di formazione che è, poi, questa pubblicazione e gli altri prodotti
che attestano quanto possa essere possibile determinare una scuola
stimolante e partecipata in cui la Cittadinanza viene affermata come
obiettivo primario per il contesto formativo del nostro Paese.
Andrea Iovino
INCIPIT
ANNAMARIA PICCIONE
In viaggio
In viaggio si trovava un sacco di tempo per pensare. Dopo quattro settimane dalla partenza, il ragazzo non aveva più dubbi. I
primi due giorni aveva esplorato la nave in lungo e in largo, anche
se sin da piccolo sapeva come erano fatte le navi: non passava
giorno senza andare a spiare i maestri d’ascia che costruivano
barche e velieri di ogni dimensione.
A volte preferiva saltare i pasti pur di non perdersi la scena del
varo di un’imbarcazione. Zia Flora sapeva di quella sua mania,
ma non ne era contenta.
«È nato con la voglia di viaggiare. Non ne farai mai un uomo di
bottega» diceva sospirando al marito Zane che voleva avviarlo
al commercio.
La zia non aveva smesso un istante di abbracciarlo il giorno della
partenza, sul molo che traboccava di gente giunta a salutarli, neanche fosse un bambino.
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Invece aveva già diciassette anni e quelle effusioni lo avevano
messo in imbarazzo.
- Non piangere, zia Flora - l’aveva rassicurata. - Tornerò presto.
Ora che era partito, però, non ne era più così sicuro. Suo padre
Niccolò aveva deciso di farsi accompagnare soltanto per una
breve parte del lungo tragitto, solo che era stato proprio lui a dimostrare che i programmi andavano a farsi friggere quando ci si
metteva in viaggio.
«Si sa la data esatta della partenza, su quella del ritorno meglio
rimanere sul vago».
All’orizzonte il sole mostrò i primi raggi e il chiarore mattutino rimbalzò sulle navi attorno alla loro.
Anche se non c’erano guerre in corso, non era prudente che una
nave partisse da sola e in quella Pasqua erano salpati in tanti, seguiti dalle imbarcazioni che fungevano da scorta contro i pericoli
sempre in agguato.
Il mare era calmo, all’orizzonte si intravedevano solo alcune nuvole, che ricordavano le guglie di una chiesa.
Con naturalezza gli affiorò alle labbra una preghiera rivolta al
santo di cui portava il nome, protettore della sua città.
Il ragazzo era sempre tra i primi a lasciare la propria cuccetta al
mattino, con la nave ancora in silenzio. A quell’ora gli piaceva,
con gli occhi immersi tra le onde, pensare alla sua vita, agli anni
trascorsi non sempre facili.
Si rivedeva bambino, il giorno in cui sua madre era morta: il nonno
gli teneva la mano mentre la barca nera scivolava via in silenzio.
Attorno lui parole appena sussurrate, di pietà e ansia.
«Povero piccolo. La madre in Cielo e il padre chissà dove».
Era stato trattato da orfano per molto tempo, anche se il suo cuore
era sicuro che non fosse così. Aveva avuto ragione e non avrebbe
mai dimenticato quel giorno di due anni prima in cui, tornando a
casa di zia Flora, uno sconosciuto gli aveva teso le braccia con
un sorriso.
«Sono tuo padre. Dopo quindici anni finalmente ti conosco!»
E ora quel viaggio assieme a lui, anche se solo per una parte. Non
vedeva l’ora di scorgere le mura fortificate di Acri ergersi maestose davanti ai suoi occhi.
«Non soffri il mal di mare, questa è una buona cosa» interruppe i
suoi pensieri zio Matteo con in braccio il gatto di bordo.
«Quando arriveremo ad Acri?» chiese il ragazzo.
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«Tra una settimana, se il tempo non si guasta» rispose l’altro. «A
cosa stavi pensando?»
Il ragazzo sorrise.
«A tante cose. Soprattutto al mio fratellino appena nato. Sei contento che papà lo abbia chiamato come te?»
«Certo che sì» rise lo zio. «Al tuo ritorno saprà già camminare e
dire le prime parole».
Nel cielo il sole si alzava velocemente, perdendo via via il tono
vermiglio e acquistando lucentezza. Il ragazzo si spostò sulla prua,
dove il tagliamare fendeva le onde senza timore.
Il suo presentimento era giusto, non sarebbe tornato a casa presto. Avrebbe avuto tanto tempo per pensare in quasi venticinque
anni di viaggio, su barche di fortuna, carri malmessi o in groppa a
un mulo, un asino, un bue, cammelli e dromedari.
Quel ragazzo si chiamava Marco Polo.
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CAPITOLO PRIMO
Essere grandi
La vita sulla nave sembrava non conoscere soste: la manutenzione, la pulizia, la rotta da controllare erano compiti che affaticavano gli uomini dell’equipaggio, i quali affrontavano
quell’esperienza con un misto di rassegnazione e operosità.
Marco non riusciva a spiegarsi il loro poco entusiasmo, visto
che lui se ne sentiva invaso: per la prima volta poteva vedere
quegli scenari fino ad allora solo immaginati. I marinai erano per
lui dei libri viventi da cui imparare, e il ragazzo continuava a
chiedere i racconti dei loro viaggi precedenti: voleva sapere
dei porti delle città più lontane, delle abitudini di chi li popolava.
A ogni membro dell’equipaggio mostrava la medesima stima e,
in poco tempo, tutti si erano affezionati a lui. A quel giovane
viaggiatore, dai sogni chiari e dal passato scuro.
Nei primi tre giorni la navigazione era proseguita senza problemi. Le navi puntellavano il mare con il candore delle vele
che si dispiegavano al vento, come le ali dei gabbiani volteggianti attorno ai campanili della sua città.
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Essere grandi
Marco a volte si era sentito a Venezia come in una bellissima prigione, che lo aveva cresciuto in attesa di lasciarlo andare in giro
per il mondo.
«A cosa pensi, figliolo?» gli chiese il padre, sentendo i sospiri involontari del ragazzo perso nelle proprie riflessioni.
Marco si riscosse.
«Penso che il mare unisca terre che sono lontane solo se l’uomo ha
paura di conoscerle. E che non è così pericoloso, se si affronta
con un po’ di coraggio...»
Niccolò Polo fece una strana smorfia e fu lui stavolta a emettere
un lungo sospiro, prima di rivolgersi al figlio.
«Perché dici questo, Marco? Qualcuno ti ha forse informato che si
sta avvicinando un temporale? Pensi di fare lo spavaldo?»
Il ragazzo scattò in piedi e le parole del padre gli fecero galoppare l’immaginazione. Già si vedeva pronto a chissà quale ruolo
importante nella situazione di pericolo.
Il padre gli troncò però ogni illusione, afferrandogli il braccio.
«Va’ nella tua cabina e non ti muovere, non posso rischiare che tu
ti faccia male: sei ancora inesperto e non sapresti come agire nei
momenti difficili che potremmo affrontare. Spero di sbagliarmi, ma
il colore del cielo all’orizzonte e i venti non lasciano presagire
Capitolo primo
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niente di buono. Vai in cabina, figlio mio. E se la nave comincia a
dondolare troppo, tu prega».
Marco non poteva rifiutarsi di ubbidire al padre: per troppi anni ne
aveva desiderato uno, sognando di seguirne i consigli.
Tuttavia si sentiva anche combattuto tra due sogni in conflitto: il
sogno realizzato di un padre premuroso e il sogno realizzabile di
un’avventura mozzafiato in mare aperto!
Cosa significava essere grandi? E come avrebbe agito un vero
viaggiatore? Avrebbe obbedito restandosene in disparte o
avrebbe preso parte attiva al pericolo assieme agli altri membri
dell’equipaggio?
Mentre era travagliato dai dubbi, lo sguardo gli cadde all’esterno
della nave e quel che vide lo impressionò.
Il mare era stato inghiottito da una fuliggine biancastra e il cielo
aveva inglobato il ponte della nave, lucidato quella stessa mattina dal mozzo. Violente saette squarciavano quella pesante caligine e gli paralizzavano il respiro.
Marco si sentì più confuso di prima. Che fare? Quale dei due antagonisti dentro di sé doveva avere la meglio?
Il figlio ubbidiente o il viaggiatore audace?
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Essere grandi
CAPITOLO SECONDO
La sfida
A Marco non restò altra scelta se non cucirsi addosso la parte del
figlio ubbidiente, ma un moto di rabbia lo colse appena aprì la
porta della cabina buia. Il tono perentorio del padre riecheggiava ancora nelle sue orecchie, come il frastuono del mare che,
sempre più forte, faceva oscillare tutto.
In quella buia solitudine, i suoi sforzi si concentrarono a far tacere
il rancore che provava per il padre che lo aveva trattato da bamboccio inesperto. Cosa avrebbero pensato ora di lui gli altri dell’equipaggio che si stavano dando da fare per salvare la nave
dal pericolo imminente?
Gli apparve ingiusto starsene protetto in quella cabina che puzzava di vino e pesce marcio, e si sentì come dentro a una prigione.
Forse però doveva fidarsi di suo padre. Magari lo stava solo mettendo alla prova. Voleva capire se avesse un figlio ubbidiente o
coraggioso. O vile.
Marco si accorse che sapeva pochissimo di quell’uomo, suo padre
Niccolò. E, a pensarci bene, sapeva ancor meno chi fosse lui:
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La sfida
Marco Polo, partito da Venezia nel 1271, diretto ad Acri, porta
d’Oriente.
Intanto la pioggia si schiantava sul tetto della cabina rimbombando con un battito assordante, mentre dall’esterno gli arrivavano ovattati il rumore delle onde, il frastuono del vento, il vociare
concitato degli uomini.
Marco immaginò i cavalloni schiantarsi sul ponte, i marinai all’erta
col volto contratto, i gesti sapienti contro il pericolo.
Il tempo gli parve immobile, come se si fosse fermato.
All’improvviso un tuono squarciò quella finta quiete e, dopo un attimo di silenzio, Marco riconobbe una melodia che, forse, aveva
sentito da piccolo: una voce melodiosa e uno strumento dal suono
flebile che accennava qualche nota.
No, non poteva starsene lì dentro mentre fuori si respirava il profumo dell’avventura! La vita andava vissuta per intero, perché passava in fretta.
Marco spalancò la porta e fu investito dal vento, mentre un getto
gelido gli attraversò la schiena, come una biscia viscida che guizzava veloce nell’acqua.
Per la prima volta Marco ebbe paura, più di quanto avesse immaginato mentre stava chiuso.
Capitolo secondo
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Capì che era se stesso che voleva sfidare e si sentì deluso per ciò
che stava provando.
Fuori era già buio e si intravedeva poco, anche le voci dell’equipaggio parevano tacere. Soltanto il canto continuava a risuonare sempre più distinto, limpido e puro, accompagnato da una
cetra. O forse da un’arpa.
Un lampo parve poi illuminare la sagoma di qualcuno con i capelli lunghi e sciolti, che il vento muoveva impetuosamente. Dal
drappeggio ondeggiante del vestito chiaro come la luna, Marco
intuì che si trattasse di una donna.
Per un istante ne fu incantato, ma poi il bagliore svanì e l’oscurità pervase tutto; la nave traballò squassata dalle onde che infuriavano.
Attratto dalla visione e dalla melodia, Marco arrancò a tentoni in
quella direzione, dimenticando tutto il resto: la tempesta, il padre,
la sfida.
Quando il padre e lo zio Matteo lo svegliarono, dall’orizzonte i
primi raggi rischiaravano il mattino, mentre i versi dei gabbiani risuonavano nell’aria.
Marco si riebbe e si accorse di essere sdraiato a terra.
Forse era svenuto. Doveva aver battuto la testa, che gli faceva
male proprio sopra la tempia. Era gelato e i vestiti fradici gli si
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La sfida
erano attaccati addosso. Non fu niente in confronto al brivido che
lo attraversò quando fu colpito dallo sguardo del padre.
Si sentì indifeso, umiliato, ma anche in torto e colto in fallo: aveva
disubbidito e si era esposto al pericolo inutilmente, senza nemmeno rendersi utile.
Tutto il contrario di quanto avrebbe voluto dimostrare!
Poi però Marco capì che nessun rimprovero trapelava dagli occhi
scuri del padre che, al contrario, gli tese la mano e lo aiutò a rialzarsi.
«Siamo arrivati» gli disse.
Marco si alzò, invaso dalla curiosità di vedere il porto di Acri. Gli
rimase però un senso di commozione mista a sicurezza, che il contatto con la mano del padre gli aveva infuso.
In quel momento comprese che quell’uomo di cui non sapeva nulla
gli sarebbe sempre stato accanto e gli avrebbe insegnato a diventare un uomo.
Non sapeva se si era comportato bene o male, se il padre fosse
fiero e deluso. Non sapeva nemmeno cosa lui, Marco Polo, sarebbe diventato: un eroe o un vigliacco, un bravo marinaio o un
buono a nulla.
Mentre guardava Acri farsi più vicina, si sporse dal parapetto,
quasi a volerlo fare verso il futuro. E guardando con meraviglia
Capitolo secondo
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quel posto sconosciuto, pieno di uomini, storia e avventure, si sentì
fiducioso nella vita.
Non gli restava che volgere le spalle a quella strana notte di
paure e incomprensioni. Di strane visioni.
Il pensiero andò a quella figura apparsa nel buio, dai colori lunari
e i capelli mossi dalla burrasca.
Dove si era nascosta durante la navigazione? Perché era uscita
durante una tempesta? Si nascondeva? Da chi o da cosa?
Marco non fu più così sicuro di avere visto realmente quella ragazza che suonava nel vento una melodia che gli pareva conoscere.
Forse aveva solo sognato. Certo, il colpo alla testa doveva essere stato davvero forte, se aveva avuto le allucinazioni che gli
avevano fatto intravedere sirene o addirittura madonne. O chissà,
forse lo spettro della madre perduta da piccolo. Marco non era
più sicuro di niente, se, dove e cosa avesse visto.
Così si girò a guardare la nave. La luce del mattino ormai invadeva ogni cosa, rendendo i colori brillanti, le forme rassicuranti. I
marinai si preparavano per lo sbarco e nessuno pensava più al
temporale notturno: era tempo ormai di altre storie, altri percorsi,
di altri destini.
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La sfida
Anche Marco si sentì invaso dall’entusiasmo, non era più il momento
delle domande, né il momento delle risposte.
Era ora di sbarcare a terra.
La nave stava per attraccare, quando gli occhi di Marco caddero su un oggetto che brillava in un angolo del ponte.
Sì, non c’erano dubbi: era proprio una cetra.
Marco la raccolse e sentì il suo respiro fermarsi per un lungo, interminabile, attimo.
Capitolo secondo
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CAPITOLO TERZO
Un altro mondo
A Marco sembrò di sognare ad occhi aperti quando vide la cetra:
lo strumento gli ricordava l’amore della madre, soprattutto quando
lo faceva addormentare con il dolce suono. Si rivide tra le sue tenere braccia affettuose, mentre immagini sbiadite, sempre più lontane, riaffiorarono con dolcezza nella mente. Aveva sempre
pensato di essere diventato orfano troppo presto e che troppi
erano stati gli anni trascorsi da solo.
Ora quella cetra gli riempiva il cuore.
Ancor più si sentiva rassicurato dalla presenza del padre: una
guida sì autoritaria, come un padre a volte doveva essere, ma
anche amorevole. Marco sapeva che in quell’avventura avrebbe
imparato tanto da lui.
Il ragazzo osservò più attentamente la cetra: aveva cinque corde,
una piccola cassa di risonanza e un legnetto attorno al quale si
ripiegava la corda per aumentarne la tensione.
Se ne innamorò subito e provò a intonare la melodia che aveva
sentito durante la tempesta. Infine decise di conservare il prezioso
strumento trovato quasi per miracolo: prima di riporlo lo strinse forte
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Un altro mondo
al petto, sicuro che lo avrebbe accompagnato per il resto del
viaggio.
I Polo erano giunti finalmente ad Acri, ultimo porto cristiano
d’Oriente e roccaforte dei crociati, i difensori della cristianità, che
Marco desiderava tanto vedere.
Una volta sbarcati, i Polo caricarono le mercanzie sui cavalli e sui
muli, poi si spostarono a piedi fino al centro della città, dove si innalzava il palazzo del legato pontificio.
Protesa sul mare, San Giovanni d’Acri era un luogo pieno di confusione, dalle case bianche e circondato da possenti e alte mura
di pietra: ogni edificio sembrava essere stato costruito all’ombra
degli imponenti bastioni che si susseguivano uno dietro l’altro. La
robusta fortezza dei cavalieri, protetta da torri sormontate da
leoni dorati, lasciò Marco senza fiato. Ovunque era un viavai di
persone e di merci.
Sul molo si imbatterono nei pescatori che rientravano sulle barche
e l’odore del pescato li inebriò, mentre bambini vocianti giocavano intorno.
Entrati dalla Porta di mare, i rumori del vicino mercato attirarono
subito l’attenzione di Marco, ma il suo stupore aumentò quando vi
Capitolo terzo
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si trovò in mezzo. Tra le bancarelle si vendeva di tutto: stoffe, tappeti, cibo, vasellame e oggetti a lui sconosciuti. I mercanti contrattavano in diverse lingue e Marco fu fiero di avere studiato il
persiano.
Il tripudio di colori, suoni e odori lo fece sentire in un altro mondo,
così diverso dalla sua Venezia, la regina dell’Adriatico, ma che
meritava ugualmente di essere ammirato e scoperto.
Ad un tratto il giovane si sentì osservato e seguito; cercò intorno
e si accorse di una ragazza che lo fissava. Era molto bella, i lineamenti del viso armoniosi, gli occhi verdi e lunghi capelli neri
raccolti in una treccia. Indossava un abito bianco e a Marco ricordò un angelo. I loro sguardi si incrociarono, quello di lei era misterioso, ma dolce.
Durò solo un attimo: un carro colmo di vasellame, trainato da un
asinello, gli passò davanti, interrompendo la stupenda visione.
Marco si spostò per seguire la ragazza ma, girato l’angolo, non
vide più nessuno.
«Marco, non ti distrarre. Il legato pontificio ci aspetta!»
La voce autoritaria del padre lo richiamò all’ordine.
I Polo giunsero dinanzi all’enorme palazzo ricco di storia, circondato da maestose mura di pietra, così alto che sembrava sfiorare
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Un altro mondo
il cielo. Austero ma imponente, era preceduto da un lungo viale,
con alberi robusti e rigogliosi.
Due crociati sorvegliavano il grande portone di legno, decorato
da pregevoli altorilievi e con due battenti: era il loro suono ad
avvisare il papa della presenza degli ospiti.
I due crociati indossavano un mantello bianco sopra le spalle,
mentre sul petto spiccava una croce rossa. Infondevano sicurezza
e rispetto, ma Marco li giudicò seri e autoritari.
«Dove andate?» chiese uno di loro.
«Siamo Niccolò, Matteo e Marco Polo» rispose il papà di Marco.
«Abbiamo un appuntamento con Tebaldo Visconti, il nuovo papa».
Era proprio così. Il legato pontificio loro amico era stato appena
nominato papa, con il nome di Gregorio X.
I crociati si scostarono per farli passare.
Tebaldo li accolse con grande onore.
«Messer Matteo, messer Niccolò, che gioia rivedervi!»
«È un’emozione anche per noi. Vogliamo esprimervi la nostra gioia
per la vostra recente nomina» rispose Niccolò.
Tebaldo andò al sodo.
«Non posso inviare cento missionari al khan, sono troppi...» osservò.
«Intanto, Santità, vorremmo il vostro consenso per prendere l’olio
Capitolo terzo
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dalla lampada del Santo Sepolcro e portarlo a Kublai Khan» propose zio Matteo.
Il nuovo Pontefice acconsentì e fornì loro i tre salvacondotti per
arrivare a Gerusalemme, aggiungendo una lettera per il khan.
«Con voi viaggeranno anche questi due frati, Guglielmo da Tripoli e Niccolò da Vicenza. Sono due grandi predicatori, letterati
e teologi» dichiarò infine. «Ho dato loro ogni facoltà e privilegio
per consentire la conversione dei pagani. E nomino mio ambasciatore questo ragazzo, Marco: mi sembra parecchio sveglio!»
Marco non ebbe neppure il tempo di ringraziare, perché il nuovo
papa li accomiatò dopo averli benedetti.
La gioia di Marco si trasformò presto in delusione: lungo il cammino per Gerusalemme si imbatterono in un gruppo di crociati a
cavallo che assaliva un villaggio. Uomini, donne e bambini calpestati, bruciate le misere case, lance scagliate senza pietà.
Marco rimase turbato nel vedere quella povera gente piangere
disperatamente la morte dei propri figli.
«Questo vuole Dio?»
A Gerusalemme presentarono i lasciapassare ai crociati e si diressero subito al Santo Sepolcro, per procurarsi la preziosa ampolla con l’Olio Santo per Kublai Khan.
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Un altro mondo
Il mattino seguente ripresero il cammino e viaggiarono per ore
senza sosta. Nel pomeriggio, ormai stanchi, si fermarono a bere
presso una sorgente, dalla quale sgorgava acqua cristallina.
Marco si accostò alla fonte per bagnarsi il viso ma, riflesso nell’acqua, gli parve di scorgere il volto della donna misteriosa, che
sembrava seguirlo lungo il percorso.
L’immagine, chiara e nitida all’inizio, a poco a poco si dissolse, fino
a svanire del tutto.
Marco si riscosse.
Un forte odore di bruciato gli invase le narici, mentre urla e rumori
concitati lo misero in allarme.
Capitolo terzo
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CAPITOLO QUARTO
Lo stupore della vita
Marco alzò lo sguardo e scorse un villaggio mimetizzato nel paesaggio. Le case, serrate le une alle altre e costruite forse per difendersi dalle razzie dei predoni o dalle tribù nemiche, stavano
bruciando inesorabilmente.
Il fumo scuro si alzava nel cielo, mentre le fiamme, sempre più invadenti, avvolgevano le case.
Marco non pensò di filarsela lontano dal pericolo, al contrario si
mise a correre fino a un ponte, una specie di corridoio stretto e rivestito da vecchie lastre di pietra grigia, così sconnesse da farlo
inciampare. A sinistra, per l’intera lunghezza del passaggio, correva un muro, sul quale i mercanti avevano appoggiato alcune
tavole con le proprie mercanzie.
Mentre alcuni ceppi stavano per colpirlo, Marco si accorse di un
ragazzo a terra, privo di sensi e ferito. Non perse tempo, lo caricò
sulle spalle e lo condusse alla fonte, dove il padre lo attendeva
con gli altri compagni preoccupati.
Il primo ad accoglierlo fu però un gatto tigrato che strusciò la testa
contro le sue gambe.
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Lo stupore della vita
«Ma cosa ti è saltato in mente?» lo rimproverò il padre. «Perché hai
portato qui questo giovane? Non sai che dobbiamo scappare subito? Queste terre sono infestate dalle guerre tra il sultano d’Egitto
Baybars e i crociati!»
«Non avrei mai potuto abbandonare una creatura ferita tra le
fiamme» ribatté contrito il figlio.
«Spostiamoci verso quel muro» intervenne lo zio Matteo. «Passeremo la notte qui».
Marco si occupò del ragazzo ferito, scoprì che si chiamava Alì e
che aveva perso entrambi i genitori. Pensò che sarebbe stato
bello avere un amico che lo accompagnasse nel lungo viaggio.
Il sonno li colse mentre ammiravano stremati le infinite stelle che
brillavano superbe nel cielo.
Impauriti dal destino incerto, i due monaci approfittarono di quella
quiete per sgattaiolare fuori dal campo e tornare indietro.
«Almeno hanno lasciato l’ampolla con l’olio santo!» - si stupirono i
Polo al risveglio.
Era l’alba, l’ora giusta per rimettersi in cammino.
Marco sentiva l’animo leggero nel percorrere quelle piste. Non si
spiegava il motivo, forse dipendeva dal fatto che la “compagnia”
si era arricchita di un nuovo amico.
Capitolo quarto
35
Il suo cuore sentiva l’esigenza di sapere che qualcuno gli voleva
bene e quella certezza lo avrebbe aiutato a superare le strade
più impervie.
I piedi calpestavano pietre di varie forme e colori nella pista diventata sinuosa, che ora si alzava, ora si abbassava.
Marco si sentiva sfinito, ma era confortato dalla presenza di Alì
che a tratti lo guardava e gli sorrideva.
Poi dal nulla spuntarono tanti puntini grigi che, via via che si avvicinavano, si trasformarono in edifici dai muri merlati, inframmezzati
da alte torri.
Erano arrivati ad Ayas.
«In questo porto potremmo ancora incontrare dei mercanti italiani»
disse il padre.
Guardandosi attorno pieno di meraviglia, Marco indicò ad Alì i
palazzi che si stagliavano nel cielo. Alcune case assai decorate
circondavano uno slargo che ospitava una serie di bancarelle
con ogni sorta di mercanzie.
I Polo avevano bisogno di provviste, così si mescolarono a quella
moltitudine di donne, uomini e animali, per scegliere e acquistare
quanto occorreva.
36
Lo stupore della vita
Niccolò si accordò infine con un uomo dalla pelle scura e il turbante: avrebbero proseguito il viaggio con la sua carovana.
In groppa a un cammello dal manto chiaro, Marco ammirò la lunga
fila di animali che, con sguardo fiero e a testa alta, avanzavano
tranquilli nell’immensa distesa di terra.
«Non sei scomodo?» interruppe i suoi pensieri Alì che cavalcava
un dromedario.
«Sono pronto a sopportare ogni cosa, pur di proseguire» rispose
Marco. «E tu?»
L’amico sorrise.
«Io sono abituato a montare questi animali: mio padre era un carovaniere».
Il sole perdeva lentamente la lucentezza, per andarsi a nascondere dietro a una collinetta di fronte.
I viaggiatori decisero di accamparsi e, per la prima volta, Marco
ammirò le tende dei nomadi: erano molto grandi, sostenute da due
pali interni che terminavano in alto su un asse curvo; all’interno il
terreno era ricoperto da tappeti.
Gli adulti prepararono i fuochi, per scaldarsi e per cucinare, e
Marco ne ammirò stupito l’operosità e la capacità di adattamento
Capitolo quarto
37
alle condizioni complicate. Si mise a riflettere sulle esperienze vissute fino a quel momento, e ne riconsiderò la bellezza e l’unicità.
Poi, dopo aver contemplato la volta del cielo, iniziò a strimpellare
la cetra.
Il padre lo guardava di sottecchi, come per rassicurarsi che stesse
bene, mentre lo zio Matteo, da lontano, gli lanciava occhiate furtive mescolando il brodo.
Marco percepì appieno l’amore delle persone che lo circondavano e si sentì il ragazzo più fortunato del mondo.
Durante il viaggio Marco fu sottoposto continuamente a prove di
forza, ma col passare dei giorni la sua resistenza fisica raggiunse
soglie sorprendenti.
Certi giorni la terra era così calda che i piedi gli sfrigolavano, ma
si abituò all’afa. Costretto a pasti scarsi, imparò a nutrirsi con gli
occhi. Ogni cosa lo sorprendeva: osservare la corsa dei serpenti
e i cerimoniali degli insetti, scoprire disegni nascosti nelle pietre e
nel cielo.
I compagni gli indicavano luoghi straordinari: grappoli di rocce,
colline, precipizi e persino bacini inariditi.
Giorno dopo giorno, il cielo rimase sgombro di nubi, di un azzurro
intenso con qualche sfumatura bianca.
38
Lo stupore della vita
La luce, che si riverberava sul terreno color ambra punteggiato
dalle piccole chiazze degli spineti, era così vivida da costringere
i viaggiatori ad aguzzare gli occhi.
Poi, mentre si trovavano nella Grande Armenia, davanti a loro si
aprì uno spettacolo inimmaginabile: con la cresta innevata, il
monte Ararat si ergeva maestoso contro il cielo.
«Ma questo è il monte dove approdò Noè con la sua Arca, dopo
il diluvio universale?» chiese Marco.
Niccolò annuì.
«Questo è il punto del mondo dal quale l’umanità ha iniziato una
seconda nascita. Infatti la parola Ararat in armeno significa “luogo
creato da Dio”».
La compagnia continuò il viaggio fino ad arrivare in Georgia, in
un luogo dove Marco vide l’olio che bruciava e ne rimase impressionato.
Per osservarlo meglio, si avvicinò di più a quello sfavillio di lingue
di fuoco. Troppo: per i fumi inalati cadde a terra svenuto.
Capitolo quarto
39
CAPITOLO QUINTO
Illusione o realtà?
Un bagliore. E, in mezzo, Marco vide tre uomini che gli si avvicinavano: erano vestiti elegantemente e indossavano turbanti variopinti. Avevano portato al Re Bambino oro, incenso e mirra e,
per la loro generosità, erano stati ricompensati con una piccola
pietra, contenuta in una scatola di bosso.
Uno di loro, rimasto deluso dal suo scarso valore, la lanciò dentro un pozzo dal quale sgorgava acqua pura e limpida: inspiegabilmente, dopo il lancio, l’acqua cominciò ad ardere.
All’improvviso una voce.
«Marco! Marco! Svegliati, cosa ti è successo?»
Marco aprì gli occhi e intravide i contorni sfocati di qualcuno che
lo scuoteva. Era Alì che, preoccupato, cercava di rianimarlo. Svegliandosi, si rese conto che la sua era stata solo una visione: aveva
rivissuto quanto lo zio Matteo gli aveva raccontato la sera prima.
Il ragazzo era ancora troppo debole, perciò ritennero opportuno
ritardare la partenza per Baldac.
Il viaggio tuttavia doveva proseguire, perché le temperature si
abbassavano e attraversare i valichi di montagna sarebbe diventato impossibile.
40
Illusione o realtà?
Marco rimase assai colpito dalla città di Baldac: era attraversata
da un grande fiume, il Tigri, sul quale si affollavano navi mercantili
cariche di svariate merci. Il suo sguardo fu catturato da strani frutti
mai visti, che assaggiò e volle gustare più volte, apprezzandone
la polpa zuccherina.
Un vecchio venditore dalla lunga barba bianca, divertito dall’entusiasmo e dalla voracità del ragazzo, gliene offrì in gran quantità, fino a saziarlo. Marco gli chiese come si chiamassero quei frutti
deliziosi e il vecchio gli rispose che erano datteri.
«Grazie! Lei è stato davvero generoso a offrirmene tanti!».
«Ragazzo, la generosità d’animo rende ricco anche il più povero,
mentre l’avarizia impoverisce anche il più ricco» replicò l’anziano
mercante.
Marco lo guardò affascinato, la profondità di quelle parole lo
colpì così tanto da fargli cambiare espressione.
Il mercante allora gli raccontò una storia.
«Devi sapere che un tempo, a Baldac, viveva un ricco califfo, così
avaro che non divideva i propri averi neanche con i familiari. Un re
nemico conquistò il suo regno e, per punizione, lo rinchiuse con tutte
le sue ricchezze in un’altissima torre senza cibo e acqua, sfidandolo
a nutrirsi con il suo oro. Dopo una lunga agonia il califfo morì».
Capitolo quinto
41
Marco restò senza parole e il vecchio concluse.
«Un giorno l’uomo si accorgerà che il denaro non potrà salvarlo
dall’egoismo e dalla solitudine».
Il padre raggiunse Marco e lo sollecitò a muoversi, perché era
giunto il momento di ripartire: la tappa successiva sarebbe stata
Kerman. Con gratitudine Marco salutò l’anziano mercante e durante il viaggio ripensò al grande insegnamento ricevuto.
Il paesaggio divenne sempre più aspro, selvaggio, e l’attenzione
di Marco fu catturata dall’agile volo dei falchi tra le vette delle
montagne.
Dietro una roccia il ragazzo scorse un animale mai visto: un bue
con la gobba, dotato di possenti corna.
Alì si avvicinò premuroso e lo rassicurò, spiegandogli che era imponente ma innocuo.
Giunti a Kerman, Marco notò che il territorio era scarsamente popolato, perché prossimo al deserto. Lunghe distese di sabbia si
alternavano a oasi in cui si coltivavano datteri, pistacchi, melograni e altri prodotti.
I Polo stavano per raggiungere Hormuz, da cui si sarebbero imbarcati alla volta dell’India e, finalmente, del Catai, dove avrebbero incontrato il Khan.
42
Illusione o realtà?
Arrivati a Hormuz, Marco assaggiò un piatto tipico della zona:
tonno salato accompagnato da una bevanda speziata, estratta
dal frutto che tanto gli era piaciuto.
Poi si avviarono al porto ma le navi attraccate non piacquero
a Niccolò che, da esperto navigatore, affermò contrariato:
«Queste imbarcazioni non sono sufficientemente sicure. Guardate, hanno un solo albero maestro e lo scafo non è rivestito da
pece. Come faremo ad affrontare il mare aperto?»
Il mare, un’infinita distesa d’azzurro, non appariva rassicurante
come in passato.
Bisognava scegliere un’altra via: quella del deserto.
La decisione spettò però al padre di Marco.
«Meglio tornare a Kerman e affrontare i pericoli dei predoni che
salire su quelle sgangherate barcacce» asserì Niccolò.
Marco capì che il percorso che si apprestavano a compiere si
sarebbe rivelato particolarmente insidioso.
Il deserto: un infernale paradiso, i cui silenzi erano interrotti dai
sussurri del vento simun e dagli spazi infiniti in costante movimento.
Giunti ai margini del deserto, Marco rimase stupito sia dalla sua
vastità che dalla desolazione: soltanto piccoli animali di grande
Capitolo quinto
43
pericolosità, come scorpioni e serpenti. E, per fortuna, lunghe file
di dromedari, in grado di proteggere dai pericoli.
Più i Polo si inoltravano, più il deserto rivelava la propria natura:
niente acqua, dunque niente verde. Insomma, niente vita.
La sabbia, i sassi, il sale. E gli “spiriti” del deserto, cicloni di forma
circolare che sollevavano nuvole di sabbia, modificando la forma
delle dune. Gli uomini ne furono accecati e provarono un senso di
soffocamento.
Vinto dal caldo asfissiante, Marco ebbe l’impressione di sentire
l’eco armoniosa della cetra che gli ricordava l’immagine della
donna misteriosa dall’abito candido come la luna.
Illusione o realtà?
La tempesta gradualmente si placò, fino a cessare, e Marco vide
in lontananza il profilo di un albero maestoso che li invitava ad avvicinarsi, nella speranza di potersi rifornire di scorte.
Si mossero affrettando il passo, ma si accorsero che si trattava
dell’Albero Secco: una pianta grande e cava, con le foglie bianche da una parte e verdi dall’altra.
Lo zio Matteo spiegò a Marco che, in passato, nelle vicinanze si
era svolta la famosa battaglia tra Alessandro Magno e Dario.
44
Illusione o realtà?
«Secondo la leggenda, l’albero rifiorirà al nuovo avvento di un
Salvatore» raccontò lo zio.
I Polo avevano affrontato vari pericoli e provato paura tante
volte, ma Marco avvertiva dentro di sé la certezza che era la volontà di Dio a farli proseguire, per far conoscere le loro avventure
e le meraviglie dell’Oriente a tutti gli uomini.
Furono fortunati perché non si imbatterono nei caraunas, i predoni
del deserto, e una nuova luce di speranza illuminò il loro cammino.
Ormai erano vicini all’altopiano di Badakshan, dove l’aria era più
pura e tersa.
Con rinnovata fiducia giunsero presso un luogo fortificato.
Capitolo quinto
45
CAPITOLO SESTO
Nuovi incontri
Raggiunta la fortezza, i Polo bussarono al grande portone. Furono
alcune donne vestite da soldati ad aprire: erano belle fanciulle,
truccate e gentili, ma severe e armate come guerrieri, con il tono
di voce serio e autoritario.
Attraversando il cortile di quel grande luogo, Marco ne ammirò i
particolari che rendevano l’atmosfera magica e misteriosa.
Si trattava di una vera e propria città fortificata, completamente
indipendente, con botteghe di ogni genere e con un mercato
dove si poteva reperire il necessario per sfamare tutti: pane, riso,
grano, frutta e verdura.
La fortezza era abitata esclusivamente da bambini e da donne in
grado di vivere senza l’aiuto degli uomini: il loro stile di vita ricordava quello delle Amazzoni, le figure femminili raccontate nei miti
antichi.
Fu una principessa a guidare i Polo nella visita di quella città straordinaria: li accolse con gentilezza, li sfamò e li fece riposare su
comodi letti di piume.
«Qui sarete al sicuro» li rassicurò inoltre.
46
Nuovi incontri
La mattina seguente, appena svegli, i mercanti iniziarono il cammino verso le imponenti montagne del Tibet, e si sentirono infinitamente piccoli di fronte ai maestosi e immensi rilievi.
Marco sentì un moto di scoramento al pensiero di scalare quelle
vette con il freddo e la neve, ma era un passaggio obbligato per
arrivare nella regione del Catai.
Presto raggiunsero i crinali innevati e i ghiacciai, ma una grande
paura li colse quando attraversarono un ampio lago ghiacciato,
la cui superficie scricchiolava a ogni passo.
“Qui rischia di spaccarsi tutto e di aprirsi una voragine che ci farebbe sprofondare nelle acque gelide” rabbrividì Marco.
Incedere divenne ancora più difficile quando il sole cominciò a
perdere i bagliori e, all’orizzonte, si profilò una tormenta di neve.
«Una grotta! Lì!» scorse fortunatamente lo zio Matteo. «Abbiamo un
riparo per la notte».
Si accamparono e accesero subito il fuoco, per scaldarsi e cuocere delle provviste.
Durante la notte, mentre era immerso in un sonno profondo, Marco
sentì qualcuno intonare una dolce melodia, la stessa percepita
durante il viaggio per Acri: la dolcissima ninnananna che la madre
gli cantava da bambino per farlo addormentare.
Capitolo sesto
47
Alì si era accorto di quel sonno agitato e, al risveglio, Marco gli
raccontò lo strano sogno: ormai Marco considerava Alì il suo migliore amico.
Grazie ai giorni trascorsi insieme in mezzo a straordinarie avventure, tra loro era nato un forte legame d’amicizia e i due si confidavano sensazioni, idee e i segreti più profondi.
Dopo averne ascoltato con attenzione il racconto, Alì rassicurò
Marco.
«Capisco ciò che provi!» gli disse. «Come sai, anch’io ho perso i
miei genitori e mi mancano moltissimo. Però sono anche sicuro che
li incontrerò di nuovo, un giorno. E li cerco nei miei ricordi e in ogni
persona bella che incontro».
Marco annuì con la testa e la voce tremò nel rispondergli.
«Io non credo che la donna che mi è apparsa più volte lungo il
viaggio sia reale. Ho persino pensato che possa trattarsi di uno
spirito, forse proprio quello della mia cara mamma. Ricordo bene
la sua dolce voce, ma meno il viso e l’aspetto: la sua immagine
pian piano svanisce dalla mia memoria».
Dopo aver pronunciato queste parole sul volto di Marco scivolò
una lacrima.
Intenerito, Alì abbracciò l’amico.
48
Nuovi incontri
«Forse la tua mamma ti è davvero vicina, come lo sono i ricordi di
chi ci è caro. In fondo ti invidio: anch’io vorrei rivedere mia madre
in questo modo».
Marco e Alì si trovavano in luoghi segnati da atroci guerre, venivano da culture differenti, da religioni diverse, l’una cristiana, l’altra musulmana. La loro amicizia era però in grado di annullare ogni
differenza, di superare ogni diversità.
Erano solo due ragazzi, ma quanta saggezza nel loro cuore!
Quell’atmosfera di pace e serenità fu interrotta poco dopo l’alba
quando, dall’esterno della grotta, si sentirono provenire degli
strani rumori. Marco e Alì uscirono subito e furono colti da grande
stupore nel vedere alcuni giganteschi animali bianchi.
«Che cosa sono questi strani esseri?» si stupì Marco.
Impaurito, Alì non riuscì a rispondere: non li aveva mai visti prima
di allora. Erano simili a dei buoi, ma la pelliccia era più lunga e
bianca, e le corna erano grandi e ricurve; inoltre muggivano in
maniera così cupa da suscitare una gran paura in chiunque li sentisse.
Come se non bastasse, uno di loro prese improvvisamente la rincorsa e si diresse rapidissimo sui ragazzi, facendoli tremare. Per
Capitolo sesto
49
fortuna si arrestò di colpo, quando dalla grotta uscì il padre di
Marco che lo fece allontanare lanciandogli alcune pietre.
«È un animale sacro» spiegò Niccolò. «Pacifico, ma parecchio suscettibile».
Il paesaggio montano innevato brillava sotto i primi raggi del sole,
segnalando ai viaggiatori che era giunta l’ora di rimettersi in cammino: il Catai li attendeva.
Dopo alcuni giorni, il panorama divenne indescrivibile.
Di fronte a loro si stagliò una città ricca e sontuosa che si rivelò
piena di abitanti affaccendati: mercanti con i carretti, venditori
davanti alle botteghe, bambini che studiavano per strada con gli
insegnanti, palazzi pregevolmente decorati la cui patina dorata
scintillava sotto il sole di mezzogiorno.
«Finalmente conoscerò Kublai Khan!» si entusiasmò Marco mentre
si dirigevano al palazzo reale che sembrava costruito interamente
in oro, bronzo e pietre preziose.
Davanti al grande portone d’ingresso due alte guardie imperiali
sbarravano il passo ai visitatori con le lunghe e affilate alabarde.
Niccolò e Matteo mostrarono le piastre d’oro, il salvacondotto
che il khan aveva dato loro alcuni anni prima.
«Siamo tornati» pronunciarono in lingua tartara.
50
Nuovi incontri
Niccolò e Matteo conoscevano gli usi e i costumi del Catai, ma
per Alì e Marco era un altro mondo. Il ragazzo veneziano annotava tutto ciò che di nuovo appariva ai propri occhi, ubriacandosi di ogni meraviglia: prima o poi avrebbe scritto un diario di
quel meraviglioso viaggio!
Il gruppo fu introdotto nel palazzo e condotto al cospetto del famoso Kublai.
Marco non vedeva l’ora di conoscerlo.
«Sono sicuro che gli piacerai» sorrise zio Matteo entrando nella
sala del trono.
Il khan li accolse con un sorriso.
Capitolo sesto
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CAPITOLO SETTIMO
Kublai khan,
il Gran Signore dei Signori
Marco, Matteo, Niccolò e Alì si inginocchiarono al cospetto dell’imperatore: Kublai Khan, il Gran Signore dei Signori, il quinto Gran
Khan.
Salito sul trono papale da poco, Gregorio X aveva inviato all’imperatore una croce d’oro e pietre preziose, con una lettera che
gli rendeva omaggio. Invece dei cento preti richiesti, gli aveva
poi mandato un’ampolla contenente l’olio del Santo Sepolcro, destinata all’imperatrice.
Marco si sentiva impacciato, non era abituato a stare in ginocchio
e non sapeva come comportarsi. Non conosceva le usanze e le
tradizioni del paese, e il padre lo richiamò con lo sguardo per i
suoi modi troppo impulsivi.
Era però ansioso di conoscere Kublai.
L’imperatore provò subito simpatia per Marco; lo colpì il fatto che,
nonostante la giovane età, fosse riuscito ad affrontare quel lungo
viaggio. Inoltre, sebbene fosse molto diverso, riscontrava una
vaga affinità col proprio figlio Zhenjin.
52
Kublai khan, il Gran Signore dei Signori
Kublai notò che Marco era un acuto osservatore, affascinato da
ogni cosa nuova. Volle dunque metterlo alla prova e lo incaricò
di portare l’olio all’imperatrice.
Fuori dalla sala del trono Marco si guardò intorno e vide il gatto
tigrato che li aveva accompagnati durante il viaggio. Lo seguì, ma
all’improvviso quello scomparve e lui si perse.
“Come arriverò dall’imperatrice?” si chiese, quando gli parve di
sentire la solita musica e di rivedere la donna misteriosa!
Sbalordito, Marco la seguì e si ritrovò di fronte all’imperatrice e a
suo figlio Zhenjin.
La donna conservò l’olio in un’apposita teca, poi gli chiese informazioni su Roma, da cui era molto attratta.
Più tardi Zhenjin condusse Marco e l’inseparabile Alì a visitare il
palazzo. Costruito con canne di bambù, ciascuna larga più di tre
palme, ricco di bronzi e pietre preziose, l’edificio sorgeva sulla
riva di un esteso lago, popolato da uccelli acquatici e carpe multicolori. La cupola era adornata con preziosi decorazioni d’oro,
simili ai pizzi che ricamava zia Flora.
Marco osservò con attenzione l’ambiente attorno: tutto appariva
diverso, incantato, magico e irreale.
Capitolo settimo
53
Prima di entrare, Zhenjin li avvertì: «Fate attenzione a non calpestare la soglia della porta, altrimenti porterà sventura!»
Appena entrati, i due amici rimasero stupefatti: ogni cosa destava in loro meraviglia, rivelando il fascino dell’Oriente.
Nel palazzo Marco notò molti strani oggetti sconosciuti, come
la carta, usata dai mongoli al posto della pergamena.
La sala del Gran Khan fu quella che li colpì maggiormente per la
sontuosità e la ricercatezza dei decori, che tuttavia rivelavano
anche sobrietà e compostezza. Il pavimento era ricoperto da
tappeti intessuti a mano e si respirava un inebriante profumo di
spezie che fece sentire Alì a casa.
Le stanze erano riscaldate e, incuriositi, i due ragazzi chiesero
l’origine di quel piacevole tepore.
La risposta di Zhenjin li stupì.
«Noi utilizziamo il carbone, un minerale fossile donatoci dagli dei,
per servircene con saggezza».
Quindi Zhenjin li condusse alla sala del banchetto.
Era lussuosa e arredata con gusto orientale. In fondo alla sala
era allestita una tavola ricoperta da tovaglie in seta dipinta con
immagini floreali e rami di pesco.
54
Kublai khan, il Gran Signore dei Signori
Al centro della sala si ammirava il portentoso focolare, protetto da
una struttura costruita e decorata in caolino.
La tavola era imbandita con ogni tipo di alimento, sia grigio, come
la carne di capra, che bianco, come il latte e i suoi derivati.
C’erano però anche polpette di riso, spaghetti in salsa di soia e i
buuz, ovvero grossi ravioli di carne e cipolla cotti al vapore. Tutto
si gustava con le bacchette di legno.
Le pietanze erano accompagnate dalle bevande tipiche, come
il tè hu long e il suutei chai.
A sovrastare l’intera sala c’era l’immenso e possente trono, dove
di solito sedevano il Gran Khan, la prima moglie e il figlio.
Acrobatiche danzatrici intrattenevano i commensali ogni sera nello
spazio antistante.
Marco gustò la cena osservando le danze. Rimase poi ammaliato
dal canto di un’affascinante ragazza, che somigliava incredibilmente alla donna apparsagli più volte.
Il tono della melodia era dolce e al contempo solenne.
Incuriosito, Marco chiese a Zhenjin di ripetergli lentamente le parole del canto, e l’altro lo accontentò.
Capitolo settimo
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Chinati o uomo,
alza lo sguardo;
il Gran Khan è il tuo re.
Resta stupito ma non osare
il silenzio disturbare
non sai qual grande peccato tu possa fare.
Contempla la maestosa
grandezza e la ricchezza
della dimora del tuo condottiero
Non permettere che la natura
madre dell’umanità,
sia umiliata.
Marco era entusiasta di quel paese: il Catai gli trasmetteva pace
e serenità.
Finito il banchetto, Kublai Khan chiamò in disparte Marco che all’istante si inginocchiò.
56
Kublai khan, il Gran Signore dei Signori
«Alzati ragazzo, parlami dei tuoi viaggi! Vedo nei tuoi occhi lo
spirito di un viaggiatore audace e curioso che ama avventurarsi
nei più intrepidi cammini» disse saggiamente il Gran Khan.
«Sono onorato, mio Signore, in verità è la prima volta che affronto
un viaggio; ho visto ben poco nella mia vita, e ciò che so è il frutto
dei racconti del mio sapiente zio Matteo. Ora finalmente i miei più
grandi desideri si sono avverati, la voglia di scoprire nuovi paesi
si è quietata» rispose umilmente Marco.
«Mi sorprende che un ragazzo così giovane sia curioso di scoprire il mondo. Parlami della tua terra».
«Venezia è molto diversa da questo luogo. È nata dalla forza e
dalla volontà dei suoi abitanti che hanno strappato le terre alle
acque; su queste sono state costruite numerose case, magnifici
palazzi e vaste piazze. È piena di mercanti e vi arrivano merci da
ogni parte del mondo. Ho sempre desiderato vedere Roma, ma
non ho avuto questa fortuna. Essa vive solo nei miei sogni, ma chi
c’è stato mi ha raccontato di una città maestosa, dove risiede il
Papa. Uomini e donne vi si recano in pellegrinaggio per cancellare i propri peccati e per ammirarne lo splendore».
«Sei proprio un ragazzo interessante! Seguimi!» lo invitò Kublai.
«Dove mi porti, mio signore?» s’incuriosì Marco.
Capitolo settimo
57
«Ti porto dove molti sono entrati, ma pochi ne ho visto uscire».
Marco era intimorito, ma anche incoraggiato dalla sua immensa
voglia di scoprire.
Così fece un cenno convinto col capo e si avviò.
58
Kublai khan, il Gran Signore dei Signori
EPILOGO
ANNAMARIA PICCIONE
Messer Marco Polo
«Andiamo!»
Bastò una parola del khan perché anche gli altri si accodassero.
E mentre attraversavano la sala, lo sguardo di Marco si posò ancora una volta sull’avvenente danzatrice.
Zio Matteo lo colse e gli sussurrò: «Anche tuo padre è rimasto impressionato da quella ragazza: somiglia incredibilmente a tua
madre. Non ne parla mai per rispetto a Fiordalisa, la sua nuova
sposa, ma il ricordo di tua madre rimane vivo in lui».
«Mi è sembrato di vederla tante volte durante il viaggio» confessò Marco.
«Forse voleva proteggerti. Per questa ragione tuo padre Niccolò
ti ha fatto trovare la cetra che le apparteneva: per fartela sentire
vicina. Il resto lo ha fatto la tua immaginazione che, a volte, gioca
brutti scherzi. O forse belli» commentò lo zio con un sorriso.
«Ora capisco perché...» cominciò Marco, ma le parole furono tron-
60
Epilogo
cate da un grido agghiacciante, che pareva provenire dalle viscere della terra.
Si erano spostati in una zona sotterranea del palazzo, alla quale
si giungeva da una scala sconnessa. In un attimo fu cancellata
l’atmosfera gioiosa di qualche minuto prima e Marco si sentì trasportato prepotentemente in una caverna di sofferenza e dolore.
L’odore insopportabile e il buio pesto soffocavano ogni pensiero
felice.
Era nelle segrete, dove venivano rinchiusi i nemici del khan.
Il padre e lo zio glielo avevano detto: il khan sconosceva la parola pietà e diventava spietato con chi tradiva la sua fiducia. Ora
lui aveva visto fino a che punto.
«Marco, che fai? Un po’ sorridi e un po’ assumi un’aria sconvolta.
A quale dei tuoi viaggi stai pensando?»
La voce di Donata lo riscosse. Era arrivata al momento giusto,
come sempre. Si era lasciato sopraffare dai ricordi, gli succedeva
spesso negli ultimi tempi.
«Allora? A cosa stavi pensando? Al buffo animale bianco o all’olio che brucia? Oppure a quando Kublai ti nominò suo ambasciatore?» gli chiese ancora la moglie.
61
Marco le sorrise, però non volle rivelarle che stava pensando alle
prigioni del khan. Aveva sperimentato in seguito, sulla propria
pelle, la durezza della vita da prigioniero e non aveva voglia di
parlarne.
Certo, la sua prigionia a Genova era stata alleviata dalla presenza di Rustichello e il tempo non era trascorso invano.
Quando aveva conosciuto le storie dei suoi viaggi, Rustichello si
era messo in testa di raccontarle in un libro, e non si era arreso
fino a quando non ne aveva scritto l’ultima parola. Lo aveva intitolato La descrizione del mondo ed era convinto che li avrebbe
ricoperti di gloria.
«Ne parleranno ovunque e il nostro nome diventerà celebre!» ripeteva fregandosi le mani.
Marco rideva e lo lasciava dire. All’inizio lui era stato contrario
all’idea, ma aveva dovuto ammettere che non gli era dispiaciuto
narrare allo scrittore pisano le sue avventure di viaggio. Inoltre i
carcerieri gli avevano riservato un trattamento speciale, racconto
dopo racconto: vitto migliore e fuoco sempre acceso.
Lui e Rustichello avevano cominciato da soli ma, al passar dei
giorni, attorno a loro si era creata una piccola folla di ascoltatori
attenti, a volte increduli o persino sospettosi.
62
Epilogo
«Stavolta il veneziano sta proprio esagerando...» sentiva ogni
tanto bisbigliare da un angolo.
Lui non badava a quelle maldicenze e rispondeva con un sorrisino
di sufficienza.
«Vi sto raccontando solo la metà delle meraviglie che ho visto.
Se vi dicessi tutto, non mi credereste».
«Marco, vuoi ascoltarmi? Ti ho appena chiesto se sei passato da
Moreta prima di venire qui. Fantina mi ha riferito che la febbre è
passata».
Ecco, c’era cascato di nuovo, si era perso ancora nel labirinto
dei ricordi.
«Sì, Moreta sta meglio» si affrettò a confermare Marco. «C’era Belella con lei e le stava facendo bere del brodo di gallina. Non
potremmo desiderare tre figlie migliori: si vogliono bene e si aiutano l’un l’altra».
Donata gli strinse la mano e cambiò discorso.
«Sapevo di trovarti qui, al molo, da dove partono le navi per
l’Oriente. Mi chiedo se non sia stato un errore chiederti di non partire più, dopo le nozze».
Marco scoppiò a ridere.
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«Credimi, Donata. Quando tornai a Venezia dalle prigioni di Genova i miei desideri più grandi erano godermi la casa comprata
dai miei a San Giovanni Grisostomo e farmi una famiglia! Li ho esauditi entrambi, anche se non speravo di essere così fortunato! Una
Badoer, un’autentica patrizia veneziana, innamorata di me! Zio
Matteo stentò a credermi quando gli riferii che mi avresti sposato».
Donata diventò rossa e Marco le fece una carezza. Erano passati
più di vent’anni dal loro primo incontro, ma lui si emozionava ancora, ogni volta che la guardava.
La moglie si strinse nel mantello e rabbrividì.
«Non tardare troppo, Marco, l’aria della sera è traditrice».
«Ancora pochi minuti» la rassicurò il marito. «Il tempo di far coricare
il sole».
Donata si allontanò in un fruscio di vesti e Marco la seguì con lo
sguardo, fino a quando non la vide sparire dentro una calle.
Poi chiuse gli occhi.
Bastava quel semplice gesto per farlo tornare indietro nel tempo
e far sì che presente e passato annullassero ogni confine.
Allora risentiva il rollio della nave, il vento del deserto, il fragore
della tormenta. Alì tornava al suo fianco in groppa a un dromedario, zio Matteo gli sorrideva da una duna, suo padre gli mo-
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Epilogo
strava un punto sulla mappa. E Kublai Khan gli consegnava un dispaccio da consegnare in una terra lontana.
Marco aprì gli occhi e un sorriso luminoso gli increspò il volto segnato dagli anni.
Nessuna nostalgia nel cuore, nessun rimpianto. Solo la compagnia
dei buoni ricordi.
«È ora di tornare a casa» si disse avviandosi.
Davanti a lui il Canal Grande scorreva pigramente, screziato dai
bagliori vermigli del sole al tramonto. Le sagome di chiese e palazzi danzavano sull’acqua bruna, mentre gli ultimi raggi si insinuavano tra campielli e corti, rughe e salizade.
L’ultimo guizzo di luce rischiarò il volto di un uomo anziano che si
avviava a passo lesto verso casa. Era un mercante veneziano che
aveva girato il mondo.
Era Messer Marco Polo.
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APPENDICE
1. Essere grandi
Istituto Comprensivo “Montegrappa-Sanzio” Palermo – Classe I C
Dirigente scolastico
Vincenzo Miceli
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Giuseppina Calascione, Elvira Verne
Gli studenti/scrittori della classe I C
Nicol Abler, Beatrice Cardinale, Marta Graziano, Arianna Madonia,
Sofia Marraffa, Morena Mineo, Roberta Saladino
Il disegno è di Sofia Graziano, Marta Graziano
Hanno scritto dell’esperienza:
“…L’esperienza è stata accattivante per docenti ed allievi, che insieme hanno
potuto riflettere sulle varie fasi della stesura di un testo narrativo (dall’ideazione,
alle bozze alla correzione finale).
Gli alunni si sono sentiti parte attiva e hanno sentito più vicino il piacere della letteratura, la quale è finalmente apparsa come vicina e non avulsa dalle loro potenzialità: “avventuroso, pieno di emozione e fatto con passione” è stato definito
il percorso della staffetta!
I docenti, dal canto loro, hanno trovato slancio per la sperimentazione di una didattica più attiva e coinvolgente”.
APPENDICE
2. La sfida
Istituto Comprensivo “E. De Amicis” di Enna – Classi I B/C
Dirigente scolastico
Filippo Gervasi
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Filippa Ilardo, Lucio Salvatore Giunta
Gli studenti/scrittori delle classi
I C - Gaia Alaimo, Mattia Amico, Giulia De Luca, Gabriele Di Dio, Eva Fazzi, Marcella Gagliano, Giulia Gulina, Manuele La Martina, Matteo Menzo, Valentina
Menzo, Victoria Messina, Ida Milazzotto, Calogero Milioto, Veronica Pace, Leo
Luigi Perri, Marco Rampello, Martina Rutella, Kevin Scarpinato, Martina Scriminaci, Alessia Telaro, Denise Tilaro, Sveva Timpanaro, Alice Tornabene
I B – Lorenza Agliozzo, Eugenio Amaradio, Jacopo Bruno, Salvatore Cravotta,
Sara Di Francesco, Giuseppa Di Prima, Daniela Doanta’, Clara Guttadauria, Gaetano Litteri, Lorenzo Martello, Liborio Messina, Alessandro Monaco, Andrea Montesano, Mattia Patti, Andrea Profeta, Arianna Sacco, Angelo Scriffignano
Il disegno è di Ida Maria Milazzotto
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Gli alunni hanno mostrato particolare interesse all’attività proposta e si sono
mostrati creativi sin dal primo momento.
I docenti, dopo la lettura del primo capitolo, hanno lasciato liberi di esprimere
le loro sensazioni. ad ogni alunno e’ stata data la possibilita’ di continuare la
storia senza nessun intervento esterno sia da parte degli insegnanti, sia dai compagni di classe.
Successivamente si e’ cercato di condividere tutti gli elaborati prodotti con la
successiva approvazione di tutto il gruppo per la scelta finale. la scelta dell’elaborato grafico e’ caduta sul prodotto realizzato dall’alunna di IC poiche’
e’ molto rappresentativo del capitolo. I colori e la scena illustrata rendono piu’
allettante la lettura del passo letterario realizzato”.
APPENDICE
3. . Un altro mondo
Istituto Comprensivo “Europa” di Barrafranca - Classe III D
Dirigente scolastico
Filippo Aleo
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Pasqua Gulino, Silvia Paterno’
Gli studenti/scrittori della classe III D
Luca Aleo, Jose’ Aquila, Damiano Avola, Giuseppe Baiunco, Daniela Bevilacqua,
Martina Bonaffini, Fabio Bongiovi’, Alessandro Bonincontro, Asia Costa, Alessia
Di Vara, Rossella Faraci, Giovanni Gentile, Giuseppe Geraci, Angelo Guerreri,
Giuseppe La Rosa, Danilo Marchi’, Liborio Marchi’, Giuseppe Paterno’, Sergio
Puzzo, Ginevra Romano, Jennifer Tambe’, Maristella Tropea, Antonella Varsalona
Il disegno è di Giovanni Gentile
Hanno scritto dell’esperienza:
“…L’esperienza della Scrittura Creativa è stata vissuta dagli alunni molto positivamente. Alcuni hanno apprezzato il lavoro di gruppo, altri il senso di sfida: alcuni alunni, infatti, erano convinti che non sarebbero riusciti a portare a termine
un lavoro del genere, ma vedere il capitolo completo far parte di un progetto
comune ha dato loro fiducia. Tutti hanno apprezzato il lavoro di ricerca, la visione del film e di documentari, ma quello che ha dato loro maggiore soddisfazione è stata la scrittura vera e propria, espressione della loro creatività ed
inventiva”.
APPENDICE
4. Lo stupore della vita
Istituto Comprensivo “Europa” di Barrafranca – Classe III A
Dirigente scolastico
Filippo Aleo
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Stella Concetta Avola
Gli studenti/scrittori della classe III A
Corinne Amore, Costanza Bettini, Desirèe Bevilacqua, Angela Blandi, Christian
Marchì, Maria Pia Milano, Ivana Regalbuto, Deborah Spagnolo, Dalila Stelletta
Il disegno è di Desirèe Bevilacqua
Hanno scritto dell’esperienza:
“…Il lavoro è stato interessante e stimolante in quanto ci ha costretti a documentarci ed approfondire la storia di Marco Polo,ma nello stesso tempo abbiamo
avuto la possibilità di sperimentare nuove tecniche di scrittura oltre che sprigionare e liberare la nostra fantasia per dar luogo al nuovo capitolo. Questa esperienza poi l’abbiamo voluta ripetere in classe scrivendo un racconto a staffetta
tra tutti gli alunni”.
APPENDICE
5. Illusione o realtà
Istituto Comprensivo Statale “F. Guglielmino” di Acicatena – Classi I A/D/E, II B/D/F/H,
III A/C/D/F
Dirigente scolastico
Irene Patanè
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Antonina Agnello, Annamaria Arcidiacono, Milena Biondi, Marianna Sansone,
Maria Rita Stivale
Gli studenti/scrittori delle classi
I A – Eliana Bottino, Carmelo Nicolosi, Gabriele Torrisi
III A – Giulio Arrigo, Sharon Cantarella, Giulia D’Anna, Simone Epaminonda, Lucia
Giuffrida, Marika Murabito
II B – Carmelo Allegra
III C – Federica La Rosa
I D – Anelia Ilieva, Alessia Scalia, Sara Sciacca, Emanuele Salvatore Spoto, Antonino Torre
II D – Emanuele Barbagallo, Rosalba Grasso, Paolo Musmeci, Vanessa Pagliaro,
Alfio Luca Sciacca
III D – Giulia Cutuli
I E – Maria Rita Grasso, Daniela Vicari
II F – Martina Greco, Adriana Marino
III F – Alessia Destasio, Krisi Ilieva Dimitrova, Maria Rita Nicotra
II H – Maria Cullurà
Il disegno è di Lucia Giuffrida, Vanessa Pagliaro, Alfio Sciacca
Hanno scritto dell’esperienza:
“…La scrittura del capitolo ha rappresentato per noi un’esperienza interessante
e appagante perché abbiamo approfondito la conoscenza di un personaggio
noto ma da noi poco conosciuto, Marco Polo”...
per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa
APPENDICE
6. Nuovi incontri
Istituto Campus “Don Bosco” di Tremestieri Etneo – Classi I/II/III A
Dirigente scolastico
Agata Di Luca
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Laura Rapisarda, Isabella Salanitri
Gli studenti/scrittori delle classi I/II/II A
Marco Calabrese, Alessio Chiarenza, Manuel Chiarenza, Matteo Consiglio, Ginevra Finocchiaro, Davide Fisichella, Nikolas Grasso, Luigi Guglielmino, Alexander Leone, Giorgio Lupelli, Federico Marchese, Gabriele Nasisi, Alessandro
Sciacca, Gabriele Serrano, Sarah Spina, Giuseppe Strano
Il disegno è di Ginevra Finocchiaro, Giuseppe Strano, Alessio Chiarenza
Hanno scritto dell’esperienza:
“…L’esperienza è stata molto positiva, piacevole e divertente. Ognuno ha contribuito nonostante la difficoltà di una storia la cui trama doveva rispettare una
traccia ben precisa. Non sempre è stato facile coordinare le diverse idee che venivano proposte dagli alunni. Ecco perché per poter avvicinare il più possibile
i ragazzi alla meravigliosa realtà raccontata nel Milione, noi docenti abbiamo
proposto la visione di alcuni episodi della miniserie “Marco Polo” del 1982 e
del documentario Superquark sui viaggi del giovane veneziano che hanno contribuito ad accrescere l’interesse per il tema del viaggio. Anche quest’anno
l’esperienza è stata formativa per tutti gli alunni, soprattutto per i più timidi e per
quelli che mostravano poco interesse per la scrittura e la lettura”.
APPENDICE
7. Kublai khan, il Gran Signore dei Signori
Istituto Comprensivo “G. Verga” di Comiso - Classi I/II/III B/C/E/G
Dirigente scolastico
Caterina Giudice
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Elena D’Amato, Adriano Alicata, Elsa Barone, Mirella Dipietro
Gli studenti/scrittori delle classi: I/II/III B/C/E/G
Lucrezia Alfo, Martina Assenza, Martina Barone, Maria Biscotto, Marco Cacciaguerra, Ramona Cannella, Antonio Cassibba, Gabriele Cosentini, Valeria Dicara,
Adriana Dipietro, Fabiola Di Pasquale, Noemi Digiacomo, Biagio Dierna, Simona
Giannì, Massimo Giaccone, Letizia Incremona, Federica Lauretta, Elodie Indelicato, Lucia Barbagallo, Alessia Mezzasalma, Giulia Rosella, Elisa Presti, Leila Jebari, Roberta Prestia, Michele Barone, Nicoletta Sciortino, Elena Meli, Hilary Zago
Il disegno è di Maria Biscotto
Hanno scritto dell’esperienza:
“…La Staffetta di Scrittura Creativa è stata un’esperienza divertente e stimolante. Abbiamo lavorato a classi aperte e questo da un lato ci ha arricchito di
nuove amicizie, dall’altro ha permesso un confronto costruttivo delle nostre competenze. Inoltre abbiamo avuto l’occasione di conoscere un personaggio coraggioso e generoso come Marco Polo, il quale ci ha fornito la conoscenza di
un mondo che ai suoi tempi era quasi sconosciuto. Abbiamo quindi studiato i popoli e le terre che lui conobbe nei suoi lunghi viaggi, e ne siamo rimasti affascinati. Anche se per molti di noi questa non è stata la prima esperienza di staffetta
di scrittura creativa, dobbiamo dire che é un gioco sempre nuovo e diverso, intrigante e misterioso. Grazie, Bimed!”.
INDICE
Incipit di ANNAMARIA PICCIONE ................................................................pag
14
Cap. 1 Essere grandi ..............................................................................................»
18
Cap. 2 La sfida..........................................................................................................»
22
Cap. 3 Un altro mondo ..........................................................................................»
28
Cap. 4 Lo stupore della vita................................................................................»
34
Cap. 5 Illusione o realtà?......................................................................................»
40
Cap. 6 Nuovi incontri..............................................................................................»
46
Cap. 7 Kublai khan, il Gran Signore dei Signori ........................................»
52
Epilogo di Annamaria Piccione: Messer Marco Polo ................................»
60
Appendici ..................................................................................................................»
66
NOTE
NOTE
NOTE
NOTE
Finito di stampare nel mese di aprile 2014
da Tipografia Gutenberg, Fisciano (SA)
Essere grandi
La sfida
Un altro mondo
Lo stupore della vita
Illusione o realtà?
Nuovi incontri
Kublai khan, il Gran Signore dei Signori