1 La valutazione dei rischi in impianti a rischio di esplosione

Transcript

1 La valutazione dei rischi in impianti a rischio di esplosione
La valutazione dei rischi in impianti a rischio di esplosione
per la presenza di polveri infiammabili
Fausto Zani1 , Marco Caserio
1SYRECO S.r.l., Via al Lido 5 - 21026 Gavirate, Italia
SOMMARIO
E’ sinteticamente presentata l’approccio analitico per la valutazione dei rischi di esplosione da polveri in
impianti industriali, allo scopo di:
a)
riassumere sinteticamente le problematiche di rischio specifiche delle polveri esplosive ed i loro
parametri caratteristici su cui basare la valutazione;
b)
identificare le misure di sicurezza di carattere preventivo e valutarne qualitativamente la
adeguatezza
c)
dimensionare i sistemi di sfogo della sovrapressione e valutare gli effetti dello scoppio in presenza di
tali sistemi
Mediante il riscorso a esempi di applicazione in installazioni molto diffuse vengono forniti alcuni elementi
pratici per un'applicazione sistematica nella valutazione dei rischi di esplosione in impianti industriali.
Parola chiave
Polveri esplosive, valutazione dei rischi di esplosione, dispositivi di sfogo della sovrapressione, ATEX
PREMESSA
La pericolosità delle Polveri: concetti fondamentali ed introduttivi sulle esplosioni da
polvere
Condizioni affinché una polvere possa esplodere
Un’esplosione di polveri rappresenta un fenomeno di combustione molto rapida con sviluppo di energia in
forma termica e di sovrapressione.
Poiché in un processo sussista un pericolo di esplosione di polveri devono verificarsi le seguenti condizioni:
• la polvere deve essere combustibile;
• la polvere deve essere in forma aerodispersa;
• la granulometria della polvere deve essere tale da permettere il propagarsi della fiamma;
• la concentrazione della polvere deve essere all’interno di un range definito come limite di infiammabilità;
• deve essere presente una sorgente di accensione di sufficiente energia;
• deve essere disponibile una quantità sufficiente di comburente (ossigeno) per permettere la combustione.
Ognuna di tali condizioni è essenziale affinché avvenga il fenomeno dell’esplosione. Ai fini della prevenzione
delle esplosione, risulta quindi essenziale analizzare le caratteristiche dei processi e determinare i parametri
delle polveri, allo stesso modo di come si analizza il comportamento delle miscele di vapori infiammabili, ma
con maggior attenzione alle condizioni in cui le polveri sono presenti.
Il fenomeno di esplosione delle polveri risulta quindi molto più complesso di quello di esplosione di vapori
infiammabili, in quanto i parametri che caratterizzano la pericolosità di una miscela polvere–aria sono molto
variabili in relazione alle caratteristiche fisiche della miscela.
Infatti, mentre una miscela di vapori infiammabili/aria presenta solitamente dei parametri definiti e costanti
(concentrazione, temperatura di infiammabilità, energia sviluppata dalla combustione,…), una miscela
polvere/aria può subire, con il trascorrere del tempo, delle variazioni che la rendono o meno pericolosa in
relazione a fenomeni esterni (trasporto, distribuzione granulometrica delle particelle,…).
In particolare, le condizioni di esplodibilità di una polvere vengono determinate attraverso l’analisi di molti
fattori tra i quali:
¾ Limiti di esplodibilità (concentrazione polvere – aria);
¾ Diametro medio;
¾ Pressione massima associata;
¾ Velocità massima di aumento della pressione di esplosione;
¾ Energia minima di ignizione;
¾ Temperatura minima di accensione e di decomposizione (se pertinente).
1
Sotto il profilo della loro pericolosità intrinseca le polveri vengono classificate attraverso alcuni parametri che
ne caratterizzano la criticità, fra cui, uno dei principali è rappresentato dalla massima velocità di aumento
della pressione [bar/s] che dipende dal volume in considerazione.
Tale parametro permette di classificare le polveri in tre classi di esplosività (St = 1, 2, 3) in relazione al valore
assunto del parametro KSt definito dalla seguente relazione:
KSt = (dP/dt)max (V)1/3
La relazione precedente ha un campo di validità per rapporti dimensione maggiore/dimensione minore del
contenitore non superiore a 5. Le linee di trasporto delle polveri e le apparecchiature ad esse associate
presentano rapporti molto variabili.
Tuttavia nonostante non sia possibile ritenere la precedente relazione applicabile a tutte le sezioni di
impianto, il valore sperimentale di KSt, riferito al volume di prova, rimane un significativo indicatore del
potenziale pericolo da esplosione di una polvere.
Occorre però tener conto del fatto che la validità della legge cubica è limitata e che si ottengono valori
corretti di KSt per apparecchiature di prova con volume pari ad almeno 20 litri.
Dal grafico seguente si nota che gli andamenti riportati in letteratura1 indicano una generale sottostima del
valore di KSt quando si estrapolano dati ottenuti in apparecchiature di prova al di sotto dei 20 litri.
Comparazione tra i valori di Kst ottenuti con apparecchiature piccole
e quelli ottenuti con sfera da 1 m³.
[Bertcknetcht 1981]
800
700
Valore Kst - apparecchiature piccole [bar m/s]
600
Bomba Hartmann
500
Sfera 5 litri
Sfera 10 litri
Sfera 1000 litri
400
300
200
100
0
0
100
200
300
400
500
Valore Kst - apparecchio da 1 m³ [bar m/s]
1
W. Bartknecht “Explosions” Springer Verlag, 1981
2
600
700
800
Caratteristiche di combustione
Le caratteristiche del prodotto in considerazione (proprietà chimiche, affinità alla reazione con l’ossigeno)
determinano la suddivisione tra le polveri potenzialmente esplosive, da quelle che non lo sono.
Tale caratteristica di esplosività è quindi propria della sostanza in considerazione. La polvere, per poter
esplodere, deve reagire con il comburente. Sono quindi esclusi i materiali che contengono ossidi stabili
(silicati, carbonati,…); mentre devono essere considerate, ad esempio, le sostanze organiche ed alcuni
metalli che reagiscono esotermicamente con l’ossigeno.
Per l’analisi della combustione vi sono alcuni parametri che identificano la miscela polvere–comburente:
primo tra tutti i limiti di esplosione; essi rappresentano la concentrazione della polvere entro la quale essa è
potenzialmente soggetta a esplosione.
I limiti di esplosione normalmente sono espressi in rapporto con l’aria ambiente; l’eventuale utilizzo di gas
inerti (azoto, anidride carbonica) o condizioni fisiche (pressione, temperatura) variano tali limiti fino al punto
da escludere la possibilità di combustione.
Influenza dell’umidità della polvere
L’aumento dell’umidità riduce fortemente le caratteristiche esplosive per due motivi principali:
• l’umidità può provocare una agglomerazione delle particelle tra di loro, aumentandone il diametro e quindi
riducendo drasticamente il rischio di esplosione (vedi paragrafo seguente);
• l’evaporazione sottrae alla polvere una parte del calore sviluppato nella reazione.
Un altro parametro che risente dell’umidità è costituito dalla velocità massiva di esplosione.
L’aumento dell’umidità determina una sensibile diminuzione del parametro KSt in quanto il gradiente
temporale di pressione risente di una considerevole riduzione.
Influenza della granulometria della polvere
La distribuzione granulometrica di una polvere ha un effetto critico sulla violenza dell’esplosione in quanto
interviene principalmente sulla velocità di crescita della pressione e, secondariamente, sulla pressione
massima finale.
Inoltre, la diminuzione delle dimensioni delle particelle favorisce, sia la permanenza in forma aerodispersa,
sia la propagazione della fiamma.
Infine, al diminuire delle dimensioni granulometriche diminuiscono l’energia minima di accensione ed il limite
inferiore di esplosività.
Le conoscenze attuali indicano che non è possibile tracciare una linea netta di demarcazione tra le polveri
esplosive e quelle non esplosive in relazione alla loro granulometria; tuttavia, si ritiene che quelle con
diametro superiore a 500 µm (420 µm secondo le NFPA 651) presentino una tendenza all’esplosione molto
bassa. Spesso tale valore viene assunto, come oltre il quale una polvere non può esplodere.
Diversamente da quanto avviene per un gas, le particelle di polvere si presentano in termini dimensionali e
morfologici con caratteristiche molto varie.
Influenza della temperatura
L’elevata temperatura favorisce l’innesco termico della polvere e può esserne la causa diretta.
Concentrazione della polvere
Analogamente a quanto avviene per i gas infiammabili, anche le polveri sono dotate di limiti superiori e
inferiori di infiammabilità. Come precedentemente introdotto, quando la concentrazione di polvere in aria
ricade all’interno di tali limiti, sussiste il pericolo di esplosione.
3
Il meccanismo che impedisce ad una miscela di polvere con concentrazioni inferiori al campo di
infiammabilità, di incendiarsi, è dovuto alla distanza tra le particelle che ne evita la propagazione della
combustione tra le particelle stesse.
Per elevate concentrazioni, invece, le particelle sono così addossate le une alle altre da ostacolare la
presenza di ossigeno nella necessaria quantità.
Il valore del limite superiore è tuttavia di minore importanza, rispetto a quello del limite inferiore, in quanto
risulta difficile poter essere certi che la concentrazione di polvere si mantenga interamente in tali
concentrazioni, senza dare luogo a concentrazioni localizzate inferiori.
Ad esempio, la deposizione gravitazionale di polveri aerodisperse favorisce una condizione di sicurezza, in
quanto tende a rompere l’equilibrio ottimale tra combustibile e comburente che si ha nelle dispersioni
uniformi in aria. Tuttavia, qualsiasi perturbazione esterna che ne determini un risollevamento può ripristinare
una condizione di pericolo.
In considerazione di ciò, sono stati determinati pochi valori del limite superiore per le polveri. I dati disponibili
indicano in genere un valore molto elevato, compreso tra 2 e 6 kg/mc.
Per quanto riguarda la concentrazione di polveri critica ai fini dell’esplosione, le norme NFPA 651
raccomandano di mantenere una capacità di efflusso volumico d’aria nei condotti di aspirazione, in modo da
mantenere il carico di polveri inferiore al 10% LEL. Tale situazione risulta, tuttavia, molto difficile da garantire
in relazione al maggior valore della concentrazione della polvere nelle limitate linee di trasporto pneumatico.
Influenza del tipo di flusso nei condotti
Le condizioni geometriche dei condotti di trasporto delle polveri sono tali da dover considerare dei moti
prevalentemente turbolenti nei condotti. Le necessità i9mpiantistiche e di “layout” richiedono spesso curve e
derivazioni.
La caratteristica di turbolenza gioca un ruolo sfavorevole nei confronti della prevenzione dell’esplosione in
quanto determina, per polveri non umidificate, un continuo processo di rimescolamento che non consente di
poter escludere il passaggio o la permanenza della concentrazione nei limiti di infiammabilità.
Anche a seguito di un processo locale di esplosione la turbolenza può giocare un ruolo favorevole in quanto
facilita il contatto polvere-ossigeno e, “frantumando la fiamma”, determina il coinvolgimento locale (anche
simultaneo) di aree con il conseguente effetto di crescita della pressione.
Energia di innesco
Affinché una miscela di polvere ed aria si accenda, supposto che essa si trovi all’interno dei limiti di
infiammabilità, è necessario comunque un innesco.
Le principali sorgenti di innesco vengono ricercate tra:
• Attrito e urto
• Elettricità statica
• Fenomeni di compressione adiabatica elevati e veloci
• Fiamme
• Materiali incandescenti
• Saldatura e taglio
• Scintille di natura elettrica
• Superfici molto calde
Affinché la reazione possa svilupparsi e mantenersi, l’energia associata all’innesco deve avere un sufficiente
valore che normalmente è molto superiore all’energia di innesco di miscele esplosive di gas e vapori
L’innesco per alte temperature in genere avviene quando si verificano due condizioni in successione:
innalzamento della temperatura del sistema generale e elevata energia nella zona che si trova entro i limiti di
infiammabilità.
4
Tra le principali sorgenti di ignizione precedentemente citate, ve ne sono alcune il cui principio di formazione
è maggiormente visibile (ad es.: fiamme, materiali incandescenti, saldatura e taglio); per esse l’attuazione di
procedure di divieto e intervento degli operatori ne riduce il potenziale pericolo.
Per le altre tipologie invece il principio di pericolosità può non essere allo stesso modo chiaro nel suo
verificarsi, in particolare queste sono:
• elettricità statica;
• scintille, attrito e urto;
• superfici molto calde.
di cui si riportano alcuni elementi nel seguito.
Elettricità Statica
Dati statistici riferiti ad incidenti accaduti indicano che circa 1 esplosione su 10 è dovuta ad elettricità statica.
Attraverso la scarica elettrostatica, l’energia potenziale elettrica si trasforma in energia termica. Qualora essa
sia di sufficiente energia, si verifica un innesco.
L’energia accumulata dalla particella dipende dalla superficie specifica. Essa, diminuendo al crescere della
particella, indica che particelle più grossolane racchiudono potenzialmente meno carica di particelle fini.
Quando le particelle di polvere elettricamente cariche sono sospese in correnti d’aria, ad esempio nel
trasporto pneumatico, deve essere curata in particolare:
¾ la messa a terra di tutte le strutture metalliche (in particolare, tutte le linee di trasporto ed
apparecchiature connesse);
¾ i collegamenti equipotenziali.
L’energia elettrostatica media accumulata da diversi elementi, in termini generali, può essere così
schematizzata:
- Flangia da 100 mm:
ca 0,5 mJ
- Piccola tramoggia:
ca 6 mJ
- Persona:
ca 50 mJ
- Autocisterna:
ca 100 mJ
Tali valori indicano il potenziale pericolo di innesco, a causa di attrezzature, mezzi e persone.
Scintille, Attrito e Urto
Le scintille elettriche sono determinate da una dissipazione di corrente elettrica attraverso un materiale
isolante (aria o dielettrico in genere).
Se tale fenomeno è caratterizzato anche dalla propagazione di materiale frammentato incandescente,
l’elemento preponderante è caratterizzato dalla temperatura piuttosto che dalla corrente elettrica.
Conseguenze dell’esplosione di polveri
Gli effetti di un’esplosione di polvere sono tanto maggiori, quanto risultano più elevati i seguenti parametri,
che costituiscono delle caratteristiche delle polveri, ancorchè dipendenti da altri fattori:
•
Entità della sovrappressione (valore assoluto in bar)
Pmax
•
Velocità con la quale essa si sviluppa:
dP/dt
Conseguentemente, ad un’esplosione caratterizzata dal fenomeno dell’onda d’urto, segue normalmente
anche lo sviluppo di una fiamma (irraggiamento termico) che, in genere accompagna con differenze di
velocità molto inferiori l’onda di pressione e che può determinare un incendio od un’esplosione successive
indotta dal risollevamento delle polveri per effetto dello spostamento d’aria in altre aree non inizialmente
interessate dalla esplosione.
I valori associati alle esplosioni assumono, in relazione alle caratteristiche chimico/fisiche della polvere,
valori con range molto ampio.
5
CLASSIFICAZIONE DELLE AREE IN CUI POSSONO FORMARSI ATMOSFERE ESPLOSIVE
La Classificazione delle zone che presentano rischio di esplosione per la presenza di polveri combustibili
viene effettuata rispetto alle installazioni elettriche e non-elettriche che possono costituire causa d’innesco.
La classificazione è di regola eseguita secondo le norme EN 50281-3 (CEI 31-52 e 31-56) vigenti in materia.
La definizione della classificazione dei luoghi pericolosi è quindi effettuata secondo la seguente metodologia:
•
Individuazione delle sostanze e delle loro caratteristiche fisiche e di processo;
•
Analisi delle aree con presenza di polveri combustibili e della relativa potenziale area coinvolta;
•
Analisi delle potenziali sorgenti di emissione, della classe e della zona coinvolta dalla presenza di
atmosfera potenzialmente esplosiva. Allo scopo è determinante sottolineare che, ai fini dell’applicazione
della norma per la classificazione delle zone, il parametro utilizzato per definire la pericolosità di una
determinata zona non è la quantità di materiale lavorato o depositato o la quantità di polvere prodotta,
bensì il tempo per la quale una atmosfera esplosiva può perdurare in condizioni normali o
accidentalmente, nell’ambito dello stesso.
•
Analisi dell’influenza delle emissioni sulla classificazione del luogo considerando il loro grado;
•
Determinazione del tipo di zona pericolosa e dell’estensione della stessa.
L’estensione delle zone sarà determinata nella sua forma e dimensioni.
•
Elaborazione della classificazione del luogo ottenuta anche dall’inviluppo delle singole zone pericolose
determinate come indicato nei punti precedenti.
Sono di seguito riportate le principali definizioni adottate.
•
Atmosfera esplosiva
Miscela in aria di una sostanza combustibile sotto forma di polvere, in condizioni atmosferiche normali, in cui,
dopo l’accensione, la combustione si propaga alla miscela incombusta.
ƒ
Luogo pericoloso
Luogo in cui è o può essere presente un’atmosfera esplosiva per la presenza di polvere, in quantità tali da
richiedere provvedimenti particolari per la realizzazione, l’installazione e l’impiego delle costruzioni e degli
impianti.
•
Luogo non pericoloso
Luogo in cui non si prevede la presenza di un’atmosfera esplosiva per la presenza di polvere, in quantità tale
da richiedere provvedimenti particolari per la realizzazione, l’installazione e l’impiego delle costruzioni e degli
impianti.
•
Zone
In relazione alla frequenza di formazione ed alla permanenza di un’atmosfera esplosiva per la presenza di
polvere, i luoghi pericolosi sono classificati nelle seguenti zone:
Zona 20 (nube di polvere combustibile)
Luogo dove è presente continuamente o per lunghi periodi un’atmosfera esplosiva per la presenza di
polveri.
Zona 21 (nube di polvere combustibile)
Luogo dove è possibile sia presente durante il funzionamento normale un’atmosfera esplosiva per la
presenza di polveri.
Zona 22 (nube di polvere combustibile)
Luogo dove non è possibile sia presente un’atmosfera esplosiva per la presenza di polveri durante il
funzionamento normale o, se ciò avviene, è possibile sia presente poco frequentemente e per breve
periodo.
•
Sorgente di emissione
Un punto o luogo da cui può essere emessa polvere combustibile con modalità tale da originare
un’atmosfera esplosiva. Esso può far parte del sistema di contenimento o di uno strato di polvere.
Le sorgenti di emissione sono suddivise nei gradi seguenti in funzione dell’ordine decrescente di severità:
6
Formazione continua
Luoghi nei quali una nube di polvere può essere presente continuamente o per lunghi periodi,
oppure per brevi periodi a intervalli frequenti.
Emissione di primo grado
Sorgente che si prevede possa rilasciare polveri combustibili occasionalmente durante il
funzionamento ordinario.
Emissione di secondo grado
Sorgente che si prevede non possa rilasciare polveri combustibili occasionalmente durante il
funzionamento ordinario ma se avviene è possibile solo poco frequentemente e per brevi periodi.
•
Funzionamento ordinario
Situazione nella quale l’apparecchiatura di processo funziona entro i propri parametri di progetto. Piccole
emissioni di polveri suscettibili di formare una nube o uno strato (es. emissione da filtri) possono far parte del
funzionamento ordinario.
•
Funzionamento anormale
Malfunzionamento previsto e legato al processo suscettibile di verificarsi poco frequentemente.
•
Limite di esplodibilità
LEL limite inferiore di esplodibilità
Concentrazione di polvere al di sotto della quale l’atmosfera non è esplosiva.
UEL limite superiore di esplodibilità
Concentrazione di polvere al di sopra della quale l’atmosfera non è esplosiva.
Per la valutazione del grado della sorgente di emissione vengono prese in esame le apparecchiature che
contengono polvere combustibili in condizioni granulometriche rientranti nel potenziale pericolo di esplosività
e che possono essere considerate delle potenziali sorgenti di emissione.
Per le aree classificate esterne alle apparecchiature si intendono quelle soggette a possibili emissioni, con la
escluse delle parti non apribili, ad esempio quelle saldate.
In caso di pressioni negative all’interno delle apparecchiature o involucri di contenimento delle polveri, la
probabilità che si formino zone polverose all’esterno dall’apparecchiatura è molto bassa.
Esempi dei gradi di emissione tipici sono i seguenti:
•
•
Emissione di primo grado: ad esempio vicino al punto di riempimento o svuotamento di un sacco.
Emissione di secondo grado: Impianto di manipolazione e lavorazione delle polveri con presenza
di depositi di polvere all’esterno.
La valutazione è effettuata analizzando se l’elemento in oggetto possa contenere o emettere polveri.
Successivamente, viene definito il grado di emissione, in accordo con le definizioni valutando la possibile
frequenza e durata dell’emissione stessa.
I seguenti elementi non sono in genere considerati, durante il funzionamento ordinario e anormale, delle
sorgenti di emissione di polveri:
• Recipienti in pressione compresi passi d’uomo e ugelli.
• Tubi, condotti e derivazioni senza giunti.
• Terminali di valvole e giunti flangiati (purché la progettazione abbai messo in atto gli accorgimenti
necessari per prevenire eventuali perdite).
Deve essere tenuto presente che i pavimenti dei piani ove sono previsti gli impianti debbono essere chiusi in
quanto una perdita di polvere da una apparecchiatura classifica tutta l’area sottostante fino al livello che ne
evita la caduta.
Particolare attenzione dovrà quindi essere dedicata anche ai collegamenti tra i vari piani (passaggio
tubazioni, linee elettriche, …) in modo da rendere “stagno” ogni piano ai fini di evitare il coinvolgimento dei
piani sottostanti.
7
In pratica per le zone che si trovano al piano inferiore di una zona classificata e dalla quale non sono
separate tramite chiusure stagne, ne risulta che la classificazione dell’area sottostante (Zona 22) per una
distanza di 1 m attorno alle aperture.
Nell’edificio non è normalmente richiesta una specifica ventilazione di aria (a meno di richieste specifiche per
condizioni termiche di salubrità dell’ambiente di lavoro)
La classificazione è effettuata in condizioni di ricambio aria uniforme e non forzato. In particolare, qualora vi
fossero aree soggette a getti di aria specifici (soffianti, sbuffi da apparecchiature pneumatiche,…) la distanza
delle zone classificate sono maggiore di quelle definite.
La estensione delle zone classificate è effettuata mediante l’applicazione di specifico software in base al
quale sono emerse delle distanze comparabili con quelle identificate dalla guida CEI 31-52 e 31-56.
AZIONI TECNICHE E GESTIONALI PER LA PREVENZIONE DI FENOMENI INCIDENTALI
RELATIVI ALL’ESPLOSIONE DI POLVERI: Applicazione a casi concreti
PRIMO ESEMPIO – Impianto di produzione di polveri ad uso alimentare
In questa sezione sono riassunti i risultati emersi dall’analisi di rischio relativa al pericolo di esplosione di
polveri utilizzate in un impianto che produce polveri combustibili.
L’impianto in esame è destinato alla produzione di sostanze solide di natura organica ad uso alimentare e
costituisce un esempio significativo per la conduzione di una analisi del rischio di esplosione da polveri nella
verifica della sussistenza di adeguate condizioni di sicurezza e nella ricerca di soluzioni volte al
contenimento del rischio.
Nel reparto svolgono la loro attività tre operatori di impianto per turno per l’esecuzione delle operazioni di
controllo/esercizio. Un operatore è dedicato all’insaccamento del prodotto finito, uno alla logistica e allo
scarico/carico degli automezzi, uno svolge la funzione di un capoturno per il controllo e la conduzione degli
impianti produttivi.
Descrizione del processo
Nell’impianto sono utilizzate due tipologie di materie prime:
• Sostanza organica in soluzione acquosa al 70% prodotta in un impianto adiacente a quello in esame
• Sostanza secca proveniente da silos (natura vegetale)
Il processo consiste nella miscelazione ed essiccamento di tali sostanze.
Il controllo e la conduzione delle lavorazioni avvengono dalla Sala quadri: l’impianto opera a ciclo continuo in
modo automatico, gestito da PLC.
In campo vengono effettuate le attività di supervisione/controllo/ispezione e le operazioni di assistenza allo
scarico degli automezzi contenenti la sostanza secca, nonché l’insaccamento finale del prodotto.
L’impianto si sviluppa da una quota 0 a una quota + 30 m e le apparecchiature sono posizionate ai vari piani
in aree interne ed esterne.
Le sostanze secche sono scaricate in una apposita buca e da questa inviate ai sili di stoccaggio con l’ausilio
di coclee, elevatori a tazze e redler.
Dai sili di stoccaggio il prodotto è inviato al molino, al fine di ottenere la granulometria prevista dalle
specifiche del prodotto; da questi, mediante trasporto pneumatico, il supporto macinato è inviato in cima alla
struttura dell’impianto nel silo di raccolta e da questi ad un polmone.
Dal polmone di raccolta alle successive apparecchiature la movimentazione è effettuata per gravità. A valle
del polmone il prodotto è inviato in uno specifico apparecchio dosatore posizionato su bilancia per il
dosaggio di quantità della sostanza e in un mescolatore nel quale viene immessa la soluzione acquosa al
70% proveniente da apposito serbatoio (slurry).
8
Dal mescolatore la miscela ottenuta viene inviata in un ulteriore polmone intermedio, prima di essere inviata
in uno dei due essiccatori.
L’essiccamento dello slurry è effettuato con aria preriscaldata in controflusso, regolando la temperatura
dell’aria in scambiatori a vapore secondo cicli prestabiliti.
Il prodotto essiccato è quindi scaricato in raffreddatori ad acqua. Da questi viene inviato nei sili di stoccaggio
previa vagliatura.
Dai sili di raccolta il prodotto è quindi inviato al confezionamento in sacchi o in big bags.
Il prodotto può altresì essere spedito sfuso mediante carico con coclea degli appositi mezzi di trasporto.
Dalla valutazione delle atmosfere esplosive (direttiva ATEX applicando le norme CEI 31-52 e 31-56) è
risultato che l’interno di tutte le apparecchiature relative alla sostanza secca e in forma polverosa è stato
classificato come Zona 20, vale dire zona con presenza pressochè costante di condizioni di potenziale
esplosività, in quanto la miscela aria-polvere è tendenzialmente sempre entro i limiti di esplosività della
polvere, salvo le variazioni iondotte dal diverso grado di umidità dovuto all’essiccamento dello slurry negli
essiccatori.
Caratteristiche di pericolosità’ della polvere e delle altre sostanze
Le sostanze utilizzate nel processo sono costituite da sostanze liquide che vengono miscelate a quelle
solide e quindi essiccate.
La sostanza solida (prodotto finito in polvere in uscita dal mulino) è stata oggetto di analisi specifica dalla
quale sono emersi i seguenti risultati:
Classe di esplosione delle polveri:
Nelle analisi sperimentali la pressione max raggiunta è stata pari a 6,8 bar @ 1500 °C.
Il gradiente di pressione (dP/dt) è risultato pari a 904 bar/s @ 3000 g/m3
La St class è risultata corrispondente alla St 2 (polvere più critica analizzata), da cui deriva una violenza
dell’esplosione pari a un range compreso tra 201 e 300 bar m/s (valore sperimentale rilevato: 240 bar m/s), il
che fa propendere per una valutazione di pericolo intrinseco di esplosività medio.
Resistività elettrica della polvere: 2,6 – 3,8 104 ohm m in relazione all’umidità della polvere da cui si
deduce un “gruppo di resistività” definito come bassa resistivita’ assimilabile a quello delle polveri
metalliche.
Last Relaxtion Time estremamente basso (tempo di mantenimento delle cariche elettrostatiche): < 0,01
secondi. Tale tempo risulta a favore della sicurezza in quanto evidenzia una debolissima tendenza al
mantenimento dell’accumulo delle cariche.
Energia minima di ignizione da cui sono emersi valori corrispondenti a 30 – 40 e 80 – 100 mJ per diversi
campioni di polvere analizzati. Tale valore risulta confrontabile con l’energia potenzialmente accumulabile da
un impianto/autocisterna (ca 100 mJ) o da di uomo con abbigliamento non antistatico (ca 50 mJ). I
n relazione a tale risultato dovranno essere adottate specifiche procedure per l’adozione di
abbigliamento antistatico degli operatori e per il mantenimento delle pratiche di controllo della
messa a terra e dei collegamenti equipotenziali degli elementi di impianto.
Temperatura minima di ignizione
Dall’analisi sono emersi i seguenti risultati:
Temperatura sperimentale minima di ignizione: 300 °C
Temperatura di sicurezza minima di ignizione:
200 °C
Temperatura sperimentale minima di ignizione in strato:
400 °C
Temperatura di sicurezza minima di ignizione in strato: 325 °C
In letteratura sono state invece trovate le proprietà chimico/fisiche delle altre sostanze utilizzate nel
processo, ma non analizzate sperimentalmente.
9
Esse sono state confrontate con i risultati sperimentali della polvere che è risultata essere la sostanza più
critica per quanto attiene il rischio di esplosione, come riportato nel seguito.
Parametro di caratterizzazione
Sigla e U.M.
MIE (mJ)
30÷40
Sostanza
Sostanza A
dati da
letteratura
20 (1000)
MIT (°C)
300
410
400
200
bar
6,8
8,4÷8,6
7,7
5,7
(dP/dt) max (bar/s)
904
Kst (bar m/s)
245
87÷91
Explosion severity class
St class
2
1
Layer Ignition Temperature (5 mm layer)
Podwer Volume resistivity
(ambient umidity 13%)
Podwer Volume resistivity
(ambient umidity 50%)
Charge Relaxation time
LIT (°C)
>400
325
Ωm
2,6 x 10^4
> 10^3
Ωm
3,8 x 10^4
second
<0,01
Charge Relaxation time
second
<0,01
Sostanza
testata
Minimum Ingnition Energy
Minimum Ignition Temperature
(Dust Cloud)
Pmax
max rate of pressure rise
max rate of pressure rise in 1 m3 vessel
Limite inferiore esplosività
g/mc
Sostanza C
dati da
letteratura
2,3
351
125
Contenuto umidità (%)
<4%
Classe di combustibilità
BZ4
Resistivity
Sostanza B
dati da
letteratura
40
Ωcm
260
30
30
1,2 x 10^6
Misure di sicurezza adottate
Le caratteristiche preventive/protettive in essere contro il pericolo di esplosione per le aree / apparecchiature
di impianto, o per le modalità di conduzione e gestione del processo sono state analizzate in dettaglio e sono
descritte nel seguito.
Scarico Materie Prime Solide
Lo scarico delle materie prime avviene all’interno di un locale dotato di pareti leggere per la limitazione della
dispersione di polveri.
L’area di scarico è mantenuta in leggera depressione tramite alcuni punti di captazione disposti in
prossimità della buca di scarico della materia prima.
L’aspirazione da tali captazioni viene convogliata ad un sistema di filtrazione costituito da filtri a maniche
elettro-conduttrici.
Lo scarico della materia prima avviene conseguentemente al collegamento equipotenziale del mezzo con
l’impianto.
E’ presente un segnale di consenso che indica il corretto collegamento equipotenziale.
Dopo lo scarico, gli accessi all’area vengono chiusi anche al fine di favorire la deposizione gravimetrica e
limitare al minimo tecnico il tempo di presenza aerodispersa della polvere.
Nell’area in questione sono state identificate delle porzioni del locale classificate come:
¾ Zona 20 (interno area di scarico)
¾ Zona 21 (zona in prossimità dell’area di scarico)
In tali zone non sono previste apparecchiature elettriche.
La restante parte del locale di scarico è stata classificata come Zona 22.
10
Filtri per il contenimento delle emissioni
I filtri adottati per il controllo delle emissioni di polveri sono realizzati in poliestere e sono classificati come
antistatici.
Tali filtri garantiscono una resistività specifica lineare pari a 104 ohm (Norma DIN 54345-1).
Prevenzione da cariche elettrostatiche
Tutte le apparecchiature dedicate al trasporto e contenimento delle polveri sono realizzate in acciaio o
comunque in materiale elettro-conduttivo.
La continuità elettrica tra gli elementi delle apparecchiature (elementi delle linee di trasporto delle polveri e
parti delle apparecchiature) è garantita da connessioni meccaniche metalliche (dadi e bulloni).
Qualora tali collegamenti meccanici non siano risultati “a vista” sono stati previsti ulteriori collegamenti
equipotenziali mediante cavallotti (es.: parti metalliche del silos, piastre tubiere per il sostegno delle
maniche dei filtri).
Con periodicità annuale vengono effettuati i controlli delle continuità elettriche tra le apparecchiature
stesse (linee di trasporto polveri, filtri, silos di stoccaggio).
I controlli vengono effettuati da personale qualificato e sono opportunamente registrati.
Vengono inoltre effettuati controlli a campione nel corso dell’anno: durante tali controlli non sono mai
emerse situazioni di interruzione di continuità elettrica.
Le attività di scarico Materie prime e di carico Prodotti finiti (polveri) avvengono previo collegamento
equipotenziale tra il mezzo e la struttura di impianto.
Un apposito segnale indica l’avvenuto collegamento elettrico.
In particolare, tale sistema è adottato per le seguenti tre attività:
• Scarico prodotto alla rinfusa
• Scarico del prodotto in pressione nel Silos di stoccaggio
• Carico alla rinfusa del prodotto finito
Gli elementi di trasporto delle polveri (redler) sono realizzati in materiale plastico elettroconduttivo. Le
catene di trasporto sono in acciaio AISI 316.
Le cinghie degli elevatori a tazze sono realizzate in poliestere elettroconduttivo.
La protezione dall’ingresso di elementi estranei nei molino a martelli di triturazione, che potrebbero causare
fenomeni di scintille (elementi metallici), sono state realiazzate mediante i seguenti accorgimenti:
• Rilevatore magnetico in ingresso al molino (“metal detector”) con blocco macchina
• Indicatore di assorbimento elettrico del molino.
Prevenzione dall’accumulo di sostanza entro le apparecchiature.
Nelle posizioni delle linee di trasporto ove sono risultati depositi significativi di polveri sono stati
previsti dei portelli di ispezione.
Con frequenza almeno giornaliera viene esdeguita l’ispezione dei portelloni di ingresso dell’aria
all’essiccatore.
Periodicamente vengono effettuate le ispezioni dei filtri sopra gli essiccatori per la verifica dello stato di
“intasamento e accumulo” polveri fra le maniche.
Settimanalmente viene effettuata la procedura di pulizia degli essiccatori con vapore e aria al fine di evitare
accumuli di sostanza. Dopo tale attività il prodotto viene raffreddato.
Ogni anno viene effettuata la sostituzione di tutte le maniche dei filtri.
11
Durante le fermate dello stabilimento vengono ispezionate le apparecchiature per la verifica delle zone
con eventuale accumulo di polvere e conseguentemente vengono assunte le adeguate azioni di intervento.
Nelle coclee viene movimentata, oltre alla sostanza in forma polverulenta, anche una sostanza sotto forma
di pellets. Tale situazione favorisce una pulizia naturale da depositi di polveri interni alle
apparecchiature. Analogamente viene utilizzata una sostanza ad elevato potere abrasivo che favorisce
l’asportazione di eventuali residui all’interno delle linee di trasporto.
Una significativa azione migliorativa è stata effettuata mediante il riscaldamento dell’aria di ingresso al
molino (aria di trasporto), in quanto veniva utilizzata aria a temperatura ambiente che determinava fenomeni
di accumulo laminare delle polveri nelle linee di trasporto.
Per evitare tale accumulo, viene ora preriscaldata l’aria di ingresso a ca 40°C.
Tale accorgimento ha ridotto/eliminato in misura drastica la formazione di tali strati.
Analogamente tale accorgimento è stato adottato per l’ingresso aria di alimentazione della insaccatrice.
Il molino è del tipo “a martelli di triturazione” ed è dotato dei seguenti accorgimenti:
• “Deprimometro” per la rilevazione di eventuale intasamento della linea di trasporto con allarme e
blocco dell’alimentazione
• Sistema di vibrazione a valle del molino per evitare accumuli di sostanza con allarme e blocco
dell’alimentazione
• Rilevatore di assorbimento elettrico del molino
Prevenzione dall’accumulo di sostanza all’esterno delle apparecchiature.
L’impianto è controllato da attività di pattugliamento del personale in turno.
Settimanalmente si effettuata la pulizia generale delle aree esterne dell’impianto.
I condotti di trasporto aria ad alta temperatura sono opportunamente coibentati per evitare il contatto
della sostanza in forma polverulenta su superfici calde.
I silos sono mantenuti in depressione mediante un ventilatore che garantisce una portata d’aria costante
ed evita espulsioni di polveri.
Protezione antincendio delle strutture
Ogni piano della struttura attorno alle apparecchiature è dotato di rilevatori termovelocimetrici con
allarme e conseguente azionamento di un impianto a diluvio.
Inertizzazione delle apparecchiature
Le apparecchiature più critiche per le loro dimensioni (silos di stoccaggio sostanza) sono protette in
caso di principio di decomposizione/incendio con immissione di azoto, mediante la possibilità di
apertura di una valvola manuale per ogni silos.
Prevenzione dalla ignizione termica delle polveri
I risultati della analisi sperimentali sulle polveri hanno evidenziato una temperatura operativa di sicurezza
massima pari a 200°C.
La temperatura massima del vapore per il riscaldamento del prodotto risulta essere pari a ca 150 160 °C, da cui si deduce un margine di sicurezza adeguato.
12
Gli essiccatori sono inoltre dotati di sistemi di controllo della temperatura e di blocco al raggiungimento
di una temperatura max pari a circa 100°C.
Inoltre, sono installati dei rilevatori di flusso per l’aria in ingresso agli essiccatori, con conseguente
allarme e chiusura del vapore di riscaldamento.
I silos sono dotati di estrattori di aria in base ai quali, favorendo la ricircolazione dell’aria stessa, vengono
evitati fenomeni di fermentazione della sostanza e conseguente incremento termico.
L’aspirazione dai silos implica una velocità di trasporto delle polveri pari a ca 30 m/s (corrispondente ad
una portata di aria pari ad oltre 6.000 Nm3/h).
Tale flusso determina un controllo costante della temperatura entro i condotti e nelle apparecchiature.
Caratteristiche tecniche delle apparecchiature
Tutte le linee e le apparecchiature sono realizzate in acciaio o materiali elettricamente conduttivi per
evitare l’accumulo di cariche elettrostatiche.
I motori e le apparecchiature elettriche sono progettati con grado di protezione minimo IP55.
Considerazioni in merito alle conseguenze di esplosioni
Dall’analisi effettuata, la classe di esplosione delle polveri (St class) è risultata, per la polvere più critica
analizzata, corrispondente alla Classe St 2 (violenza dell’esplosione rilevata pari a 240 bar m/s).
La pressione max raggiunta è stata pari a 6,8 bar @ 1500 °C
Il gradiente di pressione (dP/dt) è risultato pari a 904 bar/s @ 3000 g/m3
Per quanto concerne gli impianti (elementi di trasporto e apparecchiature), essi sono prevalentemente in
lamiera imbullonata e quindi facilmente cedevole in caso di scoppio.
Le strutture di contenimento delle apparecchiature sono realizzate prevalentemente in acciaio AISI (304 –
316) con i seguenti spessori:
Linea di trasporto verticale ai silos (tubazione): 5 mm
Redler di trasporto (elevatore 1 e 2):
3,5 mm
Silos di stoccaggio polvere:
5 mm (parte inferiore)
2,5 mm (parte superiore)
Forni di essiccamento:
3 – 5 mm
Filtri / cicloni:
3,5 mm
Gli essiccatori sono dotati di aperture per lo sfogo di eventuali sovrapressioni.
In base a tali valori si desume che un’eventuale fenomeno di esplosione determini il collasso
strutturale dell’intera apparecchiatura, senza la proiezione di proiettili dovuti al convogliamento
dell’onda d’urto.
Modalità gestionali per la prevenzione di incidenti
Vengono effettuate regolari azioni di formazione al proprio personale in merito alle modalità di gestione del
processo.
Inoltre vengono effettuati periodici aggiornamenti per gli interventi di emergenza che dovessero
determinarsi.
Sono state adottate specifiche procedure di segnalazione di qualsiasi evento che potrebbe avere
ripercussioni sulla sicurezza. Ogni segnalazione viene opportunamente analizzata.
13
Conclusioni
In relazione all’analisi di cui sopra emerge quanto segue:
1) Le misure impiantistiche e gestionali adottate ed attuate per evitare fenomeni incidentali sono
principalmente impostate su principi di prevenzione piuttosto che di protezione.
In particolare la maggiore attenzione è rivolta ad un controllo attento e meticoloso del processo.
2) I controlli periodici e le attività di pulizia che vengono periodicamente effettuati permettono di tenere sotto
controllo il sistema.
3) La principale attenzione tecnica viene rivolta alla prevenzione del formarsi di cariche elettrostatiche.
4) Il personale risulta sensibilizzato sulle problematiche connesse al pericolo di incendi/esplosioni e viene
coinvolto direttamente per la segnalazione di anomalie.
5) Sono presenti strumenti che possono segnalare preventivamente un fenomeno di deriva termica dovuta a
eccessivo riscaldamento.
6) L’esperienza dei tecnici ha permesso di evidenziare le aree ove è risultato necessario prevedere maggiori
attività di controllo: tali situazioni sono state specificamente analizzate e si è agito di conseguenza.
7) Le principali segnalazioni emerse a seguito dell’analisi sperimentale sulle caratteristiche delle polveri
riguardano principalmente attività gestionali (abbigliamento e collegamenti equipotenziali).
8) L’esperienza pluri-decennale di attività dello stabilimento non ha mai evidenziato fenomeni di esplosioni
entro e all’esterno delle apparecchiature
Si è tuttavia deciso di migliorare il livello di sicurezza valutando l’effetto della adozione di ulteriori :
•
Ulteriori portelli di ispezione
•
Privilegiare condotti inclinati (> 50°) per evitare accumuli di polvere interni
•
Barriere interne per evitare il propagare dell’esplosione (tipo pig)
•
Portelli antiesplosione
•
Sistemi attivi di estinzione
14
SECONDO CASO: Industria cosmetica – Impianto di essiccamento di sostanza in fase
pastosa
Lo scopo del lavoro riguarda la classificazione delle aree per l’impianto di produzione di polveri combustibili
ad uso cosmetico mediante trattamento di una pasta.
Norme applicate:
•
Norma CEI EN 50281-3 (CEI 31-52): Costruzioni per atmosfere esplosive per la presenza di polvere
combustibile. Parte 3: Classificazione dei luoghi dove sono o possono essere presenti polveri
combustibili.
•
Applicazione di software specifico derivante dalla Guida alla classificazione dei luoghi con pericolo di
esplosione per la presenza di polveri combustibili sulla base della norma EN 50281-3 (CEI 31-52) e della
guida CEI 31-56.
•
Analisi della norma NFPA 499: Recommended Practice for the Classification of Combustible Dusts and
of Hazardous (Classified) Locations for Electrical Installations in Chemical Process Areas
Caratteristiche delle polveri analizzate
Powder
A
P max
(dP/dt) max
Kst
bar
bar/s
bar m/s
7,9
660
180
St
class
1
MIE
MIT
BTP
AOLT
mJ
°C
°C
°C
270
218
267
30 - 35
B
C
Legenda:
Pmax:
(dP/dt) max :
Kst:
St:
MIE:
MIT:
BPT:
AOLT:
LIT:
6,5
600
160
1
16 - 21
max esplosive pressure
max rate of presure rise
max rate of pressare rise in 1 m3 vessel
Explosion severity class
minimum Ingnition Energy
Minimum Ignition Temperature (Dust Cloud)
Bulk Powder Test (onset temperature)
Air Over Layer Test (onset temperature)
Layer Ignition Test (5 mm layer)
Ignition Temperature Smoulder (combustione lenta) strato di 5mm:
280 °C
La polvere in oggetto è più assimilabile al sapone che viene classificato come Non Elettroconduttrice e come
tale in grado di accumulare cariche elettrostatiche
In base all’analisi della tipologia della polvere e del processo chimico/fisico dell’impianto risulta che il rischio
di esplosione delle polveri non può essere trascurato.
Il ciclo produttivo consiste nelle seguenti quattro fasi:
• Essiccamento della pasta neutralizzata
• Scagliettatura della pasta essiccata
• Macinatura per la riduzione delle scaglie in forma di polvere o estrusione delle scaglie in forma di
spaghetti
• Confezionamento del prodotto finale trattato da impianti propri e ricevuto da cliente
15
SEZIONE DI ESSICCAZIONE
Nella sezione di essiccazione viene alimentata la pasta neutralizzata caratterizzata dalla seguente
composizione media:
Tensioattivo
Alcool
Na2SO4 1,2%
NaOH
Acqua
70%
1,8%
1%
parte restante (ca 26%)
La pasta viene distribuita sulle pareti dell’essiccatore mediante una pala rotante al fine di formare uno strato
sottile sulla parte interna del mantello per uno spessore di circa 2 mm.
La parete esterna del mantello viene quindi riscaldata mediante vapore circolante in camicia.
La temperatura della sostanza viene rilevata a varie quote della sezione di essiccazione mediante
termocoppie installate sul mantello con rilevazione diretta della temperatura del prodotto.
La temperatura massima del vapore non sarà superiore a 140°C.
Dopo l’essiccazione, il prodotto secco cade per gravità nella tramoggia di fondo sotto forma di agglomerati
con dimensioni nell’ordine di 1 – 3 cm.
Dalla tramoggia, tramite un condotto a vista, viene alimentata la sezione di scagliettatura.
La scagliettatrice è dotata di un sistema idraulico in grado di bloccare la machina quando si ravvisa uno
sforzo eccessivo tra i due rulli dovuto, ad esempio, al passaggio di un materiale potenzialmente in grado di
generare energia per sfregamento con le pareti delle apparecchiature (es.: un bullone metallico).
La probabilità di formazione di polvere in condizioni di esplosività nell’essiccatore è molto bassa per
i seguenti motivi:
• Eventuali situazioni di eccessiva temperatura che potrebbero favorire la formazione di polvere a seguito
di disgregazione del prodotto secco sono ritenuti molto improbabili a causa della rilevazione in continuo
della temperatura e della misurazione in continuo dell’assorbimento elettrico dell’agitatore. La
temperatura massima del vapore è di 140 °C.
• Il processo viene gestito da strumentazione specifica per prevenire eventuali anomalie (ad es. eccesso di
temperatura)
• L’atmosfera all’interno dell’essiccatore contiene una discreta percentuale di umidità residua.
• Il prodotto presenta caratteristiche che tendono alla sua aggregazione in grumi.
SEZIONE DI SCAGLIETTATURA E LINEA DI TRASPORTO (CON FILTRO DI ASPIRAZIONE)
Nella sezione di scagliettatura il prodotto secco viene distribuito inizialmente sulle pareti di un cilindro per
essere prima raffreddato indirettamente con acqua e poi ridotto in scaglie mediante un apposito coltello in
polipropilene antistatico.
Le scaglie vengono trasferite al sistema di trasporto pneumatico mediante una coclea e una rotocella.
Il trasporto avviene tramite prelievo di aria opportunamente filtrata con filtro a maglie per prevenire l’ingresso
di corpi estranei.
La probabilità di presenza di polvere nel tratto di alimentazione alla scagliettatrice è trascurabile.
Tuttavia, al fine di limitare lo sviluppo di polveri che interesserebbero le parti meccaniche successive
(scagliettatrice, coclea, …), è stato installato un aspiratore d’aria in prossimità del canale di trasporto e della
tramoggia.
La presenza di polvere lungo la linea di trasporto pneumatico e di filtrazione compresa fra il gruppo di
scagliettatura e il filtro di aspirazione è da considerarsi in percentuale molto ridotta (come risulta dall’analisi
della sostanza prelevata in processi similari).
La presenza di polvere è determinata della frammentazione delle scaglie durante l’esercizio della
scagliettatrice e il successivo trasporto.
16
La linea di trasporto tra la coclea/rotocella ed il filtro è mantenuta in depressione da apposito aspiratore
(pressione operativa di aspirazione ca – 70 mbar).
La linea di trasporto è costituita da acciaio AISI 304 e dotata di un numero molto ridotto di parti non
integralmente metalliche (flessibile spiralate).
Tutta la linea e le apparecchiature periferiche sono dotate di collegamenti equipotenziali (compresi i tratti
spiralati). Gli eventuali collegamenti sono costruiti in modo da evitare ristagni del prodotto (giunti sovrapposti
nel verso nel flusso).
La disposizione del condotto è prevista prevalentemente verticale. I tratti non verticali hanno comunque
inclinazione superiore a 45°, riducendo così il più possibile le zone di possibile deposito di polvere.
Di seguito si riportano le condizioni operative del trasporto pneumatico e le caratteristiche fisiche delle
scaglie derivanti dall’analisi di un prodotto ottenuto in un impianto similare a quello in progetto:
Grandezza fisica
Temperatura operativa
Pressione operativa
Portata prodotto
Portata aria trasporto
Granulometria prodotto
Densità prodotto
Valore
30 °C
Da 0 (prelievo aria) a – 75 mbar (aspiratore)
ca 1500 kg/h
1500 m3/h
> 1400 µm
80%
1000 – 1400 µm
7%
720 – 1000 µm
5%
500 – 710 µm
4%
300 – 500 µm
2%
212 – 300 µm
1%
125 – 212 µm
0,7%
< 125 µm
0,3%
500 – 600 g/l
All’interno delle apparecchiature tra la scagliettatrice e le sezioni di macinatura finale le caratteristiche
granulometriche delle sostanze (come riportato nella tabella precedente) sono a favore della
sicurezza.
In particolare, in base all’analisi disponibile, la percentuale di polveri con granulometria inferiore ai valori
considerati dalle norme tecniche come potenzialmente pericolosi (500 µm) è significativamente inferiore al
limite di esplosività (50 g/m3 in base a quanto riportato nella scheda tecnica del prodotto).
La concentrazione delle polveri con potenziale pericolo di esplosività è stata ricavata dal rapporto fra la
portata del prodotto e la portata d’aria, ottenendo un valore inferiore a 30 g/m3.
Quindi, in base all’analisi delle caratteristiche della sostanza e del processo, si ritiene che l’eventuale
presenza di atmosfera esplosiva nelle linee di trasporto sia improbabile durante il funzionamento
ordinario.
La situazione di pericolo potrebbe derivare dall’eventualità di maggiore produzione di polvere, ad esempio a
causa di una anomalia che comporti una maggior frantumazione delle scaglie durante il trasporto.
A tale proposito si è rilevato che un incremento della portata di aspirazione da un lato ridurrebbe
ulteriormente la concentrazione della polvere ponendosi in situazioni di maggiore sicurezza a causa del
maggior flusso specifico di aria; per contro crescerebbe però la probabilità di formazione di polvere, essendo
aumentata l’energia di impatto delle scaglie.
Al fine di evitare la diminuzione della portata d’aria, è stato previsto un sistema di rilevazione automatico
della differenza di pressione a monte e a valle del filtro, con relativi allarmi.
Per quanto riguarda infine un eventuale arresto dell’aspirazione di aria, dopo un tempo transitorio nel quale il
sistema attraversa i limiti di esplosività, si verificherebbe una atmosfera sovrasatura di prodotto e polvere in
cui il rischio di esplosione risulta estremamente ridotto.
17
SEZIONE DI FILTRAZIONE
Il filtro viene mantenuto in depressione da un aspiratore convogliato al camino di espulsione a valle
dell’impianto di depolverazione, al quale conferiscono altri sfiati dei filtri e degli aspiratori.
Il sistema di depolverazione degli sfiati inviati al camino è costituito da un filtro dotato di portello di scoppio,
di un aspiratore e del camino e garantisce concentrazioni di polveri significativamente inferiori ai limiti
inferiori di esplosività.
Il filtro è dotato di portello di scoppio dimensionato secondo gli standard tecnici internazionali (norme VDI o
NFPA) e collegato all’esterno tramite un breve tratto con il minor numero possibile di curve e variazioni di
diametro.
SEZIONE DI MACINATURA E RELATIVO FILTRO DI ASPIRAZIONE
Il trasporto delle scaglie a valle del filtro avviene per gravità dopo passaggio attraverso una rotocella.
Le scaglie possono essere indirizzate a due differenti sistemi:
• Produzione di Needles (filamenti simili a spaghetti con diametro di circa 1 mm), tramite una
tramoggia e un estrusore
• Produzione di particelle con granulometria di seguito indicata (polvere) nel mulino di macinatura
(corredato dell’apposito filtro dell’aspiratore e portello di scoppio) e della successiva rotocella. Gli
sfiati del filtro verranno inviati al sistema di depolverazione dopo raffreddamento in apposito
scambiatore.
Ai fini della presente analisi verrà considerata principalmente la linea di produzione delle polveri, in quanto le
dimensioni degli “spaghetti” prodotti non presentano caratteristiche critiche ai fini del pericolo di esplosione.
Dovrà essere comunque verificato che l’esercizio reale dell’impianto nella sezione needles non produca
residui fini di prodotto.
Il mulino opera in ambiente di gas inerte (Azoto) che, dopo depolverazione nel filtro, viene ricircolato al
mulino.
Al fine di evitare la formazione di atmosfere esplosive, a partire dalla sezione del mulino e fino alla
successiva rotocella di conferimento del prodotto negli imballi, tutta la gestione della lavorazione del prodotto
e il suo trasporto avverrà in atmosfera di azoto.
La garanzia della presenza di azoto è ottenuta mediante rilevatori di bassa pressione sulla linea di
alimentazione azoto e rilevatori di flusso sulla linea di alimentazione inerte al mulino. Inoltre, è stata emessa
un’apposita procedura di purga con azoto e verifica di esplosività prima dell’avviamento del processo.
La sezione di macinatura è esercita in leggera pressione (pressione operativa: + 10 mbar).
Tale condizione riduce notevolmente il rischio di immissione di aria dall’esterno.
Al fine di garantire l’efficienza dell’aspiratore, è previsto un sistema di rilevazione di pressione (PISHL) con
relativi allarmi ed interblocco del processo di macinatura.
A valle del mulino, la probabilità di formazione di una miscela esplosiva durante il trasferimento della polvere
è molto bassa (in quanto il mulino e la tramoggia sono inertizzati con azoto).
ll sistema generale relativo al prodotto in polvere opera nelle condizioni di seguito riportate:
Grandezza fisica
Temperatura operativa
Pressione operativa aspiratore
Portata prodotto
Portata aria trasporto
Granulometria prodotto
(analisi di un prodotto assimilabile)
Densità prodotto
Valore
35 °C
+ 10 mbar
Circa 1500 kg/h
3000 m3/h
> 1000 µm
8%
500 ÷ 1000 µm
10 - 20 %
200 ÷ 500 µm
20 - 30 %
250 ÷ 125 µm
20 - 30 %
< 125 µm
15 %
450 – 600 g/l
18
Per prevenire possibili fenomeni di innesco delle polveri dovute a correnti elettriche devono essere curate
con particolare attenzione la scelta dei materiali e le connessioni elettriche equipotenziali ai fini di escludere
la presenza di correnti elettriche indesiderate.
Oltre al pericolo di innesco elettrico devono essere valutati anche i pericoli derivanti da fenomeni di
surriscaldamento meccanico delle polveri come di seguito specificato.
La possibilità di accensione per sovrariscaldamento scaturisce dall’analisi dei dati ricevuti dalla committente
sulla caratterizzazione delle polveri:
• Temperatura di autoinnesco delle polveri: 250°C
• Bulk Powder Test
220°C
190°C
• T5 mm Ignition Temperature Smoulder
Da tali informazioni risulta, come indicato nel seguito del presente studio, che la temperatura massima
superficiale delle apparecchiature deve essere di 190 °C nell’ipotesi che lo spessore massimo dello
strato di polvere sia pari a 5 mm.
Al fine di evitare l’eventuale presenza di residui fini nella linea relativa alla tramoggia ed al successivo
confezionamento verrà previsto un impianto di depolverazione (aspiratore).
SEZIONE DI CONFEZIONAMENTO DEL PRODOTTO FINALE
La linea di insaccamento prevede la possibilità di riempimento di sacchi da 25 kg e big-bag da 1000 kg
attraverso due percorsi indipendenti, sotto tramoggia con rotocella.
Il trasferimento del prodotto dalla rotocella di carico alla tramoggia avviene in presenza di atmosfera
arricchita da azoto.
La tramoggia è polmonata con azoto; i vent di polmonazione saranno convogliati all’impianto di
depolverazione. Alla stessa tramoggia verranno convogliati i needles provenienti dall’estrusore.
Per quanto riguarda la zona tra la rotocella e le bocche di carico (sacchi e big bag), durante lo scarico della
polvere, la concentrazione della stessa è notevolmente superiore al limite superiore di infiammabilità (5000 –
7000 g/m3), in quanto la rotocella lascia cadere la polvere in grande quantità.
Dopo il riempimento, la presenza di polvere residua aerodispersa viene eliminata tramite un depolveratore
dedicato.
SEZIONE DI RICEVIMENTO E INSACCAMENTO
La sezione in oggetto è costituita da un punto di ricevimento (tramoggia – limite di batteria) ove verrà
immesso il prodotto. A valle di tale punto vi sarà una rotocella per il trasporto al filtro (con portello di scoppio)
e aspiratore. Gli sfiati del filtro verranno inviati al camino del punto di emissione atmosferica.
Il filtro sono dotati di sistema antimpacchettamento mediante martelletti a percussione esterni.
Le caratteristiche del prodotto sono di seguito riassunte.
Granulometria: confrontabile a quella della polvere in uscita dal mulino
Kst:
140 bar m/s
Pmax: 8,4 bar
Classe St: 1
MIE: 100 – 300 mJ
AOLT: 190 °C
LIT:
380 °C
MIT:
ca 500 °C
Il sistema non è polmonato con azoto. Per evitare ristagni di polvere nel tratto finale, si prevede un impianto
di aspirazione a valle della rotocella consistente in aspirazioni interne alla linea di trasporto ed esterne in
prossimità della bocca di carico del prodotto nei sacchi. Le polveri raccolte verranno ricircolate nel relativo
filtro per non contaminare i prodotti delle due linee.
19
I tratti dopo tutte le rotocelle, in prossimità dei punti di riempimento, dovranno essere più corti possibili,
senza restringimenti e installati verticalmente o con pendenza superiore a 45°, nonché dotati di collegamenti
elettrici e equipotenziali.
Particolare attenzione dovrà essere dedicata ad evitare che entro tali collegamenti e attorno alle postazioni
di riempimento non si determinino delle aree con presenza di polvere in forma di nubi e strati di rilevante
quantità.
Allo scopo, dovranno inoltre essere effettuate frequenti attività di ispezione all’interno delle tubazioni per
identificare le possibili zone di ristagno di strati di polvere. Per tali zone si dovranno predisporre modifiche di
processo (aumento delle pendenze, eliminazione di curve, …) e frequenti pulizie al fine di ridurre al minimo
lo spessore e la permanenza di tali strati.
Come precedentemente indicato, per prevenire la formazione di nubi e strati di polveri attorno alla
postazione di riempimento degli imballaggi (sacchi e big bag), sarà previsto un sistema di captazione delle
polveri inviate al filtro di seguito descritto.
Per quanto riguarda i contenitori finali delle polveri, si riportano le seguenti informazione in merito alle
caratteristiche di sicurezza delle tipologie di FIBCs (Flexible Intermediate Bulk Container) – Big Bag.
I FIBCs sono classificati in 5 tipologie: Tipo A, B, C, D e C/D
Il tipo A non offre protezione contro pericoli da innesco elettrostatico
Il tipo B offre solo limitate protezioni contro i pericoli da innesco elettrostatico
Il tipo C è costruito in tessuto dotato di fili conduttivi dissipativi delle cariche elettriche. Tale tipologia
necessita di garanzia completa del collegamento a terra ed equipotenziale durante l’utilizzo.
Il tipo D è costituito da tessuto con fili elettrici o rivestimenti dissipativi (coating) tali per cui non risulta
necessario il collegamento a terra.
Infine, esiste un tipo intermedio tra il tipo C e il tipo D (tipo C/D) che è costituito anch’esso da fili elettrici o
rivestimenti dissipativi in modo da controllare la probabilità di ignizione senza tener conto o meno del
collegamento a terra.
Tuttavia da recenti studi è emerso che la caratteristica richiesta per i tipi C, per cui la resistenza verso terra
di ogni filo conduttivo risulti inferiore a 1x108 ohm (100 MΩ) non viene garantita dai tipi C/D.
In merito alla tipologia di FIBCs necessari per l’attività in questione deve essere escluso il tipo A, in quanto
viene utilizzato solo per lo stoccaggio di polveri con MIE superiore a 100 mJ.
I tipi B sono invece progettati per una potenziale di scarica inferiore a 4 kV. Tali FIBCs risultano sconsigliati
nell’uso in presenza di atmosfere di gas o vapori infiammabili. Tuttavia, non essendo disponibili dati in merito
al valore del potenziale di scarica, si sconsiglia l’utilizzo nel caso in questione.
La tipologia più indicata risulta quindi la tipologia C (purché venga garantito l’effettivo collegamento a terra),
in quanto il tipo D può presentare limitazioni alla protezione se la superficie del coating risulta contaminata, o
se la superficie risulta caricata per induzione a causa della presenza di conduttori carichi (personale e
impianti) non collegati a terra.
20
TERZO ESEMPIO: Industria agrochimica – Verifica di adeguatezza degli impianti di
formulazione e macinazione polveri
In questa sezione si analizzano le problematiche di rischio di esplosione associate alle polveri di un impianto
agrichimico per la produzione di prodotti fitosanitari di largo impiego in aghrcoltura al fine di verificare
l’adeguatezza delle soluzioni presenti e dimensionare i dispositivi di protezioen contro il rischio di scoppio.
Caratteristiche di esplosività dei prodotti
I dati sulle caratteristiche di esplodibilità dei prodotti sono tratti da specifici studi sperimentali ed analitici
svolti da istituto specializzato. Considerando che le condizioni di maggior pericolosità della polvere si ha
durante la fase di macinazione e cioè a distribuzioni granulometriche con diametro medio maggiore di 25 µm
e comunque minore di 200 µm, i parametri di riferimento per la classificazione delle caratteristiche delle
polveri sono stati:
- LIE [g/m3]
- ∆P [bar]
- (dP/dt)max [bar/s]
- T autoinf. [°C]
I risultati trovati evidenziano forti analoghe con quelli di analoghe polveri nel settore industriale di
appartenenza, per il quale vi sono dati oggettivi e sperimentali che rientrano, in base ai dati di (dP/dt)max, in
categoria St1 (vale a dire debole esplosività).
Al fine dei calcoli e delle verifiche delle apparecchiature potenzialmente coinvolte, le diverse polveri verranno
tutte considerate, conservativamente, come una polvere St1 avente ∆P 8 bar e KSt = 150 bar m/s.
Criteri generali di protezione
Le condizioni di sicurezza nella manipolazione di polveri esplosive si realizzano assicurando le seguenti
misure di prevenzione e protezione:
− esecuzione idonea degli impianti elettrici (a norme CEI);
− riduzione al minimo delle possibilità di innesco;
− eliminazione di un’atmosfera in cui possa manifestarsi una miscela esplosiva mediante inertizzazione con
Azoto di alcune delle apparecchiature più critiche e maggiormente utilizzate;
− realizzazione di superfici di sfogo per prevenire lo scoppio ed il danneggiamento delle apparecchiature,
alcune delle apparecchiature più critiche e maggiormente utilizzate su cui non sia stato possibile
intervenire con uno degli accorgimenti preventivi di cui sopra.
Tali condizioni debbono essere verificate ed analizzate nelle varie sezioni dei diversi impianti nelle quali è
possibile che le polveri rientrino nel campo di esplosività.
Analisi preliminare impianti
Gli impianti in esame possono essere, per quanto riguarda il problema della formazione di polveri, suddivisi
in sezioni caratterizzate dalla stessa operazione fondamentale.
Pur nelle differenze tra impianto ed impianto, che verranno analizzate in seguito, si individuano le sezioni
seguenti:
− macinazione
− miscelazione
− filtrazione.
Macinazione
Questa operazione viene effettuata con mulini a pioli, a martelli, a rete o microjet (aria compressa)
La sezione a monte dei mulini è caratterizzata da granulometrie elevate, tali da poter considerare le polveri
come non pericolose in quanto si può supporre che la distribuzione granulometrica sia tale che la frazione
inferiore a 500 µm risulti al di sotto del limite inferiore di infiammabilità.
21
In letteratura2 polveri con diametro superiore a 500 µm sono infatti considerate “improbabili come
responsabili dell’inizio di un’esplosione”.
Miscelazione
Questa operazione in genere precede la sezione di macinazione, ma può essere anche successiva (postmiscelazione) ed è in questo ultimo caso da considerarsi come potenzialmente più pericolosa, in quanto le
considerazioni fatte per la sezione precedente non sono più valide a causa della maggiore finezza delle
polveri.
Occorre inoltre prendere in considerazione la presenza di organi in moto all’interno delle apparecchiature
come possibili fonti di possibile innesco dovute a sfregamenti metallo su metallo.
I mulini di miscelazione a pioli ed a rete sono pertanto stati dotati di inertizzazione con Azoto gas per la
prevenzione di eventuali scoppi. Risultano quindi inertizzate e protette anche le apparecchiature di processo
con essi direttamente connessi (miscelatori e filtri).
Filtrazione / Sili di Stoccaggio
L’operazione di filtrazione è da considerarsi potenzialmente più pericolosa soprattutto quando è collocata a
valle di un trasporto pneumatico di prodotto macinato (ad es., a valle dei mulini MicroJet), situazione nella
quale le polveri hanno una maggiore finezza.
Quando il prodotto macinato ricade dal filtro in un silo di stoccaggio od in un miscelatore si ha infatti una
sospensione di polveri in aria crea una nube, condizione in cui è facile rientrare nel campo di esplodibilità.
Anche per i sili occorre tenere conto della presenza di fonti di possibile innesco dovute a sfregamenti metallo
su metallo di eventuali organi in moto interni (mescolatori o coclee di omogeneizzazione).
Dettagli costruttivi delle apparecchiature di linea
La Linea 3 tipo assunta a riferimento presenta le seguenti caratteristiche dimensionali delle apparecchiature
principali interessate dalla presenza di polveri esplosive
¾ Carica in tramoggia + miscelatore MP001
¾ Passaggio in tramoggia di raccolta della polvere miscelata
¾ Abbattimento delle aspirazioni delle tramogge in ciclone FA011
¾ Macinatura con mulino K001, inertizzato con Azoto
¾ Trasferimento in tramoggia, dotata di filtro, che costituisce un corpo unico col mulino K001 e sono quindi
anch’esse inertizzate con Azoto:
Tramoggia
2
P. FIELD “Dust Explosions” Elsevier 1982
22
¾
Abbattimento in ciclone (direttamente o attraverso piatto di micronizzazione) FA007, con propria
superficie di sfogo già installata Φ = 500 mm:
Portello
flangiato per
Portello di
scoppio già
¾
Post miscelazione in P63, dotato di ampia apertura di sfogo verso la tramoggia:
Funge da
superficie di
sfogo 450x900
mm
¾
Stoccaggio del prodotto finito nei sili SIL001 e SIL002, entrambi inertizzati con Azoto:
Sili prodotto
23
Verifica del dimensionamento delle superfici di scoppio
Per effettuare la verifica delle superfici di scoppio necessarie per gli apparecchiature di processo inetressate
dalla presenza di polveri esplosive indicati nel paragrafo precedente sono state utilizzate le Norme VDI
3673.3
L’equazione di dimensionamento, valida per concentrazione delle polveri omogenea (soluzione
conservativa) è la seguente:
−0,569
A = 3,264⋅10−5 ⋅ pmax ⋅ KSt ⋅ pred
⋅V 0,753
dove:
A
Pred
V
Pmax
KSt
area di sfogo (espressa in m²)
massima pressione raggiunta all'interno del vessel (in barg)
volume della miscela polvere/aria (in m³)
massima pressione d’esplosione (in barg)
parametro della legge cubica (in bar m/s)
I parametri adottati sono i seguenti:
− pressione di apertura della superficie di scoppio pari a 0,1 barg;
− pressione massima in caso di esplosione con apertura dello sfogo pari a 0,3 barg;
− classe delle polveri pari a St1.
La pressione massima sopportabile dagli apparecchi non è un parametro molto facile da determinare (tutti gli
apparecchi sono progettati per funzionare a pressione atmosferica) e quindi il valore è stato assunto
basandosi su uno studio (Marcolin– Esplosioni di polveri: simulazione di una deflagrazione in un silo per
stoccaggio di fitofarmaci – Università degli Studi di Padova- Facoltà di Ingegneria – Dipartimento di
Ingegneria Meccanica, in Vgr2k – Pisa, 2000) che fornisce le tensioni per diverse pressioni statiche applicate
ad un tipico silo da prodotti fitofarmaci con spessore della parete pari a 3 mm:
Pressione statica [barg ]
0,2
0,25
0,3
σMAX [MPa]
142
166
179
questo valore di σMAX viene confrontato con il valore di 250 MPa pari Rp1.0 di scostamento dalla
proporzionalità per un acciaio austenitico (= 225 MPa ) maggiorato del 10% (secondo la VDI 2263 Part 3).
Dal confronto si nota che l’apparecchio è “resistente all’esplosione” fino ad una pressione residua pari a 0,3
barg è tollerata.
Tale a valore viene quindi assunto per la determinazione della minima superficie di sfogo necessaria, in
assenza di inertizzazione.
Al valore di A ricavato dalla formula citata in precedenza bisogna aggiungere un incremento ∆AH quando il
rapporto H/D dell’apparecchiatura è maggiore di 2.
∆AH = A(−4,305⋅ log pred + 0,758) ⋅ log
H
D
Le conclusioni di queste verifiche sono riassunte nella Tabella 1 seguente.
Alla luce di tali risultati, per aumentare la sicurezza degli impianti si è provveduto a realizzare delle adeguate
superfici di scoppio, ove tecnicamente possibile, od a garantire una inertizzazione, perlomeno per le
apparecchiature che operano più frequentemente con polveri potenzialmente esplosive ed a valle di sezioni
di macinazione.
3
VDI 3673 Blatt 1 Druckentlastung von Staubexplosionen — Pressure Venting of Dust Explosion VEREIN
DEUTSCHER INGENIEURE Düssldorf 1995
24
Tabella 1 – Dimensionamento superfici di scoppio
Apparecchiature
Linea 1
Postmiscelazione
Silo
Linea 2
Ciclone FA018
Linea 3
Filtro
Filtro
Tramoggia
Ciclone [F66]
Post-Miscelazione
Silo [T65]
Silo [T66]
Post-Miscelazione [P001]
V
[m³]
Pred Pstat Pmax
[barg]
KSt
L D A rich
[m] [m] [m²]
A disp
[m²]
Delta A
[m²]
Note
3,8
28,2
0,3
0,3
0,1
0,1
8
8
150
150
1
7
3
3
0,212
2,305
0,36
0
1,345
Inertizzato con Azoto
4,3
0,3
0,1
8
150
4
2
0,494
0,07
0,424
Senza organi in moto
1,7
1,7
1,65
5,9
9,7
7,2
11,35
2,5
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,3
0,1
0,1
0,1
0,1
0,1
0,1
0,1
0,1
8
8
8
8
8
8
8
8
150
150
150
150
150
150
150
150
2
2
1
4
2
5
6
2
1
1
2
2
2
2
2
1
0,116
0,116
0,113
0,630
0,430
0,847
1,191
0,155
0.116
0.116
0,113
0,2
0.36
0
0
0.2
Inertizzato con Azoto
Inertizzato con Azoto
0,43
Senza organi in moto
0.07 Adeguata la superficie
0,503 Inertizzato con Azoto
0,706 Inertizzato con Azoto
-
Valutazione delle conseguenze dovute a fiamme e pressioni
Lo scarico di una sovrapressione attraverso un dispositivo di sfogo determinata dalla esplosione di polveri è
spesso causa di propagazione di fiamme e di onde di pressione nelle vicinanze del recipiente in cui avviene
l’esplosione.
Ciò è dovuto al fatto che inizialmente vengono espulsi prodotti incombusti dal silo, i quali con la successiva
espulsione di fiamme vengono bruciati. Più basso è il valore di Pstat che aziona il sistema di scarico e
maggiore sarà la lunghezza di questa fiamma.
Essa dipende inoltre dal volume del recipiente e può arrivare in alcuni casi fino a 50 metri.
In letteratura si trovano numerose testimonianze di questo fenomeno che in alcuni casi è stato causa di
vittime.
Bisogna quindi prevedere dei mezzi di protezione da questa propagazione di fiamma.
Le tubature di scarico dei prodotti dell’esplosione possono essere efficaci, ma influiscono molto sulle
dimensioni delle superfici a minore resistenza, in quanto la lunghezza del tubo innalza la Pred all’interno del
recipiente imponendo l’uso di aree più estese per compensare questo aumento.
Se invece non si utilizzano i tubi di scarico, bisogna però valutare l’area che potrebbe essere interessata da
fiamme o da onde di pressione in caso di esplosione.
Per quanto riguarda la lunghezza di fiamma, l’unica equazione empirica fornita dalla normativa è valida per
polveri di classe St-2, ma può comunque fornire un ordine di grandezza:
con le seguenti condizioni:
- 0,3 m³ < V < 10000 m³;
- Pstat ≤ 0.1 bar;
- Pred ≤ 1 bar;
LF,H = 8 V1/3
- pmax ≤ 9 bar;
- 200 bar m/s ≤ Kst ≤ 300 bar m/s;
- distribuzione omogenea;
che applicata, per esempio, alla tramoggia di carico del mulino della Ciclone 2 (4,3 m³) fornisce un valore di
circa 13 m.
Per quanto riguarda gli effetti della il comportamento pressione-tempo all’esterno del recipiente è
caratterizzato da due picchi: uno causato dal processo di scarico delle sovrappressioni (esplosione
primaria), l’altro dall’ignizione della miscela aria/polvere che si viene a creare all’esterno (esplosione
secondaria).
Sono entrambi influenzati dall’indice di deflagrazione della polvere KSt.
Per l’esempio preso in precedenza si avrebbe:
Pmax,a = 0,2 Pred A0.1 V0.18 = 0.07 bar
valida tuttavia per un recipiente quasi-cubico con distribuzione omogenea della polvere, protetto mediante
dischi di rottura, ad una distanza pari ad una distanza dall’area di scarico
RS = 0.25 LF,H = 3 m
25
Conclusioni
Le apparecchiature nelle quali il rischio di esplosione è maggiore sono quelle in cui si verificano queste
condizioni:
- più frequente lavorazione con polveri potenzialmente esplosive, classificate almeno St1;
- macinazione con mulini Jet o Mikropul per ottenere polveri micronizzate con una elevata frazione con
diametro < 500 µm;
- assenza di inertizzazione;
- assenza di adeguate superfici di sfogo della sovrapressione.
In tali apparecchiature è consigliabile pertanto l’inertizzazione con Azoto delle sezioni di macinazione (mulini
meccanici e silo di stoccaggio).
In alternativa, si è provveduto a realizzare le superfici di scoppio, di adeguata ove mancanti.
La sicurezza di coloro i quali devono lavorare intorno alle apparecchiature pericolose è salvaguardata
mediante procedure specifiche per il comportamento nelle situazioni di pericolo derivanti da eventuali incendi
conseguenti allo scoppio e per la bonifica dell’ambiente di lavoro interessato dal rilascio di polveri dalle
superfici di sfogo.
Le conclusioni dell’analisi di esplosività delle polveri sono qui sintetizzate in Tabella 2, in cui sono riportati i
requisiti teorici di apertura di superfici di sfogo e le misure di sicurezza esistenti, indicando ove necessario, le
misure di prevenzione alternative (inertizzazione con Azoto).
Nel caso dei due cicloni FA018 e FA007 in cui né la inertizzazione, né la realizzazione di adeguate superfici
di sfogo risulta tecnicamente possibile, si ritiene comunque accettabile la situazione in quanto non esistono
al loro interno organi in moto e prevedibili fonti di innesco delle polveri.
Tabella 2 - Misure di sicurezza nelle apparecchiature interessate dalla presenza di poveri esplosive.
Impianto
Linea 1
Nome e sigla
apparecchiature
Post-Miscelatore
Silo SIL003
Misura di sicurezza
Idonea superficie di sfogo
verso la tramoggia di carico
(0.36 mq)
Inertizzato con Azoto
2,305
Ciclone FA018
Linea 3
Filtro FA011
0,116
Filtro FA009
Tramoggia
0,116
0,113
Post-Miscelatore MP003
Silo SIL001
Silo SIL002
Post-Miscelatore
0,494
Installata superficie di scoppio
da Φ 500 mm (0.2 mq)
Superficie di sfogo verso la
tramoggia di carico (0.36 mq)
0,630
Inertizzato con Azoto
Inertizzato con Azoto
Idonea superficie di sfogo
verso la tramoggia di carico
(0.2 mq)
0,847
1,191
0,155
26
Note
0,212
Linea 2
Ciclone FA007
Installata superficie di scoppio
da Φ 300 mm (0.07 mq)
A sfogo
richiesta Tab. 1
[m²]
0,430
Assenza di organi in
movimento
A monte del mulino e
quindi senza polveri fini
Costituiscono un corpo
unico con mulino K001
inertizzato con Azoto
Assenza di organi in
movimento
La superficie di sfogo
disponibile è adeguata ad
evitare lo scoppio