La classe politica regionale in Calabria

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La classe politica regionale in Calabria
XXIX CONVEGNO SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZA POLITICA
Università della Calabria, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
Arcavacata di Rende (Cosenza)
10-12 settembre 2015
Sezione Studi regionali e politiche locali
(panel congiunto con la sezione Sistema politico italiano)
Panel 10.2:
Dalle elezioni alle istituzioni regionali: come cambia la classe politica regionale?
Chairs: Maurizio Cerruto and Selena Grimaldi
Discussant: Luca Verzichelli
La classe politica regionale in Calabria (1970-2014):
come (non) cambia la classe politica regionale
Maurizio Cerruto ([email protected]), Roberto De Luca ([email protected])
Abstract:
La Regione Calabria si è trovata a dover anticipare di qualche mese, rispetto alla scadenza naturale della primavera
2015, l’elezione per il rinnovo del consiglio e della giunta. Come già successo in altre regioni, era stato l’intervento
della magistratura a provocare il voto anticipato: il presidente della giunta regionale in carica, Giuseppe Scopelliti, era
stato costretto alle dimissioni da una sentenza, in primo grado, di condanna a 6 anni e interdizione perpetua dai pubblici
uffici per abuso d’ufficio nell’esercizio della carica di sindaco della città di Reggio Calabria. Per effetto della Legge
Severino, Scopelliti sospeso per 18 mesi dal consiglio regionale, decide presentando le sue dimissioni da presidente di
far decadere giunta e consiglio. Lo scioglimento anticipato ha preso in contropiede i consiglieri che avevano l’obbligo
di adeguare lo statuto – e, conseguentemente, la legge elettorale – alle norme statali in materia di riduzione del numero
dei membri del consiglio medesimo. La riduzione alquanto drastica del numero dei consiglieri da 50 a 31 lasciava
presagire una lotta all’ultimo voto fra i candidati, in particolare, tra i consiglieri uscenti ricandidatisi in conseguenza
della maggiore visibilità ottenuta sul territorio della circoscrizione per la loro attività istituzionale. In questo paper
vengono proposti alcuni elementi di analisi dell’esito della consultazione elettorale e, soprattutto, della fisionomia della
classe politica regionale calabrese prendendo in considerazione indicatori relativi ai processi di selezione (a partire dalle
primarie del centro-sinistra e del M5s), ai tassi di ricambio, alle caratteristiche socio-demografiche, alle precedenti
attività professionali e politiche dei consiglieri regionali eletti, confrontandoli con le precedenti legislature regionali.
L’elezione del novembre 2014 ha rappresentato una occasione di rinnovamento e discontinuità per il ceto politico
calabrese o l’ennesima occasione perduta? A fronte del mutamento della legge elettorale e nel quadro di una
competizione che si presentava quadripolare mutano o no le caratteristiche degli eletti /e?
First draft
1
La classe politica regionale in Calabria (1970-2014):
come (non) cambia la classe politica regionale
Maurizio Cerruto ([email protected]), Roberto De Luca ([email protected])
1. Premessa
La Regione Calabria si è trovata a dovere anticipare di qualche mese, rispetto alla scadenza
naturale della primavera 2015, l’elezione per il rinnovo del consiglio e della giunta. Come già
successo in altre regioni1, era stato l’intervento della magistratura a provocare il voto anticipato. Nel
caso calabrese, il presidente della giunta regionale in carica, Giuseppe Scopelliti, era stato costretto
alle dimissioni da una sentenza, in primo grado, di condanna a 6 anni e interdizione perpetua dai
pubblici uffici per abuso d’ufficio nell’esercizio della carica di sindaco della città di Reggio
Calabria 2 . Scopelliti aveva anticipato l’effetto della “Legge Severino” - una sospensione
dall’incarico per 18 mesi - decidendo di dimettersi da presidente provocando la decadenza di giunta
e consiglio.
Lo scioglimento anticipato del consiglio ha, però, preso in contropiede i consiglieri che avevano
l’obbligo di adeguare lo statuto – e, conseguentemente, la legge elettorale – alle norme statali in
materia di riduzione del numero dei membri del consiglio medesimo. Per cui il consiglio ha dovuto,
comunque, lavorare nella fretta del tempo ormai scaduto. Nel consiglio del 3 giugno 2014, con
all’ordine del giorno la seconda lettura del testo di modifica dello statuto regionale con il quale
viene adeguata la composizione di consiglio e giunta, viene inserita anche la modifica alla legge
elettorale.
La proposta di legge elettorale modifica il numero dei consiglieri da eleggere (da 50 a 30 più il
presidente della giunta) e riduce le circoscrizioni da 5 a 3, accorpando nella circoscrizione “Centro”
di Catanzaro le due province di Crotone e Vibo Valentia3. Viene, inoltre, cancellata la possibilità di
dare un voto disgiunto, cioè per un partito di una coalizione diversa da quella del candidato
presidente prescelto.
Ma la modifica più rilevante e con dubbi profili di costituzionalità, approvata dalla sola
maggioranza nel consiglio di giugno, è relativa all’innalzamento della soglia di sbarramento al 15%
sia per le liste regionali che per le coalizioni nell’intera regione. Tale norma sembrava essere
studiata volutamente per evitare un nuovo scenario all’interno del consiglio con l’ingresso
consistente di consiglieri del M5S. Questa legge regionale, approvata dalla sola maggioranza il 6
giugno 2014, veniva dapprima impugnata dal governo davanti alla Corte Costituzionale,
successivamente il Governo rinunciava in conseguenza della ulteriore modifica apportata alla legge
dal consiglio regionale in data 11 settembre 2014. Con quest’ultima modifica viene abbassata la
soglia di sbarramento per le coalizioni e le liste regionali all’8% e introdotto qualche altro lieve
ritocco. Con questa legge si va alle elezioni, lasciando esattamente come nelle elezioni precedenti
irrisolte alcune delle questioni discusse nell’ultima legislatura, come, ad esempio, la rappresentanza
di genere e la rappresentanza territoriale delle piccole province4.
1
Nel 2013 e 2014, oltre che in Calabria e Emilia Romagna in questa tornata, si è votato per il rinnovo dei consigli
regionali, per lo scioglimento anticipato dell’assemblea, in Abruzzo, Basilicata, Lazio, Lombardia, Molise e Piemonte.
2
La vicenda giudiziaria, nota come “caso Fallara”, riguarda una serie di irregolarità compiute dalla dirigente del settore
Finanze e Tributi del Comune di Reggio Calabria e avallate dal sindaco in carica, Giuseppe Scopelliti. La Fallara,
indagata, si toglierà la vita. Si veda su tutta la vicenda il volume Baldessarro G. e Ursini G. (2012), Il caso Fallara
Storia del “modello Reggio” e del suo tragico epilogo, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria.
3
In pratica si ritorna alla suddivisione territoriale della regione prima del 1992 quando furono istituite le nuove
province di Crotone e Vibo Valentia, da una ripartizione del territorio provinciale di Catanzaro. Inoltre nella
circoscrizione Centro “le liste elettorali devono essere composte, a pena di inammissibilità, in modo che ci sia almeno
un candidato residente per ciascuna delle province corrispondenti”.
4
Per quanto riguarda la distribuzione territoriale degli eletti del 2014, Cosenza ha 12 eletti compreso il presidente,
Reggio Calabria 9, Catanzaro 5, Crotone 1 e Vibo Valentia 4. Proprio la provincia di Vibo ha la più nutrita
2
La riduzione alquanto drastica del numero dei consiglieri regionali da 50 a 31 lasciava presagire
una lotta all’ultimo voto fra i candidati più accreditati, e fra questi sono da annoverare, senza alcun
dubbio, i consiglieri uscenti, in conseguenza della maggiore visibilità ottenuta sul territorio della
circoscrizione per la loro attività istituzionale. La lotta quasi tutta interna alle singole liste e alle
coalizioni ha però lasciato fuori dal consiglio una buona parte dei consiglieri eletti in precedenza.
Solo 9 dei 31 consiglieri erano stati in precedenza nell’assemblea regionale calabrese. E solo tre
degli assessori uscenti sono stati rieletti, anche perché la riduzione del numero di consiglieri ha
limitato di molto, rispetto alla passata legislatura, la rappresentanza della nuova opposizione di
centrodestra. Nel centrosinistra, si è giocata invece la carta del rinnovamento escludendo i candidati
uscenti del PD che avevano al loro attivo già due legislature.
Il rinnovamento non ha però significato l’ingresso di molti giovani nel palazzo della massima
assise elettiva regionale. C’è stato, come vedremo, un lieve abbassamento dell’età media dei
consiglieri ma come “giovani” non abbiamo alcun consigliere sotto i 30 anni e appena 6 tra i 31 e i
40 anni.
Analizzando, il curriculum degli eletti vedremo che l’approdo in consiglio regionali per molti
continua ad essere il corollario di un percorso quasi sempre nel partito, o nel sindacato. Per
qualcuno non sempre è stato lo stesso partito, a parte i cambiamenti di sigle avvenuti in questi
ultimi anni, che ha favorito l’ascesa nel consiglio regionale. E molti degli eletti in precedenza
avevano rivestito ruoli importanti nella politica locale da sindaco, da consigliere o da assessore
provinciale. Avere una platea larga di potenziali elettori era infatti la condizione per poter
competere in una gara con avversari di primo piano.
In questa competizione per la conquista di consensi sembrano essere quasi escluse le donne. Fra i
360 candidati solo una donna riesce ad essere eletta e pochissime possono essere considerate
effettivamente in competizione. L’unica donna eletta, tra l’altro è figlia di un ex assessore regionale
e dirigente sindacale. E probabilmente il patrimonio familiare di conoscenze è stato utile per la
conquista di un seggio, l’unico della provincia di Crotone, accorpata elettoralmente alla
circoscrizione di Catanzaro.
In questo paper vengono proposti alcuni elementi di analisi dell’esito della consultazione
elettorale e, soprattutto, della fisionomia della classe politica regionale calabrese prendendo in
considerazione indicatori relativi ai processi di selezione e alle principali aree sociali di
reclutamento dei diversi partiti, ai tassi di ricambio, alle caratteristiche socio-demografiche, alle
precedenti attività professionali e politiche dei consiglieri regionali eletti, confrontandoli con le
precedenti legislature regionali. L’elezione del novembre 2014 ha rappresentato una occasione di
rinnovamento e discontinuità per il ceto politico calabrese o l’ennesima occasione perduta? A fronte
del mutamento della legge elettorale e nel quadro di una competizione che si presentava
quadripolare mutano o no le caratteristiche degli eletti /e?
2. La rappresentanza di genere
Come sottolinea Hazan (2006, 179-180): “Indipendentemente dalle restrizioni sulle candidature,
l’inclusività nel selettorato, il livello di decentramento e l’adozione di un sistema a votazione, si
possono avanzare due generalizzazioni in merito al tipo di candidati che sono prodotti dai vari
metodi di selezione: i candidati uscenti sono sempre avvantaggiati e le donne svantaggiate”.
In particolare, le donne trovano barriere all’entrata tanto al livello di selezione delle candidature
quanto al livello elettorale. La situazione del consiglio regionale calabrese è caratterizzata da questo
rappresentanza in rapporto agli abitanti, a scapito della provincia di Catanzaro. La norma elettorale introdotta
nell’ultima modifica del sistema sull’obbligo di inserire nella circoscrizione Centro almeno un candidato residente di
ogni provincia, è stata superata dalla pratica, nel senso che una provincia, quella di Vibo, che in teoria non doveva avere
più di due consiglieri in rapporto alla popolazione da rappresentare, ne ha ottenuto ben 4 per effetto della favorevole
condizione dei candidati vibonesi dislocati nelle diverse liste.
3
punto di vista da uno scarsissimo peso della componente femminile: 17 donne nelle dieci
legislature, e tenendo conto che due sono state presenti per due legislature (Ligotti, eletta nel 1980 e
nel 1985 per il Pci e Tavella eletta nel 1990 per Dp e nel 1995 per Prc) il dato che emerge è che in
45 anni solo 15 donne hanno fatto ingresso in Consiglio regionale5 (vedi tab. 1).
La VI legislatura aveva aperto una finestra di opportunità (erano state elette 4 donne su 45
consiglieri: Tavella per Prc, Freno e Intrieri per il Cdu e Caporale per An) che si è però
immediatamente richiusa. Il dato congiunturale era, come vedremo, legato al forzato ricambio
intervenuto alla metà degli anni novanta e alla legislazione che incentivava – prima dell’intervento
della Corte Costituzionale – la presenza di donne nelle liste.
Tab. 1 – La distribuzione per genere 1970-2014
Regione Calabria
1970
1975
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
2014
Totale
Donne
0
0
46
100,0
46
100,0
2,8
0
0
47
100,0
47
100,0
3,8
3
6,0
47
94,0
50
100,0
6,5
2
4,5
42
95,5
44
100,0
7,5
1
1,9
53
98,1
54
100,0
8,6
4
8,9
41
91,1
45
100,0
13,1
1
1,9
51
98,1
52
100,0
8,5
3
4,7
61
95,3
64
100,0
12,0
2
3,3
58
96,7
60
100,0
11,7
1
3,2
30
96,8
31
100,0
16,9
17
3,4
476
96,6
493
100,0
-
Uomini
Totale
Pres. femm. R.O. %
La presenza femminile presenta però dinamiche differenti se consideriamo separatamente le
prime 5 legislature (1970-1990) e le legislature successive (1995-2014): mentre nel periodo della
cosiddetta Prima Repubblica le donne sono presenti solo all’interno dei partiti della sinistra (4 per il
Pci, 1 per il Psi e 1 per Dp), nella Seconda Repubblica la presenza femminile, pur mantenendosi
esigua, si distribuisce più equamente fra centro-destra e centro-sinistra (vedi figure 1 e 2).
Fig. 1 – La distribuzione per genere nei partiti 1970-1990
120
100
80
60
40
20
0
DC
PCI
PSI
PSDI
MSI
PRI
PLI
DP
PDUP
PSIUP
Donne
0
4
1
0
0
0
0
1
0
0
Uomini
101
51
47
13
12
5
3
1
1
1
5
I consiglieri di genere femminile sono state: Alecci Anna Maria Nadia e Ligotti Maria Teresa del Pci e Carci Ermanna
del Psi nella terza legislatura; Dalla Chiesa Simona e Ligotti Maria Teresa (II) del Pci nella quarta; Tavella Rosa Maria
di Dp nella quinta; Caporale Maria Grazia di An, Freno Antonia Francesca e Intrieri Marilina del Cdu e Tavella Rosa
Maria (II) del Prc nella sesta (record di presenza femminile); Basile Maddalena di An nella settima; Covello Stefania
dei Dl, Frascà Carmela e Lo Moro Doris dei Ds nell’ottava; Albano Gabriella e Minasi Clotilde del Pdl nella nona;
Flora Sculco di Calabria in Rete nella decima.
4
Fig. 2 – La distribuzione per genere nei partiti 1995-2014
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
PDSDS-PD
CCDCDUUDC
DL
UDEUR
FI
AN
PDL
SDI
NUOV
O PSI
PRC
ALTRI
Donne
2
2
1
0
0
2
2
0
0
1
1
Uomini
45
32
12
9
25
23
26
8
7
8
45
Com’è noto, la maggior parte dei sistemi mira ad incrementare la rappresentanza femminile con
due tipi di meccanismi: quote rosa e regole elettorali 6. In Italia, la svolta in questa direzione è
costituita dalla riforma dell’art. 51 della Costituzione (legge costituzionale n. 1 del 2003). La
modifica dell’art. 51 afferma, al primo comma, che: “Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso
possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i
requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari
opportunità tra uomini e donne”. È questa la modifica-integrazione della Costituzione che dà
copertura costituzionale a tutti quei provvedimenti con i quali si volessero garantire forme di
paritaria partecipazione tra uomini e donne7.
La legge n. 215 del 2012, “Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di
genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali”, in particolare, prevede
che le regioni con propria legge disciplinino la “promozione della parità tra uomini e donne
nell’accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di
incentivare l’accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive”.
In questo quadro, le Regioni a statuto ordinario hanno previsto, in tema di tutela della
rappresentanza di genere, due strumenti: la doppia preferenza di genere e le clausole relative alla
composizione delle liste, o “quote rosa” (tab. 2). Quanto alla prima, la doppia preferenza di genere,
è prevista solo in Campania, Emilia Romagna, Toscana e Umbria: l’elettore ha, cioè, a disposizione
6
In Italia, si è tentato di inserire le quote nelle liste elettorali per legge già nel 1993: una norma della legge n. 277 del
1993 (“Nuove norme per l’elezione della Camera dei deputati”) disponeva che le liste presentate ai fini dell’attribuzione
dei seggi in ragione proporzionale (25% del totale) fossero formate da candidati e candidate in ordine alternato. E’
importante ricordare che tali liste erano bloccate, venivano cioè eletti i candidati secondo l’ordine di presentazione
rendendo particolarmente importante l’ordine di inserimento dei candidati all’interno della lista. Norme analoghe erano
contenute nella legge n. 81 del 1993 – relativa all’elezione diretta del sindaco – e nella legge n. 43 del 1995 – relativa
alla elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario. Su questa norma è intervenuta – con una discussa
applicazione del principio della “illegittimità costituzionale consequenziale” – la sentenza della Corte Costituzionale n.
422 del 1995 che l’ha dichiarata costituzionalmente illegittima in rapporto agli articoli 3 e 51 della Costituzione, perché
contrastanti con il principio di eguaglianza sia formale che sostanziale: l’art. 51 allora vigente affermava con nettezza in
relazione all’accesso dei cittadini alle cariche elettive la parità formale (eguaglianza davanti alla legge senza distinzioni
di sesso, art. 3 Cost.) escludendo quindi un’applicazione generalizzata di quella sostanziale.
7
Seguono da lì a poco la legge n. 90 del 2004 relativa alle elezioni dei membri del Parlamento europeo – l’art. 3
prevede che ciascuna lista non possa avere più di due terzi di candidati dello stesso sesso – e il fallimento della proposta
di legge sulle quote rosa. La proposta di legge, “Misure per promuovere le pari opportunità tra uomini e donne
nell’accesso alle cariche elettive” fu bocciata dal Parlamento il 13 ottobre 2005, con voto segreto.
5
due preferenze con la clausola che la seconda potrà essere data solo a un candidato della stessa lista
ma di genere diverso, pena l’annullamento della seconda preferenza.
Tab. 2 – La rappresentanza di genere nelle regioni: quote rosa (o alternanza di genere) nelle liste e doppia preferenza
Piemonte
Lombardia
Veneto
Liguria
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
1
Quote rosa
(o alternanza di genere)
Alternanza di genere
Alternanza di genere
Alternanza di genere
Alternanza di genere
60%
2/3
2/3 liste provinciali; altern. l. reg.
60%
2/3
60%
Candidati di entrambi i sessi
Doppia preferenza
Legge elettorale
-
Disc. statale1
L.r. n. 17 del 2012
L.r. n. 5 del 2012
Disc. statale1
L.r. n. 21 del 2014
L.r. n. 51 del 2014
L.r. n. 4 del 2015
L.r. n. 5 del 2015
L.r. n. 2 del 2005
L.r. n. 9 del 2013
Disc. statale1
L.r. n. 4 del 2009
L.r. n. 7 del 2015
Disc. statale1
L.r. n. 19 del 2014
Sì
Sì
Sì
Sì
-
L. n. 108 del 1968 – l. n. 43 del 1995 – d.l. n. 138 del 2011 conv. in l. n. 148 del 2011
Quanto alle quote rosa: in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana è prevista l’alternanza
di genere nella composizione delle liste (nel caso toscano questa disposizione si applica
esplicitamente sia alle liste circoscrizionali sia agli eventuali listini regionali); in Abruzzo, Umbria e
Puglia si prevede che in ogni lista nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura
superiore al 60% dei candidati; in Campania, Marche e Lazio si prevede che in ogni lista nessuno
dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati; in Calabria (l.r.
n. 1 del 2005 e l.r. n. 19 del 2014) si prevede che “le liste elettorali devono comprendere, a pena di
inammissibilità, candidati di entrambi i sessi”8 (in altri termini, ogni lista provinciale deve avere
almeno una donna candidata!). In Piemonte, Liguria, Molise e Basilicata non è prevista alcuna
tutela per la rappresentanza femminile: in attesa della approvazione della legge elettorale regionale
si vota con la disciplina statale (l. n. 108 del 1968 - l. n. 43 del 1995 - d.l. n. 138 del 2011 conv. l. n.
148 del 2011), come però attualmente in vigore a seguito di sentenze della Corte Costituzionale –
nello specifico, la legge del 1995 prevedeva che le liste non potessero avere più dei due terzi dei
candidati dello stesso genere, ma la sentenza della Corte Costituzionale n. 422 del 1995 ha
dichiarato tale norma illegittima e la composizione delle liste è diventata libera. Come è noto, si
tratta di clausole – ove presenti – molto meno efficaci della doppia preferenza di genere: le quote
funzionano, aumentano la presenza di donne tra gli eletti ma non in modo direttamente
proporzionale.
Con il riferimento alle regole elettorali, è indubbia l’influenza dei sistemi elettorali sulla
rappresentanza di genere: di solito, i sistemi proporzionali consentono di eleggere un numero
maggiore di donne – soprattutto dove i collegi sono ampi (l’ampiezza dei collegi induce i partiti più
grandi a diversificare le loro liste, con l’obiettivo di attrarre i sottogruppi di cui è composto
l’elettorato), vi è una soglia di sbarramento (la soglia riduce l’esistenza di piccoli partiti che in
genere danno alle donne minori possibilità di candidatura e, quindi, di elezione) e la lista è bloccata
(ciò consente ai partiti di predeterminare l’identità, anche di genere, degli eletti) - Brunelli 2006.
8
Art.1, comma 6, l.r. Calabria n. 1 del 7 febbraio 2005.
6
Tab. 3 – Percentuale di donne tra i consiglieri regionali, regioni a statuto ordinario, 1970-2015
Piemonte
Lombardia
Veneto
Liguria
Emilia R.
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
1970
4,0
2,5
2,0
5,0
2,0
4,0
0
2,5
4,0
0
0
0
2,0
0
0
1975
6,7
5,0
1,7
0
4,0
4,0
0
5,0
5,0
2,5
0
3,3
2,0
3,3
0
1980
11,7
6,3
5,0
5,0
8,0
12,0
3,3
10,0
10,0
7,5
0
5,0
5,0
3,3
6,0
1985
13,3
7,5
11,7
15,0
12,0
12,0
3,3
10,0
10,0
5,0
0
3,3
4,0
3,3
4,5
1990
16,7
10,0
10,0
12,5
20,0
12,0
3,3
7,5
6,7
2,5
0
6,7
4,0
0
1,9
1995
16,7
16,7
7,8
15,5
18,0
16,0
16,7
12,5
17,4
10,0
13,3
6,7
12,7
6,7
8,9
2000
15,0
8,7
10,0
7,5
18,0
12,0
16,7
12,5
11,7
2,3
3,3
6,7
0
3,3
1,9
2005
15,9
15,0
10,0
10,0
10,0
24,6
16,7
15,0
16,9
13,3
6,7
8,3
2,9
10,0
4,7
2010
18,3
8,8
6,7
15,0
20,0
19,6
16,1
16,7
15,5
12,5
0
23,3
3,2
0
3,3
2013-15
21,6
18,7
23,5
16,6
34,0
27,5
14,3
20,0
19,6
6,4
14,3
22,0
11,8
0
3,2
Fonte: Bolgherini e Grimaldi 2015
Quanto alla situazione a livello regionale (con sistemi proporzionali con premi di maggioranza)
la situazione varia però da regione a regione. Considerando i dati del periodo 1995-2015, le regioni
si differenziano in almeno tre gruppi: regioni con una presenza femminile superiore al 15% (Emilia
Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio e Piemonte), regioni con una presenza femminile
intorno alla media, 10-15% (Lombardia, Liguria, Veneto e Campania) e regioni con una presenza
femminile molto bassa, inferiore al 10% (Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria). Nel ciclo
elettorale 2013-2015 si va dal 34,0% della regione Emilia Romagna al 3,2% della Calabria (con
nessuna donna eletta in Basilicata) – vedi tab. 3. La media UE-27 per i membri delle assemblee
regionali è del 31%: in Italia la media delle 15 regioni a statuto ordinario oscilla, nel periodo
considerato, intorno al 12,5%.
Il meccanismo della doppia preferenza di genere e delle quote si scontra con altri ostacoli che
limitano, soprattutto, in alcune regioni la presenza femminile. L’accumulazione di risorse politiche
(network personali, rapporti con i gruppi di interesse, rapporti con i quadri e i militanti di partito) e i
costi finanziari della campagna elettorale necessari per competere per le preferenze sono, infatti,
una forte barriera all’entrata delle donne.
3. La forza dell’incumbency
Un secondo aspetto che bisogna prendere in considerazione riguarda l’intensità del ricambio o
della stabilità delle posizioni all’interno dei consigli regionali. Se fino al 1990, in presenza di un
sistema elettorale perfettamente proporzionale e di una limitata mobilità degli elettori, il tasso di
ricambio era determinato in larga misura dai cambiamenti del mercato elettorale interno ai partiti
(come era più ricorrente nel caso della Dc) o dalle decisioni della dirigenza (come accadeva più
spesso nel caso del Pci), dal 1995 in poi un sistema proporzionale con premio di maggioranza ha
indotto cambiamenti più repentini nella distribuzione dei seggi tra i partiti, imponendo un più
intenso turn-over soprattutto in occasione delle alternanze (Cerruto 2013). In particolare, le elezioni
del 1995, le prime svoltesi con il nuovo sistema e nel quadro di una destrutturazione dei sistemi
partitici, anche regionali, hanno portato a una massiccia sostituzione dei legislatori con un tasso di
ricambio che nel caso calabrese ha superato il 75%, in linea con la media nazionale (76%).
La forza dell’incumbency (il vantaggio della visibilità e delle risorse organizzative di cui godono
gli eletti in carica) ha poi progressivamente ridotto i margini per l’entrata di nuovi competitori. Così
nel 2000 il ricambio scende, grazie anche alla riconferma del centro-destra al governo della regione,
di ben 20 punti percentuali, al 57,7%. Risale al 62,5% nel 2005, a concorrere al maggiore ricambio
almeno due fattori: l’alternanza al governo (con la vittoria del centro-sinistra) e l’incremento del
7
numero complessivo dei seggi (che in occasione delle modifiche allo statuto passano da 42 a 50) –
vedi tab. 4.
Tab. 4 - Tassi di ricambio, regione Calabria e Media regioni a statuto ordinario, 1970-2014
Regione Calabria
Consiglieri
Subentranti
Totale
Riconfermati
Ricambio Calabria
Ricambio R.O.
1970
1975
1980
1985
1990
40
6
46
-
40
7
47
27
57,4
4,6
41,4
40
10
50
24
48,0
52,0
50,7
40
4
44
21
47,7
52,3
51,4
40
14
54
24
44,4
55,6
55,4
-
1995
(cd)
42
3
45
11
24,4
75,6
76,0
2000
(cd)
43
9
52
22
42,3
57,7
59,0
2005
(cs)
50
14
64
24
37,5
62,5
53,4
2010
(cd)
50
10
60
31
51,7
48,3
63,0
2014
(cs)
31
31
9
29,0
71,0
-
Totale
416
77
493
193
39,1
60,9
56,3
È interessante, però, guardare più a fondo tra i consiglieri, rispettivamente, ricandidati e
riconfermati in consiglio regionale. Il numero di ricandidati supera in media ad ogni legislatura il
60% degli uscenti, con punte dell’80,4% nel 1975 e addirittura dell’86,7% nel 2000: se, in media, il
61,7% dei consiglieri uscenti si ricandida, il 39,1% viene riconfermato.
Una ulteriore dimensione da analizzare riguarda la “lealtà”, o per contro la probabilità di
“defezione” dei consiglieri rispetto alla lista di appartenenza al momento della prima elezione, in
breve ci si riferisce al fenomeno del cosiddetto trasformismo, fenomeno particolarmente accentuato
in Calabria (vedi tabella 5). La percentuale di ricandidati sleali oscilla intorno al 12,8%, quella dei
riconfermati sleali intorno al 5,5% degli uscenti. Ma se la situazione delle prime 5 legislature, con
un quadro politico più stabile e partiti che controllavano ancora se non la formazione certamente la
selezione dei consiglieri, è fisiologica (i ricandidati sleali non superano il 10% degli uscenti - 4,3%
nel 1975, nessuno nel 1980 e nel 1985, il 9,1% nel 1990) la situazione cambia radicalmente a partire
dal 1995.
Tab. 5 – Ricandidati sleali e riconfermati sleali, valori ass. e in % degli uscenti
Consiglieri
Ricandidati
Ricandidati sleali
Riconfermati
Riconfermati sleali
1975
47
1980
50
1985
44
1990
54
1995
45
2000
52
2005
64
2010
60
2014
31
Totale
493
100,0
37
80,4
32
68,1
26
52,0
34
77,3
24
44,4
39
86,7
37
71,2
45
70,3
30
50,0
304
61,7
2
4,3
0
0
0
0
4
9,1
5
9,3
16
35,6
9
17,3
12
18,8
15
25,0
63
12,8
7
58,7
24
51,1
21
42,0
24
54,5
11
20,4
22
48,9
24
46,2
31
48,4
9
15,0
193
39,1
1
2,2
0
0
0
0
2
4,5
1
1,9
7
15,6
5
9,6
9
14,1
2
3,3
27
5,5
Regione Calabria
A partire dalla VI legislatura il numero di consiglieri che si ricandidano in un altro partito
rispetto alla legislatura precedente, o addirittura in un’altra coalizione cresce senza soluzione di
continuità fino alla ultima elezione regionale caratterizzata da una vasta gamma di possibili
situazioni (tabb. 6 e 7): “campioni delle preferenze” che si ricandidano in un partito diverso facente
parte della stessa coalizione (4 casi), in un partito che sostiene una diversa coalizione (12 casi), o
ancora campioni delle preferenze – non ricandidati – che appoggiano altri “campioni delle
8
preferenze” dello stesso partito (1 caso: Battaglia, Pd → Irto, Pd), di un partito diverso facente parte
della stessa coalizione (4 casi: Bova, Pd → D’Agostino, Oliverio Presidente; Crinò P., Scopelliti
Presidente → Crinò F., Casa della Libertà; Caridi, Pdl → Cannizzaro, Casa della Libertà; De
Gaetano, Prc-Pdci → Romeo, Pd), o di una diversa coalizione (1 caso: Bilardi, Scopelliti Presidente
→ Arruzzolo, Ncd) – vedi Emanuele e Marino 2015.
Tabella 6 – Ricandidati, ricandidati sleali, sleali al partito, sleali alla coalizione
Consiglieri
Ricandidati
Ricandidati sleali
1995
45
2000
52
2005
64
2010
60
2014
31
Totale
252
100,0
24
44,4
39
86,7
37
71,2
45
70,3
30
50,0
175
69,4
Regione Calabria
5
Ricandidati sleali
partito
-
Ricandidati sleali
coalizione
-
16
7
9
10
8
2
12
4
8
16
4
12
57
22,6
21
8,3
31
12,3
I casi di ricandidati sleali sono 5 nel 1995, ma diventano 16 su 45 uscenti nel 2000 (7 sleali verso
il partito, 9 verso la coalizione), 10 su 52 uscenti nel 2005 (8 sleali verso il partito, 2 verso la
coalizione), 12 su 64 uscenti nel 2010 (4 sleali verso il partito, 8 verso la coalizione), 16 su 60
uscenti nel 2014 (4 sleali verso il partito, ben 12 verso la coalizione); con 7 riconfermati sleali nel
2000, 5 nel 2005, 9 nel 2010 e solo 2 nel 2014 (vedi tab. 7 e infra paragrafo 6).
Tabella 7 – Ricandidati sleali ed eventuale riconferma
Consiliature
1975
1990
1995
2000
2005
Consiglieri
Torchia Giuseppe
Valentini Scipione
Araniti Pietro
Di Nitto Aniello
Mallamaci Benedetto
Reale Italo
Donnici Beniamino
Gentile Giuseppe
Ielacqua Oscar
Lavorato Fabiano
Vecchio Salvatore
Aiello Pietro
Chizzoniti Aurelio
Conforti Serafino
De Paola Luigi
Filippelli Nicodemo
Freno Antonia F.
Gentile Giuseppe
Intrieri Marilina
Laudadio Francesco
Mangialavori Antonio
Perfetti Pasquilino
Pirillo Mario
Stancato Sergio
Torchia Giuseppe
Trematerra Luigi
Tripodi Michelangelo
Crea Domenico
Gagliardi Mario
Morrone Giuseppe
Napoli Giuseppe
Occhiuto Roberto
Pezzimenti Giuseppe
Lista
Pli
Psi
Psi
Psi
Psi
Verdi
Progressisti
Pri
Ccd
Socialdemocrazia
Pri
Fi
Patto Segni
Sdi
Pdci
Udeur
Ri
Fi
Ds
Ds
Fi
Calabria Democratica
Udeur
Patto Segni
Udeur
Per la Calabria
Pdci
Dl
Fi
Udeur
Unità Socialista
Udc
Udeur
Partito-lista di provenienza
consiliatura precedente
Psi
Psiup
Pri
Psdi
Psdi
Dp
Msi-Dn
Psi
Psdi
Dc
Dc
Ccd-Ccd
Soc. It.-Patto dei Democratici
Ccd-Ccd
Prc-Prc
Fi-Fi Polo Popolare
Ccd-Lista reg. centro-destra
Pri-Pri
Cdu-Lista reg. centro-destra
Laburisti-Progressisti
An-An
Cdu-Fi Polo Popolare
Cdu-Fi Polo Popolare
Ccd-Ccd
Fi-Fi Polo Popolare
Ccd-Lista reg. centro-destra
Prc-Prc
Ccd-Ccd
Ccd-Ccd
I Democratici-I Democratici
Ds-Ds
Fi-Fi
Liberal Sgarbi-Liberal Sgarbi
Riconferma
R
NR
NR
R
R
NR
NR
R
NR
NR
NR
R
NR
NR
NR
NR
NR
R
NR
NR
R
NR
R
NR
R
R
R
R
NR
R
NR
R
NR
9
2010
2014
Pirillo Mario
Senatore Pietro
Tripodi Pasquale
Vescio Salvatore
Cherubino Cosimo
Chiappetta Gianpaolo
Chiarella Egidio
Magarò Salvatore
Morrone Giuseppe
Nucera Giovanni
Pacenza Francesco
Racco Luciano
Serra Giulio
Talarico Domenico
Tallini Domenico
Tripodi Pasquale
Bruni Ottavio
Bulzomì Salvatore
Ciconte Vincenzo
De Masi Egidio
Fedele Luigi
Franchino Mario
Gallo Gianluca
Gentile Giuseppe
Giordano Giuseppe
Grillo Alfonso
Imbalzano Candeloro
Magarò Salvatore
Minasi Clotilde
Mirabelli Rosario
Talarico Domenico
Tripodi Pasquale
Dl
Fi
Udeur
Lista Abramo-Pri
Pdl
Pdl
Alleanza per la Cal. cs
Scopelliti Presidente
Pdl
Pdl
Pdl
Pd
Insieme per la Cal. cd
Idv
Pdl
Udc
Udc
Fi
Pd
Oliverio Presidente
Ncd
Pd
Casa della Libertà
Ncd
Pd
Ncd
Ncd
Calabria in rete cs
CdL
Oliverio Presidente
Oliverio Presidente
Centro Democratico cs
Udeur-Udeur
Cdu-Cdu
Sdi-Sdi
Fi
Sdi Unità Soc.-Sdi Unità Soc.
Udc-Udc
An-An
Sdi Unità Soc.-L’Unione
Udeur-Udeur cs
Udc-Udc
Udc-Udc
Nuovo Psi-Nuovo Psi cd
Udeur-Udeur
Ds-Ds
Udeur-Udeur
Udeur-Udeur
Aut. e Diritti-Aut. e Diritti
Udc-Udc
Aut. e Diritti-Aut. e Diritti
Idv-Idv
Pdl-Pdl
Aut. e Diritti-Aut. e Diritti
Udc-Udc
Pdl-Pdl
Idv-Idv
Scopelliti Pres.-Scopelliti Pres.
Scopelliti Pres.-Scopelliti Pres.
Scopelliti Pres.-Scopelliti Pres.
Pdl
Aut. e Diritti-Aut. e Diritti
Idv-Idv
Udc-Udc
R
NR
R
NR
NR
R
NR
R
R
R
R
NR
R
R
R
R
NR
NR
R
NR
NR
NR
NR
R
NR
NR
NR
NR
NR
NR
NR
NR
Al tasso di ricambio fa da pendant un tasso di permanenza in consiglio nelle diverse legislature
che vede una forte polarizzazione tra un ampio gruppo di consiglieri che hanno una presenza
limitata ad appena una o al massimo due legislature (rispettivamente 164 e 88) ed una sottoclasse
che mostra una elevata professionalizzazione (o specializzazione): 40 consiglieri sono eletti tre
volte, 7 per 4 legislature, 4 per 5 legislature e addirittura 2 per ben 6 legislature, dei “sopravvissuti”
della Prima Repubblica (vedi tab. 8).
Tab. 8 – Tassi di permanenza, 1970-2014
Consiliature
Consiglieri
Centro-sinistra
Centro-destra
1
2
3
4
5
6
Totale
164
53,8
81
54,7
83
52,8
88
28,8
48
32,4
40
25,5
40
13,1
13
8,8
27
17,2
7
2,3
2
1,4
5
3,2
4
1,3
4
2,7
0
0
2
0,7
0
0
2
1,3
305
100,0
148
100,0
157
100,0
I consiglieri regionali più radicati e con un solido bagaglio elettorale, riescono a farsi rieleggere,
magari per più legislature, e magari transitando da un partito all’altro, se non addirittura da una
coalizione all’altra, portandosi dietro il loro seguito di consenso personale, facendone elevare però
al contempo l’età media dei consiglieri (vedi tab. 9).
In particolare, se nel periodo 1970-1990, in un quadro politico più stabile, le fasce di età più
rappresentate sono quelle centrali in virtù probabilmente di un ricambio maggiormente “governato”
dai partiti. Nel periodo successivo al 1995 il quadro si complica, la tendenza al ricambio continua a
decrescere, confermando che dopo il forzato ricambio della metà degli anni novanta e l’immissione
di una quota di ‘nuovi’ consiglieri regionali, c’è una tendenza al riconsolidamento di una classe
consiliare proveniente dai ranghi delle professioni politiche, in una fase intermedia o avanzata della
carriera: cresce cioè il grado di professionalizzazione (o specializzazione) della classe politica
10
regionale (Vassallo e Cerruto 2007). Lo si evince dalla crescita pressoché generalizzata dell’età
media (vedi tab. 9) così come dalle principali aree sociali di reclutamento dei consiglieri (vedi infra
par. 4).
Tab. 9 – Consiglieri per classi d’età ed età media
Regione Calabria
1970
1975
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
2014
Totale
fino a 30 anni
Età media Cal.
0
0
9
19,6
24
52,2
11
23,9
2
4,3
46
100,0
n.d.
0
0
11
23,4
19
40,4
15
31,9
2
4,3
47
100,0
n.d.
1
2,0
15
30,0
18
36,0
14
28,0
2
4,0
50
100,0
n.d.
0
0
8
18,2
26
59,1
7
15,9
3
6,8
44
100,0
n.d.
2
3,7
6
11,1
22
40,7
23
42,6
1
1,9
54
100,0
47,0
1
2,2
14
31,1
12
26,7
16
35,6
2
4,4
45
100,0
46,9
0
0
5
9,6
24
46,2
17
32,7
6
11,5
52
100,0
49,6
1
1,5
7
10,9
25
39,1
22
34,4
9
14,1
64
100,0
50,6
0
0
5
8,3
16
26,7
27
45,0
12
20,0
60
100,0
52,9
0
0
6
19,4
11
35,5
9
29,0
5
16,1
31
100,0
49,5
5
1,0
86
17,4
197
40,0
161
32,7
44
8,9
493
100,0
-
Media R.O.
1970-2005
151
2,6
1.121
19,1
2.728
46,5
1.570
26,7
300
5,1
5.870
100,0
-
Età media R.O.
45,3
46,8
46,8
46,9
47,1
45,2
47,6
48,9
49,0
n.d.
-
-
31-40
41-50
51-60
oltre 60 anni
Totale
Fig. 3 – Classi di età, valori assoluti
250
200
150
100
50
0
Classi di età
Fino a 30
31-40
41-50
51-60
oltre 60
5
86
197
161
44
4. Le principali aree sociali di reclutamento
Informazioni molto significative sulle qualità degli eletti in Consiglio regionale possono essere
colte dall’analisi dei dati relativi alla professione svolta dai consiglieri regionali (tab. 11). La figura
professionale più ricorrente fra i 493 consiglieri è quella degli impiegati, anche se assieme alla
categoria dei docenti-insegnanti sono quella che ha avvertito il calo più consistente nelle legislature
dal 1995 in poi (vedi fig. 4), seguono i funzionari di partito e sindacalisti (questa categoria, dopo
aver registrato un andamento sostanzialmente crescente per le prime 5 legislature, vede un netto
calo delle presenze nella VI legislatura, ma già dalla tornata elettorale successiva la presenza
all’interno del Consiglio di funzionari di partito e sindacato è in ascesa fino a raggiungere nella
legislatura in corso livelli di presenza addirittura superiori a quelli del 1990; fenomeno questo
legato al ruolo di sempre maggiore importanza assunto all’interno dei partiti dagli eletti, che
controllano la selezione delle candidature e la formazione delle liste, garantendosi così quando
11
possibile la rielezione), di avvocato e medici (rispettivamente al 14,2% e al 12,0%). Analizzando la
distribuzione delle professioni per partito emerge inoltre che il crescente numero di funzionari di
partito e sindacalisti trova posto nelle ultime legislature soprattutto nel Pds-Ds-Pd e nell’area PpiDl, le formazioni partitiche rispettivamente eredi del Pci e della Dc; mentre i numerosi
professionisti (medici e avvocati soprattutto) risultano eletti prevalentemente all’interno del centrodestra (soprattutto in Fi i medici, in An gli avvocati) e nell’area Ccd-Cdu-Udc.
Tab. 10 – Consiglieri regionali secondo la professione (valori assoluti e percentuali)
Regione Calabria
1970
1975
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
2014
Totale
Funz. di partito e sindacalisti
5
10,9
12
26,1
5
10,9
13
28,3
8
17,5
1
2,1
1
2,1
1
2,1
7
14,9
10
21,3
3
6,4
11
23,4
10
21,3
2
4,2
3
6,4
1
2,1
9
18,0
7
14,0
2
4,0
14
28,0
11
22,0
1
2,0
2
4,0
4
8,0
7
15,9
9
20,5
1
2,3
11
25,0
7
15,9
0
0
3
6,8
6
13,6
12
22,2
9
16,7
5
9,3
9
16,7
9
16,7
3
5,5
3
5,5
4
7,4
6
13,3
3
6,7
8
17,8
12
26,7
10
22,2
3
6,7
1
2,2
2
4,4
7
13,5
4
7,7
10
19,2
16
30,8
5
9,6
3
5,8
1
1,9
6
11,5
19
29,7
6
9,4
8
12,5
14
21,9
5
7,8
6
9,4
4
6,3
2
3,0
17
28,3
5
8,3
13
21,7
12
20,0
3
5,0
4
6,7
2
3,3
4
6,7
9
29,1
5
16,1
4
12,9
5
16,1
1
3,2
3
9,7
1
3,2
3
9,7
98
19,9
70
14,2
59
12,0
117
23,7
69
14,0
26
5,3
21
4,2
33
6,7
46
100,0
47
100,0
50
100,0
44
100,0
54
100,0
45
100,0
52
100,0
64
100,0
60
100,0
31
100,0
493
100,0
Avvocati
Medici
Impiegati
Docenti e insegnanti
Imprenditori
Giornalisti
Altri
Totale
Media R.O.
1970-2005
15,8
11,8
6,0
19,9
23,2
4,7
18,6
-
Fig. 4 – Regione Calabria. Professione
60
50
40
30
20
10
0
1970
1975
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
2014
Politici e sindac.
10,9
14,9
18
15,9
22,2
13,3
13,5
29,7
28,3
29,1
Impiegati e docenti
45,8
44,7
50
40,9
33,4
48,9
40,4
29,7
25
19,3
Imprenditori e Professionisti
39,1
31,9
20
22,8
31,5
31,2
32,7
31,3
36,7
38,7
Altro
4,2
8,5
12
20,4
12,9
6,6
13,4
9,3
10
12,9
Scarso accesso al Consiglio regionale hanno invece imprenditori (5,3%) e altri professionisti a
conferma del fatto che per essere candidati e risultare eletti è necessario essere presenti o avere
legami con i luoghi chiave per l’accesso alla rappresentanza, ovvero i partiti e le loro ramificazioni
istituzionali. E così, candidati forti, capaci di intercettare consenso, sono principalmente persone
che hanno ricoperto ruoli istituzionali (dagli ex consiglieri e assessori regionali a sindaci e
presidenti di provincia), che hanno legami e radicamento nel partito, che svolgono professioni da
contact man (medici, avvocati, ecc.) la cui presenza cresce specie nei partiti più deboli, meno
strutturati. Se ragioniamo per categorie, nel complesso, pare all’opera una tendenza opposta a quella
12
degli anni settanta e ottanta. A partire dal 1990, tende a crescere la quota dei consiglieri che
dichiarano un passato professionale di livello medio-alto mentre si assiste ad un parallelo
decremento della categoria degli impiegati e docenti-insegnanti, così come cresce la presenza di
funzionari di partito e sindacato.
Conferma ciò l’esame di un altro dato, e cioè il titolo di studio, il quale può essere interpretato,
oltre che come un indicatore del livello di istruzione, come un indicatore ancorché generico dello
status socio-economico e professionale dei consiglieri. Per semplicità possiamo concentrarci sulla
percentuale di laureati. Dalla tab. 11 la quota di laureati che cala nelle prime legislature, cresce
senza soluzione di continuità a partire dalla IV legislatura per arrivare al 71,7% nella IX e al 71,0%
nella X legislatura, valori non molto dissimili da quelli della prima legislatura regionale (76,1%).
Un valore peraltro molto più alto del valore medio delle regioni a statuto ordinario (56,8%), anche
qui a conferma del fatto che nelle regioni del Sud prevalgono elementi notabilari e sono più
importanti per essere eletti, oltre alla provenienza partitica e al percorso istituzionale, le risorse che i
singoli candidati sono in grado di mobilitare individualmente (reputazione, denaro, sostegno da
parte dei gruppi di interesse).
Tab. 11 – Il titolo di studio dei consiglieri 1970-2014
Regione Calabria
1970
1975
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
2014
Totale
Laurea
35
76,1
8
17,4
3
6,5
46
100,0
57,0
31
66,0
15
31,9
1
2,1
47
100,0
55,0
28
56,0
21
42,0
1
2,0
50
100,0
57,0
29
65,9
15
34,1
0
0
44
100,0
61,0
36
66,7
18
33,3
0
0
54
100,0
58,0
29
64,4
16
35,6
0
0
45
100,0
56,0
35
67,3
17
32,7
0
0
52
100,0
54,0
43
67,2
21
32,8
0
0
64
100,0
56,0
43
71,7
17
28,3
0
0
60
100,0
57,0
22
71,0
8
25,8
1
3,2
31
100,0
-
331
67,1
156
31,6
6
1,2
493
100,0
56,8
Diploma
Lic. Elem. o media
Totale
Laurea R.O.
Media R.O.
1970-2005
56,8
3318
33,0
1928
10,2
596
5842
100,0
5. Il peso dei candidati consiglieri sul risultato
Le leggere modifiche introdotte nel 2014 al sistema elettorale regionale sembrano rafforzare il
comportamento elettorale improntato sul voto “personale”. La lettura del voto delle precedenti
elezioni regionali in Calabria, infatti, ci indica che la competizione è lasciata, soprattutto, alla
capacità dei candidati consiglieri di rastrellare consensi (De Luca 2001, Napoli 2005). Detto in altri
termini, vince il candidato presidente che riesce a mettere in campo liste e candidati in grado di
portare ai seggi quanti più elettori possibili.
Anche ad un elettore sprovveduto, documentandosi sugli schieramenti in campo, sarebbe apparsa
evidente, per numero di liste e candidati (8 liste e 192 candidati per il centrosinistra, più del totale
degli altri 4 gruppi in competizione), la sproporzione esistente fra centrosinistra e gli altri 4
contendenti e, conseguentemente, avrebbe facilmente pronosticato l’esito del voto.
Per giungere a questo sperequato campo dei partecipanti il centrosinistra di Mario Oliverio si era
organizzato molto prima della data di presentazione delle liste, rispetto ai suoi avversari, soprattutto
del centrodestra che, con molta fatica e con una spaccatura non sanata, sono riusciti a mettere
insieme solo 3 liste con Wanda Ferro e 2 il NCD con Nico D’Ascola candidato presidente.
Autocandidatosi al governo della regione ancor quando era in carica quale presidente della
provincia di Cosenza, Mario Oliverio è dovuto passare attraverso la legittimazione popolare delle
primarie di coalizione del centrosinistra. Probabilmente le elezioni primarie per la scelta del
candidato presidente del centrosinistra hanno fornito ad Oliverio, della corrente PD facente
riferimento a Cuperlo, attraverso accordi quasi a tutto campo dove la “trasversalità” delle precedenti
appartenenze era la norma (fra eletti e dirigenti già nel centrodestra, appartenenti alla corrente
“renziana” del suo partito e appartenenti ad aree politiche non PD) ingenti risorse in termini di
13
candidati con i relativi consensi personali – per la formazione di liste in una sorta di corazzata
elettorale senza precedenti.
Non è per caso – ma per dei precisi accordi nelle elezioni primarie – che nella coalizione di
centrosinistra, nelle varie liste di sostegno al presidente possiamo ritrovare, ad esempio, consiglieri
eletti nella precedente coalizione di centrodestra: il presidente della Commissione Regionale
Antimafia Salvatore Magarò (eletto nel 2010 nel centrodestra); Mimmo Talarico (eletto nell’IDV
che nel 2010 era in contrapposizione al centrosinistra); Elio Belcastro, ex MPA, sottosegretario
all’ambiente in un governo Berlusconi; oppure Flora Sculco, consulente presso l’assessorato
regionale all’ambiente del governo di centrodestra nonché figlia dell’ex-sindacalista e consigliere e
assessore regionale della “Margherita”, trasmigrato nel centrodestra nelle elezioni provinciali di
Crotone.
Oltre ai candidati presenti nelle liste, l’appoggio ad Oliverio è fornito da molti ex di diversa
appartenenza, solitamente pronti ad usufruire dell’effetto “band-wagon”. Gli altri candidati
presidenti - a parte gli isolati rappresentanti del M5S9 e de “L’Altra Calabria”10 – hanno cercato di
fare del loro meglio probabilmente nella consapevolezza di dover soccombere all’armata di
Oliverio, a causa dell’evidente trasmigrazione di fasce di elettorato e di candidati nel centrosinistra.
Wanda Ferro, candidata presidente di Forza Italia, presenta le sue tre liste come “serie ed affidabili”
perché, a suo dire, senza nominativi di persone compromesse con vicende di “malapolitica” e senza
voltagabbana. Nico D’Ascola, parlamentare del NCD, sacrificato nel ruolo di candidato presidente
perdente, impegnato a raggiungere la soglia di sbarramento dell’8% dopo il rifiuto di Oliverio di
accogliere nella coalizione il partito di Alfano.
Come abbiamo visto, la sproporzione fra lo schieramento di centrosinistra e gli avversari ha
determinato un facile pronostico sull’esito della competizione. Ovviamente la condizione della
maggiore numerosità di candidati e liste non può essere un univoco criterio di valutazione se non
viene considerato il peso specifico dei candidati consiglieri in competizione.
Una prima valutazione della capacità dei consiglieri di attrarre consensi la si può rilevare dal
numero di preferenze ottenute da ciascun candidato, premettendo che nelle regionali in Calabria si
registra da sempre un’altissima propensione all’utilizzo del voto di preferenza. La tabella con gli
indici di preferenza, totali e di lista, è più che esplicativa riguardo a tale tendenza.
Tab. 12 - Elezioni regionali Calabria 2014 – Indice di Preferenza (IP) per liste
voti
preferenza
voti lista
IP
CALABRIA IN RETE
21.332
22.213
96,0
AUTONOMIA E DIRITTI
11.251
11.864
94,8
DEMOCRATICI PROGRESSISTI
11.891
12.642
94,1
CASA DELLE LIBERTA'
18.139
19.382
93,6
NUOVO CNTRO DESTRA
11.132
12.038
92,5
NUOVO CDU
5.018
5.458
91,9
LA SINISTRA CON SPERANZA
8.424
9.453
89,1
UDC
8.558
9.730
88,0
PD
60.235
68.943
87,4
CENTRO DEMOCRATICO
4.506
5.192
86,8
OLIVERIO PRESIDENTE
21.395
25.069
85,3
9
Il M5S ha scelto con le primarie on-line, le “regionalie”, i propri candidati. In queste elezioni riservate ai soli iscritti al
movimento, il candidato presidente Cono Cantelmi ha ottenuto nella regione 183 voti. Alcuni candidati consiglieri sono
riusciti a far parte della lista con una sola decina di voti.
10
“L’Altra Calabria” è la lista che si pone a sinistra dello schieramento allacciandosi al movimento di Tsipras che aveva
ottenuto un discreto successo nelle Europee del maggio 2014 con la sigla di “L’Altra Europa”.
14
FRATELLI D'ITALIA
7.379
8.810
83,8
FORZA ITALIA
32.647
39.697
82,2
L'ALTRA CALABRIA
2.088
3.349
62,3
MOVIMENTO 5 STELLE
6.926
14.485
47,8
160.486
409.924
86,1
Totale
Nel tentativo di fornire delle spiegazioni sia circa il contributo al successo della coalizione dei
candidati consiglieri che l’apporto delle liste in termini di risultato, andremo ad analizzare il
successo personale di alcuni “campioni delle preferenze” prestando attenzione al comportamento
del potenziale elettorato di riferimento. In Calabria complessivamente si è registrato, in questa
elezione, un indice di preferenza (IP) pari a 87,4%, cioè dei 100 elettori che hanno votato per un
partito, più di 87 hanno scelto anche un candidato consigliere. Molto più correttamente si potrebbe
dire che su 100 voti andati alle liste solo 12,6 elettori hanno scelto “solo” il simbolo della lista11.
Quest’ultima considerazione risulta essere ancora più corretta analizzando l’IP delle singole liste,
alcune delle quali sono prossime al 100%, considerando fisiologici errori degli elettori nel riportare
il cognome del candidato sulla scheda. Le liste con il maggiore grado di IP sono quelle non
partitiche, strategicamente di appoggio al candidato presidente, cioè quelle liste nate come
aggregazione di candidati, senza un programma né un passato da far valere nel giudizio degli
elettori e con un simbolo mai visto prima della campagna elettorale. In poche parole, liste che non
possono accampare referenze pregresse, se non quelle dei singoli candidati, da far valere nel
mercato elettorale presso gli ormai pochi elettori di “opinione”.
La tabella 12 ci mostra gli indici complessivo e delle singole liste e viene, altresì, riportato il
numero medio di preferenze ottenuto da ciascun candidato e dal candidato di ogni singola lista. In
Calabria i voti di preferenza medi ottenuti dai candidati sono 1.896, un valore molto alto che dà il
senso della grande competizione, quasi sempre interna alle liste e alle coalizioni, fra candidati per la
conquista del seggio. Una siffatta competizione apporta evidenti benefici al risultato della lista e
della coalizione fino a determinare, quale fattore preponderante, la vittoria del candidato presidente
e della coalizione.
Nella lista che ha ottenuto più voti, e più voti di preferenza in valore assoluto per i candidati, il
PD, il valore medio del numero di preferenze è addirittura di 6.778 che sta a sottolineare sia la
competizione fra candidati dello stesso partito che la difficoltà dei candidati ad emergere senza
avere maturato significative esperienze in qualche ambito della politica – o della vita civile – con
l’apprezzamento dei potenziali elettori.
A tale proposito, riportando qualche elemento utile all’analisi del più votato candidato in
Calabria, Carlo Guccione del PD, cerchiamo di indicare quali possono essere alcuni dei requisiti per
diventare “campione delle preferenze”. Guccione ha ottenuto nella circoscrizione provinciale di
Cosenza ben 14.797 voti di preferenza, quasi il doppio della precedente elezione nella quale aveva
ottenuto 7.667 consensi. Guccione è politico di professione in senso weberiano, poiché la politica è
stata da sempre il suo lavoro. Funzionario del vecchio PCI, dirigente provinciale e regionale del
PDS, DS e PD, “portaborse” di un consigliere regionale e, successivamente, entrato in ruolo come
dipendente della regione12, prima di essere eletto consigliere regionale nel 2010. La forza elettorale
di Guccione risiede nei suoi rapporti con militanti ed eletti nel PD, rapporti che possono essere fatti
risalire soprattutto al periodo quando Guccione era segretario regionale del partito (prima dei DS e
poi del PD). Il successo nelle elezioni 2014 è dovuto essenzialmente a due fattori. Il primo è
l’abbandono dei suoi potenziali concorrenti della sua stessa arena elettorale, in conseguenza
dell’applicazione delle norme statutarie del partito che non ha consentito la ricandidatura dei
11
Questo calcolo non tiene conto, ovviamente, degli errori dell’elettore nell’indicare la preferenza.
Attraverso una criticata leggina regionale pro-casta che ha permesso l’ingresso nei ruoli della Regione a molti
familiari di consiglieri e politici di professione, come nel caso di Gucccione.
12
15
“vecchi” consiglieri13. Il secondo fattore di successo elettorale si può attribuire al lavoro politico
svolto da consigliere regionale nell’ambito della sanità. Guccione, facendo visita a quasi tutte le
strutture sanitarie della regione, in un dossier ha denunciato i molti mali che affliggono questo
particolare settore. In questo suo viaggio nella sanità calabrese, Guccione ha avuto modo di
intessere rapporti con gli operatori, soprattutto medici, molti dei quali in Calabria sono collettori di
consensi elettorale nonché grandi elettori dei consiglieri regionali (De Luca-Fantozzi 2014). DAL
PARTITO
Un secondo caso, o meglio, una tipologia dicandidato di successo è quello di Giuseppe Aieta,
eletto nel PD nella circoscrizione di Cosenza con 8.630 voti di preferenza. Aieta è stato sindaco del
comune di Cetraro dal 2005 fino all’elezione. È stato anche eletto consigliere provinciale e
assessore provinciale nell’ultima giunta di Oliverio. La sua carriera politica si è svolta, perciò,
all’interno delle istituzioni elettive. Più della metà dei voti di preferenza ottenuti nelle regionali
2014 gli provengono da elettori del suo comune e circondario della costa tirrenica cosentina.
Ovviamente ha influito sul suo successo l’avere svolto, oltre che quello di sindaco, l’incarico di
assessore alla provincia, attraverso il quale Aieta ha potuto intessere importanti relazioni con
amministratori ed attivisti politici della circoscrizione, proprio in vista della candidatura alle
regionali. DALLE ISTITUZIONI
Un terzo caso di candidato di successo è quello di Sergio Franco. Per molti anni segretario
regionale del Sindacato Lavoratori Posti della Cisl, Franco alla sua prima esperienza politica, viene
eletto nella circoscrizione di Cosenza nella lista “Oliverio Presidente” con 6.668 voti di preferenza.
Il consenso ottenuto è abbastanza diffuso sul territorio provinciale, lo stesso territorio dove ha
operato in veste di sindacalista. Nella lettera-invito agli elettori, fra le altre cose, Franco rivendica il
ruolo avuto nel sindacato nella difesa del posto di lavoro dei precari del settore delle poste. Si
potrebbe rilevare in questo appello che, in pratica, Franco richiama i suoi potenziali elettori agli
obblighi derivanti da una sorta di patto politico-clientelare attraverso il classico “voto di scambio”
(Parisi-Pasquino, 1977) . DAL SINDACATO
6. La difficile rielezione di assessori e consiglieri
Dal quadro sintetico che viene fuori dalle caratteristiche di alcuni “campioni delle preferenze” si
può desumere una accentuata mobilità dell’elettore nel riporre la propria fiducia e riversare il
proprio consenso verso un candidato. Le grandi differenze , a volte, che si registrano nel numero di
preferenze dei singoli candidati da una elezione all’altra vanno lette proprio in tale contesto di
volatilità “personale”. La fedeltà sembra che sia diventata leggera (Natale 2000) anche nel voto alla
persona. Conseguenza della mobilità dell’elettorato nell’espressione del voto di preferenza è la
difficoltà di consiglieri ed assessori uscenti ad essere rieletti. Ciò risulta con evidenza da un’analisi
delle ultime due elezioni regionali in Calabria.
Nel 2010 nelle regionali in Calabria furono rieletti 18 consiglieri mentre ben 11 restarono fuori
dell’assemblea regionale. Fra gli assessori, 5 furono riconfermati consiglieri (compreso il presidente
uscente che entrò di diritto nel consiglio quale secondo più votato candidato presidente) e altri 5
rimasero fuori, fra cui due assessori esterni non eletti in consiglio.
Nel 2014 sono stati riconfermati solo 8 consiglieri e 2 assessori, mentre non ce l’hanno fatta in
16 consiglieri, fra i quali anche il presidente uscente del Consiglio e 2 assessori, uno dei quali
esterno.
Le condizioni di accessibilità al consiglio regionale di queste due consultazioni erano,
comunque, molto differenti. Nel 2014, in conseguenza della drastica riduzione operata dal
parlamento, i consiglieri sono passati a 31, compreso il presidente della giunta. Mentre nel 2010
l’accesso in consiglio era più agevole per l’alto numero di seggi, nel 2014 diventa molto stretto.
13
Nella circoscrizione di Cosenza non sono stati ricandidati consiglieri “campioni delle preferenze” del calibro di
Adamo e Principe.
16
Proprio tale difficoltà ad essere eletti con un prevedibile numero più alto di voti di preferenza, in
seguito alla riduzione del numero di candidati in ogni lista, faceva ipotizzare una accesa
competizione interna alle liste e riservata soprattutto a quei candidati che potevano far valere
consolidati consensi, come il caso dei consiglieri in carica. Ed è forse questo il motivo che ha
consigliato a diversi uscenti di farsi da parte in una competizione che sarebbe stata molto difficile.
Infatti, quasi tutti i consiglieri uscenti che hanno voluto cimentarsi nella gara per la conquista di un
seggio hanno avuto la vita difficile. Come abbiamo visto solo 10 fra consiglieri e assessori sono
riusciti a ritornare nel palazzo della Regione, un terzo del totale se il numero di riferimento è quello
del nuovo consiglio (31 seggi), solo un quinto se il riferimento è quello del precedente consiglio.
Nel 2010 con una situazione opposta a quella del 2014 in fatto di accessibilità, il tasso di
conferma fu, comunque, molto basso con il 51,7% riferito al precedente consiglio, percentuali ben
più basse rispetto alle precedenti legislature quando erano molti i consiglieri che, se non trasmigrati
ad incarichi nazionali o nel Parlamento Europeo, venivano confermati dagli elettori. Tranne che nel
1995, la prima elezione svoltasi con il sistema elettorale riformato e, in pratica, con un diverso
sistema politico che ha registrato sia la trasformazione del sistema dei partiti che un evidente
rinnovamento del ceto politico14.
Un’altra caratteristica, rispetto al passato, è l’insuccesso elettorale degli assessori uscenti. La
gestione del potere – e ricoprire la carica di assessore regionale comporta, senza dubbio, una
pesante responsabilità nella gestione del potere – in un mercato elettorale caratterizzato
prevalentemente dal voto alla persona, dovrebbe “facilitare” l’espressione del consenso da parte dei
cittadini-elettori.
Può sorprendere, quindi, che nelle ultime tornate elettorali gli assessori in carica non riescano ad
essere rieletti. Una parte di giustificazione di una siffatta bocciatura la possiamo trovare proprio
riguardando quelle caratteristiche, esaminate in precedenza, dei candidati di successo. Un’altra parte
di spiegazione la possiamo far risalire al calo di gradimento degli assessori fra gli elettori; negli
ultimi tempi è cambiato il modo di gestione delle risorse pubbliche a causa anche dei tagli operati
alle finanze pubbliche che da una parte non consentono più, o in misura molto limitata, interventi di
tipo quasi individuale (si pensi ai contributi che venivano erogati ad associazioni, ad esempio, per lo
svolgimento di sagre e manifestazioni paesane di interesse turistico e culturale di poco conto) che
creavano un rapporto di fedeltà elettorale con l’assessore, e dall’altra costringono l’amministratore
all’adozione di politiche e misure rivolte prevalentemente a collettività più ampie o categorie che,
dal punto di vista elettorale, non sempre sono “riconoscenti” all’assessore in carica.
Ulteriore fattore che incide in positivo sul ricambio degli eletti alla regione Calabria è
l’alternanza al governo fra centrodestra e centrosinistra. Il cambio di maggioranza alla guida della
regione comporta l’inversione della percentuale di eletti nei due principali schieramenti. Cioè la
coalizione al governo, passando all’opposizione attraverso l’elezione, perde un consistente numero
di seggi che vanno alla nuova coalizione di maggioranza. Nel 2010 il centrodestra aveva una
maggioranza di 30 consiglieri su 50; nel 2014 il centrosinistra ha una maggioranza di 20 consiglieri
su 31.
Comparando il numero delle preferenze nelle due elezioni ottenute dai consiglieri non rieletti nel
2014, possiamo avere una maggiore evidenza di questa situazione.
Dei 16 consiglieri non rieletti nell’ultima elezione 9 hanno mantenuto, sostanzialmente, lo stesso
numero di preferenze del 2010. Le variazioni in più o in meno oscillano intorno a 1.000 voti. Dei
casi, invece, con la maggiore differenza in negativo, vanno segnalati nella lista UDC, partito che ha
subito un netto tracollo dal 2010 al 2014 in termini di consensi, passando dal 9,4% al 2,7%
nell’ultima elezione. Di conseguenza, anche i candidati sono stati penalizzati: nella circoscrizione di
Cosenza, l’assessore Trematerra passa da 10.830 voti di preferenza a 3.396; nella circoscrizione
Centro, Ottavio Bruni ottiene in meno circa 4.000 voti e Francesco Talarico, presidente uscente del
Consiglio, ha addirittura 5.000 voti in meno. Ma anche un altro consigliere eletto nell’UDC nel
14
Nel 1995, infatti, furono rieletti solo 8 consiglieri uscenti e un solo assessore.
17
2010 e passato ora nel centrosinistra, Pasquale Tripodi, perde oltre 4.000 voti. Non va nemmeno
bene il trasloco ad altro schieramento a Salvatore Magarò, eletto nel centrodestra nel 2010 e
trasmigrato in “Calabria in Rete”, una lista di appoggio al candidato presidente Oliverio, che perde
quasi 2.000 voti.
Il risultato della lista, ovviamente, incide sul risultato dei singoli candidati e, forse, per le
considerazioni svolte in precedenza, sarebbe più giusto affermare l’inversione della frase che
l’insuccesso dei candidati porta all’insuccesso della lista. Cosicché coloro che adesso sono presenti
in una lista “piccola” ottengono risultati molto più modesti che nel passato (il caso dell’UDC che
nel 2014 non supera la soglia di sbarramento) e, all’opposto, chi adesso si trova a competere in una
lista “forte” pur aumentando di molto i consensi ottenuti rispetto al 2010 non riesce ad essere eletto.
È il caso del consigliere uscente Giordano che dall’IDV passa al PD e con oltre 4.000 voti di
preferenza in più, triplicando quasi i consensi personali, non ce la fa a conquistare il seggio (passa
da 2.279 voti a 6.428).
7. Conclusioni
Nell’ultima elezione regionale in Calabria le caratteristiche e le carriere politiche degli eletti non
sono, quindi, molto diverse dai consiglieri precedenti: una sola donna, pochissimi trentenni e,
soprattutto, sono quasi del tutto assenti nel nuovo consiglio figure attive anche al di fuori del campo
della politica che potrebbero rappresentare un valore aggiunto alle competenze necessarie per
risollevare le sorti dell’ultima regione d’Italia.
La riduzione del numero di consiglieri poi rende ancora più accesa la competizione per la
conquista di un seggio. Diventa quasi impossibile per un candidato che non abbia maturato
significative esperienze – da politico di professione, da amministratore negli enti locali, da
sindacalista – riuscire nell’impresa della elezione. Quando ancora le organizzazioni partitiche
svolgevano una funzione attiva e rappresentavano dei presidi sul territorio che contavano nella
scelta dei rappresentanti da eleggere, si apriva qualche possibilità per nuovi candidati. A partire
dalla prima elezione regionale della Seconda Repubblica i candidati conducono la loro campagna
permanente individualmente e a prevalere sono coloro che hanno maggiori risorse e maggiori
capacità di attrazione del consenso, ovvero possibilità di raccogliere voti di preferenza. E la
necessità di ingenti risorse per sostenere i costi di una campagna elettorale permanente finisce per
rendere molto difficile l’accesso alla classe politica regionale alle donne (fra i 31 consiglieri
regionali ne è presente solo una), ai giovani (dei 31 consiglieri solo 6 hanno meno di 40 anni e
nessuno meno di 30), ai rappresentanti della società civile.
E ciò in un quadro di grande fluidità, tanto sul piano della proposta politica (alcuni ex consiglieri
si ricandidano in partiti diversi – quando non in una coalizione diversa – da quelli con cui erano
entrati in consiglio nella passata legislatura: solo nelle ultime elezioni regionali ci sono ben 16
ricandidati sleali verso il partito o verso la coalizione su 30 ricandidati) quanto sul piano delle
risposte degli elettori, disponibili a spostarsi da uno schieramento all’altro (ne è prova l’incredibile
volatilità che a partire dalla VI legislatura caratterizza il sistema partitico calabrese: nelle ultime
elezioni regionali la volatilità arriva al 51,3%, ovvero più di un elettore su due ha cambiato voto
rispetto al 2010)15. Come sottolineano Emanuele e Marino (2015), il sistema partitico calabrese
potrebbe essere considerato un “sistema non istituzionalizzato”, o un “non sistema”, vale a dire un
universo partitico nel quale manca l’elemento della sistemicità. L’unico elemento di continuità del
sistema è garantito dal ricorso al voto personale o candidate-oriented, tramite lo strumento del voto
di preferenza (nelle ultime elezioni il tasso di preferenza è stato dell’87,4%, in crescita rispetto al
2010 e stabile rispetto al 2005).
15
Se la volatilità si era mantenuta sotto i 10 punti tra il 1975 e il 1990, a partire dalle elezioni del 1995 si mantiene
stabilmente a due cifre (44,0 nel 1995; 14,8 nel 2000; 14,4 nel 2005; 25,1 nel 2010; 51,3 nel 2014 quando delle 16 liste
concorrenti nel 2010 se ne ripresentano con lo stesso nome soltanto 3: Pd, Udc e Autonomia e Diritti).
18
Riferimenti bibliografici
Baldessarro G. e Ursini G. (2012), Il caso Fallara Storia del “modello Reggio” e del suo tragico
epilogo, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria.
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