IL DONO DEL FUOCO «Cari amici in ascolto, avete voglia di

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IL DONO DEL FUOCO «Cari amici in ascolto, avete voglia di
IL DONO DEL FUOCO
«Cari amici in ascolto, avete voglia di trascorrere una serata
elettrizzante con il vostro deejay Cikky? Restate sintonizzati
su Radio Prestige. Sulle note di Fuoco nero bollente voglio ringraziare un radioascoltatore che mi ha inviato un regalo curioso,
il Manuale per addestrare un drago. Giuro, non ho mai riso tanto.
Ma davvero c’è chi crede a queste idiozie? Addestrare un drago! L’uomo è così abituato a raccontarsi favole che arriva a
immaginare cose veramente assurde.
C’è un capitolo che insegna a addomesticare queste creature, elencando una serie di premi e punizioni “infallibili”.
Siamo indietro anni luce! Prima di tutto questi metodi non
funzionano nemmeno per allevare i bambini, e poi… c’è un
gigantesco errore di concetto.
Gli uomini non possono addestrare i draghi, caso mai è il
contrario.
Non stiamo parlando di fenomeni da circo, ma di esseri evoluti. Questi magnifici esemplari hanno un’intelligenza
strabiliante e una conoscenza antica come il mondo. E l’uomo
vorrebbe addestrarli? Posso ridere fino alla fine della trasmissione? Uahahaha! Uahahaha!».
La spavalderia del deejay Cikky, così preparato in materia di
draghi, conquista l’attenzione di alcuni ragazzi che per abitudine,
prima di addormentarsi e a ogni risveglio, ascoltano la radio.
Lucilla, una ragazzina con due dolci occhi verdi e lunghi
capelli castani, sembra rapita dalla risata fragorosa del deejay.
Mentre scruta il cielo dalla finestra della sua camera, che domina i tetti di Castello di Fiemme, una gigantesca nuvola viola
sembra disegnare il profilo frastagliato di un drago. Più tardi,
scivolando nel sonno, esprime un desiderio:
“Se ci fosse veramente un drago lassù, vorrei essere la prima
a vederlo”. Il respiro, sempre più profondo, la accompagna in
quel sogno.
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Dopo aver ascoltato la trasmissione di Cikky, Simone esce
dal suo maso di Predazzo e attraversa il prato. Il suo corpo
minuto scompare in una felpa tre taglie più grandi e in un paio
di bermuda in precario equilibrio sui fianchi. Come ogni sera,
da quando ha compiuto otto anni, prima di andare a dormire,
va a controllare la stalla. Questa volta, però, lo accompagna
quella risata inquietante del deejay che continua a ronzare nella sua testa.
“Se davvero arrivasse un drago” pensa “potrei costruire una
gabbia enorme e intrappolarlo”.
Quindi, camminando nel buio, immagina una trappola a
prova di fuoco.
Dalla sua casa di Moena, Mattia si ricorda di aver ricevuto
in dono un libro, pochi giorni prima, durante la festa del suo
dodicesimo compleanno. Frettolosamente, lo cerca nella sua
libreria. Eccolo: Il cacciatore di draghi. Spostando la lunga frangia corvina, si sofferma ad ammirare il potente drago verde
sulla copertina. Poi chiude gli occhi e vola con la fantasia:
“Se incontrassi un drago, lo seguirei ovunque. Per proteggermi potrei indossare la tuta da vigile del fuoco dello zio
Silvano”.
Arianna, una ragazzina di tredici anni con lunghi capelli
biondo cenere raccolti in una coda, ha trascorso il pomeriggio
a cavallo nei prati fra Ziano e Predazzo. Fra lei e il suo destriero c’è un’intesa perfetta. Negli anni ha imparato a comunicare
con lui usando il linguaggio degli sguardi e dei piccoli gesti.
Dopo aver ascoltato le parole del deejay, è naturale per lei
immergersi nel sogno di accarezzare un drago e magari di riuscire a cavalcarlo. Prima di addormentarsi, si collega a Internet
e cerca in chat Matilde e Carola, due sorelline che ogni estate
arrivano in Val di Fiemme per trascorrere le vacanze con lei.
“Dovete assolutamente accendere la radio domani scrive Arianna.
Sono sicura che deejay Cikky parlerà ancora dei draghi. A sentire lui
esistono davvero. Vi ricordate quello che abbiamo disegnato con Marinella al laboratorio Nuvola di Drago? Era bellissimo, potente. Se penso
che un giorno potrei incontrarne uno così… Vi assicuro che impazzirete
ad ascoltare questo deejay. È un grande”.
«Buongiorno, dormiglioni! È arrivato il momento di aprire
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gli occhi! Ho una storia fantastica per voi. Siete pronti? Restate sintonizzati con Radio Prestige».
È una limpida domenica d’estate. Il sole caldo invita a immergersi nei prati fioriti. Ma Lucilla, Simone, Mattia, Arianna,
Carola e Matilde restano immobili davanti alla radio. Vogliono
assolutamente saperne di più.
La voce calda e profonda del deejay non si fa attendere
troppo.
«Proprio in questi mesi sta accadendo qualcosa che potrebbe cambiare per sempre il nostro destino. In uno dei luoghi
più magici delle Dolomiti del Trentino sembra che si stia per
avverare un’antica profezia. Sto parlando del gruppo montuoso del Latemàr, fra le valli di Fiemme, Fassa e d’Ega. Le sue
guglie rocciose custodiscono un passaggio segreto che porta
in un’altra dimensione.
Non potete nemmeno immaginare cosa sta accadendo fra
queste vette. Voglio prepararvi a questo evento epocale, raccontandovi la vera storia della scoperta del fuoco».
«La scoperta del fuoco? Ma è impazzito? La conosco benissimo questa storia» esclama indispettito Simone.
Deejay Cikky, come se avesse percepito quel piccolo reclamo, avverte: «Qualche presuntuoso penserà di conoscere già
la scoperta del fuoco, giusto? Ragazzi, datemi retta, ciò che vi
è stato raccontato corrisponde solo a una parziale verità. Ve lo
spiego io come si sono svolti i fatti. Ascoltate questa musica e
mettetevi comodi. L’ascolto è la chiave di ogni mistero».
Non è semplice abbandonarsi alla musica dopo un annuncio così misterioso.
Alina, una ragazzina di Cavalese con due guance paffute e
grandi occhi blu, non è riuscita a ripassare il libro di storia
nemmeno questa sera. Il racconto dei draghi le è sembrato
molto più interessante. Ora, però, è impaziente. “Questo deejay si perde a raccontare la storia del mondo” mugugna fra
sé e sé. “Detesto la storia. Ma non doveva svelare un enigma?
Che noia tremenda”.
Il deejay sorprende di nuovo: «Ma riuscite a godervi un po’
di musica in silenzio? Li sento chiaramente i vostri frenetici
ingranaggi mentali. Qualcuno si lamenta che non arrivo mai al
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dunque. Qualcuno pensa che siano tutte fandonie. Giudicate
sempre. E mentre giudicate, vi perdete l’occasione di ascoltare la mia buona musica. Nella vostra testa c’è troppo rumore.
Così non va bene per niente. In questo modo non riuscirete
mai a comunicare con i draghi».
Ecco finalmente un silenzio di qualità. Cikky è riuscito ancora una volta a catalizzare l’attenzione.
«Dovete sapere che, quando l’uomo iniziava goffamente a
camminare eretto, i draghi da migliaia di anni sorvolavano un
pianeta in profonda trasformazione. In quel tempo gli esseri
umani andavano a caccia, ma nessuno osava sfidare le creature
alate. Tutt’altro. L’uomo si sentiva protetto da loro. Vivevano
vicini. Condividevano i cambiamenti del clima, i cataclismi, le
alluvioni, i terremoti, ma anche le acque tiepide e cristalline, i
frutti succosi e i tramonti infuocati. Un silenzio sordo scandiva una pacifica coesistenza, in un respiro di rispetto. Le due
specie viventi, però, non riuscivano a comunicare.
Un giorno un fulmine colpì un albero, scatenando un incendio. Gli uomini di una tribù, invece di scappare, rischiarono la
vita per rubare una fiammella con un po’ di sterpaglia.
Portarono il fuoco nel loro villaggio e accesero un falò.
Mentre organizzavano i turni di sorveglianza intorno a quel
bene sacro che divampava, il vento avvicinò alle loro capanne l’incendio del bosco. Le fiamme avanzavano rapidamente
verso di loro.
Furono costretti ad abbandonare velocemente il villaggio e
con esso anche quel fuocherello addomesticato che avrebbe
potuto cambiare la loro vita.
Fu facile per i draghi interpretare il desiderio dell’uomo e
far loro un dono più prezioso di qualsiasi metallo, di qualsiasi
pelliccia, di qualsiasi strumento. Il fuoco.
Il mattino seguente, mentre gli uomini ricostruivano il loro
villaggio, un immenso drago violaceo dagli occhi smeraldo si
avvicinò a loro come mai aveva fatto prima. Le donne presero
in braccio i loro bambini, ma nessuno tentò di nascondersi.
Rimasero immobili, impietriti, increduli, davanti a quel potente gigante squamato. Il drago prese di mira una catasta di
legna, raccolta dagli uomini per costruire un riparo notturno,
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poi spalancò le fauci. Con un suono assordante, espirò una
lingua di fuoco. Quindi, si voltò verso gli indigeni. La sua pupilla sottile si dilatò in uno sguardo di pace. Dopo qualche
minuto, distese le immense ali e si dileguò fra le nuvole.
Gli uomini circondarono quel nuovo falò e lo tennero vivo
per ottanta giorni. Impararono a cucinare il cibo, a scaldare
l’acqua a curare i bambini ammalati. In quel periodo nessun
predatore tentò assalti notturni.
Quando una tempesta soffocò l’ultima scintilla, insieme volsero lo sguardo al cielo invocando Uak, che significava fuoco.
E con il nome Uak battezzarono il loro amico alato. Il drago
non li deluse mai, tornando a rianimare il falò ogni volta che la
pioggia lo sopprimeva, fino a quando gli uomini impararono
ad accenderlo con le loro mani.
Un giorno, durante una battuta di caccia, videro il loro Uak
al comando di uno stormo formato da un centinaio di draghi.
Il cielo si oscurò e gli uomini travolti dal vento, sotto un cielo
affollato di ali, posarono le loro lance. Poi, si sedettero in religioso silenzio, formando un semicerchio.
Uak aveva portato con sé i draghi della Terra.
Mancava solo Quame, un esemplare ribelle, nero come la
roccia lavica, in esilio sul Mulat, un vulcano estinto.
Dopo un’ordinata planata, i draghi si disposero sul prato,
completando il cerchio con precisione. Gli uni di fronte agli
altri si scrutarono a lungo con reciproco stupore. Poi, il capo
tribù fece qualche passo in avanti e Uak gli andò incontro. Si
trovarono nel centro. Il drago emesse un urlo di fuoco in direzione del sole: “Uuuaaakkk”. Gli uomini, increduli, iniziarono
a scandire la parola Uak, ripetendola in coro. Anche gli altri
draghi provarono a emettere suoni, in principio stridenti, nel
tentativo di riprodurre quel nome.
In poco tempo uomini e draghi urlavano insieme “UakUak-Uak-Uak”. E poco dopo intonarono un ritmo tribale:
“Uuak-Uuak-Uuak”. Per l’uomo fu chiaro che era giunto il
momento di restituire il dono. In cambio del fuoco ricevuto,
offrì a loro la parola.
I draghi, sillabando lentamente, compresero il linguaggio
degli uomini. Iniziarono a guardare il cielo pronunciando
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“Sole”, “Luna”, “Stelle”. Poi, appresero il nome degli alberi,
degli animali, delle persone. E finirono scoprendo le emozioni umane. Ci fu un “grazie” così profondo che ancora oggi
risuona.
Il Tesoro del Fuoco fu così scambiato con il Tesoro della
Parola.
L’incanto finì quando il primo uomo tentò di catturare un
drago. Quel giorno si scatenò una guerra di potere che fece
molte vittime. Morirono uomini. Morirono draghi».
Cikky sospese per un attimo il racconto e mandò un pezzo
musicale.
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