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MISSIONARI
Cappuccini
Anno XLVII
n.5 - maggio 2009
Spedito nel mese di maggio 2009
Poste Italiane s.p.a.
Spedizione in Abbonamento Postale
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46)
art. 1, comma 2, DCB Bergamo
Mons. Franco Cuter
Il lungo cammino
della pastorale indigena
Vicariato dell’Anatolia
Una grande mensa
di fraternità
Testimonianze e
frammenti di vita
missionaria
EMMECI
notizie
a cura di Alberto Cipelli
Carissimi amici lettori e benefattori
Al via i lavori per un pozzo
nel villaggio di Kuftale
Grazie all’aiuto del Centro Missionario
stanno iniziando i lavori per la realizzazione
di un pozzo in Etiopia che risolverà
i problemi di molte persone.
arissimo Padre Mauro,
innanzitutto a nome
dell’Eparchia (Diocesi) di
Barentù in Eritrea e della
popolazione di Kuftale e dei
dintorni, desidero cogliere
l’occasione di ringraziare te e il
Centro Missionario di Milano,
come pure i tanti benefattori
che attraverso di voi si sono
prodigati a esprimere la loro
solidarietà con i fratelli
C
bisognosi dell’Eritrea. Portare
avanti un progetto come quello
del Pozzo a Kuftale significa per
noi, non soltanto assicurare
approvvigionamento d’acqua
per molti villaggi, ma anche
affrontare il problema della
salute di un’intera comunità e
inoltre significa dare la
possibilità di una crescita sana
per molti bambini e permettere
di prevenire numerose malattie.
Attraverso il progetto di un
pozzo si porta avanti, in realtà,
un progetto di sviluppo
integrativo e di promozione
umana che aiuta la comunità
intera. Con la presente desidero
informare il Centro Missionario
che la somma di 20.000 euro
da voi generosamente versata,
è stata mandata a Barentù e
presto inizieranno i lavori di
scavo. A lavori iniziati
È partito il primo container per l’Eritrea
seguito dell’appello
presentato nel numero di
marzo da fra Hailemikael
Beraki, Ministro Provinciale
dell’Eritrea, informiamo che
è partito il primo container
contenente molti degli aiuti
alimentari richiesti.
Con gioia è stato accolto
l’appello e in questo modo
molte persone povere,
afflitte da una situazione
drammatica e di miseria,
potranno beneficiare della
generosità di tanti
benefattori.
A
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MISSIONARI
Cappuccini
manderemo un resoconto dello
stato di avanzamento dell’opera
e le foto di documentazione,
mentre a fine lavori sarà nostra
cura rendicontare l’intero
progetto.
In questi anni l’Eparchia oltre
all’attività di promozione
scolastica, il programma
sanitario, il programma di
alimentazione integrativa, la
distribuzione di sementi ai
contadini poveri è riuscita
anche a portare avanti
programmi di promozione
umana e di sviluppo.
Il progetto “pozzo” fa parte di
questo ampio programma di
promozione umana che è parte
integrante dell’opera di
evangelizzazione dell’Eparchia.
Tale programma è veramente
provvidenziale in un momento
così difficile per il nostro Paese,
ma lo è particolarmente per le
fasce più deboli della nostra
società. Un grazie quindi a tutti
voi che vi siete prodigati per
sostenere le attività
dell’Eparchia di Barentù.
Il Signore, datore di ogni bene,
vi ricompensi e vi benedica.
Fra Stefano Tedla,
Segretario Generale
tenuto un particolare
La Chiesa d’Oriente ha sempre man
suo onore che la
in
ioni
devozione a Maria. Le celebraz
icone che la ritraggono
te
mol
le
a,
serv
tradizione orientale con
o un segno tangibile della
quasi sempre assieme a Gesù, son
ine. Non si può poi
particolare attenzione verso la Verg
ale terra di Turchia che Maria
’attu
dimenticare che fu proprio nell
di Efeso del 431 Theotokos,
fu riconosciuta dai Padri del Concilio
o sembra sia stata dedicata
ossia “Madre di Dio”. Ancora ad Efes
e luogo il Concilio.
a Lei la prima Chiesa nella quale ebb
ad oggi anche con il
sino
ta
Questa devozione s’è mantenu
riguardi di Maria nutre
nei
che
ano
ulm
concorso del mondo mus
no testimonianza le migliaia
una venerazione particolare. Ne dan
che incessantemente
di pellegrini, cristiani e musulmani,
di Maria (Meryem Ana)
visitano ad Efeso la cosiddetta casa
ine sia vissuta con l’apostolo
Verg
la
che
dove la tradizione vuole
sta piccola casa,
Giovanni dopo la morte di Gesù. Que
il santuario nazionale della
trasformata in cappella, è divenuta
he uno dei luoghi più
anc
è
Chiesa cattolica di Turchia ed ora
visitati del paese.
ani entrare in questo
È toccante vedere cristiani e musulm
Signore Gesù. Al di là
piccolo luogo e pregare la madre del
o cristiani e musulmani,
aran
delle divisioni teologiche che sep
. A Lei ciascuno apre il
dre”
“Ma
la
è bello trovarsi uniti presso
comune della sofferenza e
cuore. Si può dire che l’esperienza
re che tutti ascolta, è una
l’esperienza di trovare in Maria la mad
strada verso il dialogo religioso.
ia ad Efeso, altri luoghi
Alla tradizione della presenza di Mar
suo passaggio nel viaggio
hanno conservato la memoria di un
a ad Efeso. Al sud della
che dalla Palestina dovette condurl
Arsuz, v’è su una montagna
Turchia, nei pressi di Antiochia, ad
che sia passata Maria. Ogni
ne
una fonte presso la quale si ritie
iani ortodossi dei paraggi si
anno, il giorno dell’Assunta, i crist
o ricordando questo
radunano a pregare in questo luog
passaggio.
ucia vi sono località che nel
Ancora nei pressi di Tarso e di Sele
(Meryemlik), ma sono
loro toponimo richiamano a Maria
dedicate a Lei che ci
soprattutto le molte Chiese di Turchia
cristiani del paese verso
rimandano alla grande devozione dei
con la sua presenza.
a
terr
sta
Colei che ha reso preziosa que
, è pressoché
ione
relig
nto
qua
Se qui il cristianesimo, in
tinua ad essere viva e con
scomparso, la memoria di Maria con
teriosamente presente ed
Lei – si sa – continua ad essere mis
operante anche suo Figlio.
Mons. Luigi Padovese
Vescovo cappuccino dell’Anatolia
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MISSIONARI
Cappuccini
MISSIONI
Brasile
di Mons. Franco Cuter, Vescovo della Diocesi di Grajaú
Il lungo cammino
della pastorale indigena
Mons. Franco Cuter
riflette sugli impegni
della sua Chiesa
Il triste massacro
di Alto Alegre da una
parte si è rivelato un
fallimento di ideali,
ma dall’altra ha
posto le basi per una
più profonda
riflessione sul
significato della
pastorale e
dell’evangelizzazione
delle popolazioni
indigene del Brasile.
Un cammino difficile
che Mons. Franco ha
intrapreso nel suo
mandato in cui si è visto
chiamato ad affrontare la
delicata relazione con
popolazioni dalla cultura così
diversa che implica rispetto e
desiderio di condivisione.
13
marzo1901: il massacro
di Alto Alegre. Una data che
segna profondamente la storia
dell’evangelizzazione dei popoli indios
da cui è nata questa nostra Chiesa
Particolare di Grajaú. L’esplodere della
violenza con l’uccisione dei frati, delle
suore, di tanti altri fratelli e sorelle, nella
sequela di violenze e di morti di indios e
non indios che ne derivò, poneva fine al
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MISSIONARI
Cappuccini
generoso tentativo di evangelizzazione e
civilizzazione della popolazione indigena
sparsa nelle aldee di quelle terre. Proprio
questo connubio, tanto comune e tanto
naturale per la mentalità del tempo,
faceva così naufragare
un’esperienza di un
annuncio del Vangelo
capace di unire nella
fraternità e nel rispetto
popoli e culture differenti.
Consegnava però a questa
nostra Chiesa, nata
dall’eroismo e dal sangue
versato, l’impegno di
costruire nella fraternità la
convivenza tra popoli indios
e popoli giunti nel contesto
dell’invasione e occupazione
di queste terre. Consegnava
a questa nostra Chiesa
l’impegno di una presenza
fraterna e amica accanto ai
fratelli indios, presenza fatta
di solidarietà nelle difesa
della loro identità e dei loro
diritti, che concretizzasse il sogno di quei
missionari di vedere i popoli indios liberi
e forti vivendo in dignità come figli del
nostro Padre comune.
Il cammino però non si è rivelato facile.
Nuove tensioni, contrasti, incapacità di
convivere col diverso, scontro di interessi,
pregiudizi profondi e nuove ingiustizie
hanno contribuito a mantenere e far
crescere il muro di divisioni che ha
separato e contrapposto per tanto tempo
popoli e culture. Proprio per questo
quando giunsi in questa terra, chiamato
ad accompagnare come pastore il
cammino della Chiesa particolare di
Grajaú, scelsi come motto che
esprimesse le mie speranze e i miei
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MISSIONARI
Cappuccini
MISSIONI
Brasile
sogni nell’assumere questa missione, la
frase della lettera agli Efesini: “Lui (Gesù)
è la nostra pace” con la quale S.Paolo
celebrava la presenza di Gesù, capace di
distruggere il muro di divisione tra giudei
e pagani, realizzando la riconciliazione e
la convivenza fraterna tra popoli e culture
differenti.
Questo continua ad essere ancora oggi
una grande e impegnativa sfida per la
nostra Chiesa di Grajaú. La nostra Diocesi
infatti occupa una vasta area nello stato
del Maranhão (circa 40.000 Km quadrati)
e all’interno di questa realtà si trovano
vaste aree indigene di differenti popoli.
Nell’ambito della Diocesi ci sono decine e
decine di aldee indigene, con circa
18.000 indios.
Gli indios li troviamo poi sempre più
numerosi nelle nostre stesse cittadine.
Esistono ancora problemi di
demarcazione e revisione di terre
indigene con tutta la problematica legata
a questa forte presenza di popoli indios
con la loro specifica e differente identità.
Questa realtà ci interpella fortemente
come Chiesa.
Proprio per riflettere su come ci
dobbiamo accostare alla realtà indigena
come Chiesa che desidera essere fedele
alla missione che Gesù ci affida, a fine
marzo, nella città di Barra do Corda ha
avuto luogo una “Tavola rotonda” che ha
riunito Vescovi e rappresentanti delle
Diocesi del Maranhão dove c’è presenza
di popoli indios, assieme a rappresentanti
di altri organismi di Chiesa attenti alla
problematica indigena. Nella Diocesi di
Grajaú c’è la maggior concentrazione di
popoli e aldee indigene, ma altre diocesi
sono interessate al problema, per la
presenza di indios, con le relative sfide
che questa presenza comporta.
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MISSIONARI
Cappuccini
Per questo tutta la Chiesa del Maranhão
ha sentito il bisogno di confrontarsi e di
riflettere alla luce del Vangelo.
Oggi infatti è cresciuta la coscienza
dell’attenzione e del rispetto con cui ci
dobbiamo accostare a popoli e culture
differenti, proprio in nome del Vangelo.
Abbiamo una più chiara consapevolezza
dei diversi ambiti in cui si articola
l’evangelizzazione. Crediamo che il
Vangelo è un dono, ma che ha bisogno di
essere accettato e espresso nella cultura
e identità dei diversi popoli, riconoscendo
e ricuperando i valori presenti in queste
culture, sementi del Regno. Siamo
coscienti che Gesù offre la sua presenza
amica a persone create libere e chiamate
a rispondere in libertà e nel rispetto della
loro identità e della loro storia.
Anche la società in generale è diventata
più attenta al problema dei popoli
indigeni. Ma continuano preconcetti,
diffidenze, tensioni che rendono difficile
la pacifica convivenza di culture
differenti. Molti territori sono stati
riconosciuti e demarcati come aree
riservate ai popoli indigeni, ma esistono
ancora problemi aperti: invasioni di aree
indigene, terre non demarcate, violazione
dei diritti di questi popoli, violenze e
discriminazioni, traffico di droga,
sfruttamento incontrollato di legname...
Oggi inoltre la presenza dei popoli
indigeni è minacciata per lo sviluppo dei
grandi progetti che hanno bisogno di
terre per lo sfruttamento ambientale
provocato dalle esigenze del modello
economico vigente, per la corsa
all’accaparramento e sfruttamento delle
risorse.
I popoli indios sono ora più coscienti
della loro identità e dei loro diritti e
desiderano essere protagonisti liberi e
consapevoli del loro futuro. Devono però
affrontare la sfida di conciliare lo
specifico della loro tradizione con la
necessità di ripensarla alla luce della
nuova realtà, dello sviluppo della
tecnologia, della necessitá di accogliere
nuovi valori e esigenze, dell’attrattiva che
la società moderna esercita specialmente
sui giovani. Come promuovere crescita e
sviluppo in armonia con i valori e la
tipicitá della cultura indigena?
La Chiesa si sente così chiamata a essere
presente accanto ai fratelli indios, per
appoggiarli nella rivendicazione dei loro
diritti, per offrire il suo aiuto e la sua
esperienza in questo cammino di crescita
e di definizione della loro identità, per
offrire loro la forza e la speranza del
Vangelo. La Chiesa sa di poter contribuire
molto nell’educare le persone al rispetto
e all’accettazione del diverso, allo spirito
di solidarietà, a realizzare quella
riconciliazione che renda possibile una
societá dove convivano nel rispetto e
nella libertá popoli e culture differenti. La
sua presenza si articola nelle quattro
dimensioni che caratterizzano il processo
di evangelizzazione: servizio; dialogo;
testimonianza; annuncio esplicito di
Gesù.
Nella tavola rotonda di Barra do Corda
abbiamo visto come le diverse realtà di
Chiesa possono contribuire nel loro
specifico per una Pastorale indigenista
ispirata al Vangelo. Il CIMI (Consiglio
Indigenista Missionario) col suo impegno
di difesa dei diritti e delle terre dei popoli
indigeni; l’associazione “Carlo Ubbiali”
attenta alle esigenze dell’educazione
nella realtà indigena; le nostre comunità
cristiane nell’impegno di testimonianza e
di accoglienza.
Questo incontro ha rappresentato un
fecondo stimolo per la nostra Chiesa di
Grajaú, già impegnata nella Pastorale
indigenista, ma che ha bisogno di
crescere e di coinvolgere in questo
impegno le nostre comunità cristiane.
“Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un
tempo eravate i lontani siete diventati i
vicini grazie al sangue
di Cristo. Egli infatti
è la nostra pace,
colui che ha fatto
dei due un popolo
solo, abbattendo
il muro di
separazione che
era frammesso,
cioè l’inimicizia...
per riconciliare tutti
e due con Dio in un
solo corpo, per
mezzo della croce...
Per mezzo di lui
possiamo presentarci,
gli uni e gli altri, al Padre
in un solo Spirito”
(Ef 2,13-18). ■
MISSIONI
Eritrea
di padre Tewlde Beyene, ex Ministro Provinciale in Eritrea
Cihalasciatoil primocappuccinoafricano
Un grande amore per la vita francescana
Poco più che novantenne si è
spento ad Asmara padre Domenico
Ghebremedhin, il primo frate
cappuccino africano. Innamorato
del carisma francescano e della
sua vocazione ha dedicato la sua
lunghissima vita di frate allo
svolgimento di numerosi
importanti incarichi con
particolare cura allo studio,
all’insegnamento e alla
predicazione. Con lui se ne va un
grande frate, pietra miliare della
storia religiosa del suo continente.
l’eritreo padre Domenico
Ghebremedhin. È deceduto ad Asmara,
dopo otto mesi di degenza in
ospedale, la sera del 18 febbraio
scorso. Alcuni mesi prima aveva celebrato i
90 anni di età, di cui ben 68 vissuti come
membro dell’Ordine cappuccino, infatti è il
primo frate del continente africano.
Era nato il 18 aprile 1918 a Mearda
(Akkele Guzay, Eritrea), da una famiglia di
ferventi cattolici. Il suo primo incontro con
i Frati Cappuccini risale al 1927, quando
Mons. Celestino Cattaneo, secondo Vicario
Apostolico dell’Eritrea, si recò nel suo
villaggio natio per amministrare la cresima
ad un gruppo di ragazzi di cui lui stesso
faceva parte. Servendosi delle poche
parole in italiano imparate da suo padre,
già alunno anche lui della missione
È
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MISSIONARI
Cappuccini
desiderosi di unirsi alla comunità dei
missionari cappuccini. Impresa non facile,
data la novità dell’iniziativa e i pregiudizi
del tempo – siamo alla vigilia della
Campagna d’Etiopia – ma coronata da
successo grazie al convinto sostegno del
Superiore Regolare padre Egidio da
Verano. Così il 6 novembre 1934, 14
giovani ricevevano l’abito di “fratini” nel
primo seminario serafico a Saganieti.
Tekestebrahan, che assunse il nome di fra
Domenico, era uno di loro e fu l’unico a
raggiungere il sacerdozio. Gli altri, grazie
alla formazione ricevuta in seminario, si
distingueranno per il loro impegno di vita
cristiana convintamene vissuta e per i
successi conseguiti nella carriera nei quadri
amministrativi governativi. A quel gruppo
appartiene Zeray Derress, leggendaria
figura di eroe nazionale.
Completato il ginnasio ad Addi Ugri e
Padre Domenico (Tekesteberhan)
Ghebremedhin, primo cappuccino africano
si è spento il 18 febbraio 2009.
cattolica, chiese al Vescovo ed ottenne di
essere accolto nella famosa “Scuola di Arti
e Mestieri” di Saganeiti che frequentò con
ottimo profitto fino alla quarta elementare.
Erano gli anni in cui padre Prospero da
Milano, con singolare e profetica
intuizione, aveva cominciato a raccogliere
intorno a sè un piccolo gruppo di giovani
eritrei, alcuni dei quali ancora ortodossi,
compiuto l’anno di noviziato ad Asmara
sotto la guida di padre Felicissimo da
Gaverina, primo maestro dei novizi in
Eritrea, emise la prima professione
il 12 maggio 1940. Seguì la professione
perpetua il 18 maggio 1944 e
l’ordinazione sacerdotale il 26 maggio
1945.
Destinato al Seminario Serafico di Adi Ugri
come assistente dei fratini, con l’appoggio
del sempre infaticabile padre Egidio da
Verano, vi aprì una scuola pubblica cui
accorsero centinaia di giovani dall’intera
regione. Nel 1952 venne nominato Vice
Rettore del Pontificio Collegio Etiopico in
Vaticano. Dei cinque anni della sua
permanenza a Roma approfittò per
specializzarsi in Utroque Jure presso
l’Università Lateranense, dove si laureò a
pieni voti con una tesi sulla controversa
questione della “Validità del matrimonio
consuetudinario etiopico”. Fu l’inizio del
suo impegno nel campo degli studi
etiopici che, grazie anche alla sua ottima
conoscenza della lingua Geez (l’antico
etiopico), gli permise di offrire importanti
contributi di ricerca, affiancandosi così agli
altri due etiopisti cappuccini della prima
ora: padre Agostino Tedlà e padre Ayele
Mario Teklehaymanot.
Rientrato in Eritrea nel 1959, si dedicò
all’insegnamento nello studentato
teologico di Asmara, svolgendo nel
contempo il ministero di cappellano
ospedaliero. Quando nel 1964, per
iniziativa di padre Luca Milesi, sorse il
“Centro Ecumenico S. Frumenzio” aperto a
preti ortodossi interessati ad una più
ravvicinata conoscenza della teologica
cattolica, padre Domenico ne fu il primo
direttore e professore. Una trentina dei
preti ospiti chiesero poi di passare alla
Chiesa Cattolica.
Nel frattempo, la Custodia dell’Eritrea
allargava la sua presenza verso il centro
dell’Etiopia e, nel 1967, padre Domenico
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MISSIONARI
Cappuccini
MISSIONI
Eritrea
DAL MONDO DEI CAPPUCCINI
Turchia
Foto Calloni
Padre Domenico
(secondo da destra)
con alcuni confratelli.
In basso: Asmara.
venne inviato a Dessiè dove si dedicò
all’attività parrocchiale e all’insegnamento
nella scuola aperta e gestita dalla
missione. Nel 1973/74, in Etiopia, scoppiò
la grande carestia che costò la vita a
milioni di esseri umani. Il giornalista
inglese Jonathan Dimbelby la documentò
in un filmato che fece il giro del mondo e
contribuì alla caduta di Haile Sellassiè.
In quel filmato, a far da contrasto
all’imperatore che, ostentatamente ignaro
di tutto, accudiva ai leoni del giardino
reale, era la figura di un frate chino su un
bambino stremato dalla fame. Era lui, fra
Domenico.
Un ministero che lo accompagnò
ininterrottamente, pur nella varietà degli
impegni cui fu chiamato, fu quello della
predicazione a tutte le categorie: clero,
religiosi, religiose, fedeli, giovani. Vi si
dedicò con grande generosità, favorito da
10 Cappuccini
MISSIONARI
una parola facile, calda, incalzante anche
se non priva di abbondanti scatti di
emotività e di sentimentalismo, effetto di
un temperamento focoso e super-attivo.
Nel 1977 P. Domenico fu trasferito ad
Addis Abeba, parroco della “Holy Saviour
Church”, appena dichiarata parrocchia di
Rito Geez, ma sempre a servizio della
comunità internazionale della capitale
etiopica. Dopo un breve rientro in Eritrea
(1985-1988) e un ritorno in Etiopia fino al
1990. Si ritirò prima ad Addi Ugri, poi ad
Embatkalla e infine ad Asmara dove fu,
per alcuni anni, presidente del Tribunale
ecclesiastico diocesano. Anni, questi ultimi,
di crescente deterioramento psico-fisico,
sotto l’inesorabile e impietoso incalzare
del morbo di Alzheimer, fino alla quasi
totale perdita della memoria e di contatto
con la realtà.
Fra le varie costanti della vita di padre
Domenico, c’è n’è una che le riassume
tutte e costituisce la chiave di lettura della
sua lunga esistenza: il suo sconfinato
amore per la vocazione e per la vita
francescano-cappuccina! È certamente
l’eredità più preziosa che egli lascia alle
nuove generazioni di cappuccini in quel
continente. ■
a cura di John Farad
Il progetto del Vicariato dell’Anatolia
Una grande mensa
di fraternità
Con l’aiuto del Centro Missionario di Milano
e di molti benefattori ha preso vita il progetto
solidale della Caritas dell’Anatolia presieduto da
Mons. Luigi Padovese, Vescovo dell’Anatolia dal
2004. Grazie ad un intenso lavoro si è in grado
di intervenire nelle situazioni più problematiche,
offrendo aiuti concreti e opere di solidarietà nei
confronti di tante persone bisognose: anziani,
famiglie, orfani, vedove e poveri.
Ma ancora ci sono tante cose da fare.
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MISSIONARI
Cappuccini
La Turchia
DAL MONDO DEI CAPPUCCINI
Turchia
La
difficile collocazione della Chiesa
Cattolica all’interno della
comunità civile della Turchia
(siamo una minoranza insignificante
...ultimamente sempre più oggetto di
attacchi e di minacce da parte di frange
nazionaliste e fondamentaliste), non ci ha
impedito di credere fortemente ad un
progetto che ci permettesse di rispondere
ad alcuni urgenti bisogni della nostra
comunità di Iskenderun.
Se la crisi economica ha raggiunto tutto il
mondo, in Turchia le dimensioni sono
divenute drammatiche. Con la ricorrenza
delle celebrazioni dell’anno Paolino,
abbiamo voluto che tale ricorrenza
acquisisse un significato particolare proprio
sul fronte della carità.
Dopo difficili e prolungate trattative con le
autorità locali perchè ci accordassero un
tacito consenso, siamo finalmente riusciti a
concretizzare il progetto “Mensa di
fraternità”.
Con l’aiuto del Centro Missionario dei
Cappuccini di Milano, di altri Enti e di
persone venute a conoscenza del progetto,
la mensa è stata attrezzata all’interno
degli ambienti della Caritas del Vicariato
dell’Anatolia ed è seguito da Mons. Luigi
Padovese, Vescovo cappuccino nella
nostra terra.
Ogni giorno offre un pasto caldo a circa 70
persone. ll cibo viene preparato,
impacchettato e consegnato a domicilio
dal lunedì al sabato. Tale modalità ci
permette di servire le famiglie coinvolte
nel crollo economico, senza dare adito a
intenzioni di “propaganda” qui facilmente
interpretate ogni qualvolta la Chiesa si
presta a fare opere di misericordia e di
carità.
Per noi, l’aver dato un segno tangibile di
credibilità sul nostro essere “cristiani” in
questa terra che fu la terra di S.Paolo, ci
riempie di gioia e ci dà la certezza di
essere sulle orme dei grandi Padri della
estende su una superficie di 780.580 km²,
Si
e ha 72.000.000 di abitanti, professanti
perlopiù la religione musulmana; oggi i
Chiesa che qui hanno vissuto e
testimoniato il Vangelo.
Usufruiscono della mensa soprattutto
donne con figli, abbandonate dal marito;
anziani soli e malati; nuclei familiari in
difficoltà con bimbi handiccapati; le
persone vedove
La scelta delle persone è stata fatta in
collaborazione con le Autorità locali e su
segnalazione della popolazione e di alcuni
membri della comunità cristiana. ■
La Caritas in Anatolia
operato della
L’
Caritas si svolge
essenzialmente su tre
linee di intervento:
assistenziale,
progettuale e per
emergenze.
In particolare svolge le
seguenti attività
assistenziali: visita agli
ammalati, cura degli
anziani, assistenza ai
bambini fino a 2 anni,
borse di studio, aiuto
alimentare, sanitario,
per l’abbigliamento e
per il riscaldamento.
In particolare ecco
alcune delle attività
promosse dalla Caritas
Sostegno economico
• 197 famiglie:
un pacco alimentare
del valore di 50 euro
una volta al mese
• 134 allievi: una borsa
di studio annuale
di 150 euro
• 96 famiglie: aiuto
riscaldamento (carbone)
all’inizio dell’inverno del
valore di 120 euro
• 47 orfani: pacchi
annuali di abbigliamento
del valore di 100 euro
• 36 anziani: medicinali
mensili per 15 euro
Mensa di Fraternità
Ogni giorno si
distribuisce il cibo
a 70 persone sole,
ammalate ed anziane.
Un pasto viene a costare
2 euro.
Acquisto di
capre e pecore
Con 300 euro si
comprano 6 capre o
pecore per le famiglie
numerose dell’Est
della Turchia e dall’anno
seguente ognuno
restituisce 2 agnellini da
dare ad altre famiglie.
Corso di Tappeti
Il corso è rivolto a gruppi
di 10 ragazze ed ha
durata di 4 mesi. Viene
insegnato un mestiere e
alla fine del corso viene
distribuito il materiale
necessario per la
realizzazione di due
tappeti. Il costo per ogni
studente è di 150euro.
Carissimi amici e
benefattori, vi
ringraziamo anche
a nome di tutti i nostri
fratelli e saremo felici se
nella vostra generosità ci
aiuterete a realizzare
uno di questi progetti. ■
cristiani sono ridotti al 0.15%, poco meno di
90 mila persone.
Il Vicariato Apostolico dell’Anatolia si estende
su una superficie di 480.000 km². Siamo
presenti al nord, sul Mar Nero, a Samsun, a
Trabzon, in Cappadocia ad Avanos. Al sud
abbiamo delle missioni a Mersin, Tarso,
Adana, Iskenderun ed Antiochia. Nella zona
dell’est abbiamo una presenza nella città di
Van. Oltre a questi sedi, interveniamo in tutto
il nostro territorio dove sono rimaste ancora
delle piccole comunità Cristiane e dove ci sono
delle emergenze. ■
Mons. Luigi Padovese
ato a Milano il
N
31 marzo del
1947. Il 4 ottobre
1965 fa la prima
professione tra i
frati cappuccini ed
esattamente 3 anni
dopo quella
solenne. Il 16
giugno 1973 viene
ordinato sacerdote.
Professore titolare
della cattedra di Patristica alla Pontificia
Università dell’Antonianum. Fino ad essere
ordinato vescovo è stato per 16 anni direttore
dell’Istituto di Spiritualità nella medesima
università. Professore invitato alla Pontificia
Università Gregoriana e alla Pontificia
Accademia Alfonsiana. Per 10 anni è stato
visitatore del Collegio Orientale di Roma per la
Congregazione delle Chiese Orientali.
Consulente della Congregazione per le Cause
dei Santi. L’11 ottobre 2004 viene nominato
Vicario Apostolico dell’Anatolia e vescovo
titolare di Monteverde. Viene consacrato a
Iskenderun il 7 novembre dello stesso anno. ■
MISSIONI
Brasile
Dal Brasile: frammenti di vita missionaria
Un grande
entusiasmo
per la mia
nuova
esperienza
A 71 anni frei
Defendente entra a
collaborare in una nuova
parrocchia. Di certo non
gli mancano né
entusiasmo né
intraprendenza per
affrontare il nuovo
incarico
una settimana mi trovo
Da
nel nuovo campo di
lavoro e subito vi informo su
questa nuova realtà. Santana è
una città portuaria distante da
Macapà una ventina di
chilometri ed ha una
popolazione di circa 110.000
abitanti. Esistono soltanto tre
parrocchie; la nostra, in
periferia, è dedicata a San Pio
da Pietrelcina eretta due anni
fa e affidata a noi frati
cappuccini. Affidata alla
fraternità del Noviziato, ha
beneficiato dell’impegno di un
giovane frate brasiliano che,
con molto sacrificio, ha iniziato
ad organizzare la struttura ed
in due anni ha fatto moltissime
cose. I superiori hanno pensato
di potenziare questa realtà e
così hanno mandato il
sottoscritto perché possa dare
14 Cappuccini
MISSIONARI
una mano a compiere le opere
più necessarie.
Attualmente siamo ospitati
dalle Suore Piccole Apostole
della Carità – congregazione
fondata da don Luigi Monza –
pertanto un lavoro urgente è
quello di realizzare una casa
per i frati; esiste un terreno per
il piccolo conventino, ma
mancano i soldi. È per questo
che mi hanno mandato qui
come curato per aiutare il
giovane parroco frei Jamilson
ordinato sacerdote due anni fa.
Chissà se potremo fare
miracoli!
E così, dopo la mia precedente
esperienza di Colonia do Prata,
Nova Timboteua, eccomi qui
nella Parrocchia di Padre Pio
aperto ad una nuova
esperienza. A Nova Timboteua
ho lasciato tutto in ordine ed
organizzato, ora mi aspetta
questo grande e nuovo lavoro.
Non torno in Italia per
quest’anno, ho troppe cose da
fare: per prima cosa il convento
e poi, il prossimo anno, ci
daremo da fare per le strutture
della chiesa. Ci sono sei chiese
e la maggiore è stata adibita a
sede parrocchiale. Purtroppo i
tetti delle chiese sono ricoperti
con tegole in amianto.
All’Equatore fa un caldo
terribile e l’amianto, inoltre, è
molto pericoloso. Pertanto ho
in mente di rifare tutti i tetti:
un lavoro non da poco.
Ho accettato con entusiasmo
l’obbedienza dei superiori e
sono disposto a dare tutto me
stesso, sebbene non sia più un
giovincello: ho da poco
compiuto 71 anni, mica male!
Ma la mia grinta è sempre la
stessa. Il parroco è un uomo di
preghiera e questo è davvero
molto bello. Pochissime sono le
intenzioni per celebrare le
Sante Messe, è necessario
integrarle. Né io né il parroco
siamo abituati ad usare il
computer; ho scritto questa
lettera con una macchina da
scrivere dopo che frei Jamilson
ha sparso la voce che me ne
serviva una: ne sono comparse
la bellezza di cinque! Qui la
gente è buona e mi ha accolto
molto bene. In una Messa in
cui era presente il Vescovo ci
hanno riservato una
simpaticissima sorpresa: dopo
le belle canzoni del coro è
stato intonato “barba
capucinorum”, il parroco è un
mago di musica, un vero
spettacolo; mi tratta come un
padre ed io lo considero come
un nipote e questo nostro
rapporto fa molto piacere alla
gente. Un caro saluto a tutti
Frei Defendente Rivadossi
Questa volta
ce la siamo
vista brutta
Frei Pierantonio Zanni, di spalle,
con frei Aquilino Appassiti.
Nella pagina precedente
Frei Defendente Rivadossi.
arissimi, avevo promesso di
Cquando
mandarvi mie notizie
sarei arrivato alla
nuova destinazione di Marabá,
ma ho corso il rischio di non
mantenere la promessa.
Il giorno 18 febbraio
effettivamente partii da
Capanema con frei Aquilino
che guidava la sua Kombi piena
zeppa di tutti i miei bagagli.
Come buoni frati, abbiamo
iniziato il viaggio con la recita
del Santo Rosario. Il cielo era
coperto, ma non pioveva:
potevamo viaggiare
tranquillamente e anche
conversare sulla mia futura
attività. Percorsi duecento
chilometri recitammo un altro
rosario per affidare nelle mani
di Maria il nostro futuro. Fatti
altri duecento chilometri di
strada era ormai mezzogiorno
ed io chiesi a frei Aquilino di
fermarsi per pranzare, ma egli
disse che dopo poco avremmo
incontrato un ristorante.
Avevo notato che frei Aquilino
esagerava un po’ troppo con
l’acceleratore e lo esortavo a
andare un poco più
lentamente, anche perchè sulle
curve la Kombi dava segni di
instabilità; ma le mie
sembravano parole al vento!
Avevo come la percezione che
qualcosa dovesse capitare.
Dopo dieci minuti frei Aquilino
perse il controllo
dell’automezzo e la Kombi si
capovolse e la frenata provocò
una scivolata di cinque metri.
Grazie al Buon Dio non c’erano
persone sulla strada, tanto
meno autovetture. La Kombi si
fermò al margine della strada,
coricata sul lato del guidatore.
Due minuti dopo sopraggiunse
un camion e l’autista ci aiutò
ad uscire dalla portiera destra
sul mio lato. Dalle case vicine
sopraggiunsero alcune persone
che ci aiutarono a rimettere in
sesto il veicolo e ci permisero
di proseguire il nostro viaggio.
Per fortuna frei Aquilino ed io
non riportammo nessuna
conseguenza; la Kombi arrivò a
destinazione, ma fu portata
subito dal meccanico per essere
riparata. Così due giorni più
tardi frei Aquilino potè fare
ritorno alla sua parrochia in
S.Antonio do Prata. Il giorno
dopo ho celebrato la Santa
Messa in ringraziamento al
Signore e alla Madonna.
Ringrazio anche tutti coloro che
mi hanno accompagnato con le
loro preghiere.
frei Pierantonio Zanni
15
MISSIONARI
Cappuccini
MISSIONI
Brasile
di frei Pierantonio Zanni
Quanti compiti nuovi mi aspettano
Fra Pierantonio è destinato
a Marabà
Dopo la sua avventura delle pagine
precedenti fra Pierantonio ci porta
scoprire la nuova missione dove è
stato destinato. Una parrocchia molto
vivace dove davvero ci sono numerose
cose da fare e tanti progetti da
portare avanti dal sostegno a distanza
alla visita ai carcerati, dal supporto
sanitario alla mensa per i poveri.
liturgia della terza domenica
della scorsa Quaresima ci ha
ricordato il Decalogo, “le dieci
parole di vita”, che Dio
comunicò al popolo ebreo, perchè potesse
essere felice. Purtroppo l’umanità non si
fida di Dio e cerca la felicità per altre
strade. Il 25 febbraio scorso la Chiesa ha
lanciato in tutto il Brasile la Campagna
della Fraternità, che discute il tema
“Fraternità e Sicurezza Pubblica”, con lo
slogan “La pace è frutto della giustizia”.
Uno degli obiettivi della Campagna è
“sviluppare nelle persone la capacità di
riconoscere la violenza nella propria realtà
personale e sociale; promuovere la cultura
della pace e denunciare la gravità dei
crimini contro l’etica, l’economia e la
gestione pubblica, come pure l’ingiustizia
presente negli istituti della prigione
speciale, del foro privilegiato e
dell’immunità parlamentare per i delitti
comuni”.
Si vuole pure “fortificare l’azione educativa
e evangelizzatrice, oggettivando la
costruzione della cultura della pace, la
coscientizzazione sopra la negazione dei
La
16 Cappuccini
MISSIONARI
diritti come causa della violenza e la rottura
con le visioni di guerra, le quale erigono la
violenza come soluzione per la violenza”.
Il giorno 18 di marzo sono arrivato alla mia
nuova destinazione: Marabà, al sud dello
Stato del Parà. La Diocese di Marabà ha la
superficie di 69.422 km²; la popolazione è
di 664.133 abitanti com una densità
demografica di 9,56 ab/km².
In questo terreno ci sono giacimenti di oro,
argento, alluminio, rame, carbone
vegetale, cristallo di roccia, diamanti,
nichel, stagno, manganese e zinco. Come
vedete è una ricchezza enorme che spiega
perchè questa zona è ricercata da molte
multinazionali e perchè è una zona
violenta e segnata da molti delitti
impuniti. La città di Marabà ha 200.801
abitanti, con densità 17,81 ab/km² ed è
divisa in cinque parrocchie con la media di
40.000 abitanti ciascuna. La nostra
parrocchia, oltre alla sede centrale, ha
altre tre comunità urbane e sette rurali.
L’assistenza spirituale è realizzata da tre
frati Cappuccini e da una comunità di
Suore che si dedicano specialmente alla
catechesi. Ci sono i Ministri Straordinari
della Eucaristia che portano la
Comunione in casa agli ammalati.
Il parroco dice che deve costruire due
chiese per soddisfare le necessità di tutti i
fedeli. Un volontario di Udine (Bepi) sta
costruendo con i propri mezzi e con il
sudore delle sue mani la chiesetta
dedicata a S.Teresina in una invasione
(aggregazione di povere case costruite
abusivamente) di circa tre mila persone.
La vita di convento è incentrata nella
formazione di nove giovani che si
preparano a entrare l’anno prossimo nel
nostro Noviziato per diventare frati
Cappuccini.
L’incarico che mi hanno dato i Superiori è
principalmente continuare, riattivare e
ampliare le opere sociali, iniziate da Fra
Aquilino di Sforzatica (BG), un fratello laico
della mia età, ma con una salute di ferro,
un cuore generosissimo e una carica di
simpatia, che ha conquistato la gente di
qui di qualsiasi ceto sociale. In marzo ho
realizzato la prima visita alle carceri
insieme al Signor Bepi e a quattro signore
che fanno parte della Pastorale carceraria.
I carcerati sono quattrocento, il 10% sono
donne, prese per differenti crimini e sono
in attesa di processo. I custodi carcerari
sono stati molto gentili con noi e una
giovane ci ha accompagnati nella visita a
due gruppi di uomini e a uno di donne.
Abbiamo conversato, informandoci del
luogo di origine, di come occupavano il
tempo, elogiando quelli che si
impegnavano in attività artigianali. In
seguito io ho spiegato il Vangelo della
domenica e abbiamo pregato e cantato
insieme. Mi chiedevano qualcosa da
leggere e la corona del Rosario;
promisi che la volta successiva avrei fatto
il possibile per soddisfare i loro desideri.
Entrammo nel carcere alle 15:30 e
uscimmo alle 17:00, perchè terminava
l’orario delle visite. Sono stato molto
impressionato dalla visione di quelle
persone, rinchiuse in celle super popolate.
Un’altra attività è rappresentata dal
“sostegno a distanza”: famiglie italiane si
impegnano a aiutare bambini di qui,
perchè possano studiare. L’aiuto consiste
nel dare alla famiglia una “cesta basica”
mensile che possa permettere a un figlio di
studiare con impegno e serenità. Ogni volta
vengono distribuite circa 45 ceste basiche
che corrispondono agli attuali bambini.
Un’altra opera sociale è l’ambulatorio
medico per persone carenti, servito da
medici volontari: è chiuso da un anno,
ma sto facendo vista ai medici e spero di
riaprirlo in agosto.
Altra costruzione è la “Casa del pane P.Pio”
con un refettorio per distribuire la zuppa ai
poveri, ma attualmente non funziona e
anche qui mi sto muovendo per recuperare
volontari e riattivare questa importante
opera.
Come vedete il lavoro non manca e spero
che voi continuiate ad aiutarmi
spiritualmente e materialmente. ■
Per aiutarmi fate pure riferimento a:
C.C.P. 757203
Segretariato Missioni Cappuccine,
P.le Cimitero Maggiore ,5 – 20151 Milano,
notificando “Per le opere di F. Pierantonio”.
Io ho per voi un costante ricordo
nelle preghiere e nella santa Messa
17
MISSIONARI
Cappuccini
DAL MONDO DEI CAPPUCCINI
Volontari
fra Zacharie Kolantrin, cappuccino della Costa d’Avorio
Momento conclusivo degli incontri
formativi per i volontari che
partono per la missione tenuti
dal 13 gennaio al 5 aprile presso
il Centro Missionario di Milano
Una testimonianza
può cambiare la vita di tanti!
Un
filo conduttore per descrivere il
cammino formativo dei volontari
l’ho trovato nel racconto del
Vangelo di Giovanni sulla chiamata dei
primi discepoli (Gv 1,35-39). Sollecitati dalle
parole del Battista, due suoi discepoli,
Andrea e Giovanni, si mettono a seguire
Gesù il quale si rivolge a loro e chiede:
«Che cosa cercate?» (Gv 1,38).
Questa domanda fondamentale e
essenziale ha fortemente guidato questi
incontri formativi di preparazione all’invio in
missione. Lungo il nostro percorso, durato
quattro mesi, abbiamo sentito spesso, in
sottofondo o apertamente, delle domande
del tipo: Quali sono le vostre attese,
speranze, esigenze? Che cosa vi aspettate
dalla missione nella quale volete andare?
Che cosa vi fa paura? All’inizio, nei tanti
partecipanti c’era una sensazione di
incertezza, una partecipazione ancora
esitante, un certo imbarazzo e una certa
timidezza. In questo senso, il corso è stato
di grande aiuto perché prepararsi ad andare
in missione incomincia con la capacità di
interrogare e di interrogarsi; anzitutto a fare
chiarezza, a scavare nel cuore, a chiedersi
le motivazioni del proprio desiderio, del
proprio agire e del proprio vivere.
Alla domanda Che cosa cercate, i due
discepoli rispondono: «Rabbì, dove abiti?»,
cioè «Dove rimani? Dov’è la tua dimora,
perché possiamo raggiungerti là?».
18 Cappuccini
MISSIONARI
Domandare: «Dove abiti?» significa
chiedere: «Possiamo stare con te?». Gesù
dirà loro: «Venite e vedrete»!
Il missionario è uno che cerca una
familiarità, una comunione personale,
convinta e appassionata con la gente che va
a trovare in terra di missione; non desidera
sapere qualcosa in astratto, ma stare con
loro. Questi incontri hanno avuto lo scopo di
aiutare i volontari a capire un po’ meglio il
senso del loro andare in missione, sia per
loro, sia per quelli che li accolgono in
missione. Per vedere e conoscere la realtà
missionaria è necessario fare un’esperienza
concreta e umile assieme alla gente sul
posto. Stando con loro, si arriverà a vedere
il loro vero volto, che prima non può che
essere intravisto o immaginato.
E i due discepoli «andarono, videro dove
abitava e quel giorno si fermarono presso di
lui» (Gv 1,39). Siamo rimasti colpiti dalle
parole di quelli che ci hanno raccontato un
po’ (impossibile dire tutto) del loro
soggiorno in missione dello scorso anno;
espressioni sia della consapevolezza dei
propri limiti, sia del valore e della bellezza
di quel poco compiuto: è ciò che spiega
tanta emozione e commozione! In questa
estate 2009 ancora, volontariamente, altri
sessanta ragazzi hanno deciso di andare e
dimorare, per uno o due mesi, con la gente
del Camerun, dell’Etiopia, della Costa
d’Avorio e del Brasile; hanno deciso di
spendere non solo i loro soldi ma soprattutto
la loro vita per essere con questa gente e
testimoniare loro l’Amore. Lo possono fare
perché sono pienamente entrati nei panni
del missionario che si strappa a se stesso e
esce dalla pretesa di vivere solo per sé.
Qui mi sembra importante ricordare che un
altro aspetto della testimonianza missionaria
è non volere trattenere le persone per sé,
non tentare di soffocare la loro libertà, ma
aiutarle a trovare lo slancio e il coraggio di
camminare sulla strada che Dio ha tracciato
per loro.
Dopo essersi fermato con Gesù, uno dei due,
Andrea, trova suo fratello Simone e lo porta
dal Signore a fare la sua stessa esperienza
(Gv 1,40-42). Andrea sente la bellezza di
quella scoperta e sente l’urgenza di
diventare annunciatore della sua ricerca,
della sua fede; inizia così una cascata di
chiamate. La passione missionaria, come il
Vangelo, si trasmette per contagio, per
contatto, per “passa parola”. Difatti, chi vede
di persona la realtà missionaria sente il
desiderio poi a sua volta di chiamare altre
persone alla missione. L’esigenza di
testimoniare nasce spontaneamente quando
si è sperimentata l’importanza della
comunità di vita dei missionari. Non si
evangelizza con una diffusione solamente
didattica della dottrina, ma con una passione
che si trasmette dall’uno all’altro.
Ora mi rivolgo a voi cari volontari che tra
qualche mese partirete in Missione: siete
invitati a diffondere quello che avete vissuto
durante questi incontri formativi e quando
tornerete dalla missione non esitate a dare
la vostra testimonianza per il bene degli
altri. Se il vostro incontro con
Cristo in terra di missione
ha cambiato la vostra vita,
anche la vostra testimonianza
susciterà dei cambiamenti nella
vita di tanti altri volontari
missionari. Pace e Tanto
Bene ad ognuno di voi! ■
DAL MONDO DEI CAPPUCCINI
a cura di Alessandra Rossetti
partecipano giovani e assistono
tutti i membri della comunità,
comprese le donne e i bambini.
Riti di fertilità
A Caravaggio presso lo spazio di Missionari Cappuccini è aperta
una grande mostra dedicata alla tradizione delle maschere.
Un’occasione davvero impedibile per conoscere i significati
e la ritualità che si celano dentro una delle manifestazioni
più antiche della cultura africana
ello spazio espositivo dei
Missionari Cappuccini a
Caravaggio è aperta la mostra di
maschere africane “La saggezza della
tradizione”.
Questa mostra, basata su materiale
inviato direttamente dai nostri
missionari cappuccini, si propone di far
conoscere un aspetto determinante della
cultura tradizione dell’Africa equatoriale,
terra d’origine delle maschere. L’arte
africana e specialmente la maschera, ha
una funzione sociale, è uno strumento
pedagogico che trasmette l’insieme dei
doveri, leggi e costumi ed è
l’espressione visibile della forza del
soprannaturale, che sovrintende ai riti di
passaggio: dal concepimento alla
nascita, dalla pubertà alla morte. La
maschera africana è concepita con lo
Spazio espositivo Missionari Cappuccini
(adiacente al Santuario) • via Misano 12 • Caravaggio
Ingresso libero
Orari: da martedì a venerdì: 10-17
sabato e domenica: 10-19
lunedì chiuso
Per informazioni
e visite guidate:
0363 351907
[email protected]
www.missioni.org
MISSIONARI
Cappuccini
scopo di provocare tra gli assistenti
sentimenti di rispetto, di timore, di
terrore, di coraggio…
Nella cultura occidentale, la maschera
rappresenta un travestimento, utilizzato
fin dall’antichità negli spettacoli e nelle
feste. Per l’uomo africano, invece, la
maschera è un mezzo con cui captare la
forza soprannaturale degli spiriti e
appropriarsene, utilizzandola a beneficio
della comunità.
Essa deve assomigliare allo spirito sul
quale si desidera agire, nascondendo
colui che la indossa.
Tuttavia la maschera non è un
travestimento con il quale si cerca di
nascondersi per trarre in inganno gli
spettatori; l’uomo mascherato non vuole
farsi passare per una divinità, ma è la
divinità stessa che agisce attraverso lui.
Le maschere presenti in mostra sono
suddivise in base alla funzione che
assumono durante particolari cerimonie
nelle quali vengono indossate:
Cerimonie di iniziazione
Nelle cerimonie di iniziazione le
maschere rivestono una grande
importanza per la comunità. Possono
essere viste solo durante le cerimonie
stesse e vengono conservate dai
dignitari responsabili in luoghi
particolari.
Cerimonie delle
società segrete
Le maschere hanno un’importante
funzione sociale in seno alle società
segrete, che sono associazioni quasi
esclusivamente composte da uomini
che hanno compiti particolari da
svolgere per l’interesse della comunità:
si occupano del governo della tribù,
dell’amministrazione della giustizia, del
mantenimento dell’ordine sociale
all’interno del villaggio.
Comportamenti sociali
Alcune maschere vengono portate
esclusivamente durante le cerimonie
pubbliche (riti d’investitura dei capi,
festeggiamenti per il ritorno dei nuovi
iniziati, caccia rituale) alle quali
Molte maschere sono realizzate e
utilizzate nei riti in onore delle
divinità che provvedono al benessere
della comunità in termini di fertilità –
umana, animale e del raccolto della
terra.
Riti di protezione
Alcune maschere vengono utilizzate nei
rituali per avere la protezione della
comunità, per esempio contro le
comunità vicine belligeranti o contro la
minaccia di incendi e inondazioni. Il
ruolo della maschera in questi rituali è
quello di conferire un potere
soprannaturale a chi la indossa,
sollecitando l’aiuto dello spirito che
rappresenta.
Riti funerari
La maschera ha il compito di porsi in
contatto con lo spirito del defunto, onde
evitare che possa nuocere alla comunità.
Secondo le credenze africane, alla morte
di una persona, lo spirito si separa dal
corpo e comincia a vagare nei luoghi nei
quali era vissuto. Il compito della
maschera è quello di fare in modo che
lo spirito diventi un’entità propizia. ■
IL SANTO DEL MESE
a cura di Rosa Giorgi, direttrice del Museo
dei Beni Culturali Cappuccini di Milano
La Madonna col Bambino del Lazzaretto
torna al Museo dei Beni Culturali Cappuccini
el mese di maggio,
tradizionalmente dedicato alla
N
Madonna, al Museo dei Beni Culturali
Cappuccini viene presentato l’intervento
di restauro finalmente concluso della
formella della Madonna col Bambino
proveniente dal Lazzaretto di Milano.
L’opera, già presentata in occasione della
mostra “I Cappuccini e i Promessi Sposi”,
è stata vista dai più mentre il restauro
era ancora in corso, quando alcune parti
erano state lasciate volutamente ancora
coperte con strati di ridipintura,
lasciando solo pensare quanto avrebbe
riacquistato in bellezza, ma anche per la
profonda comunicazione, ritornando
all’antico semplice, genuino splendore.
La formella, fissata su un supporto
ligneo e inserita entro una cornice in
legno dorato, si presentava con la
pellicola pittorica sollevata e staccata in
alcuni punti, e l’angolo superiore destro
con una profonda fessurazione obliqua.
Sul blu dello sfondo risaltavano in oro il
trono e le aureole. L’abito della
Madonna era rosso scuro e quello del
Bambino grigio. Su entrambi era fissata
una corona in lamina di metallo dorato
con finte pietre.
Per consolidare il colore è stata
applicata carta giapponese con un
adesivo di origine organica. L’angolo
superiore destro è stato fissato
mediante sottili lamelle di legno e le
zone lacunose ripristinate con l’utilizzo
di balsite (uno stucco di estrema
leggerezza e reversibilità).
La superficie pittorica è stata pulita con
detergenti neutri e con solventi e bisturi
poi è iniziata l’asportazione della
ridipintura. Sono così emersi i colori
originari: il rosso vivo dell’abito della
Madonna (decorato con minuti motivi
bianchi); il verde chiaro della veste del
Bambino, le sottili decorazioni nere su
fondo oro delle aureole (quella del
Bambino anche con spicchi di colore
rosso).
L’intervento di ridipintura aveva
compromesso anche l’originaria
iconografia: ad esempio le affusolate
dita della mano sinistra della Madonna
erano state rozzamente accorciate.
La pulitura ha evidenziato una terza
stesura di colore – intermedia tra quella
originaria e quella più superficiale – in
occasione della quale sono stati
introdotti nuovi dettagli quali una
stellina dorata sul fondo blu e la collana
e il braccialetto rossi di Gesù Bambino.
Inoltre è stata stesa una prima
ridipintura dell’incarnato della Madonna
e di Gesù Bambino, più scura rispetto a
quella originaria.
L’intervento ha richiesto anche indagini
chimico-stratigrafiche di un campione di
colore dello sfondo blu. Il campione si è
rivelato composto da tre strati: nella
parte più interna è individuabile uno
strato preparatorio (colore giallobruno), costituito da un impasto di
gesso e colla animale. Il secondo strato
è una sottile imprimitura bianca ad olio.
La colorazione azzurra del terzo strato
più esterno dipende dalla presenza di
azzurrite – un pigmento di origine
minerale – macinata e legata con olio.
Per celebrare il ritorno della Madonna
del Lazzaretto tra le opere del Museo, si
farà una presentazione pubblica il 12 di
maggio completata da un concerto
corale di brani ti tema mariano,
all’interno della chiesa di viale Piave. ■
23
MISSIONARI
Cappuccini
Missionari
Cappuccini
sabato
13 giugno 2009
in
festa
Cascina Conigo
TACCUINO
S. Corinna
Noviglio
dodicesimo
appuntamento
autostrada Milano-Genova
Uscita: casello Binasco,
girando a destra troverete le indicazioni
ore 16.00 - la festa comincia:
con giochi, canti e visita agli stand
ore 18.00 - S. Messa
concelebrata dai missionari presenti
ore 20.00 - Grigliata fraterna
(prenotazioni c/o Segretariato
Missioni Estere - tel. 02/30.88.042)
ore 21.30 - la festa continua:
musica e… tante sorprese.
Ti aspettiamo nella suggestiva
cornice della cascina rurale per fare
festa insieme a noi, per conoscere le nostre missioni e vivere un momento di solidarietà
con i nostri missionari che quotidianamente annunciano il Vangelo in Brasile, Thailandia,
Costa d’Avorio, Camerun, Eritrea, Etiopia e Turchia.
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