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MISSIONARI Cappuccini Anno XLVII n.5 - maggio 2009 Spedito nel mese di maggio 2009 Poste Italiane s.p.a. Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 2, DCB Bergamo Mons. Franco Cuter Il lungo cammino della pastorale indigena Vicariato dell’Anatolia Una grande mensa di fraternità Testimonianze e frammenti di vita missionaria EMMECI notizie a cura di Alberto Cipelli Carissimi amici lettori e benefattori Al via i lavori per un pozzo nel villaggio di Kuftale Grazie all’aiuto del Centro Missionario stanno iniziando i lavori per la realizzazione di un pozzo in Etiopia che risolverà i problemi di molte persone. arissimo Padre Mauro, innanzitutto a nome dell’Eparchia (Diocesi) di Barentù in Eritrea e della popolazione di Kuftale e dei dintorni, desidero cogliere l’occasione di ringraziare te e il Centro Missionario di Milano, come pure i tanti benefattori che attraverso di voi si sono prodigati a esprimere la loro solidarietà con i fratelli C bisognosi dell’Eritrea. Portare avanti un progetto come quello del Pozzo a Kuftale significa per noi, non soltanto assicurare approvvigionamento d’acqua per molti villaggi, ma anche affrontare il problema della salute di un’intera comunità e inoltre significa dare la possibilità di una crescita sana per molti bambini e permettere di prevenire numerose malattie. Attraverso il progetto di un pozzo si porta avanti, in realtà, un progetto di sviluppo integrativo e di promozione umana che aiuta la comunità intera. Con la presente desidero informare il Centro Missionario che la somma di 20.000 euro da voi generosamente versata, è stata mandata a Barentù e presto inizieranno i lavori di scavo. A lavori iniziati È partito il primo container per l’Eritrea seguito dell’appello presentato nel numero di marzo da fra Hailemikael Beraki, Ministro Provinciale dell’Eritrea, informiamo che è partito il primo container contenente molti degli aiuti alimentari richiesti. Con gioia è stato accolto l’appello e in questo modo molte persone povere, afflitte da una situazione drammatica e di miseria, potranno beneficiare della generosità di tanti benefattori. A 2 MISSIONARI Cappuccini manderemo un resoconto dello stato di avanzamento dell’opera e le foto di documentazione, mentre a fine lavori sarà nostra cura rendicontare l’intero progetto. In questi anni l’Eparchia oltre all’attività di promozione scolastica, il programma sanitario, il programma di alimentazione integrativa, la distribuzione di sementi ai contadini poveri è riuscita anche a portare avanti programmi di promozione umana e di sviluppo. Il progetto “pozzo” fa parte di questo ampio programma di promozione umana che è parte integrante dell’opera di evangelizzazione dell’Eparchia. Tale programma è veramente provvidenziale in un momento così difficile per il nostro Paese, ma lo è particolarmente per le fasce più deboli della nostra società. Un grazie quindi a tutti voi che vi siete prodigati per sostenere le attività dell’Eparchia di Barentù. Il Signore, datore di ogni bene, vi ricompensi e vi benedica. Fra Stefano Tedla, Segretario Generale tenuto un particolare La Chiesa d’Oriente ha sempre man suo onore che la in ioni devozione a Maria. Le celebraz icone che la ritraggono te mol le a, serv tradizione orientale con o un segno tangibile della quasi sempre assieme a Gesù, son ine. Non si può poi particolare attenzione verso la Verg ale terra di Turchia che Maria ’attu dimenticare che fu proprio nell di Efeso del 431 Theotokos, fu riconosciuta dai Padri del Concilio o sembra sia stata dedicata ossia “Madre di Dio”. Ancora ad Efes e luogo il Concilio. a Lei la prima Chiesa nella quale ebb ad oggi anche con il sino ta Questa devozione s’è mantenu riguardi di Maria nutre nei che ano ulm concorso del mondo mus no testimonianza le migliaia una venerazione particolare. Ne dan che incessantemente di pellegrini, cristiani e musulmani, di Maria (Meryem Ana) visitano ad Efeso la cosiddetta casa ine sia vissuta con l’apostolo Verg la che dove la tradizione vuole sta piccola casa, Giovanni dopo la morte di Gesù. Que il santuario nazionale della trasformata in cappella, è divenuta he uno dei luoghi più anc è Chiesa cattolica di Turchia ed ora visitati del paese. ani entrare in questo È toccante vedere cristiani e musulm Signore Gesù. Al di là piccolo luogo e pregare la madre del o cristiani e musulmani, aran delle divisioni teologiche che sep . A Lei ciascuno apre il dre” “Ma la è bello trovarsi uniti presso comune della sofferenza e cuore. Si può dire che l’esperienza re che tutti ascolta, è una l’esperienza di trovare in Maria la mad strada verso il dialogo religioso. ia ad Efeso, altri luoghi Alla tradizione della presenza di Mar suo passaggio nel viaggio hanno conservato la memoria di un a ad Efeso. Al sud della che dalla Palestina dovette condurl Arsuz, v’è su una montagna Turchia, nei pressi di Antiochia, ad che sia passata Maria. Ogni ne una fonte presso la quale si ritie iani ortodossi dei paraggi si anno, il giorno dell’Assunta, i crist o ricordando questo radunano a pregare in questo luog passaggio. ucia vi sono località che nel Ancora nei pressi di Tarso e di Sele (Meryemlik), ma sono loro toponimo richiamano a Maria dedicate a Lei che ci soprattutto le molte Chiese di Turchia cristiani del paese verso rimandano alla grande devozione dei con la sua presenza. a terr sta Colei che ha reso preziosa que , è pressoché ione relig nto qua Se qui il cristianesimo, in tinua ad essere viva e con scomparso, la memoria di Maria con teriosamente presente ed Lei – si sa – continua ad essere mis operante anche suo Figlio. Mons. Luigi Padovese Vescovo cappuccino dell’Anatolia 3 MISSIONARI Cappuccini MISSIONI Brasile di Mons. Franco Cuter, Vescovo della Diocesi di Grajaú Il lungo cammino della pastorale indigena Mons. Franco Cuter riflette sugli impegni della sua Chiesa Il triste massacro di Alto Alegre da una parte si è rivelato un fallimento di ideali, ma dall’altra ha posto le basi per una più profonda riflessione sul significato della pastorale e dell’evangelizzazione delle popolazioni indigene del Brasile. Un cammino difficile che Mons. Franco ha intrapreso nel suo mandato in cui si è visto chiamato ad affrontare la delicata relazione con popolazioni dalla cultura così diversa che implica rispetto e desiderio di condivisione. 13 marzo1901: il massacro di Alto Alegre. Una data che segna profondamente la storia dell’evangelizzazione dei popoli indios da cui è nata questa nostra Chiesa Particolare di Grajaú. L’esplodere della violenza con l’uccisione dei frati, delle suore, di tanti altri fratelli e sorelle, nella sequela di violenze e di morti di indios e non indios che ne derivò, poneva fine al 4 MISSIONARI Cappuccini generoso tentativo di evangelizzazione e civilizzazione della popolazione indigena sparsa nelle aldee di quelle terre. Proprio questo connubio, tanto comune e tanto naturale per la mentalità del tempo, faceva così naufragare un’esperienza di un annuncio del Vangelo capace di unire nella fraternità e nel rispetto popoli e culture differenti. Consegnava però a questa nostra Chiesa, nata dall’eroismo e dal sangue versato, l’impegno di costruire nella fraternità la convivenza tra popoli indios e popoli giunti nel contesto dell’invasione e occupazione di queste terre. Consegnava a questa nostra Chiesa l’impegno di una presenza fraterna e amica accanto ai fratelli indios, presenza fatta di solidarietà nelle difesa della loro identità e dei loro diritti, che concretizzasse il sogno di quei missionari di vedere i popoli indios liberi e forti vivendo in dignità come figli del nostro Padre comune. Il cammino però non si è rivelato facile. Nuove tensioni, contrasti, incapacità di convivere col diverso, scontro di interessi, pregiudizi profondi e nuove ingiustizie hanno contribuito a mantenere e far crescere il muro di divisioni che ha separato e contrapposto per tanto tempo popoli e culture. Proprio per questo quando giunsi in questa terra, chiamato ad accompagnare come pastore il cammino della Chiesa particolare di Grajaú, scelsi come motto che esprimesse le mie speranze e i miei 5 MISSIONARI Cappuccini MISSIONI Brasile sogni nell’assumere questa missione, la frase della lettera agli Efesini: “Lui (Gesù) è la nostra pace” con la quale S.Paolo celebrava la presenza di Gesù, capace di distruggere il muro di divisione tra giudei e pagani, realizzando la riconciliazione e la convivenza fraterna tra popoli e culture differenti. Questo continua ad essere ancora oggi una grande e impegnativa sfida per la nostra Chiesa di Grajaú. La nostra Diocesi infatti occupa una vasta area nello stato del Maranhão (circa 40.000 Km quadrati) e all’interno di questa realtà si trovano vaste aree indigene di differenti popoli. Nell’ambito della Diocesi ci sono decine e decine di aldee indigene, con circa 18.000 indios. Gli indios li troviamo poi sempre più numerosi nelle nostre stesse cittadine. Esistono ancora problemi di demarcazione e revisione di terre indigene con tutta la problematica legata a questa forte presenza di popoli indios con la loro specifica e differente identità. Questa realtà ci interpella fortemente come Chiesa. Proprio per riflettere su come ci dobbiamo accostare alla realtà indigena come Chiesa che desidera essere fedele alla missione che Gesù ci affida, a fine marzo, nella città di Barra do Corda ha avuto luogo una “Tavola rotonda” che ha riunito Vescovi e rappresentanti delle Diocesi del Maranhão dove c’è presenza di popoli indios, assieme a rappresentanti di altri organismi di Chiesa attenti alla problematica indigena. Nella Diocesi di Grajaú c’è la maggior concentrazione di popoli e aldee indigene, ma altre diocesi sono interessate al problema, per la presenza di indios, con le relative sfide che questa presenza comporta. 6 MISSIONARI Cappuccini Per questo tutta la Chiesa del Maranhão ha sentito il bisogno di confrontarsi e di riflettere alla luce del Vangelo. Oggi infatti è cresciuta la coscienza dell’attenzione e del rispetto con cui ci dobbiamo accostare a popoli e culture differenti, proprio in nome del Vangelo. Abbiamo una più chiara consapevolezza dei diversi ambiti in cui si articola l’evangelizzazione. Crediamo che il Vangelo è un dono, ma che ha bisogno di essere accettato e espresso nella cultura e identità dei diversi popoli, riconoscendo e ricuperando i valori presenti in queste culture, sementi del Regno. Siamo coscienti che Gesù offre la sua presenza amica a persone create libere e chiamate a rispondere in libertà e nel rispetto della loro identità e della loro storia. Anche la società in generale è diventata più attenta al problema dei popoli indigeni. Ma continuano preconcetti, diffidenze, tensioni che rendono difficile la pacifica convivenza di culture differenti. Molti territori sono stati riconosciuti e demarcati come aree riservate ai popoli indigeni, ma esistono ancora problemi aperti: invasioni di aree indigene, terre non demarcate, violazione dei diritti di questi popoli, violenze e discriminazioni, traffico di droga, sfruttamento incontrollato di legname... Oggi inoltre la presenza dei popoli indigeni è minacciata per lo sviluppo dei grandi progetti che hanno bisogno di terre per lo sfruttamento ambientale provocato dalle esigenze del modello economico vigente, per la corsa all’accaparramento e sfruttamento delle risorse. I popoli indios sono ora più coscienti della loro identità e dei loro diritti e desiderano essere protagonisti liberi e consapevoli del loro futuro. Devono però affrontare la sfida di conciliare lo specifico della loro tradizione con la necessità di ripensarla alla luce della nuova realtà, dello sviluppo della tecnologia, della necessitá di accogliere nuovi valori e esigenze, dell’attrattiva che la società moderna esercita specialmente sui giovani. Come promuovere crescita e sviluppo in armonia con i valori e la tipicitá della cultura indigena? La Chiesa si sente così chiamata a essere presente accanto ai fratelli indios, per appoggiarli nella rivendicazione dei loro diritti, per offrire il suo aiuto e la sua esperienza in questo cammino di crescita e di definizione della loro identità, per offrire loro la forza e la speranza del Vangelo. La Chiesa sa di poter contribuire molto nell’educare le persone al rispetto e all’accettazione del diverso, allo spirito di solidarietà, a realizzare quella riconciliazione che renda possibile una societá dove convivano nel rispetto e nella libertá popoli e culture differenti. La sua presenza si articola nelle quattro dimensioni che caratterizzano il processo di evangelizzazione: servizio; dialogo; testimonianza; annuncio esplicito di Gesù. Nella tavola rotonda di Barra do Corda abbiamo visto come le diverse realtà di Chiesa possono contribuire nel loro specifico per una Pastorale indigenista ispirata al Vangelo. Il CIMI (Consiglio Indigenista Missionario) col suo impegno di difesa dei diritti e delle terre dei popoli indigeni; l’associazione “Carlo Ubbiali” attenta alle esigenze dell’educazione nella realtà indigena; le nostre comunità cristiane nell’impegno di testimonianza e di accoglienza. Questo incontro ha rappresentato un fecondo stimolo per la nostra Chiesa di Grajaú, già impegnata nella Pastorale indigenista, ma che ha bisogno di crescere e di coinvolgere in questo impegno le nostre comunità cristiane. “Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammesso, cioè l’inimicizia... per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce... Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito” (Ef 2,13-18). ■ MISSIONI Eritrea di padre Tewlde Beyene, ex Ministro Provinciale in Eritrea Cihalasciatoil primocappuccinoafricano Un grande amore per la vita francescana Poco più che novantenne si è spento ad Asmara padre Domenico Ghebremedhin, il primo frate cappuccino africano. Innamorato del carisma francescano e della sua vocazione ha dedicato la sua lunghissima vita di frate allo svolgimento di numerosi importanti incarichi con particolare cura allo studio, all’insegnamento e alla predicazione. Con lui se ne va un grande frate, pietra miliare della storia religiosa del suo continente. l’eritreo padre Domenico Ghebremedhin. È deceduto ad Asmara, dopo otto mesi di degenza in ospedale, la sera del 18 febbraio scorso. Alcuni mesi prima aveva celebrato i 90 anni di età, di cui ben 68 vissuti come membro dell’Ordine cappuccino, infatti è il primo frate del continente africano. Era nato il 18 aprile 1918 a Mearda (Akkele Guzay, Eritrea), da una famiglia di ferventi cattolici. Il suo primo incontro con i Frati Cappuccini risale al 1927, quando Mons. Celestino Cattaneo, secondo Vicario Apostolico dell’Eritrea, si recò nel suo villaggio natio per amministrare la cresima ad un gruppo di ragazzi di cui lui stesso faceva parte. Servendosi delle poche parole in italiano imparate da suo padre, già alunno anche lui della missione È 8 MISSIONARI Cappuccini desiderosi di unirsi alla comunità dei missionari cappuccini. Impresa non facile, data la novità dell’iniziativa e i pregiudizi del tempo – siamo alla vigilia della Campagna d’Etiopia – ma coronata da successo grazie al convinto sostegno del Superiore Regolare padre Egidio da Verano. Così il 6 novembre 1934, 14 giovani ricevevano l’abito di “fratini” nel primo seminario serafico a Saganieti. Tekestebrahan, che assunse il nome di fra Domenico, era uno di loro e fu l’unico a raggiungere il sacerdozio. Gli altri, grazie alla formazione ricevuta in seminario, si distingueranno per il loro impegno di vita cristiana convintamene vissuta e per i successi conseguiti nella carriera nei quadri amministrativi governativi. A quel gruppo appartiene Zeray Derress, leggendaria figura di eroe nazionale. Completato il ginnasio ad Addi Ugri e Padre Domenico (Tekesteberhan) Ghebremedhin, primo cappuccino africano si è spento il 18 febbraio 2009. cattolica, chiese al Vescovo ed ottenne di essere accolto nella famosa “Scuola di Arti e Mestieri” di Saganeiti che frequentò con ottimo profitto fino alla quarta elementare. Erano gli anni in cui padre Prospero da Milano, con singolare e profetica intuizione, aveva cominciato a raccogliere intorno a sè un piccolo gruppo di giovani eritrei, alcuni dei quali ancora ortodossi, compiuto l’anno di noviziato ad Asmara sotto la guida di padre Felicissimo da Gaverina, primo maestro dei novizi in Eritrea, emise la prima professione il 12 maggio 1940. Seguì la professione perpetua il 18 maggio 1944 e l’ordinazione sacerdotale il 26 maggio 1945. Destinato al Seminario Serafico di Adi Ugri come assistente dei fratini, con l’appoggio del sempre infaticabile padre Egidio da Verano, vi aprì una scuola pubblica cui accorsero centinaia di giovani dall’intera regione. Nel 1952 venne nominato Vice Rettore del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano. Dei cinque anni della sua permanenza a Roma approfittò per specializzarsi in Utroque Jure presso l’Università Lateranense, dove si laureò a pieni voti con una tesi sulla controversa questione della “Validità del matrimonio consuetudinario etiopico”. Fu l’inizio del suo impegno nel campo degli studi etiopici che, grazie anche alla sua ottima conoscenza della lingua Geez (l’antico etiopico), gli permise di offrire importanti contributi di ricerca, affiancandosi così agli altri due etiopisti cappuccini della prima ora: padre Agostino Tedlà e padre Ayele Mario Teklehaymanot. Rientrato in Eritrea nel 1959, si dedicò all’insegnamento nello studentato teologico di Asmara, svolgendo nel contempo il ministero di cappellano ospedaliero. Quando nel 1964, per iniziativa di padre Luca Milesi, sorse il “Centro Ecumenico S. Frumenzio” aperto a preti ortodossi interessati ad una più ravvicinata conoscenza della teologica cattolica, padre Domenico ne fu il primo direttore e professore. Una trentina dei preti ospiti chiesero poi di passare alla Chiesa Cattolica. Nel frattempo, la Custodia dell’Eritrea allargava la sua presenza verso il centro dell’Etiopia e, nel 1967, padre Domenico 9 MISSIONARI Cappuccini MISSIONI Eritrea DAL MONDO DEI CAPPUCCINI Turchia Foto Calloni Padre Domenico (secondo da destra) con alcuni confratelli. In basso: Asmara. venne inviato a Dessiè dove si dedicò all’attività parrocchiale e all’insegnamento nella scuola aperta e gestita dalla missione. Nel 1973/74, in Etiopia, scoppiò la grande carestia che costò la vita a milioni di esseri umani. Il giornalista inglese Jonathan Dimbelby la documentò in un filmato che fece il giro del mondo e contribuì alla caduta di Haile Sellassiè. In quel filmato, a far da contrasto all’imperatore che, ostentatamente ignaro di tutto, accudiva ai leoni del giardino reale, era la figura di un frate chino su un bambino stremato dalla fame. Era lui, fra Domenico. Un ministero che lo accompagnò ininterrottamente, pur nella varietà degli impegni cui fu chiamato, fu quello della predicazione a tutte le categorie: clero, religiosi, religiose, fedeli, giovani. Vi si dedicò con grande generosità, favorito da 10 Cappuccini MISSIONARI una parola facile, calda, incalzante anche se non priva di abbondanti scatti di emotività e di sentimentalismo, effetto di un temperamento focoso e super-attivo. Nel 1977 P. Domenico fu trasferito ad Addis Abeba, parroco della “Holy Saviour Church”, appena dichiarata parrocchia di Rito Geez, ma sempre a servizio della comunità internazionale della capitale etiopica. Dopo un breve rientro in Eritrea (1985-1988) e un ritorno in Etiopia fino al 1990. Si ritirò prima ad Addi Ugri, poi ad Embatkalla e infine ad Asmara dove fu, per alcuni anni, presidente del Tribunale ecclesiastico diocesano. Anni, questi ultimi, di crescente deterioramento psico-fisico, sotto l’inesorabile e impietoso incalzare del morbo di Alzheimer, fino alla quasi totale perdita della memoria e di contatto con la realtà. Fra le varie costanti della vita di padre Domenico, c’è n’è una che le riassume tutte e costituisce la chiave di lettura della sua lunga esistenza: il suo sconfinato amore per la vocazione e per la vita francescano-cappuccina! È certamente l’eredità più preziosa che egli lascia alle nuove generazioni di cappuccini in quel continente. ■ a cura di John Farad Il progetto del Vicariato dell’Anatolia Una grande mensa di fraternità Con l’aiuto del Centro Missionario di Milano e di molti benefattori ha preso vita il progetto solidale della Caritas dell’Anatolia presieduto da Mons. Luigi Padovese, Vescovo dell’Anatolia dal 2004. Grazie ad un intenso lavoro si è in grado di intervenire nelle situazioni più problematiche, offrendo aiuti concreti e opere di solidarietà nei confronti di tante persone bisognose: anziani, famiglie, orfani, vedove e poveri. Ma ancora ci sono tante cose da fare. 11 MISSIONARI Cappuccini La Turchia DAL MONDO DEI CAPPUCCINI Turchia La difficile collocazione della Chiesa Cattolica all’interno della comunità civile della Turchia (siamo una minoranza insignificante ...ultimamente sempre più oggetto di attacchi e di minacce da parte di frange nazionaliste e fondamentaliste), non ci ha impedito di credere fortemente ad un progetto che ci permettesse di rispondere ad alcuni urgenti bisogni della nostra comunità di Iskenderun. Se la crisi economica ha raggiunto tutto il mondo, in Turchia le dimensioni sono divenute drammatiche. Con la ricorrenza delle celebrazioni dell’anno Paolino, abbiamo voluto che tale ricorrenza acquisisse un significato particolare proprio sul fronte della carità. Dopo difficili e prolungate trattative con le autorità locali perchè ci accordassero un tacito consenso, siamo finalmente riusciti a concretizzare il progetto “Mensa di fraternità”. Con l’aiuto del Centro Missionario dei Cappuccini di Milano, di altri Enti e di persone venute a conoscenza del progetto, la mensa è stata attrezzata all’interno degli ambienti della Caritas del Vicariato dell’Anatolia ed è seguito da Mons. Luigi Padovese, Vescovo cappuccino nella nostra terra. Ogni giorno offre un pasto caldo a circa 70 persone. ll cibo viene preparato, impacchettato e consegnato a domicilio dal lunedì al sabato. Tale modalità ci permette di servire le famiglie coinvolte nel crollo economico, senza dare adito a intenzioni di “propaganda” qui facilmente interpretate ogni qualvolta la Chiesa si presta a fare opere di misericordia e di carità. Per noi, l’aver dato un segno tangibile di credibilità sul nostro essere “cristiani” in questa terra che fu la terra di S.Paolo, ci riempie di gioia e ci dà la certezza di essere sulle orme dei grandi Padri della estende su una superficie di 780.580 km², Si e ha 72.000.000 di abitanti, professanti perlopiù la religione musulmana; oggi i Chiesa che qui hanno vissuto e testimoniato il Vangelo. Usufruiscono della mensa soprattutto donne con figli, abbandonate dal marito; anziani soli e malati; nuclei familiari in difficoltà con bimbi handiccapati; le persone vedove La scelta delle persone è stata fatta in collaborazione con le Autorità locali e su segnalazione della popolazione e di alcuni membri della comunità cristiana. ■ La Caritas in Anatolia operato della L’ Caritas si svolge essenzialmente su tre linee di intervento: assistenziale, progettuale e per emergenze. In particolare svolge le seguenti attività assistenziali: visita agli ammalati, cura degli anziani, assistenza ai bambini fino a 2 anni, borse di studio, aiuto alimentare, sanitario, per l’abbigliamento e per il riscaldamento. In particolare ecco alcune delle attività promosse dalla Caritas Sostegno economico • 197 famiglie: un pacco alimentare del valore di 50 euro una volta al mese • 134 allievi: una borsa di studio annuale di 150 euro • 96 famiglie: aiuto riscaldamento (carbone) all’inizio dell’inverno del valore di 120 euro • 47 orfani: pacchi annuali di abbigliamento del valore di 100 euro • 36 anziani: medicinali mensili per 15 euro Mensa di Fraternità Ogni giorno si distribuisce il cibo a 70 persone sole, ammalate ed anziane. Un pasto viene a costare 2 euro. Acquisto di capre e pecore Con 300 euro si comprano 6 capre o pecore per le famiglie numerose dell’Est della Turchia e dall’anno seguente ognuno restituisce 2 agnellini da dare ad altre famiglie. Corso di Tappeti Il corso è rivolto a gruppi di 10 ragazze ed ha durata di 4 mesi. Viene insegnato un mestiere e alla fine del corso viene distribuito il materiale necessario per la realizzazione di due tappeti. Il costo per ogni studente è di 150euro. Carissimi amici e benefattori, vi ringraziamo anche a nome di tutti i nostri fratelli e saremo felici se nella vostra generosità ci aiuterete a realizzare uno di questi progetti. ■ cristiani sono ridotti al 0.15%, poco meno di 90 mila persone. Il Vicariato Apostolico dell’Anatolia si estende su una superficie di 480.000 km². Siamo presenti al nord, sul Mar Nero, a Samsun, a Trabzon, in Cappadocia ad Avanos. Al sud abbiamo delle missioni a Mersin, Tarso, Adana, Iskenderun ed Antiochia. Nella zona dell’est abbiamo una presenza nella città di Van. Oltre a questi sedi, interveniamo in tutto il nostro territorio dove sono rimaste ancora delle piccole comunità Cristiane e dove ci sono delle emergenze. ■ Mons. Luigi Padovese ato a Milano il N 31 marzo del 1947. Il 4 ottobre 1965 fa la prima professione tra i frati cappuccini ed esattamente 3 anni dopo quella solenne. Il 16 giugno 1973 viene ordinato sacerdote. Professore titolare della cattedra di Patristica alla Pontificia Università dell’Antonianum. Fino ad essere ordinato vescovo è stato per 16 anni direttore dell’Istituto di Spiritualità nella medesima università. Professore invitato alla Pontificia Università Gregoriana e alla Pontificia Accademia Alfonsiana. Per 10 anni è stato visitatore del Collegio Orientale di Roma per la Congregazione delle Chiese Orientali. Consulente della Congregazione per le Cause dei Santi. L’11 ottobre 2004 viene nominato Vicario Apostolico dell’Anatolia e vescovo titolare di Monteverde. Viene consacrato a Iskenderun il 7 novembre dello stesso anno. ■ MISSIONI Brasile Dal Brasile: frammenti di vita missionaria Un grande entusiasmo per la mia nuova esperienza A 71 anni frei Defendente entra a collaborare in una nuova parrocchia. Di certo non gli mancano né entusiasmo né intraprendenza per affrontare il nuovo incarico una settimana mi trovo Da nel nuovo campo di lavoro e subito vi informo su questa nuova realtà. Santana è una città portuaria distante da Macapà una ventina di chilometri ed ha una popolazione di circa 110.000 abitanti. Esistono soltanto tre parrocchie; la nostra, in periferia, è dedicata a San Pio da Pietrelcina eretta due anni fa e affidata a noi frati cappuccini. Affidata alla fraternità del Noviziato, ha beneficiato dell’impegno di un giovane frate brasiliano che, con molto sacrificio, ha iniziato ad organizzare la struttura ed in due anni ha fatto moltissime cose. I superiori hanno pensato di potenziare questa realtà e così hanno mandato il sottoscritto perché possa dare 14 Cappuccini MISSIONARI una mano a compiere le opere più necessarie. Attualmente siamo ospitati dalle Suore Piccole Apostole della Carità – congregazione fondata da don Luigi Monza – pertanto un lavoro urgente è quello di realizzare una casa per i frati; esiste un terreno per il piccolo conventino, ma mancano i soldi. È per questo che mi hanno mandato qui come curato per aiutare il giovane parroco frei Jamilson ordinato sacerdote due anni fa. Chissà se potremo fare miracoli! E così, dopo la mia precedente esperienza di Colonia do Prata, Nova Timboteua, eccomi qui nella Parrocchia di Padre Pio aperto ad una nuova esperienza. A Nova Timboteua ho lasciato tutto in ordine ed organizzato, ora mi aspetta questo grande e nuovo lavoro. Non torno in Italia per quest’anno, ho troppe cose da fare: per prima cosa il convento e poi, il prossimo anno, ci daremo da fare per le strutture della chiesa. Ci sono sei chiese e la maggiore è stata adibita a sede parrocchiale. Purtroppo i tetti delle chiese sono ricoperti con tegole in amianto. All’Equatore fa un caldo terribile e l’amianto, inoltre, è molto pericoloso. Pertanto ho in mente di rifare tutti i tetti: un lavoro non da poco. Ho accettato con entusiasmo l’obbedienza dei superiori e sono disposto a dare tutto me stesso, sebbene non sia più un giovincello: ho da poco compiuto 71 anni, mica male! Ma la mia grinta è sempre la stessa. Il parroco è un uomo di preghiera e questo è davvero molto bello. Pochissime sono le intenzioni per celebrare le Sante Messe, è necessario integrarle. Né io né il parroco siamo abituati ad usare il computer; ho scritto questa lettera con una macchina da scrivere dopo che frei Jamilson ha sparso la voce che me ne serviva una: ne sono comparse la bellezza di cinque! Qui la gente è buona e mi ha accolto molto bene. In una Messa in cui era presente il Vescovo ci hanno riservato una simpaticissima sorpresa: dopo le belle canzoni del coro è stato intonato “barba capucinorum”, il parroco è un mago di musica, un vero spettacolo; mi tratta come un padre ed io lo considero come un nipote e questo nostro rapporto fa molto piacere alla gente. Un caro saluto a tutti Frei Defendente Rivadossi Questa volta ce la siamo vista brutta Frei Pierantonio Zanni, di spalle, con frei Aquilino Appassiti. Nella pagina precedente Frei Defendente Rivadossi. arissimi, avevo promesso di Cquando mandarvi mie notizie sarei arrivato alla nuova destinazione di Marabá, ma ho corso il rischio di non mantenere la promessa. Il giorno 18 febbraio effettivamente partii da Capanema con frei Aquilino che guidava la sua Kombi piena zeppa di tutti i miei bagagli. Come buoni frati, abbiamo iniziato il viaggio con la recita del Santo Rosario. Il cielo era coperto, ma non pioveva: potevamo viaggiare tranquillamente e anche conversare sulla mia futura attività. Percorsi duecento chilometri recitammo un altro rosario per affidare nelle mani di Maria il nostro futuro. Fatti altri duecento chilometri di strada era ormai mezzogiorno ed io chiesi a frei Aquilino di fermarsi per pranzare, ma egli disse che dopo poco avremmo incontrato un ristorante. Avevo notato che frei Aquilino esagerava un po’ troppo con l’acceleratore e lo esortavo a andare un poco più lentamente, anche perchè sulle curve la Kombi dava segni di instabilità; ma le mie sembravano parole al vento! Avevo come la percezione che qualcosa dovesse capitare. Dopo dieci minuti frei Aquilino perse il controllo dell’automezzo e la Kombi si capovolse e la frenata provocò una scivolata di cinque metri. Grazie al Buon Dio non c’erano persone sulla strada, tanto meno autovetture. La Kombi si fermò al margine della strada, coricata sul lato del guidatore. Due minuti dopo sopraggiunse un camion e l’autista ci aiutò ad uscire dalla portiera destra sul mio lato. Dalle case vicine sopraggiunsero alcune persone che ci aiutarono a rimettere in sesto il veicolo e ci permisero di proseguire il nostro viaggio. Per fortuna frei Aquilino ed io non riportammo nessuna conseguenza; la Kombi arrivò a destinazione, ma fu portata subito dal meccanico per essere riparata. Così due giorni più tardi frei Aquilino potè fare ritorno alla sua parrochia in S.Antonio do Prata. Il giorno dopo ho celebrato la Santa Messa in ringraziamento al Signore e alla Madonna. Ringrazio anche tutti coloro che mi hanno accompagnato con le loro preghiere. frei Pierantonio Zanni 15 MISSIONARI Cappuccini MISSIONI Brasile di frei Pierantonio Zanni Quanti compiti nuovi mi aspettano Fra Pierantonio è destinato a Marabà Dopo la sua avventura delle pagine precedenti fra Pierantonio ci porta scoprire la nuova missione dove è stato destinato. Una parrocchia molto vivace dove davvero ci sono numerose cose da fare e tanti progetti da portare avanti dal sostegno a distanza alla visita ai carcerati, dal supporto sanitario alla mensa per i poveri. liturgia della terza domenica della scorsa Quaresima ci ha ricordato il Decalogo, “le dieci parole di vita”, che Dio comunicò al popolo ebreo, perchè potesse essere felice. Purtroppo l’umanità non si fida di Dio e cerca la felicità per altre strade. Il 25 febbraio scorso la Chiesa ha lanciato in tutto il Brasile la Campagna della Fraternità, che discute il tema “Fraternità e Sicurezza Pubblica”, con lo slogan “La pace è frutto della giustizia”. Uno degli obiettivi della Campagna è “sviluppare nelle persone la capacità di riconoscere la violenza nella propria realtà personale e sociale; promuovere la cultura della pace e denunciare la gravità dei crimini contro l’etica, l’economia e la gestione pubblica, come pure l’ingiustizia presente negli istituti della prigione speciale, del foro privilegiato e dell’immunità parlamentare per i delitti comuni”. Si vuole pure “fortificare l’azione educativa e evangelizzatrice, oggettivando la costruzione della cultura della pace, la coscientizzazione sopra la negazione dei La 16 Cappuccini MISSIONARI diritti come causa della violenza e la rottura con le visioni di guerra, le quale erigono la violenza come soluzione per la violenza”. Il giorno 18 di marzo sono arrivato alla mia nuova destinazione: Marabà, al sud dello Stato del Parà. La Diocese di Marabà ha la superficie di 69.422 km²; la popolazione è di 664.133 abitanti com una densità demografica di 9,56 ab/km². In questo terreno ci sono giacimenti di oro, argento, alluminio, rame, carbone vegetale, cristallo di roccia, diamanti, nichel, stagno, manganese e zinco. Come vedete è una ricchezza enorme che spiega perchè questa zona è ricercata da molte multinazionali e perchè è una zona violenta e segnata da molti delitti impuniti. La città di Marabà ha 200.801 abitanti, con densità 17,81 ab/km² ed è divisa in cinque parrocchie con la media di 40.000 abitanti ciascuna. La nostra parrocchia, oltre alla sede centrale, ha altre tre comunità urbane e sette rurali. L’assistenza spirituale è realizzata da tre frati Cappuccini e da una comunità di Suore che si dedicano specialmente alla catechesi. Ci sono i Ministri Straordinari della Eucaristia che portano la Comunione in casa agli ammalati. Il parroco dice che deve costruire due chiese per soddisfare le necessità di tutti i fedeli. Un volontario di Udine (Bepi) sta costruendo con i propri mezzi e con il sudore delle sue mani la chiesetta dedicata a S.Teresina in una invasione (aggregazione di povere case costruite abusivamente) di circa tre mila persone. La vita di convento è incentrata nella formazione di nove giovani che si preparano a entrare l’anno prossimo nel nostro Noviziato per diventare frati Cappuccini. L’incarico che mi hanno dato i Superiori è principalmente continuare, riattivare e ampliare le opere sociali, iniziate da Fra Aquilino di Sforzatica (BG), un fratello laico della mia età, ma con una salute di ferro, un cuore generosissimo e una carica di simpatia, che ha conquistato la gente di qui di qualsiasi ceto sociale. In marzo ho realizzato la prima visita alle carceri insieme al Signor Bepi e a quattro signore che fanno parte della Pastorale carceraria. I carcerati sono quattrocento, il 10% sono donne, prese per differenti crimini e sono in attesa di processo. I custodi carcerari sono stati molto gentili con noi e una giovane ci ha accompagnati nella visita a due gruppi di uomini e a uno di donne. Abbiamo conversato, informandoci del luogo di origine, di come occupavano il tempo, elogiando quelli che si impegnavano in attività artigianali. In seguito io ho spiegato il Vangelo della domenica e abbiamo pregato e cantato insieme. Mi chiedevano qualcosa da leggere e la corona del Rosario; promisi che la volta successiva avrei fatto il possibile per soddisfare i loro desideri. Entrammo nel carcere alle 15:30 e uscimmo alle 17:00, perchè terminava l’orario delle visite. Sono stato molto impressionato dalla visione di quelle persone, rinchiuse in celle super popolate. Un’altra attività è rappresentata dal “sostegno a distanza”: famiglie italiane si impegnano a aiutare bambini di qui, perchè possano studiare. L’aiuto consiste nel dare alla famiglia una “cesta basica” mensile che possa permettere a un figlio di studiare con impegno e serenità. Ogni volta vengono distribuite circa 45 ceste basiche che corrispondono agli attuali bambini. Un’altra opera sociale è l’ambulatorio medico per persone carenti, servito da medici volontari: è chiuso da un anno, ma sto facendo vista ai medici e spero di riaprirlo in agosto. Altra costruzione è la “Casa del pane P.Pio” con un refettorio per distribuire la zuppa ai poveri, ma attualmente non funziona e anche qui mi sto muovendo per recuperare volontari e riattivare questa importante opera. Come vedete il lavoro non manca e spero che voi continuiate ad aiutarmi spiritualmente e materialmente. ■ Per aiutarmi fate pure riferimento a: C.C.P. 757203 Segretariato Missioni Cappuccine, P.le Cimitero Maggiore ,5 – 20151 Milano, notificando “Per le opere di F. Pierantonio”. Io ho per voi un costante ricordo nelle preghiere e nella santa Messa 17 MISSIONARI Cappuccini DAL MONDO DEI CAPPUCCINI Volontari fra Zacharie Kolantrin, cappuccino della Costa d’Avorio Momento conclusivo degli incontri formativi per i volontari che partono per la missione tenuti dal 13 gennaio al 5 aprile presso il Centro Missionario di Milano Una testimonianza può cambiare la vita di tanti! Un filo conduttore per descrivere il cammino formativo dei volontari l’ho trovato nel racconto del Vangelo di Giovanni sulla chiamata dei primi discepoli (Gv 1,35-39). Sollecitati dalle parole del Battista, due suoi discepoli, Andrea e Giovanni, si mettono a seguire Gesù il quale si rivolge a loro e chiede: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38). Questa domanda fondamentale e essenziale ha fortemente guidato questi incontri formativi di preparazione all’invio in missione. Lungo il nostro percorso, durato quattro mesi, abbiamo sentito spesso, in sottofondo o apertamente, delle domande del tipo: Quali sono le vostre attese, speranze, esigenze? Che cosa vi aspettate dalla missione nella quale volete andare? Che cosa vi fa paura? All’inizio, nei tanti partecipanti c’era una sensazione di incertezza, una partecipazione ancora esitante, un certo imbarazzo e una certa timidezza. In questo senso, il corso è stato di grande aiuto perché prepararsi ad andare in missione incomincia con la capacità di interrogare e di interrogarsi; anzitutto a fare chiarezza, a scavare nel cuore, a chiedersi le motivazioni del proprio desiderio, del proprio agire e del proprio vivere. Alla domanda Che cosa cercate, i due discepoli rispondono: «Rabbì, dove abiti?», cioè «Dove rimani? Dov’è la tua dimora, perché possiamo raggiungerti là?». 18 Cappuccini MISSIONARI Domandare: «Dove abiti?» significa chiedere: «Possiamo stare con te?». Gesù dirà loro: «Venite e vedrete»! Il missionario è uno che cerca una familiarità, una comunione personale, convinta e appassionata con la gente che va a trovare in terra di missione; non desidera sapere qualcosa in astratto, ma stare con loro. Questi incontri hanno avuto lo scopo di aiutare i volontari a capire un po’ meglio il senso del loro andare in missione, sia per loro, sia per quelli che li accolgono in missione. Per vedere e conoscere la realtà missionaria è necessario fare un’esperienza concreta e umile assieme alla gente sul posto. Stando con loro, si arriverà a vedere il loro vero volto, che prima non può che essere intravisto o immaginato. E i due discepoli «andarono, videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui» (Gv 1,39). Siamo rimasti colpiti dalle parole di quelli che ci hanno raccontato un po’ (impossibile dire tutto) del loro soggiorno in missione dello scorso anno; espressioni sia della consapevolezza dei propri limiti, sia del valore e della bellezza di quel poco compiuto: è ciò che spiega tanta emozione e commozione! In questa estate 2009 ancora, volontariamente, altri sessanta ragazzi hanno deciso di andare e dimorare, per uno o due mesi, con la gente del Camerun, dell’Etiopia, della Costa d’Avorio e del Brasile; hanno deciso di spendere non solo i loro soldi ma soprattutto la loro vita per essere con questa gente e testimoniare loro l’Amore. Lo possono fare perché sono pienamente entrati nei panni del missionario che si strappa a se stesso e esce dalla pretesa di vivere solo per sé. Qui mi sembra importante ricordare che un altro aspetto della testimonianza missionaria è non volere trattenere le persone per sé, non tentare di soffocare la loro libertà, ma aiutarle a trovare lo slancio e il coraggio di camminare sulla strada che Dio ha tracciato per loro. Dopo essersi fermato con Gesù, uno dei due, Andrea, trova suo fratello Simone e lo porta dal Signore a fare la sua stessa esperienza (Gv 1,40-42). Andrea sente la bellezza di quella scoperta e sente l’urgenza di diventare annunciatore della sua ricerca, della sua fede; inizia così una cascata di chiamate. La passione missionaria, come il Vangelo, si trasmette per contagio, per contatto, per “passa parola”. Difatti, chi vede di persona la realtà missionaria sente il desiderio poi a sua volta di chiamare altre persone alla missione. L’esigenza di testimoniare nasce spontaneamente quando si è sperimentata l’importanza della comunità di vita dei missionari. Non si evangelizza con una diffusione solamente didattica della dottrina, ma con una passione che si trasmette dall’uno all’altro. Ora mi rivolgo a voi cari volontari che tra qualche mese partirete in Missione: siete invitati a diffondere quello che avete vissuto durante questi incontri formativi e quando tornerete dalla missione non esitate a dare la vostra testimonianza per il bene degli altri. Se il vostro incontro con Cristo in terra di missione ha cambiato la vostra vita, anche la vostra testimonianza susciterà dei cambiamenti nella vita di tanti altri volontari missionari. Pace e Tanto Bene ad ognuno di voi! ■ DAL MONDO DEI CAPPUCCINI a cura di Alessandra Rossetti partecipano giovani e assistono tutti i membri della comunità, comprese le donne e i bambini. Riti di fertilità A Caravaggio presso lo spazio di Missionari Cappuccini è aperta una grande mostra dedicata alla tradizione delle maschere. Un’occasione davvero impedibile per conoscere i significati e la ritualità che si celano dentro una delle manifestazioni più antiche della cultura africana ello spazio espositivo dei Missionari Cappuccini a Caravaggio è aperta la mostra di maschere africane “La saggezza della tradizione”. Questa mostra, basata su materiale inviato direttamente dai nostri missionari cappuccini, si propone di far conoscere un aspetto determinante della cultura tradizione dell’Africa equatoriale, terra d’origine delle maschere. L’arte africana e specialmente la maschera, ha una funzione sociale, è uno strumento pedagogico che trasmette l’insieme dei doveri, leggi e costumi ed è l’espressione visibile della forza del soprannaturale, che sovrintende ai riti di passaggio: dal concepimento alla nascita, dalla pubertà alla morte. La maschera africana è concepita con lo Spazio espositivo Missionari Cappuccini (adiacente al Santuario) • via Misano 12 • Caravaggio Ingresso libero Orari: da martedì a venerdì: 10-17 sabato e domenica: 10-19 lunedì chiuso Per informazioni e visite guidate: 0363 351907 [email protected] www.missioni.org MISSIONARI Cappuccini scopo di provocare tra gli assistenti sentimenti di rispetto, di timore, di terrore, di coraggio… Nella cultura occidentale, la maschera rappresenta un travestimento, utilizzato fin dall’antichità negli spettacoli e nelle feste. Per l’uomo africano, invece, la maschera è un mezzo con cui captare la forza soprannaturale degli spiriti e appropriarsene, utilizzandola a beneficio della comunità. Essa deve assomigliare allo spirito sul quale si desidera agire, nascondendo colui che la indossa. Tuttavia la maschera non è un travestimento con il quale si cerca di nascondersi per trarre in inganno gli spettatori; l’uomo mascherato non vuole farsi passare per una divinità, ma è la divinità stessa che agisce attraverso lui. Le maschere presenti in mostra sono suddivise in base alla funzione che assumono durante particolari cerimonie nelle quali vengono indossate: Cerimonie di iniziazione Nelle cerimonie di iniziazione le maschere rivestono una grande importanza per la comunità. Possono essere viste solo durante le cerimonie stesse e vengono conservate dai dignitari responsabili in luoghi particolari. Cerimonie delle società segrete Le maschere hanno un’importante funzione sociale in seno alle società segrete, che sono associazioni quasi esclusivamente composte da uomini che hanno compiti particolari da svolgere per l’interesse della comunità: si occupano del governo della tribù, dell’amministrazione della giustizia, del mantenimento dell’ordine sociale all’interno del villaggio. Comportamenti sociali Alcune maschere vengono portate esclusivamente durante le cerimonie pubbliche (riti d’investitura dei capi, festeggiamenti per il ritorno dei nuovi iniziati, caccia rituale) alle quali Molte maschere sono realizzate e utilizzate nei riti in onore delle divinità che provvedono al benessere della comunità in termini di fertilità – umana, animale e del raccolto della terra. Riti di protezione Alcune maschere vengono utilizzate nei rituali per avere la protezione della comunità, per esempio contro le comunità vicine belligeranti o contro la minaccia di incendi e inondazioni. Il ruolo della maschera in questi rituali è quello di conferire un potere soprannaturale a chi la indossa, sollecitando l’aiuto dello spirito che rappresenta. Riti funerari La maschera ha il compito di porsi in contatto con lo spirito del defunto, onde evitare che possa nuocere alla comunità. Secondo le credenze africane, alla morte di una persona, lo spirito si separa dal corpo e comincia a vagare nei luoghi nei quali era vissuto. Il compito della maschera è quello di fare in modo che lo spirito diventi un’entità propizia. ■ IL SANTO DEL MESE a cura di Rosa Giorgi, direttrice del Museo dei Beni Culturali Cappuccini di Milano La Madonna col Bambino del Lazzaretto torna al Museo dei Beni Culturali Cappuccini el mese di maggio, tradizionalmente dedicato alla N Madonna, al Museo dei Beni Culturali Cappuccini viene presentato l’intervento di restauro finalmente concluso della formella della Madonna col Bambino proveniente dal Lazzaretto di Milano. L’opera, già presentata in occasione della mostra “I Cappuccini e i Promessi Sposi”, è stata vista dai più mentre il restauro era ancora in corso, quando alcune parti erano state lasciate volutamente ancora coperte con strati di ridipintura, lasciando solo pensare quanto avrebbe riacquistato in bellezza, ma anche per la profonda comunicazione, ritornando all’antico semplice, genuino splendore. La formella, fissata su un supporto ligneo e inserita entro una cornice in legno dorato, si presentava con la pellicola pittorica sollevata e staccata in alcuni punti, e l’angolo superiore destro con una profonda fessurazione obliqua. Sul blu dello sfondo risaltavano in oro il trono e le aureole. L’abito della Madonna era rosso scuro e quello del Bambino grigio. Su entrambi era fissata una corona in lamina di metallo dorato con finte pietre. Per consolidare il colore è stata applicata carta giapponese con un adesivo di origine organica. L’angolo superiore destro è stato fissato mediante sottili lamelle di legno e le zone lacunose ripristinate con l’utilizzo di balsite (uno stucco di estrema leggerezza e reversibilità). La superficie pittorica è stata pulita con detergenti neutri e con solventi e bisturi poi è iniziata l’asportazione della ridipintura. Sono così emersi i colori originari: il rosso vivo dell’abito della Madonna (decorato con minuti motivi bianchi); il verde chiaro della veste del Bambino, le sottili decorazioni nere su fondo oro delle aureole (quella del Bambino anche con spicchi di colore rosso). L’intervento di ridipintura aveva compromesso anche l’originaria iconografia: ad esempio le affusolate dita della mano sinistra della Madonna erano state rozzamente accorciate. La pulitura ha evidenziato una terza stesura di colore – intermedia tra quella originaria e quella più superficiale – in occasione della quale sono stati introdotti nuovi dettagli quali una stellina dorata sul fondo blu e la collana e il braccialetto rossi di Gesù Bambino. Inoltre è stata stesa una prima ridipintura dell’incarnato della Madonna e di Gesù Bambino, più scura rispetto a quella originaria. L’intervento ha richiesto anche indagini chimico-stratigrafiche di un campione di colore dello sfondo blu. Il campione si è rivelato composto da tre strati: nella parte più interna è individuabile uno strato preparatorio (colore giallobruno), costituito da un impasto di gesso e colla animale. Il secondo strato è una sottile imprimitura bianca ad olio. La colorazione azzurra del terzo strato più esterno dipende dalla presenza di azzurrite – un pigmento di origine minerale – macinata e legata con olio. Per celebrare il ritorno della Madonna del Lazzaretto tra le opere del Museo, si farà una presentazione pubblica il 12 di maggio completata da un concerto corale di brani ti tema mariano, all’interno della chiesa di viale Piave. ■ 23 MISSIONARI Cappuccini Missionari Cappuccini sabato 13 giugno 2009 in festa Cascina Conigo TACCUINO S. Corinna Noviglio dodicesimo appuntamento autostrada Milano-Genova Uscita: casello Binasco, girando a destra troverete le indicazioni ore 16.00 - la festa comincia: con giochi, canti e visita agli stand ore 18.00 - S. Messa concelebrata dai missionari presenti ore 20.00 - Grigliata fraterna (prenotazioni c/o Segretariato Missioni Estere - tel. 02/30.88.042) ore 21.30 - la festa continua: musica e… tante sorprese. Ti aspettiamo nella suggestiva cornice della cascina rurale per fare festa insieme a noi, per conoscere le nostre missioni e vivere un momento di solidarietà con i nostri missionari che quotidianamente annunciano il Vangelo in Brasile, Thailandia, Costa d’Avorio, Camerun, Eritrea, Etiopia e Turchia. MISSIONI ESTERE CAPPUCCINI ONLUS (per avere la detrazione fiscale) P.le Cimitero Maggiore, 5 - 20151 MILANO Posta - Conto Corrente postale n. 37382769 intestato a MISSIONI ESTERE CAPPUCCINI ONLUS Tel. 02/3088042 - Fax 02/33402164 P.le Cimitero Maggiore, 5 – 20151 Milano http://www.missioni.org - E-mail: [email protected] Bonifico bancario - MISSIONI ESTERE CAPPUCCINI ONLUS Per offrire il tuo contributo puoi scegliere le seguenti modalità P.le Cimitero Maggiore, 5 – 20151 Milano - Banca Intesa San Paolo Agenzia 99 c/c 6152901611/79 - ABI 03069-CAB 09410-CIN M SEGRETARIATO MISSIONI ESTERE Coordinate IBAN IT57 M030 6909 4106 1529 0161 179 Posta - Conto Corrente Postale n. 757203 MISSIONI ESTERE CAPPUCCINE intestato a Segretariato Missioni Cappuccine P.le Cimitero Maggiore, 5 - 20151 Milano Bonifico bancario - Provincia di Lombardia dei Frati Minori Cappuccini - P.le Cimitero Maggiore, 5 - 20151 Milano Banca Intesa San Paolo Agenzia 99 c/c 6152938236/07 - ABI 03069-CAB 09410-CIN Y Coordinate IBAN IT35 Y030 6909 4106 1529 3823 607 Assegno bancario - intestato a Provincia di Lombardia Frati Minori Cappuccini - Segretariato Missioni Estere Carta Sì - Puoi telefonare lasciando i tuoi dati e l’entità dell’offerta al n. 02/334930343 (ore ufficio). 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