tesori nascosti

Transcript

tesori nascosti
Aprile/Maggio
n u m e r o 2
Anno 9 2009
bimestrale dell’Associazione cittadini e familiari
per la prevenzione e lotta alla tossicodipendenza
Poste italiane spa
spedizione in A.P. – Dl 353/2003
(conv. in l.27/2/2004 n. 46)
art.1, comma 2, Dcb TS.
SOMMARIO
RICKY MARTIN IN SALSA DI
MALVASIA
Intervista a Riky Malva,
cabarettista triestino di successo
(pagina 2)
TESORI NASCOSTI
Nata per essere creativa, mi tarpano le ali con la costrizione di un lavoro fisso. Mi vedevo inviata speciale,
fotografa, cameraman. E mi ritrovo in un grigio ufficio. Mi inietto l’ispirazione nelle vene e continuo a
cercare il tesoro nascosto dentro di me
Nata per essere creativa, mi tarpano
le ali con la costrizione di un lavoro
fisso. Il timore di ritrovarmi a dormire
fra cartoni maleodoranti per la strada
o di cercarmi tra ospedali e patrie
galere spingono i miei genitori a
collocarmi in un posto statale che
può garantirmi almeno il cibo.
A 19 anni, con i sogni legittimi di
un’adolescente, mi ritrovo in un grigio
ufficio. Tra numeri, percentuali e
pratiche asettiche lotto per la tranquillità
dei miei cari. Sognavo colori e
pennelli. Mi vedevo inviata speciale
di guerra in posti lontani, esotici e
pericolosi. Un corso di cameraman,
un iscrizione a Bologna al Dams, un
altro corso di fotografia. Poi nulla. La
ricerca d’ispirazione (bugia letteraria)
la iniettavo nelle vene e mi sentivo
ora un poeta della beat generation,
ora un classico dell’Ottocento inglese.
Mantengo a fatica il lavoro, tra
menzogne, aspettative e fughe
in paesi lontani.
Sento l’angelo
del bello dentro di me. Credo di
avere grandi potenzialità, poi
le
spengo con lo sguardo a spillo.
Il percorso è lungo e faticoso. Non
mollo. Cerco di leggere tutto quello che
posso. Tento la scrittura e la pittura su
vetro. Attimi fuggenti. Non ho tempo.
Devo procurarmi il pane velenoso e
proprio come il pane me ne devo nutrire
quotidianamente. La sera, scaldata
dall’oblio procurato, i deliri artistici
escono ingombranti e passo dallo
studio della mitologia alla filosofia. La
mattina sto male ed il sapere acquisito
si dissolve in polverine magiche. Nulla
ha più importanza, devo riempire
l’anima ed il corpo e conosco solo un
modo sicuro per raggiungere la sazietà.
Trascorro una vita intera tra
corse affannate e immaginazione
splendente. Non mollo. Continuo a
cercare il mio talento. Lo sento, sono
certa che esiste e quando la morte
sopraggiungerà, il tesoro nascosto
racchiuso in me accarezzerà l’anima
di un nuovo nato e diventerò immortale.
IN UNA NOTTE BUIA E
TEMPESTOSA
Nasco mentre i lupi ululano e
mio padre se la squaglia
(pagina 2)
QUANDO LA BOXE TI SALVA LA
VITA
Botta e risposta con il pugile
Fabio Tuiach
(pagina 3)
Gibi
LA TIGRE E IL DIO
Luca voleva vedere la tigre negli
occhi. Roberto ridurre il suo karma
offrendo il proprio destino a Krishna.
Con Luca abbiamo fatto tutto il
percorso per avere il passaporto,
poi tribunali, questura, indulto,
terapia a scalare, cena di addio.
L’ho accompagnato a Venezia e se
n’è andato, felice. Quello è stato
il nostro ultimo abbraccio. Lui è
rimasto là, in India guardando la
tigre negli occhi, per sempre, come
voleva.
Roberto si è guadagnato non solo la
mia ammirazione, ma quella di tutti,
per una forza enorme. Ringraziava
il sole che gli accarezzava la faccia,
fino all’ultimo secondo. Krishna.
Sono invidioso che adesso ce l’hai
solo per te, perché lui per te era
tutto.
Erano qualcosa di più che due
persone, erano due decisioni. In
genere si vuole che la morte di
un nostro caro ci appartenga. Si
rimane stupefatti mentre la gente
si avvicina e dice “mi dispiace”,
come se si fosse l’interprete del
defunto. Qui si è infranta la regola,
non possiamo andare per la strada
dicendoci a vicenda mi dispiace,
non possiamo neanche dirglielo,
LE MILLE RISORSE Di tregua
LEGIONARIO
Mente aperta, sfugge con cura
schemi e pregiudizi
(pagina 4)
soffriamo in silenzio, piangiamo
di nascosto, diciamo parolacce.
Sono morti due amici e quanto scrivo
non è rivolto alla loro memoria, ma
alla mia per non dimenticarli mai.
v ol e r e vola r e | p a g i n a 2
RICKY MARTIN IN SALSA DI MALVASIA
A tu per tu con uno dei cabarettisti triestini più interessanti delle ultime stagioni, Riky Malva. Showman per passione e divertimento che non
pensa ai soldi né ad andare in tivù. Ma sogna di riscoprire il morbìn, quell’approccio alla vita fatalista e ironico tipico dei triestini
Riki da Ricky Martin. E Malva da Malvasia,
apprezzata in tanti fraschi nostrani. Riky Malva,
uno dei fenomeni più interessanti del cabaret
triestino di questi anni, gioca disinvolto tra
globale e casereccio. Sempre sul filo di un’ironia
calibrata e mai aggressiva. Lo incontriamo un
pomeriggio in redazione. Arriva puntualissimo
alle 18 e subito ci spiazza. Nulla a che spartire
con il palestrato e patinato Martin (per la
delusione delle signore). E nulla a che vedere
con quegli umori densi di vino e vivalàepobon
che esalano da tante osmizze la domenica
pomeriggio. Riky ha il garbo di chi ancora si
stupisce di meritare un’intervista. Ama parlare.
Ma non scorda di tenere aperto il canale
dell’ascolto.
La prima battuta è scontata (anche un po’
stupida). “Facci ridere”. Lui si rifiuta ma il
ghiaccio è sciolto e il racconto di Riky Malva
inizia a scorrere. “Nel ‘98 volevo cantare.
Musica leggera, testi d’amore in italiano. Con
un amico tentammo varie strade. Partecipammo
anche al Festival della Canzone triestina. Dopo
un po’ ci accorgemmo che ci divertiva storpiare
i testi, tradurli in triestino. Capimmo che forse
era questa la strada da seguire. Nacquero così i
Scoverciai. Poi, mi misi in proprio e scelsi come
nome d’arte Riki Malva, Riki da Ricky Martin
che all’epoca andava molto di moda e Malva
da Malva/sia”.
Hai mai pensato di vivere solo del frutto
di questo hobby?
No, un lavoro ce l’ho già in fabbrica dove i
fan sono tantissimi. Se mi esibissi per mestiere
si perderebbe il senso di ciò che faccio. Ho
conosciuto molte persone che si sono perse, che
non godono e neanche credono più in quello
che fanno. Mi diverto e soprattutto diverto la
gente. Questo mi gratifica e mi rende felice.
Potresti fare un po’ di soldi.
Non m’interessa il danaro. Per lo meno non
a discapito del piacere che ricevo, come un
boomerang nel fare ridere gli altri. Quello che
mi piace è essere riconosciuto e amato dal
pubblico. Non faccio comunque molte serate.
Uso prevalentemente il web. Ora collaboro con
Robe fatte cacao, gruppo goliardico triestino
impegnato nella produzione di cortometraggi
comico-demenziali.
In che tipo di famiglia sei cresciuto?
Una famiglia allegra. Le battute si sprecavano.
I problemi esistevano, ma l’ironia, il gusto
dello scherzo mi hanno accompagnato fin
dall’infanzia. Uno dei personaggi che ripropongo
è proprio mio padre. Ne imito la voce, il modo
di parlare ed oggi spesso ci prendiamo in giro
giocando con le voci. Molti quando mi vedono
vengono destabilizzati dal mio aspetto. Di solito
s’immaginano un capellone, zeppo di tatuaggi e
piercing. Trovandosi di fronte a un ragazzo, che
lavora in fabbrica, con una splendida famiglia,
una moglie e due magnifiche bambine, non
ritrovano il personaggio e rimangono stupiti
dalla mia normalità.
A casa sei divertente come nelle tue
rappresentazioni?
La routine quotidiana cambia gli atteggiamenti.
Ma in generale c’è allegria e mia moglie mi
segue, critica e costruttiva.
Nei tuoi spettacoli usi il dialetto,
hai l’abitudine di documentarti su
quest’aspetto?
Le mie non sono vere e proprie ricerche. Mi
piace però scoprire le parole che non si usano
più. I modi di dire che si perdono nel tempo.
Se te lo proponessero andresti in
televisione?
E’ legato al discorso di prima. Non m’interessa.
Tutto quel che faccio è davvero perché mi diverto.
La paura di contaminare questa purezza, di non
trovare un’ispirazione genuina, mi fa desistere
dal trasformare il divertimento in lavoro. Non
progetto nulla. Lascio che le cose vadano come
devono andare, senza pianificare. Non potrei
creare o scrivere su commissione.
Hai un’ambizione?
L’unica sarebbe quella di lasciare un segno a
Trieste. Trasmettere la gioia di vivere, riscoprire
il “morbìn”, quell’approccio alla vita tipico dei
triestini, fatalista e ironico, con il divertimento
che si espande a macchia d’olio. La continuità
dello spirito di una volta.
IN UNA NOTTE BUIA E TEMPESTOSA
Nasco in una notte buia e tempestosa. Fa un freddo boia che congela anche i fulmini e le saette che si vedono in cielo. I lupi ululano e non
alla luna che nemmeno c’è. Ululano alla creatura nata (io). Non vedono l’ora di mangiarmi.
Mio padre, appena mi vede, dice: “Vado a
comprare le sigarette”. Da allora penso sia
diventato il magnate della Marlboro. A mia
madre, per la disperazione, va il latte alla
testa e devono ricoverarla in manicomio. Resto
con una vecchia di cui non saprò mai il tipo
di parentela. So però quante cose mi insegna:
preparare trappole per i futuri mariti e bruciare
i cibi.
Presto si stanca del suo “tesoro” e… sorpresa… mi
manda dalle suore. Prima la frusta, poi la carezza
e mi ritrovo a Lourdes. Avrà fatto qualcosa di
buono il viaggio? Torno all’educandato, già
il nome è tutto un programma. Rispunta mia
madre con gli assistenti sociali. Non fa che dirmi
quanto mi ama. Presto mi porterà a casa.
Un bell’inizio per un tesoro nascosto, vero…?
La saga continua.
Barbablu
vol ere vol are | pa gi na 3
QUANDO LA BOXE TI SALVA LA VITA
Botta e risposta con Fabio Tuiach che, entrato in palestra ragazzino solo per tenersi in forma, in pochi anni si è ritrovato ai vertici degli europei.
Senza mai montarsi la testa. La cosa più bella della celebrità, assicura, sono i bimbi dell’asilo che giocano a dargli l’assalto
E’ entrato in palestra a 16 anni giusto per stare in forma. Ma all’allenatore
sono bastati pochi mesi per capire che in quel ragazzino covava la stoffa
del campione. Fabio Tuiach ha iniziato così, un po’ per caso, la sua
brillante carriera di pugile professionista. Dal ring di Chiarbola agli
europei il cammino è stato folgorante, anche se non sempre indolore. Ma
l’atleta triestino ha sempre tenuto salda la barra del buon senso. Lavora
in porto (“in Italia è assai difficile vivere di pugilato”). Al pomeriggio si
allena con i compagni di sempre e dedica serate, week end e vacanze
alla moglie e ai figli. “Sono un ragazzo noioso”, dice di sé con un tocco di
civetteria. Ma proprio in questo volare basso sta il segreto di un campione
che deve alla boxe assai più che un attimo di gloria.
Fabio, cos’è stato il pugilato per te ragazzino?
Ho cominciato un po’ per per caso, solo per tenermi in forma. Ma ogni
giorno ringrazio Dio per essere arrivato in palestra. Non per il successo.
Ma perché la boxe mi ha aiutato a essere sereno, a stare bene con me
stesso. Lo sport può essere un aiuto immenso. So di tanti ragazzi che
proprio grazie al pugilato hanno ritrovato la strada giusta.
Molto spesso la boxe viene identificata con il disagio sociale,
con la vita di strada.
Il pugilato è uno sport duro. Per questo forse è indicato, più di altre
discipline, per ragazzi difficili. Ma non si deve dimenticare che è uno
sport molto educativo e formativo che impone disciplina e impegno.
E’ uno sport violento.
Può sembrarlo, ma non è così. Sul ring ci sono due avversari con regole
precise da rispettare: entrambi hanno la possibilità di vincere. Francamente
mi sembra assai più violento il comportamento in campo di certi calciatori
quando l’arbitro volta le spalle.
Com’è la tua vita fuori della palestra?
Lavoro in porto. L’allenamento è il mio divertimento. Poi sto con la famiglia,
i bambini, gli amici. Da un certo punto di vista sono un noioso.
Ormai un personaggio famoso. Come vivi la tua celebrità?
La cosa che mi diverte di più è quando arrivo all’asilo. I bambini sanno
che sono un pugile e mi saltano addosso tutti insieme. Quando mi si
aggrappano addosso mi sento tanto Schwarzenegger.
QUEL TALENTO SPRECATO DEL MIO AMICO
E’ un musicista bravissimo. Ma non ha mai usato le sue qualità artistiche per il denaro o per il successo. Il suo guadagno è il piacere della
compagnia e il bere dal frasco. Fortunati noi che possiamo godere delle sue grandi capacità
Ho un grande amico. Uno spirito libero, ciò
che superficialmente si definisce “un talento
sprecato”. Suona la chitarra e il piano. L’ho
visto e sentito ascoltare un disco della Premiata
Forneria Marconi e rifarlo con la chitarra in poco
tempo. E’ conosciuto da molti musicisti, ma non
ha mai usato questo talento per guadagnarsi da
vivere o per sfondare nel mondo della musica,
almeno da quando lo conosco io. Credo che il
suo guadagno sia il piacere della compagnia,
del mangiare e bere dal frasco. Ama frequentare
qualsiasi locale, dalle zero alle cinque stelle,
dove può allietare gli astanti con la sua arte.
E’ come un jukebox. Qualsiasi cosa gli chiedi, se
è in vena, te la suona. Sarebbe stato un ottimo,
se non unico, professionista. Ma come tutti
gli spiriti liberi non puoi contenerlo in orari di
lavoro, non puoi pretendere che venga puntuale
ad un concerto, non puoi essere sicuro non ti
sconvolga la scaletta. In compenso puoi stare
sicuro che sarebbe disposto a sacrificare tutto
per le grazie di una procace signora o per il
piacere di una “sana” bevuta. Sembra strano
in quest’epoca d’interessati salutisti che una
persona possa trovare piacere in un bicchiere o
in una vita da bohemien. E ancor più strano che
preferisca ricercare il piacere della compagnia
piuttosto che rincorrere il successo.
Ci sono persone consapevoli della morte,
dove non porteremo nulla di tutti i beni
materiali accumulati, che tendono a ricercare
tutte le esperienze che arricchiscono l’anima.
Sentimenti eterei che non si mostrano come
trofei … Dell’amore ricevuto e dato puoi solo
bearti al momento, sperando che il suo ricordo
non sbiadisca.
Una volta un triestino che lavora a Londra e
organizza concerti e performance mi ha detto
che se lo sentivo suonare avrei dovuto tagliargli
le mani (metaforicamente parlando). Mi ha
colpito molto il fatto che qualcuno possa pensare
solo nei termini di guadagno o della vastità della
platea. Come se il talento venisse riconosciuto
solo dal danaro e dalla popolarità.
Io sono del parere che il talento non sia mai
sprecato. Il talento è qualcosa che una persona
ha o non ha. Se qualcuno ne beneficia è giusto
che lo condivida con chi ne prova piacere. Noi
“poveri mortali” dovremmo gioire solo del fatto
di aver potuto, nella nostra breve vita, avere
l’opportunità di conoscere persone che ci hanno
permesso di condividere queste loro capacità.
Otto
TESORI MIEI, NULLA MI COSTA PIÙ DI AMARVI AL BUIO
Sono separato. E fin qui non c’è
nulla di strano. La tragedia è che
ho due figlie dalla donna che ho
amato più di ogni altro al mondo.
Ho avuto un passato d’inganni,
scappatoie, sollazzi e giustifico il
comportamento della mia ex (brutta
parola oggi di tendenza) moglie.
Ma il dolore che mi sta causando
è tremendo. Non mi fa sentire e
nemmeno vedere i miei unici tesori
nascosti.
Cerco di sdrammatizzare per non
far scendere le lacrime e impazzire
di dolore. Vorrei urlare, spaccare
tutto, tanto non ho più nulla da
perdere. Capisco l’arrabbiatura,
perfino l’odio, ma non una persona
adulta che non comprende che le
prime persone a stare male sono
le nostre figlie. Viene negato un
diritto fondamentale a due creature
meravigliose: vedere il proprio
padre.
L’unica soluzione sarebbe quella
di contattarle tramite l’assistente
sociale e questo non lo accetto.
Preferisco farmi da parte e rinunciare
momentaneamente ai miei due
angeli. Non voglio far vivere loro un
incontro con il papà tra gendarmi e
burocrazia. Mi rimane una grande
tristezza. Una situazione surreale.
Potessi tornare indietro certi errori
non li commetterei più. Nessuno
sarebbe costretto a piangere
lacrime amare.
Tesori miei, nulla mi costa di più
che amarvi nel buio.
Sergio
Sono nascosti tutti quei tesori di talento
e affetti che vivono sotto i nostri occhi
senza che noi si riesca ad apprezzarli
come meritano. Perchè i pregiudizi ci
impediscono di guardare davvero
l’altro. O perché il proprietario del
tesoro, per pudore o distrazione,
preferisce
schivare
l’attenzione
altrui. In queste pagine parliamo
dunque di creatività e di abilità
cercando di capire, nelle interviste a
Riki Malva e a Fabio Tuiach, come
vivono oggi il loro rapporto con la
dimensione pubblica due giovani
talenti triestini. Nella speranza di
accendere un guizzo di curiosità
negli occhi di tutti voi che ci leggete.
dg
v ol e r e vola r e | p a g i n a 4
LE MILLE RISORSE DI TREGUA IL LEGIONARIO
Gira voce che abbia un passato da legione straniera. Età indefinibile, vive in casa di riposo e sfoga abilità e inventiva in costruzioni favolose
immerse nellla campagna friulana. Mente aperta, fa a modo suo. Senza lasciarsi assorbire da schemi e preconcetti
“Ehi, venite a vedere, guardate qua
che roba, ma vi pare possibile?”.
Increduli, divertiti e affascinati allo
stesso tempo, fuori dal bar con il
bicchiere in mano, scoprivamo
da tutte le angolazioni una bici
parcheggiata lì. Francamente non
era un gran che di armonia. Tra
sella ruote freni ecc. non c’era
niente di normale: tutta costruita a
mano, con soluzioni e meccanismi
incredibili, ma Dio solo sa come
funzionava bene. I freni tradizionali
non esistevano. A sostituirli forcine
di legno snodate tra loro e intagliate
con un coltello, comandate da leve
poste sul manubrio, della sella poi
non parliamo e avanti così, tutto
però di estrema quanto efficace
semplicità: incredibile.
“Ma di chi è?”.
“E’ la bicicletta di Tregua il
legionario”.
“Aha, quello là!?”.
“Sì, quello là”.
Tregua il legionario è un tipo diciamo
così … folcloristico. Età indefinibile,
vive in una casa di riposo. Non
conosce nessuno ma tutti sanno chi
è. Gira voce che abbia un passato
da legione straniera. Lui non dà
fastidio a nessuno. E’ presente con
la testa, ma se non gli si rivolge la
parola non dice niente, se ne sta
zitto. Si fa gli affari suoi e non cerca
nessuno: è fatto così. Ogni tanto di
punto in bianco sparisce per giorni
senza dire niente a nessuno e si
rifugia nelle grave in una capanna
fatta con le sue mani. Questo mette
in difficoltà la direzione di Casa
Serena che non sa dove sbattere la
testa per sapere se gli è successo
qualcosa.
Per risolvere il caso è intervenuto
persino il Comune. Una volta saputo
dov’era la baracca hanno pensato
bene che abbattendola l’avrebbero
costretto a rimanere in ospizio, e
così hanno fatto. Ma non avevano
fatto i conti con l’oste perché lui
imperterrito ne ha approfittato
per costruirne un’altra ancora più
bella.
Io non sapevo dove fosse la baracca
di Tregua e se fossero solo voci che
l’avesse ricostruita. Le grave sono
grandi, molto grandi, e trovarla è
praticamente impossibile se non
per caso.
Un giorno, girovagando con la mia
bike lungo una strada sperduta tra
sassi e buche, di colpo mi sono
imbattuto in una casa incredibile
fatta di legni intrecciati. Se ne stava
lì su un’altura con a fianco una
piccola legnaia e un ripostiglio.
Il tutto circondato da un fosso
profondo almeno quanto me, per
difendere i fabbricati dall’acqua
anche in caso di esondazione del
fiume lì vicino. C’era addirittura un
cunicolo sotterraneo che mi sono
guardato bene dall’esplorare che
puntava dritto verso la casa, tutto
puntellato a mo’ di miniera.
ALT
Associazione di cittadinie familiari per la
prevenzione e la lotta alla tossicodipenza.
Siamo a disposizione di chi si trova in difficoltà
per l’abuso di sostanze illegali e delle famiglie che
si confrontano con questo problema. Proponiamo
incontri informativi, gruppi di auto aiuto per i
famigliari, gruppi con lo psicologo e formazione.
Siamo presenti lunedì e mercoledì dalle 16 alle 18
nella sede di via Pindemonte 13 (vicino la rotonda
del Boschetto, a San Giovanni).
La nostra e mail è: [email protected]
Bici alla mano, sono entrato
superando un ponticello in terra
battuta messo in sicurezza da
rinforzi di legno e, a bocca aperta
ho studiato la costruzione. Gli angoli
poggiavano su alberi che fungevano
da struttura portante, con un sistema
di incastri di legni intagliati e
intrecciati ad arte bloccati dal loro
stesso peso. Neanche un chiodo:
assolutamente geniale. Dentro, una
stufa ancora calda e davanti una
panca fatta con legno del posto
come tutto il resto. Capii subito che
avevo trovato la baracca di Tregua
il legionario e che se n’era andato
da poco. Così. dando un’ultima
occhiata, decisi di ritirarmi in buon
ordine e di non violare la sua
“tana”.
Che tipo … Bollato come strano
e isolato da tutti perché ciò che
non si capisce si evita, Tregua il
legionario in realtà è uomo dalle
mille risorse. E non solo per queste
cose, che fanno pensare a tecniche
di sopravvivenza apprese durante il
servizio da legionario. Lui è così su
tutto. Fa a modo suo, senza lasciarsi
condizionare da cosa o come fanno
gli altri. Ha mente aperta e va oltre
le consuetudini. E’ depositario di una
grande anche se per lui elementare
ricchezza. E’ una condizione che
grandi pensatori ricercano, a volte
inutilmente per una vita intera.
Fu un attimo rapportare tutto a
me stesso. Io vengo fresco da un
punto e a capo della mia vita.
Ho potuto ricominciare e mi sono
accorto di godere di un’invidiabile
condizione: quella di ripartire da
zero ma con l’esperienza maturata
a disposizione, perché quella non
si azzera mai. Ho aperto gli occhi
su di me e mi sono accorto che dal
ritorno nel mondo dei non incasinati
di sostanze ho scoperto un tesoro. E
ho capito qual è il segreto. Bisogna
buttarsi, provarci a modo proprio,
senza paura.
Così mi sono messo in gioco
liberando le mie risorse e i miei
piaceri e ne sono nate grandi
novità. Nel mio piccolo, proprio
come Tregua, mi sono inventato
le mie cose. Ho dovuto trovarmi
di fronte all’ultimo mio passo però
per scoprirlo. Questo dice quanto
ero ingoiato dagli ingranaggi di
quello che chiamiamo progresso,
che ci assorbe poco per volta senza
scampo in una vita schematica,
fatta di regole e preconcetti che non
ci aiutano certo a vivere meglio.
Chissà Tregua il legionario, lo
strano, cosa pensa di noi nel suo
silenzio. Magari che per complicarci
la vita in questo modo siamo i tipi
strani siamo proprio noi.
Gueri 06
Volere Volare
anno 9, numero 2
bimestrale dell’Associazione cittadini e familiari per la lotta alla tossicodipendenza
registrazione al Tribunale di Trieste n. 1042 del 1/3/2002.
Direttore editoriale
Pino Roveredo
Direttore responsabile
Daniela Gross
Redazione
Barbablù, Daniela Colomban, Duilio, Gigliola,
Gibi, Gueri, Luca, Marko, Otto, Sergio, Teo
Verdiani
Coordinamento
Gabriel Schuliaquer
Grafica & impaginazione
Emilio Porto e Nanni Spano
[email protected]
Stampa
Tipografia Opera Villaggio del fanciullo –
Opicina, Trieste
Volerevolare
Via Pindemonte 13/b Trieste
Tel. 040 55122 [email protected]
Questo numero è illustrato dalle belle immagini
stenopeiche di Luigi Tolotti. Grazie all’autore
per la gentile concessione e agli amici
dell’Associazione culturale Daydreaming project
per la sempre preziosa collaborazione artistica.
(www.ddmagazine.it)