notiziario-aprile-2014-muffe

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22/04/2014
Volume 1, Numero 4
Gli intonaci e le muffe
CHE COSA SONO
La muffa alle pareti è una vera e propria malattia dei muri, è come un cancro
che si installa sulle pareti e le corrode dall’esterno verso l’interno. La muffa è
composta da microrganismi viventi come batteri e spore, che continuano a
proliferare a colonie sui muri “mangiandosi” letteralmente prima le pitture
esterne e poi l’intonaco. Infatti le muffe si manifestano prima con piccoli
puntini neri, poi questi puntini diventano delle macchie scure compatte, poi
segue lo sfarinamento e lo sfogliamento delle pitture e degli intonaci.
L'INTONACO è il rivestimento di finitura o semi-finitura, di un
muro, composto da una MALTA di cemento, calce, sabbia fine ed
acqua.
La MALTA è un conglomerato costituito da una miscela di legante
(ad esempio l'intonaco!)
Viene utilizzata in edilizia per realizzare intonaci o per collegare e
tenere uniti altri materiali da costruzione, cui la malta fluida si
adatta aderendovi tenacemenente fino a dare una struttura monolitica ad indurimento avvenuto
SOMMARIO
Vivere in ambienti malsani .... 2
Allarme muffa negli edifici...... 2
Cosa fare contro le muffe ....... 3
La muffa è composta da microrganismi viventi come batteri
e spore, che continuano a proliferare a colonie sui muri
“mangiandosi” letteralmente prima le pitture esterne e poi l’intonaco.
Infatti, le muffe si manifestano prima con piccoli puntini neri, poi
questi puntini diventano delle macchie scure compatte, segue lo sfarinamento e lo sfogliamento delle pitture e degli intonaci
Le muffe, piccoli puntini neri che diventano successivamente macchie
scure compatte, si manifestano in ambienti dove è presente il fenomeno della condensa, formazione di goccioline d’acqua dovuta al vapore acqueo presente nell’aria che condensa a contatto con pareti
fredde.
Cosa fare contro le muffe ....... 4
Cosa fare contro le muffe ....... 5
Cosa fare contro le muffe ....... 6
Fenomeni Condensazione…....7
Importanza Ventilazione……..8
Importanza Ventilazione……..9
Intonaci Deumidificanti…..…. 10
Prodotti…………………………….. 11
Muffe negli alloggi…………….. 12
Origini , rimedi e provved..... 13
Legislazione vigente………...... 15
Normativa tecnica di rif…...... 16
Per attecchire e svilupparsi, le muffe hanno bisogno di quattro condizioni essenziali contemporaneamente: temperatura alta all’interno e
bassa all’esterno, presenza di spore, luce scarsa, acqua (in pratica la
condensa).
Eccesso di evaporazione…...... 17
Contenziosi legali……….…...... 18
Risoluzione dei problemi....... 19
Conclusioni e consigli………… 20
La respons. Professionisti…...22
Piazza Scarlatti—Cond. Italia—91100 Trapani
Sentenza del 07/05/ 13………..24
Tel./Fax 0923/23300—E-mail [email protected] Pec [email protected]
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Vivere in ambienti malsani non è certo di giovamento alla nostra salute.
Spesso, però, siamo comunque obbligati dalle circostanze ad una convivenza poco salutare; le case in cui viviamo e gli
ambienti in cui lavoriamo possono provocarci la cosiddetta "sick building syndrome"-sindrome da edifici malsani.
Fin dal 1983 l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto l'esistenza di una Sindrome da edificio
malsano, o Sick Building Syndrome, strettamente collegata alla tipologia di edifici costruita prevalentemente nel secolo
scorso e alla presenza di quello che viene definito inquinamento indoor.
Sick Building Syndrome è, quindi, un termine utilizzato «per indicare le sintomatologie, fisiche e psicologiche soprattutto reazioni cutanee, cefalea, nausea, irritazioni oculari e delle vie aeree, affaticamento, irritabilità, vertigini –
legate alle condizioni dell'edificio»
Si tratta, quindi, di un termine che racchiude tutta una serie di disturbi fisici e psichici le cui cause sono immediatamente riconducibili alla tipologia di costruzioni e al loro essere "edifici malsani".
Si parla di edifici malsani quando sono presenti alcune condizioni per cui ci si trova a contatto di agenti inquinanti che
si sviluppano all'interno di un edificio, i quali danno luogo ad un "inquinamento indoor" dovuto a gas, polveri, fibre,
microbi, muffe e agenti chimici, e portatore di sintomi e patologie.
Tra le condizioni che favoriscono lo sviluppo di questi disturbi abbiamo, le muffe, l’umidità, le emanazioni provenienti
da alcuni materiali in uso nelle costruzioni moderne: isolanti artificiali, vernici, laccature diluenti, impregnanti, rivestimenti sintetici e così via.
A questo va aggiunta la generica scarsa ventilazione degli stessi edifici, la presenza di fumi, l'eccessiva illuminazione,
l'aria secca, l'utilizzo di deodoranti per il corpo e per l'ambiente, l'utilizzo sempre crescente di videoterminali, computer,
elettrodomestici e quant'altro.
Secondo l'OMS, circa il 40% dei materiali utilizzati nel settore edilizio è potenzialmente aggressivo
Allarme muffa negli edifici. Cosa è chiamato a fare un professionista?
I fenomeni legati alla presenza di umidità negli edifici sono tra le principali cause non solo del degrado degli immobili,
ma anche della diminuzione del confort abitativo nonché della loro salubrità ed igiene.
Vi possono essere varie cause che portano ad avere umidità e muffa nei muri di casa, anche in case di nuova costruzione,
queste vanno ricercate: in fenomeni di infiltrazioni d’acqua, umidità per risalita capillare, fenomeni di condensazione
dell’umidità dell’aria nei punti freddi delle pareti.
Gli a spetti giuridici relativi alle responsabilità per danni sia patrimoniali che alla salute causati dall’umidità e muffa nei
muri sono molto rigorose e possono coinvolgere il proprietario, il locatario, il costruttore, il tecnico che ha eseguito il
progetto e possono essere inquadrate in un contesto civile, penale, deontologico, occorre pertanto essere diligenti nello
svolgimento degli incarichi professionali
Molte volte semplici gesti possono essere sufficienti per evitare l’insorgere di problemi alla salute, come quello di arieggiare quotidianamente le unità immobiliari, schivando l’insorgere di muffa e condensa sulle pareti ed i relativi problemi
alle vie respiratorie, asma e problemi di allergie, altre volte necessitano interventi edilizi per risolvere casi più difficili.
Certo è che i problemi di allergie, in netto aumento negli ultimi decenni, non nascono dall’inquinamento esterno, ma da
quello interno agli edifici.
Oggi l’orientamento è quello di occuparsi principalmente dell’aspetto energetico delle strutture – visto l’impatto
sull’economia e le risorse del Pianeta, ma certamente i fattori legati alla salute degli individui negli ambienti non salubri
è altrettanto importante, non solo per la qualità della vita delle persone, ma anche per il risparmio della spesa sanitaria
pubblica.
Gli aspetti pertanto da tenere in considerazione sono:
•
Il raggiungimento di un alto livello di comfort degli spazi confinati;
•
Il rispetto delle verifiche di legge;
•
La garanzia di non incappare in contenziosi a intervento ultimato.
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Niente muffa sui muri nella casa che respira
In effetti il problema delle muffe è proprio nella traspirabilità delle strutture se avete già escluso che si tratti di umidità di
risalita rimediabile con un intervento tecnologico.
La presenza di muffa maleodorante sui muri è sempre indice di una cattiva aerazione dell’ambiente, quando non di guasti o
difetti strutturali nei casi più gravi.
La prima cosa da fare è individuare la causa o le cause della muffa.
Se all’origine delle macchie sui muri c’è una perdita d’acqua da un tubatura, non resta che spaccare il muro e sostituire o
aggiustare il pezzo guasto o ammalorato.
Se invece l’origine della muffa è un ponte termico, cioè un punto non isolato della struttura dove si crea un passaggio di
umidità, la soluzione (impegnativa) è un cappotto termico o comunque una barriera isolante esterna.
Occorre fare attenzione all’eccesso di isolamento e alla qualità dei materiali isolanti, che paradossalmente possono essere
proprio la causa della formazione di muffe sui muri anche in edifici nuovi e comunque non contribuiscono al comfort abitativo.
Isolamenti impermeabili e barriere vapore sigillano la casa favorendo la formazione di condensa. Viceversa, materiali edili
porosi (pietra, mattoni, legno...) e isolanti traspiranti (sughero, fibra di legno, lana di pecora...) permettono lo scambio di
aria e mantengono la casa ben ventilata e asciutta, condizioni indispensabili per evitare la formazione di muffa, senza disperdere calore.
Attenti al tranello quando si parla di isolanti termici per risparmiare sul riscaldamento. I cappotti isolanti ottenuti applicando sui muri esterni pannelli isolanti sintetici e rivestimenti plastici sono efficaci nel contenere il calore interno, ma altrettanto dissipativi nei confronti dell’irraggiamento solare(ostacolano i raggi del sole) e illogici per non dire malsani dal
punto di vista fisico perché impediscono al l’edificio di ‘respirare’. Con l’umidità che non trova sfogo verso l’esterno, ovvio
che all’interno si formi condensa e da qui la muffa sui muri.
Se la casa è ‘sigillata’ da materiali isolanti non traspiranti, il ricambio d’aria che porta via l’umidità e impedisce la muffa sui
muri dipende solo da quanto restano aperte le finestre. In questo modo però va sprecato tutto il calore che si pensava di
risparmiare dotandosi di un buon isolamento. È un circolo vizioso che deve mettere in guardia dall’eccesso di isolamento e
dai cappotti termici sintetici sigillanti.
Un cappotto termico isolante dovrebbe essere traspirante e non è vero che questa caratteristica lo rende meno efficace dei
concorrenti sintetici. Il passaggio di aria negli isolanti porosi (che sono quasi sempre materiali naturali, quindi anche più
ecologici) è talmente lento che non comporta perdita di calore, semmai aiuta ad espellere l’aria inquinata e contribuisce al
comfort abitativo complessivo.
L’involucro superficiale della casa deve agire come una ‘pelle’ che traspira e questo in realtà è
l’unico modo sicuro per non ritrovarsi con il problema della muffa sui muri.
Il ponte termico è tra i principali responsabili delle perdite di calore in un edificio perché, favorendo gli scambi di calore tra interno ed esterno, può arrivare anche a triplicare la trasmissione di calore in una sezione dell’edificio, pur rappresentando solo una minima parte della
superficie stessa.
I ponti termici devono essere assolutamente evitati in quanto comportano non solo un notevole dispendio, sia economico che energetico, ma diminuiscono sensibilmente il comfort e la
salubrità degli edifici
Quando la temperatura superficiale interna di una parte di parete è inferiore di qualche grado
rispetto alla temperatura dell’ambiente si avverte infatti una sensazione di disagio in prossimità di tale superficie, disagio che si cerca di limitare innalzando i livelli di riscaldamento e
provocando in tal modo un’ulteriore perdita di energia.
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Un’altra conseguenza molto comune della loro presenza è la condensazione superficiale, che si manifesta quando un maggiore livello
dell’umidità relativa degli ambienti interni si combina con una temperatura superficiale delle pareti più bassa del punto di rugiada con
conseguente formazione di muffe.
Infine, altro importante aspetto da non trascurare, l’utilizzo di materiali aventi dilatazioni termiche differenti, in presenza dei ponti
termici (tipico esempio: cemento armato della struttura e laterizio del tamponamento), causa un degrado superficiale delle facciate
che, sollecitate ciclicamente dalle variazioni di temperatura, dalle intemperie, dai cicli gelo
-disgelo, possono essere soggette alla formazione di crepe, distacchi, infiltrazioni con degrado continuo nel tempo.
Alla base di un ponte termico c’è sempre un difetto progettuale o di realizzazione per cui è indispensabile conoscere le dinamiche che
concorrono alla loro formazione.
In generale è possibile distinguere tra ponti termici “geometrici” e ponti termici “costruttivi”.
Questi ultimi derivano da disomogeneità termica dei materiali e si manifestano nei punti in
cui materiali ad alta conducibilità termica penetrano in un elemento strutturale che presenta
una maggiore coibentazione, ad esempio le architravi non coibentate, i pilastri in c.a., i balconi in calcestruzzo che attraversano la muratura perimetrale. I ponti termici geometrici sono
invece determinati dalla figura geometrica dell’elemento edilizio in cui ad una piccola superficie interna corrisponde, esternamente, una grande superficie disperdente. La regola principale per evitare i ponti termici è quindi quella di predisporre una coibentazione ottimale
dell’edificio, che deve essere progettata nel dettaglio e, soprattutto, eseguita a regola d’arte;
l’isolamento deve essere continuo, con particolare attenzione alle parti aggettanti o ai punti
di debolezza termica.
L’applicazione infatti di un pannello isolante sulla facciata esterna della trave e pilastri prima della posa dell’intonaco è un
metodo non corretto dal momento che attenua il ponte termico in maniera limitata in quanto la “rientranza” della trave può
essere minima per motivi strutturali e un sottile strato di isolante non garantisce assolutamente una correzione ottimale, per
evitare la formazione di condensa e tensioni sulla muratura
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Il punto di forza del sistema d’isolamento dall’esterno a cappotto è sicuramente il fatto che, a fronte di una estrema semplicità realizzativa, garantisce quella continuità termica indispensabile a evita re i fenomeni sopra detti.
Le caratteristiche tipiche e insostituibili del “cappotto” possono essere così riassunte:
•
isolare senza discontinuità dal freddo e dal caldo,
•
sfruttare il volano termico delle murature,
•
proteggere le facciate dagli agenti atmosferici,
•
fornire interessanti e sensibili risparmi,
•
porre in condizioni stazionarie termo-igrometriche l’involucro e la struttura degli edifici,
•
rendere ottimali, confortevoli e igieniche le condizioni degli spazi abitativi e contribuire sensibilmente alla riduzione
delle immissioni inquinanti nell’atmosfera.
Tali vantaggi, vanno molto al di là del solo risparmio energetico-già di per sé molto importante - rendono l’investimento
nell’isolamento a cappotto attraente dal punto di vista economico -finanziario, non solo su edifici nuovi ma ancor più interessante in occasione di un intervento di manutenzione delle facciate degli edifici esistenti
Le muffe si trovano dovunque e possono crescere su qualsiasi sostanza organica ed umida.
Alcuni tipi di esse possono facilmente proliferare su legno, carta, moquette, alimenti, e perfino sui materiali da costruzione
quali laterizi, intonaci e materiali da isolamento. Più spesso, quando l’eccessiva umidità si accumula negli edifici o sui materiali da costruzione, si verificano spesso la formazione delle muffe, soprattutto se la genesi dell’umidit rimane sconosciuta o
trascurata dagli stessi abitanti.
Cosa sono le muffe? Come si riproducono e quali sono gli effetti alla salute degli abitanti degli spazi ed ambienti chiusi? Esiste un collegamento fra le tipiche malattie respiratorie quali, asma ed allergie derivanti alla presenza delle muffe negli ambienti chiusi che frequentiamo?
Le muffe vivono nel terreno, sulle piante e sulla materia in decomposizione. Nella natura, le muffe svolgono un ruolo importante nel degradare le foglie, del legno e degli altri residui vegetali. Queste appartengono al regno dei funghi. Sostanzialmente, si differiscono dalle piante per l‘assenza di clorofilla quindi sopravvivono digerendo dei materiali vegetali. Sono infatti,
degli organismi eterotrofi ed utilizzano come principale fonte di energia, i materiali organici reperibili.
Esse producono minuscole spore per potersi riprodurre. Si possono trovare queste spore negli ambienti chiusi e anche
nell’aria esterna e si depositano sulle superfici interne ed esterne. Quando le spore della muffa finiscono in un luogo umido,
cominciano a proliferare e digeriscono ciò su cui stanno crescendo per sopravvivere.
Le muffe si diffondono rapidamente, formando il micelio (corpo fungina), a sua volta compone una sottile rete di filamenti
(ife). Il micelio produce altri gruppi di radice similari alle ife, i cosiddetti “rizoidi,” che entrano successivamente nel materiale organico; rilasciano poi delle enzimi che assorbono l'acqua, gli zuccheri e gli amidi digeriti. Un altro tipo di ife chiamato
“sporangioforo,” si sviluppa verso la superficie esterna, formando sporangi, i quali determinano il colore particolare della
muffa.
Considerato che le muffe spesso crescono in ambienti bagnati o umidi e chiusi, il controllo dell'umidità interna è la chiave
principale per evitare la proliferazione di questi fungi. Esempi dei posti più suscettibili alla formazione delle muffe quindi,
includono le fughe delle piastrelle del bagno, le pareti dei piani interrati, le aree intorno alle finestre dove si formano condense ed in prossimità dei rubinetti guasti, o lavelli. Il problema della presenza di umidità potrebbero derivare anche da una
perdita dal tetto, mancata manutenzione, fenomeni di condensazione prodotti dai ponti termici, allagamenti a causa di guasti idraulici o infiltrazioni di acqua piovana, piccole perdite di impianti idraulici e di malfunzionamento o errata progettazione dei sistemi di umidificazione.
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È quasi impossibile eliminare tutte le muffe o spore di muffe in un ambiente chiuso. Tuttavia, la crescita della muffa può
essere controllata tenendo sotto controllo, appunto, il livello di umidità interna.
E ’ molto rilevante anche il fenomeno di “ fuel poverty” dove i proprietari, a causa degli elevati costi di energia
per il riscaldamento, cercano di ridurre i consumi favorendo, purtroppo, l ’ aumento della frequenza di condensazione ed umidità interna.
L ’ umidità e le muffe si possono verificare anche negli edifici scolastici, asili, uffici e altri edifici. I rischi per la salute associati con l ’ esposizione alle muffe in questi edifici sono probabilmente simili a quelli nelle case umide, tuttavia, sarà necessario ulteriori indagine e studi mirati per valutare la prevalenza
Di muffe ed umidità in questa tipologia di fabbricato.
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Due Fenomeni di Condensazione
La condensa superficiale,
superficiale si forma sulla faccia della struttura rivolata sul lato interno, nei punti in cui la temperatura è
più fredda ( temperatura di rugiada ) .
La condensa interstiziale,
interstiziale avviene all ’ interno delle strutture in corrispondenza del cambio di materiale diverso
( i nterfaccia ) o all ’ interno di uno stesso strato di materiale.
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L’Importanza della Ventilazione
La ventilazione dei locali assume un ruolo determinate
per la gestione dell’UR al fine di impedire i fenomeni di
condensa e la proliferazione delle muffe.
Mediante l’apertura delle finestre si smaltisce circa il 9597% dell’umidità presente nell’alloggio, e solo il 3-5%
viene smaltito dall’involucro se di tipo permeabile.
La qualità dell’aria all’interno di una casa è molto importante per il benessere di chi ci vive. Infatti la presenza e
l’attività delle persone negli ambienti chiusi genera e fa
aumentare la concentrazione di anidride carbonica (CO2)
e di vapore acqueo (umidità) e altri gas. Un equilibrio non
corretto di questi elementi (aria viziata) induce un senso
di stanchezza, depressione, mancanza di concentrazione
ed altri piccoli disturbi. Le finestre di vecchia concezione,
sprovviste di guarnizioni e con una precisione costruttiva
piuttosto approssimativa, consentivano, attraverso gli
“spifferi” un sufficiente ricambio d’aria anche con le finestre chiuse. Il ricambio d’aria naturale condotto in questo
modo aveva però molti aspetti negativi in quanto non poteva essere controllato e causava quindi degli sprechi
energetici ed un disagio abitativo sofferto a causa di queste lame d’aria incontrollate che invadevano gli ambienti.
Le nuove finestre creano invece degli ambienti assolutamente isolati rispetto all’ambiente esterno e quindi il ricambio d’aria necessario per avere sempre una buona
qualità dell’aria si può avere solo con una corretta apertura delle finestre.
IN ESTATE: normalmente non ci sono problemi in
quanto si arieggia frequentemente la casa. A questo
riguardo è utile ricordare che quando all’esterno la temperatura è più elevata di quella presente in casa si devono chiudere le finestre e ombreggiare i vetri, accostando le chiusure oscuranti per evitare che l’energia
del sole riscaldi l’interno dell’abitazione, si ha così una
temperatura minore rispetto a quella esterna, e si mantiene un ambiente più fresco risparmiando energia
elettrica per il condizionamento. Di sera invece, quando la temperatura esterna si è abbassata si devono
spalancare le finestre per raffreddare sia l’aria sia le
pareti che durante il giorno si sono riscaldate. Se abbassate la temperatura delle pareti queste restituiranno
il fresco durante la giornata successiva.
IN INVERNO: al fine di evitare sprechi energetici, si arieggia meno e spesso in modo sbagliato. E’ necessario arieggiare
principalmente in questa stagione perché si deve considerare che in una casa abitata viene prodotta una grande quantità
di vapore acqueo, (vedi tabella 1), che deve essere correttamente smaltita con l’apertura delle finestre e delle portefinestre.
Un’umidità relativa dell’aria superiore al 55% provoca molti disagi soprattutto in inverno, quando il vapore acqueo condensa
a contatto con i punti freddi dell’abitazione, passando dallo stato di vapore a quello liquido. Si assiste così al gocciolamento
dei vetri e all’insorgenza delle muffe negli angoli delle pareti più fredde con un danno sia estetico che igienico, le spore di
alcune muffe possono infatti essere tossiche per l’uomo e causare allergie e malattie alle vie respiratorie. È indispensabile
dotarsi di un termo-igrometro per monitorare il clima della propria abitazione come ad esempio il modello della foto, disponibile a richiesta presso il Vostro rivenditore di fiducia. Quando la lancetta passa dalla zona “Comfort” a quella “Wet” (umido
bagnato), sostituire l’aria calda e umida dell’abitazione interna con quella esterna più fredda, così l’umidità relativa interna
scende, anche in condizione di maltempo, come la pioggia, neve o nebbia. Questi fenomeni, spesso risolvibili con una corretta aerazione, sono particolarmente evidenti se le pareti esterne non sono ben isolate e se la casa non è ben riscaldata.
Anche un’umidità relativa dell’aria troppo bassa, inferiore al 40%, può comunque essere dannosa.
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Da queste considerazioni si intuisce l’importanza fondamentale di arieggiare in modo corretto; in inverno tale operazione deve essere svolta cercando di ridurre al massimo gli
sprechi energetici. La tabella 2 indica i tempi necessari per
un completo ricambio d’aria in una stanza di medie dimensioni in cui sia collocata una finestra standard 125 x 135 cm.
Come si può notare la soluzione migliore, specie in inverno,
è spalancare le finestre in corrente d’aria per 5 minuti tante
volte al giorno quante sono le persone che soggiornano in
casa, in questo modo si avrà un completo ricambio d’aria
con il minimo spreco energetico, infatti le pareti, i mobili ed il
pavimento conserveranno il loro calore ed appena la finestra
sarà nuovamente chiusa si ristabilirà la temperatura iniziale
entro pochi minuti.
Alcuni consigli pratici: chiudere sempre le porte dei bagni e arieggiare subito dopo aver fatto la doccia o
l’idromassaggio, far asciugare la biancheria in locali aerati o con deumidificatore, evitare di aprire le finestre a ribalta per lunghi periodi. Nelle case di nuova costruzione, o recente ristrutturazione, è fondamentale arieggiare di più gli
ambienti chiusi, tenendo in considerazioni le precauzioni precedentemente esposte in funzione della stagione.
In tali costruzioni si avrà sicuramente un’umidità interna molto elevata, specie se i lavori di intonacatura e pavimentazione
interna sono stati eseguiti dopo l’installazione delle finestre e poco prima che l’appartamento sia stato consegnato al cliente.
Nei materiali da costruzione, infatti, rimane sempre per molti mesi un’alta quantità di acqua che deve essere evacuata
all’esterno per evitare la formazione di muffe e la creazione di ambienti insalubri.
Si conclude affermando, che otre alla riduzione dell’UR, mediante l’apertura delle finestre si migliora la qualità dell’aria,
riducendo CO2, agenti inquinanti di tipo chimico (ossidi di azoto, monossido di carbonio, ozono, benzene, assido di
zolfo, formaldeide, composti organici volatili, idrocarburi aromatici policiclici, fumo di tabacco, pesticidi) inquinati fisici
(radon, campi elettromagnetici) inquinanti biologici (batteri, acari, allergenici degli animali, muffe e funghi, pollini)
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INTONACI DEUMIDIFICANTI
La presenza di umidità ascendente (o risalita capillare) all’interno
delle murature è una delle maggiori cause di degrado degli intonaci
e rivestimenti negli edifici.
La presenza dei sali accumulati dall’evaporazione dell’acqua verso
la superficie dei muri è la causa primaria della degradazione degli
stessi provocando così danni ed effetti antiestetici.
L'acqua può generare un'incompatibilità chimica tra i materiali
utilizzati per la costruzione di un muro, causandone il lento degrado.
Oggi si provvede ad effettuare un isolamento termico all’esterno dei
muri interessati da umidità di risalita capillare, creando così una
barriera che dirige la stessa umidità verso l’interno dei locali causando un aumento dell’umidità ambientale e generando, in alcuni
casi, l’insorgere di muffe nerastre oltre che ai danni nei sopra citati
nei rivestimenti e intonaci.
L'eccessiva presenza di umidità nelle pareti è solitamente causata
dalla presenza di acqua nel sottosuolo che, per capillarità, risale le
pareti provocando il lento e inarrestabile degrado dei muri.
PROTEZIONE
Come proteggersi per eseguire un intervento contro la
muffa
Il prodotto che viene utilizzato per questo scopo deve essere maneggiato con attenzione. Non è possibile quindi fare a meno di usare gli indumenti adeguati e le protezioni adatte.
Per quanto riguarda l'abbigliamento è possibile acquistarlo presso
qualsiasi centro per il fai da te o magazzino di materiale edile. Anche i negozi di ferramenta ben forniti dovrebbero esserne provvisti.
Ai piedi bisognerà indossare degli stivali in plastica, comuni, come
quelli utilizzati per andare a cercare i funghi o durante un acquazzone impetuoso. Sopra i vestiti ci si infilerà invece una tuta antiacido. E' in genere bianca e provvista di cappuccio.
Per quanto riguarda i guanti è meglio procurarsi quelli in lattice ad
alta resistenza chimica adatti a lavori con solventi ed acidi.
Molto importante è che la maschera da indossare sia quella indicata
per questo lavoro, cioè quella efficace contro i vapori organici.
L'intervento migliore da attuare sarebbe quello di bonifica del suolo. In molti casi un intervento così radicale non è attuabile per vari
motivi; dunque, come è possibile risolvere il problema?
In tuo aiuto vengono gli intonaci deumidificanti.
Gli intonaci deumidificanti non consentono di risolvere il problema
alla radice, ma permettono di avere un ottimo risultato facendo in
modo di far evaporare l'acqua dall'interno del muro.
Una volta applicati, dopo la solidificazione, l'intonaco deumidificante crea una struttura macroporosa che permette l'evaporazione
dell'acqua presente nel muro.
L'umidità che periodicamente viene assorbita dal muro viene poi
smaltita, soprattutto in periodi caldi, attraverso i pori presenti
nell'intonaco.
L'applicazione di questo tipo di materiale deve essere però fatta
nella maniera corretta, onde evitare di rendere vano tutto il lavoro.
Infatti, dopo l'applicazione di un intonaco deumidificante, è necessario evitare di applicare sopra intonaci di rifinitura meno traspiranti del precedente, che creerebbero una barriera impermeabile,
vanificando tutto il lavoro; Vale la solita regola per le vernici. L'applicazione di un intonaco deumidificante è un'ottima soluzione al
problema alla risalita capillare dell'acqua nei muri, avendo un'ottima riuscita e non comportando interventi troppo radicali e traumatici per le pareti su cui si va ad operare; Allo stesso modo i risultati
ottenuti sono veramente molto soddisfacenti eliminando completamente il problema che non dovrebbe più ripresentarsi. Con il giusto
intonaco deumidificante si potrà risolvere in maniera definitiva il
problema dell'odiosa muffa sui muri.
Sulle pareti poco isolate, in particolare quelle a nord, si potrà
presentare il fenomeno della muffa. La muffa si forma quando
l'umidità interna del locale si condensa sulla parete fredda per
effetto della differenza di temperatura, la persistenza dell'acqua
sulla parete porta così alla proliferazione della muffa con gli effetti sgradevoli che sappiamo: cattivo odore e macchie scure evidenti alla vista. La soluzione normalmente praticata è di pulire e
disinfettare l'area interessata dalle macchie di muffa alle pareti,
soluzione provvisoria se non si eliminano le cause del fenomeno:
-mancanza di isolamento alle pareti. -eccesso di umidità negli
ambienti spesso per poca ventilazione. Anche un modesto isolamento in sughero sulla parete interessata dalla muffa può risolvere il problema dato che il sughero ha il potere di alzare la temperatura superficiale della parete e impedire la condensa dell'umidità, causa della muffa.
MUFFA NELLE COSTRUZIONI?
Interventi immediati e mirati La comparsa di una macchia di muffa all’interno di un ambiente domestico non deve essere sottovalutata, poiché è un indicatore inequivocabile di una cattiva qualità ambientale, e può essere fonte di pericoli per la salute in particolare dei bambini. Le spore di alcune muffe, infatti, causano potenti allergie, o possono rilasciare tossine che, nei polmoni, creano infiammazioni polmonari. La presenza all’interno degli edifici delle spore
prodotte dalla muffa ha comportato negli ultimi anni un crescente aumento dei casi di asma nei bambini e negli adolescenti. Interventi tecnici mirati e
materiali naturali rendono salubre l’unità abitativa. Attenzione! I danni vanno risarciti, compresi quelli alla salute
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Prodotto per eseguire un intervento contro la muffa
Dopo essersi attrezzati con i necessari dispositivi di sicurezza, si può passare a preparare la soluzione che eliminerà anche la
muffa.
Prima di iniziare a lavorare distendete dei teli di plastica sul pavimento in modo da proteggerlo e fate lo stesso per tutti quegli oggetti che non volete o potete spostare e che potrebbero rovinarsi a contatto con il disinfettante.
Il prodotto che bisognerà acquistare è quello che ha come principio attivo il sodio ipoclorito, cioè la comune candeggina o
varechina.
Si tratta di soluzioni pulenti e disinfettanti cloro-attive. Il flacone che si potrà acquistare sarà già miscelato a dovere con acqua e la percentuale di cloro risulta estremamente minima.
Ma questo non vuol dire che si possano diminuire le precauzioni di sicurezza da adottare, poiché è sempre meglio cautelarsi.
Utilizzando un imbuto riempite di prodotto uno spruzzino, come quelli che si usano normalmente per inumidire le foglie
delle piante d'arredamento. Quello, per intenderci, che contiene i detergenti che abitualmente si usano per lavare gli specchi
o i vetri delle finestre.
Una volta che vi sarete avvicinati alla muffa iniziate a spruzzare sopra la soluzione.
Bisogna inumidire tutte le zone in cui è presente. E' inutile abbondare, sarà più che sufficiente un leggero strato di prodotto;
il risultato di una eccessiva somministrazione sarebbe lo stesso ma provochereste inutili gocciolamenti della soluzione.
Una volta distribuito con cura il prodotto, riponetelo in un luogo sicuro.
Fatto questo si passa ad eliminare la muffa, un lavoro molto più semplice e veloce di quello che ci si può aspettare, da fare
sempre indossando le protezioni.
Può essere utile usare una canna attaccata ad un rubinetto dell'acqua, è indifferente se questa sia fredda o calda.
La cosa più importante è quella di sciacquare per primi eventuali oggetti metallici su cui avete spruzzato la soluzione disinfettante. Questa operazione si rende necessaria per evitare che sul metallo si possano formare piccole macchie indelebili.
Per quanto riguarda invece le pareti bisogna aspettare circa un quarto di ora prima di lavarlo, in modo che il disinfettante
faccia effetto.
Terminato il lavoro, l'intonaco sarà tornato bianco e non sarà necessario ritinteggiarlo.
Prima di togliere gli abiti protettivi aprirete le finestre per arieggiare l'ambiente e non rientrateci prima di mezz'ora.
Prevenire!
Una superficie abitabile sufficientemente ampia a persona garantisce il necessario volume
d’aria per poter compensare l’umidità in eccesso!
Provvedere con buoni isolamenti delle parti esterne (muro, soffitto, pavimento) a produrre
alte temperature sulle superfici interne: essendo la differenza tra la temperatura dell’aria al
centro del locale e delle supferfici minore di 4°C, difficilmente si può formare condensa!
Utilizzare materiali con capacità di assorbimento di vapore per mura, soffitti e arredamento, soprattutto per le superfici (quindi niente rivestimenti sintetici, carta da parati al vinile,
soffitti in cemento, pavimenti in PVC)!
Arieggiare abbondantemente e contemporaneamente rispettando i criteri di risparmio energetico: un cambio d’aria completo da 0,5 a 0,8 volte l’ora nelle abitazioni (5 minuti di
aerazione rapida ogni due ore nelle abitazioni ad isolamento normale, meccanicamente
controllata in quelle con buon isolamento)!
11
MUFFE NEGLI ALLOGGI: PERCHÉ SI PRESENTANO, COME
EVITARLE, COME GESTIRE I CONTENZIOSI
La comparsa di muffe all’interno di edifici residenziali è una causa frequente di
contenziosi legali.
Esistono tuttavia gli strumenti per poter prevenire questi problemi, sia per le
nuove costruzioni, che per le ristrutturazioni.
I progettisti hanno a disposizione la normativa tecnica di settore e software di
calcolo specifici per poter valutare quando possa verificarsi il rischio di condensazione superficiale sulle pareti interne o sui ponti termici e di conseguenza
quando possa sussistere il rischio di formazione di muffe.
Progettazione per evitare la crescita di muffe
Molto spesso negli edifici di nuova costruzione o recentemente ristrutturati si
formano muffe, talora piuttosto evidenti, in corrispondenza a ponti termici
(disomogeneità delle pareti esterne, per esempio in corrispondenza a porte o finestre, o parti costituite da elementi con conduttività termica relativamente elevata) o, più generalmente, su porzioni di pareti perimetrali più fredde,
all’interno, rispetto ad altre, per esempio dietro ad armadi.
In alcuni casi il problema è legato ad una infiltrazione d’acqua dall’esterno, ad
umidità di risalita o alla rottura di un impianto idrico. In questi casi, nota la causa, è possibile risolvere il problema bloccando l’infiltrazione, oppure trattando
adeguatamente le murature, oppure, ancora, riparando l’impianto. In altri casi –
e queste sono le situazioni più frequenti cui si fa riferimento in questa sede –
sembra non ci siano cause evidenti e di conseguenza appare difficile risolvere il
problema, perché apparentemente non dovrebbe esistere.
In realtà, se in questi casi si riflette attentamente, si capisce che le muffe sono
conseguenza di una elevata umidità superficiale, causata dal vapor d’acqua, sempre presente negli ambienti, che ha trovato le condizioni adatte, ovverosia superfici con temperature sufficientemente “basse”: le cause e i rimedi per queste situazioni sono più oltre illustrati.
Generalmente in Italia la tendenza è quella di sottovalutare, in fase progettuale,
queste tematiche, probabilmente spinti da una legislazione che non è sufficientemente chiara sul tema e induce a verifiche standardizzate, poco in linea con le
reali modalità di occupazione degli ambienti, cui si fa riferimento nel prosieguo.
Sono pertanto in primo luogo qui di seguito illustrati e discussi i contenuti della
legislazione e della normativa tecnica sul tema non dovrebbe esistere.
In realtà, se in questi casi si riflette attentamente, si capisce che le muffe sono
conseguenza di una elevata umidità superficiale, causata dal vapor d’acqua, sempre presente negli ambienti, che ha trovato le condizioni adatte, ovverosia superfici con temperature sufficientemente “basse”: le cause e i rimedi per queste situazioni sono più oltre illustrati.
Generalmente in Italia la tendenza è quella di sottovalutare, in fase progettuale,
queste tematiche, probabilmente spinti da una legislazione che non è sufficientemente chiara sul tema e induce a verifiche standardizzate, poco in linea con le
reali modalità di occupazione degli ambienti, cui si fa riferimento nel prosieguo.
Sono pertanto in primo luogo qui di seguito illustrati e discussi i contenuti della
legislazione e della normativa tecnica sul tema.
Figura 1 - Esempi tipici di formazione di muffa in prossimità di un ponte
termico, a sinistra, ed in prossimità
del giunto parete/finestra
La muffa negli alloggi
La muffa negli alloggi non rappresenta soltanto un problema estetico,
ma un rilevante pericolo sanitario.
Un crescente numero di medici preoccupati da alcuni anni mette in
guardia contro l’effetto nocivo per la
salute. Soprattutto i bambini e le
persone con il sistema immunitario
indebolito, p. es. soggetti allergici,
sono considerati particolarmente a
rischio. Le affezioni più frequenti
sono tra l’altro malattie delle vie
respiratorie, predisposizione alle
infezioni, allergie, emicranie e disturbi motori.
12
Origine della muffa
Si tratta di funghi onnipresenti, con un importante ruolo nel ciclo ecologico. Le loro richieste nei confronti delle condizioni di
vita sono estremamente modeste. Un ruolo prioritario per la diffusione della muffa spetta all’umidità.
La “stagione” per la muffa negli alloggi inizia durante i mesi invernali, quando gli sbalzi di temperatura tra gli interni e
l’esterno sono particolarmente elevati. Sui fondi umidi si formano macchi di muffa, scure, ma anche verdi, gialle o rosse. I funghi durante la crescita formano un’infinità di spore (semi), disperse a milioni nell’aria e continuamente respirate. Alcuni delle
oltre 10.000 specie di aspergillo (muffa) costituiscono seri rischi per la salute delle persone. Le specie più pericolose comunque non sono riconoscibili, né per il colore, né per la struttura o la grandezza!
Rispettate le seguenti regole per proteggervi dai pericoli causati dalla muffa:
- La muffa deve essere rimossa immediatamente
e
- Dovrà essere eliminata la causa dell’umidità.
Rimedi contro la muffa
Rinunciate alle solite sostanze antimuffa in commercio! Le ricerche e le prove (ÖKO-Test 4/2001) dimostrano che queste sostanze in parte contengono elementi estremamente nocivi per la salute, come p. es. composizioni di cloro, mascherate con denominazioni come “cloro attivo” oppure “candeggiante a base di cloro”.
Per la rapida eliminazione della muffa si può ricorrere al vecchio rimedio casalingo, economico ed efficace, alcol denaturato o
spirito da ardere (possibilmente a 70 %).
Tenete però conto, che anche in caso di completo abbattimento della muffa, senza l’eliminazione delle cause dell’umidità, la
prossima infestazione non si farà attendere.
Provvedimenti per l’eliminazione dell’umidità
Sono molteplici e complesse le cause per la formazione dell’umidità negli alloggi.
Fondamentalmente si distingue tra due categorie d’umidità:
a) Umidità esterna
Si tratta d’umidità penetrata dall’esterno, in mancanza o per effetto di difettose barriere all’umidità, attraverso i capillari dei
muri, ed evaporata sul lato interno delle pareti. Le cause per l’umidità dei muri possono essere umidità capillare, acqua sotto
pressione (specie sui pendii), edifici difettosi (crepe nell’intonaco) o tubi dell’acqua/di scarico, grondaie o drenaggi difettosi.
A causa della complessa strutturazione del problema si consiglia il coinvolgimento di un esperto, che possa analizzare il problema con l’ausilio di misurazioni ed esprimere un suggerimento per il risanamento. Una soluzione stabile potrà essere raggiunta solamente attraverso gli idonei provvedimenti di prosciugamento.
b) Umidità interna (condensa)
La condensa è caratterizzata dal fatto che si tratta d’umidità interna, quindi vapore disperso nell’aria, che in caso di soprassaturazione si deposita sulle superfici più fresche del locale (denominata anche rugiada o acqua di condensazione). La quantità
del vapore acqueo nell’aria non può aumentare a discrezione, anzi, è limitata e dipende dalla temperatura ambiente. La quantità d’umidità accumulabile nell’aria aumento con la temperatura dell’ambiente. Raggiunta la saturazione, non appena la temperatura dell’aria scende, il vapore condensa in piccole gocce e si manifesta ad esempio in una nuvola sopra la pentola,
nell’appannamento dello specchio in bagno, nella condensa dell’acqua sulla finestra o su altre superfici fresche del locale.
In una casa quotidianamente una quantità tutt’altro che irrilevante viene ceduta nell’aria sotto forma di vapore acqueo invisibile. L’umidità si forma cucinando, facendo la doccia, il bucato, annaffiando i fiori nonché attraverso la respirazione e la traspirazione degli abitanti. Una famiglia di 4 persone mediamente trasmette da 10 a 12 litri d’acqua nell’aria, quindi più di un
secchio colmo.
Per tenere sotto controllo l’umidità dell’aria in un locale, si consiglia l’acquisto di un igrometro, il quale indica costantemente
l’umidità relativa dell’aria nel locale. L’umidità relativa dell’aria non dovrebbe superare il valore di 65%.
L’umidità da condensa nell’area residenziale è un fenomeno naturale ed assolutamente innocua, a condizione di garantire che
le superfici capaci d’assorbire l’acqua vengano costantemente asciugate. Negli angoli mal aerati comunque, p. es. dietro gli
armadi e i letti sui muri esterni può formarsi un’umidificazione costante e di conseguenza la muffa.
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Il pericolo di formazione di muffa causata dalla condensa può essere evitato!
1) Aerazione e riscaldamento: il comportamento corretto
Il corretto comportamento per l’aerazione e il riscaldamento risulta più importante che mai.
Le moderne finestre con 2 o 3 guarnizioni impediscono il ricambio incontrollato dell’aria, pertanto è richiesta
l’aerazione finalizzata. È consigliata l’aerazione d’impatto. In funzione della stagione la finestra allo scopo viene
completamente aperta per la durata di circa 5 – 15 minuti. Questo procedimento viene ripetuto quotidianamente da
2 a 4 volte. L’aria d’alimentazione dovrebbe sempre essere più fredda dell’aria interna. Pertanto in particolare durante i mesi estivi si suggerisce la ventilazione a fondo dell’abitazione soltanto durante le ore notturne o di prima
mattina.
L’aerazione attraverso le finestre a bilico è poco efficace, essendo minimo il ricambio d’aria. Specie nei mesi invernali questo sistema d’aerazione può conseguire un effetto negativo, poiché l’intradosso raffredda, favorendo la formazione di condensa e di muffa.
Dipendendo a sua volta la capacità d’assorbimento d’umidità dell’aria nel locale dalla temperatura ambiente, diventa decisivo il comportamento di riscaldamento degli abitanti. Dal punto di vista della biologia edilizia la temperatura ideale degli ambienti corrisponde a 20°C.
Se nelle stanze da letto fosse richiesta una temperatura inferiore, si tenga conto che a seguito della respirazione e
traspirazione durante la notte si forma umidità che di solito si deposita sotto forma di condensa. A maggior ragione
il mattino occorre un’approfondita aerazione. Si considera critica la completa rinuncia al riscaldamento nelle stanze
da letto piccole. Ad ogni modo le porte interne di locali con differenti temperature dovrebbero restare chiuse.
2) L’eliminazione di ponti termici e d’isolamenti insufficienti
Un’altra causa per la formazione di condensa nelle abitazioni è da ricercare nell’isolamento insufficiente o nei cosiddetti ponti termici, i quali comportano muri o altri elementi edili freddi, dove soprattutto si deposita la condensa, la
base per la formazione della muffa. Alcuni esempi per punti nevralgici di questo tipo sono angoli formati da pareti,
nicchie per i termosifoni, punti d’incontro tra calcestruzzo e muratura, sulle finestre e i cassettoni degli avvolgibili.
Un tipico esempio di ponti termici evitabili sono i balconi, formati da una lastra sporgente in cemento armato.
Per eliminare queste zone problematiche – dove attraverso l’eccessivo consumo d’energia si crea l’aumento della
bolletta del riscaldamento e da dove parte un costante pericolo di formazione di muffa – occorre coinvolgere uno
specialista con l’esperienza richiesta e che disponga della del necessario equipaggiamento meccanico per le misurazioni. Sono disponibili numerosi materiali e possibilità per l’isolamento interno ed esterno. In commercio inoltre si
trovano vari pannelli e sistemi di rivestimento a protezione da condensa e muffa.
Una prerogativa in bioedilizia quanto si parla degli intonaci è che siano esenti da cemento e derivati.
Devono offrire una traspirabilità e salubrità, non devono essere rigidi nè pesanti.
Ovviamente si usano inerti naturali, non scarti di lavorazione, e niente additivi chimici.
Per fare un intonaco servono tre cose:
a) Il legante: non può essere altro che la Calce Idraulica Naturale con la sigla NHL, questo perché le Calci idrate, o
aeree, sono molto deboli, non fanno presa, non sono deumidificanti e non possono essere impegnate a spessori importanti.
In commercio vengono additivate con cemento e derivanti, assumendo i nomi commerciali più fantasiosi, che compromettono il manufatto.
b) Gli inerti: devono essere naturali e puliti, senza argille, fanghi in granulomentrie, varianti ecc.
c) L’acqua: quella del rubinetto va bene
La calce aerea, o grassello, è invece un ottimo legante per la formazione di finiture a basso spessore, spatolati, pitture ecc.
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LA LEGISLAZIONE VIGENTE
L’art.4 del DPR 59/09 (successivamente integrato dal D.Lgs. 28/11), riguardante l’efficienza energetica degli edifici, al
comma 17 richiede che “sia verificata l’assenza di condensazioni superficiali e che le condensazioni interstiziali delle
pareti opache siano limitate alla quantità rievaporabile secondo la normativa vigente” (cioè secondo UNI EN ISO
13788, anche se non espressamente citata). È inoltre specificato che, “qualora non esista un sistema di controllo
dell’umidità relativa interna, per i calcoli necessari si assumono i valori UR 65% e T 20°C”.
In sostanza, un edificio realizzato o riqualificato secondo i criteri della recente legislazione vigente non dovrebbe presentare problemi di muffe.
Il progettista è pertanto indotto ad eseguire le necessarie verifiche termoigrometriche, secondo la normativa tecnica di
riferimento, utilizzando come condizioni interne di progetto, costanti, l’umidità relativa pari al 65% e la temperatura
pari a 20 °C. Queste tuttavia sono condizioni standardizzate, ma nella realtà l’umidità relativa interna può assumere
valori ben superiori soprattutto nei casi in cui il ricambio dell’aria non sia frequente; inoltre bisogna anche considerare
che la temperatura interna degli ambienti può essere variabile (come ad esempio può succedere con l’attenuazione notturna dell’impianto di riscaldamento) ed un abbassamento della temperatura comporta un aumento dell’umidità relativa, a parità di contenuto di vapor d’acqua.
Con le ipotesi sopra menzionate la formazione di condensa si manifesta a partire da temperature superficiali inferiori a
13 °C circa, come si può facilmente verificare mediante un diagramma psicrometrico (vedi figura 2). Con le condizioni
standard indicate dalla legislazione vigente ovvero 65% di UR e 20 °C si verifica condensa con una temperatura superficiale di circa 13 °C, mentre l’UR pari a 80% viene raggiunta con temperatura superficiale di circa 16,5°C. Facendo
invece riferimento al 50% di UR le condizioni di condensazione e di UR 80% si verificano rispettivamente a 9 °C e a
circa 12,5 °C.
Evidentemente il riferimento ad UR 65% è più cautelativo in quanto richiede il conseguimento di fattori di temperatura
più elevati (vedi UNIEN ISO 13788).
In realtà la formazione di muffa può verificarsi già quando l’umidità relativa in corrispondenza alla superficie interessata raggiunge il valore di 80% e a questo caso corrisponde una temperatura superficiale critica intorno a 16,5 °C. Questi concetti, molto semplici, non sono quasi mai presi in considerazione. È da precisare che la vigente legislazione in
materia presenta un miglioramento rispetto alla precedente Legge 10/91, che richiedeva le medesime verifiche con
riferimento però, ad un valore di umidità relativa interna costante pari al 50%. Se da una parte l’attuale prescrizione è
più cautelativa, dall’altra, però, non esclude totalmente i rischi progettuali, visto che nella realtà dei fatti la manifestazione di muffe negli ambienti residenziali nuovi o riqualificati, rimane un problema frequente. Merita inoltre un cenno
anche il requisito di legge relativo alla condensazione interstiziale perché, sebbene ammessa in quantità contenuta (cioè
fino a 500 g/m2), sarebbe più opportuno evitarla in quanto le strutture umide sono più disperdenti ed i materiali da costruzione possono degradarsi più rapidamente.
Figura 2 - Estratto da un diagramma psicrometrico
(AERMEC). Sono evidenziate le condizioni di temperatura ed umidità relativa superficiali critiche corrispondenti a due situazioni ambientali di riferimento: 20
°C con 50% UR e 20 °C con 65% UR.
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LA NORMATIVA TECNICA DI RIFERIMENTO
Per applicare le richieste legislative, occorre conoscere la normativa tecnica di riferimento, in questo caso la già citata norma UNI EN ISO
13788. Essa contiene un metodo di riferimento semplificato per determinare la temperatura superficiale interna minima dei componenti edilizi tale da evitare crescita di muffe in corrispondenza a valori prefissati di temperatura e umidità relativa interne. Inoltre indica un metodo per
la valutazione del rischio di condensazione interstiziale dovuta alla diffusione del vapore acqueo e le relative condizioni al contorno da utilizzare nei calcoli. Il metodo usato assume che l’umidità da costruzione si sia asciugata e non tiene conto di altri fenomeni fisici (risalita capillare, variazione con l’umidità dei parametri termofisici, ecc.).
La norma evidenzia il fatto che la condensazione superficiale può provocare il degrado dei materiali edilizi non protetti che siano sensibili
all’umidità. Essa può essere accettata temporaneamente e in piccole quantità, per esempio sulle finestre e sulle piastrelle nei bagni, se la superficie è impermeabile all’umidità e vengono assunte misure adeguate per prevenirne il contatto con materiali adiacenti sensibili; per periodi
di tempo di diversi giorni con umidità relativa superficiale maggiore all’80% sussiste il rischio di formazione di muffe.
I passi principali nella procedura di progettazione sono rappresentati dall’identificazione dell’umidità relativa interna di riferimento e quindi
dal calcolo del valore accettabile della pressione di saturazione del vapore psat sulla superficie in base all’umidità relativa superficiale ammissibile. Da questo valore si determina la temperatura minima superficiale richiesta (e quindi la «qualità termica» dell’involucro edilizio), valutabile mediante uno specifico parametro calcolabile mediante il fattore di temperatura fRsi, sopra citato e la temperatura esterna. La parte più
interessante della norma, ai fini di cui si tratta, è rappresentata dall’Appendice B, che illustra tre metodi per il calcolo del fattore di temperatura in corrispondenza alle superfici interne per evitare valori critici di umidità superficiale.
Il primo propone l’utilizzo di classi di umidità interna, il secondo – in analogia con le richieste del DPR 59/09 - propone un calcolo sulla base
di valori di umidità relativa e temperatura interne costanti ed infine il terzo considera il ricambio d’aria (fisso o variabile) e la produzione di
vapore all’interno.
Dei tre tipi di calcolo citati meritano un accenno particolare il secondo ed il terzo.
Il secondo, richiede di impostare i calcoli supponendo constante l’umidità relativa interna così come la temperatura interna dell’aria. Tuttavia,
facendo riferimento a condizioni realistiche, sono molti i momenti in cui l’umidità relativa interna può superare il 65%, ad esempio nelle
stanze da letto dopo alcune ore di permanenza da parte delle persone, nei servizi igienici dopo una doccia, nelle cucine dopo la cottura dei
cibi, o quando si stendono panni ad asciugare. Se il vapor acqueo non viene diluito mediante ricambio dell’aria, esso permane negli alloggi ed
il valore assunto per i calcoli, pari al 65% non può essere inteso né come media, né come picco. È oramai risaputo che gli alloggi sono sempre più ermetici, che le infiltrazioni non sono sufficienti per un idoneo ricambio dell’aria e che l’utenza non provvede più come un tempo ad
una buona aerazione (apertura dei serramenti ripetuta più volte al giorno per adeguati periodi).
Per questo è molto utile ricorrere anche al terzo tipo di calcolo e confrontare i risultati con il secondo. In taluni casi si potrà notare che pareti
verificate con il secondo metodo, non lo sono con il terzo. In tale caso, il progettista, ha la possibilità di compiere valutazioni più attente e
scrupolose, ad esempio tenendo conto del tipo di utenza prevista negli ambienti interni e del tipo di involucro edilizio considerato.
Per quanto riguarda la modalità di occupazione degli ambienti interni, tramite il rapporto tecnico (“Technical Report”) CEN TR 14788 è possibile stimare in modo ragionevole la quantità di vapore prodotta da una o più persone secondo le attività svolte in ambiente ed il testo fa
addirittura una distinzione tra vari tipi di utenza, più o meno attenti alla conduzione degli alloggi (nel report si parla di “dry occupancy” o
“wet occupancy”).
Per quanto riguarda l’entità della ventilazione, esistono alcuni metodi semplificati per valutare le infiltrazioni attraverso i serramenti (ad esempio secondo la ritirata UNI10344 o secondo un metodo esposto nel Regolamento Edilizio Tipo della Regione Emilia Romagna) dai quali
si evince che con i moderni serramenti i ricambi d’aria ottenibili sono abbondantemente inferiori alle portate necessarie, per una adeguata
qualità dell’aria, prescritte dalla UNI 10339; altri metodi analitici a tal proposito, più complessi, sono descritti nella UNI EN 15242
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Cause della presenza di eccesso di vapore nelle abitazioni
Come anticipato è molto frequente al giorno d’oggi che nelle
residenze si manifestino eccessi di concentrazione di vapor
d’acqua. Il fenomeno si riscontra sia negli edifici esistenti, sia in
quelli nuovi. In quelli esistenti questa situazione si acutizza solitamente all’atto della sostituzione degli infissi esistenti con quelli di attuale produzione che, in conseguenza dei progressi tecnologici del settore, manifestano un’elevata tenuta all’aria. Il problema, invece, è inesistente negli alloggi dotati di sistemi di
ventilazione opportunamente progettati per il ricambio dell’aria;
alcuni decenni orsono, invece, il fenomeno era molto meno riscontrabile per il fatto che la ridotta tenuta all’aria dei serramenti
permetteva infiltrazioni naturali continuative ed abbondanti. Per
questioni di comfort e di contenimento dei consumi energetici si
è giustamente cercato, nel corso degli anni, di limitare il più
possibile le infiltrazioni incontrollate, con le conseguenze precedentemente descritte, che possono tuttavia essere evitate.
Solitamente le muffe si manifestano in maniera più evidente
nelle stanze da letto, nei bagni e nelle cucine. Per ovviare a questi problemi solitamente nei bagni sprovvisti di serramenti apribili si installano degli estrattori d’aria a funzionamento continuo
o intermittente (come comunemente prescritto dai regolamenti
edilizi), mentre nelle cucine dovrebbero essere presenti cappe
aspiranti sopra i fornelli. È da osservare che comunque nei bagni, anche se dotati di finestre, dovrebbe essere presente un sistema di estrazione dell’aria: è frequente infatti che a causa della
poca propensione a lasciare le finestre aperte durante la stagione
invernale, il rischio di condensa e conseguente formazione di
muffe sia comunque alto.
Tuttavia, nonostante questi accorgimenti, gli alloggi possono
ugualmente essere intaccati dalla presenza di muffe. Ciò, come
già osservato, è riconducibile alla produzione di vapore acqueo
interno che non è evacuato all’esterno ed anche alle modalità di
conduzione degli ambienti che, in mancanza di impianto di ventilazione, dovrebbero essere aerati con continuità. Invece la tendenza più attuale delle famiglie è quella di aprire poco i serramenti per il ricambio dell’aria (per molti motivi, tra i quali comfort e risparmio energetico, oltre che per la protezione da rumori
esterni o da eventuali intrusioni) favorendo, di fatto, l’accumulo
di vapore all’interno.
Tramite alcuni semplici calcoli (ANIT, 2010) è possibile verificare che la presenza di due persone dormienti in una stanza da
letto (con la porta chiusa ed in condizioni di assenza di infiltrazioni) porta in 4 ore ad un innalzamento dell’UR interna dal
40% al 90%. Questa quantità di vapore, al mattino, dovrebbe
essere in qualche modo smaltita, ad esempio aprendo i serramenti per il ricambio dell’aria; questa operazione dato lo stile di
vita di molte persone, non è sempre compiuta. Unitamente al
fatto che, come anticipato, le infiltrazioni d’aria sono spesso
insufficienti, ben si capisce come mai possano verificarsi eccessi
di vapore acqueo all’interno, che successivamente condensano
sui punti freddi.
LEGENDA:
a : bassa
b : moderata - discreta
c : elevata - adeguata
d : molto elevata - efficiente
X, Y casi esemplificativi descritti nel testo
Figura 3 – Correlazione tra le tre cause di formazione
di muffe all’interno degli alloggi: i campi contrassegnati
con tratteggio corrispondono a combinazioni delle tre
variabili che danno luogo a nessuna o scarsa probabilità
di formazione di muffe. I campi in bianco corrispondono a condizioni per le quali è molto probabile la formazione di muffe.
Figura 4 – Un registratore di temperatura e umidità relativa (a sinistra) e un misuratore di CO2, collegabile ad un registratore (a destra).
Da documentazione tecnica ONSET.
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I contenziosi legali
I contenziosi legali legati ai problemi di presenza di muffe negli alloggi sono molto frequenti.
In questi casi generalmente il giudice affida ad un consulente tecnico
il compito di rispondere in maniera puntualee precisa ai quesiti formulati nell’udienza di conferimento dell’incarico e di relazionarne i
risultati nell’elaborato peritale che costituisce la Consulenza Tecnica
d’Ufficio.
Nel corso delle operazioni peritali i consulenti tecnici di parte hanno
modo di esprimere le loro valutazioni in occasione di sopralluoghi,
mediante analisi delle relazioni di progetto o memorie tecniche che
dovrebbero essere sempre basate sulla conoscenza delle norme specifiche in modo tale da consentire al CTU l’espressione di una valutazione finale adeguatamente supportata.
Come collegare le disposizioni di legge alla normativa
Occorre precisare che gran parte dei contenziosi legati a problemi
igrotermici si giocano sull’”interpretazione” delle regole dell’arte
definite da leggi e norme degli ultimi venti anni.
I limiti da rispettare sono stati assenti per un lungo periodo e tutt’ora
la legislazione vigente non affronta in modo completo la materia.
Partendo dagli anni ’90, si segnala il DPR 412/93, attuativo della
Legge 10/91, che chiedeva al progettista di compiere una verifica
termoigrometrica delle strutture opache utilizzando come valori convenzionali 50% di UR interna e 20 °C di temperatura dell’aria interna, mediante il calcolo della “differenza di pressione minima tra quella di saturazione e quella reale”. Come anticipato, questi valori sonopoco realistici.
Nel 1999 fu emanata una prima normativa tecnica di supporto per lo
svolgimento del calcolo, la UNI 10350, chepermetteva di svolgere
un’analisi mensile della temperatura superficiale interna per evitare
l’umidità critica superficiale e la valutazione del rischio di condensazione interstiziale mediante il metodo di Glaser.
Nel 2003 questa norma è stata sostituita dalla più aggiornata UNI EN
ISO 13788, sulla quale ci si è soffermati in precedenza. Questo significa che il progettista dal 2003 ha a disposizione uno strumento tecnico che gli permette di compiere le necessarie valutazioni e non può
essere ignorato.
Con l’emanazione del D. Lgsl. 192/2005 sono stati introdotti obblighi
più severi, mantenuti tali anche dal D. Lgsl. 311/2006 e dal DPR
59/09 perché al progettista, come già anticipato, è richiesto di procedere alla verifica dell’assenza di condensazioni superficiali ed alla
verifica che la condensazione interstiziale sia limitata alla quantità
rievaporabile.
La legislazione nulla scrive in merito all’assenza della formazione di
muffe (si ricorda che per numerose specie fungine e muffe le condizioni ideali per la proliferazione non si manifestano soltanto in concomitanza della saturazione
- cioè quando l’UR è pari a 100% - ma mediamente a partire da condizioni che superano 80%): questo implica che prima si noterà la
formazione di muffe sulle superfici termicamente più deboli e poi,
sulle stesse, la formazione di condensa. Di fatto la legislazione, prescrivendo l’utilizzo della normativa vigente obbliga implicitamente,
secondo gli autori, al riferimento alla UNI EN ISO 13788.
Purtroppo attualmente non c’è alcun obbligo legislativo per il ricambio dell’aria, che, come già osservato, attraverso l’abbassamento per
diluizione del tenore di umidità, abbassa il valore della temperatura
critica e quindi il rischio di condensazione.
Tipiche situazioni di contenziosi legali in seguito alla proliferazione
di muffe negli alloggi
I contenziosi legali solitamente oppongono il conduttore, eventualmente proprietario, alla figura o alle figure che della situazione
dell’immobile possono essere responsabili in modo più o meno diretto: proprietario, se diverso dal conduttore, venditore, costruttore, fino
al o ai progettisti.
I contenziosi possono interessare immobili sia di recente costruzione
che già esistenti.
In entrambi i casi, i fattori da analizzare sono i seguenti:
- i calcoli di progetto: per gli edifici progettati dopo il 2005 i calcoli
per la verifica di assenza di condensazioni superficiali devono essere
stati fatti con riferimento alla UNI EN ISO 13788, utilizzando come
riferimento per l’umidità relativa interna, nel caso della scelta del
secondo metodo di calcolo, il valore di 65%. Molti progettisti utilizzano ancora 50% perché non si sono aggiornati;
- l’esistenza di verifiche termoigrometriche eseguite secondo normativa anche in prossimità di eventuali ponti termici, noti per avere
temperature superficiali più basse;
- la rispondenza tra il progetto e quanto è stato eseguito:
in molti casi è indicata la presenza dell’isolamento termico nelle tavole di progetto, ma successivamente questo non è stato correttamente eseguito;
- l’utilizzo degli alloggi da parte dell’utenza: il regime con cui viene
condotto l’alloggio può avere un notevole influsso sui fenomeni di
degrado che possono verificarsi al suo interno; il mantenimento di
condizioni di umidità molto elevata (per eccessiva produzione di
vapore o per scarsa ventilazione) in concomitanza all’abbassamento
della temperatura interna dovuto, ad esempio, allo spegnimento
dell’impianto di riscaldamento nelle ore notturne possono determinare il crearsi di condizioni favorevoli alla condensazione negli edifici
con isolamento termico scarso;
- l’esistenza o l’assenza di un sistema di ricambio dell’aria negli ambienti.
Non è sempre facile stabilire in prima analisi se i problemi siano
dovuti alle caratteristiche dell’involucro o alla conduzione da parte
dell’utenza o ancora alla carenza di ventilazione.
Per illustrare questi concetti si può far riferimento alla Figura 3, dove
è schematizzata l’influenza reciproca dei fattori che concorrono alla
formazione di muffa: qualità dell’involucro edilizio (responsabile
della temperatura superficiale interna), produzione interna di vapore
(legata alla conduzione dell’alloggio), entità della ventilazione. Per
esempio la condizione indicata con la lettera X nella figura corrisponde ad un caso in cui la qualità dell’involucro è adeguata (c), ma la
ventilazione è moderata (b), e la produzione di vapore è elevata (c):
in questo caso è possibile la formazione di muffa; nel caso contrassegnato dalla lettera Y, una moderata produzione di vapore (b), unitamente ad una ventilazione molto efficiente (d) e ad una discreta qualità dell’involucro (b), rendono poco probabile la formazione di muffa.
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Solitamente le parti in causa tendono ad accusarsi incolparsi vicendevolmente: inquilini poco attenti alla conduzione degli spazi interni tendono ad accusare il costruttore del mancato isolamento
delle pareti esterne e, senza essere padroni della materia, pretendono come risarcimento il cappotto termico, ritenuto il “risolutore” di
ogni problema; in altri casi i progettisti e i costruttori, alcune volte
consci dei propri errori, cercano di far ricadere ogni colpa sulla
modalità errata di conduzione degli alloggi da parte degli inquilini
con espressioni del tipo “è colpa vostra perché non aprite mai le
finestre”.
Le verifiche durante i sopralluoghi
Ci sono però alcuni indizi che già in fase di sopralluogo possono
dare un’idea di quale sia il problema all’origine del fenomeno di
condensazione e che possono far propendere verso l’uno o l’altro
dei fattori. Ovviamente ogni affermazione deve essere suffragata
da opportuni dati ed eventualmente misure. La semplice osservazione può suggerire il punto dal quale partire o sul quale approfondire le indagini. Ad esempio: possono esserci problemi di realizzazione dell’involucro se si presentano muffe e condensazioni in tutti
o gran parte degli alloggi di un edificio o omologhi per superficie e
disposizione, oppure ancora sulle strutture con identica esposizione; possono invece esserci problemi legati all’utenza se le muffe e
le condense si manifestano in un unico o in pochi alloggi di un
condominio. In casi di incertezza esistono metodi per verificare la
qualità dell’involucro e la rispondenza tra i dati di progetto ed i
materiali effettivamente utilizzati mediante varie tecniche più o
meno invasive: carotaggio (per prelevare campioni di materiali
all’interno delle pareti opache), misura termoflussimetrica (per
misurare in opera la trasmittanza di una struttura) e termografia
(per verificare tramite termo camere le temperature superficiali
delle strutture). Per avere qualche dato sul comportamento
dell’utenza, a parte un’intervista diretta per capire gli stili di vita,
un’interessante opportunità potrebbe essere quella di utilizzare per
un periodo di tempo un termoigrometro registratore, ovvero un
dispositivo che misura periodicamente (ad esempio ogni 5 minuti)
la temperatura dell’aria interna e l’umidità relativa in ambiente,
risultati memorizzando le misure.
Ulteriormente una misura, con registrazione, della concentrazione
di CO2 consente di valutare, tramite semplici calcoli, l’effettivo
tasso di ventilazione di un alloggio. Gli strumenti adatti a queste
misure, un esempio dei quali è riportato in Fig. 4 (Antonucci et al.,
2012) sono oggigiorno poco costosi.
Ovviamente è bene precisare che tutte queste operazioni, soprattutto a causa del tempo professionale richiesto, hanno comunque un
costo anche elevato, che, proprio nel caso del contenzioso legale,
dovrà essere sostenuto dalla parte “perdente”. Gli oneri economici
legati ad un contenzioso legale sono nell’ordine di migliaia di euro
solo per le spese di tecnici, consulenti ed avvocati, alle quali si
aggiungono, nel caso di costruttori e progettisti dei quali sono state
accertate le mancanze o colpe, anche le spese per il risanamento
degli alloggi.
Le esperienze degli scriventi sono molteplici. Sono da segnalare
anche tentativi di persone poco esperte, colpevoli di una cattiva
conduzione dell’alloggio (panni stesi ad asciugare in casa, ad esempio) di far ricadere presunte colpe su costruttori completamente
in regola, pretendendo risarcimenti esagerati senza conoscere il
meccanismo di formazione delle condense che, non è solo legato
alle temperature superficiali delle pareti, ma anche all’eccesso di
vapore in ambiente, come illustrato in figura 2 e 3. Prima di innescare il meccanismo di un contenzioso gli autori ritengono che
sarebbe ragionevole un confronto tra le parti, in presenza di tecnici
preparati, per un’opportuna analisi preliminare.
La risoluzione dei problemi
Sono di seguito elencate le più frequenti fattispecie e le possibili
modalità di risoluzione dei problemi riscontrati nei casi di contenziosi legali sorti in seguito alla proliferazione di muffe all’interno
degli alloggi.
1) Nel caso di nuovi edifici o di ristrutturazioni integrali, sono
coinvolti professionisti che hanno l’obbligo di eseguire le specifiche verifiche termoigrometiche secondo quanto precedentemente
descritto in questo articolo; qualora si riscontrino palesi violazioni
rispetto alle prescrizioni di legge, il venditore deve sicuramente
risarcire la controparte o rimediare il danno (eventualmente rivalendosi, se pertinente, sul costruttore o sul progettista): ad esempio
nel caso di carenza di isolamento termico, si può provvedere mediante cappotto o correzione dei ponti termici. Naturalmente, come
evidenziato in figura 3, l’incremento di isolamento termico non
garantisce totalmente la scomparsa dei fenomeni che possono continuare a verificarsi in presenza, eventualmente combinata, di elevata produzione di vapore e scarsa ventilazione; specifiche misure
potranno eventualmente fornire elementi per comprendere le ragioni della permanenza del fenomeno.
2) Come seconda casistica merita segnalare la sostituzione dei
serramenti. Si tratta di una pratica molto frequente che spesso un
inquilino o un proprietario esegue di propria iniziativa perché non
richiede alcuna specifica pratica autorizzativa e nemmeno una
verifica termoigrometrica; è molto diffusa la situazione in cui, in
seguito a tale operazione, si manifestino problemi di muffe perché
si trasformano alloggi, prima eccessivamente ventilati a causa delle
infiltrazioni, in ambienti ermetici e, quel che è peggio, ciò avviene
di solito senza interventi di coibentazione. In questi casi forse dovrebbe essere il serramentista, se dotato di adeguata professionalità, ad avvisare l’utente dei possibili rischi. In tali situazioni probabilmente l’unica soluzione del problema è l’installazione di un
sistema di ventilazione meccanica possibilmente con recupero di
calore, per contenere la spesa energetica.
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Vi possono essere tuttavia casi in cui la sostituzione dei serramenti avvenga nell’ambito di un’azione di manutenzione ordinaria o straordinaria di un appartamento, ad esempio nel caso
di compravendita in seguito alla quale il nuovo proprietario
voglia apportare delle migliorie. Non essendo molto pratico
della materia potrebbe avvalersi di un professionista che avrebbe sicuramente il dovere di avvertirlo del rischio che può comportare la sostituzione di serramenti nei confronti
dell’incremento dell’umidità interna e del conseguente pericolo
di muffe. Vale quanto sopra espresso riguardo all’opportunità
di segnalare la convenienza di un impianto di ventilazione.
3) Qualora sia accertato che gli utenti operino un utilizzo scorretto degli ambienti, ad esempio occupandoli con presenza di
maggior numero di persone rispetto a quelle previste dal progetto (p.es. camere singole occupate da più persone) oppure
non azionando la cappa di estrazione della cucina, oppure ancora stendendo frequentemente i panni ad asciugare in casa, si
può intervenire mediante un’azione di informazione al fine di
correggere i comportamenti inadeguati.
Se il problema permane, nonostante un cambiamento dello stile
di vita delle persone (peraltro abbastanza difficile da operare),
si può ricadere nella casistica del successivo punto 4. Si deve
notare che un aumento di ventilazione non è obbligatorio per
legge; la normativa italiana, non cogente, in particolare la UNI
10339 (UNI, 1995), attualmente in fase di revisione, parla di
ventilazione ai fini dell’ottenimento di una buona qualità
dell’aria interna, ma non specificamente per evitare fenomeni
di condensazione o muffe.
Spesso, poi, la ventilazione è confusa con l’aerazione, ossia
con l’apertura dei serramenti che tuttavia è un’operazione arbitraria e di solito irregolare.
4) Negli edifici nuovi, nei casi in vi cui sia una corretta esecuzione delle opere, in maniera conforme al progetto, e nel caso
in cui le verifiche termoigrometriche siano state compiute in
maniera corretta, verosimilmente, con riferimento alla figura 3,
ci si può trovare in quelle situazioni in cui la scarsa ventilazione non è sufficiente a compensare una produzione relativamente elevata di vapore. Si riscontra spesso che in presenza di più
alloggi con la stessa esposizione e le stesse superfici e caratteristiche, in alcuni casi si manifestano le muffe ed in altri no.
L’esperienza mostra che di solito l’esito differente è dovuto al
numero di persone nell’alloggio ed a diversi stili di vita anche
se non necessariamente impropri. In carenza di una legislazione specifica che renda obbligatoria l’installazione di impianti di
ventilazione, appare difficile attribuire al venditore (o costruttore o progettista secondo i diversi possibili rapporti) una responsabilità puntuale. Si può dire che in questi casi l’alloggio
ancorché sia costruito a norma di legge non è comunque del
tutto “a regola d’arte”. Anche in questo caso, come in quello
sopra considerato al punto 3), a parere degli scriventi, può essere ragionevole pensare ad una compensazione che copra in
tutto o in parte il costo di un adeguamento mediante
l’installazione di un sistema di ventilazione.
Si procede in questo caso con una nuova verifica termoigrometrica e, nel caso in cui la parete in questione o i ponti termici
non fossero verificati, il progettista può essere di fatto chiamato
in causa ai fini della responsabilità, tenendo conto anche di altri
fattori concomitanti.
Conclusioni e consigli per una progettazione consapevole
La legislazione vigente non ammette condensazioni superficiali
e, di conseguenza la presenza di muffe negli alloggi rappresenta di fatto un difetto contestabile in termini legali.
Il progettista, tuttavia ha a disposizione gli strumenti per prevenire questi problemi e la presente trattazione vuole meglio
precisare quanto non è chiaramente specificato dagli strumenti
legislativi. In particolare è assolutamente necessaria la conoscenza della norma UNI EN ISO 13788, come garanzia del
rispetto della regola dell’arte, ma anche in quanto strumento di
riferimento legislativo, ancorché non specificamente nominata.
Occorre poi tener conto che le muffe hanno a che fare non solo
con l’isolamento delle strutture, quindi con le temperature superficiali interne, ma anche con la carenza di ventilazione e la
produzione di vapore all’interno degli ambienti. Questi aspetti
devono essere sempre più considerati per il fatto che
l’orientamento del mondo della costruzione va verso edifici
con tenuta all’aria sempre più elevata, insufficientemente ventilati per aerazione (apertura sporadica delle finestre) e la presenza di ponti termici è comunque possibile. Una importante strategia per impedire la formazione di condensazioni superficiali è
il ricorso a sistemi di ventilazione, naturale o meccanica. Questi ultimi sono da considerarsi ottimali in quanto permettono il
controllo delle portate d’aria e, qualora dotati di opportuni
dispositivi, consentono il recupero del calore dall’aria espulsa e
quindi il contenimento dei consumi energetici; alcuni sistemi di
ventilazione meccanica sono ottimali per effettuare installazioni ambiente per ambiente, senza bisogno di canalizzazioni di
distribuzione.
5) Il progettista ha eseguito la verifica di legge con il secondo
metodo indicato dalla UNI EN ISO 13788 facendo riferimento
però, ad un valore di UR interna del 50% anziché del 65% pur
essendo questo ultimo il valore vigente.
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La responsabilità civile, penale, disciplinare dei Professionisti
Il professionista, nell'adempimento delle sue obbligazioni deve osservare l'obbligo di diligenza e adeguarsi alla natura dell'attività esercitata. Infatti, secondo il codice civile, il professionista ha l'obbligo di usare, nell’adempimento
delle obbligazioni inerenti alla sua attività, la diligenza del buon padre di famiglia.
Quindi in caso di negligenza o imperizia, anche dovuta a colpa lieve, risponde dei danni subiti dal committente.
A tale principio fa eccezione il caso in cui la prestazione professionale implichi la soluzione di problemi tecnici di
particolare difficoltà. In tali casi il prestatore d'opera risponde dei danni causati da errori o imperizia solo se questi
sono dovuti a dolo o colpa grave. La prova dell’esistenza di tali presupposti incombe sempre sul prestatore d'opera.
L'accertamento della responsabilità del professionista presuppone, a carico del committente, la prova del danno
subito e del nesso causale tra condotta del professionista e danno. Mentre, per essere esente da responsabilità, il
professionista dovrà provare il corretto adempimento della prestazione. Nel caso delle malattie legate alle costruzioni il professionista è tenuto a conoscere i materiali nocivi, le tecniche costruttive che causano danni al patrimonio
edilizio e alla salute stessa di chi è destinato ad utilizzarlo, con una informazione al momento del conferimento
dell’incarico.
I profili di responsabilità cui il libero professionista può essere esposto sono molteplici: essi spaziano dal profilo civile a quello penale e deontologico:egline risponde quindi in proprio; motivo per cui ogni professionista è tenuto (ora
per disposizione espressa degli ordini professionali di appartenenza) a dotarsi di apposita e capiente assicurazione
contro i rischi professionali, con particolare riguardo ad inserire voci che possono tutelare ogni aspetto compreso
quello sulla salubrità degli edifici. La diligenza non va confusa con la correttezza o buona fede. La prima misura
l'obbligo cui il soggetto è tenuto per soddisfare l'interesse del creditore, e pretende tutto lo sforzo appropriato, secondo criteri di normalità; la seconda, invece, impone di considerare interessi che non sono oggetto di una tutela
specifica, e impone una lealtà di comportamento nel corso dell'esecuzione della prestazione.
La libertà nella scelta delle soluzioni adottate da un tecnico libero professionista implica un’assunzione di responsabilità da parte del libero professionista stesso nei confronti del proprio cliente e di terzi, quando non dell’intera collettività.
L’obbligazione del prestatore d’opera intellettuale è fondamentalmente un’obbligazione di mezzi che continua a prevalere sull’obbligazione di risultato (tipica invece delle imprese), nonostante tale distinzione nell’ultimo decennio sia
andata sempre più affievolendosi soprattutto con riferimento all’ambito progettuale.
Tale distinzione di base pone in capo al professionista principalmente un obbligo di comportamento riconducibile al
concetto di diligenza sancito dall’art. 1176 del c.c., che nel caso del professionista, deve essere commisurata “alla
natura dell’attività esercitata”.
La violazione di tale dovere costituisce inadempimento, ovvero colpa, e determina l’obbligo di risarcimento del danno da parte del professionista che, in assenza di idonea copertura assicurativa, è tenuto a rispondere con il proprio
patrimonio personale.
Vale la pena di ricordare che la colpa in cui può incorrere il libero professionista è comprensiva delle ipotesi di:
- imprudenza (ovvero avventatezza nell’agire omettendo le dovute cautele)
- negligenza (ovvero trascuratezza, superficialità, mancanza di attenzione e di sollecitudine)
- imperizia (ovvero insufficiente preparazione e/o mancanza di regole o norme tecniche) e che, quando i suddetti
comportamenti, commissivi od omissivi, assumono particolare rilevanza, il professionista incorre nella cosiddetta
colpa grave che, se non esplicitamente inclusa, deve intendersi esclusa dalla copertura assicurativa, come previsto
dal Codice Civile all’art.1900.
In tema di colpa del professionista, va anche precisato che l’art. 2236 C.C. attenua la responsabilità del professionista stabilendo che, qualora l’incarico professionale implichi soluzioni di problemi tecnici di speciale difficoltà ovvero
nel caso in cui l’impegno intellettuale richiesto al professionista sia superiore a quello medio superando il livello di
preparazione professionale comune stabilito dalla norma, il prestatore d’opera intellettuale risponde dei danni eventualmente da lui cagionati solo in caso di dolo o colpa grave.
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In altri termini quando il cliente abbia accettato il rischio connesso ad una prestazione professionale, da lui richiesta, implicante soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà non può imputare al professionista, che abbia espletato l’incarico
con la dovuta diligenza e perizia, le conseguenze dannose dallo stesso subite.
La responsabilità del professionista può essere però oltre che di natura civile anche di natura penale.
Una polizza RC Professionale tutela il professionista solo per le responsabilità di natura civile la cui insorgenza è subordinata alle seguenti condizioni:
- esistenza di una condotta dolosa o colposa
- esistenza di un danno
- esistenza di un nesso di causalità fra condotta e danno
La responsabilità penale è invece strettamente personale e, rispetto ad essa, il professionista può al più tutelarsi stipulando una polizza di “Tutela Legale” che copra le spese di difesa legale, i costi per attività di investigazione, di perizia e/o consulenza tecnica d’ufficio e di parte, di gestione della vertenza e le spese giudiziarie e processuali.
Altra importante distinzione in termini di responsabilità riguarda le responsabilità di tipo contrattuale e quelle di tipo extracontrattuale. A riguardo è importante sottolineare che la polizza RC Professionale non risponde per le richieste di risarcimento derivanti da inosservanza di obblighi contrattuali volontariamente assunti dal professionista, salvo il caso in cui lo
stesso sarebbe stato ritenuto responsabile anche in assenza di tali condizioni contrattuali.
Infine va ricordata anche la responsabilità solidale per la quale, ai sensi dell'art. 2055 C.C., se la responsabilità è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno. In altre parole può capitare che il professionista,
condannato in solido, sia tenuto a rispondere non solo per la propria quota di responsabilità ma anche per quella di altri
soggetti responsabili risultati insolventi, come nel caso di imprese esecutrici che falliscano.
Ebbene, le polizze RC Professionali, in genere, rispondono solo per la quota di responsabilità dell’assicurato escludendo
invece eventuali quote di responsabilità solidale. In merito alle malattie che si contraggono negli ambienti confinati si suggerisce di stipulare una assicurazione “verde”, che garantisca una copertura assicurativa relativa agli interventi di salubrità
degli edifici, considerato che la Costituzione Italiana recita all’art.32:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Non solo, in data 23 ottobre 2005 è entrato in vigore il Codice del consumo. Si tratta del Decreto legislativo 6 settembre
2005, n. 206 recante il riassetto della normativa posta a tutela del consumatore, il cui art.2 cita:
Art. 2.—Diritti dei consumatori
1. Sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne e' promossa la
tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa, sono favorite le iniziative rivolte a perseguire tali
finalità, anche attraverso la disciplina dei rapporti tra le associazioni dei consumatori e degli utenti e le pubbliche amministrazioni.
2. Ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti:
a) alla tutela della salute;
b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;
c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;
La domanda che viene spontanea : “Ma quale è il rapporto tra la salute e la professione di un Tecnico come l’Ingegnere,
l’Architetto o il Geometra?” e “Come può la professione di un Tecnico interagire con la salute dei cittadini?” la risposta viene semplice, o meglio sta proprio nel nostro imminente impegno, cioè quello di rispondere alle direttive della Comunità
Europea e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Negli ultimi 50/60 anni nel nostro Paese si è edificato molto, a seguito della ripresa sociale ed economica del dopoguerra; l’aspetto urbanistico del territorio ha seguito un mutamento smisurato, che ha portato ad uno stravolgimento dell’assetto urbanistico ed anche infrastrutturale. Come tutti i cambiamenti repentini poi, hanno bisogno di alcuni criteri di adattabilità per far si che si arrivi poi ad un certo livello di benessere. Nel 1942,
durante la seconda guerra mondiale, l'Italia emana la sua prima legge urbanistica, introdotta nel nostro ordinamento, con
la legge n.1150, non a caso intitolata “Legge urbanistica”.
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Nello stesso periodo il “Testo unico delle leggi sanitarie”, in particolare l’articolo n.221, nella sua stesura originaria sanciva:“Gli edifici o parti di essi indicati nell’articolo precedente non possono essere abitati senza autorizzazione del podestà, il quale la concede quando, previa ispezione dell’ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la
costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che
non sussistano altre cause di insalubrità”.
Il precetto relativo all’abitabilit si presentava, quindi, con valore esclusivamente sanitario, ora invece con il Testo Unico
sull’edilizia 380/2001, si ha la previsione del certificato di agibilità sia per le unità immobiliari con destinazione residenziale che per le altre, con un valore sostanziale, dal momento che il termine meglio rappresenta la necessità
dell’esistenza di vari requisiti:
· igienico – sanitari;
· statica del fabbricato;
· distribuzione dei vani e delle volumetrie;
· impiantistica principale (specie idrico e fognario);
· sicurezza;
· accessibilità;
· risparmio idrico ed energetico.
Altro importante passaggio è l’idoneità dei prodotti usati nell’edilizia, quali inerti, cemento, solai, infissi, idranti e tutti gli
accessori che compongono un immobile.
I requisiti che compongono l’insieme delle prestazioni date dai materiali sono di diversi tipi:
- Resistenza Meccanica;
- Sicurezza in caso di incendio;
- La salubrità dell’ambiente: igiene, salute;
- Sicurezza;
- Protezione Acustica;
- Risparmio Energetico;
- Sostenibilità delle risorse ambientali.
Il compito di professionisti intellettuali, quali possono essere definiti i tecnici Ingegneri, Architetti o Geometri che operano
nell’ambito della costruzione e ristrutturazione di manufatti edili, è quello di adempiere con la massima diligenza nel
rispetto delle conoscenze e delle regole tecniche e nella massima conoscenza dei materiali da costruzione. La diligenza
di un professionista (medico geometra ingegnere ecc..) non è però la diligenza generica dell’uomo, ma quella specifica
di un professionista.
La conoscenza tecnica delle regole d’arte tipiche dell’attività svolta, e la diligenza dell’uomo e del professionista determina quindi il buona esecuzione dell’opera.
Ne consegue che oltre ad applicare le proprie conoscenze tecnicoscientifiche nel rispetto della normativa vigente, il tecnico ha il dovere morale e professionale di informare il proprio cliente delle conseguenze e delle problematiche che possono insorgere dall’utilizzo di materiali nocivi o insalubri.
Il “CERTIFICATO DI CONFORMITA’” nonchè quello di SALUBRITA’ degli AMBIENTI, è il documento finale nel quale il
professionista, nello specifico il Geometra, si assume la responsabilità di aver applicato tutte le proprie conoscenze professionali e scientifiche e di aver compiuto scelte progettuali e di materiali adeguate che non compromettano la salute
dell’individuo.
Il tecnico che viene meno ai proprio doveri professionali, arrecando un danno al proprio cliente, che sia di tipo doloso in
caso di comportamento volontario o che sia di colposo se il comportamento è frutto di negligenza o
imprudenza o inosservanza delle leggi, secondo il Codice civile può essere costretto al risarcimento del danno provocato, oltre può essere sanzionato o radiato dall’Elenco degli iscritti al proprio Ordine o Collegio.
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Infiltrazioni e muffa. Anche i danni esistenziali vanno risarciti. (Sentenza n.
1230 del 7 maggio 2013 - Tribunale di Monza)
Ai sensi dell'art. 2051 c.c. il Condominio, quale custode delle parti comuni, risponde in via autonoma, dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal Condomino a causa di infiltrazioni d'acqua provenienti dalle pareti perimetrali comuni,
salva la prova del caso fortuito. A sua volta il Condominio potrà rivalersi nei confronti dell'impresa che ha edificato l'immobile per la responsabilità extracontrattuale relativa ai vizi di costruzione ex art. 1669 c.c., chiedendo la manleva di
quanto liquidato a favore del danneggiato.
Questo, in estrema sintesi, il principio di diritto affermato dal Tribunale di Monza con la sentenza n. 1230 del 7 maggio
2013, avente ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni derivanti da umidità e muffa dovute alla non corretta impermeabilizzazione delle pareti comuni dell'edificio condominiale.
Fatto. - Una coppia di condomini, in proprio e in rappresentanza dei figli minorenni, conveniva in giudizio il Condominio
per sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti in conseguenza delle infiltrazioni manifestatesi all'interno del proprio appartamento a causa dell'errata coibentazione delle pareti perimetrali comuni. I l Condominio eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva e chiamava in causa l'impresa costruttrice ex art. 1669
c.c., ritenendola unica responsabile dei danni lamentati, riconducibili a vizi di costruzione dell'immobile condominiale.
La responsabilità del costruttore venditore ex art. 1669 c.c. - Nel corso del giudizio è stato provato che le infiltrazioni
denunciate dai condomini derivano dall'inidonea impermeabilizzazione del muro comune che divide il locale dal terrazzo sovrastante. Trattasi di vizi addebitabili, in prima battuta, all'impresa costruttrice ex art. 1669 c.c., la quale, nell'edificare l'intero fabbricato, non ha adeguatamente provveduto a un corretto isolamento delle pareti perimetrali.
La responsabilità del condominio-custode ex art. 2051 c.c. - Nel caso di specie, tuttavia, gli attori agiscono nei confronti
del solo Condominio per omessa custodia delle parti comuni, per cui il Giudice è chiamato, preliminarmente, a verificare
se nella fattispecie ricorrono i presupposti di tale azione. I l Tribunale di Monza si rifà al consolidato orientamento della
giurisprudenza di legittimità, secondo cui "l'umidità conseguente ad inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali
di un edificio, può integrare, ove sia compromessa l'abitabilità e il godimento del bene, grave difetto dell'edificio ai fini
della responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c. Tuttavia, qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, nei confronti di costoro è responsabile in via autonoma ex art. 2051 c.c. il condominio, che è tenuto, quale custode,
ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria" (Cass. civ., 15/04/1999, n. 3753). Non si tratta - precisa il
Tribunale - di una responsabilità a titolo derivativo (atteso che il condominio, pur successore a titolo particolare del costruttore-venditore, non subentra nella sua personale responsabilità, legata alla sua specifica attività e fondata sull'art.
1669 c.c.), bensì di autonoma fonte di responsabilità che deriva dall'art. 2051 c.c., considerato che, peraltro, l'eventuale
responsabilità concorrente del costruttore-venditore non può essere assimilata al caso fortuito idoneo a liberare il Condominio-custode da ogni responsabilità.
Il condominio può rivalersi sul costruttore. Alla luce di tali considerazioni, la Sentenza in commento afferma la responsabilità del Condominio per omessa custodia e manutenzione dei beni comuni ex art. 2051 c.c., condannandolo al risarcimento dei danni. Il Tribunale ha altresì condannato l'impresa costruttrice a rifondere il Condominio delle spese sostenute, sussistendo i presupposti (tempestività della domanda e gravità dei vizi) che legittimano l'azione per rovina e difetto di edifici ex art. 1669 c.c. Detta azione è esercitabile non solo dal committente contro l'appaltatore, ma anche
(come nella fattispecie) dall'acquirente contro il venditore-costruttore, allorché quest'ultimo abbia assunto, nei confronti
dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità della costruzione dell'opera (cfr. Trib. Milano, n.
2901/2013).
I l risarcimento del danno non patrimoniale. I Condomini hanno diritto alla liquidazione equitativa del danno non patrimoniale per i cinque anni passati in un immobile che, a causa delle infiltrazioni, è risultato essere non adeguato alla
funzione abitativa.
Tanto risulta, peraltro, dalla documentazione medica prodotta in giudizio, che attesta l'insorgenza di una forma allergica
riconducibile direttamente alla presenza di muffe proliferate a causa dell'umidità. Risultano, dunque, soddisfatti i parametri minimi richiesti per la tutela risarcitoria non patrimoniale. Essa infatti può essere riconosciuta se il pregiudizio subito sia conseguenza della lesione ingiusta di un interesse giuridicamente protetto. La lesione del diritto che giustifica il
risarcimento implica che esso sia stato inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio e, comunque, concretamente percepibile.
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