FRANCESCO TOFFOLI CLASSE 5^B

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FRANCESCO TOFFOLI CLASSE 5^B
FRANCESCO TOFFOLI
INDICE
La nascita della radioastronomia……………………...
pag.3
Struttura di un radiotelescopio………………………..
pag.5
Analisi schematica dei componenti di un radiotelescopio pag.5
Cosa si vede tramite un radiometro…………………...
pag.7
La costruzione di un radiometro………………………... pag.8
Svolgimento dell’esperimento e conclusioni…………… pag.12
Sole quieto e Sole attivo………………………………… pag.13
Bibliografia……………………………………………... pag.14
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LA NASCITA DELLA RADIOASTRONOMIA
Una visione alternativa dell’universo
P
rima del 1931 l’astronomo era uno scienziato che si occupava di studiare gli
oggetti celesti utilizzando strumenti ottici come i binocoli e i telescopi. Non era
conosciuto nessun altro metodo che permettesse di indagare i misteri dell’universo.
Tuttavia in quegli anni si sapeva già molto dello spettro elettromagnetico: ed era noto
che la luce si estende in un intervallo di frequenza relativamente piccolo. Inoltre
l’uomo aveva ormai acquisito dimestichezza sia con le onde più lunghe di quelle
della luce (in questi anni si diffonde la televisione e la radio), sia con quelle più corte
( Wilhelm Röntgen costruì nel 1888 la prima macchina per la produzione dei raggi
X).
Non si era ancora scoperto però che le onde radio sono prodotte anche da milioni di
sorgenti extraterrestri, e che molte di queste riescono ad attraversare l’atmosfera del
nostro pianeta, raggiungendo così il suolo. Tutto ciò di cui si aveva bisogno per
rilevare questa radiazione era un nuovo tipo di “occhi”.
Come capita spesso per le scoperte scientifiche, le onde radio provenienti dallo spazio
vennero scoperte per caso. Karl G.Jansky (1905-1950) lavorava come radio
ingegnere alla Bell Telephone Laboratories, nel New Jersey. Nel 1931 fu incaricato
di studiare le interferenze radio artificiali e naturali, (causate dai temporali), che
disturbavano le comunicazioni internazionali in modo da aiutare la Bell a rendere più
efficienti i propri sistemi di trasmissione. Jansky costruì un goffo impianto di
antenne, progettato per operare alla frequenza di 20.5Mhz ( lunghezza d’onda di 14.6
metri) con il quale iniziò la sua indagine.
La storica
“giostra”di Karl
Jansky con cui
vennero captati
per la prima volta i
radiosegnali
provenienti dal
centro della nostra
galassia.
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Ben presto fu in grado di individuare l’origine del rumore di fondo che disturbava le
comunicazioni ma per una parte di esso non riuscì a determinare la causa producente .
Si accorse però che la direzione da cui sembrava provenire descriveva un cerchio
completo in 24 ore, intuendo che il fenomeno era sicuramente correlato alla rotazione
della Terra. Inizialmente pensò che la sorgente potesse essere il Sole: tuttavia dai dati
ottenuti grazie alle sue numerose osservazioni notò che ogni giorno il segnale
raggiungeva la sua massima intensità 4 minuti prima. Jansky sapeva che il periodo di
rotazione della Terra si può misurare ricorrendo al giorno solare o a quello sidereo, (a
seconda che si prenda come riferimento il Sole o le stelle) e che quest’ultimo ( il
giorno sidereo) è più corto di circa 4 minuti. Con ulteriori studi fu in grado di
identificare come sorgente di quei famosi disturbi radio il Centro della nostra
Galassia ( la Via Lattea) e nel 1933 pubblicò i suoi risultati.
Lo sviluppo vero e proprio della radioastronomia si ebbe comunque verso gli anni
’40, stimolato dalla disponibilità di apparecchiature elettroniche più sofisticate e
sensibili nate con le tecniche radar. Il primo vero radiotelescopio appositamente
progettato e costruito per lo scopo fu quello di G.Reber: esso era composto da
un’antenna a riflettore parabolico del diametro di circa 9 metri, costruita nel giardino
di casa utilizzando una struttura di legno rivestita di rete metallica da pollai e
collegata ad un ricevitore ( naturalmente a valvole) e ad un registratore a carta
sistemati nel suo laboratorio in cantina. Con questo strumento, operante alla
frequenza di 160Mhz, Reber compilò e presentò alla comunità scientifica la prima
radio-mappa della nostra Galassia: in essa erano riportate le linee isofote a flusso
costante in una rappresentazione cartografica su coordinate galattiche .L’esame di
questi dati consentiva di intravedere la struttura della Galassia alle frequenze radio,
con picchi di emissione localizzati nella regione del Sagittario ( centro galattico), del
Cigno e di Cassiopea. Questo scenario corrisponde a ciò che vedremmo se i nostri
occhi fossero sensibili alle onde radio con frequenza intorno ai 160Mhz.
Dopo l’esperienza di Reber il mondo scientifico dedicò moltissima attenzione a
questa nuova metodologia di ricerca, permettendo alla radioastronomia una rapida
evoluzione. Essa permise di fare scoperte di fondamentale interesse astrofisico e
cosmologico (stelle di neutroni pulsar, radiazione cosmica di fondo a 3°K, quasar,
riga di emissione dell’idrogeno a 1420Mhz).
Il
radiotelescopio
amatoriale di
Reber, operante
a 160Mhz
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STRUTTURA DI UN RADIOTELESCOPIO
S
i chiama radiotelescopio lo strumento che consente di osservare, misurare e
registrare il flusso di onde radio naturali prodotte dalle sorgenti celesti
(radiosorgenti). Esso è composto da un’antenna ( o un sistema di antenne), una linea
di trasmissione, un radioricevitore e da una serie di dispositivi per l’elaborazione e la
registrazione dei dati acquisiti. Questa struttura comprende anche gli eventuali organi
di puntamento e di controllo, con i relativi accessori. Tuttavia la funzione generale di
un radiotelescopio può essere specializzata in base agli studi che si desiderano
effettuare. In alcuni strumenti interessa principalmente la precisione con cui si può
delimitare la zona di cielo osservata,(potere separatore o risolvente), in altri è utile
esaminare in dettaglio ristrette bande di frequenza ( per studiare lo spettro della
radiazione emessa). In certi casi si desidera misurare la differenza tra la radiazione
proveniente da una radiosorgente “compatta” e la radiazione estesa del “fondo”
circostante. In generale, un radiotelescopio in grado di rilevare la differenza
dell’intensità del flusso rispetto ad altre radiosorgenti ed al tempo è detto
radiometro.
ANALISI SCHEMATICA DEI COMPONENTI DI UN RADIOTELESCOPIO
Antenna: sicuramente è uno degli elementi più importanti per assicurare il buon
funzionamento di tutto l’apparato. In base alla frequenza per la quale è
ottimizzata può essere di diversi tipi: a forma di paraboloide, a elica
oppure di tipo Yagi. Quest’ultima è quella comunemente installata sui tetti
delle nostre case per la ricezione delle reti televisive.
Classica parabola
Antenna Yagi a 3 elementi
Le caratteristiche fondamentali di un’antenna sono la direttività e l’area
efficace: per direttività si intende la capacità di raccogliere il segnale solo
dalla direzione verso la quale è puntata. Questo requisito è
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importantissimo: se l’antenna non lo soddisfa capterà infatti segnali anche
da altre direzioni, confondendo ( se non addirittura cancellando) ciò che
realmente ci interessa.
L’area efficace è il rapporto tra l’energia raccolta dall’antenna e l’energia
per metro quadrato trasportata dalla radiazione. Naturalmente più questo
parametro sarà alto e maggiore sarà la sensibilità totale del
radiotelescopio.Il flusso di energia trasportata da un’onda si misura in
W*m-2*Hz-1 (watt per metro quadrato per Hertz). Poiché l’energia delle
onde prodotte dalle radiosorgenti celesti è molto piccolo si usa un
sottomultiplo, detto unità di flusso (f.u) o Jansky che corrisponde a 10-26
W*m-2*Hz-1.
Ricevitore: questo strumento ha il compito di selezionare solo la frequenza
prestabilita e “lasciar passare” solo questa per l’ulteriore analisi.Infatti
l’antenna, nonostante sia progettata e ottimizzata per una ben precisa
frequenza, tende a raccogliere disturbi di tutti i generi.Il compito del
ricevitore è quindi quello di “ripulire” il segnale e fare in modo che agli
apparati di elaborazioni dati giunga solo l’intervallo di frequenza
selezionato Esso è una sorta di filtro molto raffinato: non deve infatti
“inquinare” il già debole segnale che gli giunge dall’esterno. Un ricevitore
per uso astronomico deve presentare caratteristiche ben precise, tra cui
non generare un rumore di fondo troppo elevato ed avere
un’alimentazione il più possibile costante. In commercio esistono alcuni
apparecchi in grado di svolgere adeguatamente questo compito ed
utilizzabili perciò per un uso radioastronomico. All’interno di questi
strumenti è sempre incluso un amplificatore in radiofrequenza.
Il cavo
Apparati
per la
gestione
dei dati:
: Il cavo che trasmette il segnale dall’antenna al ricevitore deve essere di
ottima
qualità, e in base alle caratteristiche costruttive degli elementi
che collega deve avere proprietà ben precise. E’ necessario che sia
schermato: esso non deve captare nessun disturbo artificiale, non deve
disperdere il segnale di per sé già debole, e particolare altrettanto
importante, non deve essere troppo lungo ( altrimenti si comporterebbe
esso stesso da antenna).
I dati forniti dal radiotelescopio devono essere registrati ed
interpretati.Questo compito al giorno d’oggi è assolto egregiamente dal
computer, il quale permette un’ordinata archiviazione dei risultati e
un’altrettanto rapida consultazione. Fino a qualche anno fa tuttavia,
quando la potenza di calcolo dei PC era ancora piuttosto limitata, l’unica
alternativa per la registrazione dei dati era costituita da un nastro di carta
scorrevole a da un pennino semimovibile.
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COSA SI VEDE TRAMITE UN RADIOMETRO
C
ome in tutti i radiotelescopi, le onde elettromagnetiche producono un
debolissimo flusso di corrente all’interno dell’antenna, il quale viene poi
amplificato ed interpretato. Questo è il principio che sta alle base di tutte le
apparecchiature di questo genere.
Un radiometro è un dispositivo in grado di rilevare la differenza di flusso al variare
del tempo o esistente tra le diverse radiosorgenti, ( più o meno deboli). L’intensità del
segnale sarà comunque sempre correlata al tempo: in un riferimento cartesiano la
situazione sarà rappresentata da un grafico in cui sull’asse delle ascisse è riportato il
tempo e su quello delle ordinate l’intensità del segnale.
Esaminiamo un esempio esplicativo: ammettiamo di puntare l’antenna di un
radiometro allo zenit e lasciarla in questa posizione fissa per 24 ore, registrando per
tutto il tempo dell’esperimento i dati uscenti dal ricevitore: supponiamo inoltre di
interpretare i risultati in un diagramma cartesiano X-Y. Se nell’arco delle 24 ore sono
passate per lo zenit della nostra postazione osservativa tre radiosorgenti, otterremo
una traccia simile a quella della figura sottostante
Bisogna notare che tra i segnali di una radiosorgente e l’altra non si è avuto un
annullamento dell’intensità ricevuta, e ciò è dovuto a diverse cause: il rumore
strumentale, il rumore cosmico e i disturbi di natura artificiale.
Si è soliti distinguere tra rumore e segnale: quest’ultimo è un termine un po’
improprio. Infatti per segnale si intende un mezzo della comunicazione visiva o
acustica. In radioastronomia è un concetto simile, ovvero è la certezza che un oggetto
abbia emesso un qualunque tipo di energia e che quest’ultima dopo aver attraversato
distanze enormi e aver subito deviazioni gravitazionali finalmente sia giunta a noi,
rendendosi misurabile. Il rumore ricevuto è costituito sempre da radiazioni
elettromagnetiche ed è tutto ciò che disturba il ricercatore nella stima del “segnale
utile”.
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LA COSTRUZIONE DI UN RADIOMETRO PER LA RICEZIONE DEL
SOLE
L
‘esperimento condotto consiste nella costruzione di un piccolo radiometro
amatoriale per la ricezione del Sole.Lo scopo primario del progetto è quello di
ricevere segnali radio dalla nostra stella, dimostrando così che è effettivamente una
buona radiosorgente.
Per il corretto funzionamento di un radiometro bisogna tenere in considerazione una
serie di fattori.Il più importante, è senza dubbio la scelta della frequenza: in base a
questa infatti tutto l’impianto viene conseguentemente modellato “su misura”. Il
primo passo consiste nella scelta tra frequenze relativamente basse e alte,(ovviamente
in relazione allo spettro delle onde radio): naturalmente dietro a questa decisione si
nascondono vantaggi e svantaggi. Lavorando con onde più lunghe le apparecchiature
elettroniche sono molto più semplici e meno costose, ma le antenne da utilizzare
hanno una lunghezza maggiore: al contrario, con le onde corte le antenne presentano
dimensioni contenute ma i ricevitori e gli amplificatori oltre ad essere incredibilmente
complicati hanno anche un prezzo molto elevato e sono difficilmente reperibili sul
mercato.
Fino a 300 kHz
3 MHz
30 MHz
300MHz
Fino a 3000MHz
LF=Low Frequency
MF=Medium Frequency
HF= High Frequency
VHF= Very High Frequency
UHF= Ultra High Frequency
Una regola pratica afferma che la direttività di un’antenna è data dal quoziente della
divisione: 60°/dimensione dell’antenna in lunghezze d’onda. Questo è il motivo per
cui quando si sceglie una frequenza bassa si hanno conseguentemente antenne molto
lunghe.
Inoltre, per garantire la buona riuscita del progetto si deve tenere in considerazione
un fattore non indifferente, rappresentato dall’inquinamento elettromagnetico, (
ripetitori per telefonia mobile, aerei, satelliti, elettrodotti,ecc…).
I segnali provenienti da radiosorgenti extra-terrestri sono modulati in ampiezza,
pertanto l’intero impianto lavorerà in modalità AM.
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Le frequenza adottata
Quasi tutte le frequenze radio sono impiegate ( per scopi militari o civili ).
Consultando il Piano Nazionale per la Ripartizione delle Radiofrequenze si scopre
però che alcune di esse sono state appositamente lasciate libere per la ricerca
scientifica. E’ il caso della fascia che si estende dai 406 ai 410 MHz. La frequenza
adottata in questo esperimento è quella dei 408.000 MHz.
(Anche alcune altre frequenze sono state lasciate libere: esse sono quelle in cui gli
elementi naturali più diffusi emettono radioonde se eccitati. Classico è il caso
dell’idrogeno che emette principalmente a 1421Mhz, che è ovviamente una frequenza
protetta).
La costruzione dell’antenna
L’antenna utilizzata per l’esperimento è di tipo Yagi a 14 elementi. Questa
configurazione ha permesso di ottenere una banda di ricezione abbastanza stretta e di
raggiungere una buona direttività ( indispensabile per non captare il rumore prodotto
dalla Terra).Quest’ultima può essere aumentata impiegando un numero maggiore di
elementi, (che sono le singole sbarrette metalliche che compongono l’antenna stessa).
Il supporto utilizzato è il legno, al fine di evitare interferenze parassite con gli altri
componenti metallici.
Per la progettazione è stato utilizzato un software apposito ( YagiMax, reperibile
gratuitamente in Internet), grazie al quale si possono ottimizzare tutti i vari parametri
e ottenere le massime prestazione in relazione al numero di elementi impiegati.
In questo caso il guadagno raggiunto è di circa 16 dBi.
Il software permette di visualizzare anche dei grafici sulla direttività dell’antenna. I lobi gialli
indicano quanto l’antenna è sensibile in quella direzione. Si noti che i lobi laterali sono quasi
assenti e che quello posteriore è molto ridotto. Ciò è indice di un corretto funzionamento.
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Il ricevitore
Per la costruzione di questo radiometro è stato utilizzato un ricevitore multibanda
commerciale con una modifica sull’alimentazione ( al fine di renderla il più costante
possibile). Questo apparecchio per la ricezione del Sole lavora alla frequenza di
408.000 MHz ( accordato con l’antenna) in modulazione di ampiezza.
Al fine di evitare errori strumentali è sempre consigliabile accendere il ricevitore
almeno 30 minuti prima dell’inizio della sessione osservativa, in modo che i
componenti non subiscano alterazioni termiche durante la registrazione ( cosa che
potrebbe provocare una lieve alterazione dei risultati).
Il ricevitore
usato per
l’esperimento.
Apparati per la registrazione dei dati
Per l’archiviazione dei dati, ma soprattutto per la loro interpretazione, il computer si è
rivelato uno strumento molto potente e comodo. Grazie ad Internet è stato possibile
reperire un software apposito chiamato SkyPipe, molto diffuso negli USA tra i
radioastrofili. Grazie a questo efficiente programma l’intensità del segnale ricevuto
viene mostrata istantaneamente in relazione al tempo, mediante un diagramma di tipo
cartesiano. La peculiarità di SkyPipe consiste nell’intelligente utilizzo della scheda
audio del PC: essa infatti viene sfruttata come una scheda di acquisizione dati. Il
ricevitore, al quale giungono i segnali dell’antenna, viene a sua volta collegato
tramite un cavo schermato alla parte posteriore del computer dove si trova l’ingresso
della scheda audio. In questo modo i segnali vengono convertiti da analogici in
digitali all’interno del computer e si rendono subito pronti per l’interpretazione
grafica vera e propria da parte del programma. L’unica restrizione connessa a questa
scelta è che la corrente esterna che giunge alla scheda audio non può essere troppo
intensa, al fine di preservare l’integrità del componente stesso. Tuttavia in
radioastronomia non si ottengono mai segnali estremamente forti, quindi questa
soluzione è sicuramente vantaggiosa.
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Un’ultima importante caratteristica impostabile con il software è il tempo di
integrazione del segnale: esso è l’intervallo di tempo durante il quale il computer
acquisisce i dati per poi restituirli facendo la media dell’intensità. Per esempio
impostiamo un tempo di 10s: durante questo tempo supponiamo che giungano dal
ricevitore un segnale forte e uno debole entrambi della durata di 1 s. Alla fine dei 10s
sul grafico sarà riportata la media dell’intensità dei 2 segnali. Se invece il tempo di
integrazione fosse stato di 1s, (quindi non più lungo del tempo di durata dei due
segnali) saremmo stati in grado di quantificare l’intensità singola dei due segnali.
E’ chiaro che in campi di indagine in cui si desidera monitorare fenomeni molto
rapidi è consigliabile utilizzare tempi di integrazione non eccessivamente lunghi.
Classico esempio di grafico ottenibile con radio-SkyPipe: questo soprastante rappresenta il rumore
di fondo generato dal computer e dai suoi componenti. Infatti come si può osservare l’intensità del
segnale non è nulla, nonostante alla scheda audio non fosse stato collegato nulla durante la
registrazione.
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SVOLGIMENTO DELL’ESPERIMENTO E CONCLUSIONI
I
l progetto si propone di verificare l’attività solare nel campo delle radioonde.
Infatti, nonostante la nostra stella emetta la maggior parte della sua radiazione ad
una frequenza più alta, è considerata ugualmente una buona sorgente radio: questo
grazie alla sua “vicinanza” alla Terra.
Svolgimento: lo strumento deve essere in funzione da almeno 30 minuti, in modo che
abbia avuto il tempo di assestarsi termicamente. La prima fase dell’esperimento
consiste nel puntare l’antenna verso una zona di cielo “fredda”: con questo termine è
usuale indicare una zona distante almeno 90° dal Sole. Iniziando la registrazione
noteremo un segnale poco intenso, che costituisce la somma di tutti i rumori di fondo
( strumentali ed esterni).
Spostando l’antenna e indirizzandola verso il Sole si noterà un aumento del segnale,
dovuto all’attività di emissione solare nel campo delle radioonde. L’intensità, oltre
che dallo strumento, dipende dalle condizioni atmosferiche.
Per un confronto più efficace ho sovrapposto i grafici relativi ai due andamenti sullo
stesso riferimento cartesiano:
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Come si può notare il flusso proveniente dalla nostra stella è stato distinto dal rumore
di fondo in maniera sufficientemente netta. Nel momento in cui si dirige l’antenna in
una zona di cielo fredda bisogna prestare attenzione a non rivolgerla verso possibili
fonti di inquinamento elettromagnetico, ( come ho già avuto modo di constatare, in
questo caso il risultato potrebbe essere poco attendibile).Relativamente alla figura
della pagina precedente si può notare infatti come il grafico del rumore di fondo
intersechi in un punto quello dell’emissione solare: il fenomeno è dovuto proprio
all’inquinamento elettromagnetico presente nella zona dell’osservazione.
SOLE QUIETO E SOLE ATTIVO
La radiazione rilevata, giunta a noi dopo un viaggio di 150 milioni di chilometri, è
un’emissione termica proveniente dal gas caldo ionizzato, corrispondente ad una
temperatura superficiale di 6000°K.
Il flusso che ho registrato mantiene la sua intensità pressoché costante ed invariata nel
tempo: il Sole infatti si trova in una situazione di equilibrio, e la radiazione che
normalmente giunge a noi è detta del Sole quieto.
A livello amatoriale è possibile studiare anche un altro tipo di emissione radio: quella
legata al ciclo undecennale delle macchie solari. Circa ogni 11 anni si verifica il
massimo dell’attività solare durante il quale le macchie fotosferiche, ( regioni più
fredde della superficie che si trovano a circa 4500°K), a seconda dell’intensità del
ciclo raggiungono il loro numero massimo. Nelle macchie solari si localizzano intensi
campi magnetici secondari che probabilmente sono la causa della formazione delle
macchie stesse. Sulla parte immediatamente superiore dell’atmosfera, si verificano
con facilità intensi brillamenti ( flares) che producono burst di radio energia a
frequenze variabili comprese tra i 5 e i 400Mhz. Con un monitoraggio attento e
costante del Sole è possibile se si è fortunati captare questi improvvisi cambiamenti
di intensità della radiazione.
Lo scopo futuro dell’esperimento è proprio questo: rilevare l’attività del Sole attivo.
Purtroppo la costruzione del radiometro è recente, e l’ultimo massimo di attività si è
verificato nell’estate del 2000. Inoltre la sensibilità di uno strumento amatoriale del
genere è necessariamente limitata ed è possibile cogliere solo i fenomeni più
turbolenti. Attualmente il Sole si sta avvicinando alla sua fase di minima attività, e
probabilmente per questa osservazione sarà necessario attendere ancora una decina
d’anni.
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BIBLIOGRAFIA
“Elementi di tecnica radioastronomica”, di G.Senigaglia, Edizioni Radioelettroniche
“Basics of Radio Astronomy”, dispense in inglese reperite in Internet
“Handbook di Nuova Elettronica” di Montuschi Giuseppe
“La Nuova Enciclopedia delle Scienze”, Garzanti
http://www.radiosky.com sito di radioastronomia dilettantistica
http://www.radioastrolab.it sito di Flavio Falcinelli, radioastrofilo
http://www.bambi.net/sara.html sito di radioastronomia americano
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