CAPOVACCAIO - Uccelli da proteggere

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CAPOVACCAIO - Uccelli da proteggere
Specie protette dalla Direttiva Uccelli
CAPOVACCAIO
Specie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli
NOME SCIENTIFICO: Neophron percnopterus
Capovaccaio, di M. Bonora
Capovaccaio, di M. Mendi
Capovaccaio, di L. Andena
Ordine: Falconiformes Famiglia: Accipitridae
Muso grinzoso, giallastro e privo di piume. Iride nero, come pure l’apice del becco, importante e appuntito. Dall’aspetto
inconfondibile e un po’ inquietante, il Capovaccaio è noto anche con il nome di “avvoltoio degli egizi”. Un nome che ha a
che fare con l’amplissimo areale di nidificazione, che comprende appunto l’Africa, ma anche l’Europa meridionale, la
Penisola Arabica e parte dell’Asia, fino al lontano Pakistan.
Altezza fino a 70 cm e peso nell’ordine dei 2 kg, il Capovaccaio può raggiungere un’apertura alare pari a 165 cm. Il
piumaggio è prevalentemente bianco – esclusiavamente negli esemplari adulti – con penne remiganti nere, che risultano
particolarmente visibili durante la fase del volo. Mentre i giovani si distinguono bene per il loro piumaggio ancora scuro,
più difficile è riconoscere i sessi: nel maschio è presente attorno agli occhi una striscia nerastra.
Uccello mediterraneo per eccellenza – nonché il più piccolo avvoltoio europeo – il Capovaccaio storicamente abitava
quasi tutta l’Italia, dalla Sicilia all’Appennino, fino alle Alpi marittime. Il declino della specie comincia negli anni ’60,
con la progressiva diminuzione delle popolazioni che ha portato alla totale estinzione della specie nelle regioni
settentrionali e centrali, nonché in Campania.
Attualmente, nel nostro Paese, il limite distributivo settentrionale risulta essere la Murgia apulo-lucana. Migratore
transahariano, il Capovaccaio sverna in Africa, dal Senegal all’Etiopia, ma in particolare in Mali e Niger. La maggior
parte degli individui in partenza per l’Africa, dove avviene lo svernamento, si concentra in autunno nell’Isola di
Marettimo, la più orientale delle Isole Egadi, di fronte al litorale trapanese.
Prospettive
Tra le varie spiegazioni di un così rapido e inarrestabile declino della specie, è da rilevare la particolare delicatezza del
periodo riproduttivo. Non sono rari infatti i casi di coppie in Italia che anche per due o tre anni non sono state in grado di
allevare nessun giovane, mentre nei casi più fortunati il successo riproduttivo si è limitato a due individui l’anno. Colpa
anche dell’isolamento genetico della popolazione oggi vivente in Italia, con individui che probabilmente dovrebbero
essere tendenzialmente “anziani” e con un pool genico isolato rispetto alle altre popolazioni, con inevitabile decremento
del successo riproduttivo.
Determinante, di conseguenza, proteggere i siti residui di nidificazione da ogni possibile fattore di disturbo, naturalmente
il bracconaggio – particolarmente impattante durante la fase di migrazione – ma anche il disturbo arrecato da turisti o
sportivi, fino anche a semplici “curiosi” armati di macchina fotografica. Il bassissimo successo riproduttivo appare il
principale fattore di minaccia che attualmente pesa sulla sparuta popolazione italiana di Capovaccaio, anche se non
bisogna dimenticare la progressiva riduzione della disponibilità di cibo conseguente alla dismissione di molte delle
attività agro-pastorali che fino agli anni Cinquanta avevano rappresentato una fonte di sostentamento importante per la
popolazione di Capovaccaio nel nostro Paese.
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Naturalmente, in termini di conservazione della specie, è fondamentale proteggere la totalità dei siti riproduttivi in Italia,
e in particolare l’IBA 215 “Monti Sicani, Rocca Busambra e Bosco della Ficuzza”, in cui vivono ben 5 delle 7 coppie
censite in Italia. Altre misure importanti possono essere rappresentate dalla creazione di siti di alimentazione artificiali – i
cosiddetti “carnai” – una pratica che si è dimostrata efficace nella ripresa della popolazione francese della Provenza.
Infine proteggere adeguatamente i siti riproduttivi, anche con l’ausilio di volontari, limitare la diffusione dell’agricoltura
intensiva nell’habitat del Capovaccaio, nonché porre un freno all’eccessiva proliferazione di pale eoliche nelle zone
circostanti le aree protette e in particolare quelle dei monti Sicani.
Solo aumentando il successo riproduttivo delle coppie rimaste, infatti, il Capovaccaio “italiano” potrà essere salvato dalla
completa estinzione: che avverrebbe con una probabilità superiore al 90% nei prossimi 100 anni considerando la
popolazione attuale e gli attuali tassi di successo riproduttivo. Il target di sopravvivenza a breve-medio termine può essere
fissato a 13 coppie con un successo riproduttivo del 78% e un tasso d’involo pari a 1,4 individui per coppia. Se non si
riesce a invertire la tendenza – anche attraverso reintroduzioni mirate – e a raggiungere il prima possibile questo obiettivo
intermedio (comunque ancora lontano dalla minima popolazione vitale sufficiente per garantire un’elevata probabilità di
sopravvivenza nel lungo periodo) la specie in Italia è quasi certamente destinata a scomparire.
Minacce
Il Capovaccaio nidifica prevalentemente negli ambienti aridi brulli e steppici, vicino alle pareti rocciose. Particolarmente
sensibile al disturbo da parte dell’uomo, la specie si avventura alla ricerca di cibo su terreni aperti, in zone con bassa
vegetazione e anche in discariche. Oltre alle classiche “carogne”, il Capovaccaio non disdegna infatti animali vivi quali
piccoli di uccelli, lombrichi, insetti, anfibi e rettili.
Una dieta alimentare particolarmente varia che consente al Capovaccaio di sopravvivere anche in ambienti a bassa densità
di potenziali prede, anche se è stata dimostrata una predominanza delle caratteristiche del sito in cui costruire il nido – è
importantissima per il Capovaccaio la presenza di pareti rocciose – rispetto ad altri fattori quali le caratteristiche del
paesaggio. Per questo i nidi del Capovaccaio si trovano sempre su pareti rocciose, esposte a sud, che dominano vallate
brulle, ampie e soleggiate.
Otto i fattori principali, individuati dai ricercatori, che hanno portato al declino della specie in questi ultimi decenni: la
modificazione dell’habitat – con particolare riguardo all’urbanizzazione – la persecuzione diretta, il bracconaggio, la
diminuzione delle risorse alimentari, l’inquinamento delle zone di svernamento e nidificazione e non ultimo il forte
aumento della mortalità negli adulti. Infine il disturbo durante la fase di nidificazione, fino all’uso di bocconi avvelenati.
Rispetto alla riduzione dell’habitat, il Capovaccaio ha particolarmente sofferto la progressiva riduzione delle aree
destinate al pascolo di bestiame brado – meno bestiame, meno carogne di cui nutrirsi – mentre attualmente l’attività più
pericolosa per la popolazione residua appare rappresentata dal disturbo ai siti di nidificazione, comprese pratiche
all’apparenza innocue quali fotografia, roccia, parapendio.
Stato di salute
Il Capovaccaio in Italia sta scomparendo. Tra le Murge della Puglia, in Calabria e in Sicilia troviamo attualmente soltanto
7 coppie di questo piccolo avvoltoio che, appunto, trascorre il suo inverno in Africa e sceglie l’Italia per deporre le uova.
Da rilevare la totale estinzione della popolazione del Nord Africa e il forte ridimensionamento di quelle che un tempo
erano da considerarsi due vere e proprie roccaforti europee: Spagna e Turchia.
Classificata dall’Unione Europea come specie in pericolo, il Capovaccaio è stato di recente oggetto di un Piano d’Azione
Internazionale per evitare un destino che, trend alla mano, non può che portare in pochi decenni alla totale estinzione della
specie sia in Europa che in Italia – dove è stato completato il Piano d’Azione Nazionale dedicato.
In Italia, il 100% delle coppie nidificanti – abita nelle IBA (Aree Importanti per gli Uccelli), mentre la specie risulta
particolarmente protetta dalla legislazione venatoria. Se pure l’Italia ospita meno dell’1% della popolazione, a livello di
Unione Europea, la condizione di specie a forte rischio a livello continentale rende particolarmente importante la
conservazione di tutte le popolazioni residue.
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Semaforo
In Italia, negli ultimi 40 anni, la popolazione di Capovaccaio si è ridotta del 90%. Considerando l’attuale ridottissima
consistenza della popolazione italiana e, soprattutto, i bassi tassi di successo riproduttivo, le probabilità di sopravvivenza
del Capovaccaio nel nostro Paese sono molto scarse, a meno di interventi urgenti in grado di accrescere il successo
riproduttivo della specie.
Fattore
Stato di salute
Stato di conservazione
Range*
in contrazione
cattivo
Popolazione
ancora in declino rispetto al calo
storico
cattivo
Habitat della specie
in diminuzione
cattivo
Complessivo
cattivo
*Variazione della popolazione negli anni
Canto
Simile a quello di altri rapaci, il canto del Capovaccaio è caratterizzato da una breve serie di suoni intermittenti. Rapido
e acuto all’inizio della sequenza, il canto diviene via via più grave e misurato.
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