Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani

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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
stampa
27 - 29 gennaio 2007
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
www.oua.it - e-mail: [email protected][email protected]
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag. 3 ANNO GIUDIZIARIO: Ma tra gli avvocati prevale il pessimismo: non c’è nulla da celebrare
(diritto e giustizia)
Pag. 4 ANNO GIUDIZIARIO: Oua,Tribunale Roma, noi facili profeti (ansa)
Pag. 5 ANNO GIUDIZIARIO: Oua, così si affossano diritti dei cittadini – Oua, giù le mani dal
processo – Oua, su Tribunali disastrati siamo stati facili profeti (adnkronos)
Pag. 7 ANNO GIUDIZIARIO: Oua, domani aderiamo a proteste nei Tribunali (apcom)
Pag. 8 ANNO GIUDIZIARIO: Oua, non affossare diritti dei cittadini (agi)
Pag. 9 ANNO GIUDIZIARIO: Hanno detto (mondo professionisti)
Pag.10 ANNO GIUDIZIARIO: Presidente Cassazione: riforme improcrastinabili (reuters)
Pag.11 ANNO GIUDIZIARIO: I tempi della giustizia (il sole 24 ore)
Pag.12 ANNO GIUDIZIARIO: Dalle Corti d'Appello duro atto d'accusa contro l'indulto (la repubblica)
Pag.14 ANNO GIUDIZIARIO: Gli avvocati boicottano la cerimonia “Stavolta siamo noi sulle
barricate” (la repubblica)
Pag.15 ANNO GIUDIZIARIO: Roma - L’allarme della Procura “Troppe morti bianche nei cantieri”
(la repubblica)
Pag.16 ANNO GIUDIZIARIO: Milano-Il rito societario raddoppia l’arretrato (il sole 24 ore)
Pag.17 ANNO GIUDIZIARIO: Napoli: Gli avvocati in corteo: no a deportazioni (il mattino)
Pag.18 ANNO GIUDIZIARIO: Piemonte: tribunali virtuosi ma senza soldi (ansa)
Pag.19 ANNO GIUDIZIARIO: Protestano gli avvocati di Puglia (la gazzetta del mezzogiorno)
Pag.20 ANNO GIUDIZIARIO: Palermo e Firenze (il sole 24 ore)
Pag.21 ANNO GIUDIZIARIO: Cresce la durata dei procedimenti civili e più pendenze nel settore
penale (il sole 24 ore)
Pag.22 ANNO GIUDIZIARIO:Testo intervento Aiaf Lombardia inaugurazione anno giudiziario
Pag.23 ANNO GIUDIZIARIO: La diagnosi del magistrato la cura del ministro - di Vittorio Grevi
(il corriere della sera)
Pag.24 ANNO GIUDIZIARIO:Il rito stanco della giustizia che non parla di efficienza
di Salvatore Carrubba (il sole 24 ore)
Pag.25 ANNO GIUDIZIARIO: Giustizia malata,il cittadino paga - di Paola Severino - Ordinario di
Diritto penale - Preside Facoltà di Giurisprudenza LUISS - Roma (il messaggero)
Pag.26 ANNO GIUDIZIARIO: L’utopia irrinunciabile delle riforme - di D. Stasio (il sole 24 ore)
Pag.27 LENTEZZA PROCESSI: Indennizzi equitativi sì, ma in base ai parametri di Strasburgo
(diritto e giustizia)
Pag.28 INCHIESTA TRIBUNALI: "Così ho violato i segreti del tribunale di Roma" (la repubblica)
Pag.31 INCHIESTA TRIBUNALI: " Quei carrelli pieni di fascicoli abbandonati nei corridoi
(la repubblica)
Pag.33 INCHIESTA TRIBUNALI: Tribunali suk, allarme in tutta Italia “Code, ritardi e poco
personale” (la repubblica)
Pag.34 INCHIESTA TRIBUNALI: Scotti:“A Roma siamo tornati indietro pochi fondi, troppa
rassegnazione” (la repubblica)
Pag.35 RIFORME GIUSTIZIA: Penalisti in agitazione per la situazione di "sconcertante gravità" nel
pianeta giustizia (diritto e giustizia)
Pag.36 RIFORME GIUSTIZIA: UCPI- Contro la politica della restaurazione per superare la crisi della
giustizia - Documento della Giunta approvato il 25 gennaio 2007 (diritto e giustizia)
Pag.38 RIFORME GIUSTIZIA: Occorrono riforme ponderate, non fughe in avanti prive di sostegno
di Bruno Spazzini - Segretario Generale Associazione nazionale forense (diritto e giustizia)
Pag.40 PROFESSIONI: Riforma professioni, c'è qualcosa da correggere
di Sergio Gambini- Coordinatore dipartimento economia e lavoro DS (italia oggi)
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
DIRITTO E GIUSTIZIA
Ma tra gli avvocati prevale il pessimismo: c'è ben poco da celebrare
Inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione, per l’Avvocatura non c’è nulla da celebrare. E se Guido Alpa
durante la cerimonia ha chiesto alle istituzioni di rispettare l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati (si veda
in proposito l’articolo a lato), le posizioni all’interno della categoria sono ampiamente differenziate.
La posizione dell’Oua. L’Organismo unitario dell’Avvocatura è convinto che «se si continua così si
affossano i diritti dei cittadini». Tuttavia, quanto all’ipotesi ventilata nella relazione di inaugurazione di
mettere mano all’articolo 111 della Costituzione, ha messo in guardia il presidente dell’Oua, Michelina
Grillo, «La parità tra accusa e difesa è un principio di libertà che non può essere messo in discussione per
la gravissima e immotivata carenza di risorse. Se mancano i soldi tagliamo gli sprechi, non i diritti dei
cittadini». È incredibile, ha incalzato Grillo che «in un sistema così gravemente dissestato, si possa
attribuire alle astensioni degli avvocati, soprattutto nel settore penale, i ritardi nella definizione dei
procedimenti in Cassazione». Apprezzabile, invece, ha detto ancora il leader dell’Oua, «la sottolineatura di
censura nella relazione del presidente dei tagli al bilancio per la Giustizia operati dalla legge Bersani, che
noi abbiamo denunciato fin dal primo giorno e sono stati uno dei motivi determinanti delle nostre
astensioni». Inoltre, ha detto ancora Grillo, « La relazione del procuratore generale è anche condivisibile
laddove definisce illusorio il proposito di ridurre i tempi del processo in assenza di un serio e condiviso
piano organico di interventi che richiede la fissazione di obiettivi precisi, coordinati e in tempi rapidi». «Al
ministro Clemente Mastella – ha concluso Grillo - l’Avvocatura offre le proprie proposte, l’esperienza
maturata sul campo e una collaborazione leale per giungere a obiettivi da tempo ambiti. Gli avvocati non
intendono restare sterilmente legati al passato né negare aprioristicamente evoluzione e rinnovamento.
L’impegno dell’Avvocatura italiana va infatti nella direzione di un recupero di efficacia ed efficienza del
sistema a beneficio del cittadino e nel senso di un equilibrato sviluppo degli assetti professionali, per
garantire professionalità, formazione e qualità, ed anche futuro ai giovani professionisti. Siamo pronti a
lavorare insieme e quindi ci aspettiamo un invito a breve». L’Organismo unitario dell’Avvocatura, sabato
27 gennaio prenderà parte alle iniziative di protesta dell’avvocatura in quei tribunali dove la situazione
strutturale e organizzativa è particolarmente grave, tra questi Napoli, alla cui cerimonia parteciperà
cMichelina Grillo.La posizione dell’Aiga. I giovani avvocati, pur non partecipando alle cerimonie in Cassazione
e nelle Corti di appello hanno chiesto al Guardasigilli, Clemente Mastella, al Governo, alle forze politiche e alle
componenti dell’Avvocatura e della Magistratura di affrontare responsabilmente i nodi centrali del sistema
Giustizia. Il presidente dell’Aiga, Valter Militi, riferendosi all’inchiesta del giornalista di Repubblica Attilio
Bolzoni sul tribunale di Roma l’ha definita spaventosa ma non sorprendente. Del resto, ha continuato Militi «se
al Tribunale di viale Giulio Cesare gli avvocati, i giudici, i cancellieri, in buona sostanza gli operatori del diritto,
si dovessero attenere rigidamente e scrupolosamente alle procedure stabilite dalla legge il risultato sarebbe la
paralisi totale del sistema giudiziario». Tuttavia, ha incalzato il leader dei giovani avvocati «Tutti gli operatori
del diritto sono consapevoli che per far rispettare la legge e assicurare la Giustizia ai cittadini è inevitabile,
talvolta, non rispettare le regole». Quello che è certo, ha detto ancora Militi, è che «La crisi endemica della
giustizia può essere superata solo attraverso misure strutturali in grado di semplificare e snellire i riti concertando e introducendo virtuose
prassi processuali». Per cui, ha concluso il presidente dell’Aiga, «non c’è più tempo per le buone intenzioni è necessario un confronto
serio sulle soluzioni per fronteggiare la situazione drammatica in cui versa la giustizia italiana».La posizione dell’Anpa. In controtendenza
la posizione dell’Anpa che ha deciso di partecipare, a differenza della classe forense, alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario
in Cassazione. L’Anpa si dissocia «dalle solite demagogiche proteste o diserzioni di quella parte dell’Avvocatura che sa solo protestare o
scendere in piazza , e che tuttavia non dà alcun contributo alla risoluzione degli annosi problemi della Giustizia o li incrementa come è
avvenuto con i ripetuti scioperi contro la Legge Bersani sulle liberalizzazioni».«Apprezziamo – ha detto il presidente dell’Anpa, Gaetano
Romano – i primi mesi di attività del ministro Clemente Mastella, specie per quanto riguarda la riforma dell’Ordinamento giudiziario; è
indubbio che uno dei grandi meriti del Guardasigilli sia stato ripristinare, dopo una legislatura tormentata, un serio e pacifico rapporto con
la Magistratura associata». E ha concluso «i giovani legali italiani plaudono alla capacità del ministro Clemente Mastella di porre mano
alla Riforma Castelli nel senso della salvaguardia dell’autonomia e della libertà della magistratura che sono sinonimo di garanzia anche
per la difesa e per i cittadini». (cri.cap)
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ANSA
26/01/2007 - 19.37.00
GIUSTIZIA: TRIBUNALE ROMA; OUA, NOI FACILI PROFETI
ZCZC0845/SXA WIN50480 R CRO S0A S41 QBXL GIUSTIZIA: TRIBUNALE ROMA; OUA, NOI
FACILI PROFETI (ANSA) - ROMA, 26 gen - ''Siamo stati facili profeti'': l' Organismo Unitario dell'
Avvocatura entra nel dibattito sul degrado del Tribunale di Roma ricordando che proprio due giorni fa
aveva parlato del degrado degli uffici giudiziari italiani '''in attesa che la situazione esploda, fra qualche
mese, con un scoop tipo quello sulla malasanita' nel Policlinico di Roma''. ''Nei tribunali italiani osserva il presidente dell' Oua, Michelina Grillo - non c' e' bisogno di travestirsi per vedere cosa
succede e' tutto alla luce del sole: i processi sono lunghi e i tribunali sono un disastro... Ora l' opinione
pubblica e il mondo politico, si riaccorgono della grave crisi del sistema giustizia. Speriamo che questa
ritrovata attenzione consenta di invertire la rotta rispetto ai tagli operati in questo settore con la
Finanziaria e prima ancora con la legge Bersani. Servono: risorse, risorse, risorse!''. ''Noi ha precisato
Grillo - nelle Corti di Appello le inaugurazioni dell' anno giudiziario le celebreremo cosi': protestando.
Metteremo l' accento sulla realta' di questo Paese, dove i diritti dei cittadini vengono disattesi ogni
giorno, dove il lavoro degli avvocati viene mortificato, dove la giustizia e' tanto malata, che dovrebbe
essere una priorita' nazionale. Invece, ancora una volta abbiamo sentito discorsi su come fare quadrare i
conti in bilancio, si e' parlato di fatto di tagliare ancora piu' diritti, addirittura di ritoccare l'articolo 111
della Costituzione, quello del 'giusto processo'. Cosi' facendo l' impegno di Mastella secondo il quale 'la
stella polare e' il cittadino', rischia di diventare un enorme e pericoloso 'buco nero' ''. (ANSA). COMFM 26-GEN-07 19:39 NNN
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ADNKRONOS
ANNO GIUDIZIARIO: OUA, COSI' SI AFFOSSANO DIRITTI CITTADINI
(Adnkronos) - ''La relazione del procuratore generale e' anche condivisibile -sottolinea- laddove definisce
illusorio il proposito di ridurre i tempi del processo in assenza di un serio e condiviso piano organico di interventi
che richiede la fissazione di obiettivi precisi, coordinati e in tempi rapidi. Verifichiamo, inoltre, con
soddisfazione come le linee guida e i principi di intervento siano del tutto analoghi a quelli che l'Oua propugna
ormai da anni''.''Al ministro Mastella -continua Grillo - l'avvocatura offre le proprie proposte, l'esperienza
maturata sul campo e una collaborazioneleale per giungere a obiettivi da tempo ambiti. Gli avvocati non
intendono restare sterilmente legati al passato ne' negare aprioristicamente evoluzione e rinnovamento.
L'impegno dell'avvocatura italiana va infatti nella direzione di un recupero di efficacia ed efficienza del sistema a
beneficio del cittadino e nel senso di un equilibrato sviluppo degli assetti professionali, per garantire
professionalita', formazione e qualita', ed anche futuro ai giovani professionisti. Siamo pronti a lavorare insieme
e quindi -conclude- ci aspettiamo un invito a breve''.
(Sin/Zn/Adnkronos) 26-GEN-07 14:33
ANNO GIUDIZIARIO: GIUSTIZIA ARRANCA TRA PROCESSI LUNGHI E REATI IMPUNITI (15) =
OUA, GIU' LE MANI DAL GIUSTO PROCESSO
(Adnkronos) - Fiumara ha poi sostenuto l'''opportunita' di dotare sia le sedi giudiziarie (come si appresta a fare il
Ministero della Giustizia) ma anche l'Avvocatura di personale amministrativo non togato di profilo medio-alto (i
c.d. 'assistenti giudiziari') che possa svolgere un'attivita' di supporto e di assistenza specifica al personale togato;
l'opportunita' di rimeditare, con un approccio pragmatico, anche a livello costituzionale, il problema (o il mito?)
della obbligatorieta' della motivazione''. Infine, ha concluso, ''con riferimento al massiccio contenzioso tributario,
rilevo come pronunce delle ss.u.u. quali quella che sembra rendere vincolante il giudicato tributario al di la' dello
specifico anno di imposta e dello specificotributo oggetto della causa, producano un effetto moltiplicatore del
contenzioso, in assenza di vincolanti ragioni di principio che depongano in tal senso''.
''Giu' le mani dal giusto processo. La parita' tra accusa e difesa e' un principio di liberta' che non puo' essere
messo in discussione per la gravissima e immotivata carenza di risorse. Se mancano i soldi tagliamo gli sprechi,
non i diritti dei cittadini''. Cosi' la presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura (Oua), Michelina Grillo,
commenta l'ipotesi, ventilata nella relazione di inaugurazione dell'anno giudiziario, di mettere mano all'articolo
111,recente conquista del testo costituzionale, sulla base di valutazioni circa l'insufficienza di risorse umane e
materiali.L'Oua domani aderisce alle iniziative di protesta dell'avvocatura in quei tribunali dove la situazione
strutturale e organizzativa e' particolarmente grave, tra cui Napoli.''E' un tentativo che non potra' che essere
contrastato -aggiunge la presidente dell'Oua- Il giusto processo e' un presidio irrinunciabile di democrazia e di
liberta'. E' incredibile che in un sistema cosi' gravemente dissestato, si possa attribuire alle astensioni degli
avvocati, soprattutto nel settore penale, i ritardi nella definizione dei procedimenti in Cassazione. Apprezzabile,
invece, la sottolineatura di censura nella relazione del presidente dei tagli al bilancio per la Giustizia operati dalla
legge Bersani, che noi abbiamo denunciato fin dal primo giorno e sono stati uno dei motivi determinanti delle
nostre astensioni''. (segue)
(Pun/Gs/Adnkronos)
26-GEN-07 17:02
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GIUSTIZIA: OUA, SU TRIBUNALI DISASTRATI SIAMO STATI FACILI PROFETI =
GRILLO, PER USCIRE DA CRISI SERVONO RISORSE
Roma, 26 gen. (Adnkronos) - ''Dopo lo scoop del Policlinico di Roma e del Tribunale della Capitale, vi invitiamo
a visitare e constatare il disastro degli uffici giudiziari a Napoli. Siamo stati facili profeti. Lo avevamo scritto in
un nostro comunicato l'altro ieri: 'Chiaramente, in attesa che la situazione esploda, fra qualche mese, con un
scoop tipo quello sulla malasanita' nel Policlinico di Roma. Nei tribunali italiani non c'e' bisogno di travestirsi
per vedere cosa succede e' tutto alla luce del sole: i processi sono lunghi e i tribunali sono un disastro'''. La
presidente dell'Oua, Michelina Grillo, che sara' domani a Napoli per solidarieta' con la protesta degli avvocati
partenopei, commenta cosi' l'inchiesta di 'Repubblica' sul Tribunale civile di Roma.
''Purtroppo quando le cose le denunciamo noi, il pregiudizio prevale e le nostre parole rimangono inascoltate.
Ora, grazie a questo servizio di 'Repubblica' -sottolinea Grillo- l'opinione pubblica e il mondo politico, si
riaccorgono della grave crisi del sistema giustizia. Speriamo che questa ritrovata attenzione consenta di invertire
la rotta rispetto ai tagli operati in questo settore con la Finanziaria e prima ancora con la legge Bersani. Per uscire
dalla situazione fotografata da Repubblica servono: risorse, risorse, risorse''
''Noi -precisa la presidente dell'Oua- nelle Cortidi Appello le inaugurazioni dell'anno giudiziario le celebreremo
cosi': protestando. Metteremo l'accento sulla realta' di questo Paese,dove i diritti dei cittadini vengono disattesi
ogni giorno, dove il lavoro degli avvocati viene mortificato, dove la giustizia e' tanto malata, che dovrebbe essere
una priorita' nazionale. Invece, ancora una volta abbiamo sentito discorsi su come fare quadrare i conti in
bilancio, si e' parlato di fatto di tagliare ancora piu' diritti, addirittura di ritoccare l'articolo 111 della
Costituzione, quello del'giusto processo'''.
''Cosi' facendo l'impegno di Mastella secondo il quale 'la stella polare e' il cittadino', rischia di diventare un
enorme e pericoloso 'buco nero'. Vedremo - conclude Grillo - se la retorica delle 'riforme a costo zero' e del
dialogo di facciata ed escludente, cedera' il passo ad una nuova disponibilita' al confronto. Da parte del governo,
ma anche da parte della magistratura, che troppe volte ciha lasciati soli in questa battaglia di democrazia''.
(Sin/Pe/Adnkronos)
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APCOM
ANNO GIUDIZIARIO/ OUA: DOMANI ADERIAMO A PROTESTE NEI TRIBUNALI
Recuperare efficienza, ma giù le mani dal giusto processo
Roma, 26 gen. (APCom) - L'Organismo unitario dell'avvocatura aderisce alle iniziative di protesta
organizzate per domani, in occasione delle cerimonie di inauguazione dell'anno giudiziario nelle 26
Corti d'appello, nelle sedi in cui "la situazione è particolarmente grave". Come a Napoli, dove sarà
presidente la presidente Michelina Grillo.
"Giù le mani dal giusto processo - avverte la leader degli avvocati -. La parità tra accusa e difesa è un
principio di libertà che non può essere messo in discussione per la gravissima e immotivata carenza di
risorse. Se mancano i soldi tagliamo gli sprechi, non i diritti dei cittadini. Il giusto processo è un
presidio irrinunciabile di democrazia e di libertà".
Grillo se la prende anche con l'accusa, rivolta dal presidente anziano della Cassazione Gaetano Nicastro
nella relazione di inaugurazione dell'anno giudiziario, agli avvocati come causa della lentezza dei
processi. "E` incredibile - sostiene - che in un sistema così gravemente dissestato, si possa attribuire alle
astensioni degli avvocati, soprattutto nel settore penale, i ritardi nella definizione dei procedimenti in
Cassazione".
Per la Grillo è "apprezzabile, invece, la sottolineatura di censura nella relazione dei tagli al bilancio per
la Giustizia operati dalla legge Bersani, che noi abbiamo denunciato fin dal primo giorno e sono stati
uno dei motivi determinanti delle nostre astensioni". "La relazione del procuratore generale - aggiunge è anche condivisibile laddove definisce illusorio il proposito di ridurre i tempi del processo in assenza
di un serio e condiviso piano organico di interventi che richiede la fissazione di obiettivi precisi,
coordinati e in tempi rapidi"."Al ministro Mastella - afferma Grillo - l`avvocatura offre le proprie
proposte, l`esperienza maturata sul campo e una collaborazione leale per giungere a obiettivi da tempo
ambiti. Gli avvocati non intendono restare sterilmente legati al passato né negare aprioristicamente
evoluzione e rinnovamento. L`impegno dell`avvocatura italiana va infatti nella direzione di un recupero
di efficacia ed efficienza del sistema a beneficio del cittadino e nel senso di un equilibrato sviluppo
degli assetti professionali, per garantire professionalità, formazione e qualità, ed anche futuro ai giovani
professionisti. Siamo pronti a lavorare insieme e quindi - conclude - ci aspettiamo un invito a breve".
Red/Arc
261528 gen 07
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AGI
ANNO GIUDIZIARIO: OUA, NON AFFOSSARE DIRITTI CITTADINI =
(AGI) - Roma, 26 gen. - Giu' le mani dal giusto processo, poiche' "la parita' tra accusa e difesa e' un
principio di liberta' che non puo' essere messo in discussione per la gravissima e immotivata carenza di
risorse. Se mancano i soldi tagliamo gli sprechi, non i diritti dei cittadini". E' quanto sostiene, in una
nota, il presidente dell'Organismo Unitario dell'Avvocatura, Michelina Grillo, commentando la
possibilita', ventilata nella relazione di inaugurazione dell'anno giudiziario, di mettere mano all'articolo
111, recente conquista del testo costituzionale, sulla base di valutazioni circa l'insufficienza di risorse
umane e materiali."E' un tentativo che non potra' che essere contrastato - aggiunge Grillo - il giusto
processo e' un presidio irrinunciabile di democrazia e di liberta'", rilevando inoltre che "e' incredibile
che in un sistema cosi' gravemente dissestato, si possa attribuire alle astensioni degli avvocati,
soprattutto nel settore penale, i ritardi nella definizione dei procedimenti in Cassazione".
Apprezzabile, invece, secondo l'Oua, "la sottolineatura di censura nella relazione del presidente dei
tagli al bilancio per la Giustizia operati dalla legge Bersani, che noi abbiamo denunciato fin dal primo
giorno e sono stati uno dei motivi determinanti delle nostre astensioni". La relazione del procuratore
generale, spiega ancora Grillo, e' anche "condivisibile laddove definisce illusorio il proposito di ridurre
i tempi del processo in assenza di un serio e condiviso piano organico di interventi che richiede la
fissazione di obiettivi precisi, coordinati e in tempi rapidi".
Al ministro Mastella, quindi, osserva il presidente dell'Oua, "l'avvocatura offre le proprie proposte,
l'esperienza maturata sul campo e una collaborazione leale per giungere a obiettivi da tempo ambiti. Gli
avvocati non intendono restare sterilmente legati al passato ne' negare aprioristicamente evoluzione e
rinnovamento. L'impegno dell'avvocatura italiana va infatti nella direzione di un recupero di efficacia
ed efficienza del sistema a beneficio del cittadino e nel senso di un equilibrato sviluppo degli assetti
professionali, per garantire professionalita', formazione e qualita', ed anche futuro ai giovani
professionisti. Siamo pronti a lavorare insieme - conclude Grillo - e quindi ci aspettiamo un invito a
breve". (AGI)
Oll
261545 GEN 07
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MONDO PROFESSIONISTI
Hanno detto
* Guido Alpa (Presidente Consiglio Nazionale Forense): un processo lungo è per sua natura un processo
ingiusto e sotto questo profilo sul piano del monitoraggio della macchina processuale abbiamo potuto verificare
che il nuovo rito civile non ha al momento sortito l'effetto sperato. La crisi dell'amministrazione della giustizia è
un fenomeno cronico nel nostro paese e non si sono registrati miglioramenti rispetto a ciò che emergeva dalle
relazioni negli anni passati. Tra le cause della crisi, oltre alle risorse finanziarie insufficienti e alle carenze del
personale anche la confusione e quindi le difficoltà strutturali create da una legislazione processuale ancora
farraginosa e sistematica, nella quale si contano più di 26 riti. Di qui il grande malessere che si avverte
all'interno della categoria e le inusitate manifestazioni di protesta degli avvocati. Uno dei pochi dati positivi è la
fase di decollo degli organismi alternativi alla giustizia togata, come le fasi di conciliazione di mediazione che
per larghe fasce di cittadini hanno sostituito il ricorso alla giustizia ordinaria.
* Michelina Grillo, (presidente Oua): Giù le mani dal giusto processo. La parità tra accusa e difesa è un
principio di libertà che non può essere messo in discussione per la gravissima e immotivata carenza di
risorse. Se mancano i soldi tagliamo gli sprechi, non i diritti dei cittadini. È un tentativo che non potrà che
essere contrastato. Il giusto processo è un presidio irrinunciabile di democrazia e di libertà. È incredibile
che in un sistema così gravemente dissestato, si possa attribuire alle astensioni degli avvocati, soprattutto
nel settore penale, i ritardi nella definizione dei procedimenti in Cassazione. Apprezzabile, invece, la
sottolineatura di censura nella relazione del presidente dei tagli al bilancio per la Giustizia operati dalla
legge Bersani, che noi abbiamo denunciato fin dal primo giorno e sono stati uno dei motivi determinanti
delle nostre astensioni. La relazione del procuratore generale è anche condivisibile laddove definisce
illusorio il proposito di ridurre i tempi del processo in assenza di un serio e condiviso piano organico di
interventi che richiede la fissazione di obiettivi precisi, coordinati e in tempi rapidi. Verifichiamo, inoltre,
con soddisfazione come le linee guida e i principi di intervento siano del tutto analoghi a quelli che l’Oua
propugna ormai da anni. Al ministro Mastella l’avvocatura offre le proprie proposte, l’esperienza
maturata sul campo e una collaborazione leale per giungere a obiettivi da tempo ambiti. Gli avvocati non
intendono restare sterilmente legati al passato né negare aprioristicamente evoluzione e rinnovamento.
L’impegno dell’avvocatura italiana va infatti nella direzione di un recupero di efficacia ed efficienza del
sistema a beneficio del cittadino e nel senso di un equilibrato sviluppo degli assetti professionali, per
garantire professionalità, formazione e qualità, ed anche futuro ai giovani professionisti. Siamo pronti a
lavorare insieme e quindi ci aspettiamo un invito a breve.
* Oreste Dominioni, (presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane). La cerimonia di inaugurazione
dell'anno giudiziario è oggi solo un'inutile celebrazione. È diventata negli anni una sorta di prova di forza della
magistratura. Oggi non è più niente, solo una inutile celebrazione. Oramai è solo l'occasione per fare politica e la
cosa assai singolare è che con la recente modifica di questa cerimonia, questo compito è stato trasferito dal
Procuratore Generale al primo presidente della Corte di Cassazione. È assai grave che un ruolo politico venga
svolto dal giudice di più alto grado che c'è in Italia.
* Gaetano Nicastro (presidente più anziano delle sezioni della Corte di Cassazione) Vale ancora la pena
celebrare con una cerimonia solenne l'inaugurazione dell'anno giudiziario? Di fronte al ripetersi, allarmato ed
allarmante, di anno in anno, di dati che evidenziano le disfunzioni della giustizia, è legittimo chiedersi se ha
ancora significato questa pubblica solenne cerimonia, come, del resto, già alcuni sono chiesti. Ma presenze qui sì
autorevoli confermano l'interesse che può avere per il Paese la panoramica che vi si svolge, se non rimane fine a
se stessa, ma facendo emergere a livello ufficiale, unitamente all'attività della magistratura ed all'impatto
(positivo o negativo) delle leggi che si sono succedute nel tempo dell'esercizio della giurisdizione, i gravissimi
problemi che la attanagliano, possa essere di stimolo alla loro soluzione.
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REUTERS
Giustizia, presidente Cassazione: riforme improcrastinabili
ROMA (Reuters) - E' necessario che governo e parlamento portino a termine al più presto le riforme necessarie
per rendere più moderna la giustizia, che al momento presenta ancora "molte ombre" nonostante l'impegno di chi
lavora nel settore.E' questo il messaggio lanciato oggi da Gaetano Nicastro, per un giorno facente funzioni di
primo presidente di Cassazione, in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario.
Nicastro ha auspicato nella sua relazione "che governo e parlamento portino a conclusione quelle riforme, anche
profonde, ma ormai improcrastinabili, perché il servizio giustizia risponda più adeguatamente alle esigenze di
una società moderna".
"Benché manchevolezze e disfunzioni siano sotto gli occhi di tutti... emergono sì molte ombre, ma anche aspetti
positivi, non potendosi contestare l'impegno dei magistrati e del personale amministrativo per l'utilizzazione al
meglio delle risorse disponibili", ha aggiunto Nicastro.
Dal canto suo Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, ha auspicato nel suo intervento che non si rimanga
"bloccati da logiche di parte" nell'affidare incarichi direttivi in magistratura.
DURATA PROCESSI "INACCETTABILE". MASTELLA: TETTO MASSIMO 5 ANNI
Nel suo intervento davanti a rappresentanti del governo e delle istituzioni tra cui il capo dello Stato Giorgio
Napolitano e il presidente del Consiglio Romano Prodi, il guardasigilli Clemente Mastella ha ribadito la volontà
di portare la durata massima dei processi a cinque anni."La mia posizione è chiara e senza ambiguità: ridurre i
tempi massimi del processo comparato agli standard quinquennali imposti dalla nostra appartenenza all'Europa
della giustizia è possibile ed è necessario", ha detto Mastella.Proprio riguardo ai tempi dei procedimenti, Nicastro
li ha definiti "inaccettabili" nella parte della sua relazione dedicata al contenzioso civile.
"Inaccettabilmente elevato rimane ... il tempo necessario perché si pervenga alla sentenza nelle controversie
civili: 340 giorni presso il giudice di pace, 887 per i giudizi di primo grado dinanzi ai tribunali e 394 giorni per le
corti di appello; 808 e 1.020 giorni rispettivamente, per il secondo grado".Nel settore penale, la giacenza media
oscilla tra i 300 e i 400 giorni, "con un picco di 630 giorni per il rito collegiale presso i tribunali e di 603 giorni
per le corti di appello; il termine è invece di 426 giorni per le corti di assise e di 242 giorni per le corti di assise di
appello", ha proseguito Nicastro.
CARENZE DI ORGANICO, TROPPI SCIOPERI TRA AVVOCATI
Parlando della giustizia civile, Nicastro ha richiamato l'attenzione sul fatto che carenze di organico dei magistrati
e del personale amministrativo hanno determinato un calo nei procedimenti esauriti presso i giudici di pace
(3,8%) e presso i tribunali (4% per il primo grado e 9,3% per il secondo) nel periodo preso in considerazione, tra
il primo luglio 2005 e il 30 giugno 2006.Il presidente di Cassazione ha quindi messo sul tavolo una riflessione:
"'Cui prodest' continuare a consentire ricorsi, da sottoporre all'esame di cinque qualificati magistrati, avverso
sentenze di condanna al pagamento di 0,53 euro, quali i molti (un centinaio circa) pervenuti proprio alla mia
sezione?".Ha inoltre criticato gli avvocati, che con "l'astensione dalle udienze ripetutamente proclamata nel corso
del 2006" hanno aggravato la situazione soprattutto nel settore penale.La relazione letta da Nicastro mette poi in
luce che la recente attività legislativa, "sotto parecchi profili anche degna di apprezzamento", è però "talora
tumultuosa (e) denota alcune volte una certa fretta, ponendo seri problemi applicativi". Antonella Cinelli
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LA REPUBBLICA
Dopo l'inaugurazione in Cassazione, oggi è stata la volta delle cerimonie nei distretti
Da Roma a Milano, da Torino a Palermo, dati allarmanti e polemiche per le scelte della politica
Anno giudiziario, dalle Corti d'Appello duro atto d'accusa contro l'indulto
A Roma le parole più pesanti: "Amara delusione per gli interventi legislativi"
La difesa del ministro Mastella: "Primo passo verso la definizione di un nuovo sistema penale"
ROMA - Dopo le accorate parole pronunciate ieri dal presidente più anziano della Corte di Cassazione
Gaetano Nicastro nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario nazionale, il drammatico quadro
della giustizia italiana è stato confermato oggi dalle cerimonie svolte a livello locale in ogni sede di
Corte d'Appello.
Da Roma a Milano, da Palermo a Torino, la situazione tratteggiata negli interventi dei presidenti di
Corte d'Appello è quanto mai allarmante. I problemi sono gli stessi denunciati ieri da Nicastro davanti
alle massime cariche dello Stato e al ministro guardasigilli Clemente Mastella: ritardi, inefficienze,
mancanza di risorse, organici insufficienti.
L'autodifesa di Mastella. In molti tribunali sono risuonate poi parole dure contro l'indulto e le sue
conseguenze sull'amministrazione della giustizia. Difendere il provvedimento è toccato quindi al
ministro Mastella, intervenuto alla cerimonia di Napoli. "La stagione dell'indulto - ha detto il
guardasigilli - di cui è sembrato che io sia l'unico padre e l'unica madre, che ha segnato la ricerca di una
dimensione legale pure nella fase dell'esecuzione della pena, sarà compatibile premessa con la
definizione di un sistema penale che, nel rispetto di tutte le regole, individui le fattispecie più rilevanti e
le forme più agili per garantire libertà ai cittadini e forza alle istituzioni".
Il disagio della capitale. A Roma per esprimere il disagio rispetto a una situazione che non accenna a
migliorare, i magistrati hanno posto una toga sul leggio. Si tratta dell'ennesimo gesto simbolico dopo
che negli anni passati i giudici avevano prima sfilato in toga nera e con in mano la Costituzione in
segno di lutto per lo stato della giustizia e poi lasciato vuote quattro poltrone disposte in un lato, a
testimoniare l'assenza della magistratura dal progetto dell'ordinamento giudiziario.
Indulto sotto accusa. "Un semplice sguardo agli interventi legislativi susseguitisi nello scorso anno
porta ad un'amara delusione", ha detto il presidente della Corte di Appello di Roma, Giovanni
Francesco Lo Turco, nel suo discorso. Il magistrato ha puntato quindi il dito soprattutto sull'indulto, la
cui legge ha costituito "anch'essa un intervento che in non pochi casi ha assicurato di fatto l'impunità"
perché, riguardando l'estinzione delle pene detentive entro un limite "troppo ampio" (tre anni), ha
determinato come conseguenza che "molti condannati non espieranno nemmeno un giorno di pena".
L'indulto, ha proseguito, "non ha e non poteva avere efficacia sulla riduzione delle pendenze degli uffici
giudiziari e ha prodotto l'effetto negativo della necessità di celebrare un numero rilevantissimo di
processi in relazione ai quali l'eventuale pena non verrà mai espiata".
Milano dichiara il fallimento. Fosco anche il quadro tratteggiato a Milano dal presidente della Corte
d'Appello, Giuseppe Grechi. "Ci si chiede di assumere una condotta da manager - ha osservato - ma se
fossimo un'impresa ora vi parlerebbe un curatore fallimentare". "I fondi per le spese d'ufficio - ha detto
ancora Grechi - sono via via diminuiti dagli 873 mila euro del 2001 ai 400 del 2006; quelli per la vitale
fotoriproduzione si sono ridotti a un terzo in tre anni (da 978.586 del 2004 a 348.000 del 2006), e buona
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parte dei fondi del 2006 sono arrivati, a seguito dell'ennesimo allarme di questa presidenza e per
l'apprezzabile intervento straordinario del ministro solo a dicembre e sono serviti a pagare debiti già
accumulati".
Un raggio di sole a Torino. A Torino, se per molti aspetti la situazione è simile a quella degli altri
distretti giudiziari con "il 90% dei procedimenti penali in corso "inutili" dal punto di vista della
condanna per via dell'indulto, il presidente della Corte d'Appello Francesco Novità, ha sottolineato però
un primato positivo. "I tribunali in cui i processi civili hanno avuto nel 2005 la minor durata - ha detto sono quelli del distretto della Corte d'Appello di Torino".
Palermo e il rischio prescrizione. Ritratto in chiaroscuro, ma nel complesso allarmante quello della
giustizia siciliana fatto dal presidente della Corte d'appello di Palermo, Carlo Rotolo. Anche qui i
processi durano sempre troppo e la mannaia della prescrizione acquista dappertutto una valenza
"devastante", soprattutto in virtù della legge ex Cirielli che induce gli imputati a tentare la soluzione
della dilatazione indefinita dei tempi del giudizio. A ciò va aggiunto che i reati sono infatti
complessivamente in aumento, anche se quelli più gravi, come gli omicidi, sono invece in calo, così
come quelli di mafia, di usura e di estorsione (perlomeno quelli denunciati). Desta però preoccupazione
la crescita dei crimini legati alla violenza sessuale a danno dei minori.
La protesta degli avvocati. Nel capoluogo siciliano l'inaugurazione dell'anno giudiziario è stata
movimentata dalla protesta di un nutrito numero di avvocati che ha abbandonato l'aula del Tribunale di
Palermo nel momento in cui ha preso la parola il sottosegretario alla Giustizia Luigi li Gotti. Una
protesta mirata contro le misure che il governo intende adottare in materia di giustizia.
Il ministro a Napoli. Protesta degli avvocati anche a Napoli, dove i legali hanno attuato un sit-in
all'esterno di Castel Capuano mentre il presidente della Corte d'Appello, Raffaele Numeroso, nel Salone
dei Busti, stava leggendo la sua relazione. La manifestazione si è poi conclusa quando ha preso la
parola il ministro Mastella. La "forza" dell'istituzione giudiziaria, ha ricordato, "è fatta anche di
credibilità, di prestigio, oltre che di strumenti e risorse". "Il mio impegno ed il mio auspicio - ha
aggiunto il guardasigilli - sono pertanto rivolti a garantire un'attenzione a ciò di cui la giustizia ha
bisogno. Risorse e mezzi, ma anche credibilità e prestigio, assetti ordinamentali equilibrati e riforme,
che ne esaltino il ruolo nell'interesse dei cittadini".
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LA REPUBBLICA
Sit-in sedie lasciate vuote, niente toghe: protesta contro la liberalizzazione di Bersani
Gli avvocati boicottano la cerimonia “Stavolta siamo noi sulle barricate”
MILANO — Il vecchio lawyer inglese, parruccone sulla testa, toga lunga fino ai piedi, si guarda
intorno confuso e non è colpa della traduzione simultanea. E ospite della cerimonia di inaugurazione
dell’anno giudiziario a Milano e ricorda che fino all’anno scorso sulle barricate c’erano i magistrati.
Quest’anno tutto è cambiato: chi è furioso col governo sono gli avvocati. «Se qualcosa è cambiato —
tuona Paolo Giuggioli, presidente del Consiglio dell’Ordine e da poco nominato consigliere del
ministro per i problemi dell’avvocatura — è stato decisamente in peggio. L’avvocatura chiede una sola
cosa, una radicale inversione di tendenza». L’avvocato inglese non lo sa, ma in confronto a quello che è
accaduto in altre parti del Paese, queste sono critiche bonarie. Da Palermo a Napoli, da Firenze a
Salerno, fino a Catanzaro, i penalisti hanno boicottato la cerimonia con due parole d’ordine: abbasso il
pacchetto Bersani e no ai passi indietro sulla divisione delle carriere. A Napoli il presidente e molti
consiglieri hanno organizzato un sit-in davanti al palazzo di giustizia per protestare contro la
liberalizzazione della professione e il trasferimento del settore civile al centro direzionale. A Catanzaro
hanno abbandonato provocatoriamente l’aula per dire un no fermissimo alla svolta del governo ma
anche al trasferimento della scuola della magistratura a Benevento. A Firenze gli avvocati non si sono
proprio presentati e a Palermo sono entrati senza toga per abbandonare l’aula in segno di protesta sulla
separazione delle carriere quando ha cominciato a parlare Luigi Li Gotti, un collega diventato
sottosegretario alla giustizia. Anche Nicola Mancino, presidente del Senato, «e avvocato», come ha
precisato, ha dovuto parlare nell’aula di Salerno svuotata di colleghi. Tutti zitti, senza il discorso del
presidente dell’ordine, a Messina. E latitanti, in aperta polemica, i legali di Potenza. «Sconcerto per le
recenti misure legislative che sviliscono il significato della funzione difensiva» per gli avvocati di Bari,
mentre a Roma la Camera penale annuncia lo stato di agitazione permanente. Cinzia Sasso
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LA REPUBBLICA
E secondo la relazione del pg Salvatore Vecchione più difficile perseguire corrotti e corruttori
Giustizia, l’allarme della Procura “Troppe morti bianche nei cantieri”
Un minuto di silenzio per ricordare la tragedia dell’Olocausto. Poi la parola è passata al presidente della
corte di Appello, Giovanni Francesco Lo Turco e al procuratore generale Salvatore Vecchione che
hanno tratteggiato, tra fatti e misfatti, il bilancio di un anno di giustizia a Roma. A fronte di dati etabelle
cresce l’allarme per l’illegalità sui posti di lavoro (5.500 procedimenti) con 20 decessi all’anno,
aumentano i reati commessi da immigrati (24.287), così come violenze sessuali e gli episodi
di pedofilia anche su web. Calano, invece, i reati compiuti da minori (2,53% in meno rispetto l’anno
precedente) e quelli edilizi (2.433 rispetto ai 3.170 del 2005). Ad ascoltare, accanto al procuratore capo
Giovanni Ferrara, le autorità del nuovo governo Prodi: il sottosegretario alla Giustizia, Luigi Scotti che
per 10 anni è stato alla guida del Tribunale della capitale. E l’ex procuratore aggiunto Achille Toro,
da otto mesi capo di gabinetto del ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi.
Consulenze, mazzette e processi lumaca. preoccupante «l’impiego clientelare» delle consulenze nelle
pubbliche amministrazioni. «Le non eccessive iscrizioni per reati di corruzione e concussione— incalza
Vecchione — non significano affatto che sono rari ma è più difficili da provare». La durata media di un
processo monocratico è di un anno; poco meno di due anni al collegiale. «L’ipertrofia del processo sottolinea il pg—. determina effetti aberranti sul piano disciplinare con imputati che restano nei
pubblici uffici». Immancabili le critiche per l’indulto che «appesantisce e annulla» gli effetti dell’azione
penale.
Uffici allo sfascio. Due giorni fa stato il presidente del tribunale Alberto Bucci che due giorni fa ha
ammesso e denunciato con coraggio lo sfascio degli uffici giudiziari romani. Un’emergenza che è stata
rilanciata anche dal procuratore Vecchione: «Alcuni uffici sono al limite o oltre il limite
dell’ingestibilità. Siamo intervenuti presso il ministero della Giustizia. Non c’è più tempo da perdere».
La protesta degli avvocati. È Giandomenico Caiazza, presidente della camera penale, ad annunciare lo
stato di agitazione contro la riforma del procedimento penale che «mortifica i diritti della difesa».
Severo il giudizio di Alessandro Cassiani, presidente del consiglio forense: «Da troppi
annil’inaugurazione dell’ anno giudiziario, denuncia mali che rimangono senza risposte».
Fascicoli dimenticati. «La vera emergenza della giustizia è la cronica formazione dell’arretrato». Ne è
convinto Raimondo Orrù, rappresentante della Federazione magistrati onorari, che annuncia cinque
giorni di sciopero e ammonisce: «Per realizzare il principio del giusto processo, occorre consentire ai
magistrati onorari il rinnovo di un numero illimitato di mandati per non creare arretrato». Marino Bisso
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IL SOLE 24 ORE
Milano. Dal capoluogo lombardo la relazione di Giuseppe Grechi
Il rito societario raddoppia l’arretrato
Il giudice dovrà pure governare il processo in maniera da condurlo a sentenza entro 5 anni, come
previsto dal pacchetto di misure che il ministro della Giustizia Clemente Mastella presenterà al
Consiglio dei ministri. Ma più che di un manager ci sarebbe bisogno di un curatore fallimentare. Non
usa mezzi termini il presidente della Corte d’appello di Milano, Giuseppe Grechi, nella relazione che
apre l’anno giudiziario. E punta il dito sul crollo degli stanziamenti delle spese d’ufficio, determinanti
per Il buon andamento della “macchina”: in 6 anni si sono praticamente dimezzati, passando dagli
873.000 euro del zooi ai 400.000 del 2006 e, in particolare, quelli per le fotocopie si sono ridotti di un
terzo mentre i n6.ooo euro assegnati nel zoo6 per l’informatica giuridica sono serviti per pagare una
parte dei debiti pregressi. Il tutto a fronte di quelli che a Grechi sembrano veri e propri sprechi di
denaro come l’«esborso abnorme» del patrocinio a spese dello Stato a vantaggio di imputati irreperibili
o dalle condizioni economiche “sospette”.
Sul fronte civile, la tendenza al progressivo aumento delle domande di giustizia si è arrestata,
attestandosi attorno ai 5o.ooo nuovi procedimenti arrivati ai Tribunali e attorno ai 25.000 per i giudici
di pace. Si è sensibilmente ridotto il numero degli appelli, che passa da 5.000 a 4.200. La capacita di
smaltimento è buona: se non riesce a intaccare l’arretrato, almeno evita che se ne accumuli altro. La
durata media è sostanzialmente invariata: 21 mesi davanti al Tribunale e 8 mesi presso i giudici di pace.
Nel settore del diritto di famiglia, precisa il presidente facente funzioni del tribunale, Giuseppe
Tarantola (da pochi giorni il Csm ha formalizzato la nomina di Livia Pomodoro), l’affido condiviso
trova larghissima applicazione, mentre un numero notevole di procedimenti di separazione e divorzio si
è trasformato da giudiziale in consensuale. Parole severe poi per il rito societario con una pendenza che
inun anno è raddoppiata (da 66 a 1131): «Appare evidente che il nuovo rito societario, invece di
semplificare e accelerare le procedure costituisce un peso difficilmente sopportabile, uno spreco di
attività difensiva e un’occasione per sollevare questioni di decadenza o nullità che assorbono il merito
della lite».
Nel penale aumentano i casi di violenza sessuale, commessi in strada da parte di extracomunitari, e di
pedofilia, le cui denunce passano da io8 a 148. In diminuzione, invece, le denunce di violenze sessuali
in ambito domestico. Quanto, invéce, all’incremento degli stupri sempre più pronta è la risposta
giudiziaria. Nel 2005 su 254 casi sono 144 quelli definiti con richiesta di rinvio a giudizio ordinario, ii
quelii con richiesta della pena e 45 quelli con richiesta di giudizio immediato. Giovanni Negri
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IL MATTINO
Gli avvocati in corteo: no a deportazioni
Alle 9 sono già tutti schierati con le loro toghe nere svolazzanti: i rappresentanti degli avvocati guidati dal
presidente del consiglio dell’Ordine, Franco Tortorano, inscenano la protesta annunciata. Contro tutto e tutti. I
bersagli: la liberalizzazione introdotta dal decreto Bersani, la possibile riforma delle iscrizioni all’Albo,
l’incremento dei costi di accesso alla giustizia amministrativa, la riduzione delle risorse destinate alla giustizia, il
trasferimento del settore civile al centro direzionale, l’insufficienza dei parcheggi nei pressi del nuovo tribunale,
il malfunzionamento degli ascensori del palazzo di giustizia, la carenza del personale amministrativo e di quello
al lavoro presso i giudici di pace. Un elenco lungo, lunghissimo. E così quando finalmente lo stuolo dei legali
raggiunge il Salone dei Busti di Castelcapuano e si schiera lungo il corridoio centrale, Tortorano è costretto a un
intervento fiume, punteggiato dai tanti «Bravo, bravissimo», «Sei il migliore» dei colleghi che, nonostante la
toga, fanno un tifo da stadio. Forse anche perchè il presidente parla in nome di ben undici associazioni forensi,
come spiega nell’introduzione della sua relazione. Associazioni che, tutte, hanno contribuito alla stesura del
documento finale che, però, Tortorano abbandona spesso per parlare a braccio. E così spiega che «puntare alla
prescrizione è una tecnica lecita della difesa». E racconta che un dipendente dell’Ordine degli avvocati dal mese
di luglio è stato dislocato presso la sala destinata ai legali nella struttura della caserma Garibaldi, quella destinata
ai giudici di pace. In questo modo i legali evitano lunghe code e possono accedere ai dati sulle iscrizioni a ruolo
delle cause. Il tutto perché gli uffici «non danno risposte in tempo accettabile». Si arriva così a quella che nei
manifesti affissi da un gruppo di legali nei corridoi di Castelcapuano viene definita la «deportazione». Eppure,
spiega il consiglio dell’Ordine nel manifestino distribuito a magistrati, politici, giornalisti e passanti: «Il
trasferimento del settore civile al nuovo palazzo di giustizia al centro direzionale non è mai stato avversato
dall’avvocatura». L’Ordine invece «ha soltanto continuamente e con tutti i mezzi anche giudiziali a sua
disposizione, richiamato le istituzioni alla verifica della sussistenza delle necessarie condizioni di fruibilità e
sicurezza dei nuovi edifici giudiziari». E, infatti, ha già presentato un ricorso al Tar e ora «non dovrebbero più
sussistere i denunciati pericoli», ha sottolineato Tortorano. Ma i problemi per i legali restano: a cominciare da
quello del parcheggio, visto che l’area individuata dal Comune viene giudicata insufficiente. Daniela De
Crescenzo
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ANSA
ANNO GIUDIZIARIO:PIEMONTE, TRIBUNALI VIRTUOSI MA SENZA SOLDI
ANSA) - TORINO, 27 GEN - A Torino c' è il tribunale civile più virtuoso d'Italia, ma tutti gli uffici del
Piemonte sono al collasso per mancanza di risorse e lacune negli organici, e l'indulto ha vanificato "il
90% dei processi". Questa il panorama del Piemonte tratteggiato oggi all'inaugurazione dell'anno
giudiziario.
"I tribunali che nel 2005 hanno avuto la minor durata dei processi civili - ha detto il presidente della
Corte d'Appello, Francesco Novità citando una ricerca del 'Sole 24 Ore' - sono stati i nostri", e quello di
Torino, grazie a un complesso di iniziative per smaltire l'arretrato (il "Progetto Strasburgo") ha persino
vinto un premio indetto dall'Unione Europea. I fondi, però, scarseggiano. Il pg Gian Carlo Caselli ha
fatto presente che nel 2006 "sono stati assegnati 544 mila euro a fronte di una richiesta di 927 mila" per
le spese legate al materiale di cancelleria, alle fotocopie e alle vetture di servizio e, ironicamente,
riferendosi al governo, il procuratore Marcello Maddalena si è chiesto "se non siamo vittime del fuoco
amico". Anche la burocrazia soffoca l'attività: "Abbiamo 20 mila procedimenti in fase preliminare precisa Maddalena - che non vengono trattati per colpa delle incombenze amministrative. Il personale
non riesce a stare dietro al lavoro dei magistrati".
E' stato il presidente dell'ordine degli avvocati, Mauro Ronco, a elencare i dettagli: Aosta è sotto
organico del 37% e Asti di un terzo; a Verbania ("situazione disastrosa) sono coperti solo 28 posti su
47, ad Acqui Terme manca il 50% del personale di cancelleria, Novi Ligure non ha magistrati togati.
L'ufficio notifiche del tribunale di Torino versa in condizioni tali che, per evitare lungaggini, "bisogna
che gli avvocati si organizzino per notificare gli atti per proprio conto, senza passare per gli ufficiali
giudiziari".
Quanto alla criminalità, il presidente Novità ha lodato l'azione delle forze dell'ordine contro i reati di
strada "che destano allarme nei cittadini": 5.841 arresti e 3.509 giudizi direttissimi. Carlo Verra,
portavoce dei Comitati spontanei spontanei torinesi, ha preso la parola per dire che "la situazione non è
cambiata", e che a Torino ci sono zone, come via Cottolengo, "in cui vige l'impunità". Se è un problema
di leggi, "ci chiediamo se quelle leggi siano state fatte da un pazzo". In Piemonte restano
"numerosissimi" gli episodi di "spaccio di droga, tratta di esseri umani, sfruttamento a fini sessuali"
commessi da bande di stranieri (albanesi, nigeriani, marocchini, romeni), ormai superiori a quelle degli
italiani. In Piemonte ci sono ancora gruppi legati a famiglie della 'ndrangheta e (fenomeno piu' recente)
il ritorno di personaggi in contatto con la mafia catanese, anche se "si assiste a una sorta di
frammentazione" della loro attività. Il pg Caselli ha lodato l'attività del dello speciale "Osservatorio
tumori professionali" allestito alcuni anni fa dalla procura di Torino per iniziativa del pm Raffaele
Guariniello, che ha individuato "19.370 casi relativi a 1.434 aziende" sfociati in "numerosi processi con
significativi risvolti risarcitori in favore delle vittime o dei loro prossimi congiunti". Ma su tutto pesa
l'indulto, che Maddalena ha definito "un brutto risveglio": "Se le condanne passate in giudicato sono le
perle della giustizia, abbiamo dato le perle ai porci". (ANSA).
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LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
Protestano gli avvocati di Puglia
Anche a Bari cosi' come annunciato a livello nazionale, gli avvocati hanno protestato contro le
decisioni del governo in materia di liberalizzazioni in occasione della cerimonia inaugurale dell’Anno
giudiziario. Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Bari, Francesco Monaco, ha letto nell’aula
dov'era in corso la cerimonia un comunicato dell’Unione degli ordini degli avvocati di Puglia e subito
dopo ha abbandonato l’aula con tutti gli altri rappresentanti dell’avvocatura. Nel documento si esprime
“sconcerto per le recenti misure legislative che minacciano di fare degenerare la funzione difensiva,
intaccano i fondamenti della sua dipendenza e sviliscono il significato del suo riconoscimento
costituzionale”.
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IL SOLE 24 ORE
Palermo - In calo reati e tempi
Nella relazione del Presidente della Corte d’appello di Palermo Carlo Rotolo non sono mancate note di
rilievo. Tra queste, il calo dei procedimenti per traffico di stupefacenti, passati da 238 a 22,il 91% in
meno e quello dei reati di detenzione e spaccio (-16%). I delitti a carico dei cittadini stranieri, senza
contare le violazioni alle leggi sull’immigrazione, sono cresciuti di circa il 70% rispetto al periodo
2004-2005. Sono diminuiti del 9% gli omicidi volontari e del 15% le rapine. In calo anche le estorsioni
(-42%). In flessione anche i reati societari e di bancarotta. Riguardo ai processi penali, servono 683
giorni per arrivare a sentenza a Palermo, 182 ad Agrigento e 556 in tutto il distretto. La Corte d’appello
del capoluogo siciliano, nel 2004-2005 la più celere d’Italia con 210 giorni, neli0 semestre 2006 si è
migliorata, scendendo a 207 giorni Nello stesso periodo la giustizia civile ha fatto segnare lievi
miglioramenti per quanto riguarda le cause pendenti e i processi definiti rispetto a quelh
sopravvenuti. (Antonio Schembri)
Firenze «Rischio paralisi»
Sull’andamento del sistema giustizia «effetti assai negativi derivano dalla riduzione dei fondi, tanto da
determinare un serio rischio di paralisi delle Procure della Repubblica». Lo ha detto il Procuratore
generale di Firenze Giorgio Brignoli. Brignoli ha sottolineato come sul lavoro della Procura «incidono
negativamente le scoperture dei magistrati e soprattutto del personale amministrativo» ed effetti assai
negativi derivano anche dai tagli agli «stanziamenti per spese di ufficio ammontanti a 244.541 euro nel
2002 e diminuiti a 8imila euro nel 2006». E in aumento, peraltro, la durata dei processi civili (del 15%
per la Corte d’appello e del 5% nei tribunali del distretto) e penali (del 4%).
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INTERVENTO DELL’AIAF LOMBARDIA
ALLA INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2007
L’AIAF – Associazione Italiana Avvocati per la Famiglia e per i Minori, sezione Lombardia esprime la sua
preoccupazione per la grave situazione del sistema giudiziario italiano che, sotto il profilo della funzionalità,
dell’efficienza e durata dei procedimenti, non corrisponde alle esigenze dei cittadini, e in particolare alla necessità
di rapida soluzione dei conflitti familiari e di tutela dei minori e delle persone più deboli e incapaci, da parte di un
unico tribunale, composto da giudici togati e specializzati, che assuma la competenza per tutte queste
problematiche.
Le riforme introdotte dalle leggi n. 80/2005 e n. 54/2006 non hanno infatti comportato l’auspicata totale unicità
delle procedure per la separazione e il divorzio, e la nota lacunosità della legge 54/06 sull’affidamento condiviso
ha aggravato persino la situazione, tanto da non consentire una pacifica applicazione per quanto riguarda
l’individuazione del giudice competente a decidere sull’affidamento e il mantenimento dei figli naturali.
La rimessione alla Corte di Cassazione dei procedimenti che riguardano l’affidamento e il mantenimento dei figli
naturali, per il regolamento di competenza da parte del Tribunale per i minorenni di Milano e dei Tribunali
ordinari di Milano e Monza, ha causato, dal maggio 2006 a tutt’oggi, l’impossibilità di ottenere tali
provvedimenti in tutta l’area distrettuale di Milano, e quindi una situazione di grave disagio per i figli naturali e
le famiglie di fatto, cui solo parzialmente ha potuto sopperire l’attività conciliativa stragiudiziale svolta da noi
avvocati. Una situazione che tutti ci auguriamo possa risolversi in tempi brevi.
Quanto alla durata dei procedimenti di separazione, divorzio e relative modifiche, di nomina dell’amministratore
di sostegno, di interdizione, nonchè di quelli relativi alla filiazione, non possiamo che rilevare l’assoluta
necessità di un maggior numero di magistrati e di maggiori risorse, per far fronte al costante aumento di tali
giudizi avanti il nostro Tribunale, che causa spesso attese di mesi per la fissazione delle udienze.
Non si tratta però solo di problemi di natura organizzativa e processuale, ma di una complessiva lacunosa
situazione legislativa che evidenzia sempre più la necessità di un’organica riforma del diritto di famiglia e
minorile, e di una conseguente struttura giudiziaria.
Emerge sempre più l’esigenza di un “tribunale della persona” che consenta di unificare avanti ad un unico
tribunale, composto da giudici togati specializzati in materia, tutte le problematiche che riguardano la persona nel
corso della vita.
Alcuni partiti dell’attuale coalizione governativa hanno invece già espresso proposte che prevedono un “tribunale
della famiglia”, che delibera in camera di consiglio, con una composizione paritaria di giudici togati e giudici
onorari, a seguito di un procedimento di tipo orale dove sono di fatto soppressi il diritto di difesa e la
salvaguardia del principio del contraddittorio.
Già da anni l’AIAF critica il rito camerale del tribunale per i minorenni che si fonda su una tale impostazione,
che riteniamo contraria ai principi del giusto processo di cui al novellato art. 111 Cost., e a maggior ragione la
critichiamo e cercheremo di impedirne l’approvazione laddove venga estesa a tutta la materia dei giudizi di
famiglia, compresa la separazione e il divorzio.
Da ultimo l’AIAF richiama l’attenzione di tutti sull’importanza della specializzazione non solo dei magistrati ma
anche degli avvocati che si dedicano a tale materia, e conseguentemente di una formazione specializzata e
continua, dando atto, per quanto concerne il riconoscimento della specializzazione e della relativa pubblicità a
tutela dei cittadini-utenti, della positività del DDL Mastella, e assicurando in tal senso l’impegno
dell’Associazione, che già da oltre dieci anni svolge attività di formazione specialistica e di aggiornamento per i
Colleghi, con il patrocinio del Consiglio Nazionale Forense e degli Ordini forensi.
Milano, 26 gennaio 2007
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IL CORRIERE DELLA SERA
La diagnosi del magistrato la cura del ministro
di Vittorio Grevi
Preceduta alcuni giorni fa dalle canoniche, ma non rituali, «comunicazioni alle Camere» da parte del
Guardasigilli Mastella, la cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario si è svolta ieri presso la
Corte di cassazione avendo al centro la relazione «sull’amministrazione della giustizia», affidata come
già l’anno scorso (secondo quanto stabilito dalla legge di riforma del 2005) al primo presidente della
medesima Corte. Poiché, tuttavia, quest’anno tale carica è vacante, la suddetta relazione è stata svolta
dal presidente di sezione anziano Gaetano Nicastro. Non si trattava di un compito facile, posto che negli
ultimi mesi della passata legislatura il nostro «sistema giustizia» è stato solcato da una serie di
modifiche legislative disorganiche e maldestre, che ne hanno alterato gli equilibri, senza nulla
aggiungere alla funzionalità degli apparati giudiziari, e anzi per molti aspetti pregiudicando l’efficienza
dei meccanismi processuali. t’eco degli effetti disastrosi riconducibili ad alcune ditali leggi (si pensi
alla riforma dell’ordinamento giudiziario e, nel settore penale, soprattutto alla «legge ex Cirielli» e alla
«legge Pecorella»), nonché delle polemiche che ne sono seguite, non poteva evidentemente mancare
nella relazione del presidente Nicastro. Come pure non poteva mancare l’eco delle preoccupazioni
derivanti della difficoltà di intravedere una via d uscita. Sia in rapporto all’esigenza di ricostruire un
tessuto normativo talora lacerato da scelte politiche non conformi al quadro costituzionale (in
particolare, nel settore dell’ordinamento giudiziario), sia in rapporto all’urgenza di rimediare al più
presto ai guasti così determinatisi nel concreto svolgimento dei processi (si pensi, per esempio, al caos
provocato nel sistema delle impugnazioni penali dalla «legge Pecorella», e oggi aggravato dalla
recente, e pur doverosa, sentenza di incostituzionalità della medesima legge). Di tutte queste
preoccupazioni e difficoltà ci sono significative tracce nella relazione letta ieri da Nicastro, ma il tono è
stato misurato e quasi distaccato — tipico di chi sapeva bene come il suo compito istituzionale fosse
quello di delineare un bilancio di ciò «che va» e di ciò «che non va» nell’amministrazione della
giustizia, al più segnalando incongruenze legislative e disfunzioni organizzative. Non anche quello di
trovare le soluzioni, che invece è compito del potere politico e nella specie del ministro della Giustizia,
al quale spetta di intervenire proponendo nuove leggi (con il contributo, se del caso, dei «pareri» del
Consiglio superiore della Magistratura, come ha ricordato il vice presidente Mancino), ovvero
adottando adeguati provvedimenti amministrativi, anzitutto in materia di risorse umane e materiali. In
questa prospettiva, a parte qualche puntuale auspicio di politica legislativa mosso dall’indignazione (ad
esempio per la permanenza negli uffici di pubblici dipendenti condannati per gravi reati, o — per
l’arbitraria pubblicazione di intercettazioni telefoniche ancora segrete), ovvero dalla pietà umana (ad
esempio sul problema dell’interruzione del trattamento terapeutico nei malati terminali), la relazione
del presidente Nicastro ha dato ampio spazio al nodo cruciale costituito dalla «non ragionevole» durata
dei processi. E, al riguardo, è stata netta la sua adesione come pure da parte del procuratore generale
Delli Priscoli rispetto alle proposte di accelerazione dei tempi processuali ormai più volte preannunciate dal ministro Mastella, e ribadite anche ieri. A cominciare dalla previsione di un’«udienza di
programmazione» dei tempi del processo (civile e penale), nella quale tra l’altro si discutano e si
definisca- no tutte le questioni procedurali fino allora insorte, costringendo così le parti a «giocare a
carte scoperte». Per questa via sarà forse ottimistico fissare, come vorrebbe Mastella, un termine
massimo di 5 anni per la conclusione di ogni processo. Tuttavia la strada è quella giusta, nel senso di
togliere spazio a qualunque tentazione di manovre dilatorie, salvo restando ovviamente il rispetto delle
imprescindibili garanzie difensive delle parti.
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IL SOLE 24 ORE
Il rito stanco della giustizia che non parla di efficienza
di Salvatore Carrubba
La magistratura fa bene a mantenere il carattere solenne, se non pomposo, che tradizionalmente accompagna l’apertura
dell’anno giudiziario, a Roma e nelle sedi periferiche. Lo sfarzo, il parterre, talora l’eloquio stesso di alcuni dei protagonisti:
tutto contribuisce non solo a rendere queste cerimonie del tutto singolari rispetto alla sciatteria diffusa, anche in molte
istituzioni; ma soprattutto a sottolineare anche visiva- mente che in un Paese serio la giustizia è una cosa seria. L’apparente
anacronismo delle cerimonie, dunque, è lo specchio i dell’insostituibilità delle funzioni svolte: così come, a Londra, io
sfarzo che fa da cornice al discorso della corona non è considerata una carnevalata fuori dal tempo, ma il simbolo
attualissimo degli equilibri istituzionali. Proprio perché queste cerimonie sono momenti importanti, dunque, va meditato con
attenzione il quadro sul funzionamento della giustizia che ne emerge. Fermiamoci su questo, tralasciando l’aspetto più
politico relativo al tema della separazione delle carriere, il cui accantonamento da parte del Governo ha certo contribuito a
un clima più disteso tra i due poteri (anche se il tema della terzietà del giudice, come pure osservano certi magistrati, resta
un caposaldo di civiltà giuridica al quale non si può rinunciare solo per amore del quieto vivere). Grandi novità non sono
emerse rispetto alle due realtà che sono ormai consolidate: la lunghezza intollerabile dei tempi della giustizia, soprattutto di
quella civile; e il costante calo delle risorse che, puntualmente, è stato denunciato ieri in molte sedi, da Torino a Milano a
Palermo. I due aspetti, ovviamente, sono strettamente intrecciati: ma l’equazione più mezzi uguale più efficienza va
esaminata con attenzione e spirito critico. Perché non sempre è automatica. Se un’azienda si trova a dover fare degli
investimenti, ad affrontare una contingenza difficile, a governare una rivoluzione tecnologica non si limita ad andare in
banca per chiedere più risorse. Si I guarda dentro, si slancia in avanti, si affida a consulenti, si organizza, rinuncia a
qualcosa, si ripensa, e finalmente riparte. Perché uno sforzo del genere non può essere intrapreso da un settore che
distribuisce un servizio così delicato e importante come la giustizia? Immagino l’obiezione: la giustizia non è un’azienda.Lo
sappiamo tutti, non foss’altro perché la giustizia non sta sul mercato (almeno per i cittadini comuni: chi può, rinuncia a
quella dello Stato e si affida agli arbitrati privati). Ma, se pure insostituibile definzione pubblica, anzi espressione per
antonomasia del potere coercitivo dello Stato, se pure sottoposta alle sfide di criminalità sempre più radicate, capillari e
managerializzate (pochi mesi fa, due libri come “Gomorra” di Roberto Saviano e “illecito” di Moisés Naìm hanno
ulteriormente contribuito ad aprirci gli occhi, al riguardo), la giustizia italiana deve scegliere priorità e criteri organizzativi
che non dipendono sempre e solo da Roma, da ulteriori produzioni legislative, da iniezioni finanziarie. Dalla sanità alla
scuola all’università all’ordine pubblico, tutti questi settori (e altri certamente ne trascuro) avrebbero bisogno di più mezzi e
più uomini. Come rattoppare una coperta lisa per tutti? E’ la grande scommessa della spesa pubblica italiana, che non va
solo ridotta ma completante ridisegnata, per attribuire più fondi dove servono veramente e tagliarli dove il sacrificio è
sopportabile. Nel campo della giustizia, per esempio, perché non pensare a un intervento straordinario nella direzione di
trasformare finalmente mostri uffici giudiziari da depositi di scartoffie (tutt’altro che impenetrabili, come dimostra
l’inchiesta di Repubblica) in moderne stazioni telematiche, dalle quali partire per sveltire pratiche, eliminare figure
professionali ottocentesche, ridurre i tempi? Per rifare, insomma, una giustizia che non ha più a che fare con la società
agricolo-patriarcale della quale, in fondo, gli ermellini indossati ieri sono uno degli ultimi retaggi? Il ministro Guardasigilli,
Clemente Mastella, si è posto un obiettivo che definire rivoluzionario è poco: perché, dinanzi allo scandalo dei 5 milioni di
processi civili pendenti,ogni sforzo per ridurre i tempi a proporzioni ragionevoli non può che essere apprezzato (con una
raccomandazione, signor ministro: non trascuri la giustizia amministrativa, perché anche da li vengono ritardi e incertezze
che condiziona un, se non mettono in fuga, gli investimenti). Non si tratta solo di vincere quel “disagio”, addirittura quel
“rancore” dei cittadini che lo stesso ministro denuncia con amarezza; ma di consolidare la competitività complessiva del
Paese. Perché un Paese con la giustizia che non funziona è meno attrattivo e dunque meno competitivo. Perché la certezza
dei diritti è considerato il primo requisito che un mercato deve assicurare per attrarre investimenti stranieri (non a caso bassi
in Italia). Per un Governo che si è dato come uno degli obiettivi principali quello dello sviluppo, il tema bile: in un Paese che
invoca sempre nuovi diritti ma non sa garantire quelli alla base della convivenza tra persone libere lo sviluppo è a rischio.
Ma, senza attendere Roma, è la giustizia stessa che molto può cominciare a fare, razionalizzando spese e organizzazione
(perché a Bolzano è possibile e nel resto d’Italia no?);o evitando tanti processi inutili (impressiona l’altissima percentuale di
assoluzioni denunciata a Roma dal presidente Gaetano Nicastro), La richiesta di aiuto, allora, sarebbe ancora più
convincente.
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IL MESSAGGERO
Giustizia malata,il cittadino paga
di Paola Severino - Ordinario di Diritto penale - Preside Facoltà di Giurisprudenza LUISS - Roma
La relazione sullo stato della giustizia, svolta nel corso della solenne cerimonia di inaugurazione dell’anno
giudiziario, si apre con un interrogativo, per nulla retorico, sull’interesse che può avere per i cittadini
l’elencazione dei problemi che caratterizzano il sistema processuale italiano. Il quesito è del tutto legittimo, se si
considera che ormai da molti anni l’elenco delle doglianze si ripete, nella forma e nei contenuti, sopravanzando
di gran lunga, per numero e qualità, l’elenco degli aspetti positivi. Ci sono però molti motivi per i quali i cittadini
possono invece essere interessati all’analisi di alcuni degli aspetti trattati nella relazione. Uno tra essi è
certamente la constatazione che “il ricorso al giudice penale, anche attraverso la denuncia o la querela, non
risponde sempre ad una esigenza di giustizia ma evidenzia un certo grado di ormai risalente deterioramento dei
rapporti sociali”. Si tratta di un rilievo — convalidato da un numero enorme di procedimenti che si esauriscono
con un decreto di archiviazione — destinato a sconfinare dal campo della sociologia a quello del diritto penale.
Si pensi, per fare un esempio limite, al caso di Erba, in cui liti tra vicini hanno prima dato luogo ad una denuncia
penale per molestie e poi hanno innescato la bomba ad orologeria di una terrificante ed
ingiustificabile strage. Se dunque non si incide alla base e non si combatte quel deterioramento di rapporti
sociali, che si sostanzia oggi più che mai nella legge del più forte, nell’aggressione anche quando si è in torto,
nella violenza assunta come modello ispiratore, si creerà il primo anello di una catena destinata ad allungarsi a
dismisura. Un secondo aspetto di interesse comune a tutti i cittadini è nella constatazione che “se lo Stato italiano
dovesse risarcire tutti per l’irragionevole durata dei processi non basterebbero tre finanziarie”. Questa terribile
quanto apprezzabile ammissione evidenzia come l’inefficienza del sistema giudiziario veda il cittadino
doppiamente vittima: vittima del ritardo nell’ottenere giustizia e vittima del costo fiscale che ricade su di lui per
il pagamento delle sanzioni poste a carico dello Stato italiano da parte della Corte europea di Giustizia. Un
ulteriore aspetto, destinato a suscitare allarme sociale è quello relativo al numero di reati rimasti impuniti, perché
ad opera di ignoti, che ammonta — per l’ultimo anno preso in considerazione - a quasi due milioni. Se si unisce
questo dato, già di per sé impressionante, all’osservazione che i tempi, necessariamente contenuti, di custodia
cautelare ed i tempi lunghi del processo non consentono di dare effettività alla pena, si potrà constatare che il
potere deterrente della sanzione penale non rappresenta più alcun argine, quantomeno rispetto alla criminalità
comune. — Già da queste poche osservazioni emerge, per il cittadino, un quadro molto poco rassicurante della
giustizia penale: una giustizia usata a volte per scopi impropri di tensione sociale, lenta nel concludere i processi,
inefficiente nel punire i colpevoli. E’ allora evidente che è preciso dovere di noi tutti, come ha ricordato ieri il
Ministro della Giustizia, procedere nella ricerca di soluzioni condivise, nell’interesse di quei cittadini al servizio
dei quali deve essere posto un sistema processuale giusto, efficiente e dì ragionevole durata. Certo, oggi
raggiungere questa meta può sembrare ai più una utopistica aspirazione. Eppure, per iniziare, basterebbe un
piccolo contributo da parte di ciascuna delle parti interessate. Da parte del cittadino, un maggiore rispetto della
funzione del giudice, da tradurre in una autolimitazione delle denunce e delle querele, in modo da evitare che le
liti condominiali debbano strumentalmente essere trasferite nelle aule di giustizia, sottraendo tempo prezioso alla
magistratura. Da parte del legislatore, la previsione di una più ampia causa di non procedibilità per la scarsa
rilevanza del fatto, che consenta di risolvere rapidamente l’indagine, estendendo all’intero settore penale un
efficace mezzo di deflazione del sistema. Da parte di avvocati e magistrati, l’adozione di udienze di programma
— anch’esse richiamate in relazione — come mezzo per individuare fin dall’inizio la scansione del processo,
“costringendo le parti a giocare a carte scoperte”. Tre proposte semplici, comprensibili da tutti, come sempre
deve accadere quando sono in gioco valori che non possono essere celebrati solo in occasioni di solenni
cerimonie, ma che devono essere condivisi e ricordati dall’intera collettività.
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IL SOLE 24 ORE
ANALISI
L’utopia irrinunciabile delle riforme
di Donatella Stasio
Dice un proverbio magre- buio: «Nessuna carovana ha mai raggiunto l’utopia, però è l’utopia che fa andare le
carovane». A conclusione delle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario zoo7,è difficile sfuggire alla
sensazione che l’efficienza della giustizia italiana sia un’utopia, un’aspirazione ideale, non suscettibile di
trasformarsi in realtà. I dati, le denunce, le relazioni dei molteplici protagonisti dì queste cerimonie cì descrivono
una realtà pressoché immutata negli anni, fatta di lentezze esasperanti delle procedure, di delitti impuniti, di
carenza di risorse e di sprechi, di tante riforme frettolose e controproducenti ma di poche leggi ponderate ed utili,
di sacche di neghittosità, resistenze corporative, slealtà processuali, di investimenti lesinati dai Governi di turno,
di perenni conflitti tra poteri. Se da 30 anni— e forse più— è questo il quadro che ci viene consegnato ad ogni
inaugurazione dell’anno giudiziario, è anche difficile dar retta ai proverbi e immaginare che la grande utopia
dell’efficienza riesca a mettere in cammino la carovana della giustizia. Tuttavia, mai come in questo caso
bisogna credere ai proverbi, non foss’altro per le conseguenze derivanti da una situazione di perenne
immobilismo. Conseguenze negative, non solo per il cittadino, al quale viene sottratto il diritto a un servizio
essenziale, ma anche per i cosiddetti operatori del settore (magistrati, avvocati, personale amministrativo) e per le
forze di Governo. Una giustizia efficiente garantisce la tenuta democratica di un Paese ed è elemento
indispensabile per la sua crescita economica. Inoltre, è ormai diventata requisito essenziale per stare in Europa.
Più volte, nei documenti della Banca d’Italia e della Banca mondiale, si è letto che la lentezza delle procedure è
un freno allo sviluppo, agli investimenti stranieri, alla crescita delle imprese. E se nessun Paese ha un sistema
giudiziario a prova di efficienza basti pensare alla Francia, che va tanto di moda citare ma che, soprattutto in
questi anni, è alle prese con problemi di credibilità e di professionalità della giustizia non meno seri dei nostri) è
anche vero che l’Italia svetta nel “liste nere” degli Stati meno affidabili. Dunque, un Governo che si pone come
obiettivo primario quello della ripresa economica non può sottovalutare il ruolo del “fattore-giustizia”, al quale
deve dedicare lo stesso impegno, di risorse e di riforme, che dedica ad altri settori ritenuti strategìci. Continuare a
tagliare i fondi alla giustizia (una costante di quasi tutti i Governi, compreso il Governo Prodi) significa togliere
un po’ di ossigeno a una politica di rilancio economico. Non allinearsi agli standard europei di efficienza della
giustizia, significa indebolire la cooperazione giudiziaria con gli altri Paesi e, dunque, la lotta alla criminalità
trasnazionale e la sicurezza dell’Europa. Di qui l’urgenza di riforme coraggiose, organizzative e processuali.
Certo, molto possono, e debbono, tare i magistrati perchè l’esperienza dimostra che là dove (Bolzano, Genova)
sono state superate resistenze burocratiche e culturali, la giustizia funziona un po’ meglio. Ma ciò sarà tanto più
possibile se la politica si riapproprierà finalmente del suo ruolo. Il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha
illustrato a più riprese un «piano straordinario» di proposte, confermando che l’efficienza è una <(questione
democratica» che il Governo reputa «prioritaria». E ieri ha detto che se il suo «piano» non verrà attuato, se ne
andrà. A tutt’oggi, però, le parole non si sono tradotte in atti. E questo,visti i tempi e i numeri parlamentari, non è
un buon segno. Il precedente Governo di centrosinistra perse un’occasione storica per riformare il sistema
giustizia, Ebbe il merito di portare subito in Parlamento il suo «pacchetto» di misure, ma fu stoppato dalla
Bicamerale, nonché da veti corporativi e dai ritardi culturali dei magistrati. Alcune riforme di cui si parla oggi
non sono che la riedizione, aggiornata, delle proposte di allora, come la valutazione periodica della
professionalità dei magistrati e la distinzione delle funzioni tra giudici e pm. Se, veramente, il clima è cambiato e
non c’è più lo scontro frontale fra poteri che per anni ha paralizzato le riforme, questo è il momento per
dimostrare che l’efficienza della giustizia non è solo un logoro slogan, ma un obiettivo serio, Forse una grande
utopia. Ma è tempo di mettersi in cammino.
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Processi-lumaca: indennizzi equitativi sì, ma in base ai parametri di Strasburgo
Quell’irragionevole durata dei processi. Soltanto millecinquecento euro per un ingiustificato ritardo di
sei anni nella definizione di un giudizio in primo grado? Non sono un equo indennizzo ai sensi della
legge Pinto, la numero 89/2001. Lo stabilisce la prima sezione civile della Corte di cassazione con la
sentenza 1645/07 (disponibile fra i documenti correlati). Che, decidendo nel merito ex articolo 384 Cpc,
condanna il ministero della Giustizia a versare 6.000 euro per danno non patrimoniale al ricorrente.
Criteri di liquidazione. La quantificazione dell’indennizzo per il danno non patrimoniale che deriva
dalla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo - osserva la Suprema corte - è affidata
alla valutazione equitativa del giudice di merito. Ma l’ambito della stima del magistrato è segnato dai
principi della Cedu, che vivono attraverso le decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. Il
giudice, dunque, è obbligato a tenere conto dei criteri di determinazione dell’equa riparazione che
arrivano da Strasburgo anche se conserva un margine di valutazione. Ma soprattutto può discostarsi dai
criteri di liquidazione indicati dalla Corte dei diritti soltanto con una motivazione adeguata e
ragionevole. Cosa che nel caso di specie, sottolineano gli “ermellini”, non è avvenuta. Stasburgo,
ricordano i giudici di legittimità, per ogni anno di eccessiva durata del processo quantifica la
riparazione del danno morale fra 1.000 e 1.500 euro (cfr. Cassazione 8714/06).
Indennizzo incongruo. Ecco spiegato, allora, lo stop all’incongruo indennizzo di 1.500 euro liquidato
dalla Corte d’appello al convenuto del processo che dopo nove anni non era stato definito neppure in
primo grado. Un giudizio del genere in tema di risarcimento danni, ha stabilito il giudice del gravame,
doveva concludersi entro tre anni. (d.f.)
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LA REPUBBLICA
L'inchiesta shock: viaggio nel caos del Tribunale di Roma
Archivi senza controlli, armadi aperti e fascicoli non custoditi
"Così ho violato i segreti del tribunale di Roma"
ROMA – Se volete rubare carte riservate e informazioni preziose c'è un posto dove fare razzia. Ammassate in
ordine sparso, sono tutte a portata di mano. Provate a cercarle, rovistate, arraffate, impadronitevi di tutto ciò che
vi può servire oggi o tornarvi utile in futuro. Per ricattare, estorcere, barattare notizie. O, più semplicemente, per
spiare gli altri. Troverete il 740 del vostro vicino di casa, i movimenti bancari della collega che si è appena
separata, i conti di una grande azienda, lo stato di salute di un compagno di lavoro, i precedenti penali di un
impiegato della vostra banca, troverete le vite nascoste di un famoso attore o di un calciatore o di una velina. Non
abbiate paura, si può fare. Carte riservate e informazioni preziose là dentro spariscono ogni giorno. A volte si
perdono, a volte se le prendono. Ve lo do io l'indirizzo di quel posto. È in viale Giulio Cesare 54b e 54d: è il
Tribunale civile di Roma.
Per una settimana ho bivaccato in quel caravanserraglio che è la "città giudiziaria" in Prati, dalle 9 alle 13 ogni
mattina. Avrei potuto portarmi via fascicoli avvolti nella carta di giornale. Avrei potuto trafugare processi interi
nascondendoli in due cartelle da avvocato.
Avrei potuto penetrare nelle pieghe intime dell'esistenza di centinaia di uomini e donne che per i più svariati
motivi sono stati trascinati in giudizio da soci, dipendenti, mariti, mogli, concorrenti, pazienti, assicuratori,
condomini, medici legali e perfino da figli. È tutto o quasi a vista, tutto a un passo. Basta allungare il collo e
aprire la borsa.
Gli armadi sono aperti, le ante spalancate, gli schedari incustoditi. In cassaforte sono conservati solo i documenti
di chi ha cambiato sesso o contratto l'Aids per una trasfusione, di tanto in tanto sotto chiave finisce anche qualche
vip. Una serratura che diventa privilegio, è la toppa che fa la differenza. Per tutti gli altri c'è la grande "corsia"
della giustizia italiana, come nella Sanità, come le barelle dei malati qualunque abbandonate nei corridoi degli
ospedali. Per quelli senza lucchetto tutto è pubblico e niente è privato al Tribunale civile di Roma.
Ci sono entrato per la prima volta lunedì 15 gennaio. E mi sono inoltrato nei gironi infernali che chiamano
"sezioni" fino al lunedì successivo, il 22. Su e giù per rampe di scale strette, buie. Mi sono perso in sudici
seminterrati, infilato nelle cancellerie, ho seguito il popolo che ogni giorno si riversa in quello che è il più grande
Palazzo di giustizia d'Europa per bacino di utenti e per cause. Al martedì e al giovedì ne celebrano di media
2.500. In certe aule è una mischia umana. Questo Tribunale è una sacca.
Mi hanno dato informazioni che non potevano darmi, mi hanno fatto entrare in stanze dove non potevo entrare,
sono venuto a conoscenza di notizie che non avrei mai dovuto conoscere. Ho seguito per ore e ore carrelli
stracolmi di carte processuali, mollati dai commessi fuori dalle aule o in un cortile interno. Ho visto in azione
Jimmy l'egiziano all'Ufficio Unico Notifiche della Corte di Appello, un suq dove "il passaggio è riservato solo al
personale" e dove gli avvocati affidano a una truppa di pittoreschi personaggi gli atti urgenti. Ho assistito a
udienze chiassose dove si confondevano voci di processi in corso e processi ancora da fare, nomi sputtanati ad
alto volume come quello di un padre che poteva vedere i suoi figli solo con l'assistente sociale perché (secondo la
moglie) spacciava coca.
Nessuno mi ha mai fermato. Nessuno mi ha mai invitato a esibire un documento. Nessuno si è mai domandato
che facevo in un'aula a spulciare fascicoli, in una cancelleria a curiosare fra i faldoni.
La mia traversata nelle 19 sezioni (comprese quelle del Lavoro e della Fallimentare) è iniziata con una borsa da
"collaboratore di studio" a tracolla e una piccola telecamera nascosta.
Viale Giulio Cesare 54b, l'entrata principale è una strettoia dove ad ogni ora in migliaia arrivano e in migliaia se
ne vanno. Non c'è un metal detector, non ci sono carabinieri, neanche una guardia giurata. Uno può portare fuori
tutto. Ma può anche portare dentro tutto al Tribunale civile di Roma.
Sono le 9 e 30 e cominciano le udienze. Si aprono gli armadi. Ne vedo tre traboccanti di fogli nel lungo corridoio
che al primo piano porta alla Fallimentare, salgo ancora una scala ed ecco la cancelleria della I sezione. Ci sono
alti scaffali, a destra e a sinistra. Tutti i fascicoli sono pronti per essere presi. Monto su una scaletta di ferro,
leggo i nomi dei giudici, scendo e apro un faldone. La signora S. chiede l'adeguamento per il mantenimento dei
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due figli. Ci sono le sue dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni. Apro un altro incartamento. È una causa di
divorzio. Sono finito in una cancelleria di istruttorie in corso.
Scendo al piano terra, esco nel cortile interno, lascio il palazzo vecchio e mi infilo in una costruzione più recente.
Un grande cartello indica che qui c'è la "Riabilitazione Protesti", in realtà ci sono 5 sezioni: la III, la V, la IX, la
XII e la XIII. Comincio dalla III, quella del diritto societario. Anche qui armadi aperti, fascicoli dappertutto. Ne
prendo uno. Ne apro un altro. Sfoglio qualche pagina. Mancati pagamenti. Concorrenza sleale. Sono tutte "cause
interrotte" per morte di una delle parti o di un legale. Ci sono almeno cento persone intorno a me. Sembro
invisibile.
Provo in un'altra cancelleria. Entro, a destra ci sono impiegati e impiegate chini sulle loro scrivanie e a sinistra
gli archivi. Ci scivolo dentro, sfilo carte, le guardo, le rimetto a posto. Controllo i nomi dei giudici. Budetta e
Paone, Di Matteo e Maselli. Afferro alcuni fascicoli. Sono alla XIII sezione, cause di circolazione stradale con
danni a cose, lesioni con morte, responsabilità professionali. Sto lì dieci minuti a frugare: avrei potuto starci altre
tre ore e nessuno si sarebbe mai accorto di me. Esco e cambio piano.
Scendo e mi perdo: il Tribunale è un labirinto.
Mi ritrovo davanti una porta. Un cartello avverte: "Qui possono entrare solo avvocati e collaboratori di studio
muniti di delega". Un altro avvertimento è più giù: "Uno per volta". Entro anche qui. Ci sono almeno sei persone,
quattro uomini e due donne che cercano carte. Cerco anch'io fra i fascicoli dei giudici Thellung, Martinelli e
Scalia. Comincio a orientarmi: nei fascicoli si tratta di appalti, transazioni, gestioni di affari. Sono all'XI. Ogni
fascicolo ha un suo piccolo segreto. Mi allontano indisturbato e ridiscendo ancora nel cortile interno.
Sono già le 11 e il cortile è rumoroso. Da qualche parte stanno lavorando i carpentieri, scaricano detriti, con
colate di cemento rinforzano muri spaccati. E' un cantiere. Un po' di tempo fa è crollato un soffitto e c'è stata una
perdita d'acqua. Alcune aule di udienza si sono inondate, i fascicoli galleggiavano. Fra le 9 e le 10 ero passato
per caso anche dalla Fallimentare e sono inciampato fra una mezza dozzina di scatoloni di cartone, proprio
all'entrata. Ci torno alle 11 e 30 e gli scatoloni sono ancora lì. Nessuno li ha tolti. Come la polvere sulle scrivanie
o la sozzura sui muri. Puliscono male, non lavano mai.
Gli avvocati girano e rigirano da una sezione all'altra, è un'ansia collettiva, tutti in movimento perenne. Sono
appena due mattine che sono salito sulla giostra della giustizia e mi raccontano che ogni giorno qualche fascicolo
svanisce, sottratto da qualcuno o inghiottito fra quelle montagne informi di carte.
Anche oggi, 17 gennaio 2007, un fascicolo non si trova più. L'hanno scoperto ieri (il 16) alla cancelleria della
sezione che si occupa di appalti e contenzioso con la pubblica amministrazione, la II. Verso mezzogiorno si è
presentato un avvocato e ha chiesto l'incartamento del suo cliente, il senatore X. L'hanno cercato e non l'hanno
trovato. Sparito. Il senatore X. nella passata legislatura è entrato a Palazzo Madama in ritardo, dopo un
riconteggio di voti che l'ha "ripescato". Una volta eletto ha chiesto allo Stato gli stipendi arretrati. Ma adesso
aspetterà ancora prima di prenderli. E, prima che ritrovino la sua richiesta di risarcimento, passerà molto tempo.
Nel maggio scorso fra le anse del Tribunale si è perso pure un fascicolo di Berlusconi-Mediaset, una citazione
per una satira giudicata troppo spinta. Dopo qualche settimana è improvvisamente riapparso. Come quegli altri
che sono stati ritrovati da una ragazza sulle rotaie della metropolitana di Ottaviano. Li avevano rubati in tre
sezioni, presi alla rinfusa e poi gettati via. Parecchi mesi dopo un cancelliere li ha rivisti fradici d'acqua su un
termosifone, qualcuno li aveva messi lì ad asciugare. Altri fascicoli li hanno sequestrati i poliziotti al segretario
imbroglione di un giudice onorario. Li aveva sfilati dagli archivi, li teneva a casa.
Un fascicolo può leggere una vita. C'è dentro tutto: riferimenti alle malattie, al reddito, alle frequentazioni, ai
precedenti penali, ai problemi dei figli, alla salute dei genitori. Chi garantisce la segretezza di queste
informazioni al Tribunale civile di Roma? Chi protegge il cittadino che finisce come un libro aperto negli armadi
della III o della V o della XIII sezione di viale Giulio Cesare 54b?
La legge dice che i "custodi" sono i cancellieri. Ma solo a Roma ne mancano almeno 164. Mancano anche
contabili, commessi, mancano autisti. Se però sparisce un fascicolo ne risponde sempre il cancelliere, è lui "il
responsabile del trattamento dei dati cartacei". Un paio di mesi fa il sindacato dei cancellieri ha scritto alla
presidenza della Tribunale e al Garante per la protezione dei dati personali. Denunciava la vergogna: i fascicoli
alla mercé di tutti. I cancellieri chiedevano una videosorveglianza, l'identificazione e la registrazione degli
accessi agli archivi, regole. I capi del Tribunale (che non ha presidente da quasi un anno e non ha nemmeno il
dirigente della cancelleria) non hanno mai risposto. A novembre, il Garante "ha preso in esame la problematica
relativa all'applicazione delle misure di sicurezza nel trattamento dei dati presso gli uffici giudiziari...
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richiedendo, a tale scopo, la collaborazione delle istituzioni e degli uffici interessati".
Ma se al Tribunale civile di Roma qualcuno applicasse davvero quelle misure di sicurezza e quelle regole che
tutti reclamano, ogni cancelleria e ogni sezione si fermerebbe in meno di un'ora. Se giudici, cancellieri e avvocati
si dovessero rigidamente attenere a procedure e mansionari, già da domani mattina il Tribunale di viale Giulio
Cesare 54b potrebbe chiudere. Per paralisi totale. Lo sanno i cancellieri: "È vero, in mezza giornata qui dentro
non funzionerebbe più niente". Lo sanno gli avvocati: "Noi non potremmo più lavorare". Lo sanno i giudici, che
fanno finta di non vedere ciò che accade ogni giorno nelle loro aule. Per far rispettare la legge al Tribunale civile
di Roma si fa tutto fuorilegge.
È così che i fascicoli della signora B. o quello del signor M. finiscono a mezzogiorno di giovedì 18 gennaio
sempre nelle mie mani. Sto ancora frugando fra le cancellerie quando vengo a sapere che qualcuno ha appena
presentato un'istanza di divorzio per X. Y., un attore comico di una certa notorietà. Non ci sono segreti per i
frequentatori del Tribunale civile di Roma. Tutti sanno tutto di tutti.
Salgo, scendo, arrivo alla VIII sezione. Ci sono 5 armadi, due chiusi e 3 aperti. Allungo la mano, anche qui
"cause interrotte". Successioni, divisioni ereditarie. Mi spingo lungo i camminamenti che congiungono palazzi
vecchi e palazzi nuovi e sono alla IV, esecuzioni immobiliari. È una mattinata come tante. Le aule sono stipate di
avvocati, i magistrati sono coperti dalla folla. Udienze di massa. No stop dalle 9, una cagnara fino all'ora di
pranzo. Il giudice Cottone ne ha 35 di cause, il giudice Vigorito 48. Gli avvocati rumoreggiano dentro e fuori,
parlano, gridano. E tutti fanno "il mucchio". Accatastano i loro fascicoli uno sopra l'altro, dal primo che è
arrivato all'ultimo. Si formano pile alte anche mezzo metro. Poi si infilano nelle aule tutti insieme e, lentamente,
"il mucchio" cala. Scendo un'altra volta, c'è un altro cortile. E un altro divieto.
Da questa porta potrebbero passare solo i dipendenti del Tribunale, ma lì davanti sono forse in quattro o
cinquecento. È l'Ufficio Unico Notifiche delle Corti di Appello. Mi dicono che le file cominciano a formarsi fra
le 5 e le 7 del mattino. Sono le segretarie degli avvocati le sfortunate, si alzano all'alba per far notificare gli atti.
C'è però un'altra via per non fare quelle file. Qualcuno mi sussurra all'orecchio che devo rivolgermi "a Riccardo".
Cerco Riccardo. Chiedo in giro e mi rispondono che è morto durante le feste di Natale. Un infarto. E mi
consigliano: "Cerca la cugina, è lei che ha preso il suo posto". Cerco "la cugina" ma non la trovo. Pare che sia
indaffaratissima a recuperare tutte le carte che aveva Riccardo, deve restituirle agli avvocati. È tardi, quasi
mezzogiorno. E non trovo neanche Jimmy l'egiziano, lo sbrigafaccende che è il nuovo "re" dell'Ufficio Unico
Notifiche del Tribunale di Roma. Ha cominciato vendendo marche da bollo, ora qua dentro si muove come il
padrone. Proverò a cercarlo ancora domani, Jimmy l'egiziano. Attilio Bolzoni
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LA REPUBBLICA
La seconda puntata dell'inchiesta sullo sfascio del tribunale di Roma
Tra mance e incuria, l'odissea quotidiana delle carte processuali
Quei carrelli pieni di fascicoli abbandonati nei corridoi
Chi ha bisogno di ritirare degli atti e non ha tempo, si rivolge a Jimmy l'egiziano
Sbriga tutto lui, al suo servizio ha persino quattro galoppini
ROMA - È lì anche stamattina, appoggiato al muro con la sigaretta in bocca e l'aria stanca. Era lì anche ieri. E
l'altro ieri. E lunedì. Arriva sempre poco dopo o poco prima delle dieci, trascinando faticosamente il suo carrello
fino dall'altra parte del cortile. Si ferma, infila la mano in tasca, afferra l'accendino e un attimo dopo beato butta
fumo e scompare dietro una vetrata. Ma il suo carrello lo lascia, lo abbandona all'angolo sinistro di quella
palazzina nuova dove si arrampicano frotte di avvocati verso le sezioni che trattano di diritto societario e
immobiliare. Il carrello è sempre pieno di fascicoli. Resta lì incustodito, all'aperto. In mezzo alla folla. Lui, il
commesso del Tribunale civile di Roma, con calma torna a riprenderselo dopo un po'. Qualche volta dopo sette
minuti, qualche altra volta dopo quasi un quarto d'ora. L'ho seguito per cinque giorni ogni mattina - il 16, il 17, il
18, il 19 e il 22 gennaio - il commesso con la giacca a vento rossa e quel suo carrello di ferro che fa la spola fra le
cancellerie e l'ufficio "Movimento fascicoli Repertorio cronologico". Non c'è stato giorno che non l'abbia mollato
con un carico di documenti, all'inizio e alla fine del suo piccolo viaggio nei meandri degli uffici giudiziari di
viale Giulio Cesare 54 b. Sono ancora qui nella bolgia del Tribunale civile di Roma, nella casbah della giustizia,
fra abissi di carte e una ressa di legali, denunciati e denuncianti, segretari tuttofare, avvocaticchi, maneggioni.
Tutti a caccia di scartoffie, tutti che si sbattono per un timbro o la copia di una sentenza, la firma di un
cancelliere. Mi confondo nella calca e sento parlare di farmaci contraffatti, di "immobili da prendere a tutti i costi
in blocco". Ma sono quasi le dieci del mattino e punto verso l'uomo con la giacca a vento rossa. Punto con la
telecamera nascosta nella mia borsa verso il carrello piantato davanti al muro dove, appena un secondo prima,
c'era lui che fumava. Sono le 10,12 di venerdì 19 gennaio, eccolo il carrello. Dopo sette minuti ricompare il
commesso, spinge il carrello verso il centro del cortile interno, lo ferma un avvocato. Parlano per una manciata di
secondi, riprende a far scorrere ancora il suo carrello verso la porta che conduce all'interno del vecchio palazzo.
È sulla pedana di ferro che scavalca il gradino, gira a destra, avanza come al rallentatore lungo il corridoio, si
ferma, scansa due impiegate che procedono in senso contrario a passo veloce, avanza ancora. Dopo una decina di
metri svolta a sinistra e si infila in una stanza. Il carrello è fuori. Un minuto. Due minuti. Otto minuti. Dopo nove
minuti se lo viene a riprendere. E finalmente lo ricovera nell'ufficio "Movimento fascicoli Repertorio
cronologico". La telecamera è accesa. Riprende sequenza dopo sequenza un trasporto di fascicoli dentro il
Tribunale civile di Roma. Uno dei tanti. Di carrelli e fascicoli abbandonati, ce ne sono a ogni angolo. E ogni
giorno. Ore 10,20 di giovedì 18 gennaio, secondo piano del palazzo vecchio, stanza 118. Metto la testa dentro e
sul pavimento vedo sei pile di fascicoli ben allineati. Tutti a terra. Ripasso dopo dieci minuti, qualcuno ha chiuso
a chiave la stanza 118. Ore 10,25 di venerdì 19 gennaio, primo piano. Il corridoio è quello a sinistra, appena
dopo l'entrata. Davanti alla porta della stanza 20 c'è un pacco di carte giudiziarie, buttate lì come un sacco
dell'immondizia. Una targa sulla porta: "Segreteria della dirigenza". Ore 10,55 di venerdì 19 gennaio, secondo
piano. Il carrello è incustodito da otto minuti davanti alla stanza 110, quella che sta di fronte ai luridi cessi con le
pareti dipinte di giallo. Esce il commesso, rientra. Il carrello è sempre solo. Poi il commesso esce un'altra volta e
si avvia verso il corridoio, si ferma sull'uscio della stanza 120 dei giudici Mangano e Fanti. E, solo lì, se lo porta
dentro. Ore 10,35 di lunedì 22 gennaio, il solito commesso con la giacca a vento rossa sta entrando ancora una
volta nell'ufficio "Movimento fascicoli Repertorio Cronologico". Lascia le carte sul carrello. Ho tutto il tempo di
sbirciare. C'è un registro di passaggio fascicoli delle stanze 531 e 527. E, sotto, un foglio bianco scritto a mano
con qualche segreto in più. È "un registro di passaggio fascicoli al Pm". Ogni giorno sparisce qualcosa nel
Tribunale più grande d'Europa. I palazzi dove trovano alloggio le varie sezioni sono tre. E ci sono ingressi in
viale Giulio Cesare, in via Lepanto e in via Damiata. Ogni mattina i fascicoli vengono trasferiti non solo da un
ufficio all'altro ma anche da un luogo all'altro. C'è un furgone che trasporta le carte. È quasi sempre puntuale,
entra da via Damiata. Intorno alle 11 c'è il "carico" dei documenti che arrivano dall'Ufficio del Ruolo Generale,
che è dall'altra parte di viale Giulio Cesare. Il furgone lo guidano autisti dell'amministrazione giudiziaria, chi
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prende in mano i fascicoli spesso è anche personale di ditte esterne che hanno vinto l'appalto del trasporto. C'è
qualcuno che ha mai controllato, uno per uno, chi sono gli "scaricatori" al Tribunale civile di Roma? C'è una fila
in ogni angolo in questa "città giudiziaria" dove tutto si muove nella baraonda. Una fila è riservata solo agli
avvocati. Chiedono atti al terminale. Alcuni legali mi garantiscono che nessun impiegato ha mai voluto un
documento di riconoscimento. Li guardano in faccia e glieli consegnano. Ma che faccia hanno gli avvocati che
entrano qui? Devono avere almeno 19.200 facce diverse, tanti quanti sono gli avvocati iscritti all'Albo di Roma.
Appena qualche centinaio in meno di tutti i loro colleghi del Giappone, 20 mila avvocati su 120 milioni di
abitanti. Sono in fila anch'io. Da mezz'ora sono a turno in uno dei tre punti "Servizi ricerche telematiche". Faccio
la fila per informarmi sulla data di fissazione di un'udienza, con la data posso entrare in una cancelleria e
prelevare a colpo sicuro il fascicolo. Mi sono procurato il numero di un processo, voglio provare se lo danno
anche a me senza fiatare. Se mi dovessero chiedere qualcosa - ma non accade mai, a volte ti mettono davanti un
modulo dove uno scarabocchio vale per firma - mi presenterò come "collaboratore di studio". Tanto la delega
dell'avvocato non la pretendono. Tempo perso. Per finire la mia fila ci vuole almeno un'altra ora, mi chiamano:
c'è qualcuno che ha trovato finalmente Jimmy l'egiziano. Ricordate?, è quello sbrigafaccende che sta ogni giorno
dove "il passaggio è consentito solo al personale", quello che notifica atti delle Corti di Appello per conto degli
avvocati. Diffide. Citazioni. Ricorsi. Precetti. Decreti ingiuntivi. Pignoramenti. Jimmy l'egiziano è in mezzo alla
bolgia dei segretari che rassegnati sono lì dall'alba, ha addosso una giacca di pelle marrone e un paio di occhiali
con lenti gialle fosforescenti. Gli vado incontro e gli chiedo quanto prende per il suo lavoro, non mi fa finire di
parlare, sospettoso chiede: "Chi sei tu?". Poi cambia tono, si rilassa: "Ce ne sono tanti come me qua dentro... ".
Jimmy l'egiziano ha tre o quattro "dipendenti" che fanno la fila per lui. Ha messo su una bella impresa dentro il
Tribunale. È la prima volta da quando sono entrato in questo caravanserraglio che mi identificano come un
"estraneo". È il fiuto di Jimmy l'egiziano. Mi guardo intorno e vedo un bivacco. A terra ci sono grandi valigie
piene di documenti giudiziari. È il quartier generale delle "agenzie" per il disbrigo delle pratiche. Torno alla fila
"Servizi Ricerche Telematiche" per riprovarci. Ma è troppo lunga, fra un po' il tribunale chiude. Salgo, mi ritrovo
un'altra volta alla III sezione, quella del diritto societario. I soliti armadi aperti, i fascicoli in bella mostra. E
scopro uno strano aggeggio sopra la porta della giudice Loredana Nazzicone. È spento ma è qualcosa di sicuro
che si illumina. Busso alla porta e chiedo della giudice. Mi risponde un cancelliere: "È in maternità". Mi risponde
un suo collega: "No, è tornata ma non c'è". Chiedo dello strano aggeggio sopra la porta. Mi rispondono tutti e
due: "È un numeratore". Un numeratore come quelli del salumiere o del pescivendolo nei supermarket. La
giudice ha pensato bene di farselo montare per "regolare" le udienze. Gli avvocati di prima mattina prendono il
numero e poi aspettano. Chi arriva in ritardo alla chiamata della Nazzicone perde il posto in fila. E passa per
ultimo. È l'organizzazione della giustizia fai-da-te nel Tribunale di Roma. Esco dal palazzo di viale Giulio Cesare
54 b ed entro nel palazzo di via Lepanto 4, la Lavoro. È ancora più popolata delle altre sezioni, c'è ancora più
confusione, più rumore, più promiscuità nelle aule di udienza. Una cancelleria deserta e colma di documenti
l'hanno trasformata in una "sala fumatori", i giudici non hanno assistenti, a riempire i verbali sono avvocati
sempre più incazzati. Uno di loro la sera di mercoledì scorso mi ha dato una dritta: "Deve andare alla sezione
Lavoro della Corte di Appello, si tiene un'udienza a settimana. È uno spettacolo, non se lo perda". Giovedì 18
gennaio mi presento a Piazzale Clodio, in un'avveniristica costruzione di vetro e cemento dove c'è la prima
sezione Lavoro delle Corti di Appello. Fuori da una grande aula pendono lunghissime strisce di carta, la lista dei
processi del giorno. In quella udienza sono 233. In fondo all'aula c'è un tavolo lungo, è coperto, uno sopra l'altro i
fascicoli formano pile alte più di 80 centimetri. Sento una voce, del presidente Silvio Sorace riesco però a
intravedere solo la fronte. Il resto del suo volto e del suo corpo sono nascosti da un muro di faldoni. È così ogni
giovedì mattina. Duecento, duecentotrenta, duecentocinquanta cause per udienza. Sto per uscire dal Tribunale di
piazzale Clodio e mi fermo alla bacheca. C'è un manifesto, lo leggo. Dopo tutto quello che ho visto al Tribunale
civile di Roma, mi sembra uno scherzo. È l'annuncio di un convegno: "Le scienze forensi alle soglie del terzo
millennio"
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LA REPUBBLICA
L’emergenza da Milano a Bari. Via alle ispezioni. Gli avvocati: non è difficile fare sparire i fascicoli
Tribunali suk, allarme in tutta Italia
“Code, ritardi e poco personale”
Martedì i cancellieri convocati dal garante della Privacy
ROMA — Milano come Roma, il suk in tutta Italia. Fascicoli incustoditi, con dentro il cause di lavoro,
divorzi, fallimenti, il privato esposto al pubblico. La prossima settimana partono le ispezioni, quelle del
ministero e del Garante della privacy, che martedì prossimo comincerà le audizioni dei cancellieri del
tribunale
di Roma che avevano inviato denunce all’Authority. Ma ‘e già stato varato un protocollo sulla sicurezza
che riguarda tutta la penisola. Anche a Milano i corridoi del tribunale civile sono disseminati di faldoni.
Mancano gli armadi, manca il personale necessario all’archiviazione dei fascicoli. Nella sua relazione
sulla giustizia milanese il presidente Genchi fornisce un dato drammatico: tra malattie, permessi, posti
vacanti, rapporti di lavoro part time, ogni giorno su dieci dipendenti se ne presentano quattro. Milano
chiama Bari. Anche qui i fascicoli non entrano più in archivio, così vengono accatastati in armadi e
scaffali che tappezzano i corridoi. Incustoditi. «Non è difficile sottrarre le carte, anche se qui va un po’
meglio rispetto a Roma», dice Niki Muciaccia, uno degli avvocati che tre anni fa ha promosso una
raccolta di firme per denunciare il suo suk. Quello con trentaseimila cause pendenti. La situazione più
critica è al piano ammezzato del palazzo di giustizia di piazza De Nicola. Sono gli uffici e le aule del
tribunale del lavoro di Bari. Dove i fascicoli si accumulano sui tavoli.
Al tribunale civile di Genova era stato annunciato il miracolo. L’introduzione del sistema informatico
avrebbe dovuto consentire ai legali la consultazione on line. Purtroppo finora la rivoluzione tecnologica
ha provocato solo ritardi. Gli avvocati che avevano sborsato circa 240 euro per installare negli studi
professionali il nuovo sistema (software e smart card) hanno scoperto
nei giorni scorsi
che il program- j, ma di lettura è j cambiato. Dunque non resta che continuare a mettersi in fila e fare la
coda negli uffici dell’Ordine, dove ci sono soltanto due terminali. Risultato: per dare un’occhiata a un
fascicolo un legale ci mette il doppio del tempo di quando poteva rivolgersi a una cancelleria. Ma
questo è un successo. Arrivato dopo la scoperta, qualche anno fa, di un caso strano e un po’ noir: qual’è
uno appassionato di tiro a segno, armato di pistola, usava le vecchie pratiche del tribunale fallimentare
come bersaglio. La bolgia a Palermo, la paralisi a Napoli. Nella città del Golfo è in corso il trasloco
dalla vecchia sede di Castelcapuano alla nuova del Centro direzionale. La giustizia civile si è
semplicemente fermata. Il ministero ha intimano che il trasferimento dovrà concludersi entro febbraio.
L’introduzione del sistema informatico al tribunale di Firenze ha ridotto la quantità di fascicoli smarriti.
All’ufficio copie però se uno arriva alle 9 del mattino, prende il numero 90. Ed solo il buon giorno.
(e. v.)
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Luigi Scotti, sottosegretario alla Giustizia, fino all’anno scorso guidava il tribunale capitolino
“A Roma siamo tornati indietro pochi fondi, troppa rassegnazione”
ROMA — Al sottosegretario alla Giustizia, Luigi Scotti, la parola suk accostata al tribunale civile di Roma non
piace. «I problemi esistono e si sono aggravati. Ma non esageriamo». Ieri alla inaugurazione dell’anno
giudiziario romano per la prima volta è stato dall’altra parte, quella del governo. Fino all’anno scorso stava con
le toghe. 11 caos al tribunale di Roma, lo conosce bene. Era Lui a guidare il più grande ufficio giudiziario
d’Europa.
Lei per nove anni è stato il presidente del tribunale di Roma. Di tanto degrado al “civile” non si sente un pò
responsabile? «Nessuno nega le difficoltà denunciate dal vostro quotidiano. I problemi c’erano e ci sono. Ma
alcuni erano stati risolti. Per esempio acquistai 180 locali in più. Alla sezione lavoro i fascicoli stavano per terra
e sono riuscito ad ottenere nuovi uffici. Adesso si è tornati indietro. Forse perché non c’è più un presidente
cattivo».
Perché «si è tornati indietro»? «Forse è subentrata la rassegnazione dovuta alla mancanza di fondi. Non bisogna
però entrare nella logica del naufrago, che pensa che non ci sia più niente da fare. Dobbiamo continuare a
remare. La giustizia è un servizio e il cittadino vuole, ha bisogno che funzioni. Capisco che perla gente le nostre
carenze di organico i problemi strutturali siano un tormentone. La giustizia deve funzionare. O ci industriamo e
tutti ci ingegniamo o passeranno ben altre riforme. Se non rispettiamo i termini qualcuno introdurrà la
discrezionalità dell’azione penale. Questo è il pericolo».
Voi che riforme state preparando? «Due proposte per interventi immediati nei settori penale e civile saranno
presentate a breve al consiglio dei ministri».
Immagino che si punti ad abbattere i tempi dei processi. Il Guardasigilli Mastella dice cinque anni in tutto. Non
è facile crederci. «Vogliamo farcela. Alla espressa previsione di un obbligo di lealtà per l’intera durata del
processo devono corrispondere sanzioni processuali più incisive. Il codice di procedura civile sarà modificato nel
senso di attribuire al giudice la responsabilità e al tempo stesso il governo del processo».
Nel disegno di legge che andrà in consiglio dei ministri quali altri interventi sono previsti per
ridurre la durata del processo civile? «La tendenziale unificazione dei riti. Per esempio nel “societario” si sono
sviluppati sei sotto- riti. Che senso ha? la modifica degli articoli 181 e309 del codice, affinché l’assenza delle
parti in udienza determini immediatamente la cancellazione della causa dal ruolo, per ovviare ad uno dei motivi
più frequenti di allungamento dei processi. E ancora l’introduzione del procedimento sommario non cautelare per
di consentire una procedura semplificata e veloce, Infine la riduzione dei termini della sospensione feriale».
Tuttavia la situazione del tribunale civile di Roma rimane al collasso. «I fatti denunciati dal vostro giornale sono
veri ma vanno ridimensionati. Il tribunale civile merita delle attenuanti. Nelle stanze degli ufficiali giudiziari che
sono molto aperte, si sa, c’è un po’ di confusione. Va considerato che in un’altra ala del tribunale ci sono dei
lavori di ristrutturazione e i fascicoli sono stati accantonati Senza essere chiusi in una stanza. Tuttavia si tratta di
processi non in corso, I problemi ci sono ma la situazione non è catastrofica. Roma è nella media».
Altrove è peggio? «Per esempio Roma è sotto con il personale del dieci percento, a Milano sono sotto del
quindici».
Per lei la cura al suk è nella riforma? «Sì. Anche se questo governo non ha la bacchetta magica. Nei precedenti
sei anni l’impegno di spesa perle cancellerie dei tribunali si è abbassato del cinquanta per cento. Grazie alle urla
del Guardasigilli, il ministero è riuscito a ottenere 260 milioni in più, 240 sono serviti per coprire i debiti».
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
DIRITTO E GIUSTIZIA
Penalisti in agitazione per la situazione di "sconcertante gravità" nel pianeta
giustizia
Una dura critica all’attuale sistema “politico-culturale” che sta disegnando una linea di politica della
giustizia decisamente allarmante. I vertici dell’Unione delle camere penali italiane attaccano tutti e
proclamano lo stato di agitazione. Governo, settori parlamentari, Associazione nazionale magistrati,
Consiglio superiore della magistratura e Corte costituzionale, tutti sotto accusa per aver impresso
«all’ordinamento giudiziario, all’ordinamento professionale forense e alle leggi penale e processuale
una direzione di prevaricazione dello Stato sui diritti delle persone e sulla giustizia giusta». Con un
documento durissimo, il presidente Oreste Dominioni e Renato Borzone criticano non solo l’operato del
ministro della Giustizia, del sindacato delle toghe, ma anche due istituzioni come l’organo di
autogoverno e la Consulta. Il Guardasigilli è troppo appiattito sulle posizioni dell’Anm, mentre le sue
idee per velocizzare i processi sono ritenute burocratiche e basate sul sacrificio delle garanzie. Per non
parlare poi della riforma delle professioni che «prefigura un avvocato debole, sottomesso e
dequalificato». Nè è piaciuta l’idea del disegno di legge sul negazionismo (vedi tra gli arretrati del 26
gennaio) che secondo l’Ucpi «sembra voler reimmettere nel sistema penale l’ideologia dei reati di
opinione».
Come ha dimostrato il convegno della settimana scorsa, secondo i penalisti «la linea della separazione
delle carriere sta prendendo sempre più forza nel dibattito politico e culturale e nessun progetto di
riforma la può ignorare».
Per quanto riguarda poi la pronuncia della Consulta sulla legge Pecorella, «si tratta di una sentenza
politica che riporta indietro alle sentenze d’ispirazione vetero inquisitoria dei primi anni ‘90».
Tutti fattori che suscitano «profonde preoccupazioni» e che delineano una situazione di «sconcertante
gravità» che richiede «un’azione decisa di contrasto».
Ribadendo la disponibilità al confronto e all’interlocuzione, l’Ucpi ha proclamato dunque lo stato di
agitazione dell’avvocatura penale «riservandosi ogni più opportuna iniziativa per la tutela dei diritti
costituzionali nel processo».
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Unione delle Camere penali italiane
Contro la politica della restaurazione per superare la crisi della giustizia
Documento della Giunta approvato il 25 gennaio 2007
Governo, settori parlamentari, Anm, Csm e Corte costituzionale convergono su un medesimo programma:
imprimere all'ordinamento giudiziario, all'ordinamento professionale forense e alle leggi penale e processuale
una direzione di prevaricazione dello Stato sui diritti delle persone e sulla giustizia giusta.
Si tratta di sinergie in parte deliberate e in parte originate da comuni matrici politico-culturali che stanno
disegnando una linea di politica della giustizia decisamente allarmante.
Le ipotesi di velocizzazione dei processi avanzate dal Ministro Mastella sono fondate su idee burocratiche che,
oltre a essere del tutto implausibili, disconoscono la ragionevole durata del processo che, come diritto
dell'imputato, non può basarsi sul sacrificio delle garanzie.
Tutto ciò rischia di essere soltanto un paravento dietro il quale nascondere l'incapacità dello Stato di predisporre
le necessarie strutture organizzative.
In mancanza di seri investimenti di uomini e risorse verrà compromesso ulteriormente l'esercizio della funzione
giurisdizionale e di quella difensiva intaccando le garanzie o, per dirla con il linguaggio altrui, quegli “orpelli” e
“bizantinismi” che minerebbero l'”efficienza” del processo penale.
La strumentalizzazione di una disciplina irragionevole della prescrizione dei reati è un segnale sin troppo
evidente della concezione che trasforma la durata ragionevole del processo in giustizia superficiale, frettolosa e
sommaria.
Le modifiche dell'ordinamento giudiziario insistono nell'appiattimento sulle prospettazioni dell'Anm ed anzi
segnali di aperturismo politico minacciano l'accoglimento di ulteriori rivendicazioni che sono avanzate in modo
sempre più martellante dalla stessa Anm.
Viene messo in campo un progetto di matrice autoritaria, statalista ed illiberale che delinea la “magistratura”
come potere autocratico, autogovernato ed autoreferente, forte ed invasivo, in grado di dettare le regole della
politica giudiziaria del Paese, di influenzare gli apparati amministrativi, di esercitare di fatto una funzione
impropria e condizionante nello stesso processo penale.
L'unicità delle carriere costituisce solo un aspetto, ancorché il più rilevante, della cultura marcatamente
inquisitoria che permea di sé l'intero progetto riformatore, ma sono esemplari, anche sul piano semantico, il
riferimento ivi contenuto al “circuito dell'autogoverno”, la marginalizzazione degli apporti di figure istituzionali
diverse dai magistrati, la soppressione di qualsivoglia attività di giudizio ai fini della valutazione del magistrato
da parte della Scuola in favore del Csm.
La linea della separazione delle carriere sta prendendo sempre più forza nel dibattito politico e culturale e nessun
progetto di riforma la può ignorare.
Il Csm ha preso posizione sui processi che hanno per oggetto reati suscettibili di indulto, promovendo e
legittimando “criteri di priorità” che li accantonino, secondo una sconcertante concezione per cui il processo è
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utile non tanto per accertare il fatto, ma solo se può mettere capo a una pena concretamente da scontare.
Il disegno di legge-delega per la riforma della legge professionale prefigura una figura di avvocato debole,
sottomesso e dequalificato.
Incalza la prospettiva di legittimare un'avvocatura culturalmente debole e professionalmente squalificata, per
marginalizzarne la funzione nel processo e consegnare quest'ultimo all'autorità del Giudice “Signore del giudizio
e del diritto”.
Dimentichi dell'imprescindibile ruolo dell'avvocato come “tutore” delle garanzie e della stessa sopravvivenza
dello stato di diritto, si disegna e si vuole un'avvocatura assoggettata ad una logica mercantilistica, resa
“ostaggio” del cliente forte, privata della dignità della propria funzione, squalificata nella propria professionalità,
e dunque incapace di dar voce alle istanze di giustizia.
L'ipotesi di un nuovo “reato di negazionismo” sembra voler reimmettere nel sistema penale l'ideologia dei reati
di opinione.
La sentenza costituzionale sulla legge Pecorella ha negato il diritto dell'imputato, in caso di condanna, alla
“doppia conforme”, riconosciuto dal Patto internazionale di New York, ratificato dall'Italia nel 1977 e che è
dunque legge dello Stato.
Si tratta di una sentenza politica che riporta indietro alle sentenze d'ispirazione vetero inquisitoria dei primi anni
'90.
Tutti questi fattori, assieme ad altri d'uguale importanza, non sfuggono all'Ucpi per una valutazione politica
complessiva, che suscita profonde preoccupazioni.
Una tale situazione, di sconcertante gravità, richiede un'azione decisa di contrasto.
Nessuno può supporre che l'Avvocatura penale sia una componente marginale o emarginabile dal mondo della
Giustizia e dalla elaborazione delle soluzioni da apprestare per cominciare ad uscire dalla situazione di grave
crisi che, se si persiste sulla strada prospettata, verrà portata fino al punto di non ritorno.
Deve essere riconosciuto che l'avvocatura penale tutela i diritti costituzionali delle persone di fronte allo stato.
L'Ucpi, ribadendo la propria volontà di confronto e interlocuzione, proclama lo stato di agitazione
dell'avvocatura penale riservandosi ogni più opportuna iniziativa per la tutela dei diritti costituzionali nel
processo.
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Occorrono riforme ponderate, non fughe in avanti prive di sostegno
di Bruno Spazzini - Segretario Generale Associazione nazionale forense
La relazione del Ministro Mastella, esposta in Parlamento avanti a 25 presenti (sarà questo il livello di attenzione
della politica?), pur condivisibile negli obiettivi e nelle intenzioni, suscita notevoli perplessità quando arriva
all’enunciazione pratica e cerca di adattare gli strumenti ai fini.Il vizio è tipico della politica italiana: si presenta
un bel progetto, si danno obiettivi ambiziosi, senza però conoscere esattamente la possibilità di concreta
realizzazione, mancando l’esatta valutazione dell’impatto pratico del provvedimento legislativo.La logica del
blitzkrieg (o guerra lampo) è un’arte militare che, per avere successo, deve portare al consolidamento della rapida
avanzata sull’obiettivo, e ciò presuppone la conoscenza sia della capacità e qualità del proprio esercito, sia del
campo di battaglia.Diversamente si determina una fuga in avanti che, in attesa che l’intendenza e la logistica
arrivino a supporto del blitz, isola l’avanguardia e porta alla sconfitta.L’idea che la tecnica del blitzkrierg sia
applicabile anche per risollevare l’attuale stato della giustizia evidentemente confida più sulla capacità
taumaturgica della volontà legislativa che sulla concreta possibilità di risposta di una macchina organizzativa
complessa come quella giudiziaria.Mentre, sul piano della riforma dell’ordinamento giudiziario le modifiche
proposte coincidono in buona parte con quelle che Anf ha sempre indicato nei suoi documenti ufficiali e
confermato in sede congressuale, gli interventi sul processo civile sono in larga misura discutibili,
particolarmente se si ha, come il ministro dice di avere, l’interesse del cittadino come stella polare della propria
azione.In attesa di conoscere nel dettaglio le singole disposizioni,e con la delusione di dover constatare che i
principali nodi da sciogliere- numero dei giudici togati; status dei giudici onorari; geografia giudiziaria; pluralità
dei riti- non sono neppure menzionati, mentre si tocca ancora una volta il modello processuale, può affermarsi
che il processo che si prefigura sia un processo autoritario, con valorizzazione dei poteri del giudice sia nella
programmazione e direzione del procedimento sia nell’opzione conciliativa; in cui si prosegue la tendenza alla
sommarizzazione; in cui l’intervento dei giudici onorari è più intenso, mentre, per contro, il controllo diminuisce,
con la “chiusura” dell’appello ad una nuova valutazione nel merito. Insomma,gli interessi dei cittadini, che non
riguardano solo i tempi del processo ma anche le garanzie, non sembrano granché tutelati dal programma
ministeriale che come al solito,prevede ostacoli tagliole e penalizzazioni per le parti e per i difensori. Solo
illusoria, infatti, appare l’efficacia della determinazione preventiva e vincolante della durata di ciascun processo
e della udienza di programma che, par di capire, dovrebbe portare, nel caso di inosservanza dei termini prefissati,
ad una sanzione tanto dei difensori che dei magistrati.Chi conosce la macchina giudiziaria sa già che il
Magistrato difficilmente sarà sanzionato, proprio perché la durata del singolo processo è difficilmente
determinabile a priori, in quanto dipende da una serie di fattori che riguardano anche soggetti diversi dal giudice
e dagli avvocati (consulenti, testimoni, interpreti). Inoltre si ignora che, finché non saranno risolti i nodi del
numero, del carico e delle sperequazioni geografiche del carico dei magistrati, nella grande maggioranza dei
Tribunali l’agenda quotidiana di un magistrato civile continuerà a contenere, oltre alle cause di cognizione
ordinaria, anche le trattazioni dei procedimenti cautelari, le camere di consiglio sui reclami, le applicazioni ed
altra sezione, ecc.Il risultato sarà che, nella pratica, preclusioni e decadenze opereranno solo per le parti, mentre
per il magistrato le sanzioni saranno solo eventuali.Ancora illusoria è l’efficacia dell’abbreviazione dei termini
feriali a 30 giorni se gli uffici, come accade ora, riducono l’attività per almeno 15 giorni prima e dopo,
garantendo una operatività minima e se comunque, i magistrati hanno il diritto di effettuare le loro ferie. Con
riserva di una più attenta analisi all’esame del provvedimento legislativo, è opportuno e urgente soffermarsi su
un punto che si ritiene assolutamente inaccettabile, e cioè la previsione di una nuova eliminazione dell’arretrato
attraverso giudici onorari “cottimisti.”In sostanza una riedizione delle sezioni stralcio di buona,si fa per dire,
memoria.In una lettera aperta al Ministro della Giustizia il dott. Braccialini, magistrato in Genova, ha ben
esposto molte delle perplessità comuni alla maggioranza degli operatori, siano essi avvocati o magistrati, sulle
sezioni stralcio affidate alla magistratura onoraria. Vanno aggiunte alcune brevi considerazioni.Il recente
convegno organizzato da Anf sulla legge Pinto ha confermato, dati statistici alla mano, come il maggior numero
delle condanne siano derivate da cause assegnate allo stralcio, che, lungi da avere avuto un effetto deflativo, ha
ulteriormente allungato i tempi del processo, con conseguente onere risarcitorio a carico dello Stato.Il problema
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si è riverberato nei giudizi di appello il cui numero, proprio per l’aumento delle impugnazioni delle sentenze rese
dai Goa, si è incrementato in misura considerevole.E forse non è un caso se nelle intenzioni del Ministero,
accanto alla costituzione delle sezioni stralcio, vi sia una maggior rigidità di accesso all’impugnazione di merito,
quasi a evitare, come per il passato, che l’onda lunga si sposti dal primo al secondo grado.Una decisione
preclusiva purché sia, sembra la logica ispiratrice del blitzkrieg, e ciò a scapito dei cittadini che dovrebbero avere
tutti la stessa dignità di fronte alla legge: pazienza, quindi, per chi vedrà assegnata la propria situazione a
magistrati non professionisti per il solo fatto di avere una causa più datata di cui non è certo responsabile.
La magistratura onoraria ha certamente grandi meriti, ma la sua utilizzazione istituzionale, al di fuori di un
corretto ripensamento dei circuiti della giurisdizione e dei diritti giustiziabili, appare un rimedio peggiore del
male nella misura in cui il suo abuso delegittima la magistratura ordinaria, perché se a tutti è concesso di
conoscere tutto, in una equivalenza di ruolo e funzioni, viene degradato il ruolo istituzionale della Magistratura
togata. La previsione di un giudice popolare, anche eleggibile, con percorsi formativi e di cooptazione comuni
appartiene a sistemi diversi dal nostro. l ricorso “ordinario” ad uno strumento straordinario, sia consentito il
gioco di parole, pone anche seri problemi di costituzionalità per il diritto di ogni cittadino di essere giudicato con
le regole fissate dalla Carta delle leggi. l ruolo della Magistratura onoraria va ridefinito, anche con riferimento a
modelli stranieri, (ad es. l’esperienza francese con i tribunali specializzati a composizione mista), nella
consapevolezza che questa possa svolgere una funzione propria all’interno della giurisdizione, e non come mera
forza lavoro a costo zero. er la magistratura onoraria, Anf lo dice da sempre, vanno pensate nuove regole:sui
criteri di reclutamento; sulla formazione; sulla durata dell’incarico, sulle incompatibilità; sulla terzietà, in modo
che di questi soggetti , cui vorrebbe affidarsi gran parte del contenzioso, venga assicurato un minimo standard di
qualità. n materia penale la sensazione di impotenza di fronte all’arretrato giudiziario appare evidente là dove si
vede che circa due milioni di procedimenti ( ultimi dati del Ministero per il primo semestre del 2006) giacciono
presso le Procure con indagini concluse e in attesa di una destinazione.In grossi Tribunali il tempo di un
procedimento in “fase di indagini” è di circa cinque anni. Si dovrebbe consentire la rapida celebrazione del
processo dopo gli adempimenti di cui all’articolo 415bis Cpp e non consentire giacenze, in attesa della sospirata
fissazione della prima udienza o del decreto di archiviazione, per tanti anni. nterventi deflativi nel processo,
riduzione dei termini di prescrizione dei reati e/o presunti sbarramenti successivi al primo grado di giudizio
avrebbero riflessi opinabili per l’esercizio compiuto del diritto di difesa e non risolverebbero il problema a
monte : la lunghissima “ fase di indagini”, la cosiddetta attesa di fissazione della prima udienza o il decreto di
archiviazione. n tale fase accade, altresì, che una richiesta di archiviazione giunga in esame al Gip e permanga
per circa un anno senza alcuna risposta: il processo ancora non è iniziato e sono passati gli anni. nfine due
osservazioni generali: i progetti governativi non chiariscono come si incida sul modello organizzativo
complessivo, dalla definizione dei ruoli di governo dell’articolazione territoriale alla previsione di
razionalizzazione delle risorse, umane ed economiche, nella evidente convinzione che la risoluzione (ipotetica)
del problema sia rimessa ai meri aspetti processuali.La seconda delle osservazione è legata alla realtà quotidiana,
esempio di come lo scontro tra la bontà delle intenzioni legislativa e la prassi applicativa renda disilluso ogni
operatore di fronte alle difficoltà generate da usi inveterati, resistenze corporative, scarsezza di mezzi umani ed
economici, cioè tutto quello che appartiene alla normale routine. o spunto è fornito dalla recente riforma delle
esecuzioni che, per quanto riguarda quelle mobiliari, ha attribuito agli Ufficiali Giudiziari ampi poteri di indagine
per ricostruire il patrimonio del debitore.La fase esecutiva dovrebbe essere molto importante, perché attraverso di
essa lo Stato realizza la capacità di rendere concreto il comando astratto del provvedimento giudiziario. Si
consideri, inoltre, che la modifica della legge fallimentare, nell’innalzare la soglia di fallibilità, ha rimesso alle
procedure espropriative il ruolo recuperatorio dei crediti in sofferenza (delle imprese, ma anche dei privati): il
successo, o meno, del nuovo processo esecutivo avrà un immediato riflesso macroeconomico che sarà virtuoso
(certezza di recupero in tempi brevi, possibilità di utilizzare maggiormente il credito bancario, ecc.) o meno
(difficoltà di liquidità, contrazione delle vendite e dei consumi, ecc.).Ebbene, a distanza di quasi un anno, in
molti Uffici Unep (Uffici notificazioni esecuzioni e protesti, altra categoria da liberalizzare…) la riforma è
rimasta lettera morta: le indagini patrimoniali non si fanno, perché non è stata determinata dal ministero la
relativa indennità; le fotografie non si allegano perchè nessuno vuole sostenerne il costo, ecc. Il tutto nella
singolare idea che ciò possa essere tranquillamente fatto senza censura o sanzione pratica, essendo la doglianza
già giustificazione del mancato funzionamento.Non vorremmo, ancora una volta, che l’intento acceleratorio si
esaurisca nell’enunciazione del testo di legge: meglio, allora andare un po’ più piano, ma lontano!
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ITALIA OGGI
L'intervento
Riforma professioni, c'è qualcosa da correggere
di Sergio Gambini- Coordinatore dipartimento economia e lavoro DS
Nell'agenda politica e parlamentare i nuovi provvedimenti recentemente varati che dovrebbero segnare l'avvio di
una fase di profonde riforme e di modernizzazione del paese, si aggiungono a due importanti disegni di legge già
all'attenzione del parlamento: la riforma dei servizi pubblici locali, in commissione al senato, quella delle
professioni alla camera dei deputati. Se per il primo si attende la presentazione da parte del ministro
dell'emendamento che dovrebbe conferire all'iter parlamentare la necessaria accelerazione, per il secondo occorre
che il testo più volte annunciato e varato del consiglio dei ministri ormai due mesi fa, venga finalmente inviato
alle competenti commissioni parlamentari alla camera, che già stanno esaminando diverse proposte di iniziativa
parlamentare sullo stesso argomento. Non può sfuggire a nessuno che questa è la condizione indispensabile per
dare alla proposta del governo la centralità che le spetta. D'altra parte quella centralità rappresenta la prima
garanzia che l'iter della legge abbia tempi accettabili, vista l'urgenza della riforma. La proposta Mastella, almeno
nel testo finora conosciuto, tiene assieme due punti decisivi: una profonda riforma del sistema ordinistico che
consente al mondo delle professioni italiane di modernizzarsi ed aprirsi agli ordinamenti più consolidati in
Europa ed il varo di un sistema duale. A fianco delle professioni che resteranno legate alla struttura ordinistica,
viene promossa la regolamentazione della vasta platea delle nuove professioni attraverso la costituzione di
associazioni. Una riforma che permetterà la fuoriuscita da quella terra di nessuno, nella quale esse sono relegate
da troppi anni. È una normativa che riprende il percorso interrotto della riforma Fassino e che pone al centro il
consumatore dei servizi professionali, sia come singolo cittadino portatore di una domanda sempre più forte ed
esigente, sia come sistema di imprese che affida alla loro qualità e concorrenzialità un ruolo decisivo nelle sfide
competitive che ci attendono. La proposta ha già raccolto l'apprezzamento e l'interesse delle associazioni che
rappresentano le nuove professioni, del movimento consumeristico, dei sindacati dei lavoratori. Non altrettanto
può dirsi dei vertici degli ordini professionali che si sono finora espressi in modo decisamente critico. La
sensazione però è che, fino ad ora, il rifiuto della proposta da parte degli ordini sia stato di fatto pregiudiziale. La
somma di diversi elementi critici, ha impedito l'emergere delle posizioni, peraltro ben testimoniate nel passato,
non ostili ad una riforma. Alla base di ciò vi sono anche veri e propri equivoci sugli obiettivi di un intervento
legislativo che non nasce certamente per penalizzare il mondo delle professioni ordinistiche, un patrimonio
prezioso ed insostituibile per l'intero paese. È perciò necessario che inizi al più presto l'iter parlamentare. Solo
dal confronto possono essere infatti fugati gli equivoci o corrette le formulazioni che interpretano malamente i
veri obiettivi della proposta di legge. Due esempi tra per capirci. Il testo, a mio parere, non dovrebbe prestarsi ad
equivoci circa la certezza che i percorsi professionali finora svolti da ciascun professionista, attestino
automaticamente l'idoneità a proseguire la professione anche nel nuovo regime definito dalla riforma. Tuttavia
questo punto è fonte di grande preoccupazione tra molti che dubitano di alcune formulazioni. Non credo ve ne
sia bisogno, tuttavia nulla può impedire la verifica e la correzione di quelle formulazioni proprio perché la
proposta non ha mai inteso mettere in discussione questo decisivo punto. Al contrario mi appare fin da ora
evidente la necessità di correggere i commi che di fatto prevedono, una volta approvata la legge, la decadenza
degli attuali vertici degli ordini professionali. Gli estensori, con ogni probabilità, non si sono resi compiutamente
conto che la somma di diversi dispositivi presenti nel testo avrebbe prodotto questo risultato decisamente
controproducente. È evidente che non si può richiedere ed ottenere un confronto costruttivo, come è quello
necessario per l'approvazione di una riforma così importante, da interlocutori che vengono delegittimati dalle
norme proposte.
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