Allergia o intolleranza?

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Allergia o intolleranza?
PEDIATRIA
A cura di Lucio Armenio *
Allergia
o intolleranza?
Le reazioni avverse agli
alimenti nell’età pediatrica.
arrivo della bella stagione è generalmente
considerato il periodo di esplosione delle
all’alimento.
manifestazioni cliniche (orticaria, rinite,
La stima della reale incidenza delle reazioni avverse
congiuntivite, asma, diarrea, vomito, eczema,
agli alimenti varia consistentemente da casistica a
etc.) nella popolazione sempre più folta degli allergopatici.
casistica a causa delle molte variabili che concorrono al
Se tale opinione ha, alla nostra latitudine, un fondo di
determinismo di tale patologia e fra queste certamente ha
verità se riferita ad adulti con patologia allergica
un ruolo importante la fascia di età presa in considerazione.
respiratoria (rinite, asma), è molto meno veritiera se ci si
In risposta ad un questionario somministrato ad una coorte
riferisce all’età pediatrica in quanto nei bambini con
di adulti, il 10-25% degli intervistati ha affermato di essere
patologia allergica respiratoria la sensibilizzazione
sofferente di allergia ad alimenti, mentre
prevalente è nei riguardi dell’acaro della
solo l’8% di questi mostrava ai controlli
polvere domestica (dermatofagoide); nel
Quella alle
la presenza di IgE circolanti per allergeni
bambino allergopatico di età inferiore ai
proteine del latte
alimentari e meno dell’ 1% risultava
2 anni le allergie respiratorie sono molto
vaccino è
positivo ad un test di esposizione
meno frequenti rispetto a quelle alimentari
l’intolleranza più
all’alimento sospetto. In un’ampio
per le quali gli organi “bersaglio” sono
comune
campione di bambini non selezionati
prevalentemente cute ed apparato
seguiti con osservazioni periodiche per
gastroenterico.
l’arco di tre anni, nel 28% dei casi i genitori
In un’era come la nostra, nella quale
riferivano reazioni avverse agli alimenti, ma di questi solo
il sospetto della natura allergica sorge per qualsiasi piccola
l’8% aveva sintomi se esposto con modalità “in doppio
o grande manifestazione cutanea o generale, limitandosi
cieco contro placebo” (cioè a somministrazione mascherata
al capitolo pur vasto delle reazioni avverse ad alimenti,
di alimento senza che il paziente o i suoi genitori ed il
si rende necessario fare chiarezza sui termini ai quali si
medico osservatore ne conoscano la reale composizione)
fa riferimento. In questo ambito infatti è necessario
all’alimento sospetto.
distinguere reazioni di natura allergica [cioè sostenute
da un meccanismo immunitario, sia esso legato ad
Approccio diagnostico all’allergia alimentare
elaborazione in quantità eccessiva di anticorpi IgE
(“atopico”), sia a meccanismi immunitari più complessi
coinvolgenti direttamente le cellule immunitarie e/o più
• Indagine anamnestica accurata.
meccanismi immunitari contemporaneamente] da quelle
• Prove cutanee con estratti del commercio o con
di tipo non allergico, cioè non immunologico come quelle
alimento fresco (prick, prick by prick, patch) e sue
da carenza congenita o più frequentemente acquisita di
componenti. Oppure, in alternativa, ricerca delle IgE
enzimi (es. deficit di lattasi e quindi intolleranza al lattosio),
specifiche per alimenti (RAST CAP-system o simili).
a quelle dovute a caratteristiche farmacologiche di
componenti dell’alimento responsabile (cefalea da tiramine,
• Dieta di deprivazione dell’alimento sospetto per 3-4
settimane.
manifestazioni pseudo-allergiche da alimenti ricchi di
istamina e/o istamino-liberatori), a quelle di ordine
• Prova di esposizione (challenge) all’alimento sospetto
immunologico, ma con componente almeno in parte autoin aperto o meglio in doppio cieco contro placebo (vedi
aggressiva auto-immunitaria (es. malattia celiaca) ed infine
testo) in ambiente protetto.
a quelle legate ad una vera e propria idiosincrasia
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Si tratta evidentemente di una patologia sovrastimata e
tale sopravalutazione comporta non solo false diagnosi, ma
soprattutto provvedimenti terapeutici inadeguati ed a rischio
per le conseguenze nutrizionali.
I sintomi ed i quadri clinici riferibili a tale patologia
possono essere molto vari o anche variamente associati.
Le manifestazioni gastrointestinali (vomito, diarrea,
coliche addominali, gastrite, gastroenterite eosinofila, enterite,
proctite, colite, etc.) sono molto frequenti.
Nel bambino, in particolare nel primo biennio di vita,
sono frequenti le manifestazioni cutanee (dermatite atopica,
ma anche orticaria, angioedema), mentre i sintomi respiratori
(rinite, asma) sono molto più rari.
Anche i sintomi di coinvolgimento dello stato generale
sono frequenti: arresto della curva ponderale, inappetenza,
irritabilità, insonnia; particolarmente temibile è lo shock
anafilattico, situazione di assoluta emergenza in ambito
allergologico.
La dermatite atopica (D. A.) è una delle manifestazioni
cutanee che frequentemente interessa il bambino nel primo
anno di vita (7-8 % dei nati) in cui l’allergia alimentare può
avere un ruolo causale o concausale. Può non significa
deve: gli studiosi dell’argomento sono molto lontani dal
raggiungere un accordo sulla reale incidenza del rapporto
di causa ad effetto fra alimento (in particolare le proteine
del latte vaccino) e D. A.: in letteratura la incidenza varia
dal 7 all’80% circa a seconda degli autori.
Tali stridenti disparità di opinioni sono dovute in parte
all’accuratezza dell’iter diagnostico adottato, ma anche alla
obiettiva constatazione che la D. A. si manifesta con quadri
clinici molto diversi per entità e distribuzione delle lesioni
anche in funzione di variabili ambientali, geografiche, di
abitudini alimentari e di vita, di razza, di condizioni socioeconomiche, etc.. È quindi fortemente criticabile la decisione
di sospendere l’allattamento con latti adattati o peggio
ancora con latte materno in lattanti con D. A., nella
presunzione che “ il latte sia la causa della dermatite”. Il
problema deve essere affrontato criticamente e con rigore
scientifico.
Dieta priva di proteine del latte vaccino
Alimenti proibiti:
• Latte fresco, evaporato, in polvere, condensato.
• Yogurt, frappès, gelati, panna.
• Formaggi di qualsiasi tipo.
• Burro, margarina non esclusivamente vegetale, salse
preparate con latte, mayonnaise in commercio.
• Torte, pasticcini confezionati con latte, burro o panna, creme
o cioccolata al latte.
• Misture del commercio per dolci o budini.
• Carni, salsicce, hamburgers in commercio già pronti o in
scatola, minestre già confezionate.
• Biscotti del commercio non specificatamente preparati.
• Pastine dietetiche per lattanti non dichiaratamente prive di
latte. Si può usare la pasta comune usata per adulti nei
formati più piccoli.
• Preferire i liofilizzati agli omogeneizzati, controllando sempre
la assenza di latte.
Attenzione alle etichette:
È buona abitudine leggere accuratamente le etichette che
riportano la composizione dei prodotti alimentari in commercio;
se è indicato uno o più dei seguenti componenti il prodotto
deve essere evitato:
• caglio
• lattosio
• caseina
• caseinato
• siero in polvere
• aromi naturali
• colorante e/o aroma caramello
• aroma da proteine "nobili"
Attenzione anche ai farmaci:
• Alcuni contengono latte, per esempio Be-Total, alcuni fermenti
lattici, il ferro proteinil-succinato, etc..
• Fra le pomate e i talchi, alcuni prodotti possono contenere
latte.
Ricordarsi che la dieta priva di latte comporta una carenza
di calcio e che è necessario somministrarlo al bambino sotto
altra forma.
Qualsiasi piccola trasgressione alla presente dieta può
essere pericolosa per il bambino o può mandare a monte
i sacrifici di settimane.
L’approccio diagnostico all’allergia/intolleranza
alimentare è fondato essenzialmente sulla paziente ed attenta
indagine anamnestica intesa a raccogliere elementi probativi
dell’ eventuale o preteso rapporto causa-effetto fra ingestione
di un determinato alimento e gli effetti indesiderati che gli
vengono attribuiti. Scopo di tale indagine è soprattutto
quello di approfondire i particolari sull’ evento patologico
o presunto tale per il quale il paziente viene condotto
all’osservazione (modalità, tempi, circostanze, concomitanze,
etc.) sfrondandoli dei convincimenti fuorvianti e delle
componenti psicologiche che molto spesso i genitori hanno
nell’interpretare sintomi clinici del loro bambino.
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Il passo successivo è quello di valutare la reattività
cutanea del bambino al contatto con l’alimento sospetto
attraverso la esecuzione di prick o in altri casi di patchtest (i cosiddetti test allergometrici) oppure di verificare
la presenza nel sangue di anticorpi IgE specifici (RAST
o similari) per l’alimento incriminato, quindi di interpretare
i risultati confrontandoli, con senso critico, con le risultanze
della storia clinica.
È opinione diffusa che “nel bambino di età inferiore
ai 3 anni questi test non si possono fare o sono inutili”:
ciò non è vero. La ricerca di IgE specifiche in vivo (test
cutanei) o in vitro (RAST e similari) può essere utilmente
eseguita sin dalla nascita con le opportune modalità e
tenendo conto che la “quantità” (ampiezza) della risposta
nel bambino piccolo è inferiore a quella del bambino più
grande, ma non la “qualità” (capacità di dare attendibilmente
risposte positive).
È necessario sottolineare che esiste una sorta di
“gerarchia di importanza” o meglio di frequenza delle
allergie alimentari: i primi posti in ordine di frequenza
spettano all’allergia alle proteine del latte vaccino, seguita
da quella all’uovo (albume in particolare), al pesce, alle
noccioline, al grano, etc., ma qualsiasi alimento può essere
responsabile di allergia alimentare.
È altrettanto importante sapere che la specificità e la
sensibilità dei citati test cutanei o in vitro è differente per
i diversi alimenti e ciò sminuisce evidentemente la
accuratezza diagnostica affidata esclusivamente a tali
mezzi.
Il “gold standard” della diagnostica è, a tutt’oggi,
costituito dalla prova di esposizione all’alimento sospetto
da effettuare dopo un congruo periodo di eliminazione
dello stesso dalla dieta (dieta di esclusione per 3-4
settimane) coronato da successo, cioè da vistoso
miglioramento o scomparsa dei sintomi.
La prova di esposizione o “challenge” consiste nella
somministrazione per via orale, meglio se in doppio cieco,
di quantità progressivamente crescenti dell’alimento
sospetto.
Tale prova è da eseguire in ambiente idoneo e senza
rischi per il piccolo paziente (ambulatorio attrezzato per
le emergenze o meglio in ospedale).
È ovvio considerare che la positività della prova di
esposizione, consistente nella comparsa a distanza di minuti,
ore o eccezionalmente giorni, di disturbi clinici connessi
con l’alimento conferma la sussistenza di un rapporto di
causa-effetto, conferma cioè che quel determinato alimento
è causa di reazioni avverse, ma non fornisce alcuna
informazione sul meccanismo causale della manifestazione.
In altri termini non distingue fra intolleranza ed allergia:
ulteriori indagini si rendono necessarie presso Centri di
comprovata esperienza e qualificazione.
Va detto subito e con pieno convincimento che sono
del tutto privi di validazione scientifica e quindi di
affidabilità, “fantasiosi” test basati sull’esame del capello,
sulle “prove kinesiologiche”, su culture cellulari e su altre
diavolerie che purtroppo ancora oggi troppo spesso
carpiscono la buona fede di tanti genitori desiderosi di
risolvere i problemi dei loro bambini.
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Alimenti ad alto contenuto
e/o liberatori di amine vasoattive
(Istamina – Tiramina – Serotonina)
Evitare di assumere contemporaneamente ed in quantità
relativamente abbondanti gli alimenti indicati qui di
seguito ed in particolare quelli riportati in grassetto:
• Formaggi fermentati (parmigiano, pecorino, gorgonzola,
emmental, roquefort, camembert, etc.) yogurt.
• Insaccati, fegato di uccelli e di bue,
fegato di maiale.
• Crostacei, tonno, aringhe, alici, sardine,
sgombri, salmone, frutti di mare.
• Pomodori crudi, cavoli, spinaci, crauti.
• Vino rosso, cola, birra.
• Cioccolato, cacao.
• Caffè, spezie, alcool.
• Fragole, banane, arance, prugne, uva, lamponi,
fichi, ananas, avocado, papaya.
• Lievito di birra, dadi per brodo, bianco d'uovo,
alimenti in scatola.
• Piselli, fagioli.
• Arachidi, noci, mandorle, castagne.
Sostanze ad attività istamino-liberatrice
(da evitare)
• Enzimi proteolitici: tripsina, papaina.
• Sostanze tensioattive: Twen 20, sali biliari, acido
deidrocolico.
• Composti ad alto peso molecolare:
destrano, polivinilpirrolidone, siero di cavallo.
• Sostanze con due o più gruppi basici:
a) antibiotici e chemioterapici: clortetraciclina,
polimixina, neomicina, chinino, propamidina,
stilbamidina.
b) sostanze attive su S.N.C.: apomorfina, codeina,
morfina.
c) miorilassanti: curarina e suoi derivati.
d) sostanze ad azione sul sistema circolatorio:
anfetamina, atropina, antazolina, idralazina, apresolina.
e) vitaminici: vitamina B1.
• Composti monobasici: alchilamine (octilamina).
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La terapia della allergia alimentare si fonda
essenzialmente sull’allontanamento dalla dieta
dell’alimento in causa; i farmaci impiegati (antistaminici,
cortisonici, broncodilatatori, anti-leucotrieni, etc.) sono
solo dei sintomatici ed hanno un ruolo del tutto ancillare.
Eliminare un alimento dalla dieta in maniera assoluta
e completa non sempre è un compito facile in particolare
per alimenti come le proteine del latte vaccino o dell’uovo
presenti in molte delle preparazioni dietetiche del
commercio destinate all’infanzia.
L’industria alimentare è oggi ricca di prodotti
dietetici studiati per i soggetti allergici ed in funzione
delle diverse sensibilizzazioni.
È però indispensabile, per non incorrere in errori che
possono anche essere fatali, prendere l’abitudine di
leggere con attenzione le etichette che riportano la
composizione degli alimenti del commercio, tenendo
conto anche o soprattutto delle dizioni equivoche che
possono celare l’alimento che si deve evitare.
Ulteriore attenzione deve essere posta nell’evitare
alimenti che interferiscono fra loro (es. latte vaccino e
latte di capra, differenti tipi di frutta secca, pesci,
molluschi) o con allergeni inalanti (es. mela con polline
di betulla ma anche patata, carota e sedano) etc.
Nelle forme non immunologiche ed in quelle pseudoallergiche è sufficiente eliminare la componente
“offending” dell’alimento, come il lattosio nel deficit di
lattasi, o limitare l’apporto di alimenti notoriamente ricchi
di sostanze potenzialmente scatenanti i sintomi (Tabella
III).
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Gruppo Villa Maria
Direttore Sanitario: Dott. Francesco Casulli
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In conclusione il buon senso ed un approccio
scientifico affrontato con la guida ed il supporto di una
equipes di esperti rappresenta il mezzo per affrontare
e risolvere tanti problemi attribuiti, a torto o a ragione,
all’allergia alimentare.
Villa Bianca
Ortopedia e
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* Direttore della U.O. Clinica Pediatrica “S. Maggiore” – Policlinico
Dipartimento di Biomedicina dell’Età Evolutiva – Università di Bari.
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