Gabriele Bollini

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Gabriele Bollini
BOLLINI Probabilmente tutti voi conoscete Bertolt Brecht, che non è un amante del pensiero, anzi, è un
convinto assertore di (inc.). Cè una sua opera teatrale che invece è un po piena di dubbi, che è Santa
Giovanna dei Macelli : non è una delle sue opere più conosciute, e in realtà qualche dubbio se lo pone,
anche se è tattica e didascalica come spesso sono le opere di Brecht. Perché si pone il problema verso
l effetto perverso della beneficenza, in quel caso specifico. Santa Giovanna, la protagonista, è convinta di
fare della beneficenza, di fare del bene alle persone e nel frattempo è preda di giochi di poteri economici,
finanziari eccetera, che in realtà (inc.). Però c è un verso ricorrente che dice ma intanto la pioggia sta
lontano dai loro corpi per una notte : nel breve periodo la beneficenza, andare a raccogliere i poveri che
stanno nelle stazioni, allontana la pioggia dai loro corpi.
Questa distinzione tra il fare concreto quotidiano, che tende qualche volta a dimenticare la prospettiva
dentro cui si collocano le azioni, il pane concreto quotidiano, il buon riformismo, la vecchia tradizione
prampoliniana, che in queste terre è presente, cioè quella di fare del governo locale un occasione di ristoro
dei problemi della giustizia sociale, quello che si può fare a livello locale di costruzione della comunità, di
dare una prospettiva, questa cosa che è stata un movimento mutualistico. Non c erano le pensioni; quando
non ci saranno più bisognerà forse pensare a quei movimenti.
Allora, esiste una prospettiva di breve periodo, di buona amministrazione? Questa prospettiva di buona
amministrazione e di buone pratiche, di buone attività delle persone competenti c entra anche con le
tecniche. Lì uno non si interroga. L acqua come si porta? Si porta l acqua; serve l acqua. La prospettiva è
quella della soluzione di un problema. Dall altro lato, questa soluzione dei problemi non si misura - è uno dei
temi fondamentali della democrazia oggi col fatto che le scelte vere avvengono ad altri livelli. E una cosa
che ha a che fare con la crisi dei partiti e anche la crisi del livello decisionale.
Una volta gli Stati decidevano ed erano sovrani. Una volta un principio che valeva era l autodeterminazione e
la non interferenza negli affari interni di altri Stati. Questo era uno dei principi di governo internazionale. Era
determinato da quella situazione. Ma lì gli Stati decidevano. Assumere il Governo significava incidere sulle
politiche economiche, sulla giustizia, sulla distribuzione del reddito eccetera. Progressivamente, questo
spostamento di centri decisionali non democratici, questo è un aspetto fondamentale, i grandi centri
decisionali, il consesso di Washington, come viene chiamato, è un centro di potere non eletto, non
democratico. Una volta, bene o male, il consesso delle Nazioni esprimeva in molti casi
Allora, in questa situazione, la crisi di quella prospettiva fa sì che talvolta l ottica quotidiana, l ottica del quale
un amministratore ti dice: beh, io sono qua, sono nel Comune di e faccio per bene le mie cose , in realtà
non si misuri con l aggravamento delle condizioni generali. Per cui una certa neutralità, un certo tecnicismo
che rimane come elemento fondamentale nella scelta quotidiana nell allocazione delle risorse, poi non conti
con il problema della privatizzazione dell acqua. Io la porto ma poi chi la gestisce, chi la paga, a chi è
consentito utilizzarla? E così via.
Questo credo che sia un aspetto interessante del lavoro e della strada che abbiamo iniziato a percorrere.
Ragionare sempre in maniera non separata dal fatto che alcune risposte, alcune attività quotidiane vanno
svolte, alcuni problemi vanno risolti e nello stesso tempo che la soluzione di quei problemi non è meramente
tecnica, perché si inserisce in un contesto di tipo generale che non possiamo non tenere presente all interno
della nostra attività quotidiana.
E chiaro, è facile da un lato irridere e dall altro sopravvalutare alcune esperienze che dicono: bene, io
chiedo ai ragazzini di una scuola di progettare un banco. Chiedo a loro di dire come vogliono il loro spazio
giochi, chiedo a loro di costruire degli itinerari che li portino a casa. E facile irriderla, perché dentro questa
cosa spesso c è molto ideologismo, c è molta facciata; ed è facile dire che non risolve il problema. Ed è facile
sopravvalutarla, pensare che questa sia la tecnica che consente di realizzare più democrazia, più
partecipazione, non vedendo, al contrario, che ha quei limiti di cui si parlava prima.
Tenere insieme queste due cose, le buone pratiche quotidiane prampoliniane, di quella che era la vecchia
tradizione del riformismo, e una dimensione che sia attenta alle cose che succedono nel mondo, non è solo il
rapporto tra il locale e il globale, cose che vengono in qualche modo ripetute, ma anche il fatto che abbiamo
contemporaneamente bisogno di tecniche migliori e abbiamo bisogno di stare attenti sempre a non reificarle,
a non trasformarle in dei passepartout applicabili in tutte le situazioni. Essere consapevoli che ciascuna
esperienza che viene realizzata non è la costruzione in un quartiere solo di una società più giusta; è il
meccanismo che sta dentro un processo che è contraddittorio.
L altro aspetto su cui potremmo ragionare è quale sia il ruolo. Questa discussione sul facilitatore era una
discussione molto importante e utile, credo. Il facilitatore chi è? Beh, dipende. Dentro alcune tecniche di
negoziazione in senso stretto, il facilitatore in senso tecnico serve. Quello che non serve è che questo ruolo
sia assunto dal pianificatore, dall urbanista.
Ma la domanda è: dentro questo processo, chi è il nostro committente? Come si esprime il committente?
Una volta il committente era abbastanza facile da esprimere, perché l amministratore pubblico, in qualche
modo, non era solo portavoce, elettoralmente parlando. Era dentro una rete di partecipazione, era emerso
da un processo.
Una volta c era una (inc.) degli amministratori; si cominciava dal consigliere di quartiere, poi il consigliere
comunale, poi l assessore, poi l assessore provinciale e così via. Questo salto, questo passaggio, una volta
consentiva di dire che il cliente era l amministrazione pubblica, in quanto portatore dell interesse generale.
Questo oggi non è dato, quindi il problema è di essere di parte, a meno di non volersi assumere
completamente la responsabilità di rappresentare la comunità. Mi sembra molto convincente l idea di
pensare che la durata del passato e del futuro possa essere un compito nuovo che si assume all interno del
processo competitivo. Anche l urbanista di parte aveva una parte. E quando una parte non c è, quando la
società è frammentata, quando i punti di vista sono diversi, che è difficile scegliere chi è il proprio
riferimento.
Allora chi è il committente? Chi è colui del quale rappresento la parte? Certo, ci possono essere dei principi e
dei valori generali, ridurre l ineguaglianza però questo come si fa concretamente, quando i processi
decisionali sono esterni, e il meccanismo di decisione e la sovranità sono sopranazionali o è extranazionali?
In questo insieme di questioni mi rendo conto di avere toccato troppe cose in troppo poco tempo, ma era
solo per dare un idea che il senso del nostro ragionamento, quello che abbiamo iniziato qua, che a me pare
molto interessante, è esattamente in questo punto di vista. Non vogliamo fare delle pratiche disciplinari,
delle tecniche e delle metodologie un feticcio, ma dobbiamo dominarle in modo consapevole e approfondito.
E allora questa introduzione in qualche modo serviva da avvertimento e da cornice rispetto a questo rischio.
Io adesso aprirei la discussione. Direi a chi vuole intervenire di intervenire, poi chiederei ai nostri relatori di
fare una breve conclusione, interloquire con gli altri. Chi vuole la parola?
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