Biologia e dinamica della pernice sarda

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Biologia e dinamica della pernice sarda
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SASSARI
FACOLTA’ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
DIPARTIMENTO DI ZOOLOGIA E GENETICA EVOLUZIONISTICA
DOTTORATO DI RICERCA IN BIOLOGIA AMBIENTALE
(XIX CICLO)
COORDINATORE: Prof. Marco Apollonio
BIOLOGIA E DINAMICA DI POPOLAZIOINE
DELLA PERNICE SARDA (Alectoris barbara).
Candidato: Dott.ssa Silvia Contu
Relatori: Prof. Marco Apollonio e Dott. Oreste Sacchi
Introduzione
Capitolo 1
INTRODUZIONE
Il territorio della Sardegna è popolato da numerose specie e sottospecie
endemiche che arricchiscono il suo patrimonio faunistico; questo interessa in
particolare l’avifauna che presenta delle peculiarità dovute alla presenza di specie
mediterranee altamente specializzate. I fattori che, nel corso del tempo, hanno
portato a questa situazione sono legati soprattutto alla storia geologica dell’isola
che ne ha determinato l’isolamento da resto del continente; a questo si aggiunge,
inoltre, il clima particolare che la caratterizza. Tuttavia a causa dell’azione diretta
dell’uomo, che si esercita soprattutto sulle specie oggetto di caccia, e dell’azione
indiretta che, non presupponendo alcuna selezione, colpisce indistintamente
specie rare e specie comuni, l’avifauna rischia di subire una pericolosa
involuzione che proprio a causa di questo isolamento potrebbe divenire
irreversibile.
Purtroppo questo processo si calcola stia interessando il 12% delle specie di
uccelli su scala mondiale e il 27% delle specie di galliformi a rischio di
estinzione; inoltre anche i due terzi delle specie non in pericolo risultano in
declino (Rands, 1992, Potts & Aebischer, 1995, UNEP-WCMC, 2000).
Tra le specie interessate da questo fenomeno ci sono anche quelle appartenenti al
genere Alectoris che in Italia è presente con tre specie a distribuzione allopatrica:
la pernice sarda (Alectoris barbara), presente solamente in Sardegna, la pernice
rossa (Alectoris rufa), distribuita sull’Appennino settentrionale e in alcune zone
dell’Italia centrale, e la coturnice (Alectoris graeca) che occupa l’arco alpino (A.
g. saxatilis), l’Italia centrale e meridionale (A. g. greca) e la Sicilia (A. g.
withakeri). Studi recenti hanno svolto una revisione dello stato delle popolazioni
delle tre specie a livello europeo evidenziando come la pernice sarda e la
coturnice abbiano un’importanza sovra nazionale a livello di conservazione in
quanto le popolazioni italiane rappresentano rispettivamente il 98% e il 36% di
quelle europee, e come per la conservazione della pernice rossa l’Italia abbia una
scarsa importanza ospitando solamente lo 0,1% della popolazione europea. Tali
stime numeriche sono tuttavia da confermare in quanto si basano su dati rilevati in
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Introduzione
aree di limitata estensione e poco rappresentative delle caratteristiche degli interi
areali, e in epoca non recente.
Dai dati relativi alle scarse ricerche emerge una tendenza negativa per le
popolazioni di queste tre specie, in Italia e Europa, dovuta a cause diverse. Per la
pernice rossa e la coturnice le cause principali sono da attribuirsi all’aumento
della pressione venatoria (Meriggi & Mazzoni della Stella 2003, Aebischer &
Lucio, 1996 Vargas et al, 2006) a cui sono state sottoposte soprattutto a partire
dagli anni sessanta e alla quale non è seguita, purtroppo, una efficace strategia di
costituzione di oasi di protezione che garantissero il mantenimento di subpopolazioni integre in connessione tra loro. Per quanto riguarda la pernice sarda,
ma anche per la pernice rossa e la coturnice (Nadal et al, 1996), il lento declino,
negli ultimi 30 anni, viene attribuito alle rilevanti modificazioni ambientali con la
continua riduzione della vegetazione a macchia finalizzata alla coltivazione in
aree agricole o in pascoli (Sacchi, O. e Meriggi, A. in stampa; Nadal, et al, 1996
Vargas et al, 2006). In aggiunta la mancata adozione di piani di abbattimento
basati su censimenti accurati hanno determinato un prelievo illimitato durante la
stagione venatoria che è risultato insostenibile dalle popolazioni. Un secondo
fattore, causa di declino delle popolazioni, è legato al fenomeno assai diffuso dei
ripopolamenti che, in alcuni casi, rappresentano l’unica forma di gestione atta a
contrastare questo fenomeno. Tuttavia, vengono troppo spesso effettuati senza le
opportune conoscenze sull’ecologia delle specie interessate e dell’ambiente da
ripopolare (Meriggi & Mazzoni Della Stella, 2003 Meriggi, 1998), questo tipo di
interventi si rivelano fallimentari se non addirittura dannosi. Possono determinare
infatti fenomeni come l’aumento della pressione predatoria (Meriggi, 1998
Gortazar et al 2000) che influisce anche sulle popolazioni selvatiche; la diffusione
di malattie non presenti nelle popolazioni locali (sono stati spesso effettuati con
individui di provenienza e stato sanitario non controllato) o anche l’estinzione
genetica di razze locali a causa di fenomeni di ibridazione. In generale possono,
quindi ridurre la produttività da parte delle popolazioni naturali (Aebischer &
Lucio, 1996, Gortazar et al, 2000, Potts, 1989) e in conseguenza la loro capacità
di recupero; allo stesso tempo possono creare le condizioni per cui interventi più
efficaci e seri vengano rinviati a tempo indeterminato impedendo la formazione
nei cacciatori di una corretta mentalità gestionale, che porti a considerare la fauna
selvatica come una risorsa rinnovabile ma non illimitata, e che è necessario porre
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Introduzione
un limite al prelievo affinché questo non diventi depauperativo ma conservativo
(Meriggi, 1998). Anche in Sardegna gli Enti preposti alla gestione faunistico
venatoria hanno intrapreso attività di allevamento della pernice sarda con fini di
ripopolamento Mocci De Martis e Massoli Novelli, 1979) ma non sono stati
effettuati studi sugli esiti di eventuali ripopolamenti.
L’esito che questa ricerca si propone è quello di fornire delle indicazioni sulla
dinamica della popolazione di pernice sarda in due aree protette che costituiscono
un esempio da cui partire per la creazione di eventuali piani di gestione che
possano garantire la ripresa e la conservazione della specie. In particolare le
simulazioni della probabilità di sopravvivenza delle popolazioni (PVA) effettuate
secondo differenti scenari, che prevedono sia variazioni naturali della demografia
e dell’idoneità ambientale, sia l’effetto di interventi mirati all’aumento della
capacità portante del territorio e della produttività delle popolazioni (es.
miglioramenti ambientali, controllo predatori, ecc.), sia interventi di sostegno alle
popolazioni (es. immissioni), sia la fruizione delle popolazioni (es. prelievo)
forniscono fondamentali indicazioni in merito alle opzioni gestionali da seguire
per incrementare le popolazioni di pernice sarda attualmente presenti e per
permettere un prelievo sostenibile.
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Biologia della specie
Capitolo 2
BIOLOGIA DELLA SPECIE
2.1 Inquadramento sistematico e status
PHYLUM
Chordata
CLASSE
Aves
ORDINE
Galliformi
FAMIGLIA
Phasianidi
GENERE
Alectoris
SPECIE
Alectoris barbara
La pernice sarda (Alectoris barbara, Bonnaterre, 1790) appartiene al genere Alectoris insieme
alla coturnice (Alectoris graeca, Meisner, 1804), alla Chukar (Alectoris chukar, Gray, 1839) e
alla pernice rossa (Alectoris rufa, Linnaeus, 1758).
Secondo quanto riportato da Cramp & Simons, della pernice sarda esistono 4 sottospecie con
differente distribuzione: Alectoris barbara barbara (Bonnaterre, 1790), presente in Sardegna
introdotta dai Fenici o dai Cartaginesi (Spanò et al., 1998), in Gibilterra dove è stata introdotta,
nel Marocco nord-orientale, in Algeria settentrionale e nella Tunisia settentrionale; Alectoris
barbara barbata (Reichenow, 1896) che occupa l’area settentrionale della penisola Cirenaica
sino all’Egitto nord-occidentale; Alectoris barbara spatzi (Reichenow, 1895) presente in
Marocco, Sahara occidentale, Algeria, Tunisia, Tripolitania settentrionale, e Libia meridionale
fino al Tassili-n-Ajjer ed infine Alectoris barbara koenigi (Reichenow, 1899) presente nel
Marocco nord occidentale e nelle Isole Canarie, dove probabilmente è stata introdotta.
In Italia la specie è presente esclusivamente in Sardegna (Arrigoni degli Oddi, 1929; Mocci
Demartis & Massoli-Novelli, 1978; Brichetti, 1985) dove rappresenta l’unica specie di Fasianidi
stanziale (Brichetti et al., 1992).
Il suo status di conservazione è “Endangered” ed infatti è classificata come SPEC3 (Species of
European Conservation Concern) e inserita nella categoria delle specie in pericolo IUCN
(Tucker & Heath, 1994): specie con stato di conservazione sfavorevole le cui popolazioni sono
presenti anche al di fuori dell’Europa. E’ inserita dalla Comunità Europea nella Direttiva Uccelli
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Biologia della specie
(79/409 CEE), allegati 1, 3/I, 2/II, è protetta nella Convenzione di Berna (sulla conservazione
della vita naturale e della fauna selvatica del 1979), appendice III.
La specie è comunque cacciabile in Sardegna ai sensi della Legge Nazionale n. 157/92 e della
Legge Regionale n. 23/98.
La sua distribuzione in Sardegna appare uniforme (Fig 2.1), con un areale che copre il 76,9%
della superficie regionale. Il Sulcis e l’Iglesiente, nel settore sud-occidentale dell’isola, sono le
zone in cui si registrano le densità maggiori, ma buone situazioni si hanno anche nell’Arburese e
nella provincia di Oristano, in particolare nei comuni costieri della parte nord-occidentale, che
hanno mantenuto elementi naturali. Anche la provincia di Nuoro presenta valori di abbondanza
significativi, particolarmente nei comuni delle Baronìe, nel settore orientale della regione. La
situazione più compromessa risulta essere quella della provincia di Sassari, in quanto vi sono
vaste porzioni di territorio in cui i valori di abbondanza risultano prossimi allo zero, mentre le
zone dove si registrano valori più elevati appaiono soggette a un progressivo isolamento e
frazionamento dei sub-areali. (AA.VV Carta delle Vocazioni Faunistiche della Regione
Sardegna, 2005)
2.2 Morfologia
La pernice sarda (Fig 2.2 e Foto 2.1) è un galliforme di aspetto compatto e di dimensioni
contenute; come tutte le specie italiane del genere Alectoris presenta becco e zampe rosse,
fianchi vistosamente ed elegantemente barrati di nero e marrone su fondo chiaro, dorso uniforme
(da grigio perla a bruno oliva), timoniere color ruggine e collare evidente; non presenta
variazioni stagionali nella colorazione del piumaggio ed è caratterizzato dall’assenza di
dimorfismo sessuale; anche tra giovani e adulti non sussistono grosse differenze, che sono
riscontrabili solo nel piumaggio dei pulli.
Come risulta dai dati raccolti durante uno studio effettuato nell’inverno 2003-2004 nella ZRC di
Surigheddu (SS), il peso medio degli animali è di 450,96 g; le ali sono lunghe mediamente 15,56
cm, il becco 1,80 cm e il tarso è lungo 3,92 cm.
La fronte ed il pileo, nell’adulto, sono di colore castano, il dorso è grigio-bruno e le ali, più
rossicce presentano scapolari grigio-azzurre orlate di rosso vivo; redini,
guance, mento e gola sono di colore grigio. La zona post oculare presenta una stria fulva che
scende lungo i lati del collo congiungendosi al collare; questo si presenta di colore castano con
punteggiature bianche molto evidenti. Il petto è grigio e nella parte inferiore sfuma al fulvo;
dello stesso colore sono anche il ventre e le cosce. Il basso addome si presenta ocra pallido e il
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Biologia della specie
sottocoda di color cannella. I fianchi presentano una colorazione policroma: le penne sono infatti
cenerine alla base con una piccola stria nera, seguita da una stria bianca, da un’altra nera e da
apice finale castano. La coda è bruno castana nelle timoniere esterne e grigio-olivastra in quelle
mediane.
L’iride si presenta di colore rosso-bruno e l’anello perioftalmico arancio-rossastro. Il becco è
rossastro, così come le zampe.
La colorazione del piumaggio dei giovani è sostanzialmente la stessa degli adulti, pur
presentando colori meno marcati, in particolare nella zona del collo dove si nota l’assenza del
collare; anche le zampe sono più chiare, mentre il becco, inizialmente bruno, diviene rossastro in
un secondo momento; l’iride è bruno scuro. La livrea tipica degli adulti è raggiunta tra luglio e
agosto (Brichetti et al., 1992) con una muta che interessa l’intero piumaggio tranne le due
remiganti primarie distali; queste infatti vengono mutate per la prima volta nella vita
dell’animale l’estate successiva a quella della nascita. Il pullus è color crema sul basso ventre; il
vertice appare rossiccio con tonalità chiare sulla fronte che contrastano con una banda scura
posta ai lati del capo che va dall’occhio alla parte superiore dell’orecchio. Il becco è bianco, le
zampe rosa e l’iride è bruno scura (Brichetti et al., 1992).
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Biologia della specie
Figura 2.1 – Distribuzione della pernice sarda a livello comunale per gradi di abbondanza
(AA.VV Carta delle Vocazioni Faunistiche della Sardegna, 2005)
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Biologia della specie
Fig 2.2
Foto 2.1
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Biologia della specie
2.3 Ciclo biologico annuale
Nella pernice sarda si riconosce, come per le altre specie italiane del genere Alectoris, un periodo
territoriale in cui si formano le coppie (questo periodo può variare di anno in anno in relazione
alle condizioni climatiche ma generalmente è compreso tra fine di dicembre e febbraio), un
periodo riproduttivo in senso stretto (da marzo a tutto giugno), un periodo parentale con la
formazione dei gruppi familiari (dall’inizio di luglio a tutto settembre) e un periodo di
aggregazione o di gruppo invernale (da ottobre a dicembre-gennaio variabile a seconda delle
condizioni climatiche). Considerando l’affinità con le altre tre specie italiane del genere Alectoris
si può ipotizzare che i gruppi familiari inizialmente occupino spazi vitali relativamente ristretti,
dell’ordine di pochi ettari, (mancano purtroppo dati sull’uso dello spazio) e chiaramente
proporzionali alle risorse trofiche e alle esigenze dei pulcini; successivamente più estesi in
relazione ai maggiori spostamenti necessari alle diverse esigenze vitali.
2.4 Comportamento
Gli aspetti comportamentali della specie sono poco conosciuti; moduli comportamentali relativi
all’attività riproduttiva sono stati affrontati utilizzando principalmente animali in cattività. Arias
de Reyna e Alvarez (1974) hanno descritto il comportamento nel periodo del corteggiamento e
dell’accoppiamento. Durante le settimane precedenti l’accoppiamento, il maschio emette fischi
acuti e intensi, assumendo postura eretta su punti elevati rispetto l’ambiente circostante (ammassi
di pietre, muretti a secco); questo comportamento, porta le femmine ad essere recettive. Nel
corteggiamento, il maschio si muove intorno alla femmina e, descrivendo dei cerchi, alterna la
camminata col gesto di beccare il suolo col becco chiuso. Dopo la danza avviene
l’accoppiamento.
Moduli comportamentali relativi al time budget sono stati descritti da Contini (1998) attraverso
osservazioni dirette su maschi, femmine adulti e su pulcini, esponendo quanto tempo viene
utilizzato da un gruppo famigliare per realizzare le diverse attività e in quali momenti della
giornata.
Durante le prime ore di luce il gruppo inizia l’attività di alimentazione, mentre nelle ore centrali
della giornata si rifugia all’ombra di grossi cespugli o a ridosso di muretti a secco, dove razzola
facendo bagni di polvere. Al tramonto gli individui del gruppo si richiamano a vicenda e vanno a
pascolare nuovamente allo scoperto. Alla fine della giornata, se il terreno di pastura è un vallone,
gli animali ne risalgono la cima, dove si addormentano stando a contatto l’uno con l’altro, pronti
a spiccare il volo compatti se disturbati durante il sonno.
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Biologia della specie
Contini (1998) ha svolto osservazioni sull’attività di vigilanza esercitata dalla pernice sarda,
valutandola a seconda del sesso, all’interno del gruppo o della coppia; ottenendo che i maschi
esercitano l’attività di sorveglianza più attivamente rispetto alle femmine, sia nel gruppo sia nella
coppia. All’interno della coppia questa differenza risulta rilevante e individua nel maschio
l’individuo che esercita l’attività di vigilanza.
2.5 Riproduzione
Come le sue congeneri la pernice sarda è una specie monogama.
La nidificazione avviene al suolo in una piccola depressione arricchita leggermente con
materiale aggiunto, ma ben celata nell’ambiente a seconda dell’habitat. La pernice sarda
predilige ambienti chiusi, intricati e spinosi a macchia bassa ma può utilizzare anche ambienti
aperti e pascolati ma sempre con presenza di vegetazione spinosa come ad esempio il cardo
(Cardus sp.).
La deposizione avviene da metà aprile a fine maggio in una sola covata, con leggere
anticipazioni nelle zone di pianura e ritardi in quelle di montagna, in funzione di diversi fattori
come l’età degli animali, il clima, ecc. In seguito alla perdita della prima covata la femmina può
deporne una seconda di sostituzione (Brichetti et al., 1992). Le uova, lisce e leggermente lucide,
hanno una variabilità moderata. Il colore dominante di fondo varia da crema chiaro a fulvo con
macchie minute, rossicce, bruno rossicce, grigie. La macchiettatura è diffusa su tutta la
superficie; a volte la densità è molto diversificata per settori o fasce. Generalmente il numero di
uova deposte è compreso fra dieci e diciotto, con una media di quattordici; le dimensioni medie
delle uova misurano 40 mm di lunghezza per 29 mm di larghezza (Pazzuconi, 1997). La cova
dura circa 24 giorni. Il massimo delle schiuse avviene intorno alla metà di giugno anche se
schiuse precoci possono essere osservate a partire da metà maggio come schiuse tardive possono
essere contattate a metà luglio. I pulli sono nidifughi, ossia abbandonano il nido alla nascita e
formano un gruppo con i loro genitori (Alaoui, 1985).
2.4 Alimentazione
La pernice sarda è essenzialmente granivora nella fase adulta, si ciba infatti di semi e frutti di
erbe, piante selvatiche e germogli. Questa tendenza varia nel corso delle stagioni, nelle quali è la
disponibilità dei vegetali che determina il regime dell’alimentazione: in primavera, il fogliame
verde (cereali in foglie, fiori, etc), in estate e in autunno grani di cereali (grano, orzo, mais, etc),
in inverno nuovamente gli alimenti verdi (Alaoui, 1985).
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Biologia della specie
La dieta dei pulcini è differente da quella degli adulti; nelle prime due settimane di vita infatti, è
costituita per il 90 % da Artropodi (afidi, piccoli coleotteri, ninfe di cavallette, formiche). Questa
percentuale cala all’80 % nella terza settimana, fino ad arrivare al 50 % della quarta. Intorno alla
quinta settimana il regime alimentare diviene erbivoro (Alaoui, 1985).
2.6 Esigenze ambientali
Come tutte le sue congeneri anche la pernice sarda predilige ambienti eminentemente xerici, cioè
aridi e ben drenati, con suolo poco profondo e sovente roccia affiorante, con vegetazione erbacea
e arbustiva. E’ tuttavia una specie relativamente plastica essendo distribuita in tutta la Sardegna,
adattandosi agli habitat più diversi, purché sia disponibile acqua per l’abbeverata. L’ambiente
tipico è quello collinare, costituito da macchioni di lentisco, cisto, talora sovrastanti campi di
grano che esercitano un’attrazione trofica, intercalati da ammassi di pietre e siepi di fico d’india.
Tale inversione di tendenza è avvenuta negli ultimi cento anni, poiché Salvadori (1864) scriveva
che la specie preferiva le colline basse ed il piano in zone coltivate a grano, più che i pendii aspri
e dirupati dei monti, in contrasto con il suo vecchio nome di Perdix petrosa. Recentemente si è
assistito alla tendenza per la specie a cercare rifugio in zone sempre più alte, fino ai 600-700 m.
In questo modo mostra di sapersi adattare anche a zone montagnose più aspre e impervie che
meglio la proteggono dai predatori, come valloni, roveti, macchia mediterranea fitta e
impenetrabile (Mocci Demartis & Massoli-Novelli, 1978; Spanò et al., 1985). Manca del tutto
nelle zone paludose o sottoposte a periodiche alluvioni, e negli estesi e folti boschi d’alto fusto
(Brichetti et al., 1992).
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Area di studio
Capitolo 3
AREA DI STUDIO
Premessa
Per la scelta delle aree in cui effettuare lo studio sono stati considerati diversi fattori; in
particolare si sono ricercate delle aree che ricadessero all’interno di zone protette, ai sensi della
L.R.. 23/98; in modo da studiare la specie in un contesto che fosse il più possibile naturale, senza
avere popolazioni sottoposte ad interventi di ripopolamento o a prelievo, dove gli unici predatori
fossero quelli naturali e dove il disturbo antropico fosse ridotto al minimo. L’area scelta doveva
essere facilmente raggiungibile e accessibile così da poter effettuare il monitoraggio continuo
della specie.
Sono state ricercate zone che presentassero caratteristiche ambientali rappresentative dei
macroambienti tipici della Sardegna, ma che fossero differenti per localizzazione (costiera,
entroterra collinare e entroterra montuoso) e per diversa variabilità faunistica in modo da poter
effettuare un confronto e valutare l’esistenza di fattori importanti nell’influenzare la dinamica di
popolazione della pernice sarda.
3.1 Surigheddu
3.1.1 Inquadramento storico geografico
La Zona di Ripopolamento e Cattura di Surigheddu (40°35′48″ Latitudine Nord
8°22′46″Longitudine Est), compresa nel territorio del comune di Alghero in Provincia di Sassari,
si estende su una superficie di 1150,93 ettari all’interno della regione della Nurra, nella Sardegna
Nord-Occidentale.
Valsecchi (2000) in “Nella Nurra del Sud” racconta la storia dell’azienda agricola, che un tempo
sfruttava i terreni oggi occupati dall’omonima ZRC. In particolare descrive le vicende dei soci
sardi della Cooperativa Agricola Italiana che alla fine del 1800 si estendeva su una superficie di
450 ettari, destinata ad aumentare. Il territorio era stato suddiviso in vari appezzamenti in cui le
colture seguivano la rotazione quinquennale, alternando grano, orzo, avena, granturco e fave.
Furono innestati gli olivi selvatici e fu predisposto l’impianto di un gelseto di 500 piante per
l’allevamento del baco da seta. In pochi anni la fattoria possedeva 600 pecore e 150 capi vaccini
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Area di studio
dai quali veniva prodotto il “formaggio Surigheddu”. Anni d’oro per l’azienda che nei primi del
1900 era stata scelta come tappa dell’annuale Congresso Nazionale dell’Agricoltura.
Nel secondo dopoguerra Surigheddu riusciva ancora a dare occupazione, in alcuni periodi
dell’anno, a 600 operai. Negli anni ’50 venne rivoluzionata la produzione, orientata
prevalentemente verso l’allevamento del bestiame. Vennero attuati piani di bonifica, i terreni
vennero divisi in appezzamenti raggiungibili con strade interpoderali e fu costruito un sistema di
tubazione interrata che sarebbe servita per l’irrigazione di soccorso delle foraggiere.
Negli anni ’70 alla tenuta di Surigheddu veniva unita quella di Mamuntanas, per una superficie
totale di 1321 ettari. L’indebitamento per l’attuazione di nuovi grandi lavori era stato tale che
portò alla progressiva rovina dell’azienda, arrestando progressivamente la produzione.
A partire dal 1982 i terreni vennero occupati da greggi di pastori provenienti dalle zone interne
della Sardegna.
Nel 1986 per Surigheddu Compagnia Agricola Italiana vennero firmati i decreti di trasferimento,
tramite Ersat, alla Regione Sardegna Demanio Monte dei Pascoli, cessando di funzionare come
unità produttiva.
3.1.2 Descrizione fisica
Dal punto di vista geologico la regione della Nurra risulta costituita da un’ampia tipologia
litologica, conseguenza di numerose manifestazioni tettoniche risalenti al Paleozoico e al
Quaternario; gli affioramenti più comuni, che sono caratteristici anche della ZRC di Surigheddu,
sono lave e tufi vulcanici riconducibili al Terziario.
Il territorio, prevalentemente pianeggiante, è intersecato da rilievi di modesta entità tra cui i più
importanti sono il Monte Doglia (437 m) e il Monte Timidone (464 m); I corsi d’acqua che
l’attraversano, pur essendo sviluppati in lunghezza, presentano un regime irregolare, fortemente
influenzato dall’andamento delle piogge stagionali; presentano quindi carattere torrentizio nei
mesi autunno-invernali, mentre vanno in secca nella stagione calda in seguito alla siccità che la
caratterizza. Gli apporti più significativi arrivano dal rio Barca, che nasce in località S’Abbadiga
e sfocia nello stagno di Calich, sviluppandosi su un’asta principale di 25 Km, con bacino
idrografico di 402 Kmq. Lungo il suo corso assume diverse denominazioni tra cui rio Sassu, rio
Mattone, rio Cuga; i due affluenti principali, rispettivamente da destra e da sinistra, sono il rio
Filibertu e il rio Serra. Lungo il corso del Rio Barca sono stati eretti nel corso degli anni diversi
sbarramenti che hanno dato origine a invasi artificiali per l’approvvigionamento idrico sia dei
centri abitati sia dei terreni agricoli. Tra questi uno dei più importanti è il lago di Surigheddu,
(costruito nel 1967), che in passato veniva utilizzato per l’irrigazione delle aziende di
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Area di studio
Mamuntanas e di Surigheddu nonché per gli usi potabili della città di Alghero e che, attualmente,
rappresenta una importante stazione per numerose specie di uccelli acquatici.
Dal punto di vista climatico la Nurra non si discosta molto nei valori da quello del resto della
Sardegna: è caratterizzato da estati calde con temperature medie elevate e inverni piuttosto miti.
Le piogge si concentrano soprattutto nei mesi tardo autunnali e in quelli primaverili, mentre
l’inverno e l’estate rappresentano le stagioni secche.
I dati registrati dalla stazione meteorologica di Olmedo (Tabella 3.1, Grafico 3.1e Grafico 3.2)
mostrano, per gli anni 2003-2005, valori medi delle temperature minime invernali di 3,4°C,
mentre in estate il valore minimo è mediamente di 15,9°C. La piovosità media nei tre anni segue
l’andamento mostrato nel Grafico 2.2.
I venti rivestono grande importanza sul clima e sulla vegetazione e spirano tutto l’anno con
elevata frequenza, tanto che i giorni di calma spesso non superano i 30 all’anno. I venti
dominanti sono quelli di provenienza occidentale (ponente e maestrale) che spirano con maggior
frequenza nei mesi invernali .
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Area di studio
Foto 3.1 Il lago artificiale di Surigheddu
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Area di studio
Andamento delle temperature massime e minime a
Surigheddu negli anni 2003-2005
40,0
T°C
30,0
20,0
10,0
ge
n-
03
ap
r-0
3
lu
g03
ot
t-0
3
ge
n04
ap
r-0
4
lu
g04
ot
t-0
4
ge
n05
ap
r-0
5
lu
g05
ot
t-0
5
0,0
mesi
T °C max
T °C min
Grafico 2.1
Andamento della piovosità a Surigheddu
per gli anni 2003-2005
160
mm
120
80
40
ge
n-
03
ap
r-0
3
lu
g03
ot
t-0
ge 3
n04
ap
r-0
4
lu
g04
ot
t-0
ge 4
n05
ap
r-0
5
lu
g05
ot
t-0
5
0
mesi
Pioggia mm
Grafico 2.2
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Area di studio
3.1.3 Vegetazione
La vegetazione che caratterizza la Nurra ed in particolare l’area di Surigheddu è riconducibile a
quella tipica della macchia mediterranea,con formazioni termoxerofile sempre verdi che
ricoprono i rilievi più importanti, alternata ad aree destinate al pascolo e ai seminativi.
Dall’elaborazione della carta dell’uso del suolo (Tabella 5.4 e Grafico 5.1. Vedi risultati) emerge
che la tipologia ambientale più rappresentata è l’incolto erbaceo (65.60 %), in cui le specie
dominanti appartengono alla famiglia delle Graminacee, ed in particolare l’avena (Avena spp.) e
l’orzo selvatico (Hordeum sp.), ma si osserva anche la diffusa presenza di specie appartenenti
alle Composite spinose, come il cardo (Cardus spp.) e la carlina (Carlina spp.) oltre ad una
consitente presenza di asfodelo (Asfodelus microcarpus). Le specie che caratterizzano la macchia
mediterranea, che è la seconda tipologia più rappresentata (17.52 %), sono il lentisco (Pistacia
lentiscus), il cisto (Cistus sp.), la ginestra (Spartium junceum L.), la calicotome (Calicotome
villosa), l’olivastro (Oleae europea var. oleaster L.) e il mirto (Myrtus communis). Ampiamente
diffuso è il pero selvatico (Pyrus pyraster), mentre pini (Pinus pinea), cipressi (Cupressus
sempervirens), eucalipti (Eucaliptus globosus) e il rovo (Rubus spp.) compaiono a ridosso di
recinzioni o seguono i bordi delle strade.
In corrispondenza delle rive del lago la vegetazione è caratterizzata da una specie termofila,
tipica dei luoghi umidi, quale la Tamerice gallica (Tamerix gallica) mentre lungo i margini dei
corsi d’acqua è possibile rinvenire specie quali il frassino (Frassinus excelsior) e l’olivastro; in
questi luoghi non è raro trovare la presenza delle ninfee bianche (Nynphaea alba).
15
Area di studio
3.1.4 Fauna
La Zona di Ripopolamento e Cattuta di Surigheddu rappresenta una porzione di territorio protetta
in una regione peraltro ricca di specie animali anche di notevole interesse faunistico. In
particolare la presenza del lago al suo interno è all’origine della grande varietà di specie
ornitiche, legate ad ambienti acquatici che caratterizzano l’area di studio e chi vi trovano
l’habitat ideale. Tra i rallidi sono presenti la gallinella d’acqua (Gallinula chloropus) e numerose
folaghe (Fulica atra); tra gli anatadi l’oca selvatica (Anser anser), la volpoca (Tadorna tadorna),
il fischione (Anas penelope), il codone (Anas acuta), la marzaiola (Anas strepera), il mestolone
(Anas clipeata), il fistione turco (Netta rufina), il moriglione (Aythya ferina), la moretta (Aythya
fuligula) e la moretta tabaccata (Aythya tabaccata) (Cadoni, 2001); tra gli ardeidi sono presenti
l’airone cinerino (Ardea cinerea), la garzetta (Egretta garzetta) e l’airone rosso (Ardea
purpurea). Sono stati osservati anche dei cormorani (Phalacrocorax carbo) e, in rari casi, alcuni
esemplari di fenicottero (Phoenicopterus ruber) Infine numerosi sono tra i laridi gli esemplari di
gabbiano reale (Larus argentatus) che frequentano il lago e i campi circostanti.
Oltre a quelle che frequentano il lago sono presenti numerose altre specie di uccelli; tra i corvidi
la più numerosa è sicuramente la cornacchia grigia (Corvus corone cornix) mentre meno
rappresentata risulta essere la ghiandaia (Garrulus glandarius); numerose sono anche le specie di
passeriformi Passeriformi tra i quali è facile osservare il fringuello (Fringilla coelebs), il passero
sardo (Passer hispaniolensis arrigonii), lo strillozzo (Emberiza calandra), il pettirosso
(Erithacus rubecula), il cardellino (Carduelis carduelis), il verdone (Carduelis chloris), la
capinera (Sylvia atricapilla) e la cinciallegra (Parus major). Sono presenti anche alcune
interessanti specie migratrici come il gruccione (Merops apiaster) e l’upupa (Upupa epops) tra i
coraciformi, il cuculo (Cuculus canorus) e il cuculo dal ciuffo (Clamator glandarius) tra i
cuculiformi, la quaglia (Coturnix coturnix) tra i galliformi e l’occhione (Burhinus oedicnemus)
tra i caradriformi. Numerose sono anche le specie di rapaci diurni tra quali possiamo annoverare
la poiana (Buteo buteo), il gheppio (Falco tinnunculus), il falco pescatore (Pandion haliaetus) e
il falco di palude (Circus aeruginosus). Tra gli strigiformi sono presenti la civetta (Athene
noctua) e il barbagianni (Tyto alba).
Nella primavera del 2002 è stato registrato un caso di nidificazione da parte di una coppia di
cicogne bianche (Ciconia ciconia) che andato a buon fine si è ripetuto, tuttavia senza successo,
anche nel 2003.
Tra i mammiferi sono presenti la lepre sarda (Lepus capensis mediterraneus), il coniglio
selvatico (Oryctolagus cuniculus), il topo selvatico (Apodemus sylvaticus), la volpe (Vulpes
vulpes), la martora (Martes martes), la donnola (Mustela nivalis), il cinghiale (Sus scrofa) e il
16
Area di studio
gatto domestico (Felis catus); le ultime cinque specie possono, direttamente o indirettamente,
essere considerate specie predatrici della pernice sarda.
All’interno della ZRC sono inoltre presenti animali domestici ed in particolare numerosi capi di
ovini, spesso accompagnati dai cani, mentre meno frequente è la presenza di bovini e equini.
17
Area di studio
3.2 Asinara
3.2.1 Inquadramento storico geografico
L’isola dell’Asinara si trova nel golfo omonimo,nella parte Nord-Occidentale della Sardegna, tra
i 40°7'13" latitudine Nord e i 8°19'28 longitudine Est di Punta Scorno e i 40°59'28" latitudine
Nord e i 8°15'25" latitudine Est di Punta Barbarossa. Interamente compresa nel territorio del
comune di Porto Torres, in Provincia di Sassari ha una estensione di 52 Kmq per una lunghezza
complessiva di 17,4 Km. (Gutierrez et al, 1998).
Sin dall’antichità l’isola dell’Asinara era ben nota ai naviganti come scalo lungo le rotte marine.
Le fonti classiche in Plinio la ricordano come l’Insula Herculis, e nelle carte nautiche medievali
compare come Azenara, nome d’origine pisana, tramandato nella tradizione toscana.
Nel medioevo afferma la sua importanza come area portuale. Documenti dell’epoca riportano,
oltre che informazioni sui rapporti fra Torres, Genova e le rispettive casate, riferimenti relativi a
scontri navali e imboscate di corsari e pirati, tese alle imbarcazioni commerciali, che vedevano
come scenario le acque isolane. L’unica testimonianza di un insediamento di modeste dimensioni
riguarda il monastero di Sant’Andrea, abitato nel 1500 da monaci camaldolesi. La povertà e le
difficili condizioni di vita portarono la comunità a un progressivo e inesorabile abbandono
dell’Isola.
Dopo l’Unità, con la promulgazione del codice Zanardelli, furono istituite in Italia colonie
agricole, dove i deportati potevano scontare la loro condanna. La Sardegna faceva parte delle
mete di deportazione.
La proposta d’istituzione di una colonia penale all’Asinara fu fatta nel 1885 insieme con quella
di un lazzaretto provvisorio nella stessa isola. Le località più adatte per l’impianto degli edifici
sono state La Reale, Trabuccato, Cala d’Oliva e Fornelli.
Alla fine del 1888 la colonia dell’Asinara conteneva 254 detenuti, con una situazione
disciplinare ottima. All’inizio del secolo scorso nell’antico villaggio di Cala d’Oliva si trovavano
la direzione della colonia, gli alloggi per impiegati, soldati, detenuti e fornitori, la chiesa, la
scuola, il telefono e il telegrafo. L’agricoltura era praticata su una superficie di 230 ettari,
distribuiti in cinque poderi: quello dello stabilimento principale a Cala d’Oliva, e quelli di
Elighemannu, Trabuccato, Tumbarino e Fornelli. Il podere di Cala d’Oliva era dotato di una
stalla per bovini e equini, un caseificio, un pollaio e un orto. Elighemannu battuto dai venti,
ospitava solo 20 detenuti che coltivavano con legumi, cereali e prati in rotazione, i terreni più
riparati, mentre gli altri erano destinati a boschi cedui in cui ogni anno vi si seminavano le
ghiande del leccio. Nel podere di Trabuccato era coltivata una vigna di 5 ettari e frumento, avena
18
Area di studio
e legumi nei terreni vicini al mare. Il podere di Fornelli aveva 3 dormitori per 78 condannati, una
caserma per gli agenti di custodia, stalle, fienili e abbeveratoi sia per ovini che per bovini. Circa
cento ettari di terreno erano coltivati a frumento, avena, mais e foraggi con tecniche colturali
intensive (rotazione con piante miglioratrici, sovesci e concimazioni chimiche). Il patrimonio
zootecnico, costituito da 1.486 ovini, 394 bovini, 31 equini, 71 suini e 290 avicoli, rappresentava
una voce importante nell’economia della colonia. Tra il 1909 e il 1910 il caseificio produceva
15.000 Kg di latticini e macellava un migliaio di capi d’allevamento.
L’approvvigionamento idrico costituiva un problema e l’isola era rifornita d’acqua potabile con
una nave cisterna (Gutierrez et al, 1998).
Nel corso della Grande Guerra le strutture presenti funsero anche da campo di concentramento
per i prigionieri di guerra. Il lazzaretto risultava inadeguato rispetto al numero di ricoveri: a fine
conflitto si calcolava che dei 24.000 prigionieri trasferiti nell’isola, circa 5.700 erano morti per
colera o per mancanza di mezzi di sussistenza (Gutierrez et al, 1998).
Dal giugno del 1971 l’isola assumeva il carattere di carcere speciale. A metà degli anni settanta
la struttura di Fornelli era stata considerata adatta ad accogliere i detenuti più difficili e ribelli.
Il 12 marzo 1976 fu emanato dal Ministero dei Beni Cultuali e Ambientali il vincolo
paesaggistico per il notevole interesse pubblico dovuto alle bellezze naturali dell’isola.
L’Asinara esprimeva pertanto una duplice realtà: luogo d’incomparabile e antica bellezza e sede
di una delle carceri più dure d’Italia Dopo il susseguirsi di numerose vicende politiche legate al
supercarcere, con atto non ufficiale il 31 dicembre 1980 l’Asinara tornò ad essere “solo una
galera” in cui vivevano, lavorando, 450 detenuti (Gutierrez et al, 1998).
Nel 1997 il carcere viene chiuso e, secondo la legge n. 344/97, e con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Ministro dell’Ambiente, dal 1998 l’Isola dell’Asinara diventa Parco
Nazionale.
3.2.2 Descrizione fisica
Il territorio dell’isola dell’Asinara è parte integrante della regione della Nurra, e unitamente ad
essa costituisce una unica regione geografica caratterizzata da coste ripide alternate a depositi
sabbiosi.
Da un punto di vista geologico si tratta quasi interamente di rocce metamorfiche risalenti al
Paleozoico e di graniti del Carbonifero. La morfologia dell’isola è caratterizzata dalla presenza
di quattro agglomerati montuosi uniti da una fascia costiera stretta e pianeggiante. Nella parte
settentrionale si trova Punta della Scomunica che con i suoi 408 m di quota rappresenta il
maggiore rilievo dell’isola. Nella parte meridionale si trovano altri due rilievi, di minore
19
Area di studio
importanza, Punta Maestra Fornelli (265 m) e Monte Garau (151 m) che degradano nella Piana
costiera di Fornelli che costeggia l’omonimo stretto. I forti venti di provenienza occidentale che
spazzano l’isola hanno reso impossibile la formazione di depositi sabbiosi lungo la costa
occidentale dell’isola che quindi si presenta ripida e scoscesa mentre quella orientale risulta
pianeggiante e costellata di insenature e spiagge sabbiose, tra cui Cala Sant’Andrea, Cala Reale,
Cale Sabina e Cala Arena. La costituzione rocciosa del territorio ha reso estremamente difficile
la formazione di suolo, adatto alla sviluppo di una folta vegetazione che si è concentrata
soprattutto nelle numerose spaccature che la attraversano, assumendo il carattere di gariga o
macchia bassa e non consentendo lo sviluppo di aree boscose se non in una piccola porzione
nella zona settentrionale. Nella zona settentrionale e meridionale dell’isola si possono trovare
bacini idrografici. La valle principale, situata a est di Punta della Scomunica, è chiamata Riu
Badde Longa e sfocia a Cala Arena. Dieci altri piccoli torrenti scorrono direttamente verso il
mare. I rilievi accidentati e la minima capacità di ritenzione idrica delle rocce cristalline rendono
impossibile la formazione di depositi idrici. Nel resto dell’isola esistono pozzi e sorgenti che
forniscono solo una limitata quantità d’acqua al di fuori della stagione estiva (Monbailliu e
Torre, 1990).
IL clima dell’isola è tipicamente mediterraneo ed è caratterizzato da inverni miti ed estati calde; i
dati raccolti dalla stazione meteorologica di Stintino, per gli anni 2003-2005, (Tabella 3.3,
Grafico 3.4 e Grafico 3.5) hanno mostrato valori medi delle temperature minime per i mesi
invernali di 7,2°C, (con punte minime di 5,2°C a febbraio 2003 e 2005), mentre durante la
stagione estiva la temperatura minima ha avuto un valore medio di 20,0°C (con punte massime
di 23,6°C nell’agosto del 2003). L’andamento delle precipitazioni segue quanto mostrato nel
Grafico 2.5.
La presenza del mare aperto espone l’isola all’azione dei venti, il più importante dei quali è il
Ponente (Ovest), che è presente il 39.6% dei giorni. Importante è la frequenza del Levante (Est)
che soffia nel 21.8%, e la cui presenza, solitamente anomala nel clima della Sardegna, è
probabilmente ascrivibile alla vicinanza delle Bocche di Bonifacio; significativa anche la
presenza del Libeccio che soffia da Sud-Ovest. Un aspetto importante è che il vento massimo
giornaliero è solitamente forte superando per circa il 50% dei giorni, la velocità di 13,5 m/s
(Gutierrez et al, 1998).
20
Area di studio
Foto 3.2 La Piana di Fornelli vista dal Castellaccio
21
Area di studio
Andamento delle temperature all'Asinara
negli anni 2003-2005
40,0
T°C
30,0
20,0
10,0
ge
n
-0
3
ap
r-0
3
lu
g03
ot
t-0
3
ge
n04
ap
r-0
4
lu
g04
ot
t-0
4
ge
n05
ap
r-0
5
lu
g05
ot
t-0
5
0,0
T°C max
mesi
T°C min
Grafico 2.3
Andamento della piovosità all'Asinara
per gli anni 2003-2005
150
mm
100
50
mesi
5
t- 0
se
05
m
ag
-0
5
4
ge
n-
t- 0
se
m
ag
-0
4
n04
3
ge
t- 0
se
ge
n03
m
ag
-0
3
0
Pioggia mm
Grafico 2.4
22
Area di studio
3.2.3 Vegetazione
La formazione forestale era rappresentata, in origine, dalla lecceta termofila, distribuita
frammentariamente in alcune parti dell’Isola e principale copertura delle zone interne. Al seguito
dei tagli e degli incendi appiccati per far posto al pascolo, è stata sostituita dalla macchia,
elemento principale della composizione floristica attuale. La macchia è caratterizzata per la
maggior parte dal lentisco (Pistacia lentiscus) e dall’euforbia arborescente (Euphorbia
dendroides), che nel periodo della fioritura conferisce al paesaggio una colorazione dai toni
rosso vivo, ma significativa è anche la diffusione del cisto (Cistus sp.) e della timelea
(Thymelaea sp.). Nell’incolto sono comuni le specie erbacee appartenenti alla famiglia delle
Graminacee (Avena sp., Hordeum sp.) e delle Composite spinose (Carlina lanata L., Carlina
corymbosa L., Galactites tormentosa Moench).
Per quanto riguarda la zona di Fornelli, interessata da questo studio, l’elaborazione della carta
dell’uso del suolo ha consentito di individuare quale tipologia vegetazionale dominante l’incolto
erbaceo 43.41 %); a cui seguono la gariga (24.76 %), la roccia con vegetazione rada (12.33 %),
la macchia (8.62 %), la costa rocciosa (5.09 %) e la strada sterrata (2.50 %) (Tabella 5.4 e
Grafico 5.2. Vedi risultati).
3.2.4 Fauna
L’Asinara è caratterizzata da una notevole ricchezza faunistica e dalla presenza di alcune specie
di notevole interesse per il loro livello di protezione. Molto numerose sono le specie legate ad
ambienti acquatici, sia marini sia d’acqua dolce, che trovano un habitat ideale lungo le coste e
nei bacini interni. Tra gli uccelli marini, sono state avvistate, ma non si hanno notizie certe della
nidificazione, la berta maggiore (Calometrics diomedea) e la berta minore (Puffinus puffinus) tra
i procellariformi, mentre tra i laridi il gabbiano reale (Larus argentatus) di cui è certa la
nidificazione e il raro gabbiano corso (Larus audouinii) per il quale non si hanno certezze di
nidificazione; tra i pelecaniformi sono numerosi gli esemplari di marangoni dal ciuffo
(Phalacrocorax aristotelis desmaresti). Tra le specie che popolano i bacini interni possiamo
annoverare tra i podecipediformi il tuffetto (Podiceps ruficollis), tra i rallidi la gallinella d’acqua
(Gallinula chloropus), la folaga (Fulica atra) e porciglione (Rallus acquaticus); tra gli anatidi si
possono osservare numerosi esemplari di germano reale (Anas platyrhynchos) e tra glia ardeidi
l’airone cinerino (Ardea cinerea), l’airone rosso (Ardea purpurea) e la garzetta (Egretta
garzetta).
23
Area di studio
Anche le specie non strettamente legate ad ambienti acquatici sono numerose e vi si possono
annoverare tra i corvidi la cornacchia grigia (Corvus corone cornix), il corvo imperiale (Corvus
corax) e la gazza (Pica pica). Altre specie di passeriformi comuni sono lo scricciolo
(Troglodytes troglodytes), l’usignolo (Luscinia megarhynchos), il merlo (Turdus merula), la
passera sarda (Passer hispaniolensis), il verdone (Carduelis chloris) e il cardellino (Carduelis
carduelis). Tra i columbiformi troviamo la tortora (Streptopelia turtur) e il colombaccio
(Columba palumbus); infine tra i rapaci si annoverano la poiana (Buteo buteo), il falco pellegrino
(Falco peregrinus) e il gheppio (Falco tinnunculus) e tra gli strigiformi il barbagianni (Tyto
alba) e la civetta (Athena noctua).
Anche tra i mammeferi si può osservare una notevole ricchezza di specie; infatti comuni sono il
riccio (Erinaceus europaceus), la lepre sarda (Lepus capensis), il muflone (Ovis orientalis
musimon) reintrodotto all’inizio degli anni ’50 e il cinghiale (Sus scrofa). Tra i possibili predatori
possiamo annoverare la donnola (Mustela nivalis) e il gatto domestico inselvatichito (Felis
catus) mentre è da notare l’assenza della volpe (Vulpes vulpes) (Cossu et al., 1994). A questi si
aggiungono molte specie domestiche inselvatichite, come la capra (Capra hircus), o brade come
bovini domestici, cavalli, asini.
24
Materiali e metodi
Capitolo 4
MATERIALI E METODI
4.1 Indagine bibliografica
Per comprendere quale fosse lo stato di conoscenze sulla pernice sarda è stata effettuata una
ricerca bibliografica approfondita di tutte le pubblicazioni nazionali ed internazionali sulla
specie, in un intervallo di tempo che va dal 1990 al 2003. La ricerca è stata condotta mediante il
NISC DISCOVER (WILDLIFE WORLDWIDE) presso il Dipartimento di Zoologia e
Antropologia Biologica dell’Università di Sassari e mediante ISI WEB OF SCIENCE presso il
Dipartimento di Biologia Animale dell’Università degli Studi di Pavia.
Il programma NISC DISCOVER si basa su due fonti bibliografiche: Wildlife Review Abstracts e
Swiss Wildlife Information Service. ISI WEB OF SCIENCE si basa invece essenzialmente su
cinque banche dati bibliografiche: Science Citation Index Expanded, Social Sciences Citation
Index, Arts & Humanities Citation Index, Index Chemicus e Current Chemical Reactions.
I risultati della ricerca sono stati classificati secondo i seguenti criteri:
•
anno di pubblicazione;
•
paese di appartenenza degli autori;
•
argomenti generali;
•
argomenti specifici di ecologia.
4.2 Analisi ambientale
Una volta individuate le aree di studio è stata prodotta una carta dell’uso del suolo per ciascuna
area; questo tematismo è stato realizzato attraverso l’utilizzo del programma GIS ArcView 3.2
(ESRI, Inc. 1992-1999).
La prima fase di lavoro è consistita nella fotointerpretazione di foto aeree (ANNO e
DEFINZIONE) a colori e nella digitalizzazione delle differenti tipologie ambientali individuate.
Successivamente le diverse attribuzioni sono state validate attraverso sopralluoghi in campo. La
cartografia è stata integrata con l’inserimento di altri attributi quali, strade, edifici. Dalla
cartografia così prodotta sono state calcolate le proporzioni dei differenti tipi di associazioni
vegetali che sono state utilizzate nelle elaborazioni statistiche come variabili indipendenti.
22
Materiali e metodi
4.3 Raccolta dati
Premessa
I metodi di censimento che generalmente vengono utilizzati per le specie appartenenti al genere
Alectoris e più in generale per i Galliformi, sono fondamentalmente tre: censimenti in battuta, al
canto e con il metodo del mappaggio. Il primo è un metodo che si presta bene in aree di limitata
estensione e in cui la morfologia del terreno e la distribuzione della vegetazione non sono troppo
eterogenee e complesse; inoltre richiede un numero elevato di operatori e tempi di realizzazione
piuttosto lunghi.
Il censimento mediante il metodo del mappaggio è legato alla densità degli animali essendo più
efficace in aree con densità medio-basse, e risulta essere particolarmente efficiente in ambienti
dominati da coltivazioni cerealicole; inoltre richiede un numero di operatori molto limitato, uno
o al massimo due. Infine il metodo del censimento al canto consente di contattare anche gli
individui non raggiungibili con gli altri due approcci e può essere condotto utilizzando molti
operatori da punti di ascolto fissi o da pochi operatori che si muovono lungo un percorso in cui
sono individuati i punti. La scelta di uno o più di questi metodi è legata alla resa che ciascuno di
essi può fornire nel tipo di habitat nel quale ci si trova ad operare, alla specie in studio e alla
possibilità logistica di realizzazione di ciascuna di esse. Pertanto in questo lavoro sono stati
valutati positivamente il metodo del censimento al canto e quello del mappaggio.
4.3.1 Censimento al canto
Per entrambe le aree di studio sono stati effettuati censimenti al canto da punti di ascolto fissi,
scelti in modo casuale ma in numero commisurato alla estensione di ciascuna area e distanti tra
loro almeno 500m (Meriggi, 1989). I censimenti sono stati effettuati al mattino, nelle prime due
ore di luce, e al tramonto nelle ultime due ore di luce, simultaneamente in tutti i punti di ascolto.
Ogni seduta di censimento prevedeva una prima mezz’ora di ascolto seguita da tre sessioni di
emissione del richiamo, distanziate tra loro di venti minuti; la sequenza di
stimolazione, ripetuta per tre volte a distanza di 20 minuti, prevedeva un minuto di emissione del
richiamo al quale seguiva una fase di ascolto della medesima durata. Al termine delle sessioni di
emissione faceva infine seguito un’ulteriore mezz’ora di ascolto. Tutti gli animali sentiti
venivano riportati su apposite schede (Fig. 4.1) nelle quali veniva indicato il numero di individui
che rispondevano a ciascuna stimolazione, quelli che cantavano spontaneamente, la direzione, in
gradi nord, di provenienza del canto e la distanza. Insieme a queste informazioni ne venivano
23
Materiali e metodi
registrate altre quali le condizioni meteorologiche (in particolare la presenza o assenza di vento,
la sua intensità
24
Materiali e metodi
Fig.4.1 Scheda per il censimento al canto
25
Materiali e metodi
e direzione di provenienza), l’ambiente intorno all’animale, l’ora in cui veniva emesso il
richiamo e in cui veniva sentito l’animale. Tutti i punti di provenienza del canto venivano inoltre
mappati su Carte Tecniche Regionali in scala 1:10000 e 1:6000.
4.3.2. Censimento con il metodo del mappaggio
All’interno delle aree di studio sono stati individuati uno o più transetti, da percorrere in auto o a
piedi, distribuiti in modo da coprire l’intera area di studio e da essere rappresentativi d tutti gli
ambienti che le caratterizzano (Fig. 4.2 e Fig. 4.3). Questi sono stati percorsi nelle due ore
successive all’alba e nelle due ore precedenti il tramonto per tutto il corso dell’anno,
intensificando gli sforzi nei periodi di maggiore interesse per la biologia della specie quali quello
della formazione delle coppie e della schiusa delle covate. Ogni avvistamento effettuato veniva
riportato su apposite schede (Fig. 4.4) unitamente a informazioni quali il numero di individui
avvistati, il tipo di raggruppamento, la classe di età, il comportamento degli individui, il tipo di
ambiente, le condizioni meteo ecc. Ogni osservazione veniva mappata su Carte Tecniche
Regionali in scala 1:10000 e successivamente visualizzate su cartografia digitale tramite il
programma informatico Arcview GIS 3.2 per Windows.
Per distinguere le coppie, le nidiate, gli individui singoli e quelli in gruppo si è tenuto conto della
loro localizzazione e dell’ora in cui questa veniva effettuata tenendo conto così delle
osservazioni simultanee che venivano fatte durante la medesima seduta di censimento. Per le
nidiate, inoltre, si è tenuto conto del numero di individui che le componevano e della loro età
ricavata dallo sviluppo corporeo e dalla colorazione del piumaggio. In particolare le classi di età
di riferimento sono state le seguenti:
1° classe: individui con meno di 30 giorni e dimensioni pari a ¼ dell’adulto
2° classe: individui di circa 30 giorni e dimensioni pari a circa ½ dell’adulto
3° classe: individui di circa 60 giorni e dimensioni pari a circa ¾ dell’adulto
4° classe: individui di circa 90 giorni e dimensioni simili a quelle dell’adulto
26
Materiali e metodi
Figura 4.2 transetto nell’area di studio di Surigheddu
27
Materiali e metodi
Figura 4.3 Transetto nell’area di studio dell’Asinara
22
Materiali e metodi
Fig 4.4 Scheda per le osservazioni
22
Materiali e metodi
4.3.3 Catture
Al fine di valutare l’efficacia del metodo di mappaggio e individuando nel doppio conteggio la
maggior possibilità di errore dell’operatore, sono state condotte delle catture nella Zona di
Ripopolamento e Cattura di Surigheddu. Gli animali catturati sono stati marcati con “ponchos”
numerati per permettere una più corretta individuazione dei soggetti osservati, allo stesso tempo
sono state acquisite maggiori informazioni sugli spostamenti dei singoli oltre ad alcuni parametri
di popolazione (rapporto sessi, rapporto giovani adulti) e alle relative misure biometriche.
Le catture sono state effettuate nell’inverno 2003-2003 e nell’inverno 2004-2005 utilizzando due
differenti tipologia di trappole. Il primo anno sono state adoperate gabbie in legno (Fig. 4.5)
provviste di un meccanismo a scatto attivato dagli animali; il secondo anno sono invece state
utilizzate delle trappole in ferro zincato (Fig. 4.6) dotate di un’apertura con delle asticelle che
consentono l’ingresso agevole degli animali ma non ne consentono l’uscita. In entrambi gli anni
è stata utilizzata come esca del grano che veniva posto sia all’interno sia all’esterno della
trappola. Una volta effettuata la scelta, sulla base delle osservazioni fatte nei mesi precedenti, dei
punti in cui collocare le gabbie e per un periodo di circa una settimana, si è provveduto alla posa
inattiva delle trappole associate alla presenza di paglia e grano nelle zone immediatamente
circostante e per un raggio di circa due metri, in modo da abituare gli animali alla presenza delle
stesse gabbie e da attirali sui luoghi di cattura. Una volta attivate le gabbie e per tutto il periodo
delle catture sono stati effettuati due controlli al giorno (uno prima dell’alba e uno al tramonto)
per verificare la presenza di animali catturati, per controllare se era ancora presente un
quantitativo sufficiente di esca e, nel caso delle gabbie a scatto, per accertarsi dell’efficienza del
meccanismo.
Degli animali catturati sono state prese le seguenti misure biometriche (Barlein, 1995) mediante
l’impiego di un calibro in plastica (per non causare danno agli animali), una pesola di precisione
ed un righello specifico per la misura delle ali.
•
peso
•
lunghezza e larghezza delle ali
•
lunghezza e larghezza del becco
•
lunghezza e larghezza del tarso
La determinazione del sesso è stata fatta sulla base della presenza/assenza del tarso, della sua
dimensione e forma ed è stata individuata l’età degli animali utilizzando l’analisi delle penne
remiganti (Fig 4.7). Sulla base dello stato di queste penne infatti, è possibile classificare gli
individui come giovani o adulti;
23
Materiali e metodi
Figura 4.5 Gabbia in legno per la cattura della pernice sarda
Figura. 4.6 Gabbie in metallo per la cattura della pernice sarda
24
Materiali e metodi
Fig. 4.7 – Stato delle due remiganti distali per la determinazione dell’età (Spanò et al., 1998)
1° e 2° remigante con apici
appuntiti (giovani dell’anno)
1° e 2° remigante con apici
appuntiti ma usurati (individui
dell’anno precedente che non
hanno ancora mutato)
1° e 2° remigante con apici
arrotondati (individui dell’anno
precedente che hanno appena
mutato, ma anche di due o più anni)
Per tutti i parametri è stato calcolato il valore medio (e relativa Deviazione Standard) e mediante
il test t di Student è stata verificata la presenza di differenze statisticamente significative tra le
classi di età e tra i sessi.
25
Materiali e metodi
4.4 Metodi per l’informatizzazione e analisi statistiche dei dati
3.4.1 Densità e demografia della popolazione
I dati raccolti con il metodo del mappaggio hanno permesso di calcolare i parametri di
popolazione per l’area di studio dell’Asinara e per quella di Surigheddu; i parametri considerati
sono stati i seguenti:
1. Consistenza e densità della popolazione primaverile. Stimate dalla somma degli individui
accoppiati e di quelli singoli o in gruppo presenti nella popolazione a marzo e aprile,
quando le coppie si sono oramai formate tutte e non è ancora iniziata la deposizione e la
cova. Dato che gli individui non accoppiati non sono territoriali, il loro numero è stato
calcolato dalla proporzione del numero di osservazioni di individui non accoppiati sul
numero di osservazioni di coppie, rapportata al numero di coppie mappate:
N° ind. singoli oss. / N° di coppie oss. = x / N° di coppie mappate
dove x è il numero di individui non accoppiati presenti nella popolazione.
2. Numero e densità di coppie. Stimate dal mappaggio di tutte le osservazioni di coppie
effettuate nelle due aree in marzo e aprile valutate criticamente considerando le
osservazioni simultanee effettuate nel corso del medesimo sopralluogo.
3. Successo riproduttivo. E’ stato calcolato come rapporto percentuale tra il numero di
nidiate (coppie accompagnate da almeno un giovane) e il numero delle coppie censite.
4. Numero e densità di nidiate. Stimati con il mappaggio come le coppie; le nidiate sono
state distinte oltre che dalla località frequentata e dalle osservazioni simultanee, anche dal
numero di giovani e dalla loro età, dedotta dallo stadio della muta.
5. Dimensione della media della nidiata e relativa Deviazione Standard (DS). Numero
medio di giovani per nidiata su tutte le osservazioni di nidiate effettuate.
6. Dimensione della nidiata alla nascita e relativa Deviazione Standard (DS). Ricavata dai
dati bibliografici con l’aggiunta di osservazioni effettuate durane lo studio.
7. Dimensione della nidiata di età ≥ 60 gg. e Deviazione Standard (DS). Numero medio di
giovani per nidiata su tutte le osservazioni di nidiate classificate tra i 60 e 90 gg. e oltre
90 gg.
8. Mortalità giovanile. Differenza percentuale tra la dimensione media della nidiata alla
nascita e la dimensione media a 60 gg. e oltre; dai 60 gg. di età in poi la mortalità dei
giovani può essere considerata equivalente a quella degli adulti.
9. Numero totale di giovani a fine estate. Calcolato moltiplicando il numero di nidiate per la
dimensione media della nidiata di età ≥ 60 gg.
26
Materiali e metodi
10. Numero totale di adulti a fine estate. Stimato dalla proporzione di adulti osservati nei
mesi di agosto e settembre sul numero totale di nidiate osservate e rapportato al numero
di nidiate mappate:
N° ind.adulti oss. / N° di nidiate oss. = x / N° di nidiate mappate
dove x è il numero di adulti a fine estate.
11. Rapporto d’età. Sono stati calcolati due rapporti d’età: il primo come rapporto tra giovani
a fine estate e adulti presenti in primavera e il secondo come rapporto tra giovani a fine
estate e adulti sopravvissuti alla fine della stagione riproduttiva.
12. Mortalità degli adulti tra primavera ed estate. Calcolata come differenza percentuale tra la
consistenza primaverile ed il numero totale di adulti a fine estate.
13. Consistenza e densità della popolazione a fine estate. Stimate sommando il numero totale
d’adulti e il numero totale di giovani a fine estate.
14. Incremento riproduttivo. Calcolato come differenza percentuale tra la consistenza della
popolazione a fine estate e la consistenza della popolazione in primavera.
15. Mortalità autunno invernale. Calcolata come la differenza percentuale tra la consistenza
della popolazione a fine estate e la consistenza della popolazione nella primavera
dell’anno successivo.
Per verificare l’esistenza di differenze significative tra i due anni e tra le aree di studio è stato
utilizzato il test del chi-quadrato per tabelle di contingenza, in caso di confronti tra
frequenze, e test t di Student e Analisi Multifattoriale della Varianza (Modelli Lineari
Generalizzati) nel caso di valori medi.
4.4.2 Vitalità della popolazione (PVA)
L’analisi di vitalità di una popolazione (o Population Viability Analysis: PVA) rappresenta
un approfondimento delle analisi di dinamica di popolazione, la cui finalità è quella di
prevedere l’evoluzione dimensionale della popolazione in esame e la possibilità che questa
ha di permanere nel tempo, determinando quali fattori possono condizionarne l’andamento
(Merli e Meriggi 2000).
Le basi teoriche da cui la tecnica si sviluppa derivano dai principi di biologia delle piccole
popolazioni, delle popolazioni isolate o frammentate, della biogeografia insulare e della
dinamica delle metapopolazioni. In base a queste teorie la dimensione di una popolazione e
la sua tendenza nel tempo, pur seguendo l’andamento previsto dai modelli analitici
deterministici, sono anche il risultato dell’interazione tra una serie di processi di natura
27
Materiali e metodi
stocastica, il cui peso finale sulla dinamica delle popolazioni è inversamente proporzionale
alla dimensione delle popolazioni stesse.
Tali processi sono stati suddivisi in 4 categorie principali (Shaffer 1981): (i) Stocasticità dei
parametri demografici: è la normale variabilità dei tassi di sopravvivenza e riproduzione che
fluttuano intorno ai valori medi in modo casuale, seguendo la curva normale di distribuzione
di probabilità. Sono il valore medio delle caratteristiche individuali dei membri della
popolazione. (ii) Variabilità ambientale: rappresenta le variazioni, nel tempo e nello spazio,
delle capacità dell’ambiente nel sostenere la specie. Le condizioni climatiche ad esempio
possono mutare da zona a zona o negli anni inducendo differenze tra i parametri demografici
di ipotetiche popolazioni altrimenti identiche. Altri elementi della variabilità ambientale sono
rappresentati dalla presenza di predatori, prede o competitori, dalla incidenza di malattie e
dalla disponibilità di risorse. (iii) Eventi catastrofici: sono le variazioni ambientali estreme,
che si differenziano dalla normale variabilità ambientale per l’intensità e la qualità degli
effetti. Sono fenomeni di eccezionale gravità (terremoti, inondazioni, incendi) con una
probabilità di occorrenza in genere stimata dagli andamenti pregressi. (iv) La variabilità
genetica: è la responsabile della variabilità delle caratteristiche demografiche ricordata
precedentemente, ma la sua azione sulle piccole popolazioni è anche quella di innescare delle
tendenze negative dei parametri demografici. Tali tendenze sono dovute alle modificazioni
non adattative del patrimonio genetico, cioè quelle modificazioni della frequenza allelica non
imputabili alla selezione naturale, ma al campionamento casuale degli alleli ad ogni
generazione. In popolazioni ridotte ciò si accompagna ad una perdita di variabilità genetica
che può essere associata alla depressione da inbreeding (perdita di fitness degli individui
generati da incroci tra consanguinei) inducendo, anche tramite la manifestazione di alleli
letali recessivi, il peggioramento delle caratteristiche di sopravvivenza e riproduzione.
Le PVA attualmente vengono realizzate attraverso l’impiego di appositi programmi
informatici che consentono di sviluppare modelli teorici di accrescimento delle popolazioni,
combinando tutti i parametri relativi ai fattori sopramenzionati ed alla loro variabilità, con
eventi deterministici (prelievi, immissioni ecc.) riferiti a precise ipotesi gestionali.
Le PVA, quando condotte in modo rigoroso, sono risultate affidabili nelle loro previsioni
(Brook et al. 2000) e sono quindi diventate un importante strumento gestionale utilizzabile
come supporto all’individuazione delle migliori strategie in grado di favorire la
conservazione ed il razionale sfruttamento delle popolazioni animali
Per ottenere delle previsioni realistiche, sull’andamento delle popolazioni di pernice sarda
nelle due aree di studio, sono stati utilizzati i parametri demografici raccolti nei due anni di
28
Materiali e metodi
studio che sono stati integrati con dati bibliografici quando, a causa del ridotto periodo di
studio, i parametri misurati non presentavano un’accuratezza adeguata alle necessità di
questo tipo di analisi.
L’elaborazione dei dati raccolti è stata effettuata con il programma per PC IBM compatibile
Vortex versione 9.57 (Lacy, 1993; Lacy et al, 1995; Miller e Lacy, 1999). Questo programma
fornisce un numero a scelta di simulazioni stocastiche dell’andamento della popolazione per
un periodo di tempo definito, partendo da una serie di parametri di dinamica della
popolazione e della loro variabilità nel tempo e nello spazio; il risultato finale che scaturisce
corrisponde all’andamento medio. Il programma fornisce, inoltre, importanti informazioni
utilizzabili nella stima della vitalità della popolazione in esame consentendo di valutare le
conseguenze che possono avere alcune pratiche gestionali quali le immissioni e i prelievi.
E’ stato quindi possibile ottenere le seguenti previsioni per un periodo prefissato di 10 anni:
•
stima dell’andamento annuale della dimensione (con relativi errore e deviazione
standard) della popolazione
•
stima del tasso intrinseco di accrescimento della popolazione (con errore e deviazione
standard)
•
probabilità di permanenza della popolazione
Le informazioni che servono per la formulazione delle previsioni riguardano soprattutto la
dinamica di popolazione, ma sono importanti anche dati relativi al comportamento
riproduttivo, alla capacità portante dell’ambiente, alle possibili variazioni della qualità
ambientale, alla probabilità che avvengano eventi catastrofici per le popolazioni ecc.
Di seguito vengono riportati i parametri presi in considerazione per le simulazioni con una
breve spiegazione per ciascuno di essi.
Definizione dell’estinzione della popolazione
Una popolazione si può definire estinta quando il numero di individui è zero, oppure quando
sopravvive solo un sesso, oppure quando raggiunge un livello numerico minimo dal quale è
impossibile che si risollevi. E stato deciso di adottare il criterio del sesso in quanto è
estremamente difficile individuare a priori la popolazione minima vitale, che anzi è una delle
informazioni che si conta di ricavare da queste analisi.
Depressione da imbreeding
La depressione da imbreeding può essere importante in caso di popolazioni ridotte o isolate;
inoltre per tenerne conto in modo adeguato è necessario conoscere esattamente il numero
iniziale di alleli letali equivalenti e la proporzione del carico genetico potenzialmente letale.
Dal momento che, nel caso di questo studio, non sussiste la condizione di isolamento e non si
29
Materiali e metodi
hanno parametri genetici di riferimento, si è deciso di non considerare gli effetti di questo
parametro.
Influenza della variabilità ambientale sulla riproduzione e sulla sopravvivenza
L’ambiente può agire sul successo riproduttivo e sulla sopravvivenza di giovani e adulti in
modo indipendente oppure parallelo: ciò significa che le variazioni ambientali che causano
una diminuzione del
successo
riproduttivo agiscono
negativamente anche sulla
sopravvivenza e viceversa. Nel caso dei fasianidi esiste una documentata concordanza
nell’azione dei due parametri della demografia delle popolazioni.
Sistema riproduttivo
Il sistema riproduttivo può essere definito come monogamo, poliginico o ermafrodita; nel
caso della pernice sarda è, ovviamente, monogamo.
Età della riproduzione
L’importanza della definizione dell’età alla quale tutti gli individui partecipano alla
riproduzione deriva dal fatto che da essa dipende l’entità del contingente dei riproduttori;
questo può essere estremamente variabile da una specie all’altra, ma è solitamente costante
all’interno di una stessa specie. Le pernici sarde, sia maschi sia femmine, si accoppiano e
nidificano già alla loro prima stagione riproduttiva.
Età massima di riproduzione
Popolazioni di pernice hanno un “turnover” di circa quattro anni: ciò significa che in quattro
anni tutti gli individui presenti all’inizio vengono sostituiti. Pertanto è stata considerata
questa come età massima di riproduzione.
Rapporto sessi alla nascita
Da diversi studi effettuati in cattività su diverse specie di fasianidi è stato dimostrato che al
momento della schiusa il numero di maschi e femmine è pari; il rapporto tra i sessi si sposta a
favore delle femmine con la crescita per una mortalità differenziata causata probabilmente, in
parte, da una maggiore aggressività dei maschi cui consegue un maggiore dispendio
energetico, e in parte dalla disponibilità alimentare. Successivamente alla prima stagione
riproduttiva, il rapporto si riequilibra in seguito alla dispersione, al momento della
formazione delle coppie, e ad una maggiore mortalità delle femmine in cova.
Dimensione massima della nidiata
E’ un parametro molto variabile in relazione alla latitudine, alle condizioni ambientali e
all’origine degli animali. Per questo motivo abbiamo preso in considerazione il numero
massimo di pulcini registrato alla nascita tra tutte le covate osservate nel corso dello studio.
Dipendenza del successo riproduttivo dalla densità
30
Materiali e metodi
Normalmente il successo riproduttivo, misurato come percentuale di femmine che producono
giovani, è una variabile fortemente dipendente dalla densità della popolazione. Questo è stato
riscontrato in Italia in molte situazioni ambientali, per diverse specie di Galliformi, anche in
popolazioni a bassa densità. Al fine però di valutare correttamente l’effetto di questa
relazione è opportuno individuare accuratamente la forma del legame, viceversa si corre il
rischio di produrre delle previsioni mistificanti. A questo scopo occorrerebbe effettuare delle
Analisi di Regressione: delle procedure di analisi statistica bivariata che però necessitano di
un numero considerevole di casi di studio. Inoltre è stato dimostrato come si ottengano stime
più conservative sul destino delle popolazioni considerando il successo riproduttivo
indipendente dalla densità, piuttosto che stimare una relazione con scarsa accuratezza
(Ginzburg et al. 1998).
Successo riproduttivo
Il successo riproduttivo (% di coppie riprodottesi) è stato calcolato come media dei valori
registrati in ogni anno dall’inizio dello studio.
Variabilità del successo riproduttivo dovuta alle condizioni ambientali
Calcolando il successo riproduttivo come media dei valori registrati nei diversi anni e nelle
diverse zone è stato possibile anche stimare la variabilità di questo parametro dovuta alle
differenze nella composizione e struttura dell'ambiente tra gli anni e tra aree.
Distribuzione della dimensione della nidiata
Per le simulazione è utile conoscere, oltre alla dimensione massima della nidiata, anche la
sua media e la relativa variabilità. Per calcolare questo parametro sono state considerate tutte
le nidiate entro i 15 giorni di età osservate in ogni anno di censimento.
Mortalità annuale
Poiché la mortalità, pur essendo differenziata tra i sessi, è compensata dalla prima stagione
riproduttiva e quindi entro il primo anno di vita, è stato considerato che le perdite coincidano
allo stesso modo sui maschi e sulle femmine. La mortalità dei giovani dalla nascita al
compimento del primo anno di vita, è stata calcolata come sommatoria delle mortalità da 0 a
90 giorni di età e della mortalità invernale (da fine estate alla primavera successiva). La
mortalità da 0 a 90 giorni è stata calcolata come differenza percentuale tra la dimensione
della nidiata alla nascita e la dimensione della nidiata allo stadio di sviluppo tra 60 e 90
giorni. La mortalità annuale degli adulti è stata invece calcolata sommando alla mortalità
durante il periodo riproduttivo (da aprile a fine agosto) la mortalità invernale (fino alla
primavera dell’anno successivo). Il parametro ottenuto in questo modo è limitato a due anni
dal momento che il periodo di studio comprendeva due soli inverni; questo fatto costituisce
31
Materiali e metodi
una limitazione nella determinazione di un parametro così importante per la dinamica di
popolazione e, quindi, per la simulazione della permanenza delle popolazioni.
Tipi di catastrofi e loro probabilità di avverarsi
Con il termine catastrofi ci si riferisce ad eventi eccezionali e imprevedibili che possono
determinare effetti drammatici sulla popolazione aumentando la mortalità e diminuendo la
riproduzione. Negli ultimi 50 anni non sono stati registrati, sulle popolazioni di pernice in
Sardegna, eventi di tale intensità e per questo motivo la possibilità che si verifichino nei dieci
anni della simulazione non è stata considerata.
Dimensione iniziale della popolazione
La dimensione di una popolazione è dipendente dalla sua densità e dalla estensione dell’area
in cui vive; per la densità è stato preso in considerazione il valore ottenuto dai censimenti
primaverili.
Capacità portante e tendenza
Il valore portante di una popolazione rappresenta il limite massimo che essa può raggiungere
nell’area in cui vive; si tratta di un valore che varia nello spazio (da zona a zona, in base alle
caratteristiche ambientali) e nel tempo (da un anno all’altro in seguito a variazioni climatiche,
attività antropiche ecc.) per cui deve essere rappresentato anche nella sua variabilità. Per le
simulazioni il dato è stato ricavato dalle densità ottenute nei censimenti primaverili.
Ciascuna simulazione di vitalità, per ogni ipotesi (o scenario) di sistema è stata ripetuta 100
volte, così da aumentare la certezza di avere esplorato tutta la gamma di combinazioni
possibili tra tutti i parametri presi in considerazione. Inoltre, l’incertezza connessa all’analisi
di fenomeni complessi come quelli relativi alla dinamica di popolazione, ha suggerito di
analizzare differenti scenari per avere un quadro completo dei processi.
Le variazioni tra i differenti scenari ipotizzati hanno riguardato:
•
Contesti ambientali differenti. Per valutare eventuali differenze nella vitalità delle
popolazioni conseguenti alla differente vocazionalità del territorio.
•
Differenti valori di densità di popolazione. Per considerare le differenze di vitalità tra
popolazioni a diversi livelli di densità.
•
Differenti estensioni di unità gestionali uniformemente vocate. Per valutare le
dimensioni più appropriate per gli istituti di gestione, in tutti i contesti ambientali, le
32
Materiali e metodi
densità di popolazione osservate sono state tradotte in livelli numerici di popolazione
riferibili a differenti estensioni.
•
Differenti ipotesi di capacità portante. Dal momento che risulta estremamente
difficoltoso determinare la posizione della popolazione rispetto alla sua capacità
portante, sono stati valutati due scenari: la popolazione iniziale uguale alla capacità
portante e la popolazione iniziale inferiore alla capacità portante. La capacità portante
maggiore era ricavata dalle densità massime osservate per ciascuna area.
•
Differenti ipotesi di variabilità della capacità portante.
•
Differenti ipotesi di prelievo. Per capire se le popolazioni fossero in grado di
sopportare un eventuale prelievo e per determinarne l’entità si è provato a simulare
varie percentuali di prelievo, quando erano stati ottenuti tassi intrinseci di
accrescimento positivo e una probabilità di estinzione inferiore al 25%. Sono state
considerate tre diverse opzioni: prelievo minimo (10% della popolazione), prelievo
medio (20% della popolazione) e prelievo elevato (30% della popolazione). E’ stata
inoltre ipotizzata l’interruzione del prelievo negli anni in cui la densità delle
popolazioni scendevano al di sotto di un valore soglia di 5 individui/Kmq e
comunque quando il prelievo fissato eccedeva la dimensione della popolazione in
modo da simulare un prelievo commisurato allo status contingente della popolazione
sottoposta cacciata.
4.4.3 Uso dell’habitat
La notevole mole di dati raccolti nei tre anni di lavoro ha permesso di analizzare l’utilizzo
dell’habitat da parte della pernice sarda..
Per l’analisi dell’uso dell’habitat sono state, quindi, utilizzate tutte le osservazioni dirette
effettuate nelle due aree di studio. E’ stata verificata l’ipotesi di una distribuzione casuale
delle osservazioni nelle diverse tipologie vegetazionali; a questo scopo la distribuzione
osservata è stata confrontata con quella attesa sulla base di un uso proporzionale alla
disponibilità, mediante il test del chi-quadrato goodness-of-fit e Analisi degli Intervalli
Fiduciali di Bonferroni. Per non violare le assunzioni che stanno alla base di queste analisi
statistiche, si è reso necessario l’accorpamento di alcune classi d’uso del suolo.
La disponibilità delle diverse tipologie di habitat è stata misurata sull’intera superficie delle
aree di studio.La mappatura di tutte le osservazioni è stata sovrapposta alla carta dell’uso del
suolo e mediante il software ArcView 3.2 sono stati calcolate le estensioni delle diverse
tipologie di habitat e il numero delle osservazioni che ricadevano in ciascuna di esse. I
33
Materiali e metodi
risultati sono stati analizzati separatamente per i diversi anni di studio e per gli anni cumulati
quando il numero delle osservazioni disponibile era insufficiente.
4.4.4 Analisi dell’andamento delle osservazioni
Per formulare un’ipotesi sul ciclo biologico della pernice sarda è stata effettuata l’analisi
quindicinale delle osservazioni delle diverse forme di raggruppamento; questa infatti fornisce
informazioni utili a questo scopo in quanto le differenti tipologie di raggruppamento che si
possono osservare nella pernice sono legate ai diversi momenti del suo ciclo biologico.
Per questo sono state considerate quattro tipologie di raggruppamento: coppie, individui
singoli, nidiate e gruppi; questi ultimi comprendenti i gruppi di soli adulti e quelli formati da
più nidiate alla fine dell’estate, quando adulti e giovani non sono più distinguibili tra loro.
Per il periodo di osservazione compreso tra settembre 2003 e luglio 2005, ogni mese è stato
suddiviso nel seguente modo:
•
I° quindicina: dal 1° giorno del mese al 15° giorno compreso
•
II° quindicina dal 16° giorno del mese al 30° o 31° giorno compreso.
Per ciascuna delle quindicine sono state calcolate il numero delle osservazioni di ogni
tipologia di raggruppamento e le percentuali.
34
Risultati
Capitolo 5
RISULTATI
5.1 Indagine bibliografica
Nell’arco di tempo considerato la ricerca bibliografica ha individuato soltanto 16 pubblicazioni
riguardanti la pernice sarda; inoltre la produzione scientifica riguardante questa specie risulta
essere discontinua nel tempo Il 50 % delle pubblicazioni hanno come argomento aspetti genetici
(Tab, 5.1) mentre un 25 % riguardano l’ecologia della specie e il 18 % sono su argomenti di
carattere gestionale. Il 6,3 % delle pubblicazioni ha altri argomenti. Le pubblicazioni di
argomento ecologico sono distribuite tra aspetti demografici e altro (Tab 5.2).
Per quanto riguarda le pubblicazioni italiane queste sono esclusivamente di natura genetica.
5.2 Analisi ambientale
Dall’analisi ambientale è stata ottenuta una carta dell’uso del suolo che ha consentito una
migliore caratterizzazione delle due aree di studio (Fig 5.1 e Fig. 5.2). Nella ZRC di Surigheddu
la tipologia ambientale maggiormente rappresentata è risultata essere l’incolto erbaceo (65.60
%), a cui segue la macchia (17.52 %), il bacino d’acqua (8.28 %), i coltivi (6.10 %) e la strada
sterrata (1.96 %), mentre nella tipologia altro sono state incluse tutte quelle tipologie la cui
percentuale è risultata inferiore all’1% (Tab. 5.3 e Graf. 5.1).
Anche per quanto riguarda l’Asinara l’incolto erbaceo costituisce la tipologia dominante (43.41
%), pur con una percentuale inferiore rispetto a Surigheddu; a cui seguono la gariga (24.76 %), la
roccia con vegetazione rada (12.33 %), la macchia (8.62 %), la costa rocciosa (5.09 %) e la
strada sterrata (2.50 %); la tipologia altro comprende tutte quelle la cui percentuale è risultata
inferiore all’1% (Tab.5.3 e Graf. 5.2).
5.3 Censimento al canto
Nella Zona di Ripopolamento e Cattura di Surigheddu, nel 2004, sono stati svolti due censimenti
al canto, il 18 febbraio e il 26 aprile, all’alba e al tramonto per un totale di 4 ripetizioni e di 23
punti di ascolto complessivamente. Nel 2005 il censimento si è svolto il 29 e il 30 aprile per un
totale di 2 ripetizioni e di 19 punti di ascolto (Fig. 5.3a, Fig. 5.3b, Fig.5.3c). La densità preriproduttiva del 2004 è stata di 6,2 coppie/km2 mentre nel 2005 è stata di 10,3 coppie/km2.
40
Risultati
Nel Parco Nazionale dell’Asinara, per questioni logistiche, è stato possibile svolgere il
censimento al canto solamente per il 2004; i punti utilizzati sono stati 14 e la densità ottenuta è
stata di 5,5 coppie/km2.
Distribuzione dei lavori per argomento
trattato
Argomenti
%
Ecologia
25,00
Etologia
0,00
Fisiologia
0,00
Patologia
0,00
Genetica
50,00
Gestione
18,80
Alimentazione
0,00
Immissioni
0,00
Metodi di ricerca
0,00
Allevamento
0,00
Altro
6,30
Tab 5.1
Distribuzione dei lavori internazionali per
argomento ecologico
Argomenti ecologici
Distribuzione e status
Demografia
Uso dell'habitat
Interazione habitat-popolazioni
Modelli di valutazione ambientale
Altro
%
0
66,7
0
0
0
33,3
Tab. 5.2
41
Risultati
42
Risultati
Figura 5.2 Carta dell’uso del suolo dell’Asinara
40
Risultati
Tipologie dell'uso del suolo per le aree di Surigheddu e dell' Asinara
Surigheddu
Tipologia
Asinara
Area (ha)
%
Area (ha)
%
Altro
1,576
0,702
Fosso
2,505
1,116
7,98
-
1,95
-
Strada sterrata
1,959
-
10,22
2,5
Costa rocciosa
4,397
-
Coltivi
13,683
6,097
20,76
-
5,09
-
Bacino d'acqua
15,723
7,006
5,42
1,33
Macchia
39,322
-
17,521
-
35,14
8,62
50,20
12,33
-
-
100,93
24,76
147,217
65,598
176,94
43,41
Roccia con vegetazione rada
Gariga
Incolto erbaceo
Tabella 5.3
40
Risultati
Percentuali delle tipologie d'uso del suolo nell'area
censita dell'Asinara
2%
1%
3%
5%
9%
43%
12%
25%
Altro
Strada sterrata
Macchia
Gariga
Bacino d'acqua
Costa rocciosa
Roccia con vegetazione rada
Incolto erbaceo
Grafico 5.1
Percentuali delle tipologie d'uso del suolo nella ZRC di
Surigheddu
1%
1%
2%
6%
7%
18%
65%
Altro
Fosso
Strada sterrata
Bacino d'acqua
M acchia
Incolto erbaceo
Coltivi
Grafico 5.3
41
Risultati
Parametri di popolazione nelle due aree di studio nei tre anni
Parametri di popolazione
Popolazione primaverile (DS)
Densità primaverile (DS)
N° di coppie (DS)
Densità di coppie (DS)
Successo riproduttivo % (DS)
N° di nidiate (DS)
Densità di nidiate (DS)
N° medio govani/nidiata (DS)
N° medio govani/nidiata > 60 gg (DS)
Mortalità giovanile (DS)
N° di giovani a fine estate (DS)
Densità di giovani a fine estate (DS)
N° di adulti a fine estate (DS)
Densità di adulti a fine estate (DS)
Mortalità adulti primavera-estate (DS)
Popolazione a fine estate (DS)
Densità a fine estate (DS)
Incremento primavera-estate (DS)
Mortalità e dispersione invernale (DS)
2003
Surigheddu
2004
2005
47
93
41
21,0
41,5
18,3
21
32
18
9,4
14,3
8,0
85,7
71,9
66,7
18
23
12
8,0
10,3
5,4
4,0 (2,62) 4,4 (2,93) 5,0 (2,76)
4,2 (2,70) 4,3(2,49) 5,1 (2,61)
68,9
68,1
62,2
76
99
61
33,9
44,2
27,2
77
73
23
34,4
32,6
10,3
-63,8
21,5
43,9
153
172
84
68,3
76,8
37,5
225,5
84,9
104,9
37,6
76,4
2003-2005
2003
Asinara
2004
2005
60,3 (28,45)
68
74
93
26,9 (12,69)
20,3
22,1
27,8
23,7 (7,37)
31
28
40
10,6 (3,31)
9,2
8,4
11,9
74,7 (9,84)
64,5
39,3
42,5
17,7 (5,51)
20
11
17
7,9 (2,45)
6,0
3,3
5,1
4,4 (2,79) 6,0 (3,66) 5,8 (2,84) 6,4 (3,12)
4,3 (2,58) 6,3 (4,00) 5,9 (2,93) 6,4 (3,12)
66,4 (3,65)
53,3
56,3
52,6
78,7 (19,14)
126
65
109
35,1 (8,56)
37,6
19,4
32,5
57,7 (30,09)
71
30
39
25,8 (13,42)
21,2
8,9
11,6
0,5 (56,85)
-4,4
59,5
58,1
136,3 (46,31)
197
95
148
60,9 (20,68)
58,8
28,4
44,2
138,4 (76,06) 189,7
28,4
59,1
57,0 (27,44)
61,3
1,1
2003-2005
78,3 (13,05)
23,4 (3,91)
33,0 (6,24)
9,8 (1,83)
48,8 (13,73)
16,0 (4,58)
4,8 (1,37)
6,0 (3,23)
6,2 (3,33)
54,1 (1,96)
100,0 (31,48)
29,8 (9,39)
46,7 (21,55)
13,9 (6,46)
37,7 (36,48)
146,7 (51,01)
43,8 (15,20)
92,4 (85,65)
31,2 (42,57)
Tabella 5.4
40
Risultati
Figura 5.3 a Punti censimento al canto nella ZRC di Surigheddu
40
Risultati
Figura 5.3 b Punti censimento al canto nella ZRC di Surigheddu
41
Risultati
Figura 5.3 c Punti censimento al canto nella ZRC di Surigheddu
40
Risultati
5.4 Censimento con il metodo del mappaggio
Dal 2003 al 2005 sono state effettuate, nella Zona di Ripopolamento e Cattura di Surigheddu,
360 uscite, distribuite equamente tra alba e tramonto, per un totale di 862 osservazioni. Nell’area
di studio dell’Asinara il monitoraggio è stato effettuato, per questioni logistiche, con una diversa
modalità; le osservazioni sono state concentrate nei periodi di maggiore rilevanza per la biologia
della specie: in primavera, per il mappaggio delle coppie e in estate per quello delle nidiate.
5.5 Dinamica di popolazione
Nelle due aree di studio di Surigheddu e dell’Asinara sono state riscontrate differenze, anche
marcate, dei valori dei diversi parametri di popolazione (Tab 5.4).
Per quanto riguarda le densità primaverili delle popolazioni e la densità di coppie si sono
registrati valori mediamente maggiori per la Zona di Ripopolamento e Cattura di Surigheddu;
tale differenza si è avuta tutti gli anni ad eccezione del 2005 in cui la densità pre-riproduttiva è
risultata essere più elevata all’Asinara. Il successo riproduttivo, inteso come la percentuale di
coppie accompagnate da almeno un giovane, è risultata complessivamente maggiore a
Surigheddu (X2=11,74; g.l.=1; P=0,001).
Dal confronto tra le aree di studio tra gli anni non sono emerse, per questo parametro, differenze
significative (Surigheddu: X2=2,09; g.l.=2; P=0,351; Asinara: X2=4,71; g.l.=2; P=0,095).
La densità delle nidiate è stata sempre maggiore nell’area di Surigheddu anche se si sono
registrate delle differenze negli anni; infatti, nel 2003 la densità è risultata maggiore a
Surigheddu, ma nel 2004, nella stessa area si è registrata una densità di nidiate pari a tre volte
quella che è stata osservata per l’area di studio dell’Asinara, mentre nel 2005 le densità sono
risultate comparabili.
La dimensione media della nidiata è risultata sempre maggiore all’Asinara, ogni anno e in media
nei tre anni, e l’Analisi Multifattoriale della Varianza ha evidenziato un effetto significativo
dell’area di studio (F=14,89, P<0,0001) ma non dell’anno (F=0,60, P=0,552) o dell’interazione
anno-area (F=0,139, P=0,870).
La mortalità giovanile, dalla nascita ai 60 giorni, è risultata significativamente maggiore a
Surigheddu rispetto all’Asinara (X2=24,92; g.l.=1; P<0,0001), ma non ha mostrato variazioni
annuali significative tra le due aree di studio (Surigheddu: X2=2,07; g.l.=2; P=0,355; Asinara:
X2=0,55; g.l.=2; P=0,759). La densità dei giovani a fine estate è risultata leggermente inferiore
all’Asinara, prendendo in considerazione i valori medi nei tre annui, e nettamente inferiore nel
2004.
40
Risultati
La mortalità degli adulti nel corso della stagione riproduttiva ha mostrato differenze significative
sia tra le aree di studio complessivamente (X2=19,92; g.l.=1; P<0,0001), sia tra anni all’interno
delle aree stesse (Surigheddu: X2=25,48; g.l.=2; P<0,0001); Asinara: X2=68,48; g.l.=2;
P<0,0001).
La densità della popolazione a fine estate (adulti e giovami sommati) è risultata maggiore a
Surigheddu ad eccezione del 2005 quando si è registrato un valore lievemente superiore
all’Asinara.
Anche l’incremento riproduttivo è risultato maggiore a Surigheddu rispetto all’Asinara pur
presentando notevoli variazioni annuali all’interno di ciascuna area.
Per quanto riguarda, infine, la mortalità e la dispersione autunno-invernale il valore medio è
risultato maggiore a Surigheddu. Differenze significative si sono avute sia, complessivamente,
tra le due aree (X2=15,68; g.l.=1; P<0,0001), sia tra i due inverni all’interno di ciascuna area
(Surigheddu: X2=45,62; g.l.=1; P<0,0001; Asinara: X2=95,29; g.l.=1; P<0,0001).
5.6 Catture
Nell’inverno 2003-2004, sono state effettuate 74 giornate di cattura, nel periodo tra il 17
novembre 2003 e il 15 febbraio 2004. Sono stati catturati e marcati complessivamente 30 (Tab
5.5) animali; di questi il 40% erano maschi e il 60% erano femmine, il 60% erano individui
giovani, il 30% erano adulti mentre per il 10% non è stato possibile determinare l’età con
certezza.
Nell’inverno successivo il periodo di cattura è stato tra il 15 di novembre e l’8 di febbraio per un
totale di 60 uscite. In questo periodo sono stati catturati 6 animali di cui 2 maschi e 4 femmine, 1
adulto e 5 giovani.
Il peso medio degli animali catturati è di 448,84 (DS=47,81) gr; il peso medio dei maschi è di
494,92 (DS=15,34) gr, mentre quello delle femmine è di 415,56 (DS=36,53) gr. La lunghezza
media delle ali è di 15,32 (DS=0,72) cm nelle femmine e di 15,93 (DS=0,65) cm nei maschi,
mentre complessivamente si è ottenuto un valore di 15,56 (DS=0,71) cm; il becco è lungo
mediamente 1,80 (DS=cm e in particolare 1,78 (DS=0,13) cm nei maschi e 1,81 (DS=0,24) cm
nelle femmine. Infine il tarso è lungo 4,01 (DS=0,36) cm nei maschi e 3,87 (DS=0,41) cm nelle
femmine. Dall’analisi statistica, è emerso che i maschi pesano mediamente più delle femmine (t
= 7,692, gl = 29, p < 0,001), mentre non sono state riscontrate differenze significative per
nessuno degli altri parametri considerati. Il confronto effettuato, per tutte le misure, tra individui
giovani e adulti non ha evidenziato nessuna differenza statisticamente significativa.
41
Risultati
Dati biometrici delle pernici catturate nella ZRC di Surigheddu
pernice
S1
S2
S3
S4
S5
S6
S7
S8
S9
S10
S11
S12
S13
S14
S15
S16
S17
S18
S19
S20
S21
S22
S23
S24
S25
S26
S27
S28
S29
S30
S31
sesso
M
M
F
F
M
M
M
F
M
F
F
F
F
F
F
M
M
M
F
F
M
F
M
F
F
M
M
F
F
F
F
età
J
J
J
J
A
J
J
A
A
A
A
J
A
A
J
A
J
J
J
J
A
J
J
J
J
A
J
J
J
J
J
lung ali lung becco lung tarso
mm
mm
mm
516,0
154
19,0
42,0
488,0
155
17,0
39,0
356,0
140
18,0
35,0
410,0
145
21,0
32,0
514,0
160
20,0
44,0
486,0
480,0
160
17,0
38,0
412,0
160
17,0
42,0
524,0
150
18,0
36,0
380,0
160
20,0
37,0
390,0
150
22,0
36,0
416,0
160
18,0
47,0
513,0
150
20,0
45,0
400,0
150
22,0
38,0
396,0
155
23,0
37,0
505,0
165
18,0
43,0
492,0
164
20,0
37,0
482,0
150
21,0
36,0
452,0
150
22,0
42,0
428,0
140
17,0
43,0
484,0
160
18,0
37,0
412,0
160
16,0
38,0
498,0
170
18,0
46,0
430,0
160
16,0
43,0
410,0
155
18,0
40,0
465,0
158
14,0
46,0
500,0
165
13,8
36,8
435,0
160
14,0
37,2
375,0
158
13,8
32,1
435,0
147
14,5
35,9
430,0
157
14,0
35,6
peso gr
Tabella 5.5
42
Risultati
5.7 Vitalità delle popolazioni
5.7.1 Asinara
Le simulazioni relative all’area dell’Asinara mostrano una popolazione abbastanza vitale: il suo
tasso di accrescimento r è pari, infatti, a 0,29 (Graf 5.4 e Graf. 5.5).
Le probabilità di sopravvivenza sono molto elevate e superiori al 90% già ad unità gestionali di
500 ha, sempre che non si effettuino prelievi. Tuttavia, se si volesse attuare una gestione a fini
venatori, già un prelievo fisso del 10% potrebbe essere causa di un declino anche in unità
gestionali caratterizzate da popolazioni di maggiori dimensioni; in questo caso infatti, le
probabilità di sopravvivenza della popolazione non supererebbero l’80% nel decennio (Graf. 5.6
e Graf. 5.7). Se, nel determinare l’entità del prelievo, si tenesse conto della densità primaverile
della popolazione e non si riducesse il contingente riproduttivo al di sotto dei 10 ind/km2, anche
le popolazioni più piccole sarebbero in grado di tollerare un modesto prelievo venatorio, mentre
in aree più grandi si potrebbero attuare prelievi annui fino ad un massimo di 750 individui (Graf
5.8 e Graf. 5.9).
43
Risultati
Andamento delle dimensioni di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Asinara”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione.
Dimensione di popolazione
2500
2000
1500
1000
500
0
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.4.
44
Risultati
Probabilità di sopravvivenza di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Asinara”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione.
Probabilità di sopravvivenza
1
0.95
0.9
0.85
0.8
0.75
0.7
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.5.
45
Risultati
Andamento della dimensione di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Asinara”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione e
sottoposta ad un prelievo fisso.
2000
Dimensione della popolazione
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.6
46
Risultati
Probabilità di sopravvivenza di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Asinara”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione e
sottoposta ad un prelievo fisso
1
Probabilità di sopravvivenza
0.95
0.9
0.85
0.8
0.75
0.7
0.65
0.6
0.55
0.5
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.7
47
Risultati
Andamento della dimensione di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Asinara”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione e sottoposta
ad un prelievo dipendente dalla densità.
2000
Dimensione della popolazione
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.8
48
Risultati
Probabilità di sopravvivenza di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Asinara”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione e sottoposta
ad un prelievo dipendente dalla densità
Probabilità di sopravvivenza
1
0.95
0.9
0.85
0.8
0.75
0.7
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
25000ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.9
49
Risultati
5.7.2 Surigheddu
Il valore del tasso r di accrescimento, ottenuto per aree con caratteristiche ambientali simili a
quelle presenti nella ZRC di Surigheddu, è risultato essere pari a 0,7 per le unità gestionali di
differenti dimensioni. Tuttavia la probabilità di sopravvivenza della popolazione appare buona
già a basse dimensioni grazie, probabilmente, ai buoni tassi di accrescimento ottenuti per
quest’area (Graf.5.10 e Graf.5.11).
Il risultato della simulazione di un prelievo fisso del 10% della popolazione determina un crollo
della capacità di sopravvivenza della popolazione che non supera mai il 60%, nemmeno nel caso
di popolazioni in aree con estensioni pari a 10000 ha (Graf 5.12 e Graf. 5.13). Quando il prelievo
viene effettuato in modo che il contingente riproduttivo sia sempre superiore a 10 ind/km2 allora
le possibilità migliorano visibilmente e la probabilità di sopravvivenza raggiunge il 90% anche
per popolazioni che occupano aree al di sopra dei 1000 ha (Graf. 5.14 e Graf. 5.15).
50
Risultati
Andamento della dimensione di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Surigheddu”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione.
Dimensione della popolazione
2500
2000
1500
1000
500
0
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.10
51
Risultati
Probabilità di sopravvivenza di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Surigheddu”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione.
Probabilità di sopravvivenza
1
0.95
0.9
0.85
0.8
0.75
0.7
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.11
52
Risultati
Andamento della dimensione di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Surigheddu”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione e sottoposta ad un prelievo
fisso.
Dimensione della popolazione
2500
2000
1500
1000
500
0
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.12
53
Risultati
Probabilità di sopravvivenza di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Surigheddu”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione e sottoposta ad un prelivo
fisso.
1
Probabilità di sopravvivenza
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.13
54
Risultati
Andamento della dimensione di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Surigheddu”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione e sottoposta
ad un prelievo dipendente dalla densità
Dimensione della popolazione
2500
2000
1500
1000
500
0
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.14
55
Risultati
Probabilità di sopravvivenza di una popolazione di un’area dalle
caratteristiche ambientali “tipo Surigheddu”, insistente su
Unità gestionali di differente estensione e sottoposta ad un prelivo
dipendente dalla densità.
Probabilità di sopravvivenza
1
0.95
0.9
0.85
0.8
0.75
0.7
0
2
4
6
8
10
Anni
Legenda
10000ha
5000 ha
2500 ha
1000 ha
500 ha
Grafico 5.15
56
Risultati
5.8 Uso dell’habitat
Il confronto delle frequenze attese e osservate, effettuato mediante il test del chi-quadrato, ha
evidenziato, per entrambe le aree, una marcata selezione dell’habitat da parte della pernice sarda.
Per la ZRC di Surigheddu, nei tre ani di studio, dall’analisi condotta mediante gli Intervalli
Fiduciali di Bonferroni, sono emersi un utilizzo maggiore della disponibilità delle coltivazioni, in
particolare cereali a semina annuale, e un sottoutilizzo dei prato-pascoli, dei corpi idrici e delle
aree edificate. Un uso pari alla disponibilità è, invece, risultato per i cespugliati (Tab 5.6).
Per il Parco Nazionale dell’Asinara, dallo stesso tipo di analisi, è risultato un uso pari alla
disponibilità di ambienti rocciosi nel 2003, mentre lo stesso habitat è risultato sottoutilizzato
negli anni 2004 e 2005; per quanto riguarda i prato pascoli si è osservata una selezione in tutti e
tre gli anni, mentre i cespugliati sono stati sempre sottoutilizzati. Infine i corpi idrici sono stati
selezionati nel 2004, sottoutilizzati nel 2003 e usati in proporzione alla disponibilità nel 2005
(Tab 5.7). E’ da considerare il fatto che l’avvistabilità nelle diverse tipologie ambientali risulta
essere differente;
5.9 Analisi della fenologia dei gruppi
Dall’analisi delle osservazioni dei diversi tipi di raggruppamento si può notare che le coppie, gli
individui singoli e i gruppi hanno un andamento opposto. Infatti mentre le coppie, che
compaiono nella seconda quindicina di dicembre, hanno registrato un picco massimo tra aprile e
maggio, gli individui singoli (pur essendo presenti tutto l’anno) hanno registrato in quello stesso
periodo il numero minimo di osservazioni (Graf 5.16); risultato analogo è emerso anche per le
osservazioni dei gruppi (graf.5.17). Per quanto riguarda le nidiate si può osservare, tra i due anni,
un leggero slittamento nella loro comparsa che è avvenuta nella seconda metà di giugno nel 2004
e nella prima metà dello stesso mese nel 2005 (Graf. 5.18 e Graf. 5.19).
57
Discussione
Confronto tra le proporzioni d'uso osservate (PUO) e attese (PUA) delle variabili ambientali,
mediante i limiti Fiduciali di Bonferroni per l'area di Surigheddu (* P=0,05, **P=0,01)
2003 (N=212)
2004 (N=427)
2005 (N=223)
PUO
PUA
PUO
PUA
PUO
PUA
Cespugliati
0,292
0,249
0,234
0,249
0,238
0,249
Aree edificate**
0,001
0,008
0,001
0,008
0,001
0,008
Prato-pascoli**
0,001
0,1
0,042
0,1
0,001
0,1
Seminativi**
0,703
0,548
0,719
0,548
0,758
0,548
Corpi idrici**
0,001
0,026
0,005
0,026
0,004
0,026
Coltivazioni arboree**
0,005
0,067
0,001
0,067
0,001
0,067
Variabili ambientali
χ2
50,803
76,29
60,28
P
<0,001
<0,001
<0,001
Tab. 5.6
Confronto tra le proporzioni d'uso osservate (PUO) e attese (PUA) delle variabili ambientali,
mediante i limiti Fiduciali di Bonferroni per l'area dell' Asinara (* P=0,05, **P=0,01)
2003 (N=212)
2004 (N=427)
2005 (N=223)
PUO
PUA
PUO
PUA
PUO
PUA
0,013
0,055
0,001*
0,055
0,001*
0,055
Cespugliati
0,312**
0,602
0,481**
0,602
0,424*
0,602
Prato pascoli
0,675**
0,331
0,407
0,331
0,492*
0,331
Corpi idrici
0,001**
0,012
0,111*
0,012
0,085
0,012
Variabili ambientali
Rocce
χ2
41,5547
24,9475
36,682
P
<0,001
<0,001
<0,001
Tab 5.7
59
Discussione
Andamento delle osservazioni di coppie e individui singoli
nel biennio 2004-2005
100
osservazioni
80
60
40
20
0
quindicine
ind singoli
coppie
Grafico 5.16
Andamento delle osservazioni di coppie e gruppi
nel biennio 2004-2005
100
osservazioni
80
60
40
20
0
quindicine
coppie
gruppi
Grrafico 5.17
60
Discussione
Andamento delle osservazioni
delle nidiate nel 2004 e nel 2005
100
osservazioni
80
60
40
20
0
quindicine
2004
2005
Grafico 5.18
Andamento delle osservazioni delle nidiate 2004-2005
100
osservazioni
80
60
40
20
0
quindicine
nidiate
Grafico 5.19
61
Discussione
Capitolo 6
DISCUSSIONE
6.1 Indagine bibliografica
Le conoscenza sulla pernice sarda, in Italia, sono molto limitate e frammentarie e
questo fatto ha reso estremamente complesso lo studio di una specie che ricopre
un notevole valore cinegetico, e che rappresenta l’unico fasianide stanziale
presente nel territorio regionale. gli argomenti di indagine sono inerenti,
soprattutto, alla gestione e alla genetica, mentre lo studio della biologia e
dell’ecologia viene affrontato solo marginalmente. L’analisi genetica è un aspetto
importante che consente di comprendere e approfondire gli effetti della
frammentazione dell’habitat sulle popolazioni, ma anche quelli causati al
patrimonio genetico da eventuali attività di restocking che sono fondamentali
nell’attuazione di tutte le attività mirate alla salvaguardia della specie. Ma anche
lo studio di aspetti ecologici, demografici, etologici e biologici riveste un ruolo
determinate nell’acquisizione di informazioni basilari per la formulazione di piani
gestionali e di salvaguardia. In questo contesto si colloca anche l’importanza di
studi di carattere etologico e patologico che sono alla base delle attività di
allevamento necessarie nella attuazione di programmi di ripopolamento a
sostegno della specie.
6.2 Dati biometrici
Confrontando i dati biometrici dell’Alectoris barbara con quelli dell’ Alectoris
graeca e dell’ Alectoris rufa emerge, all’interno del genere, una differenza nelle
dimensioni (Tab. 6.1, Tab.6.2 e Tab. 6.3) tra le tre specie. I valori medi della
lunghezza delle ali e del tarso della coturnice, infatti, appaiono maggiori sia di
quelli della pernice sarda sia di quelli della pernice rossa, mentre quest’ultima
mostra anche valori medi del peso superiori a quelli della pernice sarda. Dal
momento che sia la coturnice sia la pernice rossa sono specie continentali sembra
esistere un effetto della insularità che influenza le dimensioni. Questa ipotesi
potrebbe essere confermata anche dai dati relativi alla coturnice, per quale si
osservano dimensioni inferiori per la popolazione siciliana rispetto a quelle
62
Discussione
continentali dell’Appennino. Risultato simile si osserva anche tra le diverse
popolazioni di pernice sarda; infatti nel Nord della Tunisia e dell’Algeria hanno si
registrano valori medi della lunghezza delle ali e del tarso, sia nei maschi sia nelle
femmine, maggiori di quelle sarde; stesso risultato anche per la sottospecie
Alectoris barbara spatzi, che trova nella Tunisia e Algeria del Sud e per la
Alectoris barbara barbata in Libia.
Per quanto riguarda le popolazioni sarde, poiché i dati disponibilità in letteratura
sono scarsi e spesso riferiti a campioni di cui non è nota la provenienza non è
possibile individuare la presenza di un’ eventuale variabilità dimensionale
all’interno del territorio regionale. Questo benché Mocci de Martis (1992) riporti
valori del peso medio e della lunghezza delle ali (Tab. 6.4), nei maschi e nelle
femmine, inferiori a quelli ottenuti per le pernici di Surigheddu
Analizzando questi dati emergono, inoltre, delle chiare differenze dimensionali tra
i maschi e le femmine che, contrariamente a quanto riportato in letteratura
(Roselaar, 1980 Mocci de Martis, 1992 e Cramp & Simons, 1980), sembrerebbe
indicare la presenza di dimorfismo sessuale. Tuttavia si tratta di differenze di non
facile individuazione sulla base della sola osservazione e che per essere
apprezzate richiedono una notevole esperienza.
63
Discussione
Valori medi e relative Deviazioni Standard della lunghezza delle ali (mm) nelle tre specie del genere Alectoris
valori medi (DS)
n
range
specie
provenineza
maschi
femmine maschi femmine maschi femmine
169
161 (2,80) n=6
n=5
164-172 157-167 Alectoris graeca
Appennino
Orlando (1957)
164
159 (1,96) n=3
n=7
163-168 157-163 Alectoris graeca
Sicilia
Orlando (1957)
165 (2,39)
157 (3,04) n=14
n=9
161-169 161-171 Alectoris rufa
-
Cramp&Simons (1980)
161 (6,2)
152 (2,09) n=10
n=6
150-170 149-155 Alectoris rufa
-
Zacchetti (1983)
159 (3,46)
155 (4)
n=3
-
Ricci (1985)
166 (3,59)
156 (4,81) n=15
n=8
162-171 149-162 Alectoris barbara barbara
Nord Algeria e Tunisia
Cramp&Simons (1980)
162 (3,32)
158 (4,11) n=5
n=4
159-166 154-163 Alectoris barbara spatzi
Sud Algeria e Tunisia
Cramp&Simons (1980)
168 (2,49)
165 (3,53) n=5
n=7
164-171 161-170 Alectoris barbara barbata
Libia
Cramp&Simons (1980)
n= 30
154-170 140-160 Alectoris barbara barbara
Sardegna
Questo studio
n=6
159 (0,629) 153 (0,69) n=30
-
-
Alectoris rufa
Tabella 6.1
59
Valori medi e relative Deviazioni Standard della lunghezza del tarso (mm) nelle tre specie del genere Alectoris
valori medi (DS)
maschi
femmine
n
range
specie
Discussione
provenineza
maschi femmine maschi femmine
48
46 (0,88)
n=3
n=6
46-50
43-51
Alectoris graeca
Appennino
Orlando (1957)
45 (0,91)
45 (0,70)
n=11
n=7
44-47
44-46
Alectoris graeca
Sicilia
Orlando (1957)
44 (1,48)
41 (1,64)
n=15
n=9
41-46
39-43
Alectoris rufa
40 (0,38)
38 (0,42)
n=30
n=30
36-46
32-47
Alectoris barbara barbara
Sardegna
Cramp&Simons (1980)
Questo studio
Tabella 6.2
Valori medi e relative Deviazioni Standard del peso (gr) nelle tre specie del genere Alectoris
valori medi (DS)
n
range
specie
provenineza
maschi
femmine
maschi femmine maschi femmine
592,5 (46,3) 475,8 (36,5) n=10 n=6
525-650 430-510 Alectoris rufa
Zacchetti (1983)
542,5 (38,9) 455 (21,8) n=6
n=6
Alectoris rufa
Ricci (1985)
515,5 (58,4) 437,5 (48,2) n=18 n=12
430-620 310-510 Alectoris rufa
Pazzuconi
494,9 (16,6) 415,6 (34,27) n=30 n=30
480-516 356-452 Alectoris barbara barbara Sardegna
Questo studio
Tabella 6.3
59
Discussione
Misure biometriche e relative Deviazioni
Standard riportate da Mocci De Martis
maschi
peso (gr)
lunghezza ali (mm)
femmine
417, 0
375,7 (37,21)
(36,00) n=51
n=51
154 (4,82)
n=5
146 (5,75)
n=7
Tabella 6.4
59
Discussione
6.3 Ciclo biologico ricavato dalla fenologia dei diversi tipi di aggregazioni
Dall’analisi dell’andamento delle osservazioni delle diverse tipologie di
raggruppamento è stato possibile ipotizzare il ciclo biologico della specie e
confrontarlo con quanto riportato in letteratura. Non esistendo, tuttavia,
informazioni per le popolazioni della Sardegna si è fatto riferimento a quanto
riportato per le sottospecie del Nord Africa.
Secondo quanto osservato nella ZRC di Surigheddu il periodo pre-riproduttivo, in
cui termina la fase gregaria e inizia quella territoriale con formazione delle
coppie, comincia nel mese di gennaio e si protrae fino a metà aprile, quando si
registra il picco massimo di osservazioni delle coppie.
Il periodo riproduttivo inizia dalla seconda metà di maggio, quando le
osservazioni delle coppie cominciano a diminuire mentre aumentano quelle di
individui singoli; questi sono con tutta probabilità individui di sesso maschile, in
quanto la femmina, impegnata nella deposizione e successivamente nella cova
abbandona raramente il nido ed è quindi difficilmente contattabile. Le
osservazioni di gruppi effettuate in questo momento del ciclo biologico sono
invece riconducibile a individui che non si sono accoppiati e che si riuniscono con
fini antipredatori. Dal momento che il periodo di durata della cova dovrebbe
essere di circa 24 giorni, secondo quanto riportato in letteratura (Cramp &
Simons, 1980), e che la prima nidiata del 2004 è stata osservata nel mese di
giugno, con pulli di dimensioni pari a metà dell’adulto, quindi riconducibili alla
seconda classe di età (circa 30 giorni), la schiusa dovrebbe avvenire alla fine del
mese di maggio.
Nei mesi estivi le osservazioni riguardano prevalentemente le nidiate che si
incontrano ancora fino alla fine del mese di settembre quando lo stadio di
sviluppo dei giovani è pressoché completo e quindi risulta impossibile una loro
distinzione dagli adulti. Da questo momento in poi comincia la fase gregaria,
durante la quale i gruppi familiari si riuniscono per formare le brigate che possono
anche raggiungere dimensioni notevoli ed essere composte da 15-20 individui. La
fase gregaria terminerà poi con l’inizio del periodo pre-riproduttivo, quando i
componenti della brigata andranno incontro a dispersione per la ricerca del partner
per la riproduzione dando inizio ad un nuovo ciclo.
60
Discussione
Confrontando i nostri dati con quanto riportato da Alaoui (1992), sembrerebbe
esserci una posticipazione del ciclo biologico di Alectoris barbara, in Sardegna,
rispetto a quello delle popolazioni delle pianure nel Marocco del Sud; per quanto
riguarda, invece, le popolazioni delle montagne, sempre secondo quanto riferito
da Alaoui, i cicli biologici sembrano coincidere. Infatti il periodo pre-riproduttivo,
con la formazione delle coppie, nel Sud del Marocco, comincia nella seconda
metà del mese di dicembre in pianura e dall’inizio del mese di gennaio in
montagna. Un leggero slittamento si ha anche per quanto riguarda il periodo della
deposizione che avverrebbe nei mesi compresi tra marzo e maggio (in quelle di
pianura il periodo corrisponde al mese di marzo), e per quello della schiusa che,
per Alaoui, avviene fra aprile e maggio in pianura e fra giugno e luglio nelle zone
di montagna.
Sembrerebbe esistere, dunque, un gradiente latitudinale che influenza il ciclo
biologico della pernice sarda dovuto probabilmente a fattori climatici.
Questo dato potrebbe essere confermato anche dal fatto che nel 2005, nella ZRC
di Surigheddu, si è osservata uno sfasamento del periodo pre-riproduttivo, e
quindi dell’intero ciclo biologico, rispetto a quanto osservato nell’anno
precedente; nel 2004, infatti, la stagione invernale ha avuto una durata inferiore ed
è stata caratterizzata da temperature medie inferiori e da precipitazioni più
abbondanti (Grafico 6.1 e Grafico 6.2) che potrebbero avere causato una
anticipazione del ciclo biologico.
61
Discussione
Andamento delle temperature negli anni 2004-2005
20
T°C
16
12
8
4
dicembre
novembre
ottobre
settembre
agosto
luglio
giugno
maggio
aprile
marzo
febbraio
gennaio
0
2004
2005
mese
Grafico 6.1
Andamento della piovosità negli anni 2004-2005
200
T°C
150
100
50
mese
dicembre
novembre
ottobre
settembre
agosto
luglio
giugno
maggio
aprile
marzo
febbraio
gennaio
0
2004
2005
Grafico 6.2
62
Discussione
6.4 Dinamica di popolazione
Dal confronto dei parametri demografici tra le due aree di studio è emerso per
Surigheddu un successo riproduttivo, nei tre anni, maggiore di quello
dell’Asinara, dove, tuttavia, si osserva una dimensione media delle nidiate, e
quindi una maggiore sopravvivenza dei pulcini, più elevato. La differenza nel
successo riproduttivo potrebbe essere spiegata con la maggiore complessità e
frammentazione del paesaggio che caratterizza Surigheddu rispetto all’Asinara
che sta alla base di una maggiore disponibilità di siti idonei alla nidificazione; per
quanto riguarda, invece, il numero di giovani per nidiata l’ipotesi più plausibile è
che sia la differenza nella pressione predatoria a determinare la differenza tra le
due aree; questo, infatti è un elemento che influisce particolarmente per le specie
di uccelli con prode nidifuga (Perrins, 1977). All’Asinara il predatore principale è
rappresentato dal cinghiale, la cui azione si esplica in prevalenza sui nidi (agendo
quindi sul successo riproduttivo), mentre a Surigheddu, oltre al cinghiale, è
presente anche la volpe, la cui azione predatoria si svolge principalmente sui
pulcini determinando una riduzione nel loro numero.
Altri importanti fattori che potrebbero influire sulla sopravvivenza dei pulcini
sono la condizione nutrizionale delle femmine (influenzata dall’andamento
dell’inverno) che agirebbe sulla qualità delle uova, e la disponibilità di insetti che
rappresentano la componente principale della dieta dei primi 20 giorni di vita dei
pulcini (Potts, 1980; Green, 1984; Potts, 1986; Montagna e Meriggi, 1991). Dai
dati relativi alle temperature minime medie nei mesi invernali, fornite dal SAR,
per le stazioni meteo di Stintino e Olmedo, per gli anni 2003-2005, è emerso che
le temperature minime invernali a Surigheddu sono state significativamente più
basse (t = 0,939; g.l. = 3,99; p < 0,004) a Surigheddu che all’Asinara e questo
potrebbe essere stato causa di una peggiore condizione delle femmine che
potrebbe aver contribuito alla minore sopravvivenza dei pulcini in quest’area. Un
ulteriore fattore di influenza sono le piogge dei mesi estivi (giugno-luglio)
(Montagna e Meriggi, 1991) che tuttavia non hanno mostrato nel caso delle due
aree di studio differenze significative (t = 0,059; g.l. = 3,99; p =0,248).
Per quanto riguarda la mortalità degli adulti tra la primavera e l’estate si
registrano differenze statisticamente significative nei valori tra Asinara (37,7%) e
63
Discussione
Surigheddu (0,5%) per il medesimo anno (χ ² = 19.92; g.l. = 1; p < 0.0001); risulta
dunque che gli individui adulti muoiono in numero maggiore all’Asinara rispetto
a Surigheddu. In questo periodo dell’anno la mortalità degli adulti, è a carico in
particolare delle femmine impegnate nella cova (che quindi sono meno mobili e
più facilmente attaccabili) e degli adulti che non si sono accoppiati: in entrambi i
casi, infatti, vi è una maggiore sensibilità alla predazione (Meriggi & Mazzoni
della Stella, 2003 Bro et al, 1998; Nadal et al, 1996). Differenze significative si
hanno anche per la mortalità invernale che risulta essere minore all’Asinara:
anche in questo caso le temperature più basse che si sono avute a Surigheddu in
inverno potrebbero essere alla base di questa differenza.
Infine per quanto riguarda il reclutamento il valore maggiore si è avuto sempre a
Surigheddu e potrebbe essere spiegato in funzione della densità della popolazione
primaverile e delle coppie; è dimostrata, infatti l’esistenza di una correlazione
negativa tra questi tre parametri in popolazioni di starna (Perdix perdix)
(Montagna e Meriggi, 1991; Rands, 1987).
Il fattore temperatura inoltre influenza anche le ore di uscita al pascolo: gli
animali probabilmente scelgono i momenti più freschi della giornata per
alimentarsi, ad esempio le ore precedenti l’alba, e per questo non è stato possibile
avvistarli con la stessa frequenza che si è avuta nel resto dell’anno. Altro fattore
che può aver determinato la minore contatabilità degli animali può esser
individuato nel flusso turistico che investe l’Asinara nei mesi estivi; il disturbo
provocato dai visitatori e dai mezzi che li accompagnano fanno si che gli animali
tendano a stare nascosti all’interno di zone coperte (ad esempio nella macchia)
anziché frequentare zone aperte in cui sarebbero più facilmente avvistabili.
6.5 Selezione dell’habitat
L’analisi della selezione dell’habitat da parte di una popolazione è fondamentale
per la formulazione di un piano di gestione in quanto consente di acquisire
informazioni sulle caratteristiche ambientali che sono necessarie per la sua
conservazione; solo sulla base di queste informazioni infatti è possibile effettuare
interventi di miglioramento ambientale con finalità conservative o di eventuale
ripopolamento. Per quanto riguarda la pernice sarda si tratta di un aspetto
dell’ecologia della specie poco indagato, tuttavia, dai dati relativi alle due aree di
studio di Surigheddu e dell’Asinara, emerge una marcata selezione dell’habitat da
64
Discussione
parte delle due popolazioni. Nella Zona di Ripopolamento e Cattura si nota una
marcata selezione dei coltivi cerealicoli, che, come osservato per la starna e per la
pernice rossa, rappresentano una fonte di nutrimento, in particolare in primavera
ed estate quando i cerali sono maturi e vi è un gran numero di insetti,
fondamentali per la dieta dei pulcini (Meriggi et al, 1991 Meriggi et al, 1992).
Una selezione negativa viene invece effettuata sulla tipologia prato-pascolo,
probabilmente in quanto in queste aree la presenza di domestici al pascolo è fonte
di disturbo per le pernici (Birkan et al, 1992); questo risultato è tuttavia in
contrasto con quanto ottenuto per l’area dell’Asinara, dove sembra esserci un
marcato utilizzo di questi ambienti; probabilmente l’assenza di campi coltivati
rende il prato pascolo una fonte di cibo indispensabile sia per gli adulti sia per i
pulcini. Per quanto riguarda le zone cespugliati, vi è, in entrambe le aree, una
selezione negativa, riscontrata anche nella pernice rossa, (Vargas et al, 2006 Lucio
et al, 1996) e riconducibile, probabilmente, alla presenza di predatori terrestri
tipica della vegetazione fitta (Meriggi et al, 1991 meriggi et al 1992 Birkan et al,
1992). Tuttavia, va tenuto in considerazione il fatto che la contattabilità degli
animali nelle diverse tipologie ambientali è differente; ambienti come la macchia
mediterranea, infatti, rendono estremamente difficile avvistare gli animali rispetto
a quanto accade in aree aperte come il prato-pascolo e i coltivi.
65
Discussione
6.6 Vitalità delle popolazioni
Le popolazioni di pernice sarda della ZRC di Surigheddu e dell’ Asinara possono
essere utilizzate come degli indicatori gestionali generali per quelle popolazioni
che occupino aree con caratteristiche ambientali paragonabili a quelle delle due
aree di studio.
In queste due aree l’analisi delle PVA ha mostrato delle popolazioni con una
buona vitalità che possono tuttavia essere soggette a un repentino e drastico
declino se sottoposte a prelievi non controllati. Tuttavia, entrambe le popolazioni
sarebbero in grado di sopportare un prelievo qualora questo fosse proporzionato in
modo adeguato alle densità del contingente riproduttivo; questo risultato mette in
luce l’importanza della conoscenza dell’ecologia della specie e dei meccanismi
che ne regolano la dinamica di popolazione. Dai risultati emerge anche
l’importanza del ruolo svolto dalle aree protette nella conservazione delle specie
minacciate; all’interno di queste aree è infatti possibile effettuare interventi di
controllo sui predatori e sul bracconaggio, ma anche interventi di miglioramento
ambientale atti a creare le condizioni più adatte per le popolazioni.
66
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RINGRAZIAMENTI
Parte di questa ricerca è stata finanziata da una borsa di studio della Regione Autonoma della
Sardegna dal titolo “Studio sull’ecologia della pernice sarda (Alectoris barbara)”.
Grazie .…
•
alla mia famiglia, per aver sempre appoggiato e sostenuto le mie scelte
•
al Prof. Marco Apollonio, per le numerose opportunità e per la fiducia accordatami
•
al Dott. Oreste Sacchi, per i preziosi insegnamenti e soprattutto per l’affetto e la
fiducia che mi ha sempre dimostrato
•
al Dott. Alberto Meriggi
•
alla Dott.ssa Sara Luchetti, per l’indispesabile aiuto e ancora di più per la sua amicizia
•
alla Dott.ssa Anna Pipia al Dott. Nicola Gilio, al Dott. Ugo Ziliani, alla Dott.ssa
Francesca Sotti, al Dott. Maurizio Medda, al Dott. Filippo Nicoli, alla Dott.ssa
Francesca Pella e alla Dottt.ssa Anna Vidus, per la collaborazione fornita
•
a tutti coloro che hanno partecipato all’attività di campo
•
al personale del Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale (CFVA) della Regione
Sardegna della Stazione del Parco Nazionale dell’Asinara
•
un ringraziamento particolare va inoltre all’ Isp. Venanzio Cadoni per l’ aiuto e per le
foto di pernice sarda
•
al personale dell’ Ente Foreste della Sardegna per la fondamentale e preziosissima
collaborazione
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