II.7 Tecniche costruttive in legno e in terra Introduzione Sotto la

Transcript

II.7 Tecniche costruttive in legno e in terra Introduzione Sotto la
FRONZA V., Tecniche costruttive in legno e in terra, in Miranduolo in alta Val di Merse (Chiusdino – SI).
Archeologia su un sito di potere del Medioevo toscano, a cura di M. Valenti, Firenze, 2008, pp. 245-281.
II.7 Tecniche costruttive in legno e in terra
Introduzione
Sotto la definizione di edilizia in materiale deperibile comprendiamo tutti i tipi di costruzione
che non prevedono nella struttura portante un utilizzo esclusivo della pietra (o, meglio, delle
opere murarie in pietra legate da malta)269 come materiale da costruzione. Si tratta di tipologie
ampiamente attestate per tutta l'età medievale, con un momento di massima diffusione da
collocarsi nel corso dell'altomedioevo, quando costituiscono il tipo di costruzione
preponderante in campagna come in città 270.
Non occorre soffermarsi in questa sede sulle riflessioni già effettuate a proposito
dell'arretratezza metodologica generalizzata che connota lo studio delle architetture in terra e
legno nell'ambito della comunità scientifica italiana271, per tradizione molto più orientata
all'analisi dell'edilizia in muratura272. Il divario esistente fra i due ambiti di studio è ben lungi
dall'essere colmato, sia per quanto riguarda gli aspetti di metodo, sia per i risultati conseguiti
sul piano storiografico; basti pensare che con il termine “archeologia dell’architettura” si
intende correntemente, salvo rare eccezioni per lo più collegate alle case in terra o agli
ambienti rupestri, la sola edilizia in muratura. Siamo invece convinti che, anche attraverso lo
sviluppo di specifiche metodologie in grado di affinare le interpretazioni delle stratigrafie, lo
studio di dettaglio dell'edilizia in materiale deperibile possa costituire un aspetto interessante,
soprattutto in relazione all’alto contenuto informativo derivabile da questo tipo di evidenze 273.
Il sito di Miranduolo si distingue nel panorama nazionale per la ricchezza e la varietà delle
informazioni restituite a proposito delle tecniche costruttive in materiali deperibili, dovute
principalmente alle peculiarità delle dinamiche di formazione del deposito stratigrafico.
269 Per un'analisi dell'edilizia in muratura sul sito di Miranduolo e, più in generale, nel territorio chiusdinese, si
rimanda al contributo di Marie Ange Causarano su questo stesso volume (capitolo II.8).
270 Una visione d'insieme del fenomeno è ampiamente discussa in Fronza 2005a.
271 A tal proposito si vedano Fronza 2005a e Fronza 2006. Il convegno sull'edilizia abitativa organizzato nel
1993 da Gian Pietro Brogiolo nell'ambito dei “Seminari sul Tardoantico e l'Altomedioevo in Italia centro
settentrionale” (Brogiolo 1994a) rimane l'unico vero tentativo di sintesi storiografica pienamente basato su dati e
metodologie archeologiche, anche se non direttamente incentrato sulle strutture in materiali deperibili. In
un'ottica diversa, molto più legata alla storia delle architetture e all'archeologia della produzione, occorre
segnalare il bel capitolo che Aurora Cagnana dedica al legno nel suo manuale sui materiali da costruzione;
vengono trattati argomenti che spaziano dalle proprietà fisiche del materiale, alle tecniche di abbattimento,
stagionatura e lavorazione, fino ad affrontare le principali tecniche costruttive che prevedono un utilizzo
primario del legno (Cagnana 2000, pp. 215-231).
272 Per una sintesi sui principali indirizzi della disciplina e sui suoi più recenti sviluppi si vedano almeno Parenti
2000; Francovich, Bianchi 2003; Brogiolo 2003; D'Ulizia 2005.
273 La presenza di gerarchie sociali, insieme all’organizzazione economica di insediamenti e territori,
rappresentano nodi interpretativi fra i più complessi e utili per capire i processi storici in atto nel corso
dell’altomedioevo. In questo senso lo studio comparato delle strutture edilizie costituisce un dato efficace per la
lettura complessiva di un contesto; nella sua sintesi sull’insediamento rurale dell’altomedioevo toscano, ad
esempio, Valenti comprende lo studio dell’edilizia in materiale deperibile fra gli indicatori materiali più rilevanti
(insieme alla morfologia del villaggio, ai reperti ceramici, archeozoologici e archeobotanici, alle ricostruzioni
ambientali) per comprendere l’articolazione socio-economica di un insediamento (Valenti 2004, in particolare i
paragrafi 6.1 e 6.3).
Fig. 117 - Area sommitale. Contesti relativi a distruzioni per incendio pertinenti alla fase curtense
(periodo VI, fase 3) e al primo insediamento incastellato (periodo V, fase 2).
Le distruzioni per incendio che hanno accompagnato il sito in quasi tutte le sue fasi hanno
favorito la formazione di depositi ben conservati, per cui le evidenze di ciascun periodo sono
molto spesso sigillate da strati di terra nera e carboni; in alcuni casi, ciò ha permesso la
conservazione degli elementi strutturali lignei274, determinando una inusuale abbondanza dei
dati sulle tecniche costruttive. Per quanto riguarda le fasi bassomedievali, ad esempio, è stato
possibile identificare il crollo del solaio relativo al primo piano dell'edificio palaziale,
incendiatosi in concomitanza o poco dopo l'abbandono definitivo del sito; ma ai fini di questo
contributo interessano soprattutto gli eventi distruttivi avvenuti durante i periodi
dell'insediamento altomedievale, che hanno permesso in qualche caso fortunato di individuare
i pali delle strutture lignee in perfetto stato di conservazione, fornendo un contributo
importante in fase di formulazione delle ipotesi interpretative (Fig. 117).
In ogni modo, i dati di cui disponiamo sono tali da costituire un insieme omogeneo e
affidabile, un caso eccezionale per lo studio delle architetture in legno e in terra. Il nostro
contributo sarà incentrato essenzialmente sulla descrizione e interpretazione di queste
tecniche costruttive; le singole strutture non saranno analizzate nel dettaglio, ma menzionate
ed eventualmente descritte solo in relazione al tipo di tecnica impiegata, nell'ambito della
casistica che costituisce l'oggetto della nostra trattazione 275.
Tenteremo sempre di relazionare i dati alle dinamiche insediative, collocandoli nel loro
contesto; tutte le analisi presentate si basano essenzialmente su due parametri: la cronologia e
la topografia. Relativamente alla prima si è ovviamente utilizzata la periodizzazione dello
scavo, con particolare riferimento alle fasi altomedievali; per quanto possibile, abbiamo
sempre cercato di coniugare letture sincroniche e diacroniche dei contesti interessati.
Da un punto di vista topografico, invece, abbiamo distinto le tendenze della sommità e dei
versanti terrazzati, le due macroaree che caratterizzano l'insediamento, al fine di evidenziare
le eventuali differenze (o corrispondenze) tipologiche e qualitative. Al momento attuale, le
porzioni indagate per le due parti dell'insediamento hanno un'estensione molto simile e
favoriscono quindi un confronto relativo su base statistica delle caratteristiche individuate 276.
Salvo diversa indicazione, abbiamo sempre considerato le evidenze rinvenute fino alla
campagna di scavo 2006. Per quanto riguarda i dati quantitativi che corredano la discussione
ci siamo avvalsi delle potenzialità analitiche offerte dalla sezione stratigrafica del DBMS
Carta Archeologica, lo strumento di archiviazione in uso presso il LIAAM (Laboratorio di
Informatica Applicata all'Archeologia) dell'ateneo senese277. Le query sull'archivio sono state
spesso soggette a verifiche sui rilievi planimetrici sfruttando il sistema OpenArcheo e le
funzionalità della tecnologia GIS utilizzata per la documentazione grafica dello scavo 278.
274 Lo studio dei macroresti vegetali è trattato nel presente volume in un contributo dedicato, curato da
Giuseppe Di Falco, Gaetano Di Pasquale e Daniela Moser (capitolo III.3).
275 Ne consegue che anche le riflessioni sulla distribuzione topografica delle strutture nelle varie fasi
dell'insediamento o l'interpretazione funzionale dei singoli contesti (comprese le eventuali tracce di attività
svolte all'interno degli edifici) non saranno discusse se non contestualmente alle singole tecniche. Per una
descrizione specifica delle singole strutture individuate si rimanda direttamente alla trattazione dei periodi
coinvolti (si vedano i capitoli II.3 e II.4 di questo volume).
276 La strategia della ricerca impostata ha portato a privilegiare nella fase iniziale l'indagine dell'area sommitale,
mentre solo nelle ultime campagne si è iniziato uno scavo sistematico del versante meridionale della collina. Se
ci riferiamo ai dati di fine campagna 2007, i settori dell'area privilegiata (ormai quasi interamente scavata)
coprono 1195 mq, compreso il fossato ovest; le porzioni indagate sui versanti raggiungono invece i 1175 mq.
Considerando gli spazi interni al circuito murario che cinge interamente il poggio (ovviamente dove manca
l'evidenza materiale si è utilizzata l'ipotesi interpretativa), rimane da scavare un'area di circa 2100 mq.
277 Una descrizione delle impostazioni teoriche e delle principali funzionalità del database si trovano in Fronza
2003 e Fronza 2005b.
278 L'utilità della gestione digitale del dato archeologico è, per quanto ci riguarda, un fatto ormai concretamente
dimostrato in moltissime occasioni. Riflessioni a tal proposito sono ampiamente sviluppate nel contributo di
Alessandra Nardini su questo volume (capitolo V.2), che pone in particolare l'accento sulle esperienze pratiche
Se si escludono pochi contesti scarsamente significativi, le tecniche edilizie in materiali
deperibili attestate sono tutte riferibili alle fasi che precedono la costruzione della prima cinta
interamente realizzata in muratura, databile alla prima metà-metà dell'XI secolo (periodo IV,
fase 2).
Le tipologie più note e numerose riguardano le capanne con struttura portante in armatura di
pali. Come si sa, si tratta di contesti edilizi che gli archeologi riconoscono attraverso
l'impronta negativa lasciata sul terreno in seguito all'impianto (o all'espianto) dei pali, le
cosiddette “buche di palo”; le loro tracce sono solitamente molto labili e di non facile
riconoscimento, motivo per cui le relative evidenze sono spesso trattate in maniera piuttosto
superficiale nelle pubblicazioni archeologiche, soprattutto per quanto riguarda l'ambito
nazionale279.
Le strutture in armatura di pali sono seguite, per numero di attestazioni, da quelle su
basamento in muratura o comunque con compresenza di armature di pali e basamenti; il tipo è
diffuso in Italia per tutto il periodo altomedievale, con maggior frequenza nei momenti iniziali
e finali del suo arco cronologico (rispettivamente VI-VII secolo e X-XI secolo). In effetti,
anche a Miranduolo tutti gli edifici su zoccolo in pietra sono attribuibili alla prima fase di
incastellamento, in quel periodo di transizione fra l'insediamento curtense e il castello vero e
proprio che nel nostro caso si estende per un cinquantennio a cavallo fra X e XI secolo
(periodo V).
In un unico caso riferibile alla zona di stoccaggio delle derrate alimentari sul versante
settentrionale dell'area sommitale, per altro poco chiaro in quanto non interamente indagato, si
è potuta riconoscere una probabile struttura portante su trave dormiente comunque associato
alla presenza di buche di palo (Struttura SF 11).
7.1 - Struttura portante in armatura di pali
Il tipo è caratterizzato dalla presenza di un'armatura di pali in legno direttamente infissi nel
terreno, distribuiti in pianta secondo criteri diversi che determinano le varianti della struttura
portante280; si tratta delle evidenze più diffuse e con la più ampia eterogeneità di dimensioni,
planimetrie, elementi portanti, coperture, tecnica degli elevati e distribuzione spaziotemporale delle evidenze a livello europeo in generale e italiano in particolare.
Anche sul nostro sito la presenza di capanne in armatura di pali è numericamente prevalente:
comprendendo le strutture funzionali e la palizzata, si tratta nel complesso di 42 casi su un
totale di 56 contesti di edilizia in materiale deperibile riconosciuti (tab. 1) 281.
nell'implementazione di una soluzione GIS sul nostro sito. Per quanto riguarda un inquadramento
dell'applicazione OpenArcheo, sviluppata presso il LIAAM, si vedano Fronza 2005c e Fronza, Nardini, Valenti
2003.
279 Nell'ultimo decennio, seguendo un percorso iniziato assieme a Marco Valenti (Fronza, Valenti 1997; Fronza,
Valenti 2000; Valenti 2004, pp. 117-119; Fronza 2005a, capp. 2-3), abbiamo a più riprese proposto un processo
interpretativo il cui significato quanto mai attuale resta generalmente non colto dalla comunità scientifica.
280 Per una tipologia delle strutture in materiali deperibili si veda Fronza, Valenti 1996, aggiornata in Fronza
2005a, cap. 5. Esistono, ad esempio, capanne a pali perimetrali, a pali centrali, a due pali contrapposti, a pali
angolari, a pali esterni inclinati, a due navate, a tre navate, ecc.
281 In particolare, nel computo sono state conteggiate anche le palizzate, le tettoie su armatura di pali e il
probabile edificio in tecnica mista collocato nella porzione nord ovest dei versanti direttamente legati alla
sommità (struttura SF 11); quest'ultimo, sebbene di difficile interpretazione in quanto solo parzialmente
indagato, vede la presenza dominante di un armatura di pali, forse integrata da un trave dormiente sul lato a
valle. Inoltre, alcune strutture sono state conteggiate due volte, in quanto presentano continuità d'uso per più di
un periodo. Sono invece state escluse 3 situazioni di buche di palo (strutture SB 01, SB 02, SB 03), tutte riferibili
alla sommità collinare, per le quali risulta difficile formulare con sufficiente affidabilità una interpretazione
planimetrica e funzionale.
Tab. 1 – Strutture. Distribuzione delle attestazioni per tecnica costruttiva, macroarea e periodo.
Fig. 118 - Graf ici 1-4.
Si nota una leggera prevalenza dell'area sommitale rispetto ai versanti terrazzati (22 casi
contro 20), a conferma della distribuzione complessiva che vede 29 casi pertinenti all'area
sommitale contro i 27 dei versanti (Fig. 118: grafico 1a).
Da un punto di vista cronologico, la maggior parte delle strutture, ben 26, sono attribuibili all'
insediamento curtense (periodo VI); nello stesso periodo, la distribuzione per macroaree vede
una concentrazione leggermente maggiore sulla sommità (dove si collocano 14 contesti contro
i 12 dei versanti collinari282).Per il periodo VII (villaggio precedente alla curtis, per ora datato
nel corso dell'VIII secolo283) si contano 11 strutture (10 capanne e 1 palizzata), con una
prevalenza abbastanza netta a favore dei versanti della collina (7 casi contro i 4 della
sommità). Il primo sito incastellato (periodo V) ha finora restituito solamente 4 strutture in
armatura di pali, tutte collocate sulla sommità collinare e riferibili a edifici funzionali284
mentre le attestazioni complessive, comprendenti anche gli edifici su basamento, ammontano
a 18 (Fig. 118: grafico 1b).
A. Buche di palo
Nella lettura delle buche di palo intervengono diversi parametri utili ai fini della ricostruzione
strutturale degli edifici in legno e delle loro tecniche costruttive; fra questi rientrano
soprattutto la forma (planimetria, sezione, diametro, profondità), la composizione del
riempimento, la presenza di elementi di rinforzo alla stabilità (pietre a zeppa, ciambelle di
argilla o terra pressata) e gli eventuali riusi.
Tab. 2 - Strutture. Distribuzione delle attestazioni per tecnica costruttiva, macroarea e periodo.
282 Occorre comunque notare che, se per ora l'estensione delle aree scavate sulla sommità e sui versanti è
all'incirca equivalente, restano ancora interamente da indagare i lati orientale e settentrionale del poggio. Il dato
va quindi considerato come parziale e può avere un senso in termini relativi solamente negli eventuali
cambiamenti di rapporto fra il numero di attestazioni nelle due macroaree.
283 Diversi indicatori materiali, rinvenuti soprattutto nelle ultime due campagne di scavo, avvalorano l'ipotesi
circa un'ulteriore retrodatazione di alcuni depositi, che sembrano già in vita a cavallo fra VI e VII secolo.
284 In particolare, 3 si collocano sul versante nord dell'area sommitale e sono interpretabili come strutture per lo
stoccaggio e la lavorazione delle derrate alimentari: la tettoia ovest (struttura SF 09) e il magazzino (struttura C
12) che hanno mostrato una continuità d'uso dalla seconda fase curtense (periodo VI, fase 2), cui si aggiunge un
breve momento di rioccupazione dello stesso magazzino dopo la distruzione per incendio e prima della
costruzione del castello in pietra di fine XI – inizi XII secolo. La quarta è la tettoia che ospita l'officina del
fabbro nella parte sud orientale della sommità collinare (struttura SF 20), anche questa con continuità d'uso dalle
fasi curtensi.
In generale, sono rare le evidenze di alloggi in perfetto stato di conservazione, connotati da
taglio chiaramente distinguibile rispetto al terreno circostante e riempimento costituito da
terra sciolta fortemente organica, carboni e pietre a zeppa 285 (Fig. 119); ancora meno frequenti
sono le condizioni di anaerobicità o di carbonizzazione per incendio che determinano una
perfetta conservazione del legno e permettono quindi un'osservazione diretta delle soluzioni
tecniche adottate286. Anche a Miranduolo la compresenza di tutti questi elementi non ricorre
quasi mai, benché occorra osservare come, mediamente, le evidenze si rinvengano in ottimo
stato di preservazione; inoltre, la loro individuazione avviene spesso sul piano roccioso
rendendone meno problematico il riconoscimento (tab. 2). Occorre infine ricordare un
ulteriore elemento che contribuisce a migliorare in modo sensibile, se non determinante, la
qualità delle possibili letture: le fasi di incendio susseguitesi sul sito che hanno permesso, in
situazioni favorevoli, una lettura estremamente dettagliata delle tecniche costruttive
impiegate.
Complessivamente si sono scavate oltre 700 buche di palo, distribuite soprattutto sulla
sommità della collina e, in misura nettamente minore, sui terrazzi insediati lungo i versanti
(Fig. 118: grafico 2a). In realtà, il dato non implica una maggiore densità di strutture sull'area
sommitale, che anzi nel complesso ospita meno edifici rispetto ai versanti e alla platea (si
veda la distribuzione delle capanne in armatura di pali nella tab. 1); allo stesso modo, non è
possibile stabilire una connessione diretta fra il numero di buche e la qualità della tecnica
costruttiva. La consistenza numerica riportata è in buona parte da imputare alla presenza di
una palizzata in legno (struttura F 06) che cinge l'intera area sommitale ed è formata da un
numero considerevole di pali (oltre 140) molto ravvicinati; testimonia comunque una
maggiore attività edilizia e, soprattutto, una maggiore complessità delle evidenze collocate
negli spazi a connotazione signorile.
Da un punto di vista cronologico (Fig. 118: grafico 2b), le buche individuate appartengono in
larga maggioranza al villaggio curtense (periodo VI)287; le attestazioni riferibili ai periodi V e
VII sono per ora molto simili288, mentre un numero molto minore di evidenze proviene dalle
sequenze bassomedievali289. Si coglie un uso prevalente delle strutture portanti in armatura di
pali durante il periodo dell'insediamento curtense, fase alla quale è attribuibile anche in
assoluto il numero più alto di contesti (tab. 1; Fig. 118: grafico 1b), la più complessa
articolazione funzionale e topografica e la maggiore estensione spaziale delle evidenze.
Il processo di trasformazione continuato e progressivo che, non senza traumi (come
testimonia l'incendio della palizzata), segna il passaggio dal villaggio altomedievale alle
prime fasi del villaggio incastellato propone anche un cambiamento nelle tecniche edilizie: si
affermano in questo periodo nuove soluzioni, basate su un uso prevalente degli edifici su
zoccolo in muratura.
285 Contesti in perfetto stato di conservazione, sebbene numericamente molto scarsi, interessano diversi siti
italiani ed europei. Fra i casi più eclatanti rientrano sicuramente le buche di palo e i focolari a fossa dell’età del
bronzo, rinvenuti a Fragtrup nello Jutland (Tesch 1992, p. 305, tavv. 6/1a-c, 6/2).
286 Esistono comunque un certo numero di evenienze di questo tipo. Per citare solo alcuni esempi italiani
ricordiamo i casi di Fidenza - via Bacchini in provincia di Parma (Brogiolo 1994b; Catarsi Dall'Aglio 1994;
Catarsi Dall'Aglio 2003), Mantova – via Tazzoli (Attene Franchini, Brogiolo, Rodighiero 1986; Attene Franchini
et alii 1986), Ferrara – via Vaspergolo/corso Porta Reno (Gelichi 1992a; Gelichi 1994; Guarnieri 1997; Guarnieri
2004; Guarnieri, Librenti 1996; Visser Travagli 1995); oppure, a livello europeo, Vipperow in Germania
(strutture su palafitta; Donat 1980, pp. 38-39, 174-175), Grønbjerg-Omgård in Olanda (Nielsen 1979),
Charavines – Colletière sul lago di Paladru in Francia (Colardelle, Verdel 1993a; Colardelle, Verdel 1993b;
Colardelle, Paulin, Verdel 1998), tutti siti dove le condizioni ambientali ottimali hanno favorito la conservazione
di elementi lignei pertinenti alle strutture.
287 Si tratta del 71,53% dei casi.
288 Si attestano rispettivamente all'11,31% e al 12,67%.
289 I periodi IV, III e II coprono complessivamente circa il 4% del totale
Fig. 119 - Esempi di buche di palo in ottimo stato di conservazione, con il riempimento costituito da
terra fortemente organica e chiaramente distinguibile dal terreno circostante.
In questi edifici i pali alloggiano negli stessi basamenti, oppure fanno parte di strutture che
vedono una compresenza delle due tipologie: armatura di pali infissi nel terreno e basamenti
in muratura; in rari casi sono attribuibili a fasi cantieristiche collegate alle attività di
costruzione delle murature290 (tab. 3), funzione cui possono invece essere ricondotti la
maggioranza dei casi attestati per le fasi bassomedievali 291.
L'estrema eterogeneità delle soluzioni attestate, esemplificata nei paragrafi che seguono,
costituisce un motivo di notevole interesse ai fini del nostro studio, aumentandone la valenza
metodologica e rendendo più pregnanti i dati in sede interpretativa particolare e generale.
Tab. 3 - Buche di palo, tagli sulla roccia. Distribuzione delle attestazioni assolute e percentuali per macroarea e
periodo.
Tab. 4 - Buche di palo funzionali ad attività di cantiere. Distribuzione delle attestazioni assolute e percentuali per
macroarea e periodo.
290 Per quanto riguarda il periodo del primo incastellamento, l'ipotesi riguarda in particolare 7 buche di palo
individuate nell'Area 4 (versante sud ovest del poggio), allineate lungo un basamento pertinente a un edificio in
materiali misti (struttura EDM 01); d'altronde non è possibile escludere che si tratti di elementi strutturali
appoggiati al basamento anziché direttamente impostati su di esso.
291 Si tratta nel complesso di 17 evenienze su 30, corrispondenti circa al 56% del totale. Le altre evidenze di
periodo bassomedievale sono in parte riferibili a buche di palo sparse, difficilmente interpretabili. A queste si
aggiungono 4 alloggi attribuibili a un annesso (probabilmente una tettoia) facente parte di una struttura in
muratura di forma vagamente trapezoidale (ED 05), realizzato con una tecnica molto approssimativa e forse
interpretabile come un edificio addossato al palazzo e a questo funzionale durante l'ultima fase di vita
dell'insediamento (periodo II, fase 2).
La forma (tab. 4)
La planimetria e la sezione di una buca di palo forniscono dettagli utili sulle tecniche edilizie
e sull’accuratezza nella realizzazione delle forme edilizie in armatura di pali. A Miranduolo
quasi tutte le evidenze presentano pianta circolare, subcircolare o leggermente ellittica e
sezione cilindrica o leggermente tronco-conica292 (Fig. 118: grafico 3). Il dato è confermato
anche da alcuni rinvenimenti di elementi strutturali in eccezionale stato di conservazione. In
particolare, durante la campagna 2007 si è documentata l'evidenza di un palo carbonizzato
inserito nella fondazione del muro di cinta in materiali misti (Struttura F 01), con ogni
probabilità conservatosi in situ all'interno del suo alloggio squadrato formato da tre pietre del
basamento che circondano un taglio nel terreno sottostante. La parte conservata corrisponde
alla porzione inferiore della punta ed ha un diametro superiore di 12 cm che diminuisce
gradualmente man mano che affonda all'interno del riempimento; l'andamento degli anelli del
legno indica inequivocabilmente la posizione verticale del trave infisso nel terreno (Fig. 120).
Un caso simile si è identificato anche nei terrazzi, sul versante meridionale, dove una buca di
palo a pianta leggermente squadrata e circondata da zeppe conservava all'interno del
riempimento una parte del palo carbonizzato 293.
Sono anche attestati oltre 70 casi con tagli a pianta squadrata 294, la cui distribuzione nello
spazio non segue criteri legati alle singole strutture. Normalmente, infatti, la presenza di
buche a pianta quadrangolare è indice di una tecnica costruttiva piuttosto raffinata che
presuppone una lavorazione preventiva dei pali295; spesso si trova in associazione a contesti
con edifici su travi dormienti o comunque dotati di una certa regolarità negli allineamenti
planimetrici296.
292 Sono circolari o subcircolari 433 tagli corrispondenti al 58,99% delle evidenze scavate, cui si aggiungono
114 buche ellittiche, il 15,53% del totale.
293 La struttura C 30, rinvenuta durante la campagna 2007 nel quadrato A2 di Area 8, presenta due fasi che
coprono un arco cronologico compreso fra il terzo quarto del X e il primo quarto dell'XI secolo; la buca con il
palo conservato è parte dell'allineamento perimetrale ovest.
294 In termini percentuali, si tratta di poco più del 10% di tutte le buche scavate. Pare comunque interessante
sottolineare come la presenza di pali a sezione quadrangolare sia confermata anche dalle analisi archeobotaniche;
in particolare, il magazzino C 12 che occupa la parte centrale dell'area di stoccaggio sui terrazzi settentrionali
dell'area sommitale, ha restituito chiare tracce di lavorazione riferibili a squadrature su alcuni macroresti
interpretabili come elementi strutturali (Di Pasquale et alii 2006, p. 42).
295 La presenza di pali quadrangolari è piuttosto rara in Italia; si riscontra, ad esempio, a Santa Giulia di Brescia
(edificio XX dell’Ortaglia: Brogiolo 1987, pp. 113-114; Brogiolo 1993, p. 93), a Villa Maria di Lomello in
provincia di Pavia (Blake, Maccabruni 1984, p. 66; Blake, Maccabruni 1985, pp. 200-201), a Fidenza - via
Bacchini in provincia di Parma (Brogiolo 1994b; Catarsi Dall'Aglio 1994; Catarsi Dall'Aglio 2003), in via
Vaspergolo/corso Porta Reno a Ferrara (Guarnieri 1997, pp. 187, 198-199; Guarnieri, Librenti, 1996, pp. 280,
283), all'Ospedale Santa Maria della Scala di Siena (Area 6000: Cantini 2002, pp. 101-102; Cantini 2004),
presso la Rocca di Staggia Senese in provincia di Siena (Causarano et alii 2007; Francovich, Valenti 2007b;
Fronza, Valenti 2006) e nel foro di Cosa in provincia di Grosseto (Fentress, Gruspier 2004, p. 109; Fentress,
Rabinowitz 2004). A livello europeo, limitandoci a siti molto noti, esempi provengono da Vorbasse (Hvass 1979,
pp. 149-150, 155) per il IX-X secolo, Portchester Castle per il VII-VIII secolo (Cunliffe 1976, pp. 26-32),
Chalton per il VI-VII secolo (Addyman, Leigh, Hughes 1972, p. 20; Addyman, Leigh 1973, pp. 10-11).
296 È il caso, ad esempio, di due dei siti già citati in precedenza: Fidenza - via Bacchini e Ferrara - via
Vaspergolo/corso Porta Reno (si veda la nota precedente per i riferimenti bibliografici).
Fig. 120 - Area sommitale, basamento in muratura pertinente alla cinta muraria del primo insediamento
incastellato (Struttura F 01; periodo V). Estremità inferiore di un palo perfettamente conservato in situ.
Sul nostro sito, invece, le attestazioni di pali squadrati non caratterizzano in modo
determinante nessun edificio ma sembrano distribuite in modo abbastanza casuale nelle
armature di molte capanne dell'insediamento297. Ciò nonostante, e considerando anche il
numero tutto sommato esiguo delle attestazioni e le possibili ambiguità interpretative suscitate
da questo particolare tipo di evidenze298, una semplice analisi macro-statistica ha reso
possibile l'individuazione di alcuni tratti che possiamo considerare salienti. Nella
distribuzione spaziale delle attestazioni, ad esempio, si nota una prevalenza piuttosto marcata
a favore dell'area sommitale nei confronti dell'occupazione dei versanti collinari299. Da un
punto di vista cronologico, invece, l'unico elemento che potrebbe far rilevare una tendenza
riguarda la distribuzione relativamente più concentrata nel periodo precurtense quando
l'incidenza sul totale delle buche appartenenti al periodo è quasi doppia rispetto
all'insediamento curtense e quasi tripla rispetto al primo insediamento incastellato che si
sviluppa a cavallo fra X e XI secolo300 (tab. 4; Fig. 118: grafico 4). In definitiva, nonostante un
numero di attestazioni tutto sommato contenuto, il dato delle buche di palo a pianta
quadrangolare offre spunti interessanti, che vanno però necessariamente combinati con altri
indizi per ottenere una lettura sufficientemente attendibile (Fig. 121).
Le ultime due morfologie planimetriche individuate riguardano le buche doppie a forma di
“8” e quelle a pianta irregolare. Le prime saranno trattate nel paragrafo dedicato ai riusi 301. Le
evidenze più irregolari, invece, meritano alcune brevi riflessioni. Il numero dei casi attestati302
non desta particolare impressione e rientra nella media normalmente riscontrata nell'ambito
dei contesti con strutture in materiali deperibili 303.
297 In particolare, escludendo i dati della campagna 2007, si sono identificate buche a pianta quadrangolare in
19 capanne ad armatura di pali (da un minimo di 1 a un massimo di 6 casi per struttura), 1 edificio su basamento
in muratura (1 caso), 1 struttura funzionale (1 caso) e una situazione di buche di palo (1 caso), oltre alla palizzata
della fase curtense (14 casi); si tratta nel complesso di ben 22 strutture rispetto alle 36 indagate. A queste si
aggiungono anche 3 casi facenti parte del primo edificio palaziale costruito entro la metà dell'XI secolo, 1 caso
in un edificio del borgo dello stesso periodo, 3 casi appartenenti alla tettoia di un edificio in pietra delle ultime
fasi di frequentazione del sito (ultimi decenni XIII – inizi XIV secolo) e 11 casi non attribuibili ad alcun contesto
strutturale specifico.
298 Ad esempio, non siamo autorizzati a scartare aprioristicamente l'ipotesi che potessero essere impiegati pali
preventivamente squadrati, i quali potevano chiaramente alloggiare anche all'interno di tagli circolari o ellittici;
al contrario, anche se meno verosimile, buche quadrangolari potrebbero aver alloggiato pali “grezzi”, non
squadrati. Purtroppo le uniche 2 evidenze conservatesi in situ all'interno delle buche, descritte poco sopra ed
entrambe riferibili ad alloggi quadrangolari, riguardavano solamente l'estremità appuntita dei pali e non hanno
quindi permesso di rilevare eventuali tracce di lavorazione o squadratura.
299 Si tratta di 46 contro 29 casi, corrispondenti rispettivamente al 61,33% e al 38,67%. Occorre comunque
osservare come il dato rapportato al totale delle buche per macroarea risulti molto più equilibrato; sono infatti
squadrate il 9,54% delle buche in sommità e l'11,51% di quelle dei versanti.
300 Il dato supera il 17% delle evidenze per il periodo VII, contro il 9,14% del periodo VI e il 6,02% del periodo
V. Ragionando in termini statistici occorre però tenere conto della minore consistenza del campione più antico
(93 buche complessive) che rende, almeno in parte, meno affidabile l'analisi; il proseguo dello scavo potrà quindi
confermare o smentire il dato.
301 Si tratta di 36 casi equivalenti al 4,9% del totale.
302 Si tratta di 76 evenienze corrispondenti al 10,35% del totale.
303 Basti in tal senso pensare alla longhouse di Poggio Imperiale a Poggibonsi (SI), un contesto particolarmente
omogeneo riferibile a una struttura complessa nella quale si adottano soluzioni tecniche di notevole qualità (in
generale si veda Francovich, Valenti 2007a; per un'analisi di dettaglio delle tecniche costruttive si rimanda a
Fronza 2005a, cap. 3). Su un totale di 119 buche di palo, 6 casi (il 5,04%) presentano una forma irregolare. Il
valore inferiore al 10% relazionato a tutti i contesti finora indagati a Miranduolo non può pertanto essere preso
come indicatore di una qualità scarsa dell'edilizia in armatura di pali.
Fig. 121 - Esempi di buche di palo a pianta squadrata.
Piuttosto, pare interessante notare come la quasi totalità delle evidenze si concentri nell'area
sommitale, dove un numero cospicuo di casi appartengono alla palizzata dell'insediamento
curtense304. È probabile che il dato sia da attribuire principalmente alla lunga vita delle
strutture sulla sommità (con particolare riferimento alla fortificazione in legno che la cingeva)
e quindi alla necessità di frequenti riusi delle buche o rinforzi alla stabilità del palo che
potevano facilmente alterare la forma originaria del taglio.
Il riempimento (tab. 5)
La natura del riempimento può dipendere da una serie di fattori quali la rimozione del palo
dopo l'abbandono del contesto, la sua sostituzione durante la vita della struttura, gli interventi
di età successiva che intaccano la stratigrafia. La diversificazione dei tipi di riempimento, che
si coglie chiaramente anche sul sito del castello di Miranduolo, risulta quindi fortemente
condizionata dai processi di formazione del deposito e, soprattutto, dalle azioni posteriori
all’abbandono di un contesto.
Tab. 5 - Buche di palo, forma. Distribuzione delle attestazioni assolute e percentuali per macroarea e periodo.
Nel caso di pali rimasti in situ dopo l'obliterazione della struttura, soprattutto in presenza di
stratigrafia sigillata, si sono individuati riempimenti generalmente piuttosto friabili, di colore
scuro ben distinguibile dal terreno circostante e con una più o meno marcata presenza di
carboni. Simili evidenze, di facile riconoscimento al momento dello scavo, sono in genere
scarsamente attestate in ambito italiano dove i siti pluristratificati, caratterizzati da un
continuo riuso nel tempo degli stessi spazi, costituiscono la norma e certamente non
favoriscono la permanenza dei pali all'interno degli alloggi quando i loro contesti di
riferimento vengono sostituiti da altri. Lo stesso vale anche per il sito di Miranduolo, dove
304 Appartengono alla sommità il 94,74% dei casi contro il 5,26% attestato per le strutture collocate sui terrazzi
dei versanti. Le evidenze riferibili alla palizzata sono 24, corrispondenti al 31,67% di tutte le buche a pianta
irregolare.
tracce di carbone all'interno dei riempimento sono attestate in 138 casi (18,8% del totale). Il
dato percentuale, non particolarmente alto, va quindi letto in funzione del continuo riuso degli
spazi; inoltre, è compensato da un punto di vista qualitativo dall'ottima preservazione di
alcuni casi particolari nei quali si sono conservati interamente pali, travi e altri elementi
strutturali in legno carbonizzato, sia direttamente all'interno del taglio delle buche, sia nei
livelli di abbandono delle singole strutture.
Il ragionamento fin qui svolto è supportato anche dai casi diametralmente opposti, nei quali si
assiste a un ricompattamento all'interno del riempimento della terra circostante al taglio. Tali
eventualità, quasi sempre imputabili all'espianto del palo durante la vita o in seguito
all'abbandono delle strutture interessate, sono altrettanto facilmente riconoscibili sul nostro
sito; infatti, a fronte di pochi contesti che possono creare qualche ambiguità interpretativa 305,
nella maggioranza dei casi sono costituiti dal disfacimento della roccia che forma la geologia
del poggio. Se ci limitiamo alle evidenze nei quali i responsabili di settore hanno
esplicitamente riconosciuto una formazione esclusiva o una presenza preponderante di roccia
sbriciolata o disfatta nei riempimenti, una rapida query sul database stratigrafico ha restituito
86 evidenze equivalenti all'11,72% del totale; anche in questo caso dominano gli esempi
provenienti dalla sommità collinare rispetto a quelli dei versanti terrazzati306. Allargando la
ricerca a tutti i riempimenti che presentano tracce di terra friabile grigia o giallastra, a
granulometria piuttosto fine, il dato appena descritto non viene confermato; si evidenzia anzi
una maggiore presenza relativa sui versanti, rispetto alla parte sommitale307. A livello
cronologico, invece, si coglie un sostanziale allineamento delle attestazioni percentuali con la
distribuzione per periodi di tutte le buche (anche se un leggero picco caratterizza le evidenze
riferibili alla prima fase di incastellamento). In definitiva, l'espianto dei pali può essere
considerato una pratica largamente diffusa su tutto il sito e per tutte le fasi altomedievali,
senza che si notino particolari disomogeneità fra i vari contesti indagati.
Per concludere la descrizione delle principali caratteristiche dei riempimenti, occorre
rimarcare la presenza assolutamente marginale di calce o malta all'interno delle buche finora
scavate; i pochi casi attestati provengono quasi tutti dagli alloggi per pali riferibili ai cantieri
bassomedievali (5 evenienze sulle 7 complessivamente riconosciute) e rafforzano l'ipotesi che
vede la presenza di calce all'interno dei riempimenti come indizio di rimozione del palo
305 In effetti, a livello stratigrafico, il ricompattamento della stratigrafia orizzontale all'interno dei tagli può
talvolta causare il riconoscimento delle evidenze a un livello più basso rispetto a quello originario, dove il taglio
ed eventuali residui del riempimento sono maggiormente distinguibili. Pur non trattandosi di esempi
particolarmente diffusi a Miranduolo, in sede di lettura interpretativa si è, di volta in volta, tenuto conto anche di
questa variabile; in alcuni casi, basandoci su una serie di indizi concomitanti (la profondità delle buche, il loro
allineamento, la loro forma e dimensione, ecc.), si sono ipoteticamente attribuiti alcuni pali a strutture più recenti
rispetto al contesto di rinvenimento delle evidenze negative. Ciò vale soprattutto per gli alloggi individuati
direttamente sul piano di roccia (spesso molto friabile) che caratterizza il rilievo. Inoltre, si sono riconosciute
alcune situazioni di livellamenti posteriori all’abbandono della struttura e all’espianto dei pali che spesso hanno
parzialmente intaccato o completamente asportato i livelli di vita originari; anche in queste eventualità il
riempimento delle buche coincideva quasi sempre con lo strato che copriva direttamente il taglio e presentava
caratteristiche di rimescolamento con la stratigrafia orizzontale circostante, rendendo difficile la messa in fase
delle evidenze. Si sono infine individuati casi di buche le quali, in un momento successivo all’asportazione del
palo, sono riusate per attività interne alle strutture, soprattutto come fosse per la conservazione di derrate
alimentari; oppure, al contrario, sono attestate fosse che vengono trasformate in alloggi per palo. In entrambi i
casi, la buca di palo si individua solamente sul fondo della fossa, rendendo difficile stabilire con chiarezza la
sequenza delle attività.
306 Il dato è di 80 casi contro 6, rispettivamente corrispondenti al 93,02% contro il 6,98% dei riempimenti con
queste caratteristiche.
307 Appartengono ai versanti 97 evenienze a fronte di 252 buche complessivamente individuate, con una
incidenza del 38,49%. Sull'area sommitale le 140 evenienze su un totale di 482 buche scavate collocano il dato
percentuale al 29,05%.
piuttosto che come elemento utile per supportare la stabilità dell'elemento strutturale.
I rinforzi: zeppature e “ciambelle” (tab. 6)
Un ulteriore interessante indizio sulle tecniche costruttive è costituito dall'individuazione di
elementi utili ad aumentare la stabilità del palo. Il metodo più semplice, attestato in moltissimi
casi (circa il 30% del totale) prevede l'uso di pietrisco al fine di compattare il riempimento 308.
Tab. 6 - Buche di palo, caratteristiche dei riempimenti. Distribuzione delle attestazioni assolute e percentuali per
macroarea e periodo.
Le presenza di pietre o altri materiali di rincalzo posti all'interno del taglio è, invece,
generalmente interpretabile come indicatore di una maggiore difficoltà nella tenuta del palo.
Gran parte dei terreni richiedono infatti l'uso più o meno esteso di zeppature, spesso ripetute
durante la vita di un palo309. L'individuazione di simili evidenze è decisamente meno
frequente, attestandosi intorno al 2,5% del totale, equamente distribuito fra versanti collinari
terrazzati e sommità in relazione alle attestazioni complessive (Fig. 122: grafico 5a).
D'altronde la conservazione delle zeppe in posto richiede particolari condizioni
postdeposizionali: è necessario che il palo non venga espiantato e il riempimento non sia
rimaneggiato oppure che le pietre di rinforzo siano saldamente conficcate nella sezione del
taglio (Fig. 123a).
308 Chiaramente non vi è una correlazione diretta fra la generica presenza di pietrisco all'interno dei riempimenti
e l'interpretazione dell'evidenza come elemento utile a rinforzare l'impianto dei pali; va comunque notato come
nella quasi totalità dei casi di zeppature ben individuabili, i riempimenti delle buche hanno mostrato la presenza
di rilevanti quantità di pietrisco o ghiaia fra gli inclusi.
309 A livello europeo si rintracciano numerosi esempi, fra i quali Raunds in Inghilterra (regolari zeppature in
canala perimetrale e pietre di rincalzo in buca di palo; Cadman 1983, pp. 111-114), Emsbüren (Donat 1980, pp.
21, 161) e Tornow-Borchelt (Donat 1980, pp. 82, 178) in Germania. Anche in Italia tracce di buche con zeppe si
riscontrano spesso, senza distinzione di cronologia, tipo di sito o collocazione spaziale; ad esempio a
Sant'Antonino di Perti in provincia di Savona (Mannoni et alii 1990, p. 431; Mannoni, Murialdo 2001), San
Tomè di Carvico in provincia di Bergamo (Brogiolo 1985, p. 137; Brogiolo 1986, p. 167; Brogiolo 1990, p. 156;
Brogiolo 1994b, p. 110), Ferrara - via Vaspergolo/corso Porta Reno (Guarnieri, 1997, pp. 183-187, 195-199;
Guarnieri, Librenti, 1996 pp. 280-283), Gorfigliano in provincia di Lucca (Quiros Castillo et alii 2000; Quiros
Castillo 2004), Poggio Imperiale a Poggibonsi in provincia di Siena (Valenti, 1996, pp. 79-83, 87-102;
Francovich, Valenti 2007a), Siena – ospedale Santa Maria della Scala (Cantini 2002, pp. 99-102; Cantini 2004),
Pescara – piazza Unione (Staffa 1991, pp. 239-245, 296-297; Staffa 1994, p. 71).
Fig. 122 - Graf ici 5-7.
Fig. 123 - Elementi di rinforzo alla stabilità del palo. a) Esempi di buche di palo connotate da zeppature
in pietra. b) Esempi di buche di palo caratterizzate dalla presenza di “ciambelle” riempite da terra o
argilla pressata.
In effetti, se consideriamo più generalmente i casi di pietre rimescolate nel del riempimento,
spesso (ma non sempre) interpretabili come zeppature rigettate all'interno del taglio dopo la
rimozione del palo, la percentuale sale al 16%; si tratta di un dato almeno parzialmente più
affidabile, anche se possiamo ragionevolmente supporre che sia tarato verso il basso, vista la
pratica diffusa dell'espianto dei pali descritta nel precedente paragrafo 310.
Un tipo di tecnica più raffinata, utilizzata per migliorare la solidità dei pali infissi e favorire la
preservazione degli elementi lignei, è rappresentato dalle cosiddette “ciambelle” di rinforzo.
Si tratta di tagli che circondano l'alloggio del palo vero e proprio, rispetto al quale sono quindi
più larghi e meno profondi; normalmente sono riempiti da terra tufacea o comunque da
materiale a granulometria fine facilmente compattabile che, oltre ad assicurare la stabilità,
funge da isolante rispetto all'umidità del terreno circostante garantendo una maggiore durata
degli elementi strutturali 311. A Miranduolo sono attestate poco più di 70 evidenze (il 9,95% del
totale), anche in questo caso quasi equamente distribuite fra le strutture dei terrazzi e quelle
della sommità in relazione alle attestazioni complessive312 (Fig. 123b). Le evidenze per le
quali si è riusciti ad appurare la conservazione del riempimento originario, permettendo
quindi di operare una netta distinzione fra l'alloggio del palo e la “ciambella” di rinforzo, sono
in realtà parecchie di meno (10 casi); mostrano tutte un riempimento del rinforzo
estremamente compatto, costituito da terra a matrice argillosa oppure da roccia disfatta e
sempre mista a pietrisco313. Nella maggioranza dei casi, invece, il riconoscimento è avvenuto
sulla base della caratteristica forma dei tagli (in pianta e in sezione); molte di queste evidenze
presentavano comunque riempimenti più compatti della media e molto spesso formati da
roccia disfatta. Non è invece assolutamente attestato l'uso del tufo come materiale
compattante da posare all'interno dei tagli.
Nel complesso, le tecniche per rinforzare la tenuta del palo sono piuttosto diffuse sul sito; non
pare tuttavia di poter cogliere particolari elementi distintivi nel confronto fra le singole
strutture; il tratto che caratterizza l'impiego di zeppature e “ciambelle” di rinforzo è
chiaramente all'insegna dell'omogeneità. Abbiamo già avuto modo di osservare come, nel
computo complessivo, le due principali aree dell'insediamento presentino finora una
distribuzione delle evidenze quasi sovrapponibile. Se si analizzano le attestazioni per
struttura, il dato ne risulta confermato: alloggi con pietre a zeppa si sono riconosciuti
complessivamente in 7 strutture altomedievali (5 capanne, 1 edificio su basamento in
muratura, 1 struttura funzionale) con una presenza media di 1,57 buche per struttura (minimo
1 attestazione, massimo 3 attestazioni); per i pali con “ciambella” i dati sono numericamente
più rilevanti, senza che per altro cambi il tipo di lettura che se ne può derivare: si ritrovano in
310 Sarebbe interessante, ma non esattamente consono ai fini di questa pubblicazione, tentare di approfondire la
lettura degli elementi di rinforzo, magari analizzando le percentuali di contesti omogenei e ben conservati da
provare a proiettare statisticamente sull'intero campione delle buche di palo indagate,
311 Si tratta di una tecnica costruttiva ampiamente attestata negli insediamenti altomedievali, urbani e rurali,
della Toscana centro meridionale. “Ciambelle” di rinforzo attorno ai pali si sono ritrovate, per citare solamente
alcuni contesti, nelle strutture in armatura di pali ritrovate sotto l'Ospedale Santa Maria della Scala a Siena
(Cantini 2002; Cantini 2004), a Montarrenti (Cantini 2003) e alla Rocca di Staggia Senese (Causarano et alii
2007; Francovich, Valenti 2007b; Fronza, Valenti 2006) in provincia di Siena, a Scarlino in provincia di Grosseto
(Marasco 2003), presso la rocca di Campiglia Marittima (Bianchi 2004a) e a Donoratico (Bianchi 2004b) in
provincia di Livorno.
312 Ovviamente se si osservano le attestazioni assolute si coglie una netta prevalenza dell'area sommitale
rispetto ai versanti (50 contro 23 evenienze). Considerando invece i valori relativi, il dato è molto equilibrato:
lungo i versanti terrazzati le evidenze con “ciambelle” di rinforzo costituiscono il 9,13% delle attestazioni totali,
mentre il dato che riguarda la sommità è solo leggermente superiore (10,37%).
313 A questa tipologia si aggiungono alcuni casi in cui le pietre messe come zeppe formano una sorta di
“corona” intorno al palo; non è chiaro se si tratti di una particolare forma di rinforzo a “ciambella” oppure se,
come pare più probabile, queste evidenze costituiscano il risultato di zeppature ripetute: per questo motivo
abbiamo preferito non conteggiarle nelle distribuzioni riportate.
25 strutture altomedievali (14 capanne, 3 edifici su basamento in muratura, 2 situazioni di
buche di palo, 5 strutture funzionali e la palizzata) con una presenza media di 2,28 buche per
contesto (minimo 1 attestazione, massimo 8 attestazioni riferite alla palizzata). In sostanza
non si è finora individuata sul sito una struttura che, seguendo una specifica volontà
progettuale, impiega una delle due soluzioni per tutti gli elementi strutturali dell'armatura di
pali, eventualità che configurerebbe senza dubbio una tecnica costruttiva coerente e
programmata. Una parziale eccezione in tal senso è costituita da una capanna scavata
nell'ultima parte della campagna 2007 (Struttura C 32), appoggiata alla palizzata presso il lato
meridionale dell'area sommitale. Delle 10 buche individuate a formare una pianta rettangolare
con angoli stondati, 6 presentano “ciambelle” di rinforzo, leggibili in un caso attraverso una
distinzione nel riempimento e nei restanti dall'andamento a scalino dei tagli delle buche più
larghi nella parte alta e limitati al diametro dei pali nella parte più bassa. Il caso, per ora
isolato e non conteggiato nelle statistiche presentate sopra314, sembrerebbe mostrare una
consapevolezza nell'utilizzo dei rinforzi che può far pensare a una tecnica costruttiva
volutamente adottata, forse non casualmente riscontrata all'interno dello spazio racchiuso
dalla palizzata315.
In generale, comunque, la strategia scelta sembra piuttosto casuale e direttamente legata alla
singola buca di palo; probabilmente venivano adottate misure per assicurare la stabilità del
palo nel momento in cui questa veniva meno, scegliendo fra le due soluzioni quella più
conosciuta dal singolo costruttore o comunque quella che ai suoi occhi doveva garantire una
migliore garanzia di tenuta316. Riassumendo, gli esempi di probabili elementi di rinforzo alla
stabilità del palo sono piuttosto diffusi e con ogni probabilità da ricollegare alla natura del
suolo; in molti casi infatti le buche sono scavate nella roccia friabile che caratterizza estese
sezioni del poggio e non offre le condizioni ideali per favorire una buona solidità dei pali
impiantati all'interno degli alloggi.
C'è però un elemento che, almeno parzialmente, differisce dalle conclusioni appena tracciate
(o per lo meno le integra con un nuovo punto di vista). Se dal dato assoluto si passa a
osservare il numero relativo di attestazioni divise per periodo ci si accorge che l'incidenza
degli alloggi con zeppature o “ciambelle” di rinforzo sono nettamente inferiori durante il
lungo periodo dell'insediamento curtense rispetto alle fasi precedenti e successive (tab. 6, dati
percentuali riportati immediatamente sopra al numero di attestazioni; Fig. 122: grafico 5b). A
fronte di un'attestazione assoluta molto maggiore317, i valori percentuali relativi mostrano il
ribaltamento del dato “pesato”318 con una frequenza molto minore nel villaggio curtense
(periodo VI, quando l'8% di tutte le buche presenta rinforzi), sia rispetto alle fasi del primo
incastellamento realizzato in materiali misti (periodo V, 20,48%), sia rispetto al villaggio
precedente (periodo VII, 19,35%). In realtà l'indicatore, a parte il fatto di costituire un segnale
di discontinuità fra i tre periodi, presenta qualche difficoltà di interpretazione. Potrebbe essere
letto come ulteriore limitato indizio a favore di un generalizzato miglioramento delle tecniche
costruttive durante il periodo del villaggio curtense, per cui si rende meno pressante la
necessità di adottare sistemi atti ad assicurare la stabilità dei pali impiantati; d'altronde è
314 Queste, per coerenza con tutti gli altri dati, si fermano alle evidenze scavate fino al 2006.
315 D'altro canto, occorre tenere presente come si tratti di un caso finora unico e comunque riferito a un utilizzo
non esclusivo delle “ciambelle” (alle 4 buche senza rinforzo vanno aggiunte quelle della palizzata che formano il
lato meridionale della struttura). Il proseguo dello scavo nelle poche porzioni mancanti dell'area sommitale potrà
definitivamente chiarire la questione.
316 L'ipotesi è rafforzata dal fatto che in tutte le strutture nelle quali si è individuata la presenza di zeppature
negli alloggi vi è una compresenza di pali circondati da “ciambelle” di rinforzo.
317 All'incirca la metà di tutti i tagli con “ciambella” e circa ¼ di tutte le evidenze relative a zeppature
appartengono al periodo VI.
318 Ci riferiamo alla percentuale di attestazioni rispetto al totale delle buche di ciascun periodo.
anche possibile proporre un'interpretazione diversa, secondo la quale una maggiore presenza
relativa di pali con “ciambelle” di rinforzo nei periodi che precedono e seguono il
villaggio/curtis potrebbe indicare tendenze tecnico-costruttive differenti nei tre periodi 319.
I riusi (tab. 7)
Si tratta di una pratica piuttosto frequente nella ristrutturazione320 o in seguito
all'abbandono/ricostruzione di edifici in legno dove i pali, soggetti al deterioramento dovuto
agli agenti naturali o a eventi traumatici, devono essere sostituiti periodicamente321. Si
distinguono essenzialmente in base alla forma della buca di palo conservata e all’eventuale
distinzione di riempimenti diversi da attribuire ai vari momenti di utilizzo.
Esistono molte casistiche di riuso dei pali e dei loro alloggi; ad esempio, è possibile scavare
una nuova buca in posizione leggermente spostata rispetto all’originale (normalmente di pochi
centimetri), oppure si può recuperare la stessa buca variandone in modo più o meno definitivo
l'aspetto planimetrico e la sezione verticale. Un altro tipico esempio di riutilizzo, sono le
buche di palo con la caratteristica forma a “8”, nel quale i due tagli sono leggermente
sovrapposti322. Vi sono, infine, anche evenienze nelle quali la lettura dell'eventuale riuso può
dare adito a qualche dubbio. Buche di palo che hanno un diametro notevole e un riempimento
omogeneo, ad esempio, pongono una difficoltà oggettiva nell'interpretazione che occorre
risolvere caso per caso: possono essere riferite a utilizzi multipli e prolungati nel tempo, a
esempi di zeppatura ripetuta oppure a pali circondati da una “ciambella” di rinforzo (senza per
altro poter escludere la possibilità di una compresenza fra gli aspetti appena ricordati).
Sul sito di Miranduolo è attestata tutta la casistica fin qui descritta (Fig. 124a). Nel complesso
siamo riusciti a isolare almeno 113 casi di riuso di buche di palo , di cui 36 sono riferibili a
tagli raddoppiati con la tipica pianta a “8”323. Ancora una volta si coglie una complessiva
omogeneità nella distribuzione fra sommità collinare e terrazzi sui versanti, con una
concentrazione leggermente a favore di questi ultimi324 (Fig. 122: grafico 6a). Le evidenze
appartengono a 27 strutture distribuite uniformemente in tutte le aree e in tutti i periodi del
sito325.
319 A favore di questa lettura giova ricordare come per la fase del primo incastellamento, il netto cambiamento
nelle tecniche costruttive sia ampiamente confermato da indicatori ben più pesanti, quali l'introduzione
generalizzata dei basamenti in muratura e delle coperture in lastre di argilloscisto, entrambi trattati più avanti in
questo contributo.
320 I lavori di manutenzione/ristrutturazione di un edificio in armatura di pali dovevano essere piuttosto
frequenti e potevano spaziare dalla semplice sostituzione di un palo (oppure dall'impianto di un palo di rinforzo)
fino a opere più sostanziali che spesso prevedevano interventi sulla struttura portante o sulla disposizione
planimetrica degli ambienti se non dell'intera struttura (con conseguente rifacimento, parziale o totale, degli
elevati e della copertura).
321 Relativamente alla durata media di un elemento strutturale ligneo si veda Stiewe 2002, p. 84, che riprende lo
studio fondamentale di Zimmermann 1998 (soprattutto pp. 60 e ss.). Sulla scorta di numerosi esempi, la vita di
una struttura in armatura di pali è valutata mediamente fra i 10 e i 50 anni; elementi di quercia ben stagionati e
non esposti alle intemperie (ad esempio allineamenti interni) potevano durare anche 70-80 anni (in casi
eccezionali oltre un secolo).
322 Occorre comunque specificare come, in base al contesto, le buche a “8” possono assumere anche significati
diversi da quello del riuso; ad esempio in alcuni casi si rende necessario raddoppiare un elemento strutturale per
aumentarne la portanza.
323 I dati corrispondono a poco più del 15% (tutti i riusi) e al 4,9% (buche con pianta a “8”) in rapporto al totale
delle evidenze.
324 Le 69 attestazioni della sommità e le 44 dei versanti, se rapportate ai corrispondenti totali delle buche
riconosciute si traducono rispettivamente nel 14,32% e 17,46%.
325 Si tratta di 18 capanne in armatura di pali, 3 edifici su basamento in muratura o in tecnica mista, 3 strutture
funzionali, 1 situazione di buche di palo e le palizzate della fase precurtense e curtense.
Tab. 7 - Buche di palo, rinforzi alla stabilità del palo. Distribuzione delle attestazioni assolute e percentuali per
macroarea e periodo.
Sul piano della distribuzione diacronica, osservando il dato percentuale in relazione al totale
delle buche per periodo, si nota un picco molto marcato nel periodo più antico
dell'insediamento corrispondente al villaggio che precede l'organizzazione curtense del sito;
durante la vita dell'insediamento curtense si ha invece la minore incidenza percentuale dei
riusi, il cui peso cresce leggermente con lo sviluppo del primo insediamento castrense326 (Fig.
122: grafico 6b).
B. Gli allineamenti di pali
Il dato sugli allineamenti fornisce indicazioni fondamentali per l’attribuzione di pianta,
struttura portante e divisione in ambienti delle capanne in armatura di pali; va preso in
considerazione anche nell’interpretazione stratigrafica delle buche di palo, per le quali la
regolarità nella disposizione influisce sul grado di affidabilità e sull’attribuzione
dell’evidenza. Riconoscere gli allineamenti e stabilirne la funzione può talvolta tradursi in un
compito faticoso. In effetti, la maggiore complessità interpretativa consiste spesso
nell'attribuzione delle configurazioni più plausibili per un contesto; ciò vale soprattutto per le
sequenze pluristratificate oppure per i siti nei quali molti alloggi si individuano solamente sul
suolo vergine, configurandosi quindi come evidenze almeno parzialmente
decontestualizzate327.
326 Gli alloggi per pali riutilizzati nel periodo VII si attestano al 29,03% del totale delle buche coeve, contro il
13,52% del periodo VI e il 15,66% del periodo V.
327 L'esperienza ci suggerisce che l’approccio migliore all’individuazione di allineamenti di pali consiste nella
loro osservazione diretta sulla piattaforma GIS, dopo aver studiato i dati oggettivi delle singole buche di palo. In
questo modo è possibile tracciare (manualmente o in automatico) tutte le linee che rappresentano gli ipotetici
allineamenti, consentendo al ricercatore di valutare il grado di regolarità e affidabilità dell’ipotesi. Una proposta
più generale per l'individuazione degli allineamenti attraverso piattaforma GIS è stata più volte ripresa e
perfezionata in alcuni contributi metodologici della nostra area di ricerca (Fronza, Valenti 1996; Fronza, Valenti
2000; Fronza 2005a, capp. 2-3).
Fig. 124 - a) Buche di palo connotate da diverse tipologie di riuso. b) Area sommitale, allineamenti di
buche di palo pertinenti alla palizzata dell'insediamento curtense (Struttura F 06; periodo VI). A sinistra
un esempio dei doppi allineamenti che caratterizzano molti tratti della fortificazione, a destra
l'ampliamento della palizzata effettuato nell'ultima fase della curtis sul versante meridionale per
racchiudere l'area di stoccaggio delle derrate alimentari che si era espansa anche al di fuori dello spazio
fortificato (Struttura F 08; periodo VI, fase 2).
Quindi, il primo aspetto che descrive gli allineamenti riguarda la loro disposizione
planimetrica, che può essere lineare, quadrangolare, curvilinea, irregolare, ecc. In secondo
luogo occorre stabilire la loro disposizione e funzione all'interno delle strutture di cui fanno
parte; esistono allineamenti perimetrali o centrali rispetto alla planimetria di un edificio (i
secondi sono sempre portanti, i primi possono esserlo o meno), oppure allineamenti interni
attribuibili a pareti divisorie o a particolari attività svolte nelle singole strutture, o ancora
allineamenti esterni interpretabili come annessi alle strutture di riferimento (tettoie, recinti,
ecc.). Un ulteriore criterio distintivo è costituito dalla distanza fra i pali; nel caso di una buona
conservazione del deposito, il dato fornisce indicazioni utili sulla tecnica costruttiva328.
Allineamenti più regolari sono chiaramente indice di una buona qualità costruttiva e sono
spesso associati a edifici di medio-grandi dimensioni; i casi di distanze più o meno irregolari,
invece, costituiscono la norma e sono estremamente numerosi in tutta Europa 329.
Tutta la casistica fin qui descritta è attestata sul sito di Miranduolo. Non è questa le sede per
addentrarci in un'analisi dettagliata di ciascuna tipologia di allineamenti330; passeremo perciò
brevemente in rassegna alcuni casi esemplificativi delle evidenze riscontrate.
La palizzata (Struttura F 06) che cinge la sommità collinare durante le fasi dell'insediamento
di tipo curtense rappresenta in assoluto il caso più significativo fra gli allineamenti lineari
individuati. La fortificazione mostra l'utilizzo di una tecnica costruttiva molto particolare e
piuttosto accurata; si sviluppa attraverso una sequenza di robusti pali ravvicinati, talvolta
contigui ma più spesso distanziati di 20-60 cm (Fig. 124b). Le porzioni meglio conservate
mostrano un frequente raddoppiamento in senso trasversale degli alloggi (evenienza
riscontrata in modo discontinuo per tutta l'estensione, ma con maggiore frequenza sui lati sud
e ovest della sommità); nello spazio fra i pali doppi si collocano gli elevati, che erano
costituiti da ramaglia intrecciata probabilmente mista a terra, mentre chiare tracce materiali
testimoniano la presenza di un rivestimento tipo intonaco 331.
Per quanto riguarda la posizione degli allineamenti nella struttura portante degli edifici,
abbiamo già avuto modo di dire che si possono generalmente raggruppare in perimetrali e
centrali. I primi, più diffusi, sono almeno parzialmente leggibili in tutte le strutture su
armatura di pali finora individuate. Gli allineamenti centrali che formano una struttura
portante a due navate sono invece presenti in un numero relativamente ridotto di edifici,
distribuiti soprattutto sui terrazzi dei versanti collinari 332.
Un edificio di Area 8 (Struttura C 20), con orientamento est-ovest e pianta rettangolare ad
angoli stondati (7,20 x circa 4 m) riassume molte delle caratteristiche tipiche riscontrate per
gli allineamenti di pali. La struttura, conservata solamente nella sua porzione settentrionale, si
appoggia al taglio di regolarizzazione di un terrazzo. Lungo il taglio si dispongono 7 pali
impiantati a distanza abbastanza regolare a formare un allineamento perimetrale lineare,
mentre presso le estremità est ed ovest la presenza di alcuni alloggi mostra una stondatura
328 Si tratta di un aspetto più volte dibattuto in ambito archeologico nord europeo, e particolarmente
anglosassone. La questione è ampiamente affrontata in Drury 1982 (volume miscellaneo di sintesi sulle
ricostruzioni tecnico-strutturali di edifici in legno), dove il problema della distanza fra buche di palo allineate,
specialmente se riferibili a pali portanti, si configura come una costante in diversi contributi. Anche Chapelot,
Fossier 1980, nel capitolo VI dedicato alle tecniche costruttive, accennano alla questione.
329 Per un’ampia trattazione delle strutture che presentano irregolarità nella disposizione delle buche di palo
allineate, si veda Charles 1982.
330 L'operazione ha senso solamente in relazione alla descrizione delle singole strutture, operazione che esula
dagli scopi di questo contributo.
331 Per una descrizione più dettagliata della tecnica utilizzata per gli elevati e i rivestimenti si vedano i paragrafi
specifici, più avanti in questo contributo.
332 Nel complesso si tratta di 5 casi sicuri e 4 probabili, su un totale di 38 strutture in armatura di pali, cui si
aggiunge una un'evidenza incerta riferibile a un edificio in tecnica mista. Appartengono ai versanti 4 dei 5 casi
sicuri e 2 dei 4 probabili.
degli angoli che definiscono un andamento curvilineo. All'interno si sono riconosciuti 6 pali
che si sviluppano in un allineamento centrale dislocato lungo l'asse longitudinale dell'edificio;
l'evidenza presenta una certa irregolarità sia nella linearità (alcune buche sono leggermente
fuori asse), sia nella distanza fra i pali (concentrati soprattutto presso entrambe le estremità).
C. Le strutture seminterrate
Per capanne seminterrate si intendono edifici con la struttura portante e i livelli di vita
alloggiati all'interno di una escavazione; eccezionalmente, capanne con il battuto pavimentale
seminterrato e la struttura portante a livello del suolo. In Italia sono diffuse prevalentemente
fra la fine del V e la prima metà dell'VIII secolo, quando sembrano avere funzione soprattutto
abitativa333. Una loro derivazione da modelli germanici, goti e soprattutto longobardi, è
attualmente tema di dibattito storiografico nell'ambito della comunità scientifica italiana.
L’argomento è piuttosto delicato e coinvolge la questione dell’interpretazione etnica applicata
alle evidenze materiali, non tanto sotto il profilo del più classico approccio etnogenetico, ma
piuttosto in relazione alla più recente prospettiva archeoetnologica 334.
Sulla questione sono tornati recentemente Brogiolo e Chavarria Arnau, discutendola in
un'ottica europea335. Gli autori respingono in modo piuttosto convincente diverse ipotesi
storiografiche fin qui tracciate336 e, tenendo conto della «coincidenza della diffusione delle
capanne seminterrate con le fasi storiche dell'immigrazione dei popoli germanici»337 (in Italia
come nella Germania inferior, nella Germania libera e in alcune regioni della Gallia),
riconoscono la complessità del problema e propongono una lettura più equilibrata nella quale
sostengono che l'arrivo dei gruppi alloctoni potrebbe «aver esercitato un'influenza anche sugli
insediamenti rurali autoctoni, con un reciproco processo di acculturazione, del quale occorrerà
ricostruire i molteplici aspetti a partire dai dati attualmente disponibili» 338.
Non è nostra intenzione affrontare la tematica in questa sede; riporteremo semplicemente
alcuni dati sull'attestazione della tecnica costruttiva a Miranduolo, che si potranno aggiungere
a quelli già disponibili per il resto della Toscana e, più in generale, dell'Italia.
Il caso finora più evidente riguarda una struttura (C 25) individuata nella porzione orientale
del versante sud, su un terrazzo immediatamente sottostante la platea che caratterizza questa
parte dell'insediamento. Si tratta di una capanna rettangolare di piccole dimensioni (2,5 x 3,5
m), con angoli fortemente stondati; sul fondo dell'escavazione si è individuata una buca di
palo centrale e forse due contrapposte al centro dei lati corti. La funzione abitativa della
struttura sembra probabile, vista la presenza di un focolare e di numerosi avanzi di pasto e
reperti ceramici (databili fra VIII e IX secolo) provenienti dal contesto (Fig. 125a).
333 Per una discussione delle evidenze attestate (a esclusione di alcuni rinvenimenti più recenti), si veda Fronza
2005a, pp. 416-417.
334 Per un’idea degli orientamenti sul tema dell'etnicità in archeologia, oggetto di dibattito a livello mondiale, si
vedano almeno Wallerström 1997; Jenkins 1997; Jones 1998. Molto interessante anche la collana Studies in
Historical Archaeoethnology, diretta da Giorgio Ausenda per i tipi di Boydell & Brewer. Dal 1995 ad oggi sono
stati pubblicati sette volumi miscellanei dedicati alla storia archeoetnologica di altrettante popolazioni di origine
germanica; l'ultimo in ordine di tempo, dato alle stampe nel 2007, è dedicato agli Ostrogoti (Barnish, Marazzi
2007). Qualche novità negli approcci si nota anche per la classica prospettiva etnogenetica; a tal proposito si
veda, ad esempio, il recente contributo sui Sassoni di H.W. Böhme (Böhme 2003). La questione ha comunque
radici molto più vecchie nella storiografia archeologica europea, non solo germanica; è già chiaramente presente
e sviluppata, ad esempio, in Périn 1981.
335 Brogiolo, Chavarria Arnau 2005, pp. 102-108 (e bibliografia ivi citata).
336 Fra queste ricordiamo la spiegazione “culturale” derivata da un'ottica tipica delle indagini dedicate alla
storia della mentalità, la tesi continuista rispetto all'edilizia povera di età classica (spesso associata alla tendenza
di imputare a mutati fattori ambientali la diffusione della Grubenhaus), l'associazione diretta fra Grubenhaus e
funzione artigianale.
337 Brogiolo, Chavarria Arnau 2005, pp. 102.
338 Brogiolo, Chavarria Arnau 2005, pp. 105.
Fig. 125 - Esempi di capanne seminterrate pertinenti alla prima fase insediativa (periodo VII). a)
Escavazione riempita da un livello di crollo degli elevati pertinente alla capanna seminterrata rinvenuta
sul terrazzo del versante meridionale (Struttura C 25), esteso immediatamente al di sotto della platea che
caratterizza questa parte dell'insediamento. b) Capanna seminterrata rinvenuta nella porzione orientale
dell'area sommitale (Struttura C 22). c) Capanna seminterrata tagliata dall'escavazione del fossato
pertinente alla fase curtense (Struttura C 39 in corso di scavo). d) Capanna seminterrata rinvenuta nella
porzione sud-occidentale dei versanti collinari (Struttura C 34 in corso di scavo).
Una seconda capanna semiscavata (Struttura C 22) si è potuta identificare sul lato orientale
della sommità collinare; ha pianta e dimensioni (3 x 4 m) simili alla precedente, anche se la
parte settentrionale, collocata sul limite del versante in pendenza, è in parte franata. In
posizione centrale, sul fondo dell'escavazione profonda 70-80 cm, si sono individuate 4 buche
disposte a coppie parallele che formano l'ossatura portante; un campione di carbone prelevato
da una delle buche ha restituito una datazione radiocarbonica collocabile nel pieno VIII
secolo339 (Fig. 125b).
Altre due strutture seminterrate si sono identificate durante la campagna 2007; essendo
entrambe ancora in corso di scavo non è possibile fornire un'interpretazione affidabile delle
tecniche costruttive impiegate. La prima (Struttura C 39) è tagliata dall'escavazione del
fossato pertinente all'insediamento curtense ed ha restituito reperti che datano a fine VI-VII
secolo (Fig. 125c). La seconda (Struttura C 34), collocata su un terrazzo basso presso la
porzione occidentale del versante sud, è tagliata direttamente nel piano roccioso e sembra
presentare un deposito in buono stato di conservazione (Fig. 125d); allo stato attuale si è
potuto riconoscere il taglio di escavazione che forma i limiti est e nord (dove si appoggia al
taglio del terrazzo) della struttura, configurando una pianta ellittica o rettangolare con angoli
fortemente stondati. L'edificio, dotato di un piano pavimentale in terra battuta e una copertura
in lastre di argilloscisto, si imposta su una struttura portante costituita da pali perimetrali
(finora individuati solamente sul lato orientale).
Alle evidenze fin qui descritte si aggiungono 2 ambienti seminterrati340, entrambi individuati
sul versante nord della sommità collinare e interpretabili come cantine/magazzini per la
conservazione di derrate alimentari durante il periodo di vita dell'insediamento curtense; non
si tratta quindi di strutture seminterrate e sono qui ricordati semplicemente per completare la
panoramica delle tecniche costruttive attestate.
7.2 - Strutture portanti su zoccolo in muratura di pietra
Case con un basamento in muratura, solitamente a secco, ed elevati in materiale deperibile
(Blockbau, tavolato ligneo, terra pressata, Stabbau, ecc.) sono diffuse in tutto l'ambito
europeo, con un incidenza significativa a partire dall'VIII secolo e una continuità per tutto il
Medioevo341.
A Miranduolo, la presenza di edifici con zoccolo in muratura costituisce, insieme alla
diffusione generalizzata delle coperture in lastre litiche, il tratto saliente dell'edilizia che
caratterizza la fase di graduale passaggio fra il villaggio/curtis e l'insediamento incastellato
(ultimo quarto X – primo quarto XI secolo, corrispondente appunto alla prima menzione del
sito come castello in un documento dell'anno 1004). Infatti, tutte le attestazioni di questo tipo
di struttura portante sono ascrivibili a quel periodo (tab. 1); si tratta nel complesso di 6 edifici,
quasi tutti collocati sulla sommità (5 casi, contro un solo caso sui versanti; Fig. 122: grafico
7), anche se occorre notare come il dato sia in realtà da bilanciare con le attestazioni di edifici
in tecnica mista (cioè con una compresenza di basamenti in muratura e pali direttamente
infissi nel terreno) che caratterizzano l'edilizia del borgo in questo periodo 342.
339 L'analisi riguarda il riempimento di una buca di palo esterna alla struttura che ha restituito una datazione
radiocarbonica al 758±50.
340 Le due cantine fanno parte dei magazzini denominati C 01 e C 08.
341 Per una descrizione delle varianti tipologiche e della loro diffusione di veda Fronza 2005a, cap. 5. Può
essere opportuno sottolineare che non comprendiamo qui le strutture “a tecnica mista”, le quali prevedono un
riuso delle murature di edifici di età classica e sono ampiamente attestate in Italia centro settentrionale fra la
tarda antichità e il periodo di transizione all'altomedioevo.
342 Per una descrizione della tecnica costruttiva e un'analisi delle attestazioni si veda, più avanti, il paragrafo
dedicato.
A. I basamenti
Tutti gli zoccoli in muratura attestati sul sito presentano una tecnica edilizia abbastanza
omogenea, costituita da pietre calcaree di medio-piccole dimensioni, normalmente solo
spaccate e in alcuni casi sommariamente lavorate. Nella grande maggioranza dei contesti il
legante è costituito da terra, solitamente di colore chiaro, granulometria molto fine,
consistenza compatta e con frequenti inclusi di tipo ghiaioso. In due casi solamente è attestata
la presenza di legante costituito da malta di calce; uno riguarda il segmento settentrionale del
circuito murario di tardo X secolo343, mentre l'altro è riferibile a un tratto di muratura databile
all'inizio dell'XI secolo344. Le evidenze si impostano direttamente sui piani di vita, senza alcun
tipo di fondazione, mentre la messa in opera è quasi sempre piuttosto irregolare e raramente si
distinguono corsi orizzontali o suborizzontali (comunque non di altezza regolare). Sono
invece frequenti le zeppature realizzate con pietrame di piccole dimensioni.
Nella maggior parte dei casi, sui basamenti vengono alloggiati i pali che dovevano svolgere
una funzione portante per le coperture e, contemporaneamente, servire da intelaiatura per gli
elevati (quasi sempre in terra pressata, più raramente a intreccio, come si vedrà più avanti).
Il circuito murario, che racchiude la sola sommità collinare durante la prima fase incastellata
(Struttura F 01, periodo V), costituisce probabilmente il caso più rappresentativo fra gli
esempi di basamenti riconosciuti sul sito e presenta tutte le caratteristiche fin qui descritte. Si
tratta, infatti, di una fortificazione con zoccolo in muratura, sul quale si impostano una serie di
pali a formare l'armatura per gli elevati in terra, ricoperti da uno spesso strato di intonaco a
base di calce. La tecnica costruttiva è piuttosto omogenea (con alcune differenziazioni
descritte più avanti); la muratura è costituita da pietrame di calcare spaccato di dimensioni
medie e medio-piccole, messo in opera in modo abbastanza irregolare 345.
I tratti più significativi si sono identificati sui lati nord e sud della sommità collinare, dove
sono inseriti in contesti stratigrafici notevolmente diversi. Sul versante settentrionale la
porzione meglio conservata serve da fondazione alle successive ricostruzioni, pertinenti ai
vari circuiti (interamente in muratura di pietre legate da malta di calce) che cingono tutto il
poggio a partire dalla prima metà dell'XI secolo. Si tratta dell'unico segmento della prima
cinta muraria che presenta un legante costituito da malta di calce, anche se in più punti
fortemente dilavata.
Sul lato meridionale invece, durante le campagne di scavo 2006-2007, si sono individuati
importanti resti di basamenti in muratura che consentono di ipotizzare l'andamento
complessivo della fortificazione su questo lato, compreso il tratto angolare orientale del
circuito e un probabile accesso secondario. Nella porzione sud est dell'area sommitale si è
individuato un allineamento di pietre esteso con andamento nord-sud dal primo stretto
semiterrazzo al di sotto del pianoro fino all'edificio palaziale (periodo IV, fase 2) che lo taglia.
L'evidenza, conservata per un solo filare e larga fra i 40 e i 55 cm, si imposta direttamente
sulla roccia nella porzione settentrionale e su una sorta di vespaio formato da pietre di piccole
dimensioni miste a terra di colore grigio/giallo nella parte meridionale; è interpretabile come
343 Le evidenze relative al primo circuito murario sono descritte in dettaglio più avanti.
344 Il contesto di riferimento riguarda la ricostruzione di un edificio (EDM 05) datato all'ultimo quarto del X
secolo e collocato sul terrazzo del versante sud immediatamente sottostante alla platea estesa a ovest del fossato.
Agli inizi dell'XI secolo la struttura subisce un ampliamento e viene a occupare anche il terrazzo a valle.
Contestualmente vengono rifatti anche vari elementi strutturali, fra i quali il nuovo basamento che costituisce il
limite nord; l'evidenza presenta una buona tecnica costruttiva, con pietre sommariamente lavorate legate da
abbondante malta di calce piuttosto tenace e almeno in parte poste in opera a corsi orizzontali.
345 Corrisponde al tipo 1 della griglia elaborata per le murature del sito da Marie Ange Causarano, al cui
contributo sul presente volume (capitolo II.8) si rimanda per una descrizione dettagliata dell'apparecchiatura e,
più in generale, dell'edilizia in muratura fra tardo X e XIV secolo.
basamento in muratura legata da terra, sul quale si è individuata anche una buca di palo
formata da pietre disposte ortogonalmente a creare un alloggio quadrangolare (Figg. 126a-b).
Un secondo allineamento (spessore 0,65-1,15 m) è stato individuato alla base del taglio che
separa il semiterrazzo dal piano inferiore (corrispondente anche al limite di scavo fra Area 1 e
Area 3); si imposta su una sorta di vespaio in pietre ed è conservato in alzato per 5-6 filari.
Prosegue in direzione est-ovest per circa 3,10 m; nella sua porzione occidentale, per circa 1,90
m, è contiguo a un ulteriore allineamento di pietre, alloggiato sul piano del semiterrazzo
immediatamente a monte e impostato su un livello di cantiere costituito da terra grigia.
Quest'ultimo prosegue verso ovest per altri 2,9 m prima di interrompersi; il tratto individuato
misura quindi complessivamente 4,85 m in lunghezza, per uno spessore compreso fra 90 cm e
1 m (Figg. 126c-f). Nella parte centrale del semiterrazzo si è identificato il segmento meglio
conservato della struttura, con 4-5 filari in alzato costituiti da corsi abbastanza regolari
formati da pietrame sommariamente lavorato e in parte segnato da tracce di combustione;
anche in questo caso il legante è costituito esclusivamente da terra grigia mista a pietrisco
(Fig. 126d). Proseguendo verso ovest si è individuato un ulteriore tratto molto simile a quelli
finora descritti, sempre orientato in senso est-ovest e collocato a pochi metri dal fossato (Fig.
126g). L'ultima evidenza attribuibile al contesto riguarda un segmento brevissimo (0,90 m)
disposto immediatamente a ridosso dell'angolo nord orientale della torre di periodo
successivo; si è conservato solamente come allineamento di pietre (larghezza 35 cm)
perfettamente in linea con l'evidenza situata più a est, alla base del semiterrazzo, e quasi
parallelo al basamento conservato sul piano del semiterrazzo, con il quale viene a formare una
sorta di “corridoio”.
Questa disposizione topografica e le interruzioni nei basamenti descritte precedentemente
sembrano configurare un accesso trasversale al castello da sud verso nord, attraverso un
passaggio obbligato. Al termine del “corridoio” parallelo all'andamento della cinta muraria, il
percorso doveva girare verso nord e permettere quindi l'accesso al pianoro sommitale
attraversando il basamento collocato sul semiterrazzo. In corrispondenza dell'ingresso, il
basamento è ridotto alla sola fondazione rasata e coperta da un piano di calpestio; non è da
escludere che il filo interno ed esterno dello stesso basamento potessero formare degli scalini
per facilitare la risalita. Viste le dimensioni, doveva sicuramente trattarsi di un accesso
secondario, percorribile solamente a piedi.
Sui basamenti in muratura della cinta si sono individuati numerosi alloggi per pali; come detto
sopra, in un caso nel riempimento si conservava ancora un residuo carbonizzato della punta
del palo. Una serie di circa 20 macroresti carbonizzati in ottimo stato di conservazione
provengono da un livello di incendio collocato presso la porzione meridionale del pianoro
sommitale; sono riferibili a elementi strutturali lignei del circuito murario e dell'edificio EDM
07 che vi si appoggiava, entrambi databili al periodo V. Per la tipologia delle evidenze e la
loro disposizione nei pressi dei basamenti in muratura si può ipotizzare che siano in gran parte
interpretabili come resti dei pali verticali che erano infissi direttamente nelle fondazioni; per
alcuni di essi, collocati nella parte centrale dell'edificio, non si può escludere che possa
trattarsi dei resti riferibili ai travi utilizzati nella copertura. Vista l'eccezionalità del
rinvenimento, la strategia di campionatura ha previsto il prelievo totale dei travi presenti in
situ.
Particolare interesse riveste un campione di legno carbonizzato, ascrivibile a un grosso trave
di sostegno verticale (Figg. 127a-b). Si tratta di un pezzo intero di notevoli dimensioni (80 cm
di lunghezza, 20 cm di larghezza e 10 cm di spessore), riferibile alla parte di palo appuntita e
alloggiata nel terreno. Il reperto è stato studiato in laboratorio con l’ausilio di un microscopio
ottico per definirne l’anatomia. Il risultato della determinazione tassonomica ha permesso
assegnare il legno a una specie di quercia a foglie caduche.
Fig. 126 - Area sommitale, versante meridionale. Tratti di basamento in muratura pertinenti alla cinta
muraria del primo insediamento incastellato (Struttura F 01; periodo V). a) Vista generale della porzione
orientale. b) Particolare di una buca di palo della porzione orientale del basamento; c) Vista generale
della porzione sud est. d,e) Particolari della porzione sud est. f,g) Particolari della pozione sud ovest.
Fig. 127 - Area sommitale, palo appuntito di quercia caducifoglia perfettamente conservato in situ,
pertinente alla cinta muraria del primo insediamento incastellato (Struttura F 01; periodo V). a,b) Vista
generale e particolare del contesto. c) Frammenti di corteccia di sughero (Quercus subera) che rivestiva la
parte terminale del palo.
Nella sua estremità inferiore si conservavano frammenti di corteccia di dimensioni comprese
tra i 15 e i 20 cm circa che foderavano la punta del reperto (Fig. 127c); a un’attenta analisi
microscopica è stato possibile identificarli come Quercus subera, una pianta dello stesso
genere delle querce caducifoglie, ma di diversa specie (si tratta di una sempreverde). Se ne
può dedurre che il sughero, date le sue proprietà, era con ogni probabilità usato come
elemento impermeabilizzante posto all’estremità inferiore del palo. Il dato, finora del tutto
inedito, testimonia una tecnica costruttiva piuttosto raffinata e conferma la profonda
conoscenza delle essenza lignee e dei loro usi da parte degli abitanti del villaggio 346.
Nonostante si tratti di una singola attestazione, pare chiaro che siamo di fronte a un'evidenza
interessante per la definizione delle tecniche edilizie in armatura di pali, soprattutto se in
futuro il dato potrà essere confermato da altri rinvenimenti simili, o da indizi indiretti che
siano in grado di affinare ulteriormente l'interpretazione data. Le misure eccezionali del
reperto hanno agevolato anche una dettagliata osservazione a occhio nudo, finalizzata
all'individuazione di eventuali tracce di lavorazione. Visto dal lato posteriore, opposto alla
parte appuntita sulla quale era sistemata la corteccia di sughero, il trave presentava una forma
appiattita, quasi quadrangolare, anche se la sua conservazione nella parte superficiale non ha
permesso di identificare alcuna traccia evidente di squadratura. Occorre tuttavia osservare
come proprio la presenza della corteccia di sughero nella parte anteriore potrebbe indicare una
prima lavorazione antecedente la messa in opera del palo, d'altronde confermata anche dalla
stessa esistenza di un'estremità appuntita347.
Nel complesso, i dati derivati dall'analisi del reperto testimoniano una buona qualità della
tecnica costruttiva, forse non casualmente riferita all'area sommitale e, più in particolare, a
una struttura strategica come la cinta muraria di diretta pertinenza signorile.
B. Le strutture su più terrazzi (Terrassenhaus)
Si tratta di una tipologia di edificio disposto su pendio, del quale sfrutta l’inclinazione
attraverso uno o più terrazzamenti. Ne risulta una costruzione con copertura a doppio
spiovente; sul lato a monte il tetto arriva fino al terreno (in alcuni casi possono esservi alzati
molto bassi), mentre a valle le pareti si elevano fino a compensare il dislivello; ne deriva che
lateralmente l’altezza degli elevati decresce procedendo da valle verso monte. Ciascun
terrazzo viene a costituire un piano dell'edificio; la comunicazione fra i piani è solitamente
assicurata da scale, spesso a pioli.
Per quanto riguarda il nostro sito, nonostante vi siano diversi contesti (sia di strutture su
armatura di pali, sia con basamento in muratura) nei quali la disposizione su più terrazzi è
ipotizzabile, l'evidenza finora riscontrata è sufficientemente chiara in un solo caso riferibile a
un edificio in materiali misti (Struttura EDM 05) collocato sulla parte orientale del versante
meridionale, di fronte al fossato che lo separa dall'area sommitale. Si tratta di una struttura
irregolarmente rettangolare che ha mostrato la presenza di due fasi distinte, differenti per
planimetria, dimensioni e tecnica costruttiva. A un primo edificio di dimensioni ridotte,
interamente realizzato su basamento in muratura e databile ai decenni finali del X secolo,
succede una struttura che allarga la precedente integrandola con un'armatura di pali portanti
direttamente infissi nel terreno (almeno per quanto riguarda parte del perimetrale occidentale).
Contemporaneamente l'edificio viene ampliato fino a comprendere buona parte del terrazzo
sottostante, venendosi quindi a configurare come una tipica Terrassenhaus.
346 Non è questa la sede per trattare in maniera esaustiva un dettaglio costruttivo che necessiterebbe un
approccio più sistematico, allargando il campo alla diffusione e all'utilizzo del sughero nel periodo a cavallo fra
altomedioevo e bassomedioevo.
347 Le informazioni di carattere archeobotanico sono state fornite a voce da Giuseppe Di Falco; per ulteriori
approfondimenti si rimanda comunque al contributo dello stesso autore, insieme a G. Di Pasquale e D. Moser, su
questo stesso volume (si veda il capitolo III.3).
7.3 - Strutture portanti in tecnica mista
Oltre agli edifici su basamento in muratura, le fasi del primo castello sono connotate anche da
diversi contesti che possiamo definire in tecnica mista, nelle quali la struttura portante vede la
compresenza sistematica di basamenti in muratura e armature di pali348. Si tratta, in
particolare, di sette casi, tutti riferibili al momento di passaggio più volte menzionato e
collocabile a cavallo dei secoli X e XI (Fig. 122: grafico 7). Di questi, 6 si dispongono sui
terrazzi che formano il versante meridionale del borgo, rappresentando quindi una situazione
speculare rispetto a quella riscontrata per gli edifici esclusivamente fondati su zoccolo in
muratura discussi nel precedente paragrafo. L'unico esempio riscontrato sulla sommità è stato
incluso in questo elenco solamente per coerenza con i criteri della tecnica costruttiva; in realtà
può essere considerato come un'eccezione: si tratta infatti della struttura SF 08, una tettoia che
ospita un forno di essiccazione per i cereali e si appoggia all'esterno del circuito murario su
basamento in muratura, lungo il suo tratto settentrionale; su un lato la struttura è fondata su
uno zoccolo in muratura, mentre i restanti sono formati da un'armatura di pali.
Occorre inoltre notare che, dei 6 edifici del borgo, 5 costituiscono l'evoluzione di precedenti
strutture in legno su armatura di pali delle quali si riprende interamente l'estensione
planimetrica (e talvolta anche l'uso degli spazi interni). È il caso, ad esempio, di un contesto
indagato presso la porzione occidentale del versante meridionale (Struttura EDM 02);
l'edificio mostra una commistione anche significativa fra gli zoccoli in pietra e le armature di
palo direttamente infisse nel terreno. Si tratta di un'abitazione rettangolare (lunghezza 7,3 m,
larghezza 5,5 m) che, come detto, riprende l’estensione di una precedente struttura in legno
allargandone leggermente l’ampiezza del lato nord. Su questo stesso lato un allineamento di
pali è sostituito da un basamento, che forma anche parte del lato occidentale; la porzione
meridionale della struttura e tutto il suo perimetrale orientale restano invece in legno,
sfruttando un allineamento di pali disposti abbastanza regolarmente lungo il perimetro (a
eccezione del lato sud, dove le evidenze sono meno conservate) e rinforzati da due elementi
portanti collocati in posizione centrale. Inoltre sul lato ovest, forse in corrispondenza
dell'ingresso, si sono scavati due alloggi per pali, probabilmente pertinenti a una tettoia.
Un'analisi al radiocarbonio fissa la cronologia di questi cambiamenti ai primi decenni dell'XI
secolo349.
7.4 - Le pavimentazioni
I piani d’uso interni alla struttura forniscono dati di un certo interesse per definire la qualità
della tecnica costruttiva e gli aspetti funzionali di un edificio 350.
La situazione di gran lunga più diffusa sul nostro sito è costituita da contesti con battuto
pavimentale in terra (limo o argilla). Nelle situazioni ideali (4 casi) il livello di vita si è
conservato su buona parte dell'estensione, presentando una consistenza sufficientemente
348 In realtà, quasi tutte le strutture su zoccolo in pietra hanno mostrato la presenza di pali direttamente infissi
nel terreno; tuttavia, di norma, queste evidenze sono del tutto occasionali e solitamente attribuibili a rinforzi
impiantati durante la vita degli edifici. Nel caso delle strutture in tecnica mista, invece, la presenza dei pali
riflette una precisa strategia costruttiva che prevede l'impiego di entrambe le tipologie di elementi portanti fin
dalla fase progettuale o comunque in seguito a ristrutturazioni sostanziali.
349 Datazione radiocarbonica di un campione proveniente dal focolare, fissata al 1036±41.
350 Ai fini della tecnica costruttiva contano soprattutto i materiali usati per la pavimentazione e l'eventuale
presenza di tracce riferibili agli elevati; le evidenze relative allo svolgimento di attività domestiche o legate a
particolari aspetti socio-economici dell’insediamento costituiscono invece indizi importanti per una definizione
funzionale.
compatta e chiare tracce di frequentazione in strato. Molto più attestato è il rinvenimento di
porzioni di battuto (spesso perfettamente integro), rimescolate a tratti in cui le evidenze sono
meno chiaramente interpretabili o del tutto assenti (16 casi, escludendo le strutture dove si
sono conservati solamente tratti molto limitati). Nel complesso possiamo quindi contare su
una ventina di pavimentazioni in terra scavate, distribuite in tutti i periodi sia sulla sommità
collinare che sui versanti (tab. 8).
Tab. 8 - Buche di palo, riusi. Distribuzione delle attestazioni assolute e percentuali per macroarea e periodo.
Più rari sono i rifacimenti parziali o totali di un battuto, attestati chiaramente in soli 5 contesti
(cui si aggiungono alcuni casi dubbi); avvengono normalmente per accrescimento e sono
quasi sempre un chiaro indizio di un uso prolungato della struttura.
Due contesti hanno restituito indicatori con ogni probabilità riferibili alla presenza di un
pavimento formato da tavolato/assito ligneo. Il primo (Struttura C 01), collocato sul terrazzo
settentrionale superiore all’interno della palizzata dell'insediamento curtense, fa parte della
zona di conservazione delle derrate alimentari sul versante nord della sommità collinare; si
tratta di un edificio con una sorta di cantina, per cui parte del piano interno è semiscavato e
coperto da un tavolato che forma anche il piano di calpestio.
L'altro esempio (Struttura C 06) è riferibile ad una capanna subcircolare a pali perimetrali
(diametro 5 m), collocata presso la palizzata dell'insediamento curtense e probabilmente
adibita a funzioni artigianali/accumulo di derrate alimentari. Un livello di abbandono nel
quale si sono conservate tracce carbonizzate di elementi lignei ha permesso di riconoscere la
presenza di un assito pavimentale che, molto probabilmente, si estendeva su tutta la struttura.
7.5 - Gli elevati
Le tracce materiali pertinenti alle pareti (disfacimento di muri in terra, intonaco di capanna,
resti di tavolato verticale o orizzontale, ecc.) sono difficilmente riconoscibili durante lo scavo
dei contesti interessati da edilizia in materiali deperibili351. In questo senso, Miranduolo
costituisce un'eccezione, vista la frequenza con la quale si individuano indicatori attribuibili
agli alzati delle strutture. Tutte le evidenze sono essenzialmente riconducibili a due tipologie:
i muri in terra e le pareti realizzate a graticcio, spesso ricoperto da intonaco di capanna in
argilla.
A. Elevati in terra pressata
Gli elevati in terra pressata sono quasi sempre associati alle cosiddette “case in terra”, su
zoccolo in muratura oppure direttamente fondate sul terreno. Il tipo è diffuso soprattutto
nell’Italia centrale (Toscana, Lazio, Abruzzo) e deriva chiaramente da una tecnica edilizia
autoctona ampiamente diffusa in ambito rurale per tutta l’epoca romana 352.
Sul nostro sito la tecnica non sembra in realtà associabile a una vera e propria tipologia
edilizia, ma resta confinata alla realizzazione delle pareti. Tracce riferibili a elevati in terra,
infatti, sono presenti sia per le strutture in armatura di pali, sia per quelle su basamento in
muratura. Si tratta del tipo di alzato più diffuso sul sito, attestato in tutti i periodi considerati
(tab. 9). Si osserva una netta prevalenza numerica delle evenienze riferibili al primo
insediamento incastellato, per il quale ben 9 edifici hanno mostrato tracce di elevati in terra353;
il dato sembra confermato anche dall'attestazione percentuale dominante nelle strutture su
basamento in muratura (o comunque in tecnica mista) rispetto a quelle in armatura di pali 354,
mentre non si coglie una differenza nella distribuzione fra area sommitale e versanti terrazzati
(rispettivamente 7 e 6 evenienze). La tecnica è molto meno diffusa nel villaggio curtense 355 e,
finora, non è documentata per il villaggio di VIII secolo che precede la trasformazione in
curtis356.
Da un punto di vista stratigrafico, le evidenze interpretabili come resti materiali degli elevati
in terra disfatti sono per lo più costituiti da livelli a matrice argillosa o limosa, molto compatti
e frequentemente misti a pietrisco; talvolta, se sono appartenenti a fasi di abbandono
connotate da incendio, presentano forti tracce di arrossamento e la superficie concotta 357 (Fig.
128c).
351 Al proposito si veda Fronza 2005a, capitolo 2. Nello schedario europeo (costituito attualmente da 2.267
strutture in materiale deperibile), gli elevati sono interpretati con sufficiente chiarezza in soli 778 casi (pari al
34% circa).
352 Staffa 1994.
353 Il dato corrisponde al 69,23% di tutti quelli individuati.
354 In percentuale, si tratta del 61,54% contro il 15,15% delle strutture riconosciute per ciascuna tipologia.
355 Elevati in terra si sono riscontrati in 4 casi corrispondenti al 15,38% delle strutture appartenenti al periodo
VI.
356 In realtà, il dato va comunque considerato come parziale e, almeno per quanto riguarda le fasi più antiche,
risente anche di problemi dovuti alla conservazione del deposito.
357 È il caso, ad esempio, della cinta su basamento in muratura e dell'edificio in materiali misti che vi si
appoggia (rispettivamente denominati strutture F 01 e EDM 07), individuati durante la campagna di scavo 2007
presso il lato sud dell'area sommitale; un altro esempio molto chiaro proviene dal magazzino individuato sul
primo terrazzamento della parte settentrionale dell'area sommitale (struttura C 08), dove i muri di terra avevano
l'aspetto di un livello concotto molto arrossato.
Tab. 9 - Pavimentazioni in terra battuta. Distribuzione delle attestazioni assolute e percentuali per tipologia
edilizia, periodo e macroarea.
In alcuni casi si sono invece riconosciuti tratti più o meno estesi di muri in terra rimasti in
situ. Esemplari in tal senso sono le evidenze conservate nei basamenti del più antico circuito
murario (Figg. 128a-b), identificato sul lato meridionale del cassero e riferibile alla
fortificazione in materiali misti di periodo V (Struttura F 01). Come abbiamo già avuto modo
di dire, il contesto ha restituito informazioni preziose sulle tecniche costruttive a cavallo fra
alto e bassomedioevo. Oltre alle evidenti e ripetute tracce di livelli interpretabili come
disfacimento degli elevati (spesso costituiti da terra con evidenti tracce di arrossamento da
fuoco, mista a lenti di roccia disfatta e terra più chiara molto compatta), si sono riconosciuti
alcuni tratti di alzato perfettamente conservati; sono impostati direttamente sui basamenti e
fungono anche da “ciambelle” di rinforzo agli alloggi per pali. L'evidenza mostra chiaramente
come l'armatura di pali degli zoccoli in muratura formasse lo scheletro sul quale si
impostavano i muri in terra.
Un altro esempio di muro in terra perfettamente conservato proviene da un edificio collocato
sul primo terrazzo al di sotto della platea, nella parte orientale dei versanti meridionali
(Struttura EDM 05). In questo caso si è individuato un intero tratto dell'alzato impostato sul
basamento perimetrale nord della struttura e appoggiato al taglio del terrazzo (Fig. 128d).
Fig. 128 - Esempi di contesti relativi a muri in terra pressata conservati in situ e disfatti. a) Porzione di
muro in terra conservatosi in situ attorno ad una buca di palo del basamento relativo alla cinta muraria
del primo insediamento incastellato (Struttura F 01; periodo V). b) Disfacimento di un muro in terra
della cinta su basamento in muratura pertinente al primo insediamento incastellato (Struttura F 01;
periodo V). c) Disfacimento degli elevati in terra di una capanna in armatura di pali (Struttura C 36)
collocata su un terrazzo presso il fossato difensivo dell'area sommitale (lato sud). d) Muro in terra in situ
pertinente all'edif icio su basamento in muratura EDM 05, collocato sul terrazzo del versante meridionale
immediatamente al di sotto della platea.
B. Elevati a intreccio
Si tratta di una tecnica tipica per le costruzioni ad armatura di pali, con un'ampia diffusione
soprattutto in ambito centro e nord europeo358 ma chiaramente attestate anche in Italia359.
Consiste nella realizzazione di un graticcio di frasche, vimini e paglia intrecciati
orizzontalmente sull'armatura di pali. Nel caso di strutture di modeste dimensioni oppure con
pali piuttosto ravvicinati, l'intreccio si imposta direttamente sugli elementi portanti; strutture
più estese prevedono invece un sistema di paletti perimetrali non portanti come sostegno per
gli alzati realizzati in questa tecnica. Le pareti sono spesso ricoperte da intonaco, tipicamente
realizzato in argilla lisciata e seccata360 mentre è più raro incontrare la presenza di rivestimenti
a base di calce.
A Miranduolo si sono individuate 4 strutture con chiari indizi di elevati realizzati a intreccio.
Pur trattandosi di un numero esiguo, non se ne può direttamente derivare una scarsa diffusione
della tecnica sul nostro sito. Si tratta infatti di evidenze materiali la cui preservazione è
fortemente soggetta ai processi postdeposizionali che tendono a cancellarne le tracce; anche
quando queste tracce si conservano, sono solitamente molto labili e di difficile lettura. Siamo
convinti che la percentuale originaria degli edifici con elevati a intreccio doveva essere
sensibilmente maggiore, soprattutto per quanto riguarda le fasi curtensi e precurtensi (periodi
VI e VII).
358 Significativa al proposito l'esistenza in alcune lingue di termini specifici, come ad esempio il tedesco
Flechtwerk (o Flechtwand) e l'inglese wattle and daub.
359 Per il periodo altomedievale toscano, strutture con elevati a intreccio sono state rintracciate a Poggio
Imperiale - Poggibonsi (Valenti 1996, pp. 103-106; Valenti 2004, pp. 23, 30; Francovich, Valenti 2007a) e IstineRadda in Chianti in provincia di Siena (Valenti 1994, pp. 181-182), Scarlino in provincia di Grosseto (Valenti
1994, p. 183; Marasco 2003), Fucecchio-Poggio Salamarzana in provincia di Firenze (Vanni Desideri, 1986;
Vanni Desideri, 1987), Nievole-pieve di San Marco in provincia di Pistoia (Ciampoltrini, Pieri 1998, p. 111;
Ciampoltrini, Pieri 1999, pp. 127, 130-131), la Capriola-Podium Sancti Terenti a Camporgiano in provincia di
Lucca (Giannichedda, 1989, pp. 414, 420), Filattiera-pieve di Sorano in provincia di Massa-Carrara
(Giannichedda, 1998). Numerosi sono anche i casi riscontrati in Italia settentrionale, ad esempio a Fidenza - via
Bacchini in provincia di Parma (Catarsi Dall'Aglio 1994, pp. 152-153; Catarsi Dall'Aglio 2003), Ragogna-chiesa
di San Pietro in provincia di Udine (Lusuardi Siena, Villa 1998, pp. 180-181, 195), Verona-cortile del Tribunale
(Hudson 1985a, p. 289), Loppio-Isola di Sant'Andrea a Mori in provincia di Trento (Maurina 1998, pp. 28, 3536, 50), Cadrobbio-dosso di San Valerio a Cavalese in provincia di Trento (Bassi, Cavada 1994, p. 125),
Mantova-via Tazzoli (Attene Franchini, Brogiolo, Rodighiero 1986; Brogiolo 1994b, p. 110), Brescia-Santa
Giulia (Bishop, Brogiolo 1990, pp. 92-93; Brogiolo 1993, pp. 90-93; Brogiolo 1994b, pp. 107-110) e casa
Pallaveri (Guglielmetti, Rossi, Scarpella 1992-1993, p. 101), Serra Riccò-chiesa di San Cipriano in provincia di
Genova (Cagnana 1994, pp. 169-170). Isolata appare invece per ora l'attestazione pugliese di Scorpo in provincia
di Lecce (Arthur 1999).
360 L'uso del cosiddetto “intonaco di capanna” rappresenta una tecnica costruttiva ampiamente attestata a livello
europeo e italiano, dall'epoca preistorica fino all'età moderna e contemporanea. Si tratta di argilla stesa ancora
umida sull'intreccio di ramaglia che forma il graticcio, lisciata e poi lasciata seccare; si viene così a formare uno
strato abbastanza resistente di intonaco di spessore variabile (mediamente 4-6 cm) in grado di proteggere il
graticcio dagli agenti atmosferici e assicurare quindi una maggiore solidità e durata degli elevati. Recentemente
questo tipo di reperti è stato oggetto di un convegno di archeometria, incentrato soprattutto sui siti pre- e
protostorici italiani; gli incoraggianti risultati che sono stati presentati hanno permesso di acquisire informazioni
legate alla provenienza e alla formazione delle argille utilizzate, alle tecnologie di produzione e ai processi
postdeposizionali (Fabbri, Gualtieri, Rigoni 2007 e in particolare i contributi di sintesi proposti da Moffa 2007 e
Muntoni 2007).
Fig. 129 - Rivestimenti degli elevati. a) Intonaco di capanna in argilla con tracce in negativo degli elevati
ad intreccio. b) Livello di calcare disfatto pertinente all'intonaco che rivestiva la palizzata
dell'insediamento curtense (Struttura F 06; periodo VI). c) Intonaco a base di calce pertinente alla cinta
su basamento in muratura del primo insediamento incastellato (Struttura F 01; periodo V).
In effetti, 3 delle 4 evenienze attestate sono riferibili al periodo VI e, più specificatamente,
all'area sommitale sede del caput curtis, il centro materiale e topografico dell'azienda361; si
tratta di due degli edifici più rappresentativi: la grande capanna che probabilmente ospitava il
signore o un suo intendente (Struttura C 05) e il magazzino per derrate alimentari riconosciuto
in ottimo stato di conservazione sul versante nord della sommità collinare (Struttura C 01).
Quest'ultimo ha restituito evidenze molto interessanti anche per quanto riguarda l'uso del
legno; le analisi archeobotaniche hanno infatti mostrato la presenza di frassino, le cui
caratteristiche lo rendono ideale per la fabbricazione di legacci, mentre essenze quali il pruno
selvatico, l'erica e il nocciolo si prestano perfettamente a formare pareti di ramaglie
intrecciate. A questo si aggiunge il rinvenimento in discreta quantità di frammenti di argilla
estremamente compatta, interpretabile come residui dell'intonaco applicato sulle pareti; alcuni
di questi frammenti presentavano impresse le tracce negative delle ramaglie che rivestivano
(Fig. 129a).
La terza struttura con elevati a intreccio costituisce un caso piuttosto inconsueto dal punto di
vista delle tecniche costruttive. Si tratta infatti dell'edificio su zoccolo in pietra (denominato
EDM 03) che si imposta sui livelli di distruzione del magazzino appena decritto. Dal deposito,
e in modo particolare dagli strati di abbandono, provengono numerose tracce di intonaco di
capanna in argilla, molto simile a quelle della struttura precedente; anche in questo caso si
notano le tracce delle ramaglie, mentre su un frammento si è addirittura potuta leggere
l'impronta di una foglia perfettamente conservata 362.
Agli edifici fin qui descritti si aggiunge l'evidenza proveniente dalla palizzata (Struttura F 06)
che cingeva l'area sommitale durante le fasi dell'insediamento curtense. L'individuazione
particolarmente fortunata di un deposito in perfetto stato di conservazione ci ha permesso di
ricostruire nel dettaglio la tecnica costruttiva impiegata per la fortificazione in legno. In
coincidenza della porzione meridionale, a cavallo fra il pianoro sommitale e il primo terrazzo,
si sono infatti identificati numerosi elementi strutturali carbonizzati. Si tratta, in dettaglio, dei
resti di alcuni pali di olmo, attorno ai quali si conservava un'intelaiatura costituita da ramaglie
intrecciate, prevalentemente di frassino363. A sigillare i macroresti lignei si è individuato un
livello formato da estese chiazze di calce chiaramente contestuali alla fortificazione in legno,
interpretabili come traccia dell'intonaco che doveva rivestire i pali e l'alzato a intreccio che li
univa (Fig. 130).
C. Pareti in tavolato orizzontale
La presenza di pareti formate da tavole di legno disposte orizzontalmente è attestata con
sufficiente chiarezza in un solo caso, riferibile a una capanna collocata su uno dei terrazzi
bassi nella porzione centro occidentale del versante meridionale364 (Struttura C 31). Lungo il
suo lato sud si sono infatti riconosciuti due strati di terra molto scura; al loro interno è stato
possibile isolare una serie di frammenti carboniosi disposti lungo l'allineamento dei pali
perimetrali della struttura, fra il palo angolare ovest e quello centrale come fra il centrale e
l’angolare est.
361 Appartiene all'area sommitale anche il quarto caso, databile alla prima fase di incastellamento del sito (per
una sua descrizione si veda più avanti).
362 Nonostante la diretta sovrapposizione di due contesti, l'ottimo stato di conservazione dei depositi, la cui
sequenza era molto lineare e ben leggibile, permette di attribuire con una certa affidabilità (ma ovviamente non
al di là di ogni dubbio) l'attribuzione dei frammenti di intonaco descritti all'edificio più tardo.
363 Per una descrizione più dettagliata da un punto di vista archeobotanico, comprese le tracce di lavorazione
riconosciute, si veda il contributo di G. Di Falco, G. Di Pasquale e D. Moser (capitolo III.3 di questo volume).
364 Si tratta di un contesto indagato durante la campagna di scavo 2007 e riferibile a una struttura rettangolare a
pali perimetrali, conservatasi per una superficie di circa 8,5 x 8 m.
Fig. 130 - Elementi costitutivi della palizzata dell'insediamento curtense (Struttura F 06; periodo VI). a)
Vista generale dei livelli di incendio che sigillavano il contesto. b) Vista generale del contesto in corso di
scavo. c) Porzioni di palo incendiate e crollate. d) Particolare di un palo in ottimo stato di conservazione.
e,f) Particolari delle ramaglie che formavano gli elevati ad intreccio. g) Particolare della ricostruzione
grafica dell'insediamento curtense nel quale si coglie la tecnica costruttiva della palizzata.
D. Rivestimenti degli elevati
Durante la descrizione degli elementi strutturali e degli alzati si è più volte accennato alla
presenza sul sito di varie tipologie di rivestimenti, essenzialmente riconducibili all'utilizzo di
due materiali ben distinti: l'intonaco di capanna in argilla e l'intonaco a base di calce.
Il primo è già stato trattato, essendo direttamente ed esclusivamente legato alla presenza degli
elevati a intreccio trattati sopra.
Per quanto riguarda la calce, invece, il suo uso (sebbene circoscritto) come materiale da
costruzione nell'edilizia altomedievale in materiale deperibile può essere considerato un fatto
ormai assodato, attestato dalle fonti scritte365 e ampiamente confermato dalla documentazione
materiale366. A Miranduolo è attestata solamente nell'area sommitale e per le strutture
fortificate367. Infatti, sia la palizzata dell'insediamento curtense (Struttura F 06), sia il circuito
murario su basamento in muratura del primo castello (Struttura F 01) erano rivestiti da un
intonaco a base di calce.
In entrambi i casi le evidenze si sono conservate in seguito agli incendi che causarono la
distruzione delle strutture. Per quanto riguarda la palizzata, oltre agli elementi strutturali
lignei già descritti, il contesto ha permesso di mettere in evidenza alcuni livelli costituiti da
calcare disfatto (in quanto sottoposto ad alte temperature), di consistenza estremamente
compatta, granulometria molto fine e colore bianco o giallo chiaro (Fig. 129b); l'evidenza è
attribuibile ai resti del rivestimento applicato sugli alzati a intreccio della fortificazione in
365 Nella Lex Baiuwariorum (744-749), ad esempio, si prevede la costruzione di calcefurnia presso gli edifici
più importanti (Galetti 1994a p. 22 ). Anche nel caso di elevati a intreccio, in paglia o in materiali misti, il
legante veniva frequentemente utilizzato: termini come luto, arena, calcina seo arena, calce et arena rimandano
a malte argillose; allo stesso modo calce et arena venivano utilizzate per intonacare pareti (Galetti 1994b; va
tuttavia rilevato che le indicazioni documentarie a tale proposito risultano piuttosto scarse) e realizzare
pavimentazioni. La presenza di questi materiali può talvolta essere ricondotta a fattori esterni, direttamente
collegabili alla frequentazione di lungo termine e pertinenti alla particolare storia deposizionale di un sito. Ad
esempio, a Poggio Imperiale (Poggibonsi - SI), la presenza dei residui di calce potrebbe anche riferirsi alla
vicinanza di una calcara tardoromana e dei livelli relativi all'abbandono di case dello stesso periodo costituite da
muri in terra probabilmente intonacati (Francovich, Valenti 2007a). L'intonacatura tramite miscele di calce non
sembra un elemento sporadico; anche nel caso dell'abitazione di terra datata nel pieno VI secolo e probabilmente
frequentata sino al VII secolo, scavata in località Podere San Quirico (Castelnuovo Berardenga -SI) sono stati
rinvenuti evidenti disfacimenti dell'intonaco (Valenti 1995).
366 Limitandoci ad alcuni siti rurali particolarmente noti in ambito italiano si segnalano i casi di Pecetto (Pantò
1995, p. 371), San Michele di Trino in provincia di Vercelli (Negro Ponzi et alii 1991, pp. 392-394; Negro Ponzi
1999), Sant'Antonino di Perti in provincia di Savona (Bonora, Fossati, Murialdo 1984, pp. 230-231; Cagnana
1994, pp. 171, 173; Murialdo et alii 1988, pp. 337-339; Mannoni, Murialdo 2001), Breno (Guglielmetti, Rossi,
Scalisi 1992-1993, p. 36; Rossi 1996, pp. 40-41) e Nuvolento (Breda, Simoni 1985, pp. 72-73; Brogiolo 1994b,
p. 112) in provincia di Brescia, Tuscania – colle San Pietro in provincia di Viterbo (Gianfrotta, Potter 1980, pp.
439, 449-450) dove la presenza di calce è da riferire a pavimentazioni realizzate in quel materiale. In alcune
capanne di Poggio Imperiale a Poggibonsi (Valenti 1996; Francovich, Valenti 2007a) si sono evidenziate tracce
di calce interpretate come intonaco per le pareti, mentre presso l'Abbazia Olivetana di San Nicola (Rodengo
Saiano - BS) l’ambiente di una capanna ospita una piccola calcara (Brogiolo 1983, p. 68; Brogiolo 1994b, p.
110); a Montagliano in provincia di Rieti (De Minicis, Hubert 1991, pp. 493-497) vi sono casi di zeppature
legate con calce. Diversi, infine, i casi di strutture su basamento in muratura, nei quali la calce è usata spesso
come legante; situazioni simili si ritrovano ad esempio a Savona – Priamar (Benente 2000, p. 61; Varaldo 1992,
p. 87; Varaldo 2000, p. 28), Castelseprio in provincia di Varese (Bierbrauer 1990, p. 51; Brogiolo 1994b, p. 111),
Idro – Castel Antico (Brogiolo 1980, pp. 192-193; Brogiolo 1994b, pp. 111) e Sirmione – via Antiche Mura 20
(Ghiroldi, Portulano 1999-2000, p. 136; Ghiroldi, Portulano, Roffia 2001, pp. 114-115) in provincia di Brescia,
Villandro in provincia di Bolzano (Dal Rì, Rizzi 1994, p. 136), Siena – ospedale Santa Maria della Scala (Cantini
2002, p. 95.; Cantini 2004), Scarlino in provincia di Grosseto (Marasco 2003, pp. 55, 58-59, 61-65; Valenti 1994,
pp. 183).
367 A queste si aggiunge la presenza di malta povera utilizzata in scarsa quantità come legante del basamento in
muratura della tettoia che ospita il forno di essiccamento dei cereali ed è appoggiata all'esterno del circuito
murario attribuibile al primo castello (struttura SF 08).
legno; non è possibile stabilire se il loro spessore relativamente esiguo (1-2 cm) sia da
attribuire a uno spargimento seguito alla distruzione e al disfacimento, oppure a una effettiva
caratteristica tecnica per cui il rivestimento era già in origine piuttosto sottile (quindi una sorta
di scialbatura, magari ripetuta più volte nel corso del tempo).
Anche il deposito riferibile alla cinta su basamento in muratura presentava un eccezionale
stato di conservazione che ha permesso di leggere con chiarezza il tipo di tecnica utilizzata
per il rivestimento. Immediatamente all'esterno del lato sud del circuito murario si sono infatti
individuati due tratti di intonaco a base di calce, crollati interi in seguito all'incendio; le
evidenze si estendevano su una superficie complessiva di circa 2 x 0,80 m e presentavano uno
spessore compreso fra i 4 e gli 8 cm. In sostanza, il circuito era costituito da murature con uno
zoccolo costruito in pietrame legato da terra, sul quale si impostavano gli elevati in terra
pressata e armata da pali, ricoperti (almeno esternamente) da uno spesso strato di intonaco a
base di calce (Fig. 129c).
Il rinvenimento di un impianto utilizzato per la produzione di malta (Struttura SF 21),
collocato nella porzione orientale dell'area sommitale, conferma ulteriormente i dati fin qui
esposti; si tratta di una vasca circolare, almeno in parte scavata nella roccia, con un palo
centrale utilizzato come perno per muovere una sorta di rastrello con denti in legno funzionale
al mescolamento della calce e della sabbia. La macchina fu con ogni probabilità utilizzata per
fabbricare la malta necessaria durante la costruzione del circuito murario (sia in riferimento al
legante riconosciuto sul lato settentrionale, sia per l'intonaco descritto sopra) 368.
7.6 - Le coperture
Le tracce materiali direttamente riferibili ai tetti delle capanne sono molto rare sugli scavi. In
base alle evidenze riconosciute e alle ipotesi sulla struttura portante e sulla pianta è comunque
possibile fare alcune supposizioni sul tipo di copertura degli edifici; l'impostazione di questo
contributo, che non prevede un'analisi di dettaglio delle singole strutture, ci suggerisce di
limitare le nostre osservazioni ai materiali impiegati.
Non si sono finora individuate evidenze riconducibili con certezza a coperture in materiale
deperibile (solitamente realizzate usando paglia, frasche, terra, letame, ecc.), la cui presenza
può essere solamente ipotizzata per i contesti nei quali vi è una mancanza di dati specifici.
Indicatori certi provengono invece dalle strutture con copertura in lastre di calcare scistoso, la
cui evidenza materiale è facilmente riconoscibile nei livelli di abbandono (e in certi casi anche
di vita) dei contesti indagati.
Nel complesso si sono potuti isolare 16 edifici con tetto di lastre posate su un'intelaiatura di
travi lignei (tab. 10). Il tipo di copertura sembra decisamente formare uno dei tratti
caratteristici della tecnica edilizia che vede la presenza dei basamenti in muratura (comprese
quindi le strutture in tecnica mista), dove è stato riconosciuto nel 76,92% delle attestazioni
complessive (contro il 18,18% dei casi di strutture in armature di pali).
Ne deriva che il tipo di copertura è già noto durante le fasi iniziali dello stanziamento sul sito,
ma deve la sua diffusione generalizzata al cambiamento delle tecniche edilizie introdotto con
la prima fase incastellata a cavallo fra X e XI secolo, quando la sua attestazione riguarda il
66,67% di tutte le strutture; è invece praticamente assente durante la fase dell'insediamento
curtense (solamente il 3,85% delle capanne), mentre ha una certa incidenza sugli edifici del
villaggio più antico (quando è presente nel 27,27% dei casi) 369.
368 Per una descrizione dettagliata del miscelatore si veda il contributo di Marie Ange Causarano su questo
stesso volume ( capitolo II.8).
369 Occorre sottolineare come i dati riportati siano riferiti esclusivamente a contesti per i quali si sono
riconosciute evidenze molto affidabili, sotto forma di crolli estesi e in ottimo stato di conservazione; resti sparsi
di lastre da copertura si sono invece rinvenuti praticamente in tutti gli edifici con basamenti in muratura
Tab. 10 - Elevati in terra pressata. Distribuzione delle attestazioni assolute e percentuali per tipologia edilizia,
periodo e macroarea.
Al contrario di altre evidenze (ad esempio le strutture portanti in tecnica mista appannaggio
esclusivo del borgo o la presenza di intonaco a base di calce attestato solamente nell'area
sommitale), in questo caso si nota un sostanziale equilibrio fra le evenienze dei versanti
terrazzati e quelle dell'area sommitale370; vista la facile reperibilità del materiale e la
semplicità della lavorazione, la diffusione generalizzata e indistinta fra sommità e versanti
pare in effetti un dato abbastanza plausibile (Fig. 131).
7.7 - Qualche considerazione finale
Il dato macroscopico che emerge dal nostro campione, facilmente isolabile anche attraverso
una lettura superficiale delle evidenze riscontrate, riguarda il passaggio da tecniche costruttive
che prevedono un uso pressoché esclusivo del legno a edifici che contano anche la pietra fra i
materiali da costruzione, tipicamente per la posa in opera di zoccoli in muratura sui quali si
impostano ancora alzati in materiale deperibile. Come abbiamo avuto modo di rimarcare a più
riprese, il cambiamento coincide con il momento di passaggio dall'insediamento curtense al
primo sito incastellato, a cavallo fra X e XI secolo.
Se quella appena descritta costituisce la forma di discontinuità più netta nella storia delle
architetture in materiale deperibile del nostro sito, ciò che pare altrettanto chiaro è il profondo
solco della continuità all'interno del quale si compie questo processo.
appartenenti alla prima fase di incastellamento.
370 Si tratta di 8 casi per ciascuna macroarea, con un dato relativo fissato rispettivamente al 29,63% e 27,59%.
Fig. 131 - Esempi di crolli pertinenti a coperture in lastre di calcare scistoso provenienti da edif ici in
materiali misti del primo insediamento incastellato (periodo V).
Con la graduale trasformazione in castello, infatti, non si procede all'occupazione di nuovi
spazi precedentemente non insediati; anzi, il numero degli edifici cala in misura del 30% circa
(18 contro 26 contesti)371 e in tutti i casi riconosciuti riprende spazi insediativi già occupati da
strutture dell'età precedente, adattandovi la nuova tecnica costruttiva.
Se poi guardiamo con lo stesso occhio macroscopico ai tre periodi altomedievali,
considerandoli in una prospettiva sincronica, non si può fare a meno di notare una
complessiva omogeneità delle tecniche costruttive all'interno di ciascuno di essi; le differenze
(che pure ci sono, come diremo fra poco) fra le strutture degli spazi sommitali e quelle dei
versanti terrazzati sono molto più sfumate rispetto a quanto accade per i secoli centrali e per il
basso medioevo372.
Per quanto riguarda il villaggio più antico, collocabile nel corso dell'VIII secolo373, sebbene le
evidenze siano numericamente meno consistenti, per ora pare interessante sottolineare una
maggiore concentrazione di buche squadrate rispetto a entrambi i periodi che seguono374; pur
avendo già sottolineato le difficoltà interpretative che coinvolgono questo tipo di evidenze, il
dato costituisce uno di quegli indicatori che possono marcare un lieve cambiamento di tecnica
costruttiva fra questo periodo e quello successivo.
In definitiva, il primo periodo insediativo si caratterizza per una presenza esclusiva di capanne
in armatura di pali; una serie di indicatori sembrano riconducibili a strutture di discreta qualità
caratterizzate da una certa diffusione dei pali squadrati e delle tecniche di rinforzo alla
stabilità del palo (tagli a “ciambella” e zeppe di pietra). Inoltre, le capanne semiscavate sono
attestate solamente in questo periodo e, a un primo esame dei reperti, almeno per una di esse è
possibile proporre una cronologia di fine VI–VII secolo; in realtà, anche le altre tre
troverebbero confronti più puntuali in quell'arco cronologico e, laddove ci fossero ulteriori
conferme per una retrodatazione della prima fase insediativa sul poggio, la loro presenza
potrebbe certamente rafforzare tale ipotesi cronologica.
Venendo all'insediamento curtense, il tratto saliente che si può derivare dallo studio
dell'edilizia indica con chiarezza uno spostamento del baricentro topografico verso l'area
signorile, che assume da ora in poi una posizione di forte centralità. Un primo evidente
elemento in tal senso è il ribaltamento del rapporto fra le strutture attestate nelle due
macroaree del sito, che ora pende a favore dell'area sommitale (14 edifici contro i 12 dei
versanti terrazzati375). Questo dato da solo sembra connotare chiaramente la forte funzione
accentratrice prodotta dall'impianto dell'azienda curtense per cui, se mai ce ne fosse bisogno,
l'interpretazione come caput curtis ne esce ulteriormente rafforzata. Un altro dato quantitativo
371 Può essere utile ricordare che anche lo spazio sommitale fortificato si riduce nel passaggio fra il
villaggio/curtis e il primo insediamento castrense attestato dalle fonti scritte, come si evince chiaramente
soprattutto dai lati sud e est del cassero.
372 A tal proposito si vedano le osservazioni di Marie Ange Causarano nel suo contributo su questo volume
(capitolo II.8), dove viene dato risalto al divario esistente nella tecnica costruttiva fra le strutture monumentali
del cassero e le case dei contadini riconosciute nel borgo. Occorre inoltre rimarcare il restringimento degli spazi
insediati del borgo rispetto all'occupazione altomedievale dei versanti; anche se il fenomeno non trova
spiegazioni in un'ottica esclusivamente edilizia, ma è piuttosto direttamente connesso alle vicende socioeconomiche e politiche che determinano la storia del sito, ne esce comunque rafforzata l'immagine di una
maggiore omogeneità delle fasi insediative più antiche.
373 Non essendovi attualmente un chiaro riscontro a livello di sequenza stratigrafica, tutti i depositi più antichi
delle fasi curtensi, riconosciuti in diverse zone della collina, sono stati attribuiti alla stessa periodizzazione. In
realtà, abbiamo già avuto modo di ricordare come diversi indicatori consentano di retrodatare alcune strutture.
374 Hanno pianta squadrata oltre il 17% dei tagli di questo periodo, dato che scende a poco più del 9% per il
periodo curtense e si assesta intorno al 6% durante il primo sito incastellato.
375 I dati corrispondono rispettivamente al 53,85% e al 46,15% del totale delle strutture attestate per il periodo.
riguarda il numero delle buche di palo, lo scavo di ciascuna delle quali comporta un dispendio
di tempo e di energie che, se ci riferiamo all'area sommitale, viene materialmente eseguito da
servi o contadini attraverso le note prestazioni d'opera dovute al signore fondiario; rispetto al
numero di strutture il divario cresce ulteriormente376, rafforzando l'ipotesi precedente e
mostrando con un dato materiale tangibile il forte controllo esercitato dal signore sui contadini
che coltivavano le sue terre.
Vi sono poi una serie di elementi che riguardano la tecnica costruttiva, i quali, se letti
complessivamente e con un occhio critico attento ai dettagli, denotano una maggiore qualità
dell'edilizia prodotta all'interno dell'area racchiusa dalla palizzata rispetto alle strutture dei
versanti. Fra questi, è in primis la palizzata stessa ad assumere un valore particolare; le
dimensioni eccezionali dell'opera, la qualità della soluzioni edilizie e la cura dei suoi elementi
costitutivi, la presenza esclusiva (per quanto riguarda questa fase) dell'intonaco a base di
calce, sono tutti aspetti che non si ritrovano contemporaneamente attestati in nessuna capanna
alloggiata sui terrazzi dei versanti. Un secondo aspetto da tenere in considerazione riguarda le
buche di palo con taglio squadrato che, come abbiamo detto, possono essere viste come
espressione di tecniche edilizie più o meno raffinate; anche in questo caso, nonostante una
distribuzione abbastanza casuale fra le varie strutture, si ha una preponderanza piuttosto netta
a favore dell'area sommitale377. Un ultimo elemento caratterizzante le tecniche edilizie della
sommità è costituito dalla presenza degli alzati a intreccio. Nonostante la scarsa rilevanza
statistica delle attestazioni378, pare interessante sottolineare come siano stati individuati
solamente nella parte più elevata e centrale dell'insediamento; il dato diventa ancora più
pregnante se si considera che la tecnica caratterizza in modo esclusivo le strutture fortemente
legate al potere signorile: il grande edificio nel quale alloggiava il signore o un suo actor, il
magazzino collocato all'interno della palizzata sul versante nord e, infine, la stessa
fortificazione in legno. Stando ai dati finora emersi dallo scavo, la presenza di strutture con
elevati a intreccio ricoperti da intonaco (di argilla o di calce) sembra quindi configurarsi come
una caratteristica tecnica specifica che connota gli impianti signorili del periodo curtense.
Per quanto riguarda il riuso degli alloggi per pali, nell'ambito di una percentuale generalmente
medio-bassa delle attestazioni, si distingue il dato sui tagli con forma irregolare. La loro
distribuzione quasi esclusiva sull'area sommitale379 assume una valore almeno parzialmente
ambiguo in sede interpretativa; pur non potendo avvalorare alcuna ipotesi in particolare, è
possibile che in molti casi si tratti comunque di buche riusate oppure di tagli franati in seguito
all'espianto sistematico dei pali, a conferma di una maggiore intensità dell'attività edilizia.
Infine, abbiamo già avuto modo di vedere come le evidenze relative a rinforzi dei pali siano
percentualmente meno attestate durante il periodo curtense, con una netto squilibrio a favore
dell'area sommitale e della tipologia con taglio “a ciambella”. Sebbene non se ne ricavi
un'indicazione diretta sulla qualità delle tecniche costruttive, il dato può per ora essere letto
come un tratto di differenziazione dell'edilizia di questo periodo rispetto alle fasi che lo
precedono e lo seguono; la stessa predominanza dei rinforzi con “ciambella” rispetto alle
zeppature semplici potrebbe essere letta come un ulteriore, sebbene parziale, indizio a favore
di una migliore qualità delle tecniche edilizie dell'area signorile.
La costruzione del nuovo circuito murario su zoccolo in muratura determina una cesura netta
nell'uso dei materiali da costruzione e, in parte, anche nell'organizzazione degli spazi
376 Di fronte alle complessive 149 buche di palo riconosciute sui versanti terrazzati, ne sono attestate finora 376
sulla sommità (141 delle quali appartengono alla palizzata); trasformando il dato in percentuale rispetto al totale
degli alloggi per il periodo curtense, otteniamo il 28,38% contro il 71,62%.
377 Si sono individuati 46 evidenze riferibili alla sommità collinare, contro le 29 dei versanti.
378 A tale proposito si vedano le osservazioni riportate nel paragrafo dedicato.
379 Vi si trovano quasi il 96% di tutti i casi riconosciuti.
insediati. L'evidenza può essere letta come uno dei tanti indicatori che riflettono la presenza di
un potere ormai forte e consolidato, in lenta ma costante trasformazione verso una
territorializzazione delle proprie prerogative, nell'ambito di un processo che, dal punto di vista
delle tecniche costruttive, si compirà solamente circa un secolo più tardi con la costruzione
del blocco signorile sommitale (l'edificio palaziale affiancato dalla torre) e del circuito che
cinge interamente il poggio380. In questo contesto, si può supporre che la costruzione della
cinta muraria abbia fatto da volano alla diffusione delle strutture su zoccolo in pietra in tutto
l'insediamento, con una distribuzione equa fra area sommitale e borgo (considerando anche le
strutture in tecnica mista).
Proprio la netta distinzione fra le due macroaree, con gli edifici in tecnica mista attestati
solamente nel borgo e quelli interamente fondati su zoccoli in muratura di appannaggio quasi
esclusivo dell'area signorile, impone alcune ulteriori riflessioni. Vi si può leggere una
continuità della tradizione edilizia qualitativamente più elevata per gli edifici dell'area
sommitale, già chiaramente esplicitata per la precedente fase del villaggio curtense. Se, infatti,
la costruzione della cinta introduce l'uso dei basamenti in muratura su tutto il sito, nel borgo
questi convivono quasi sempre con parti rilevanti delle strutture abitative che sono ancora
realizzate in armatura di pali direttamente infissi nel terreno. Sulla sommità, al contrario, l'uso
molto limitato delle armature di pali è confinato ad alcune strutture funzionali, mentre tutti gli
edifici abitativi sono interamente impostati su zoccoli in pietra. In sostanza, i contesti che
vedono nella struttura portante una compresenza di fondazioni in muratura e armatura di pali
semplice potrebbero essere letti come un ulteriore momento di passaggio nel continuum
evolutivo delle tecniche costruttive, configurandosi quindi come una sorta di step intermedio
fra le strutture interamente in legno e gli edifici su zoccolo in muratura. In quest'ottica, non
pare secondaria la loro diffusione quasi esclusiva nell'area dei versanti terrazzati che
costituiscono il borgo del primo insediamento incastellato.
La seconda soluzione tecnica che caratterizza il periodo è l'introduzione sistematica delle
lastre calcaree utilizzate per le coperture. Anche in questo caso la distribuzione spaziale vede
un sostanziale equilibrio fra l'area fortificata e il borgo. Nonostante il dato possa suggerire
diverse interpretazioni, siamo convinti che l'uso delle lastre di copertura vada letto nell'ottica
della tradizione edilizia più generale; è probabile che, per una diffusa cultura del costruire
certamente non slegata da un particolare contesto socio-economico, certe tipologie edilizie
venissero tendenzialmente dotate di una copertura in materiali deperibili (quelle su armatura
di pali) e altre di un tetto in lastre di calcare (quelle su zoccolo in muratura).
Le buche di palo attestate in questo periodo si caratterizzano per un uso relativamente diffuso
dei sistemi di rinforzo alla stabilità del palo, sia per quanto riguarda le zeppature, sia per la
presenza delle “ciambelle” attorno al palo381, senza comunque denunciare la presenza di trend
precisi. Pare invece più rilevante l'individuazione di un'evidenza molto particolare, la
corteccia di sughero che isolava la punta di uno dei pali del circuito murario; questa denota a
tutti gli effetti un tipo di attenzione giustificata solamente nell'ambito di un contesto
caratterizzato da una qualità edilizia decisamente buona. Se è vero che non si sono finora
riconosciuti nel borgo depositi stratigrafici che hanno restituito la quantità di macroresti lignei
380 Della stessa idea è anche Marie Ange Causarano, con la quale l'ipotesi è stata ampiamente discussa. A chi
scrive rimane solamente un dubbio che riguarda i motivi per cui la presenza della malta di calce come legante è
attestata solamente nell'evidenza del versante settentrionale e non su tutti i tratti del circuito fino a ora
riconosciuti; tale disomogeneità potrebbe essere dovuta a necessità contingenti (ad esempio problemi di stabilità
della muratura, rischi di cedimento del terreno, ecc.) oppure, più semplicemente, ad un differente stato di
conservazione del manufatto.
381 La percentuale sul totale delle buche riferite al solo periodo del primo sito incastellato supera per entrambi i
tipi di rinforzo il valore percentuale generale (3,61% contro 2,59% per le zeppature, 16,87% contro 9,95% per le
“ciambelle”).
scavati durante la campagna 2007 presso il versante meridionale della sommità, è comunque
significativo che un simile tipo di isolante provenga dall'area privilegiata; se letto insieme agli
altri indicatori fin qui discussi, pare effettivamente confermare ulteriormente le differenze
qualitative in tema di edilizia fra il borgo e l'area sommitale 382.
Un ultimo aspetto sul quale vale la pena soffermarci deriva direttamente da un'osservazione
complessiva dei dati presentati e riguarda la diffusione generalizzata dell'edilizia in muratura,
fenomeno che qui appare spostato alla fine dell'XI–inizi del XII secolo. In questo senso, il sito
di Miranduolo si pone come un buon esempio del lento e graduale cambiamento delle
tecniche edilizie, che procede di pari passo con i grandi ma, nel loro sviluppo, pachidermici
processi di trasformazione in corso per le strutture socio-economiche dell'insediamento.
Perciò non possiamo considerare casuale il fatto che il cambiamento definitivo avvenga
solamente a conclusione di un lungo processo, le cui tappe intermedie sono scandite da
altrettante variazioni nei modi di costruire.
In sostanza, le fasi altomedievali confermano chiaramente come le tecniche edilizie altro non
siano se non un riflesso (fra i molti) dei processi radicati e profondi che, nel nostro caso,
incidono sull'economia del sito, sulla formazione e sull'assestamento di una gerarchia sociale,
sul radicamento del nuovo ceto egemone nelle aree insediate e sulla conseguente
territorializzazione del proprio potere; tutti temi di ben più ampio respiro, rispetto ai quali lo
studio dell'edilizia può fornire piccoli ma utili tasselli che, uniti ai molti altri aspetti studiati
per il sito, non potranno che indurre una comprensione meno nebulosa delle dinamiche in
corso, favorendo la formulazione di ipotesi sempre più verosimili.
BIBLIOGRAFIA
Addyman, Leigh, Hughes, 1972 = P. V. Addyman, D. Leigh, M. J. Hughes, Anglo-Saxon
Houses at Chalton, Hampshire, «Medieval Archaeology», 16, pp. 13-31.
Addyman, Leigh, 1973 = P. V. Addyman, D. Leigh, The Anglo-Saxon village at Chalton,
Hampshire, «Medieval Archaeology», 17, pp. 1-25.
Arthur 1999 = P. Arthur, Grubenhauser nella Puglia bizantina. A proposito di recenti scavi a
Supersano (LE), «Archeologia Medievale», 26, pp. 171-177.
Attene Franchini, Brogiolo, Rodighiero 1986 = S. Attene Franchini, G.P. Brogiolo, G.
Rodighiero, Mantova, via E. Tazzoli 19. Saggi di scavo presso l’antica cinta muraria,
«Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia», pp. 136-138.
Attene Franchini et alii 1986 = S. Attene Franchini et alii, Appunti stratigrafici sull’antica
topografia di Mantova, «Archeologia, Uomo, Territorio», 5, pp. 151-161.
Barnish, Marazzi 2007 = S. Barnish, F. Marazzi (a cura di), The Ostrogoths from the
Migration Period to the Sixth Century. An Ethnographic Perspective, Woodbridge (UK).
Bassi, Cavada 1994 = C. Bassi, E. Cavada, Aspetti dell’edilizia residenziale alpina tra l’età
classica e il medioevo: il caso trentino, in G.P. Brogiolo (a cura di), Edilizia residenziale tra V
e VIII secolo. 4° Seminario sul tardoantico e l’altomedioevo in Italia centro-settentrionale.
Monte Barro (Galbiate-Lecco, 2-4 settembre 1993), Documenti di Archeologia, 4, Mantova,
pp. 115-132.
382 Purtroppo mancano, ad ora, contesti perfettamente conservati che consentano di allargare l'ipotesi anche al
precedente periodo curtense quando, come abbiamo visto, la centralità dell'area signorile da un punto di vista
dell'edilizia è supportata da diversi indicatori.
Benente 2000 = F. Benente, Lo scavo della Loggia: l’analisi della sequenza stratigrafica, in
C. Varaldo (a cura di), Archeologia urbana a Savona: scavi e ricerche nel complesso
monumentale del Priamàr. II. Palazzo della Loggia (Scavi 1969-1989), Collezione di
monografie preistoriche ed archeologiche, 11, Bordighera, pp. 55-107.
Bianchi 2004a = G. Bianchi (a cura di), Campiglia. Un castello e il suo territorio. I. Ricerca
storica. II Indagine archeologica, Biblioteca del Dipartimento di Archeologia e Storia delle
Arti. Sezione Archeologica. Università di Siena, 8, Firenze.
Bianchi 2004b = G. Bianchi (a cura di), Castello di Donoratico. I risultati delle prime
campagne di scavo (2000-2002), Quaderni del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti
- Sezione Archeologia. Università di Siena, 57, Firenze.
Bierbrauer 1990 = V. Bierbrauer, Relazione conclusiva al seminario: “Insediamenti fortificati
tardoromani e altomedievali nell’arco alpino”, «Archeologia Medievale», 17, pp. 43-56.
Blake, Maccabruni 1984 = H. Blake, C. Maccabruni, Lomello (Pavia), Loc. “Villa Maria”.
Stanziamento romano e altomedievale, «Notiziario della Soprintendenza Archeologica della
Lombardia», pp. 66-67.
Blake, Maccabruni 1985 = H. Blake, C. Maccabruni, Lo scavo di Villa Maria di Lomello
(Pavia), «Archeologia Medievale», 12, pp. 189-212.
Bishop, Brogiolo 1990 = J. Bishop, G.P. Brogiolo, Brescia, S. Giulia. Saggi di scavo nel terzo
chiostro, «Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia», pp. 91-93.
Böhme 2003 = H.W. Böhme, Das nördliche Niedersachsen zwischen Spätantike und frühem
Mittelalter. Zur Ethnogenese der Sachsen aus archäologischer Sicht, «Probleme der
Küstenforschung im südlichen Nordseegebiet», 28, pp. 251-270.
Bonora, Fossati, Murialdo 1984 = E. Bonora, A. Fossati, G. Murialdo, Il "Castrum Pertice".
Notizie preliminari sulle campagne di scavo 1982 e 1983 in località Sant'Antonino, Finale
Ligure (Savona), «Archeologia Medievale», 11, pp. 215-242.
Breda, Simoni 1985 = A. Breda, P. Simoni, Nuvolento (Brescia), località Pieve. Strutture
murarie tardoantiche, «Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia», pp.
72-73.
Brogiolo 1980 = G.P. Brogiolo, Il villaggio di età romana di Castel Antico di Idro. Nota
preliminare di scavo (1980), in Atlante Valsabbino. Uomini, vicende, paesi, Brescia, pp. 186195.
Brogiolo 1983 = G.P. Brogiolo, Rodengo Saiano (Brescia). Abbazia Olivetana, «Notiziario
della Soprintendenza Archeologica della Lombardia», pp. 67-68.
Brogiolo 1985 = G.P. Brogiolo, Carvico (Bergamo), S. Tomè. Scavi nella chiesa e nel
terrapieno, «Notiziario della Soprintendenza Archeologica della Lombardia», pp. 137-140.
Brogiolo 1986 = G.P. Brogiolo, Carvico (Bergamo), S. Tomè, «Notiziario della
Soprintendenza Archeologica della Lombardia», pp. 167-169.
Brogiolo 1987 = G.P. Brogiolo, Brescia, S. Giulia. Scavo nell’ortaglia, «Notiziario della
Soprintendenza Archeologica della Lombardia», pp. 111-115.
Brogiolo 1990 = G.P. Brogiolo, Lo scavo di una chiesa fortificata altomedievale: S. Tomè di
Carvico, in R. Francovich, M. Milanese (a cura di), Lo scavo archeologico di Montarrenti e i
problemi dell’incastellamento medievale. Esperienze a confronto. Atti del Colloquio
Internazionale (Siena 8-9 dicembre 1988), Quaderni del Dipartimento di Archeologia e Storia
delle Arti - Sezione Archeologica - Università di Siena, 18, Firenze, pp. 155-170.
Brogiolo 1993 = G.P. Brogiolo, Brescia altomedievale. Urbanistica ed edilizia dal IV al IX
secolo, Documenti di Archeologia, 2, Mantova.
Brogiolo 1994a = G.P. Brogiolo (a cura di), Edilizia residenziale tra V e VIII secolo. 4°
Seminario sul tardoantico e l’altomedioevo in Italia centro-settentrionale. Monte Barro
(Galbiate-Lecco, 2-4 settembre 1993), Documenti di Archeologia, 4, Mantova.
Brogiolo 1994b = G.P. Brogiolo, Edilizia residenziale in Lombardia (V-IX secolo), in G.P.
Brogiolo (a cura di), Edilizia residenziale tra V e VIII secolo. 4° Seminario sul tardoantico e
l’altomedioevo in Italia centro-settentrionale. Monte Barro (Galbiate-Lecco, 2-4 settembre
1993), Documenti di Archeologia, 4, Mantova, pp. 103-114.
Brogiolo 2003 = G.P. Brogiolo (a cura di), L’Archeologia dell’architettura in Italia
nell’ultimo quinquennio (1997-2001), “Arqueologia de la Arquitectura”, II, pp. 19-26.
Cadman 1983 = G.E. Cadman, Raunds 1977-1983: an excavation summary, «Medieval
Archaeology», 27, pp. 107-122.
Cagnana 1994 = A. Cagnana, Considerazioni sulle strutture abitative liguri fra VI e XIII
secolo, in G.P. Brogiolo (a cura di), Edilizia residenziale tra V e VIII secolo. 4° Seminario sul
tardoantico e l’altomedioevo in Italia centro-settentrionale. Monte Barro (Galbiate-Lecco, 2-4
settembre 1993), Documenti di Archeologia, 4, Mantova, pp. 169-177.
Cagnana 2000 = A. Cagnana, Archeologia dei materiali da costruzione, Manuali per
l'archeologia, 1, Mantova
Cantini 2002 = F. Cantini, Le fasi di V-XI secolo dello scavo dell’Ospedale di Santa Maria
della Scala: per una definizione della città di Siena nell’altomedioevo. Tesi di Dottorato in
Archeologia Medievale, Università degli Studi di Siena, Pisa e Venezia, Ciclo XV, A.A. 20002002.
Cantini 2003 = F. Cantini (a cura di), Il castello di Montarrenti, 1, Firenze.
Cantini 2004 = F. Cantini, Archeologia urbana a Siena. L'area dell'Ospedale di Santa Maria
della Scala prima dell'Ospedale. Altomedioevo, Biblioteca del Dipartimento di Archeologia e
Storia delle Arti - Sezione Archeologia - Università di Siena, 11, Firenze
Catarsi Dall’Aglio 1994 = M. Catarsi Dall’Aglio, Edilizia residenziale tra tardoantico e alto
medioevo. L’esempio dell’Emilia occidentale, in G.P. Brogiolo (a cura di), Edilizia
residenziale tra V e VIII secolo. 4° Seminario sul tardoantico e l’altomedioevo in Italia
centro-settentrionale. Monte Barro (Galbiate-Lecco, 2-4 settembre 1993), Documenti di
Archeologia, 4, Mantova, pp. 149-156.
Catarsi Dall’Aglio 2003 = M. Catarsi Dall’Aglio (a cura di), Archeologia a Fidenza: le case
di legno di via Bacchini, Archeologia a Fidenza: guida breve, 1, Bologna.
Causarano et alii 2007 = M.A. Causarano, V. Fronza, C. Tronti, M. Valenti, Rocca di Staggia,
in R. Francovich, M. Valenti (a cura di), Poggio Imperiale a Poggibonsi. Il territorio, lo
scavo, il parco, Cinisello Balsamo, pp. 65-81.
Chapelot, Fossier 1980 = J. Chapelot, R. Fossier, Le village et la maison au Moyen Age, Paris.
Charles 1982 = F.W.B. Charles, The construction of buildings with irregularly-spaced posts,
in P.J. Drury (a cura di), Structural reconstruction approaches to the interpretation of
excavated remains of buildings, British Archaeological Reports. British Series, 110, Oxford,
pp. 101-111.
Ciampoltrini, Pieri 1998 = G. Ciampoltrini, E. Pieri, Pieve a Nievole (PT). Saggi preventivi
nell'area della plebs de Neure, «Archeologia Medievale», 25, pp. 103-115.
Ciampoltrini, Pieri 1999 = G. Ciampoltrini, E. Pieri, Pieve a Nievole (PT). Saggi preventivi
1998 nell'area della plebs de Neure, «Archeologia Medievale», 26, pp. 121-132.
Colardelle, Paulin, Verdel, 1998 = M. Colardelle, M. Paulin, E. Verdel., Les transferts de
technologie dans les systémes constructifs de la curtis de Charavines, P. Beck (a cura di),
L’innovation technique au Moyen Age. Actes du VI° Congrés International d’Archéologie
Médiévale. 1-5 octobre 1996, Dijon-Mont Beuvray-Chenove-Le Creusot-Montbard, pp. 173178.
Colardelle, Verdel, 1993a = M. Colardelle, E. Verdel (a cura di), Les habitats du Lac de
Palandru (Isère) dans leur environnement. La formation d’un terroir au XIeme siècle,
Documents d'Archéologie Francaise, 40, Paris.
Colardelle, Verdel, 1993b = M. Colardelle, E. Verdel, Chevalier-paysans de l’an mil, Paris.
Cunliffe, 1976 = B. Cunliffe, Excavation at Portchester Castle. Vol. 2. Saxon, Reports of the
Research Committee of the Society of Antiquaries of London, 33, London.
D’Ulizia 2005 = A. D’Ulizia, L’Archeologia dell’Architettura in Italia. Sintesi e bilancio
degli studi, “Archeologia dell’Architettura”, X, pp. 9-41.
Dal Rì, Rizzi 1994 = L. Dal Rì, G. Rizzi, Edilizia residenziale in Alto Adige tra V e VIII
secolo, in G.P. Brogiolo (a cura di), Edilizia residenziale tra V e VIII secolo. 4° Seminario sul
tardoantico e l’altomedioevo in Italia centro-settentrionale. Monte Barro (Galbiate, Lecco 2-4
settembre 1993), Documenti di Archeologia, 4, Mantova, pp. 135-148.
De Minicis, Hubert 1991 = E. De Minicis, E. Hubert (a cura di), Indagine archeologica in
Sabina: Montagliano, da Casale a “castrum” (secc. IX-XV), «Archeologia Medievale», 18,
pp. 491-546.
Di Pasquale et alii 2005 = G. Di Pasquale, A. Pecci, S. Ricciardi, G. Di Falco, M.P.
Buonincontri, C. Lubritto, Dal paesaggio alla funzione delle strutture: primi risultati delle
analisi archeobotaniche e chimiche a Miranduolo (Siena), in SAMI 4, pp. 41-46.
Donat 1980 = P. Donat, Haus, Hof und Dorf in Mitteleuropa vom 7. bis 12. Jahrhundert.
Archäologische Beiträge zur Entwicklung und Struktur der bäuerlichen Siedlung, Schriften
zur Ur- und Frühgeschichte/ Akademie der Wissenschaften der DDR, Zentralinstitut für Alte
Geschichte und Archäologie, 33, Berlin.
Drury 1982 = P.J. Drury (a cura di), Structural reconstruction approaches to the
interpretation of excavated remains of buildings, British Archaeological Reports. British
Series, 110, Oxford.
Fabbri, Gualtieri, Rigoni 2007 = B. Fabbri, S. Gualtieri, A.N. Rigoni (a cura di), Materiali
argillosi non vascolari: un'occasione in più per l'archeologia. Atti dell 9° Giornata di
Archeometria della Ceramica (Pordenone, 18-19 aprile 2005), Quaderni del Museo
Archeologico del Friuli Occidentale, 7, Pordenone.
Fentress, Gruspier 2004 = E. Fentress, K. Gruspier, The Early Medieval settlement, in E.
Fentress (a cura di), Cosa V. An intermittent town. Excavations 1991-1997, Ann Arbor,
Supplements to the Memoirs of the American Academy in Rome, 2, pp. 92-119.
Fentress, Rabinowitz 2004 = E. Fentress, A. Rabinowitz, Excavation at Cosa (1991-1997)Part II: The Stratigraphy. Intended as part of Fentress 2004, Indirizzo Internet
http://www.press.umich.edu/webhome/cosa/.
Francovich, Bianchi 2003, R. Francovich, G. Bianchi, L’archeologia dell’elevato come
archeologia, “Arqueologia de la Arquitectura”, I, pp. 101-111.
Francovich, Valenti 2005 = R. Francovich, M. Valenti (a cura di), Archeologia dei Paesaggi
Medievali. Relazione progetto (2000-2004), Siena.
Francovich, Valenti 2007a = R. Francovich, M. Valenti (a cura di) Poggio Imperiale a
Poggibonsi. Il territorio, lo scavo, il parco, Cinisello Balsamo.
Francovich, Valenti 2007b = R. Francovich, M. Valenti Relazione preliminare dello scavo
archeologico (novembre 2004 – maggio 2004), in D. Taddei (a cura di) La rocca di Staggia
Senese, Poggibonsi, pp. 125-150.
Fronza 2003 = V. Fronza, Principi di database management in archeologia: l’esperienza
senese, in SAMI 3, pp. 629-632.
Fronza 2005a = V. Fronza, Edilizia in materiale deperibile nell’altomedioevo italiano, Tesi di
dottorato di ricerca in Archeologia Medievale, XVI° ciclo, Facoltà di Lettere e Filosofia,
Università degli Studi di Siena, A.A. 2004-2005.
Fronza 2005b = V. Fronza, Database Management applicato all’Archeologia nell’ambito del
Progetto “Paesaggi Medievali”, in R. Francovich, M. Valenti (a cura di), Archeologia dei
Paesaggi Medievali. Relazione progetto (2000-2004), Siena, pp. 399 - 451.
Fronza 2005c = V. Fronza, OpenArcheo. Un sistema di gestione integrata del dato
archeologico, in R. Francovich, M. Valenti (a cura di), Archeologia dei Paesaggi Medievali.
Relazione progetto (2000-2004), Siena, pp. 453-463.
Fronza 2006 = V. Fronza, Strumenti e materiali per un atlante dell’edilizia altomedievale in
materiale deperibile, in SAMI 4, pp. 539-545.
Fronza, Nardini, Valenti 2003 = V. Fronza, A. Nardini, M. Valenti, An integrated information
system for archaeological data management: latest developments, in M. Doerr, A. Sarris (a
cura di), The digital heritage of archaeology. CAA 2002. Computer Applications and
Quantitative Methods in Archaeology. Proceedings of the 29th Conference (Heraklion-Crete,
2nd-6th April 2002), Athens, pp. 147-153.
Fronza, Valenti 1996 = V. Fronza, M. Valenti, Un archivio per l’edilizia in materiale
deperibile nell’altomedioevo, in M. Valenti (a cura di), Poggio Imperiale a Poggibonsi
(Siena). Dal villaggio di capanne al castello di pietra. I. Diagnostica archeologica e
campagne di scavo 1991-1994, Biblioteca del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti.
Sezione Archeologica. Università di Siena, 1, Firenze, pp. 159-218.
Fronza, Valenti 1997 = V. Fronza, M. Valenti, Lo scavo di strutture in materiale deperibile.
Griglie di riferimento per l’interpretazione di buche e di edifici, in SAMI 1, pp. 172-177.
Fronza, Valenti 2006 = V. Fronza, M. Valenti, Staggia (SI). Lo scavo della Rocca (20042005), «Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana», 2, pp. 458463.
Galetti 1994a = P. Galetti, Le tecniche edilizie fra VI e X secolo, in R. Francovich, G. Noyé (a
cura di), La storia dell’Altomedioevo italiano (VI-X secolo) alla luce dell’archeologia.
Convegno internazionale (Siena 2-6 dicembre 1992), Firenze, pp. 467-477.
Galetti 1994b = P. Galetti, Le strutture insediative nelle legislazioni “barbariche”, in G.P.
Brogiolo (a cura di), Edilizia residenziale tra V e VIII secolo. 4° Seminario sul tardoantico e
l’altomedioevo in Italia centro-settentrionale. Monte Barro (Galbiate-Lecco, 2-4 settembre
1993), Documenti di Archeologia, 4, Mantova, pp. 15-23.
Gelichi 1992a = S. Gelichi (a cura di), Ferrara prima e dopo il Castello. Testimonianze
archeologiche per la storia della città, Ferrara.
Gelichi 1994 = S. Gelichi, L’edilizia residenziale in Romagna tra V e VIII secolo, in G.P.
Brogiolo (a cura di), Edilizia residenziale tra V e VIII secolo. 4° Seminario sul tardoantico e
l’altomedioevo in Italia centro-settentrionale. Monte Barro (Galbiate-Lecco, 2-4 settembre
1993), Documenti di Archeologia, 4, Mantova, pp. 157-167.
Ghiroldi, Portulano 1999-2000 = A. Ghiroldi, B. Portulano, Sirmione (BS), via Antiche Mura,
20. Resti di edificio romano e di struttura abitativa altomedievale, «Notiziario della
Soprintendenza Archeologica della Lombardia», pp. 135-139.
Ghiroldi, Portulano, Roffia 2001 = A. Ghiroldi, B. Portulano, E. Roffia, L’abitato
altomedievale di Sirmione (Brescia). I contesti dello scavo di via Antiche Mura 20,
«Archeologia Medievale», 28, pp. 111-126.
Gianfrotta, Potter 1980 = P.A. Gianfrotta, T.W. Potter, Tuscania 1974 - Scavi sul colle S.
Pietro: una prima lettura, «Archeologia Medievale», 7, pp. 437-456.
Giannichedda 1989 = E. Giannichedda, La Capriola di Camporgiano (Lucca): tracce di una
torre e di annessi lignei, «Archeologia Medievale», 16, pp. 411-424.
Giannichedda 1998 = E. Giannichedda (a cura di), Filattiera - Sorano: l’insediamento di età
romana e tardo antica. Scavi 1986-1995, Archeologia nell’antica diocesi di Luni. ISCUM
Istituto di Storia delle Cultura Materiale, 1, Firenze.
Guarnieri 1997 = C. Guarnieri, Ferrara, sequenza insediativa pluristratificata. Via
Vaspergolo - corso Porta Reno (1993-94). 2. Le strutture lignee, «Archeologia Medievale»,
24, pp. 183-206.
Guarnieri 2004 = C. Guarnieri, Il legno nell’edilizia e nella vita quotidiana del medioevo: i
risultati degli scavi a Ferrara e nel territorio ferrarese, in P. Galetti (a cura di), Civiltà del
legno. Per una storia del legno come materia per costruire dall’antichità ad oggi, Biblioteca
di Storia Agraria Medievale, 25, Bologna, pp. 71-92.
Guarnieri, Librenti 1996 = C. Guarnieri, M. Librenti, Ferrara, sequenza insediativa
pluristratificata. Via Vaspergolo - corso Porta Reno (1993-94). 1. Lo scavo, «Archeologia
Medievale», 23, pp. 275-307.
Guglielmetti, Rossi, Scalisi 1992-1993 = A. Guglielmetti, F. Rossi, N. Scalisi, Breno (BS),
località Spinera. Santuario di Minerva, «Notiziario della Soprintendenza Archeologica della
Lombardia», pp. 35-37.
Guglielmetti, Rossi, Scarpella 1992-1993 = A. Guglielmetti, F. Rossi, D. Scarpella, Brescia,
Via Musei, casa Pallaveri. Area del Capitolium: indagini sistematiche, «Notiziario della
Soprintendenza Archeologica della Lombardia», pp. 98-103.
Hudson 1985a = P. Hudson , La dinamica dell’insediamento urbano nell’area del cortile del
tribunale di Verona. L’età medievale, «Archeologia Medievale», 12, pp. 281-302.
Hvass 1979 = S. Hvass, A viking-age settlement at Vorbasse, Westjutland, «Acta
Archaeologica», 50, pp. 137-172.
Jenkins 1997 = R. Jenkins, Rethinking Ethnicity, Sage.
Jones 1998 = S. Jones, The Archaeology of Ethnicity, London.
Lusuardi Siena, Villa 1998 = S. Lusuardi Siena, L. Villa, Castrum Reunia (Ragogna, Udine):
gli scavi nella chiesa di S. Pietro in Castello, in Patitucci Uggeri S. (a cura di), Scavi
Medievali in Italia. 1994-1995. Atti della Prima Conferenza Italiana di Archeologia
Medievale (Cassino, 14-16 dicembre 1995), Quaderni di Archeologia Medievale in Italia.
Supplemento, 1, Roma-Freiburg-Wien, 1998, pp. 179-198.
Mannoni et alii 1990 = T. Mannoni et alii, S. Antonino di Perti. Il castello tardoantico, in P.
Melli (a cura di), Archeologia in Liguria. Scavi e scoperte 1982-86: dall’epoca romana al
post-medioevo, Soprintendenza Archeologica della Liguria, III.2, Genova, pp. 427-432.
Mannoni, Murialdo 2001 = T. Mannoni, G. Murialdo (a cura di), S. Antonino: un
insediamento fortificato nella Liguria bizantina, Bordighera, Istituto Internazionale di Studi
Liguri, 2, Collezione di monografie preistoriche ed archeologiche, 12.
Marasco 2003 = L. Marasco, Il castello di Scarlino tra VII e XIII secolo. Elaborazione e
analisi dello scavo archeologico. Tesi di laurea in Archeologia Medievale, Università degli
Studi di Siena, A.A. 2002-2003.
Maurina 1998 = B. Maurina, Ricerche archeologiche sull'isola di S. Andrea – Loppio (TN),
«Annali del Museo Civico di Rovereto», 14, pp. 15-53.
Moffa 2007 = C. Moffa, Materie prime, tecnologia e impiego degli impasti di fango in
contesti pre-protostorici della penisola italiana. Esempi archeologici, confronti etnografici,
analisi archeometriche, in B. Fabbri, S. Gualtieri, A.N. Rigoni (a cura di), Materiali argillosi
non vascolari: un'occasione in più per l'archeologia. Atti dell 9° Giornata di Archeometria
della Ceramica (Pordenone, 18-19 aprile 2005), Quaderni del Museo Archeologico del Friuli
Occidentale, 7, Pordenone, pp. 19-26.
Muntoni 2007 = I.M. Muntoni, Intonaci di capanna e piastre da cottura: stato della ricerca e
prospettive dell'analisi archeometrica, in B. Fabbri, S. Gualtieri, A.N. Rigoni (a cura di),
Materiali argillosi non vascolari: un'occasione in più per l'archeologia. Atti dell 9° Giornata
di Archeometria della Ceramica (Pordenone, 18-19 aprile 2005), Quaderni del Museo
Archeologico del Friuli Occidentale, 7, Pordenone, pp. 27-34.
Murialdo et alii 1988 = G. Murialdo et alii, Il “Castrum” tardo-antico di S. Antonino di Perti,
Finale Ligure, Savona: seconde notizie preliminari sulle campagne di scavo 1982-1987,
«Archeologia Medievale», 15, pp. 279-368.
Negro Ponzi 1999 = M.M. Negro Ponzi (a cura di), San Michele di Trino (VC). Dal villaggio
romano al castello medievale, Ricerche di archeologia altomedievale e medievale, 25-26
Firenze.
Negro Ponzi et alii, 1991 = M.M. Negro Ponzi et alii, L’insediamento romano e
altomedievale di S. Michele a Trino (Vercelli). Notizie preliminari sulle campagne 1984-1990,
«Archeologia Medievale», 18, pp. 381-428.
Nielsen 1979 = L.C. Nielsen, Omgård. A settlement from the late Iron Age and the Viking
period in the West Jutland, «Acta Archaeologica», 50, pp. 173-208.
Pantò 1995 = G. Pantò, Pecetto, Bric San Vito. Castrum di Monsferratus, «Quaderni della
Soprintendenza Archeologica del Piemonte», 13, pp. 371-372.
Parenti 2000 = R. Parenti, Architettura, archeologia della, in R. Francovich, D. Manacorda (a
cura di), Dizionario di Archeologia. Temi, concetti, metodi, Bari, pp. 39-43.
Périn 1981 = P. Périn, L’assimilation ethnique vue par l’archéologie, «Histoire et
Archéologie», 56, pp. 38-47.
Quiros Castillo et alii 2000 = J.A. Quiros Castillo et alii, Storia e archeologia del castello di
Gorfigliano (Minucciano, Lucca): campagna 1999, «Archeologia Medievale», 27, pp. 147-
175.
Quirós Castillo 2004 = J.A. Quirós Castillo J.A. (a cura di), Archeologia e storia di un castello
apuano. Gorfigliano dal medioevo all’età moderna, Firenze.
Rossi 1996 = F. Rossi, I casi di Pontevico, Nuvolento e Breno, in G.P. Brogiolo (a cura di), La
fine delle ville romane: trasformazioni nelle campagne tra tarda antichità e alto medioevo. I
Convegno Archeologico del Garda (Gardone Riviera - Brescia, 14 ottobre 1995), Documenti
di Archeologia, 11, Mantova, pp. 35-41.
Staffa 1991 = A.R. Staffa, Scavi nel centro storico di Pescara, 1: primi elementi per una
ricostruzione dell’assetto antico ed altomedievale dell’abitato di “Ostia Aterni-Aternum”,
«Archeologia Medievale», 18, pp. 201-378.
Staffa 1994 = A.R. Staffa, Forme di abitato altomedievale in Abruzzo. Un approccio
etnoarcheologico, in G.P. Brogiolo (a cura di), Edilizia residenziale tra V e VIII secolo. 4°
Seminario sul tardoantico e l’altomedioevo in Italia centro-settentrionale. Monte Barro
(Galbiate-Lecco, 2-4 settembre 1993), Documenti di Archeologia, 4, Mantova, pp. 67-88.
Stiewe, 2002 = H. Stiewe, “Fundamentaler” Wandel? Ländlicher Hausbau des 16.
Jahrhunderts in Ostwestfalen und an der mittleren Weser, in J. Klápste (a cura di), Ruralia IV.
The rural house from the migration period to the oldest still standing buildings. Bad
Bederkesa (Lower Saxony, Germany), 8-13 September 2001, Pramatky Archeologicke –
Supplementum, 15 , Prague, pp. 76-89.
Tesch 1992 = S. Tesch, House, farm and village in the Köpinge area from the early neolithic
to the early middle ages, in L. Larsson, J. Callmer, B. Stjernquist (a cura di), The Archaeology
of the Cultural Landscape. Fieldwork and research in a south Swedish rural region, Acta
Archaeologica Lundensia, Series in 4°, 19, Stockholm, pp. 283-344.
Valenti 1994 = M. Valenti, Forme abitative e strutture materiali dell’insediamento in ambito
rurale toscano tra tardoantico e altomedioevo, in G.P. Brogiolo (a cura di), Edilizia
residenziale tra V e VIII secolo. 4° Seminario sul tardoantico e l’altomedioevo in Italia
centro-settentrionale. Monte Barro (Galbiate-Lecco, 2-4 settembre 1993), Documenti di
Archeologia, 4, Mantova, pp. 179-190.
Valenti 1995 = M. Valenti (a cura di), Carta Archeologica della Provincia di Siena. Volume I.
Il Chianti senese (Castellina in Chianti, Castelnuovo Berardenga, Gaiole in Chianti, Radda
in Chianti), Siena.
Valenti 1996 = M. Valenti (a cura di), Poggio Imperiale a Poggibonsi (Siena). Dal villaggio
di capanne al castello di pietra. I. Diagnostica archeologica e campagne di scavo 1991-1994,
Biblioteca del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti. Sezione Archeologica.
Università di Siena, 1, Firenze.
Valenti 2004 = M. Valenti, L’insediamento altomedievale nelle campagne toscane. Paesaggi,
popolamento e villaggi tra VI e X secolo, Biblioteca del Dipartimento di Archeologia e Storia
delle Arti. Sezione Archeologica. Università di Siena, 10, Firenze.
Vanni Desideri 1986 = A. Vanni Desideri, Saggi archeologici nell’area Corsini (Fucecchio,
Firenze), «Notiziario di Archeologia Medievale», fasc. 44, pp. 22-23.
Vanni Desideri 1987 = A. Vanni Desideri, (Firenze) Fucecchio, area Corsini, «Archeologia
Medievale», 14, pp. 425.
Varaldo 1992 = C. Varaldo (a cura di), Archeologia urbana a Savona: scavi e ricerche nel
complesso monumentale del Priamàr. I, Collezione di monografie preistoriche ed
archeologiche, 9, Bordighera.
Varaldo 2000 = C. Varaldo, Lo scavo della Loggia: problematiche storiche, in C. Varaldo (a
cura di), Archeologia urbana a Savona: scavi e ricerche nel complesso monumentale del
Priamàr. II. Palazzo della Loggia (Scavi 1969-1989), Collezione di monografie preistoriche
ed archeologiche, 11, Bordighera,, pp. 17-54.
Visser Travagli 1995 = A.M. Visser Travagli (a cura di), Ferrara nel Medioevo. Topografia
storica e archeologia urbana, Bologna.
Wallerström 1997 = T. Wallerström, On ethnicity as a methodological problem in historical
archaeology. A northern fennoscandian perspective, in H. Andersson, P. Carelli, L. Ersgård (a
cura di), Visions of the past. Trends and traditions in Swedish Medieval Archaeology,
Stockholm, pp. 299-352.
Zimmermann 1998 = W.H. Zimmermann, Pfosten, Ständer und Schwelle und der Übergang
vom Pfosten- zum Ständerbau. Eine Studie zu Innovation und Beharrung im Hausbau. Zu
Konstruktion und Haltbarkeit prähistorischer bis neuzeitlicher Holzbauten von den Nord- und
Ostseeländern bis zu den Alpen, «Probleme der Küstenforschung im südlichen
Nordseegebiet», 25, pp. 9-241.