tornata del 80 marzo 1853 - Camera dei deputati

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tornata del 80 marzo 1853 - Camera dei deputati
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strosi effetti che quel decreto ha prodotto appunto perchè
queste disposizioni non erano troppo ben ragionate ; ma questo richiederebbe qualche tempo, e perciò sarebbe forse opportuno di rimandarlo a domani.
Voci. Sì! sì!
La seduta è levata alle 5 e 1(2.
Ordine del giorno per la tornata di domani:
Seguito della discussione del progetto di legge relativo alla
repressione della tratta dei neri.
TORNATA DEL 80 MARZO 1853
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE AYVOCÀTO RATTAZZI.
SOMMARIO. Omaggio — Seguito della discussione del progetto di legge per la repressione della tratta dei neri—Articolo^.
— Continuazione del discorso del deputato Farina Paolo relatore — Osservazioni dei deputati Agnès, G-onnet e Valerio
— Repliche dei deputati Farina Paolo e Astengo — Opinioni del ministro di grazia e giustizia — Parlano i deputati
Mellana, Farini e Lione — Repliche del relatore, e del deputato Valerio — Approvazione di un'aggiunta del deputato
Valerio all'articolo 1, e rinvio delV artìcolo 2 alla Commissione — Presentazione : di due progetti di legge del ministro delle
finanze per alienazione di beni demaniali, e per crediti suppletivi al bilancio 1852; di due progetti di legge del ministro
dell'interno per autorizzare la provincia di Vercelli ad eccedere i limiti della sua imposta speciale per un decennio, e pel
riordinamento del baraccéllato in Sardegna ; di un progetto di legge del ministro di grazia e giustizia per la divisione del
mandamento di Casale.
La seduta è aperta alle ore 1 e ij2 pomeridiane.
a i r e n t i , segretario, legge il processo verbale dell'ultima tornata.
CATiiiiiNi, segretario, espone il seguente sunto di petizioni:
5105. Tuerano Bernardino, da Mondavi, proprietario d'una
piazza da fondachiere, rinnova la domanda di essere rimborsato della somma corrisposta alle regie finanze per l'acquisto
di detta piazza, conforme alla petizione 3527.
5106. Orrù Emanuele, di San Gavino, canonico della cattedrale di Ales, provincia di Cagliari, rappresentando che nel
riparto delle imposte per gli esercizi 1850-I8!?i veniva dal
Consiglio comunale di San Gavino aggravalo di tributi locali,
e che infruttuoso tornò ogni suo reclamo per esserne esonerato, espone varie considerazioni al riguardo, affinchè la
Camera possa deliberare intorno a questa controversia.
5t07. Lo stesso Orrù, lagnandosi che sulla prebenda di
Gennuri, di cui è investito, venne tassato per la somma di
lire 52 e centesimi 23, invita la Camera a fargli conoscere se
egli debba considerarsi compreso nelle disposizioni della
legge 23 maggio 1851 relativa ai corpi morali e manimorte.
P B E S i D K N f E . La Camera essendo in numero, porrò ai
voti il verbale testé letto.
(È approvato.)
ottJkctctio :
p r e s i d e n t e . L'avvocato Desiderato Chfaves fa omaggio
alla Camera d'una sua opera che ha per titolo: Manuale dei
giudici del fatto.
Questo libro sarà depositato alla biblioteca.
SE««JIT® REI*li A DISCISSIONE B»EI< PROGETTO » 1
9iE«6E P E R IiA REPRESSIONE »EI.E.A TRATTA
99EI SB1S.
P K i s s m i i T E . L'ordine del giorno porta il seguito della
discuss one sul progetto di legge per la repressione della
tratta dei neri.
La discussione era rimasta all'articolo 2.
La parola spetta al deputato Farina, relatore, per la continuazione del suo discorso.
f a r i n a PAoiif», relatore. Sul finire della seduta di ieri
io mi occupava di dimostrare come esagerate ed in gran parte
calunniose fossero le osservazioni che alcuni andavano facendo
sulla grande estensione delia tratta presso i nostri connazionali, e, non solo della tratta direttamente, ma anche della
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cooperazione in essa. Nei sortire da questo recioto mi venne '
osservato che io con aveva completamente giustificati su
«pesto punto i nostri concittadini, giacché essi non erano
Santo accusati di prendere parte direttamente al trasporto ed
alla tratta dei neri, ma di cooperarvi indirettamente, cioè
eoi fornire i bastimenti opportuni per questo genere di commercio. Anche quest'asserzione è assolutamente esagerata; e
per dimostrarlo non mi occorre di far altro se non rimarcare
filali siano le condizioni del nostro commercio, e conseguentemente la natura dei bastimenti che sono necessari adesso
per uniformarsi alle condizioni medesime.
Il nostro commercio ha, su quello degli altri paesi, il vanteggio di un'estrema economia; esso si esercita specialmente
nel mar Nero, nell'America ed anche nell'Asia ; ma, avendo
per massima, come diceva, la grande economia, i suoi bastimenti sono necessariamente costrutti in modo da essere
estremamente velieri e leggieri, e di potere, per quanto è
possibile, risalire la corrente dei fiumi, onde evitare le maggiori spese che s'incontrano colà, dove la concorrenza dei
bastimenti di tutte le altre nazioni fa sì che le spese del commercio siano maggiori, sia per la provvista degli oggetti, sia
per le spese di mediazione, di caricamento <£d altre.
Queste circostanze fanno sì che Sa costruzione delle chiglie
e dell'alberatura del complesso del bastimento necessarie per
i! nostro commercio sono sgraziatamente identiche a quelle
che occorrono per il commercio della tratta dei neri, ma non
ne viene da questo che il costruttore, il quale costruisce in
quel modo un bastimento, lo costruisca appositamente per
fare la tratta, non ne viene in lui una complicità; costruendo
egli i bastimenti generalmente a questo modo, non fa che
uniformarsi alla generalità dei bisogni del nostro commercio.
Per conseguenza non sussiste che vi sia veramente una complicità nei costruttori, poiché il fatto che talvolta la tratta si
eserciti con bastimenti costrutti nei nostri paesi, è la conseguenza della circostanza del nostro commercio, il quale è
tale che ha identici bisogni di quelli che hanno i bastimenti
che si dedicano al commercio dei neri.
Conseguentemente, anche sotto questo rapporto, io credo
che siane pienamente giustificati da questa pretesa complicità i nostri costruttori, mentre, ripeto, né nella chiglia nè
Bell'alberatura nè nelle altre disposizioni del bastimento vi
ha diversità fra i bastimenti che adempiono ai bisogni del
nostro commercio ed i bastimenti che si dedicano alla tratta
del neri.
Se voi ne volete una prova, o signori, non avete che a
ricorrere agl'indizi che una nazione, la quale ha una marina
tanto estesa come quella dell'Inghilterra, ha saputo indicare
per determinare quali sieno i bastimenti che devono supporsi destinati alla tratta, e voi vedrete che non vi ha nessuna disposizione di stabile costruzione che li indichi.
Infatti, da che cosa si deducono gl'indizi?
i° Boccaporti muniti d'inferriata.
Voi vedete che il mettere o togliere inferriata ad un boccaporto è una cosa accidentale, che si fa da colui che compra
un bastimento.
V Un maggior numero di scompartimenti nel corridore
o sulla coperta.
Ma acche questi scompartimenti non alterano punto la
costruzione generale del bastimento, e vi si fanno molto
acconciamente dopo.
5° Tavole in riserva, predisposte, preparate per formare
prontamente un doppio ponte, un ponte volante o da schiavi.
Dunque vedete che anche questi oggetti per ponti volanti
soao oggetti che si tolgono e si mettono a piaeere, senza che
variino menomamente ia costruzione generale dei bastimento. È chiaro quiadi che l'eventualità, che talvolta la
tratta si effettui con bastimenti costrutti nel nostro paese,
non è una prova di complicità nei nostri costruttori, ma
semplicemente un'accidentalità dipendente dalla coincidenza
di identici bisogni del nostro commercio coi bisogni di quelli
che si danno alla tratta dei neri. Se si volesse argomentare
altrimenti, si farebbe nè più nè meno di chi pretendesse che
un armaiolo fosse complice di omicidii per avere fabbricato i
fucili o le pistole colle quali gli omicidii si sono commessi.
Per la complicità si richiede un'intelligenza, una cooperazione, ma questa intelligenza e questa cooperazione sono
escluse, dacché le circostanze generali del nostro commercio
richieggono questo modo di costruzione. Sicché io credo,
ripeto, di avere, anche sotto questo aspetto, pienamente
giustificato i nostri connazionati.
Passo ora al merito della questione che si agitava ieri,
sulla quale io ebbi l'onore di esporre alla Camera come, consentendo in tutte le disposizioni repressive di qualsiasi commercio di schiavi, però credeva che là si dovesse fermare la
legge, e non estendersi a modificare le condizioni necessarie
della proprietà in una gran parte de! globo. Infatti l'abolizione delia schiavitù non è in vigore che in una parte de!
globo, minore forse di quella nella quale la schiavitù sussiste. Ed invero se noi prendiamo usa gran parte dell'Asia,
una gran parie dell'America, una gran parte dell'Africa, vediamo che in esse la schiavitù è conservata, e persino in una
gran parte dell'Europa la servitù, come vuole il deputato
Farini, se non la schiavitù, esiste tuttora.
Ora, siccome noi abbiamo estese relazioni commerciali in
tutte queste parti del mondo, egli è per conseguenza impossibile che noi ci mettiamo in capo d'impedire quasi le relazioni del nostri connazionali in tutte queste contrade. Quanto
ho detto riguardo al continente si riferisce pure alle isole, e
la stessa Inghilterra non può dire che abbia assolutamente
abolita la schiavitù, poiché gii schiavi che si trovano nelle
possessioni della Gran Bretagna debbono riscattarsi col proprio lavoro, quindi la schiavitù non si può dire abolita in
©odo assoluto in altre colonie che in quelle francesi in seguito al decreto del Governo provvisorio del 1848. Ma con
quello stesso decreto si dovette di necessità provvedere alle
condizioni per cui la schiavitù abolita potesse riuscire proficua a coloro in vantaggio dei quali era stata decretata,
quindi contemporaneamente a quel decreto s'istituirono
scuole per istruire gli emancipati ed ospedali dove ricoverare
gli amiBaìati, ricoveri per i vecchi, ed altre disposizioni che
si credettero indispensabili onde la libertà non riescisse di
aggravio, anziché di sollievo.
Però le disposizioni di quel decreto francese furono alquanto improvvide, poiché non fecero sì che gli schiavi si
accostumassero al lavoro spontaneo, e prendessero abitudini
di ordine e di previdenza, come si era fatto colla legge inglese. Infatti questa, avendo concesso allo schiavo di ritenere
una parte del prodotto dei suoi lavori per procurarsi la
libertà e i mezzi di provvedere alle spese del suo primo stabilimento, aveva fatto in modo che lo schiavo, quando giungeva al punto di emanciparsi, avesse già acquistato l'amore
al lavoro, le idee di previdenza, e quei pochi danari che
sono necessari a chiunque, almeno per avere un tetto sotto
cui ricoverarsi, e quegli altri oggetti che sono indispensabili
per vivere.
Per conoscere quanto poco previdente, non solo, ma, oso
dire, poco umana sia una mal calcolata emancipazione, noi non
abbiamo che a seguire gli effetti che questa emancipazione
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produsse neìie eoìoaie francesi, o ssa che gli schiavi di
quelle colonie avessero, col mezzo di qualche segreto corrispondente, conosciuto preventivamente i decreti del Governo,
0 sia che credessero che in tempo di libertà per la madre
patria, questa anche a loro si dovesse concedere, il fatto fu
che due giorni circa prima che i decreti testé accennati giungessero nelle colonie, scoppiò alla Gusdalupa una rivoluzione
di neri, per calmare la quale fu necessario dar loro immediatamente la libertà. L'esempio della Guadalupa fu seguito
dalla Martinica, poi dalla Gujana e poi dalla Riunione, dimodoché, almeno per il momento, riuscirono inutili le precauzioni per cui era stata accompagnata questa misura da tutto
quell'altro complesso di prudenti misure che era stato ritenuto necessario dai legislatori francesi.
Or bene, o signori, sapete qual fu l'effetto di questa libertà
caduta dalle nuvole immediatamente sopra gli schiavi delle
colonie francesi? Eccolo: il lavoro cessò immediatamentes
mentre sgraziatamente presso i neri vi è una specie di abbonimento per il lavoro, stantechè fino a tanto che essi
vivono nel loro paese, sono abituati a cibarsi del prodotto
delle palme, dei banani, degli ignami, o vivere di pesca o di
caccia, ed hanno un assoluto abbonimento per ciò che riguarda la coltura del suolo e per il lavoro che questo esige;
l'idea di libertà nella mente dei negri si collega quasi necessariamente a quella della cessazione del lavoro. Or dunque,
se voi li emancipate, la prima cosa che essi fanno è di
sdraiarsi all'ombra e di non pensare più a niente, e questo
fu quello che sgraziatamente avvenne nelle colonie francesi ;
si produsse cioè colà, come dicevo, una sospensione quasi,
immediata di tutti i lavori dietro all'emancipazione degli
schiavi; e, quantunque i raccolti fossero maturi, caddero in
terra, e le messi, che specialmente nelle Antille sono tanto
abbondanti che quasi non v'ha bisogno di importazione di
cereali, quantunque mature, non si poterono raccogliere,
perchè mancarono assolutamente le braccia, non essendovi
che pochi bianchi, i quali non sono abituati a questo genere
di lavoro ; cessò cosi il lavoro, e non essendosi fatti neppure
1 raccolti dello zucchero, del caffè e degli altri generi, nessun bastimento europeo andò per caricarli; mancarono
quindi le importazioni dei cereali, e non avendone raccolti i
prodotti locali, ne seguì un'orribile fame in quei possessi
della Francia.
Fu dunque necessario che la madre patria accorresse in
aiuto di questi disgraziati, e l'Assemblea francese fu costretta
a destinare parecchi milioni coi quali comperare viveri e
spedirli in quelle colonie i cui abitanti erano in una pessima
condizione, non solo i neri, ma anche i bianchi, perchè mancavano di tutti i mezzi di sussistenza.
Eccovi, o signori, i tristi effetti di un'emancipazione mal
calcolata e non accordata con tutte le precauzioni necessarie
per far sì che il negro prenda l'abitudine del lavoro, dell'ordine e della previdenza, tanto necessaria per regolarsi da sè,
per vivere in libertà, per uniformarsi insomma a tutte le
esigenze del vivere libero e sociale.
Di questo ci fa ampia testimonianza la relazione fatta all'Assemblea francese dal signor Waideck-Rousseau, nella
quale appunto si conchiude che queste colonie, fiorentissime
quattro o cinque mesi prima, erano cadute nell'ultima indigenza.
Da tutte queste circostanze emerge la necessità dì non
accordare la libertà se non con tali guarentigie che possa
riuscire veramente profittevole a coloro in favore dei quali
Tiene concessa.
Colle disposizioni di abborrimento al lavoro di cui ho dato
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una prova storica, la libertà è un peso per lo schiavo finché
non abbia l'abitudine del lavoro, i mezzi per sostenere le
spese di primo stabilimento, nè l'istruzione necessaria per
sapersi guidare in società e provvedere ai propri bisogni.
In siffatte circostanze adunque, l'accordare la libertà è
nocivo al padrone, perchè sovente non può, nella condizione
della proprietà, nella maggior parte del globo, far valere Se
sue terre, le sue proprietà, le sue industrie se gli manca la
forza materiale, che è quella dello schiavo, cui non sa in
qual modo rimpiazzare. Quand'anche poi il rimpiazzo potesse
aver luogo, il lavorante libero gli cagionerebbe un dispendio
assai più grande di quello che si richiederebbe per uno
schiavo, e quindi il lavoro, per quanto di una migliore qualità e più copioso, diverrebbe però assai più caro e dispendioso; quindi più cari i prodotti ed inetti a sostenere sui
mercati la concorrenza del lavoro degli schiavi. Da ciò deriva
la necessità, quando si vuole abolire la schiavitù, di concedere un'indennità a coloro che posseggono schiavi.
Questa poi non si debbe ritenere come un compenso di un
diritto iniquo dell'uomo sopra l'uomo, ma bensì della maggiore spesa che l'industriale, il colono, il piantatore sono
astretti a sostenere acciò possa col lavoro libero procedere
la loro industria ed il lavoro che hanno intrapreso; quindi
quest'indennità venne costantemente accordata da quelle
nazioni che saviamente e giudiziosamente operando soppressero la schiavitù.
Essa quindi venne accordata non solamente dall'Inghilterra, ma eziandio dalla Francia, e la legge, a questo riguardo, è preceduta da un bellissimo rapporto del signor
Cormenin, nel quale appunto viene sviluppata l'idea della
giustezza di questo compenso dipendentemente dai maggiori
sacrifizi ai quali sono assoggettati coloro che vogliono far
progredire per mezzo del lavoro libero le imprese stabilite
dietro il calcolo del costo del lavoro schiavo senza produrre
la rovina del paese nel quale si trovano, mediante l'immediata sospensione dei lavori, che sarebbe la conseguenza della
libertà accordata senza le debite precauzioni.
La Francia quindi, dico, con legge del 1849 accordò una
indennità di 6 milioni di rendita al 5 per cento ai suoi coloni, più 6 milioni di lire che furono immediatamente ripartite fra i coloni medesimi.
Dimostrata così la giustizia di accordare un'indennità a
coloro che vengono privati senza alcuna loro colpa del vantaggio che ricavano dal lavoro degli schiavi, io credo che la
stessa giustizia che abbiamo dimostrata per le disposizioni
generiche, sia applicabile anche alle disposizioni parziali dei
nostri connazionali che si trovassero in paese straniero; e
questa cosa è tanto vera, che fu riconosciuta non solamente
nelle disposizioni che ho già citate dei Governi francesi ed
inglesi, ma che inoltre in Francia, dove fu introdotta una
disposizione in gran parte analoga alla nostra coil'articolo 8
del decreto del Governo provvisorio del 27 aprile 1848, per
esimersi dal peso di quest'indennità, si disse espressamente
che era riservata facoltà ai sudditi francesi divenuti proprietari di schiavi in paese straniero, di affrancarli, ou les aliéner
dans le même délai (de trois ans) à partir du jour où leur
possession aura commencé.
Ora, se la giustizia suggerì questa disposizione, io però vi
domando quanto essa sia riuscita favorevole agli schiavi,
mentre, se ai francesi che ne possedevano nei paesi stranieri
fu proibito di possederli, fu però loro accordata la facoltà di
venderli, lo vi domando, signori, se questo si possa dire
abolire la servitù. Che vantaggio deriverà allo schiavo dall'essere posseduto piuttosto da Tizio che da Sempronio?
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Io desidero ardentemente che si emancipino gli schiavi e
che vengano prese tutte le disposizioni che conducono a
questo fine, ma quando non si fa altro che costringere il
possessore di schiavi alia vendita dei medesimi, gli si reca
un gravissima danno senza punto migliorare la condizione
dello schiavo, il quale non farà altro che cambiare padrone.
Ed ecco il gran risultato pratico di mal calcolate idee filantropiche 1
Sì, signori, l'alternativa nella quale è posto il francese che
possiede schiavi all'estero, o di perdere tutto il valore dello
schiavo, o di venderlo, necessariamente induce il possessore
a vendere i suoi schiavi, perchè non gli conviene perdere il
loro valore. Per conseguenza, se si vuole assolutamente con
efficacia prescrivere ai nostri concittadini di dare la libertà
agli schiavi, conviene accordar loro un'indennità; ma se non
si accorda loro indennità alcuna e si lascia invece ad essi la
facoltà di vendere gli schiavi, è evidente che non si provvede
in alcun modo al bene di quegli infelici e che non si ottiene
altro risultato che quello di farli passare dalle mani dell'uno
in quelle di un altro,
Nè crediate che le questioni delle quali io ho l'onore di
intrattenervi siano pei nostri concittadini di poca portata. A
tutti è noto quanto sia numerosa la falange, dirò cosi, dei
nostri concittadini i quali emigrano per molti anni e vanno
ad abitare nei luoghi appunto ove vige la schiavitù. Nel solo
Rio della Piata noi abbiamo stabiliti circa 15,000 nostri connazionali.
Ora, quale sarà la loro condizione? Essi non possono
nè farsi servire, nè coltivare, nè possedere stabili colà se
non se per mezzo di schiavi, quindi sono forzati ad averne,
chè, se non ne vogliono avere, bisogna che paghino tutti
questi servizi molto più degli altri, e per conseguenza non
possono più sostenere la concorrenza degli altri produttori.
Io domando adunque quale sarà la condizione di questi emigrati. 0 rinunziare alla loro proprietà, e quindi ai mezzi
della propria sussistenza, perchè quelli che emigrano sono
poveri diavoli, gente per la massima parte che non trova di
che vivere sulle sterili roccie della nostra Liguria, e che
stenta a mettere assieme i pochi quattrini necessari per fare
la traversata, che va colà, lavora, s'industria, vive con grandissima economia, e riesce ad acquistare qualche piccolo
podere, qualche piccolo stabilimento d'industria, e conseguentemente, se noi togliamo loro i mezzi di poter proseguire nella coltura di questi poderi, di far valere quei piccoli
stabilimenti industriali, noi li priviamo assolutamente dei
mezzi della loro sussistenza. Dovranno adunque, o rinunziare
a questi poderi, a questi stabilimenti, ed allora perderanno i
loro mezzi di sussistenza ; o violeranno la legge, ed allora
perderanno la patria, perchè essi non vi ritorneranno più, in
quanto che al loro, ritorno avrebbero davanti agli occhi lo
spettro di un processo criminale. Ecco, o signori, quale sarà
a condizione dei nostri connazionali.
Ora, ponete 60 o 70 mila dei nostri connazionali in questa
condizione, e vedete se essa sia tollerabile, se per un sentimento d'umanità dobbiate indurvi a violare quello della giustizia negando a costoro un compenso, mentre li obbligate
realmente ad emancipare gli schiavi ed a privarsi del prodotto del loro lavoro per sostituirvene un altro che riesce
infinitamente più costoso. Io lo ripeto, qui non si tratta di
dare un'indennità per la dimessa proprietà dell'uomo, ma
pel maggior costo del lavoro cui deve sottostare chi voglia
servirsi del lavoro libero in confronto del lavoro schiavo,
che è la condizione generale del lavoro in quei paesi, quindi
io penso che questa indennità si debba, per regola di giuGAMEKA CEÌ DEBUTATI ™ SESSIONE 1852 — Discussioni
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stizia, costantemente accordare, e che sia assolutamente
iniquo il rifiutarla.
O pensiamo dunque, o signori, ad accordare questa indennità, o prescindiamo da una disposizione per la quale ci sarebbe forza, per un sentimento d'umanità, commettere una
ingiustizia riguardo ai nostri concittadini.
Quanto al prescindere da questa misura, ciò io lo domando, non solo in nome della giustizia verso i nostri concittadini, ma lo domando maggiormente in nome dell'umanità verso gli schiavi stessi che vogliamo emancipare. Finora
ho dimostrato quale sarà la condizione dei nostri concittadini
stabiliti nei paesi dove è in vigore la schiavitù, ora domanderò alia sua volta quale sarà la condizione del negro emancipato senza avere nè i mezzi di sostenere la sua emancipazione, nè l'istruzione per regolarsi in società, nè l'abitudine
di provvedere ai suoi bisogni, senza trovarsi in sostanza in
quel complesso di circostanze che sono indispensabili per far
sì che egli non cada nella più spaventosa miseria. La fame, o
signori, si fa sentire più forte e più potente che il sentimento
della libertà.
Se noi facciamo in modo che la libertà venga addosso a
questo povero uomo, quando non può sopportarne gli effetti,
in modo che lo esponga alla fame, sapete che cosa farà? Egli
andrà a vendersi da sè stesso.
Questa sarà la conseguenza di una libertà accordata intempestivamente, e senza le debite precauzioni, perchè piuttostocbè non saper come vivere al domani, piuttostochè esporsi,
nel caso di una malattia, a morire su di una strada, egli si
venderà, perchè in questo modo almeno sarà assicurato che
ha un tetto sotto cui ricoverarsi, ed un tozzo di pane coi
quale alimentarsi. Se poi invece di avere sensi miti egli ama
ancora quell'antica indipendenza, nella quale io vi diceva
vivere la maggior parte dei negri* allora egli diventerà un
brigante; non si accorderà con alcuno per lavorare, ma procurerà di avere un fucile, ed andrà a fare una vita errante,
procacciandosi la sussistenza colla pesca o col furto.
Ora vedete quale alternativa lasciate agli schiavi inopportunamente emancipati, o di cadere in una disperante miseria,
o ricadere per evitarla in schiavitù, o di rendersi ribelli alle
leggi per conservare quella che eglino credono libertà, e chè
è l'ozio ; eglino cadranno nel delitto o nella più deplorabile
miseria, che li ripiomberà nella schiavitù.
Dunque, anche a nome della umanità io vi chieggo che soprassediate a questa disposizione, e che se volete dare delle
disposizioni per la emancipazione degli schiavi, le consideriate meglio, meglio le studiate, affinchè possano riuscire
profittevoli a coloro che volete emancipare.
Mi resta ancora a dire qualche cosa relativamente ai principi del diritto penale. In questa questione si sono confusi
gli statuti personali che riguardano la facoltà di obbligarsi,
la validità o l'invalidità della obbligazione, con l'effetto di
stabilire leggi penali fuori del proprio territorio; la cosa è
tutt'affatto diversa. Voi potete accordare ad un cittadino la
facoltà di obbligarsi o no validamente in qualunque paese si
trovi, ma dichiarare delitto un atto che succede fuori del
territorio, e che non solo è permesso nei paesi dove ha
luogo, ma molte volte è necessario, indispensabile, questo
io credo che sia un esempio unico, e che esca assolutamente
dai limiti delle attribuzioni che generalmente si riconoscono
al legislatore e che dettarono l'assioma che extra ferrilorium jusdicenti impune non paretur, e che richieggono la
colpabilità del delinquente perchè si possa assoggettarlo
alla pena, colpabilità che è esclusa dalla necessità dell'atto
vietato.
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Ora, io credo che noi cadremmo precisamente in questo
inconveniente, perchè verremmo a dichiarare delittuosa
un'azione la quale non è tale nel luogo ove si ammette ; e
non solo non è tale, ma è una necessità, perchè, ripeto, colà
non solo la proprietà, ma anche ogni prestazione dei servigi
indispensabili della vita è vincolata a questa condizione.
Supponete, ad esempio, che uno diventi usufruttuario di
un terreno nei paesi in cui è in vigore la schiavitù, pretenderete voi che questo usufruttuario emancipi gli schiavi dopo
tre anni? Questo sarebbe impossibile, perchè egli non è
proprietario, e quindi non può emanciparli; egli ciò facendo
sarebbe obbligato a pagare poi del proprio il valore degli
schiavi, se lo fa; o, per evitare di farlo, dovrebbe rinunciare
all'usufrutto.
Ora, se questo riesce indifferente per una nazione che
abbia poche relazioni coi paesi nei quali è vigente la schiavitù, questo non può esserlo per noi che abbiamo una gran
quantità di cittadini stabiliti nei paesi medesimi. Se dunque
voi volete punire un atto che è l'effetto della necessità, per
diventare umani coi negri, diventerete crudeli coi bianchi,
crudele coi vostri concittadini, mentre io non ho mai sentito
che un'azione che sia conseguenza della necessità possa essere
giustamente punita dal legislatore.
Io prego quindi di restringere, come la necessità della
nostra circoscrizione territoriale lo impone, le disposizioni
di questa legge infliggenti pene a chi contravviene semplicemente agli atti di commercio, ma non estenderle a disposizioni relative alle condizioni di proprietà che sono prevalenti nella maggior parte del globo. Così operando, agiremo
saviamente; altrimenti, daremo troppa preponderanza ai
sentimenti del cuore sopra l'operazione della mente, ed otterremo la sgraziata conseguenza che i nostri concittadini stabiliti nei paesi nei quali è in vigore la servitù, invece di
ritornare, come vi sono spinti dal dolcissimo amor di patria,
al loro paese natio, lo abbandoneranno per s e m p r e , con
grave loro dolore e con danno del paese, della potenza generale del nostro commercio, e della nostra influenza nei
paesi stranieri.
A nome dunque della giustizia, a nome dell'umanità, a nome
delle massime di diritto penale, io vi prego, o signori, di
circoscrivere le disposizioni di questa legge a ciò che riguarda
il commercio, e non estenderle a ciò che riguarda la proprietà in paesi in cui le condizioni di essa non possono in alcun modo essere da noi regolate.
P B E S i n G N T S . Il deputato Bonavera ha la parola.
b o n ì v e k I l . I! discorso fatto dall'onorevole preopinante
ini dispensa di entrare in merito di tstte le obbiezioni che
erano state fatte dai precedenti oratori. Il signor relatore
della Commissione le ha confutate con molta eloquenza.
Egli ha detto e ripetuto tutte le ragioni che io avrei potuto
esporre, quindi non voglio prolungare questa discussione, nè
aggiungere cose a quelle che furono già così saviamente svolte,
epperciò ini accosto alle ragioni da esso esposte.
Postochè ho la parola, dichiaro che non fu mai mia intenzione di estendere la proposizione di soppressione all'arti colo che riguarda la proibizione del commercio dei neri. Si
ritenga che la mia proposizione era tutt'affatto indipendente
da quest'articolo, perchè tutto quanto riflette il commercio
e la tratta dei neri è appunto compreso nell'articolo 3 successivo, e quest'articolo può sussistere indipendentemente
dalla instata soppressione dell'articolo 2. Dimodoché la mia
proposizione di soppressione dell'articolo 2 resta intatta e
giustificata dagli argomenti che sono stati affacciati dal signor relatore della Commissione.
p r e s i d e n t e . li deputato Agnès ha ¿a parola.
A.GNÈ9. Io non mi estenderò lungamente sulle argomentazioni fatte nella seduta di ieri, ma farò semplicemente
appello al senso intimo di qualunque, e chiederò se non sia
sempre un atto illecito quello di mercanteggiare la carne
umana in qualsiasi parte del globo ciò si faccia. Certo nessuno mi negherà questo, poiché al dì d'oggi è c«sa universalmente riconosciuta che il commercio di schiavi, siano essi
neri o bianchi, o di qualsivoglia colore, è veramente un atto
di lesa umanità, un atto altamente immorale. Non v'ha dubbio che le nostre leggi possono proibire ai nostri concittadini
di esercitare, in qualunque paese del mondo si trovino,
questo infame traffico, imperocché ognun sa che le leggi penali colpiscono i cittadini quand'anche delinquano all'estero
e sia che commettano reati contro concittadini, sia che si
rendano rei coatro stranieri. L'articolo 6 del Codice penale
è preciso a questo riguardo; quando ritornano nello Stato se
qualcuno dei nostri concittadini è accusato e convinto di
aver commesso un delitto all'estero anche contro uno straniero, la legge penale lo colpisce.
Per questo appunto io vorrei restringere il divieto delia
legge al solo commercio. Soltanto chi eompra, o vende uno
schiavo fa un atto immorale, ma la semplice possessione di
uno schiavo non presenta lo stesso carattere, perchè uno
schiavo può pervenire a taluno o per successione, o per donazione, o per altro fatto estraneo al commercio, e in queata
idea mi confermano le ragioni così bene esposte nella relazione. lo reputo che noi non dobbiamo neppure occuparci in
questa legge di quanto ha tratto alla trasmissione della proprietà di tutto quello che si va facendo all'estero.
E nostro debito di pensare solamente alle condizioni nostre; noi non abbiamo colonie, tanto meno colonie da schiavi,
come ha la Francia: a chi daremo l'indennità? Quest'indennità non profitterà mai al nostro Stato, ma agli stranieri.
Dunque sarebbe inutile, a parer mio, di occuparci di quanto
è disposto nell'ultimo paragrafo di quest'articolo, e mi sembra più conveniente, più giusto il limitare il divieto alla compra e vendita degli schiavi, la quale di per sè costituisce un
atto immorale.
Vengo ora ad un'altra parte dell'articolo.
Siccome non dubito che la Camera sia per ammettere la
prima parte di quest'articolo, in cui si vieta il commercio
degli schiavi, egli è pur necessario che vi sia una sanzione
penale. Secondo il progetto primitivo, questa penalità si farebbe consistere nella perdita dei diritti civili; secondo il
progetto della Commissione, nella perdita dei diritti politici
e civili inerenti alla qualità di cittadino.
Per ciò che riguarda la perdita dei diritti civili, essa è sempre inerente alla condanna di morte, o de'lavori forzati a
vita, ma non si trova in altri luoghi.
Ma postochè noi siamo qui in una legge appunto penale,*
giacché è incontestabile che, essendovi il divieto, deve essere appoggiato da una sanzione penale, io dico che bisogna
naturalmente uniformarsi alla legislazione vigente.
Or bene, questa perdita dei diritti civili, come anche quella
dei diritti civili e politici come pena principale, io non la
vedo nel Codice penale; vi scorgo bensì l'interdizione dei
pubblici uffici, e mi pare che questa punizione sia bastante.
I diritti civili si perdono anche in modo civile, cioè colla
naturalizzazione all'estero senza permesso, insomma a termini del Codice civile.
Ma se si considera ancora come suddito quel nostro concittadino, il quale farà traffico di schiavi, io domando ancora
perchè dovrà perdere i diritti civili per quel solo fatto. Io
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3107
TORNATA DEL 3 0 MARZO 1 8 5 3
credo dunque che l'interdizione dai pubblici uffici civili sia la
pena che si debbe infliggere. Anzi, io credo che tale sia stata
la mente stessa della Commissione nell'esprimere la perdita
dei diritti politici e civili inerenti alla qualità di cittadino.
Dunque io sarei d'avviso che si debba sostituire la pena
dell'interdizione dai pubblici uffizi a quella della perdita dei
diritti civili. Allorché si commette un reato, è mestieri che vi
sia una sentenza la quale dichiari costante un fatto e condanni alla pena. Non si può incorrere ipso jure nella perdita
dei diritti civili.
Dietro le ragioni dianzi esposte, io stimo che riuscirebbe
inutile tutto il rimanente dell'articolo secondo, e che di più
sarebbe nemmeno il caso di adottare il primo alinea, il quale
statuisce che non incorreranno in alcuna pena coloro che,
avendo comperato schiavi al solo fine di renderli alla libertà,
li avranno effettivamente affrancati, tostochè abbiano potuto
ciò fare in modo legale.
Questo, o signori, sarebbe un mezzo assai agevole per eludere la legge, imperocché tutti coloro che fossero convinti
di aver comperato schiavi, potrebbero dire di aver ciò fatto
nell'intento di porli in libertà.
Nulladimeno io reputo che si potrebbe por riparo a tale
sconcio con un articolo aggiunto, con cui si statuisse che lo
schiavo diventerà libero pel solo fatto di essere stato comperato da un nostro concittadino.
Taluno dirà forse che ciò pugnerebbe col principio della
legge. ïo rispondo che si farà o no il processo contro colui
che ha comprato lo schiavo, ma che intanto questi, pel solo
fatto or mentovato, godrà della libertà.
Io non mi estenderò maggiormente su ciò che concerne
l'ultimo alinea che, secondo il mio senso, va soppresso, perchè appunto sopprimendo la parola possedere, quest'ultimo
alinea resta seiua oggetto, ed io stimo che qui non è il caso
di occuparsi a regolare i diritti di trasmissione di proprietà
all'estero, chè a questo debbono pensare gli Stati in cui sono
situati gli stabili.
«ONNET. Messieurs, il n'est aucun de nous qui n'ait l'esclavage en horreur, quel que soit l'aspect sous lequel il se
présente, quelles que soient les races qu'il concerne. Aussi,
lorsque le Gouvernement nous présente un projet de loi pour
la répression de la traite des noirs, pour prohiber le commerce des esclaves, il ne saurait y avoir dans cette enceinte
qu'une seule voix pour applaudir, quoique cette loi puisse,
jusqu'à un certain point, s'appeler chez nous une loi de luxe,
qui, pour cette raison, aurait dû laisser le pas à d'autres lois
vitales pour notre pays; mais elle consacre un principe qui
est dans nos cœurs. Ainsi ne nous plaignons pas trop de devoir employer quelques séances à sa discussion.
Cependant, si l'on admet cette loi en principe, il faut aussi
que chacun de ses articles soit empreint du sceau de l'équité,
il faut respecter les droits acquis. Pour ce motif je ne saurais
admettre, tel qu'il est conçu, le troisième alinéa de l'article
second, maintenant en discussion.
Messieurs, sans donner une indemnité au propriétaire de
terrain dont Texploilation ne peut avoir lieu que par le
moyen des esclaves, le Parlement ne saurait voter une loi qui
l'oblige à vendre ce terrain et les esclaves qui y sont attachés,
même en lui donnant le terme de deux ans après la promulgation de celte loi; car cette vente forcée serait toute au détriment du sujet sarde, parce que les autres européens, connaissant l'obligation dans laquelle il se trouve, ne lui donneraient jamais, pour l'acquérir, la juste valeur de sa propriété.
Donc les sentiments de l'équité veulent que le Gouvernement indemnise.
Dans la séance d'hier, monsieur le député Valerio nous
disait qu'aucune indemnité n était due, parce que des lois
préexistantes prohibaient ce commerce. Si ces lois existenj
réellement, que faut-il en deduire?... Qu'elles ont été jusqu'à
ce jour une lettre-morte; que le Gouvernement n'avait pas
les moyens de les faire observer, ou ne le voulait pas, et,
par suite, qu'il en sera de même de la loi en discussion.
Messieurs, soyons positifs, laissons de côté les déclamations et certains mots sonores qui ne laissent pas que de bien
figurer dans les journaux, et n'ayons pas la prétention, dans
cette matière, de devancer les grandes nations. Pensons que
cet alinéa qui ne fera pas qu'il existe un esclave de moins,
atteindra au contraire, s'il peut être ans à exécution, nos
commerçants dans leurs intérêts, au profit d'autres commerçants européens appartenant à des Gouvernements qui, aussi
humanitaires que nous, savent mieux que nous apprécier les
circonstances et les lieux.
Je voterai donc contre le troisième alinéa de l'article second, dans sa rédaction actuelle, sauf que le Gouvernement
se sente en position de fixer une indemnité compétente aux
individus contre lesquels cet article ferait exercer une véritable spoliation. Autrement, je suis d'avis que cet alinéa devrait se réduire aux seulesexpressions suivantes: « La proibizione di possedere o vendere schiavi non è applicabile a
coloro che attualmente ne possedessero in paese straniero,
addetti ai loro predi! particolari. »
wjl&erio. Se noi possedessimo delle colonie coltivate
per mezzo di schiavi, augurerei molto male della loro sorte,
chè il discorso dell'onorevole Farina sarebbe venuto a legittimarvi pienamente la schiavitù.
Tutto quello che egli ha detto è una ripetizione delle parole di Granier de Cassagnac, quando, delegato delle colonie,
parlava contro la loro emancipazione.
Ma, grazie a Dio, è venuto in Francia il momento in cui le
dottrine dei Granier de Cassagnac e consorti hanno perduto
il credito, e con un atto che da taluno può essere chiamato
imprudente, ma che io proclamo altamente onorando per la
Francia, fu abolita la schiavitù nelle colonie da essa possedute.
Se la caduta seconda repubblica francese non avesse fatto
altro per accaparrarsi l'amore e la riconoscenza dell'umanità,
basta quest'atto solo perchè ella venga registrata nelle pagine della storia con onore, e sia compianta da tutti quanti
amano l'umanità.
L'onorevole deputato Farina, facendoli processo all'emancipazione, e difendendo la schiavitù sotto certi rapporti, è
venuto a dimostrare quanti irreparabili danni siano accaduti
nelle colonie francesi quando il decreto della repubblica
emancipava in quelle colonie gli schiavi. Io comincierò per
dirgli che ogni passaggio da una legislazione ad un'altra deve
certamente condurre un qualche inconveniente; ma egli ha
dimenticato di accennare quali sono state le ultime conseguenze di quest'emancipazione. Se egli leggesse le tavole commerciali della produzione delle isole francesi, vedrebbe che
in alcuna di quelle colonie la produzione dello zucchero, che
è la derrata più importante di esse, è cresciuta, e sta per
superare quella del 1846 e 1847, quando cioè il lavoro degli
schiavi, che prima era creduto il solo possibile in quelle isole,
era riconosciuto dalla legge.
Ma noi, grazie a Dio, non abbiamo alcuna colonia coltivata
cogli schiavi. Dunque neanco i passeggeri inconvenienti segnalati dall'onorevole Farina relativamente all'emancipazione degli schiavi, non li abbiamo a temere. Poniamo che
la legge fosse da noi votata, e fosse posta in esecuzione. Che
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8108
CAMERA DEI DEPUTATI —
cosa accadrebbe? Accadrebbe che forse in d u e , t r e o q u a t tro punti dei t e r r i t o r i o americano alcuni p r o p r i e t a r i sarebb e r o costretti a m e t t e r e in libertà i loro schiavi.
Ma v o r r e b b e ciò dire che quelle proprietà s a r e b b e r o p e r d u t e ? V o r r e b b e ciò dire che il loro possessore sarebbe r o v i nato? V o r r e b b e ciò dire che quegli schiavi m o r i r e b b e r o di
f a m e ? Gli esempi quotidiani c'insegnano che questo non è.
Non passa giorno, che nei paesi coltivati p e r mezzo della
schiavitù non vi siano p r o p r i e t a r i , i quali, ridotti al t e r m i n e
della vita, sotto la sferza del r i m o r s o che li c o r r o d e , lasciano
p e r t e s t a m e n t o la libertà ai loro schiavi. E vuol dire questo
che quelle p r o p r i e t à rimangano senza alcun valore? Vuol
dire q u e s t o che in quei paesi nascano grandi disordini, e
che gli schiavi corrano precipitosi a pigliare il fucile ed a fare
il brigante, come diceva l'onorevole d e p u t a t o Farina ? Noi
leggevamo, non è molto, il t e s t a m e n t o di uno dei più grandi
uomini di Stato dell'America del n o r d , il q u a l e , piegando
davanti alla necessità politica, aveva in tutta la sua vita difesa la schiavitù. Ebbene, egli, m o r e n d o , emancipava tutti
gli schiavi che e r a n o n e ' s u o i p o d e r i ; e c e r t a m e n t e egli non
a v r e b b e fatto questo, se avesse creduto che la sua p r o p r i e t à
s a r e b b e stata rovinata, o se avesse creduto che i suoi schiavi
s a r e b b e r o morti di f a m e , o, che è peggio, s a r e b b e r o d i v e n tati assassini, grazie alla libertà che egli loro, m o r e n d o , r e stituiva.
Se i nostri concittadini i quali sono p r o p r i e t a r i di schiavi
in alcune p a r t i del globo, obbedendo a questa legge emancip e r a n n o gli schiavi, che cosa potrà loro accadere? Accadrà
che f a r a n n o lavorare i loro fondi per mezzo di uomini l i b e r i ;
e siccome non vi ha p a r t e del mondo nella quale una p a r t e
della proprietà non sia coltivata col lavoro libero, q u e s t a p e r dita assoluta del valore di cui si facevano i compianti, e per
cui si chiedevano indennità alla nazione, non si verificherà
a loro danno.
L'onorevole d e p u t a t o Farina è venuto e n u m e r a n d o i gravi
danni che p e r v e r r e b b e r o da questa legge ai nostri concittadini, e g u a r d a n d o all'America meridionale, dove molti Liguri
vanno peregrinando e cercando lavoro, ha detto che tutti
s a r e b b e r o rovinati.
P r i m a di t u t t o io die© che questi nostri Liguri non vanno
nelP America meridionale p e r c o m p e r a r e degli schiavi, ma
vi vanno piuttosto per subire essi stessi (mi si perdoni q u e sta antitesi) la schiavitù del lavoro libero. Sono povera gente,
che vanno a cercar lavoro. I più sono lavoranti e m e s t i e r a n t i , i quali vanno ad a d o p e r a r e là le braccia più u t i l m e n t e ,
che n o n lo p o t r e b b e r o f a r e nella loro t e r r a nativa : dimodoché p e r questi tutti i gravi danni che il d e p u t a t o Farina a n dava e n u m e r a n d o non sono p u n t o da t e m e r s i . Ma dirò di
p i ù : se non vado e r r a t o , in una gran p a r t e dei paesi che citava l'onorevole d e p u t a t o F a r i n a , la schiavitù non esiste.
Credo che nella repubblica dell'Uruguay la schiavitù non
sia conosciuta, come credo non lo sia nello Stato di BuenosAyres, e nei paesi del Rio della P i a t a ; è conosciuta nel B r a s i l e , ma è a p p u n t o noi Brasile che va la minor p a r t e dei
nostri concittadini, e vi va non p e r c o m p r a r e schiavi o poss e d i m e n t i , ma per lavorare : ciò che prova che anche nei
paesi dove esiste ancora la schiavitù, il lavoro libero è compensato, che i poderi possono essere coltivati mediante il lavoro libero, e, grazie a Dio, questa condizione di cose esis t e n d o , spero che noi vedremo ancora, d u r a n t e la nostra vita,
scomparire del tutto la schiavitù, anche in quelle t e r r e così
favorite dalla n a t u r a sotto altri aspetti.
A nome d e l l ' u m a n i t à , l'onorevole deputato Farina è r e n u t o
supplicando la Camera a non voler distruggere la schiavitù,
—
SESSIONE DEL 1852
perchè gli schiavi emancipati m o r i r e b b e r o di fame, sarebbero perduti. Ei diceva che bisognerebbe prima istituire d e gli ospedali, che bisognerebbe prima insegnare loro a leggere.
Ma, se questo fosse vero, io domanderei come accadrebbe che
nei paesi dove esiste la schiavitù i p r o p r i e t a r i abbiano c r e d u t o dovere far leggi colle quali è comminata la pena di
m o r t e a chi insegna a leggere ad uno schiavo. Se questo
fosse vero, io chiederei perchè in quei Codici draconiani sono
scritte t a n t e e tante penalità contro coloro che tentassero di
sfuggire alla schiavitù. Se questa libertà improvvisa all'uomo
fosse tanto pericolosa da porlo a pericolo di morir di f a m e ,
d ' o n d e quel numero immenso di negri marroni
che s f u g gono dalla schiavitù, che si espongono a gravissimi pericoli,
ad essere cacciati come cani, come belve selvagge, a pericoli
di duri tormenti e della m o r t e stessa, a p p u n t o per fuggire a
quella, che è quasi designata dalle parole dell'onorevole d e putato Farina come un benefizio? Se questo fosse v e r o , p e r chè si v e d r e b b e r o molti schiavi raccogliere qualche somma
di danaro p e r emanciparsi essi medesimi? Come si vedrebbe
quella quantità immensa di processi che si leggono nei g i o r nali americani contro schiavi ehe tentano di fuggire dalle
mani dei loro p a d r o n i ? L ' u m a n i t à non è mai separata dalla
giustizia.
Ora, la giustizia non può concedere che un uomo diventi
p r o p r i e t à di un altro uomo, ma vuole che i suoi diritti siano
r i s p e t t a t i , e che l'uomo sia libero d o v u n q u e egli viva.
Noi questo non lo possiamo fare per tutti, ma lo possiamo
fare per i nostri concittadini. Nessuna p a r t e della nostra legislazione passata autorizzava un cittadino sardo a farsi comp r a t o r e di schiavi. P e r conseguenza, quando egli trafficava
schiavi violava la legge. Noi con q u e s t a , che stiamo discut e n d o , lo richiamiamo all'obbedienza delle leggi generali
dello Stato, e quindi non gli dobbiamo nessuna indennità.
Quando egli ha l'onore di essere cittadino di uno Stato libero,
non può farsi m e r c a n t e di c a r n e u m a n a . Se egli presceglie
questo commercio, allora rinunci ai diritti ed alla cittadinanza
p i e m o n t e s e , e continui p u r e l'infame suo mercato. Ecco quali
sono le conseguenze della legge che stiamo discutendo, e non
già quelle altre che andavansi e n u m e r a n d o .
Masi d i c e : voi questa legge non p o t r e t e applicarla, p e r chè dovrà essere applicata in paesi dove la schiavitù è riconosciuta dalla legge.
N o : noi non potremo a n d a r e a p r e n d e r e questi nostri concittadini per tradurli dinanzi ai nostri t r i b u n a l i e farli c o n d a n n a r e come mercanti e proprietari di schiavi; ma noi p o s siamo e p e r mezzo dei nostri consoli, e per mezzo dei nostri
t r i b u n a l i dichiarare infame e indegno della cittadinanza sarda
chi si m a n t i e n e p r o p r i e t a r i o di schiavi, chi si fa m e r c a n t e
d ' u o m i n i . E questo con molta generosità non separata da
senno politico, scriveva nella legge il S e n a t o ; questo saprà
votare la Camera dei deputati, che non vorrà essere inferiore
al Senato in cose che r i g u a r d a n o l'onore della nazione. (Bravo !
dalle
gallerie)
p r e s i d e n t e . Il d e p u t a t o Astengo ha la parola.
a s t e n g o . Cedo il mio t u r n o al d e p u t a t o F a r i n a .
p r e s i d e n t e . Allora ha la parola il deputato Farina.
f i B i N i p a o l o , relatore. V e r a m e n t e io non saprei stare
qualche tempo sotto l'impressione della tirata dell'onorevole
d e p u t a t o Valerio. 0 che io ho avuto la disgrazia di essermi
spiegato molto male, o che il d e p u t a t o Valerio ha voluto
f r a n t e n d e r e i miei detti per aver occasione di esprimersi
molto e l o q u e n t e m e n t e , ma molto fuori di proposito, in favore
della libertà.
Infatti, signori, io non ho mai d e t t o che la schiavitù si
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TORNATA DEL 3 0 MARZO 1 8 5 3
debba mantenere, e che sia una cosa lodevole; io non mi piombare quei poveri schiavi in una orribile miseria, esposono mai fatto l'apologista della schiavitù; ho detto che nendoli a riassumere delle abitudini che sono contrarie alquando si vuol dare la libertà, la si deve dare con quelle l'ordine: questo si è verificato al Senegal, colonia francese ; e
condizioni che riesca proficua a coloro a cui vantaggio è de- 10 potrei facilmente mostrare colla storia, se non mi fosse
stinata. Questo ho detto non solo colle parole, ma questo ho caduto qui sotto il libro in un modo che non lo posso più
fatto vivamente risaltare dal complesso della mia relazione, prendere. (Ilarità generale)
nella quale ho esaltate con Mac-Culloc le disposizioni che
Vede dunque l'onorevole Valerio che, lasciando a parte le
furono date dal Governo inglese per efficacemente procurare declamazioni, non siamo contrari ; io non sostengo la schiaquesta libertà.
vitù, tutto al contrario la desidero abolita; ma dico che nello
L'onorevole Valerio, che ha un dono che io non possiedo, stato in cui si trovano quei paesi, la disposizione che noi poche è quello della precisione, ha letto quello che ho detto tremmo prendere dall'un canto non riescirebbe vantaggiosa
relativamente alle conseguenze dell'abolizione della schia- per quei poveri disgraziati, mentre dall'altro riescirebbe gravitù senza le debite cautele nelle colonie francesi nella rela- vemente dannosa ai nostri connazionali. La condizione poi di
questi connazionali divien tale, che s'impedisce loro di rienzione del signor Granier de Cassagnac.
Io non conosco tale relazione; ma, o dessa è anteriore al- trare in patria; ora, è vero che questi connazionali vanno là
l'abolizione della schiavitù nelle colonie francesi, ed in allora poveri, ma è vero altresì che essi ritornano in patria, se non
non so come possa contenere la descrizione di quello che ricchi, almeno forniti di qualche somma di danaro, frutto del
successe dopo; od è posteriore, ed in questo caso se quanto loro lavoro in sul principio, e più tardi della coltivazione che
ai fatti conferma i miei detti, non vedo come mi possa es- intraprendono, e delle industrie a cui si danno, e che esersere opposta. Quanto poi alla tendenza, se essa è diretta a citano colla cooperazione degli schiavi.
fare ristabilire la schiavitù, non so cosa possa avere di coBen lungi dunque dal difendere la schiavitù, io assicuro
mune col mio assunto, tendente inveee a mostrare la neces- l'onorevole Valerio che, se noi avessimo delle colonie, prosità di disposizioni opportune concomitanti l'abolizione della porrei che la schiavitù vi venisse abolita colle debite inden»
schiavitù medesima. Quanto alle mie asserzioni relative alle nità, e colle debite precauzioni ; ma che, non avendo noi mezzi
conseguenze della misura adottata nelle colonie francesi, io di usare queste misure, e queste precauzioni non essendo
ne ho raccolti i fatti dalla relazione del signor Valdek-Rous- state prescritte nelle disposizioni della legge attuale, qual è
seau, fatta all'Assemblea francese il 29 luglio 1848, e que- questa, non può che riescire a danno, anziché a vantaggio
sta relazione il deputato Valerio può trovarla nel Monitore, degli schiavi s'essi.
dove si leggono le seguenti espressioni che sono ad un diPRESIDENTE. Ha la parola il deputato Astengo.
presso quelle di cui mi sono servito io:
a s t e n g o . Signori, convien dire che questo progetto di
« De l'avis de tous, nos colonies sont menacées d'une di- legge sia nato sotto l'influenza di una cattiva stella; ma, se
sette qui peut-être a déjà exercé des ravages sur divers 11 primo ed il secondo articolo hanno suscitate tante obbiepoints. Bien que les Antilles jouissent de l'avantage considé- zioni ed hanno fatto nascere tante difficoltà, io mi lusingo che
rable de faire à-peu-près leurs vivres; pourtant, ensuite de riusciremo a votare con maggior prestezza gli articoli sucla proclamation inattendue et subite de la liberté des escla- cessivi.
ves, par l'absence de toute préparation à une transformation
Dalle diverse discussioni fatte oggigiorno si ricavano tre
qui embrasse la partie la plus considérable de la population sistemi.
coloniale, des désordres de tout genre se sont produits. Ala
Vi è chi vorrebbe abolito assolutamente l'articolo secondo;
Martinique, à la Guadeloupe, le travail a presque cessé. Dans altri vorrebbe proibire soltanto il commercio degli schiavi,
certaines localités les récoltes, près de parvenir à leur ma- senza estendere la proibizione al solo fatto del loro possesso;
turité, ont été ravagées, et ces possessions, prospères il y a vi è finalmente chi vorrebbe conservare l'articolo secondo
quelque mois encore, sentent déjà la misère peser sur elles, come venne proposto dalla Commissione, sopprimendone però
etc., etc. »
l'ultimo alinea.
Ma io non poteva leggere questa relazione del signor
Facendo io parte della maggioranza della Commissione, mi
Granier de Cassagnac prima che i fatti si avverassero. L'ono- sento in debito di dare alcune spiegazioni onde far conoscere
revole deputato Valerio ha creduto che queste conseguenze alla Camera quale sia stato il principio razionale che ci guidò
fossero avvenute nonostante le disposizioni della legge fran- nell'adottare le diverse disposizioni delle quali si compone
cese, ed egli ha esaltato la sapienza dei legislatori francesi, quell'articolo, e spero che da tali spiegazioni si potrà desued io faccio eco alla sapienza loro. Ma che cosa avevano fatto mere quanto basti per venire ad un temperamento che sia acessi? Sapendo che in molte colonie non vi erano scuole, per- cettabile dalla Camera.
chè in forza di leggi che pesavano sopra dei negri, essi non
Chiamata la Commissione a studiare il progetto di legge
sapevano leggere ; e sapendo che non avevano ancora tutte votato dal Senato, non volle certamente restringere, ma piutle qualità per mantenersi in libertà, provvidero alla loro tosto allargare la proibizione di un commercio così barbaro
emancipazione con apposito decreto:
ed immorale, come è quello degli uomini ridotti a schiavitù.
1» Allo stabilimento di scuole ; 2° a stabilimenti per racEssa impertanto cominciò ad accettare il primo alinea delcogliere gl'infermi ed i vecchi ; 3° alla istituzione di feste l'articolo secondo che proibisce a qualunque cittadino, anche
del lavoro; 4° a magistrati che tutelassero i contratti di que- in paese straniero, di possedere, comperare, o vendere schiavi,
gli emancipati, perchè altrimenti essi sarebbero stati coi con- o di prendere parte sì direttamente che indirettamente a
tratti ridotti a uno stato peggiore della schiavitù.
qualunque commercio di questo genere.
E qui giova notare che lo scopo di questa legge non è
Provvidero a tutto questo a cui noi punto non provvediamo, ed è appunto perchè non vi provvediamo, che, se vo- già quello di abolire la schiavitù, poiché noi non abbiamo cogliamo fare una legge la quale riesea veramente vantaggiosa lonie nelle quali vi siano schiavi, e per conseguenza non posalla emancipazione degli schiavi, conviene accompagnarla siamo abolirvi la schiavitù ; il vero suo scopo fu ieri accencolje necessarie cautele, altrimenti si correrebbe rischio di nato dall'onorevole Bellone, ed oggi dall'onorevole depu-
— 3110 —
CAMERA DEI DEPUTATI
tato Agnès. La legge tiene dietro al cittadino che si porta all'estero, e proibendogli l'esercizio di un commercio infame,
10 punisce come merita ov'egli trasgredisca alle sue prescrizioni. Questo sistema, come venne osservato dall'onorevole
deputato Agnès, è in armonia colle nostre leggi generali,
mentre nell'articolo sesto del nostro Codice penale è punito
11 suddito che commetta fuori del territorio dei regi Stati un
crimine tanto contro un suddito, quanto contro uno straniero.
Non è dunque necessario, per esercitare il diritto di punizione
contro un suddito, che egli si renda reo di un misfatto nel
territorio dello Stato, o all'estero, contro la persona di un
suddito.
Passando dalle leggi generali alie speciali, io rammenterò
alla Camera l'articolo 104 del regolamento penale sulla marina mercantile in data 13 gennaio 1827, il quale, comunque
concepito in termini meno chiari ed assoluti, punisce ad ogni
modo la tratta ed il commercio di schiavi all'estero.
Io credo poi che in questo recinto non sorgerà alcuno per
combattere il progetto là dove proibisce e reprime la tratta
dei neri ; ed infatti, per quanti oratori abbiano già preso la
parola sui primi due articoli, nessuno ha rivocato in dubbio
s e si debba o no punire chi si fa reo di quell'infamia. Ebbene
la tratta dei neri si fa fuori Stato, e sopra persone che non
appartengono allo Stato.
È dunque consentaneo ai principii di diritto che già ci reggono, che la legge, seguitando il cittadino all'estero, gli vieti
severamente di prendere parte al commercio degli schavi.
In quanto alla pena da applicare, l'onorevole deputato Agnès
non vorrebbe accettare il progetto delia Commissione, e bramerebbe adottare la pena dell'interdizione dai pubblici uffizi.
A questo proposito io noterò che la legge francese del 27 a prile 1848, dalla quale ricavò il Senato l'articolo secondo del
progetto cadente in discussione, sancisce contro coloro che
all'estero possedono, comprano o vendono schiavi, la pena
della perdita della cittadinanza. La Commissione impertanto
ha ravvisato opportuno di adottare la pena della perdita dei
diritti politici e dei diritti civili inerenti alla qualità di suddito, anziché seguitare il progetto adottato dal Senato che porta
la pena della perdita dei soli diritti civili in genere. E qui
io debbo osservare, in risposta all'onorevole deputato Agnès,
che inutilmente egli cercherebbe nel nostro Codice penale la
pena della perdita dei diritti politici, perchè quando quel Codice fu compilato e promulgato, noi non godevamo ancora di
siffatti diritti. In quanto poi ai diritti civili, non abbiamo in
tutta la nostra legislazione una disposizione che li definisca;
nè ciò può arrecare meraviglia, perchè nemmeno i cultori
della scienza sono finora d'accordo su tale punto. Quindi il
Codice civile ha privato il condannato a morte di quei diritti
che indicò ad uno ad uno nell'articolo 44, privandolo perfino
del possesso e del godimento dei suoi beni, e prescrisse nell'articolo successivo che le leggi penali avrebbero determinato le altre pene, l e quali avrebbero portato in tutto od in
parte la perdita di quei diritti.
Egli è perciò che la Commissione, non volendo estendere
tanto oltre la pena da privare di tutti i diritti contemplati
nell'articolo 44 del Codice civile chi si rende reo del commercio di schiavi, adottò, quanto ai diritti civili, le espressioni usate nell'articolo 34 di esso Codice.
In sostanza, secondo il progetto, la legge parla così al cittadino che all'estero fa il commercio degli schiavi : « Voi
siete indegno di godere nello Stato dei diritti politici e di
quei diritti civili che io non accordo che ai miei cittadini.
Voi godrete solo dei diritti che accordo agli stranieri, ma io
più non vi accordo il godimento di quelli dei quali vi rende-
SESSIONE DEL 1852
ste indegno. » Questo sistema mi pare preferibile a quello
che proporrebbe l'onorevole deputato Agnès, che vorrebbe
limitare la pena alla interdizione dai pubblici uffìzi.
Non parmi nemmeno che si possa aderire all'opinione di
coloro che vorrebbero soppresso per intiero l'articolo secondo
del progetto, perchè allora la legge sarebbe incompleta, e,
direi quasi, poco conseguente.
Essa infatti punirebbe severamente chiunque partecipa in
qualche modo al reato della tratta, e lascierebbe poi impunito colui che vi porge l'occasione e ne raccoglie i frutti.
Mantenendo il primo alinea dell'articolo, salvo quanto
sarò per dire in ordine al solo fatto del possesso, non si può
a meno di accettare il secondo alinea, che dichiara esenti
da ogni pena coloro che, avendo comperato schiavi al solo
fine di renderli alla libertà, gli avranno effettivamente affrancati, tostochè abbiano potuto ciò fare in modo legale.
Qui terminava il secondo alinea del secondo articolo del
progetto adottato dal Senato; ma la vostra Commissione previde appunto l'inconveniente accennato dall'onorevole Agnès,
la facilità cioè di far frode alla legge invocando all'opportunità la detta esenzione ; ed è perciò che ha proposto un'aggiunta che toglie la possibilità della frode, dichiarando che
la detta disposizione * non potrà essere invocata nel caso di
tratta di neri, od anche di semplice trasporto per mare di
schiavi fra i vari luoghi nei quali è in vigore la schiavitù. »
Venendo a) terzo alinea, in cui si hanno disposizioni transitorie, si trattava di vedere se la proibizione di possedere
schiavi dovesse colpire immediatamente chiunque al tempo
della pubblicazione della legge avesse schiavi all'estero, lo
credo che non si potesse a meno di accordare un tempo entro
cui il cittadino potesse spogliarsi di quel possesso. Se egli restasse colpito immediatamente senza alcuna dilazione, siccome allora non potrebbe salvarsi dalla pena in nessun modo,
così non avrebbe più interesse a spogliarsi in avvenire del
reo possesso, ed anzi avrebbe interesse a tenersi per sempre
gli schiavi, perchè ciò non scemerebbe il suo patrimonio, e
non aggraverebbe la pena incorsa. Quindi, e per giustizia e
per convenienza, bisogna accordargli un tempo sufficiente a
partire dalla data della legge, adottando così quel temperamento che fu adottato in Francia colla legge del 27 aprile 1848.
In questa legge fu accordato il termine di tre anni ; ma siccome
il Senato ha creduto che bastassero due anni, la Commissione
non trovò motivo alcuno che consigliasse di variare su tale
punto il progetto.
La Commissione vagheggiò benissimo l'idea di dichiarare
a dirittura liberi gli schiavi che i nostri cittadini possedessero
all'estero. Ma questo suo pensiero fu attraversato da una
gravissima difficoltà, dirò anzi dalla impossibilità. La legge
può seguitare il proprio sudditto anche all'estero, regolandone la capacità personale e vietandogli di fare il male sotto
le pene da essa inflitte ; ma essa non può comandare sul territorio estero. Quando dice ai suoi cittadini: se voi commetterete il tale ¡reato, io vi priverò del tale diritto, essa
non esce dai limiti delia propria competenza, e può applicarsi la pena comminata ancorché il cittadino non rientri
nello Stato, essendo provveduto abbastanza nella procedura
criminale al caso di contumacia. Ma se gli dicesse: gli
schiavi che possedete all'estero sono da me dichiarati liberi,
essa farebbe una dichiara senza effetto; poiché, non ostante il
volere della legge, quegli schiavi continuerebbero a rimanere nella schiavitù regolata e protetta dalle leggi del luogo
in cui si trovano. Quindi nessuna utilità a proclamare u n
principio che non può avere la sua esecuzione. Dovendosi
adunque adottare un ripiego, venne dapprima esaminato ii
-
3111
TORNATA DEL 3 0
sistema dei progetto, ricavato dalla legge francese, secondo
il quale chi già possiede schiavi all'estero avrebbe il termine
di due anni entro cui debba venderli od emanciparli. Questo sistema non piacque alla vostra Commissione, che non
poteva assolutamente acconsentire nell'idea di autorizzare
anche per soli due anni un atto cosi immorale come è quello
della vendita di un uomo. Dovette quindi fare un passo più
in là e lasciare indietro la legge francese.
Bisognava inoltre provvedere al caso in cui un cittadino
sardo acquisti schiavi dopo la promulgazione di questa legge,
non per propria volontà, ma per necessità di circostanze. I!
progetto del Senato, conformandosi alla legge francese aveva
stabilito che non si sarebbe applicata la proibizione a coloro
che acquistassero schiavi per successione, donazione o matrimonio, se non quando ne ritenessero il possesso per oltre
dueanni. Aochequisi verificava l'inconveniente di permettere
per due anni il commercio degli schiavi, e nemmeno si superavano le difficoltà.
A parte infatti il riflesso che, anche nei casi di successione,
di donazione o di matrimonio, concorre il consenso dell'erede,
del donatario e dello sposo, se, ad ogni modo, si credeva che
tali casi meritassero un'eccezione, bisognava estenderla più
oltre, al caso, cioè, in cui un individuo fosse obbligato per
necessità a farsi aggiudicare giudisialmente degli schiavi in
pagamento de' suoi crediti; ed ammessa l'eccezione per tale
aggiudicazione, conveniva estenderla ancora alla dazione in
paga fatta volontariamente dal debitore, come notò opportunamente il deputato Bonavera nella seduta di ieri. Ed invero
sarebbe cosa troppo dura il voler impedire ai nostri connazionali di farsi pagare in quei modi che, dalla legge del paese
ove si trovano, vengono autorizzati.
Ria, se ammettiamo l'eccezione per la dazione in paga, noi
apriamo il campo alla frode. Tutti troveranno modo di comprare schiavi impunemente, imperciocché è cosa facilissima
dare la forma di dazione in paga ad un contratto di vendita,
fingendo uh debito preesistente fino a concorrenza del
prezzo della vendita. Con questo mezzo era fallito lo scopo ;
ed abituandosi il cittadino a far frode alia legge, si demoralizzava.
In questo stato di cose, la Commissione credette inaccettabile il sistema del progetto, e dovette proporne un altro.
Quello che ha proposto lo fondò sopra il seguente ragionamento: io non posso in alcun modo permettere l'iafame
commercio degli schiavi; io non posso per conseguenza acconsentire che un cittadino possa per qualunque causa comprare o vendere nn suo simile. Ma, allorquando egli o non
compra o non vende Io schiavo, ma compra un fondo al
quale sono uniti degli schiavi, in allora il suo contratto non
ha per oggetto la persona degli schiavi, ma si raggira sopra
un fondo di cui gii schiavi non sono che un accessorio, Partendo da questa idea, h Commissione fu d'avviso che si debba
permettere ai nostri cittadini di comprare fondi all'estero,
sebbene vi siano annessi schiavi, eoo che però entro lo spazio
di due anni si spoglino del possesso di detti schiavi o liberandoli o rivendendo lo stabile.
La Commissione non potè dissimulare che anche il suo sistema presenta degl'inconvenienti ; ma ad ogni modo lo credette preferibile al primo, in oggi, dietro la discussione che
ebbe luogo, pare a aie che si potrebbe proporre un terzo
sistema, che sarebbe forse meno difettoso degli altri, e potrebbe conciliare le opinioni espresse in diverso senso da
alcuni oratori.
L'onorevole relatore della Commissione ha testé manifestato la sua particolare opinione, conchiudendo che dovrebbe
MARZO
18Ò3
restringersi la proibizione agli atti di commercio, vale a dire
agli atti di compra e vendita degli schiavi. L'onorevole Agnès
ha aderito in questa parte all'opinione del relatore, proponendo che si tolga la parola possedere dal primo alinea dell'articolo 2, sopprimendo gii altri alinea.
Io mi accorderò con lui, perchè sia soppresso l'ultimo alinea,
ove venga tolta dal primo alinea la parola possedere;ma
non
posso acconsentire che sia soppresso il secondo alinea che
provvede al caso in cui uno acquisti schiavi nell'intendimento
di liberarli.
Togliendo la proibizione di possedere, e vietando solo la
compra e vendita, evitiamo latte le gravi difficoltà alle quali
si cercò di provvedere coll'ultimo alinea. Propongo impertanto, d'accordo con molti dei miei colleglli, che venga soppressa la parola possedere che si trova in principio dell'articolo, e sia pure soppresso l'ultimo alinea, mantenendo i due
primi. Se non posso avere meco tutti i membri della Commissione, concorre però in detto emendamento la maggioranza della medesima,
jpuesioeste. Parla a nome della Commissione?
astesì«©. Parlo a nome della maggioranza della
Com-
missione.
i i o x r Domando la parola per fare alcune osservazioni.
p r e s i d e n t e , li ministro di grazia e giustizia ha la parola,
BON-COMPA&NI,
ministro
di grazia
e giustizia.
Nella
lunga discussione a cui diede luogo l'articolo 2, vennero poste in campo due questioni. L'una è se Se nostre leggi potessero proibire il possesso e la compra o vendita di schiavi
in paesi nei quali è ancora in vigore la schiavitù. Io stimo
inutile di entrare nuovamente in essa, giacché non credo si
possa tenere in dubbio il voto che la maggioranza della Camera sarà per dare. Io accetto quindi intieramente le due
prime parti dell'articolo 2. Nè mi farò ad esaminare le obbiezioni che sono state mosse, poiché alle medesime ha già
abbastanza risposto il discorso dell'onorevole preopinante.
Yi è poi la seconda questione, la quale all'atto pratico è
molto difficile. Occorrono dei casi in cui nessuno di noi può
riguardare come fatto criminoso il possesso di schiavi.
Tale è il fatto di chi li possiede prima della promulgazione
delia legge; tale il fatto di chi ne diviene possessore per successione, per donazione, per matrimonio e, come aggiungeva
ieri l'onorevole Bonavera, per aggiudicazione. In questi casi
che cosa dobbiamo fare noi? Non vi hanno che tre partiti i
quali mi sembrano possibili : o vietare l'acquisto e la vendita,
o permettere il possesso, od obbligare il possessore all'emancipazione.
10 credo che non si possa seguire nè l'uno nè l'altro di
questi due primi partiti, perchè entrambi distruggono ua
valore che è stato legittimamente acquistato. Stimo non occorra dimostrare per quanto riguarda quello di obbligare il
possessore all'emancipazione. Quando poi si volesse vietare
la vendita di una cosa posseduta, di cui le leggi del paese
autorizzano il possesso, evidentemente si distruggerebbe un
valore. Ora, io credo che in nessun caso sia lecito distruggere
una proprietà, quand'anche fosse d'iniquo acquisto, senza
dare un risarcimento.
In questa questione di risarcimento io credo inutile di en®
trare, perchè è praticamente impossibile.
11 progetto della Commissione non riguarda che un caso5
quello di schiavi che fossero addetti ad un predio, il quale,
nella fattispecie a cui vogliamo provvedere, è il caso più
grave. Ma degli schiavi i quali fossero posseduti senza essere
attaccati ad un predio non si fa menzione»
— 3112 —
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1852
Quindi i legislatori inglesi e francesi si trovano a fronte di
Io non credo adunque che quest'articolo, quale è proposto
dalla Commissione, provveda sufficientemente. Perciò, adot- un diritto, iniquo sì, ma pure stabilito e di un grave fatto,
tando le due prime parti di esso, insisterei per l'adozione quello di uno sterminato numero di loro concittadini, che in
forza di quel diritto si erano sparsi sulla superficie di quelle
della terza parte di quello adottato dal Senato.
lo faccio osservare, o signori, che questa redazione è, vaste e lontane colonie: era quindi per quei legislatori imcome avvertì or ora l'onorevole deputato Astengo, la stessa possibile di sottrarsi a quegli espedienti di transazione nel
che fu adottata dai legislatori francesi del 1848, tranne che passaggio dall'uno all'altro principio diametralmente fra loro
ivi si poneva il termine di tre anni, e qui si stabilisce quello opposti,
L'Inghilterra, che prima addivenne, ed in tempi normali,
soltanto di due.
Se noi ci dipartiamo da questo sistema, io vi ripeto che all'abolizione della schiavitù, credè bene di adottare il prindistruggiamo il valore che sta nelle mani del possessore de- cipio della progressività, cioè di preparare a poco a poco
alla razza dei neri delle sue colonie il passaggio dallo stato
gli schiavi.
Io vi fo presente una considerazione sola. La legge fran- di schiavitù a quello di liberi uomini.
Questa misura poteva avere il suo b e n e : io qui non la dicese del 1848 è quella che sia andata più in là nell'applicazione del principio dell'emancipazione degli schiavi. Essa è fendo; parmi però che era una necessità, non potendosi di
andata molto più in là che non l'Inghilterra, la quale è nei un tratto su vaste possidenze, e direi quasi in un giorno, effettuare questa grande misura.
tempi presenti la grande emancipatrice degli schiavi.
In Francia, che l'abolizione della schiavitù dei neri fu una
Io non credo che noi dobbiamo andar più oltre di quella
legge fatta in uno di quei momenti in cui si esagerano i sen- naturale conseguenza della gloriosa rivoluzione del 1848,
timenti buoni ed i sentimenti cattivi che sono in fondo del dovette d'un colpo proclamare ed effettuare questa r i f o r m a ;
quindi ne derivò la necessità di accordare un qualche comcuore umano.
Io credo che se attendiamo ai tempi in cui fu fatta la penso ai coloni francesi, che in forza di una loro legge antelegge, agli uomini che la promulgarono, all'indirizzo gene- riore si erano disseminati sui possedimenti oceanici della
rale delle opinioni prevalenti in quel momento, non vi possa Francia. Ciò si comprende benissimo : ma niuno potrà certo
essere sospetto che quei legislatori peccassero di troppa mo- comprendere come si possa istituire parallelo fra il caso
derazione, e che noi non dobbiamo procedere in quella via nostro e quello di due grandi nazioni.
più in là che essi non abbiano fatto.
Noi non abbiamo possedimenti transatlantici; noi non abMEiiiiAWA. Ho domandata la parola in occasione che par- biamo leggi anteriori che riconoscano l'iniquo e immorale
lava l'onorevole deputato Farina, ed era per fargli osservare commercio o possesso d uomini, come noi, nati per essere
che l'onorevole mio amico Valerio non ha mai dato a vedere liberi ; noi non abbiamo un numero considerevole di cittacolle sue parole di credere che l'onorevole Farina deside- dini, che in forza dì leggi anteriori si trovino al possesso di
rasse il mantenimento della schiavitù; è impossibile che noi vasti possedimenti ; noi, qualunque sia la nostra legge, non
Italiani, che duramente conosciamo per prova come vi possa . corriamo pericolo di dar motivo a gravissimi rivolgimenti.
Noi qui, a parlarci chiaramente, non facciamo che una diessere per la razza dei bianchi una servitù egualmente grave
quanto quella che pesa sulla razza dei neri, è impossibile, chiarazione di principi!, noi vogliamo dichiarare al cospetto
dico, che un italiano possa farsi fautore o desiderare la con- del mondo che è indegno della cittadinanza nostra italiana
tinuazione dell'infame tratta dei figli infelicissimi dell' A- colui che si dà all'infame commercio dei neri, o che assente
frica. Ma mi permetta l'onorevole Farina di osservargli che di dirsi padrone di altri uomini.
le conseguenze logiche del suo discorso condurrebbero alla
Ma qui sorge l'onorevole deputato Farina a d i r c i : questa
fatale conclusione che non può essere nel suo pensiero, è una proprietà, questo è un diritto acquistato; perchè voquello cioè della durata, per quanto da noi dipenderebbe, di lete voi togliere il loro avere a persone che si sono dipartite
quell'inumano commercio. Quello che più mi sorprende si è dalla madre patria per andare a cercar fortuna in estranea
che pare che la Commissione ed il Ministero stiano per divi- terra, e che mediante questo commercio vi hanno acquidere l'errore dell'onorevole Farina: quindi più che mai oc- stato una qualche possidenza di schiavi senza dar loro un
corre di porre in luce questo errore.
compenso?
L'errore in cui cadde l'onorevole Farina dipende dall'aMa io domando quando mai la nostra legislazione abbia
vere esso considerata questa questione, non quale legisla- dichiarato lecite tali contrattazioni, tali possidenze; noi, sictore sedente in questa Assemblea, ma come se fosse legisla- come non avevamo colonie, nelle quali fosse sancito questo
tore francese od inglese: il che non tornerà certo a gran principio, non avevamo neppure Seggi, le quali ci inducesmaraviglia, quando si vede che si è famigliamzato per lo sero a riconoscere questo genere di commercio, e quindi
studio di questa questione sugli scritti francesi ed inglesi, e questi contratti cadono in tutti quei contratti illeciti, n£i
massime sulle discussioni che ebbero luogo in quelle Assem- quali, ancorché gli speculatori trovino un guadagno, è lecito
blee. Quindi gli è sfuggita di vista l'immensa discrepanza al legislatore di allontanarli da quella data posizione ed a
che passa fra la posizione nostra e quella nella quale si tro- proibirli a dedicarsi a quella data speculazione.
vavano le illuminate Assemblee di Francia e d'Inghilterra
Quelli, ad esempio, che tengono case di giuoco, possono
quando furono chiamate a discutere questa grande questione dire anch'essi che questa è una speculazione che può fruttar
d'umanità e di giustizia.
loro guadagni. Potrebbe mai dirsi che per far chiudere case
L'Inghilterra e la Francia si trovavano al possesso di vaste di giuoco e di meretrici debba lo Stato dare un compenso"alcolonie transatlantiche, nelle quali, in forza delle precedenti l'uomo indegno che si è dato a così illeciti guadagni?
In merito alle patrie nostre leggi, contro coloro che soloro legislazioni, era sancito ìi principio della schiavitù.
I proprietari pressoché di tutte quelle vaste coionie erano stengono che la legislazione nostra non abbia antecedenti
dai loro nazionali colà tratti alia coltura di quelle deserte per sancire il principio che si possano punire delitti dai nocontrade dalla legislazione loro anteriore che ammetteva la stri cittadini commessi su terra straniera, e così privare della
cittadinanza coloro i quali continuassero anche dopo r è m a schiavitù.
r
- sua TORNATA DEL 8 0 MARZO 1 8 5 8
nazione di questa legge a comprare e ritenere questi schiavi,
mi permetterò di osservare che vi ha un articolo che sembra appositamente fatto, e si è quello che proibisce i crimini commessi fuori Stato contro il rispetto dovuto alla religione dello Stato.
Questa disposizione legislativa, presa nel senso per cui
forse fu dettata dall'assolutismo, è iniqua. Può essere questa
disposizione ribattezzata, quando le si desse una vera interpretazione cristiana.
Non vi può essere disprezzo maggiore verso la religione
del Cristo che quello di mantenere la schiavitù; infatti Cristo spese appunto la sua vita nel predicare contro la servitù.
10 non so se quest'articolo sia stato qui inserto con questo
fine, ma eredo che fra le varie interpretazioni che ad esso
possono darsi non siavene alcuna più equa e più giusta. Ben
so che alcuno mi potrà obbiettare che teologi cristiani hanno
sostenuto e sostengono che si ha diritto a mantenere questa
schiavitù.
A ciò risponderò che non avvi iniquità la quale non'abbia avuto per difensore o fautore dei teologi. Ma la sentenza di quei traviati non può indurci a rinunciare al principio della libertà cristiana, il quale è così chiaro che io mi
maraviglio come in un'Assemblea di credenti alle dottrine
del Cristo possa nascere il dubbio se si debbano usare tutti i
mezzi che sono in nostra facoltà per reprimere questo che è
11 delitto maggiore contro questa religióne medesima e contro l'umanità.
Ora vorrei che gli uomini che si dicono pratici, per esempio l'onorevole Farina, mi dessero una spiegazione.
L'onorevole Farina sostiene che, mediante indennità, si
potrebbe imporre ai possessori l'obbligo di rendere liberi
gli schiavi nello spazio di due anni. In qual modo possiamo
noi effettuare il pagamento di questa indennità?
Io comprendo che l'abbia fatto la Francia, perchè ella possedeva colonie in cui erano in vigore le sue leggi, ed in cui
ella teneva agenti governativi ai quali era affidata l'esecuzione
di questa legge; ma nel caso nostro, accordando questa indennità, potrebbe darsi che taluni ricevessero questi danari
dallo Stato per dare la libertà ai loro schiavi, e poi, ridendosi forse della nazionalità nostra, e non avendo in pensiero
di ritornarvi, si dessero invece più alacremente a quest'infame industria. Non ci sarebbe, dico, mezzo alcuno dì controllo. All'ultima ragione poi detta dall'onorevole deputato Farina, il quale teme che, se noi inseriamo nella legge questa
disposizione legislativa, potrebbero i nostri connazionali che
si trovano in quelle regioni, posti in bivio fra la nazionalità
nostra ed il vantaggio di continuare in quel commercio, attenersi al secondo partito, ed abbandonare il pensiero insito
in tutti i cuori gentili di rivedere la patria ; a quella ragione
rispondo che l'uomo il quale, messo in questo bivio, preferisce quel commercio, è molto a desiderarsi che rimanga
lontano da questa nostra patria; questa non sarà per noi una
perdita, ma un benefizio.
Conchiudo coi dire che, chiamati alla votazione di questa
legge, ci è forza, e nello stesso tempo ci deve essere caro,
di altamente e francamente dichiarare questo principio di
assoluta libertà.
rKESSiiESìTE. La parola spetta al deputato Farini.
F A B M I . Se la Camera chiamata a fare una legge di repressione per la tratta dei neri non avesse creduto di ammettere il primo articolo approvato dal Senato e dalla Commissione, in cui non tanto alla tratta dei neri si risguarda
quanto in genere alla schiavitù, tutta la discussione che in
oggi s'agitò non sarebbe seguita; ma, dacché è piaciuto alla
CAMERA DEI DEPUTATI —• SESSIONE 1852 — Discussioni 391
Camera di approvare l'articolo f tal quale, o con poche modificazioni, ci venne mandato dall'altra parte del Parlamento,
egli è indispensabile il dar seguito all'articolo 2, il quale non
è che la conferma e la sanzione penale del principio che nell'articolo primo avete sancito. Lo che essendo, io penso che
questa sia una di quelle questioni che, poste innanzi alla Camera, non possono essere risolte che nel senso degli eterni
principii della giustizia, della verità e della carità, e non già
nel senso degl'interessi particolari. E tanto più la nostra Camera può risolvere questa questione ricisamente e largamente, inquantochènoi non siamo affatto nelle condizioni di
quei popoli i quali, possedendo colonie a schiavi, dovevano
avere riguardo a quelle necessità sociali che sono state allegate da alcuni onorevoli oratori per chiedere un temperamento alle provvisioni che noi intendiamo fare.
Il caso nostro è questo: alcuni cittadini che emigrano
dallo Stato si recano in contrade nelle quali esiste la schiavitù. Innanzi tutto sarebbe da constatare la vera necessità
dell'emigrazione; ma, ammessa la medesima, ammesso che
siano arrivati in quei paesi dove la schiavitù esiste, quale
necessità possono essi avere per farsi proprietari di schiavi?
Nessuna in fede mia, in quanto che in quegli stessi paesi gli
schiavi non sono attaccati alla gleba. Si compra lo schiavo
come si compra il predio, ma non è quella una necessaria
conseguenza dell'acquisto del predio.
Ma si dice che bisogna rispettare la proprietà acquistata.
Ora su questo proposito io dirò francamente che vi sono proprietà le quali non si possono rispettare perchè non sono
rispettabili. Io non credo sia mai caduto in mente a chicchessia di rispettare la proprietà, venga pure essa per successione paterna, dello scherano che l'ha acquistata col mettere le mani nel sangue e nelle fortune degli altri.
E dico che la proprietà degli schiavi è altrettanto e più
iniqua della proprietà che ha colui che l'ha ereditata dal padre, il quale l'ha rubata; e, se le leggi civili fanno abilità al
Governo in qualunque siasi caso di rivendicare alla società
la proprietà rubata, la legge di Dio non farà a voi un dovere
di richiamare la proprietà della libertà di una creatura umana
da colui che l'ha acquistata? (Bravo! Bene!) Non vi ha legittimità, non vi ha prescrizione; l'uomo che nasce libero non
può essere nè venduto, nè barattato mai ; e n o i , chiamati a
deliberare su questa ingiustizia ed iniquità, abbiamo il debito di sentenziare che lo schiavo posseduto dal cittadino
sardo è libero il giorno stesso in cui noi promulghiamo la
nostra legge. (Bravo ! Bene !)
Ammesso dunque il principio che questa legge debba riguardare al fatto della schiavitù, io non posso dare voto se
non nel senso il più largo, il più liberale, inquantochè nessuna necessità sociale del nostro Stato mi fa obbligo di seguire nè l'esempio della Francia, nè dell'Inghilterra, nè
delle altre nazioni, le quali possedono colonie a schiavi. La
Commissione, od almeno l'onorevole deputato Astengo, ha
dichiarato essere pronto ad ammettere quasi integralmente
l'articolo tal quale l'ha presentato, ed ha affermato che la
Commissione ha voluto restringere l'usufruito di questa così
detta proprietà anche più di quello che il Senato avesse fatto.
Ma io dico invece che l'ha di molto allargato quando essa ha
fatto abilità di acquistare predii ai quali possano essere addetti degli schiavi.
Ora, dacché nei paesi dove esiste la schiavitù non vi sono
veramente schiavi addetti al predio, quest'articolo diventa
insussistente. Chè, se volesse ammettersi che si possa acquistare un predio dove sono schiavi, e mantenerli schiavi, violeremmo tutto il concetto della legge. No, non dobbiamo
CAMERA DEI DEPUTATI
farla quella abilità, di acquistare il predio di cui sia condizione la schiavitù. Se questa condizione vi fosse, noi non
dobbiamo lasciare aperta a nessuno questa via di traffico,
noi non dobbiamo agevolare questo modo di far fortuna,
dobbiamo ricisamente impedirlo. E se io parlava or ora anche contro il diritto di succedere nella proprietà degli schiavi,
tanto più mi pronunzio contro questa abilità che la Commissione vuol fare, lasciando due anni di tempo a colui che acquista un predio e gli schiavi con esso.
Conchiudo quindi che io darò il mio voto ad ogni più
larga proposta, e che in ogni caso proporrò una correzione
all'ultimo periodo in questo senso: « La proibizione di possedere o vendere schiavi non è applicabile a coloro che attualmente ne possedessero in paese straniero, se non un anno
dopo la data della presente legge. » E ciò propongo solo coll'intendimento di lasciare il tempo alla pubblicazione e cognizione in lontane regioni della legge con cui vogliamo
emancipare ogni schiavo posseduto da nostri concittadini. Ed
il tempo d'un anno è più che sufficiente.
AfiwÈs. lo farò qualche breve osservazione. Non ritornerò
più sull'argomento principale, che è quello di proibire l'infame commercio degli schiavi. Credo che tutti saranno d'accordo per proibirlo interamente. Il commercio consiste nella
compra, nel trasporto e nella vendita: colui il quale faccia
uno di questi atti, per ciò solo cadrà in contravvenzione all'articolo secondo; ma il solo possesso può non essere delittuoso, e non lo è quando non deriva dal fatto proprio. In
vero il possesso di schiavi, prima permesso, può in forza
della legge diventare illecito, se si vuole; ma io non credo
che sia il caso di applicare per quel semplice possesso la
pena portata da questa legge.
Ora risponderò poche parole a) deputato Astengo sulla
qualità della pena. Egli acconsente che fossero alquanto vaghe le parole perdita dei diritti civili ; quando le leggi penali parlano di perdita dei diritti civili s'intendono quelli
specificati nell'articolo del Codice penale. La legge francese
annovera fra le pene criminali la dégradation civique, e noi
abbiamo invece l'interdizione dai pubblici uffizi, che corrisponde a un dipresso alla stessa pena. Vediamo ora che cosa
dice il Codice penale all'articolo 1 9 :
« La pena dell'interdizione dai pubblici uffizi consiste nell'esclusione perpetua del condannato da ogni funzione od
impiego pubblico, nell'incapacità di essere tutore o curatore,
o di concorrere negli atti relativi alla tutela, tranne pei propri figli nei casi dalla legge contemplati. »
Questa pena comprende adunque implicitamente la perdita dei diritti politici, e stimo che sia abbastanza grave, e
debba essere adottata per coordinare le disposizioni di questa legge colle disposizioni dell'articolo precitato del Codice
penale.
Ora vengo all'altra questione, per cui io proponeva la soppressione dell'alinea 2.
« Questa disposizione non potrà però essere invocata nel
caso di tratta di neri, od anche di semplice trasporto per
mare di schiavi fra i vari luoghi nei quali è in vigore la
schiavitù. »
Ma io domando se quando si viaggia per terra e non per
mare, quando si fa commercio non di neri, ma di odalische
per gli harem, come si è ieri accennato, questo non sia anche esso un commercio infame, e non debba essere severamente proibito.
lo crèdo si debba stabilire che uno schiavo diventi libero
pel solo fatto ch'ei venga in qualunque modo ia possesso di
un nostro concittadino.
In tale senso modifico la prima mia proposta, aderendo
alle ragioni esposte dall'onorevole Farini.
Tuttavia mantengo la proposta della soppressione della
parola possedere relativamente alla sanzione penale, parendomi che non debba soggiacere a pena colui che possegga
eventualmente uno schiavo, senza essere concorso col proprio fatto nell'acquisto, per esempio in caso di eredità, sebbene non possa propriamente dirsi caduta nell'eredità una
cosa fuori di commercio, e tanto meno un nostro simile.
Nel rimanente sono d'accordo coll'onorevole Farini; io
non credo che vi siano paesi, come esistevano nel medio evo,
in cui si considerava l'uomo direi quasi macchina di fondo
privato.
Quest'infamia credo sia scomparsa da per tutto, salvo
in alcuni paesi, specialmente in America, ove si comprano
schiavi non già come immobili per destinazione, ma come
mobili.
Ora domando io se non sarà immorale il concedere uno o
due anni, od anche solo tre mesi, per che fare? Per vendere
questi schiavi, per fare un atto che è proibito dalle nostre
leggi.
Io adunque acconsento bensì che si sopprima la parola
possedere, ma insisto che si aggiunga la disposizione che
* ogni schiavo il quale venga per qualunque modo in possesso di un nostro concittadino sia per questo solo fatto libero, » e sopprimerei tutto il resto dell'articolo.
l i i o x E . Io aveva preparato alcuni materiali per giustificare l'operato della Commissione, la quale credo abbia di
molto migliorato, ed in senso favorevole alla libertà, il progetto del Senato.
Siccome gli onorevoli preopinanti, ed ultimamente in particolar modo l'onorevole Astengo, hanno già a sufficienza
compito questo ufficio, io nor» mi dilungherò in proposito, e
mi restringerò unicamente ad alcune osservazioni le quali
vengono in appoggio di opinioni più avanzate che io aveva
sostenute nel seno della Commissione.
Queste opinioni riflettono specialmente l'ultimo alinea dell'articolo che ci occupa ; io penso, o signori, che noi possiamo andare alquanto più in là dell'Inghilterra e della Francia, perchè noi non ci troviamo nelle stesse condizioni in cui
si trovavano quelle due nazioni.
Esse avevano legalmente riconosciuta nelle loro colonie
ia schiavitù; loro era quindi giocoforza di procedere con
molta cautela nell'emancipaiione, che doveva portare l'obbligo d'indennizzare i padroni che in faccia della legislazione
del paese avevano acquistata la proprietà degli schiavi; ma
noi non abbiamo mai riconosciuto una tale proprietà; noi
dobbiamo quindi unicamente fondare le nostre disposizioni
sopra il naturai diritto, che assolutamente la esclude ; non
avendo alcun antecedente che ci leghi, noi non potremmo in
verun modo riconoscere le proprietà di uno schiavo tenuto
da un nostro connazionale dovunque si trovi, noi per conseguenza non saremo mai in nessun caso, a termini di diritto,
obbligati a dare indennità di sorta, perchè mai non abbiamo
avuta alcuna legge che autorizzasse questa violazione del diritto di natura, facendone risponsale lo Stato.
Io reputo adunque che noi possiamo andare più avanti
delle anzidette nazioni, e tanto quanto lo permette il fatto.
Solamente dobbiamo andar guardinghi che, nel compiere per
nostra parte questo dovere, non arrechiamo troppo grave
danno ai nostri nazionali residenti in esteri paesi, e non accordiamo improvvidamente agli schiavi una libertà che essi
non sapranno subito usufruttuare. Ed è perciò che io reputava
e reputo necessario in proposito un sistema di temperamento.
— 8115 TORNATA DEL 3 0 MARZO 1 8 5 3
Per provare la giustezza di un tale concetto, giustificante
sino ad un certo punto l'operato della Commissione, quantunque io non l'approvi intieramente, mi permetterà la Camera di presentarle alcuni fatti storici, relativamente agli effetti di una subita ed improvvida emancipazione degli schiavi.
Come la Camera ha potuto rilevare dal dotto ed erudito
rapporto dell'onorevole relatore, la questione della emancipazione degli schiavi fu già più volte trattata dalle nazioni
più incivilite. Il barbaro costume di tenere, l'uomo in potere
dell'uomo, a guisa di bruto, ha ornai sollevato il grido della
riprovazione universale.
Gli antichi molto più indietro di noi per cognizioni, possedevano tutte le nozioni naturali che servono di fondamento
alla morale. Essi non ostante tolleravano la schiavitù nei
suoi più odiosi eccessi; conciossiachè la pratica avendoli riconciliati con una cosa in sè stessa esecrabile, la loro coscienza non si risvegliava al nome di schiavo. Gli stessi filosofi di Grecia e di Roma, con manifesta profanazione di vocabolo, le davano il nome di diritto delle genti ; tanto è
grande la forza di errori inveterati. Ai giorni nostri, al contrario, l'idea di disporre in Europa, senza una retribuzione
del lavoro e senza un giudizio, della vita di un uomo innocente, solleva l'animo del meno istruito e del meno scrupoloso dei mortali. Gl'imprescrittibili diritti dell'umanità fu»
rono adunque conculcati, ma stanno fermi tuttora, ed inalterabili contro la depravazione e l'usurpazione dell'uomo. I
crescenti lumi della moderna civiltà ed i benefizi della morale del cristianesimo intimarono perpetua guerra all'orrenda ingiustizia.
La questione dell'emancipazione degli schiavi fu lungo
tempo abbandonata alle arrischiate speculazioni della teorica ; ma il grido universale ha finalmente trionfato determinando i Governi a sperimentarla in pratica.
Prego la Camera di essermi cortese di un istante d'indulgenza, e vengo subito ai fatti»
L'emancipazione degli schiavi nelle Antille e nelle colonie
inglesi è presentemente un fatto consumato che ha già prodotte molte, se non ancora tutte le sue conseguenze.
Ci sono noti alcuni risultati che possono sin d'ora dirsi
acquistati all'esperienza dei popoli. Questi risultati si trovano in gran parte registrati in una raccolta di documenti
ufficiali che il ministro della marina francese sotto Luigi Filippo aveva fatto pubblicare, e dei quali vi darò una breve
analisi, (¡tumori)
Non si tratta che di due o tre pagine, ed in esse risplende
tale un'evidenza di fatti, che giudicherà la Camera se meritino di essere presi in qualche considerazione.
Ecco adunque quali sono questi risultati, e lo stato desolante in cui si trovano quelle possessioni in seguito alla
proclamata emancipaaione, siccome risulta dalle ricerche
ufficiali in proposito dei due Governi di Francia e d ' I n ghilterra.
« Fra i nuovi emancipati (così il rapporto dei magistrati
specialmente delegati dal Governo inglese per l'esecuzione
del piano d'affrancamento nelle sue colonie), fra i nuovi
emancipati la maggior parte non lavora più, gli altri non
guadagnano il quarto del loro salario, e quello che è peggio
si è che queglino stessi che furono trattati con maggiore
bontà e dolcezza mostrano più d'ingratitudine, e si diportano più male verso i loro antichi padroni. I nuovi affrancati non vogliono lavorare che quattro giorni della settimana, e tre ore per giorno; noi saremo ben fortunati se potremo ottenere di farli lavorare mediante salario ud giorno
per settimanao »
Altro rapporto. « Nessun colono può contare su due giorni
di seguito di lavoro degli stessi manuali. Quest'oggi ne possiede 50, domani non ne avrà più che cinque. Lo piantano
su due piedi nelto stesso momento della raccolta, la quale
spesso se ne resta immietuta, c si perde senza che si diano
perciò verun pensiero, e che il proprietario li possa ritenere con l'offerta del salario il più elevato. Non è possibile
d'indurii a lavorare a conto proprio ed in blocco, come si
dice; ma vogliono lavorare a giornate, e costringono i piantatori & loro accordare prezzi esorbitanti; fanno in sette od
otto ore ciò che potrebbero fare comodamente nella metà;
guadagnano immensamente, e dopo aver lavorato qualche
settimana, o soltanto qualche giorno, abbandonano, senza
avvertirli i loro padroni, e non ritornano se non spronati
dall'imminente bisogno di nuovo guadagno, per ricominciare
poi da capo tosto ottenuto l'intento. È questa una grande
sventura, dice terminando il magistrato : ma che farci? La
legislazione non può nulla in proposito. Dessa non può costringerli al lavoro. Se fosse possibile d'indurii ad applicarsi
con convenzioni o contratti, allora si potrebbero forzare ad
osservarli; ma non volendo obbligarsi o vincolarsi in modo
alcuno, dessi sfuggono alle disposizioni della legge favorevoli
alia produzione. »
In un altro squarcio: « L'insufficienza del lavoro è sventuratamente comprovata dalla diminuzione dei prodotti e dal
valore delle abitazioni e delle case. Ed è tale, che gli abitanti altre volte più ricchi sono stati costretti di rinunziare
alia coltura. Le strade che si trovano in pessimo stato, e per
la riparazionedelle quali il Governo ha decretato delle somme
ragguardevoli, non vengono riparate per mancanza di lavoratori. Si pubblicarono degli appalti d'impresa. Ma non si
presentò alcun impresario, tutti essendo convinti che non
le potrebbero eseguire per mancanza di braccia... Un tale
stato di cose è spaventevole ; ed è urgente di portarvi riparo... Non essendo possibile ad alcun prezzo di procurarsi
il lavoro libero, la ruina delle proprietà è inevitabile. »
Potrei citare molti altri documenti ancora più seri, marni
bastano i presenti per dedurne una conclusione sullo stato in
cui sarebbe ridotto il nostro concittadino possessore in
quelle regioni, se fosse ipso facto in forza di questa legge
obbligato a disfarsi degli schiavi, ed accordare loro la libertà,
Egli si avrebbe l'enorme danno di non potere più col lavoro
libero far valere i suoi fondi ; egli sarebbe, in forza di questo
atto filantropo, assolutamente rovinato. D'altro canto, quale
sarebbe la miserevole condizione degli schiavi così repentinamente affrancali ? I rapporti lo dicono abbastanza : non si
provvederebbe allo schiavo, perchè egli, non essendosi avvezzato ad acquistare in proprio la direzione della mente, a
regolarsi pel suo meglio, senza alcuna risorsa, cadrebbe in
uno stato peggiore dell'antico. Egli stesso tornerebbe a vendersi per ¡sfuggire la terribile condizione in cui si troverebbe
ridotto.
Un legislatore umano che voglia riuscire nell'intento, seMá
cagionare quest'enorme danno al possessore, e senza formare ad un tempo la rovina dello schiavo, deve accordare
al possessore una certa latitudine, un tempo sufficiente, onde
provvedere alla coltura de' suoi fondi con altro lavoro, cosa
assai difficile, di braccia libere, ed evitare l'enorme danno
di una repentina mutazione; e nell'istesso tempo, accordando
a quello una sufficiente latitudine, quella del biennio stabilita dall'articolo in discorso, porre il servo in grado di presentire e prepararsi alla futura sua condizione. Egli allora,
colla terra promessa quasi innanzi agli occhi, in aspettazione
del dono massimo della libertà, nello stato in cui trovasi, li?
—
3116
CAMERA DEI DEPUTATI —
SESSIONE DEL
1852
vagheggierà come un eden bealo, una quale idea di per sè
basta a moralizzare i! suo animo, a renderlo più provvido e
prepararlo a quel sommo bene che invidia al suo padrone.
Questi a sua volta, sapendo di essere costretto ad accordargli
fra breve la libertà, è sperabile che, da umani sensi compreso,
il voglia, con qualche istruzione ed altri mezzi, preparare al
prossimo benefizio dell'emancipazione.
Gli uomini sono duri, crudeli pur anche, quando lo comanda il loro interesse; togliete di mezzo questa cor da fatale, e vedrete redivivo il principio morale che intieramente
mai non si spegne. Dovendo cessare l'idea della servitù e del
guadagno, il padrone si avvezzerà a riguardare nel servo un
suo simile, un uguale, nel mentre questi sta compiendo il
tirocinio che lo abilita a conseguire i frutti della prossima
libertà.
In questo senso adunque mi discosto dalla maggioranza
della Commissione. La Commissione vuole che il possessore
sia obbligato a vendere gli schiavi, ed io non voglio, perchè
assolutamente non ha fondamento la proprietà, ed è ua atto
infame la vendita stessa dello schiavo. La legge non ne può
riconoscere la proprietà, dunque non può accordargli il diritto di venderli. Facendone la vendita, egli oltraggia il divieto della nostra legge. Io vorrei che dopo il biennio, i n vece di vendere, egli fosse obbligato ad e m a n c i p a r e ; ed è
questa l'idea che ho sostenuta nel seno della Commissione,
dalla quale non mi posso dipartire. Con questa mi pare di
riuscire felicemente nell'intento, senza portare un enorme
danno al possessore ne' suoi fondi, senza fare un atto improvvido verso il servo emancipato, e per conseguenza con
tutti i riguardi e le cautele che si possano desiderare dalla
saggezza del legislatore.
ragionamenti dedotti da atti autentici, questa venne nuovamente, con altri documenti autentici, dall'onorevole Lione
constatata.
Dunque non mettiamo in campo questioni di principii che
nessuno viene ad impugnare; cerchiamo di fare il meglio possibile, studiamo il mezzo per fare che i sacrifizi che richiediamo dai nostri concittadini non diventino inutili; questo è
10 scopo che ci dobbiamo proporre, e non quello di discutere
principii certi, non impugnati, e la discussione dei quali non
ci condurrà ad alcuna pratica soluzione.
L'onorevole deputato Farini diceva: aadando in paesi stranieri che bisogno vi è di acquistare schiavi? Il bisogno è la
conseguenza per gli emigrati di dover fare lavorare altri oltre
al lavorare essi stessi, per poter avere uno stabilimento d'industria qualsiasi, mentre in quelle località non si può altrimenti esercitare un'industria impiegando lavoro libero se
non pagandolo molto di più. Della qua! cosa ne è prova evidente la legge sull'introduzione degli zuccheri, che hanno
dovuto fare gl'Inglesi, e per cui non hanno potuto pareggiare
11 diritto dell'introduzione degli zuccheri prodotti nelle colonie loro ove il lavoro è libero, al diritto da pagarsi sugli zuccheri prodotti nei paesi nei quali lavorano gli schiavi.
Quantunque l'abolizione dei diritti differenziali di dogana
sugli zuccheri fosse già passata in legge, pure hanno dovuto
differirne per due volte l'esecuzione, ed il pareggiamento
non ha in fatto potuto aver luogo. Ciò premesso, e ritenuto
in fatto che quelli i quali emigrano in quei paesi partendo
dal nostro Stato, sono poverissimi e vanno colà onde procurarsi una vita meno stentata ed un migliore a v v e n i r e , egli è
evidente che andando in quei paesi sono forzati di adattarsi
agli usi ed alle abitudini di quei paesi medesimi.
Io concreterei la mia idea nella seguente modificazione
alle ultime parole del predetto alinea : in entrambi i casi,
cioè sia in quello che un nostro concittadino già fosse in possesso degli schiavi prima della presente legge, sia nell'altro
in cui, non per causa volontaria, venisse a farne in seguito
l'acquisto in paesi dove esiste la schiavitù. « In entrambi i
casi il possessore non potrà altrimenti sfuggire alle pene sovra
comminate, che loro rendendo prima dello spirare del biennio la libertà. »
Ora mi appello ai miei onorevoli colleghi (Alla
sinistra),
i quali quasi parmi con aria di sogghigno mi guardassero,
come se io non solo entrassi nel sentimento della Commissione, ma volessi forse peggiorarne il concetto : e loro dico
se questo non è il mezzo che vogliono essi onde evitare che
il servo venduto passi nelle mani ed in servitù di altre p e r sone.
Io temporeggio alquanto nel fare conseguire al servo la
libertà, ma gliel'assicuro in definitiva. Invece la Commissione vuole che il nostro connazionale non ritenga più il possesso riprovevole degli schiavi; ma intanto gli -lascia conseguire, mediante alienazione, il prezzo di ciò che la legge n o i
può riconoscere come proprietà dell'uomo.
|
Per questi motivi adunque ho proposta la mia variante, e
spero che verrà essa adottata dalla Camera.
p k e s i d e s ì t b . Il deputato Farina ha la parola.
FAHiSA paolo,
relatore. Non dirò che pochissime parole, sembrandomi oramai stanca la Camera di questa discussone.
Io non so quale disgraziato pensiero sia stato quello di alcuni oratori di portare la questione sul campo delle teorie.
Ma, Dio buono! chi in teoria vuole sostenere la schiavitù?
Nessuno certamente, nel nostro paese. Qui si tratta della
difficoltà di applicazione. Questa l'abbiamo sviluppata con
Dunque si tratta o d'impedire questa emigrazione, oppure
lasciare che le cose vadano come pel passato e che i nostri
concittadini che si trovano in paesi ove la schiavitù è in vigore agiscano secondo le leggi ivi vigenti.
Ma, per far vedere come il sentimento di giustizia sia p r e valso presso tutte le nazioni che hanno abolita la schiavitù,
onde dare un'indennità ai loro connazionali proprietari di colonie a schiavi, io prego la Camera e l'onorevole preopinante
a voler notare come l'onorevole di Cormenin si esprime nella
sua relazione quando prova ad evidenza il danno risultante
ai proprietari di terreni a schiavi, per essere obbligati a servirsi della mano d'opera lìbera, invece di far lavorare gli
schiavi.
Non trattasi qui di accordare indennità per la cessazione
del possesso, non mai legittimo, dell'uomo, ma per la neces»
sità di sostenere spesa maggiore per procurarsi lavoro libero
da sostituire al lavoro schiavo.
« In questo modo di agire non vi è niente d'immorale nel*
l'indennità accordata ai coloni ; questa è giusta per essi, e lo
è anche relativamente ai proprietari che possiedono schiavi
in estero Stato. »
Dunque io mi sono valso di questo argomento onde provare il principio di giustizia dell'indennità, affinchè, rendendosi assolutamente obbligatoria l'emancipazioue, i nostri
concittadini non siano posti in condizioni inferiori ai sudditi
delle altre nazioni dovendo applicarsi ad identiche i n d u strie.
Del resto, l'onorevole preopinante Lione ha sostenuto
un'altra tesi ; io convengo nell'opinione sua che sia necessario di dare agli schiavi le abitudini del lavoro, e quelle di
provvedere a se stessi ; ma credo che questo non si ottenga
punto nè poco col dilazionare semplicemente di due anni la
loro emancipazione: se in questo intervallo non si fornisci
— 3117 —
TORNATA DEL 3 0 MARZO 1 8 5 3
loro ii mezza di istruirsi, di prendere abitudini di ordine e
di previdenza, in capo ai tre aniii sono nella condizione in
cui sono oggi.
Contro questa maniera di facilitare l'emancipazione stanno
appunto le parole di lord Stanley quando propose alla Camera dei comuni l'emancipazione degli schiavi riportata nella
relazione. Egli sosteneva che non basta dilazionare !a emancipazione degli schiavi, ma che conviene preparaceli con
apposite istituzioni, conviene provvederli di scuole, conviene
procurare le abitudini al lavoro, facendo loro assaporare il
gusto di lavorare per emanciparsi.
Di più non conviene lasciare questo periodo di relazioni
indefinite, perchè esso non è che un periodo di irritazione
continua fra il padrone e lo schiavo, perchè questo sa che
dopo due anni, qualunque cosa voglia il padrone, egli sarà in
libertà; e viceversa il padrone sa che, comunque agisca
collo schiavo, dopo due anni sarà dallo schiavo abbandonato.
Per questi motivi l'Inghilterra riconobbe l'insufficienza di
accordare solamente una dilazione, la riconobbero i legislatori francesi, i quali contemporaneamente all'emancipazione
pubblicavano quattro o cinque decreti coi quali istituirono
ospedali per gli ammalati, ricoveri pei vecchi, scuole ed altre istituzioni, senza le quali la libertà non poteva essere giovevole.
Bando dunque alle questioni di principio, pensiamo all'applicazione: se si vuole una legge che possa riuscire utile veramente a coloro che vogliamo emancipare, studiamo una
legge che sia combinata in modo che possa, se è possibile,
circondare l'emancipazione delle opportune cautele; ma lo
accordare semplicemente una dilazione non basta; quindi io
propongo che si sopprima quanto concerne l'abolizione della
schiavitù inerentemente alla proprietà. Proibiamo il commercio nel modo più rigoroso ; ma quanto alle disposizioni
che inceppano l'esercizio dei diritti di proprietà quale è costituita in paesi stranieri, sopprimiamole per ora ; e, se si
vuole, studiamo in seguito una legge più ragionata in prò
degli schiavi che appartengano ai nostri concittadini, ma
guardiamo che il sacrificio che imponiamo a questi ultimi non
riesca a danno degli uni ed a sventura degli altri.
TAiiERso. Domando la parola.
P R E S I D E N T E . Osservo al deputato Valerio che ha già
parlato due volte, e che la discussione fu già abbastanza
protratta.
VAXRI&IO. Ma faccio notare che poirei domandarla per
un fatto personale, perchè l'onorevole Farina mi ha fatto
dire parecchie cose che non ho mai dette. Finora ad eccezione di me e dei deputati Farini e Mellana, lutti gli altri
Toratori hanno parlato in un senso diverso, onde pare che mi
si potrebbe lasciare la facoltà di rispondere alcune brevi parole all'onorevole relatore; la Camera sa che io sono abitualmente amico della brevità.
L'onorevole deputato Farina è sorto a dire che gli rincresceva molto che la questione fosse stata portata sul terreno
dèlie teorie, giacché in teoria, osservò egli, siamo tutti d'accordo, odiamo tutti la schiavitù, ma egli è nella pratica che
non concordiamo. Così, rispondo io, parlano pure i principi
assoluti, i quali niegano la libertà ai popoli; anch'essi vanno
dicendo che in teoria non v'ha niente di più bello che la libertà, ma venendo poi alla pratica affermano che il popolo
non è ancora maturo.
Cinque anni fa diceva Guizot ài Parlamento di Francia riguardo a noi Piemontesi, che da qui a vent'anni forse saremmo stati maturi per una piccola costituzioncella; eppure
siamo divenuti liberi poco tempo dopo che quel ministro
francese pronunziava le anzidette parole, nè mi pare che per
noi siasi poi abusato gran fatto della libertà che regola questa
nostra terra. (Segni di adesione)
L'onorevole deputato Farina, non trova maturi i poveri
schiavi per diventar liberi: vada ad interrogare gli schiavi
(Ilarità), e udrà da loro se si tengano maturi alla libertà, e
se si sentano capaci dopo tanti dolori, dopo tanto e cosi lungo
tirocinio, a lavorare liberamente ! (Movimento)
Io so che nel nostro Piemonte ottanta sopra cento non
sanno nè leggere nè scrivere, e quella brava gente del contado e dei monti lavora tutto il giorno col sudore della fronte
a rompere le glebe della terra, e si conducono pure da buoni
padri e da buoni cittadini, quantunque non abbiano avuto le
scuole che vuol erigere per gli schiavi negri l'onorevole Farina
prima di emanciparli.
Egli ha detto che gli svolgimenti da me presentati non sono
di Granier de Cassagnac: lo so anch'io, giacché non ho immaginato mai di dire che gli argomenti da me addotti fossero
tolti da Granier de Cassagnac, delegato, pagato dai proprietari di schiavi per sostenere prima del 1848 che la schiavitù
doveva esservi mantenuta. Ad ogni modo un argomento addotto dal signor Waldeck-Rousseau nel 18&3 non distrugge le
ragioni del 1855, che, cioè, il lavoro libero ha talmente migliorato le colonie francesi, che taluna di esse ora produce di
più che non producesse prima col lavoro degli schiavi; e
questo è un argomento col quale io distruggeva a fondo la
sua teoria, che, cioè, i terreni coltivati col lavoro degli
schiavi perderebbero ogni valore qualora gli schiavi venissero
emancipati.
L'onorevole deputato Farina ha chiamato declamatori! i miei
principii, ma egli non s'avvede che commette un grave anacronismo. Sul fine del secolo scorso, quando il grande Wilbeforce preconizzava la emancipazione degli schiavi, allora
era di moda chiamarla una declamazione; declamatore fu
chiamato Grégoire, l'illustre vescovo di Blois, e, per giunta,
per derisione, fu chiamato negrofilo.
Ma ora, dopo il trionfo di quel principio nelle colonie francesi ed inglesi ottenuto con buoni risanamenti economici e
morali, non si può più dire che l'emancipazione assoluta degli schiavi sia una declamazione ; essa è all'incontro (Con calore) un principio di equità, di giustizia, riconosciuto da tutti,
e persino da coloro che per necessità politiche sono astretti a
mantenere la schiavitù nei loro paesi; tanto è vero che i principali difensori della schiavitù in America, venendo a morte,
sono usi di emancipare i loro schiavi.
L'onorevole deputato Farina tolse novellamente a perorare
la causa dei poveri emigranti liguri che si recano al Rio della
Piata. Io ho già osservato a tale proposito che nella massima
parte di quel paese la schiavitù è vietata, e che essa non è
permessa che nel Brasile, Ora, la maggior parte dei Liguri
che vanno in quei paesi si recano a Monlevideo ed a BuenosAyres, ma non a Rio Janeiro.
Del rimanente, se essi emigrano per angustie, per fame
che debbono patire nel loro paese, come potranno comprare
schiavi al Rio della Piata? Dov'è quindi la tanto invocata necessità di mantenere ne! loro possesso di schiavi quei nostri
concittadini?
Soggiungo poi che, se si ammette la teoria della necessità,
vale a dire che sia necessario, in date circostanze, avere degli schiavi, si viene ad autorizzare ogni cosa, perchè non v'ha
ladro il quale, condotto innanzi ai tribunali, non dica d'aVere
derubato perchè a ciò fu astretto dalla necessità.
Oltre di che, o signori, noi che assistiamo ora ad assassini!
di popoli, se ci affissiamo nei patiboli di Mantova e di Milano,
— 3118 —
CAMERA DEI DEPUTATI — SESSIONE DEL 1 8 5 2
sappiamo che essi vennero eretti a nome della necessità politica. (Sensazione) Ora, questa necessità che non si accorda
colla giustizia, non è argomento che si possa far valere in
questioni in cui l'umanità e la giustizia reclamano un'altra
soluzione. (Bene! a sinistra)
Colle ragioni dianzi esposte io stimo di avere distrutti gli
argomenti arrecati dall'onorevole deputato Farina, e di poter
sostenere che, siccome una legge relativa alla schiavitù fu
presentata al Parlamento, noi, aderenti al principio che sino
dai secoli andati informò la nostra legislazione, non possiamo
ammettere in nessun modo che UH cittadino sardo possa
avere degli schiavi sotto la sua dipendenza, e che dobbiamo
in conseguenza solennemente scrivere nella nostra legge che
un cittadino sardo, se diviene possessore di schiavi, se li
mantiene in ¡schiavitù, cessa dall'avere i dritti civili e politici, cessa dall'essere cittadino dello Stato.
P R K Ì I O U X I E Giusta la riserva presa nella seduta scorsa,
metterò ora ai voti separatamente questi tre alinea dell'articolo 2.
Prima però darò lettura degli emendamenti che si riferiscono a quest'articolo.
Il solo emendamento che si riferisca al primo paragrafo
dell'articolo 2 si è quello proposto dal deputato Agnès il
quale consiste nel togliere la parola possedere.
VALEftio. Io credo che l'emendamento da me proposto
sia il più ampio, e che quindi debba essere posto ai voti per
il primo.
P R E S I D E N T E . Parmi che ella non abbia fatto alcuna proposta su quest'articolo.
VALIERIO. Io mi sono riservato di proporre un emendamento aggiuntivo all'articolo 1, il quale distrugge il paragrafo
3 dell'articolo 2 : quindi parmi debba essere posto ai voti
prima di quello presentato a nome della Commissione dal deputato Astengo.
Il mio è un'aggiunta all' articolo i , mercè la quale si
scioglie intieramente e radicalmente la questione della schiavitù ; si cancella il paragrafo 3 dell'articolo 2, e la cosa, a
mio avviso, procedendo con quest'ordine, riuscirebbe più
spiccia.
P R E S I D E N T E . La Camera ha inteso quale sia la proposta
del deputato Valerio ; egli vorrebbe che all'articolo I, dopo
le parole « bandiera nazionale, » si aggiungessero le seguenti:
« o di essere in qualsiasi modo divenuto proprietà d'un cittadino sardo. »
La pongo ai voti.
(Dopo prova e controprova, è adottata.)
Insiste ancora il deputato Agnès ne! proporre la soppressione della parola possedere ?
AGKÈS. Insisto quanto alla penalità.
ASTENGO. La Camera avendo adottato l'aggiunta del deputato Valerio, che dichiara libero uno schiavo dal momento
in cui viene in possesso d'un cittadino sardo, l'emendamento
dell'onorevole Agnès diventa inutile.
P R E S I D E N T E . Faccio osservare al deputato Astengo che
l'articolo 2 stabilisce una pena contro i cittadini sardi che ritengono schiavi, e che sotto questo riguardo l'emendamento
del deputato Agnès non riesce inutile del tutto. (Al deputato
Agnès) Ella adunque insiste nel suo emendamento?
AGNÀS. Insisto, perchè credo che il semplice possesso non
possa essere un delitto, non possa dar luogo all'applicazione
di una pena.
PRESIDENTE. Allora porrò ai voti l'emendamento del
deputato Agnès, il quale consiste nel sopprimere nel primo
paragrafo dell'articolo 2 la parola possedere.
VALERIO. Mi pare che questa soppressione divenga inutile dopo la votazione fatta.
P R E S I D E N T E . Non può dirsi propriamente inutile; del
resto chi la crederà tale voterà contro.
DEMAHCHI. Domando la parola.
Dopo la grave variazione fatta all'articolo primo, parmi
sia necessario che la Commissione rivegga e riformi l'articolo 2; chiedo perciò che sia alla medesima rimandato.
Molle voci. Sì! si!
P R E S I D E N T E . Allora rimane inteso che l'articolo 2 è
mandato alla Commissione.
P R O G E T T I D I L E C C E : I® P E R UN C R E D I T O S U P -
PIJEMEDITARE D I L I R E 5 0 0 0 SVI RILANCI D E L -
L ' A Z I E N O A D ' A R T I G L I E R I A E IN Q U E L L A D I L I E
F I N A N Z E D E L 1 8 5 3 ; 2° P E R A L I E N A Z I O N E D I
RENI DEMANIALI ; 3° P E R A U T O R I Z Z A R E LA P R O VINCIA D I VERCELLI A D ECCEDERE I LIMITI
DELL'IMPOSTA ; 4° P E L R I O R D I N A M E L O DEL
BARACCELLATO IN SARDEGNA ; 5 ° P E R D I V I D E R E IN D U E I L M A N D A M E N T O D I C A S A L E .
CAVOUR, presidente del Consiglio e ministro delle finanze.
Ho l'onore di presentare alla Camera un progetto di legge
inteso a chiedere un credito supplementario di lire KOOO sui
bilanci dell'artiglieria e delle finanze per l'anno 1852. (Vedi
voi. Documenti, pag. 1892.)
Ho pure l'onore di presentare un progetto di legge per
alienazione di beni demaniali. (Vedi voi. Documenti, pagina 1593.)
D I SAN MARTINO, ministro dell'interno. Ho l'onore di
presentare alla Camera un progetto di legge per autorizzare
la provincia di Vercelli ad eccedere i limiti della sua imposta
speciale per un decennio (Vedi voi. Documenti, pag. i603) ;
ed un altro relativo al riordinamento del baraccellato in Sardegna. (Vedi voi. Documenti, pag. 160'4.)
BOX-COMPAGNI, ministro di grazia e giustizia.
Ho
l'onore di presentare alla Camera un progetto di legge per
dividere in due il mandamento di Casale. (Vedi voi. Documenti, pag. 1610.)
P R E S I D E N T E . La Camera dà atto al signor ministro delle
finanze, al signor ministro dell'interno ed all'onorevole guardasigilli della presentazione di questi progetti di legge, che
saranno stampati e distribuiti.
La seduta è levata alle ore H 1 /4.
Ordine del giorno per la tornata di
domani;
i° Seguito della discussione del progetto di legge relativo
alla repressione della tratta dei neri;
2° Discussione del bilancio passivo del dicastero di grazia
e giustizia.