Roland Barthes - La camera chiara

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Roland Barthes - La camera chiara
Roland Barthes - La camera chiara”
appunti di lettura di Marco Fantechi
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"... volevo sapere... che cosa era "in sé" la Fotografia, attraverso quale caratteristica essenziale essa
si distingueva dalla comunità delle immagini... Io non ero sicuro che la Fotografia esistesse, che
essa disponesse di un proprio ”genio".
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"Sin dal primo passo, quello della classificazione, la Fotografia si sottrae."
"Ciò che la fotografia riproduce all'infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete
meccanicamente quello che non potrà mai ripetersi essenzialmente. In essa l'accadimento non
trascende mai verso un 'altra cosa...”
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la foto non si distingue mai dal suo ”Referente” (da ciò che rappresenta) o per lo meno non non se
ne distingue subito o per tutti: cogliere il significante fotografico non è impossibile, solo che ciò
richiede un secondo atto di sapere o di riflessione.
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Una foto può essere l'oggetto di tre pratiche (o tre emozioni, o tre intenzioni):
Fare - Subire - Guardare.
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L'Operator è il fotografo
Lo Spectotor siamo tutti noi che guardiamo
Lo Spectrum è il bersaglio, il Referente, l'eidòlon di quel che fotografiamo.
L'esperienza dell'Operator passa attraverso il foro stenopeico per mezzo del quale guarda, limita,
pone in prospettiva quello che vuole cogliere.
La fotografia per lo Spectator dipende dalla rivelazione dell'oggetto (chimica, tipo di stampa,
visualizzazione su schermo).
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”Mi pareva così che la parola più giusta per designare l'attrattiva che certe foto esercitano su di me
fosse la parola "avventura". La tale foto mi "avviene", la talaltra no.”
”In questo deprimente deserto, tutt'a un tratto la tale foto mi "avviene"; essa mi anima e io la animo.
Ecco dunque come devo chiamare l'attrattiva che la fa esistere: una "animazione". In sé, la foto non
è affatto animata, però essa mi anima: e questo è appunto ciò che fa ogni avventura.
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Si definisce Studium una specie di interesse umano, un affetto medio, l'applicazione a una cosa, il
gusto per qualcuno, un'attenzione sollecita ma senza particolare intensità.
Attraverso di esso nasce l'interessamento a molte fotografie, sia come testimonianze politiche che
come buoni quadri storici, la partecipazione alle immagini, ai gesti, allo scenario, alle azioni è
culturale.
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C'è un altro elemento che può venire ad infrangere lo Studium: è il Punctum. Non cercato è lui che
partendo dalla scena, come una freccia, trafigge.
Questa fatalità, questa ferita, questa puntura, questo segno provocato da uno strumento aguzzo, sta
nella foto come un punto sensibile, richiama in una particolare zona dell'immagine, la punteggia.
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Le foto dove non è presente alcun Punctum sono inerti, suscitano un interesse generico, possono
piacere o non piacere senza pungere. Lo Studium appartiene all'ordine del "piacere” e non del
”amare”.
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In migliaia di foto, comprese quelle che possiedono un buon Studium, tutto accade all'interno della
cornice e muore incondizionatamente appena al di fuori di questa, ma non appena vi è un Punctum
subito si forma un fuori-campo come se l'immagine proiettasse il desiderio al di là di ciò che essa
dà a vedere.
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Il Referente della Fotografia è la cosa necessariamente reale che è stata posta dinanzi all'obiettivo
senza di cui non vi sarebbe alcuna fotografia. La pittura può simulare la realtà senza averla vista.
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Nella Fotografia non posso mai negare che "la cosa è stata là". Vi è una doppia posizione contigua
di realtà e passato.
"E' stato" è l'essenza stessa, il noema della Fotografia.
(noema = modalità oggettiva dell'apparire di una cosa nell'esperienza vissuta)
Ciò che intenzionalizzo (anima che assegno a un oggetto di conoscenza) in una foto, non è l'Arte e
neppure la Comunicazione, ma la Referenza, che è l'ordine fondatore della Fotografia.
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Guardando una foto, io includo fatalmente nel mio sguardo il pensiero di quell'istante (posa), per
quanto breve esso sia stato, in cui una cosa reale si è trovata "sospesa" davanti all'occhio, si è posta
dinanzi al piccolo foro e, almeno nell'impressione di chi guarda, vi è rimasta per sempre.
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La foto è letteralmente un'emanazione del Referete, da là sono partiti i raggi che, come la luce
differita di una stella, continuano a reggiungerci.
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Sociologi e semiologi affermano che la Fotografia non è realtà, essa è sempre codificata, thesis e
non phisis. La Fotografia non è un analogon (analogia - analogica) del mondo, ciò che essa ritrae è
costruito (relatività semantica).
I realisti comunque non considerano la Fotografia una copia del reale, ma un'emanazione del "reale
passato": una magia, non un'arte.
Domandarsi se la Fotografia è analogica oppure codificata non è un buon criterio di analisi.
L'importante è che la foto possieda una forza documentativa, e che la forza documentativa della
Fotografia verta non già sull'oggetto, ma sul tempo.
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Da un punto di vista fenomenologico, nella Fotografia il potere di autentificazione supera il potere
di raffigurazione.
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L'immagine fotografica è integra, piena, stipata: in essa non c'è posto, non si può aggiungere niente.
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Essa è indialettica....
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Nella Fotografia niente può sottrarsi e neppure trasformare, è l'attimo della posa, l'aspetto
momentaneo di un'azione (aoristo), essa non cambia mai in un'altra cosa, non è protesa.
Questa rappresentazione momentanea di un'azione non può essere mai, in essenza, un ricordo che è
sempre perfettamente concluso, completamente realizzato.
La Fotografia ripete all'infinito la stessa azione, ogni volta riempe di forza la vista.
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Oltre al campo di interesse culturale (lo Studium) e quella striatura imprevista che talvola attraversa
tale campo, che abbiamo chiamato "punctum", esiste un altro "punctum" che non è più di forma, ma
di intensità, è il Tempo.
CONCLUSIONE
Roland Barthes ci indica due possibili alternative lasciando ad ognuno di noi la possibilità di
scegliere la propria strada.
La Fotografia come relatività semantica, codice artistico che interpreta la realtà, la da a vedere
ma, infine, in essa, non vi è nessuna realtà, immagine bidimensionale e senza tempo di una realtà
che si muove in uno spazio a tre dimensioni e nel tempo.
Oppure la Fotografia come analogo del mondo, emanazione diretta di una realtà passata,
documento dell'aspetto momentaneo di un'azione, magico tempo sospeso e mai proteso verso un
altro tempo.
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Le due vie della Fotografia sono queste. Sta a me scegliere se aggiogare il suo spettacolo al codice
civilizzato delle illusioni perfette, oppure se affrontare in essa il risveglio della intrattenibile realtà.