La voce italiana e la sua identità
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La voce italiana e la sua identità
La voce italiana e la sua identità L’esperienza editoriale targata Finzi* di Ilaria Guidantoni La lingua italiana in Tunisia è molto diffusa, soprattutto al nord, per prossimità e per storia dato che nel 1881, prima dell‟episodio cosiddetto dello „schiaffo di Tunisi‟ che sancì l‟ingresso dei francesi nel Paese e la sua francesizzazione, gli italiani erano più numerosi dei cugini d‟Oltralpe. Non solo ma la comunità italiana da fine Cinquecento in avanti ha inciso con una presenza significativa dal punto di vista culturale. Viceversa, la memoria storica degli italiani in Tunisia è ricostruibile attraverso le loro pubblicazioni periodiche. Dopo tredici anni di silenzio, la fondazione del “Corriere di Tunisi”, nel 1956, diede continuità alla lunga tradizione del giornalismo italiano in terra africana. La stampa in lingua italiana, infatti, è stata “l‟iniziatrice della stampa periodica in Tunisia”, a partire dall‟edizione del “Giornale che oggi resta, per quanto ne so l‟unica pubblicazione in lingua italiana almeno del Maġrīb. Gli esordi A partire dall‟edizione del “Giornale di Tunis e Cartagine” nel 1838, che ebbe vita breve poiché il Bey Ahmed ne sospese la pubblicazione immediatamente dopo l‟uscita del primo numero, inizia l‟attività di informazione targata Italia. L‟allora signore di Tunisi temeva che potesse divenire uno strumento di divulgazione di idee sovversive. Nondimeno anche questo tipo di pubblicazioni continuò, dai primi fogli di natura risorgimentale e mazziniana, a poco a poco sostituiti da pubblicazioni di orientamento moderato e filomonarchico. Con l‟instaurazione del Protettorato francese con i trattati del Bardo (1881) e de‟ La Marsa (1883), la stampa italiana si fece promotrice di un‟intensa campagna per la difesa degli interessi dei connazionali, minacciati dalle pretese egemoniche ed assimilatrici del governo di Parigi. Protagonista indiscusso di tale campagna fu “L‟Unione”, espressione della borghesia liberale ed in particolare dell‟élite di origine livornese, fondato nel 1886 ed attivo, con alterne vicende, fino alla seconda guerra mondiale. In Tunisia, vi fu anche una fiorente produzione di giornali di orientamento anarchico e socialista, vicini alle istanze delle classi lavoratrici, delle quali si ponevano come l‟unica, autentica voce. La presenza italiana è significativa se si pensa che si parla di una question italienne che rimase, tuttavia, sospesa durante il periodo del Protettorato. L‟ingente numero di connazionali presente in Tunisia e la notevole organizzazione della collettività preoccupavano infatti le autorità francesi, timorose di perdere la loro posizione egemonica. Ancora agli inizi del „900 la comunità italiana contava circa centomila persone e si calcola che alla vigilia della prima guerra mondiale ai “cinquantamila francesi si contrapponevano centodiecimila italiani”. La volontà da parte del governo di Parigi di colpire la comunità italiana ed i tentativi di assimilazione forzata, ne hanno però rinsaldato il sentimento nazionalista. Fu così che molti immigrati videro nel Fascismo una possibilità per affermare la grandezza italiana di fronte alla grandeur francese e anche la stampa ne ha assorbito gli umori, che attirò per altro alcune antipatie presso la comunità tunisina. In tal contesto la comunità degli ebrei livornesi ha un posto a parte perché avevano rivestito, nei quasi tre secoli di presenza in terra d‟Africa, un duplice ruolo, essendo al contempo italiani ed ebrei. In quanto esponenti della borghesia commerciale livornese ed in virtù della loro capacità nella gestione dei traffici commerciali tra le due sponde del Mediterraneo, avevano conseguito un ruolo di primo piano all‟interno della comunità italiana: non è un caso il detto “la Tunisia appartiene ai livornesi”. Al contempo, a motivo della loro origine israelita, costituivano un gruppo a sé rispetto al resto degli immigrati italiani. In ogni caso non si tratta di comunità omogenea: infatti i nuovi livornesi non si fusero con i livornesi di antica immigrazione, considerati cittadini tunisini, ritenendosi veri italiani. I secondi erano per la maggior parte ebrei di origine iberica e avevano nomi spagnoli o portoghesi; gli altri erano un gruppo eterogeneo proveniente dalle differenti regioni d‟Italia, come i Finzi. Dal punto di vista culturale si sentivano, però, profondamente italiani e contribuirono a diffondere anche tra gli altri israeliti la nostra lingua e le nostre tradizioni. A causa dei vantaggi di status elargiti durante il Protettorato, però la maggior parte degli ebrei sostenne la politica francese e cercò di integrarsi nella cultura del paese dominante. Al contrario, gli israeliti livornesi, di nazionalità italiana, accentuarono la loro italianità e questo lo si nota nell‟attività culturale. Per altro costituivano un gruppo numeroso, circa tremila persone. Molte persone dell‟élite – sembra assurdo oggi – si orientarono verso il regime fascista con benevolenza, al fine di conservare i propri privilegi. Le cose cambiarono successivamente, come è presumibile ritenere per chi ormai conosce la storia. Dal 1936 infatti fu pubblicato il periodico antifascista “L‟Italiano di Tunisi”, organo della LIDU, diretto da Loris Gallico, che offriva un‟informazione attenta e capillare sia sui principali eventi internazionali sia su quelli locali. Il giornale cercava di coinvolgere tutte le forze democratiche, e di creare un legame con i movimenti nazionalisti tunisini, in particolare con il destour, “costituzione” in arabo, e il locale Partito Comunista. Infatti, un‟intera pagina fu dedicata alle lotte sindacali nel paese. La situazione si complicò ulteriormente nel 1938 con l‟adozione dell‟Italia delle leggi razziali e di una politica di discriminazione verso le componenti ebraiche. Gli ebrei italiani si trovarono costretti a mutare il proprio orientamento, in quanto tali leggi furono applicate anche verso gli israeliti emigrati all‟estero. Alcuni chiesero e ottennero la cittadinanza francese per proteggersi da tali discriminazioni. Altri scelsero di restare italiani e di combattere per una nuova democrazia. Infatti, una parte dell‟élite ebraica finanziò la realizzazione di un quotidiano d‟informazione antifascista, “Il Giornale”, redatto da numerosi giornalisti che avevano collaborato con “L‟Italiano di Tunisi” e alcuni esponenti comunisti, giunti nel paese. La dichiarazione della seconda guerra mondiale e l‟ingresso dell‟Italia, a fianco della Germania nazista contro le forze franco britanniche, il 10 giugno 1940, fece precipitare la situazione nel Paese. Tutti gli italiani furono ridotti al rango di nemici agli occhi della Reggenza. La Tunisia, fu poi sottoposta alla giurisdizione legale del governo di Vichy. Di fondamentale importanza per la storia della nostra comunità fu l‟estensione delle leggi razziali sul territorio tunisino, affermando la discriminazione legale dei cittadini di origine ebraica, con episodi molto pesanti di rastrellamento, anche se gli ebrei italiani ottennero qualche riguardo. La sconfitta dell‟Asse e l‟ingresso delle truppe angloamericane a Tunisi, il 7 maggio 1943, ebbe importanti conseguenze per gli italiani di Tunisia. Da questo momento in poi essi furono considerati come membri di una nazione contro la quale la Francia era in guerra. Gli italiani di Tunisia persero il loro status speciale e venivano sottoposti al diritto comune. Nel 1944 vi furono deportazioni, espropriazioni, la chiusura delle scuole, l‟interdizione di pubblicare giornali in lingua italiana e infine l‟espulsione di numerose famiglie. Nel Dopoguerra la popolazione francese, fino all‟Indipendenza nel 1956, aumentò sensibilmente; al contrario della popolazione italiana che si è ridotta gradualmente nel tempo. Diminuì così anche il potere economico della comunità italiana. Una nuova fase dell’identità italiana La comunità italiana è costretta a disegnare una nuova identità e il “Il Corriere di Tunisi” rappresenta al riguardo uno degli strumenti principali. Fu pubblicato per la prima volta nel 1956, dopo il conseguimento dell‟indipendenza del Paese, ma le sue origini ideali e storiche si possono reperire nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Nel cammino verso l‟Indipendenza tunisina fu particolarmente significativo il ruolo degli ebrei di Livorno, che ebbero l‟iniziativa della realizzazione di un giornale. Tra i fondatori del “Corriere di Tunisi” Giuseppe ed Elia Finzi, rispettivamente padre e figlio, due noti esponenti di una facoltosa famiglia di origine ebraica e livornese, titolari di una tipografia, nella quale nel passato erano stati stampati numerosi periodici in lingua italiana. Il giornale poté essere realizzato solo dopo l‟ottenimento dell‟indipendenza tunisina, a causa della drastica opposizione francese. Il 3 febbraio 1956 uscì per la prima volta “Il Corriere di Tunisi”, anche se la distribuzione iniziò solo in marzo, contemporaneamente alla dichiarazione d‟Indipendenza della Tunisia, il 20 marzo 1956. In realtà, immediatamente dopo il conseguimento dell‟indipendenza, furono divulgati in Tunisia due periodici in lingua italiana: “Il Corriere di Tunisi” e “L‟italo tunisino”, di tendenze opposte. Il primo affermava la necessità di restare e collaborare con la Tunisia indipendente. Questo voleva rappresentarsi come il giornale di tutti gli italiani senza distinzione di orientamento politico. Il suo stesso nome era simbolo di continuità, in quanto uno dei primi giornali del secolo scorso portava il titolo di “Corriere di Tunisi”. Inoltre, prima della guerra era stato edito in Francia un “Courrier de Tunis”, ardente difensore di ideali comuni. Tra i primi obbiettivi del giornale vi era quello di dare una nuova dignità alla collettività. “L‟Italo tunisino”, di tendenza fascista, magnificava la riaffermazione nostalgica delle “glorie passate”. Quest‟ultimo fu sospeso dopo pochi anni, in seguito ad alcune affermazioni che inneggiavano esplicitamente alla dittatura di Mussolini e la comparavano con il nascente stato tunisino. “Il Corriere di Tunisi”, al contrario, continuò le sue pubblicazioni: oggi alla direzione del giornale c‟è Silvia Finzi, figlia di Elia Finzi, scomparso a fine 2012. Secondo il direttore l‟identità proposta dal giornale dev‟essere “multipla, rappresentativa di un‟italianità che si è formata in un rapporto dialettico ed osmotico con la realtà tunisina, dando luogo ad una cultura ed una tradizione altra rispetto a quella degli italiani rimasti in patria”. *Un ringraziamento per la stesura di questo articolo è rivolto a Paolo Paluzzi e all‟intera redazione de‟ “Il Corriere di Tunisi”