L`OSSERVATORE ROMANO
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L`OSSERVATORE ROMANO
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 212 (47.347) Città del Vaticano venerdì 16 settembre 2016 . All’Associazione biblica italiana il Papa ricorda che Dio ha creato uomo e donna a sua immagine E l’Unhcr avverte che così si preparano altri conflitti D ignità da contagiare Metà dei minori migranti resta senza istruzione «Quando qualcuno disprezza, segrega, discrimina, non contagia dignità, ma il contrario». Lo ha ricordato Papa Francesco ai partecipanti alla settimana biblica nazionale organizzata dall’Associazione biblica italiana, durante l’udienza svoltasi nella mattina di giovedì 15 settembre, nella Sala Clementina. «Dio — ha spiegato in proposito riferendosi al raccon- to biblico della creazione — ci ha dato la dignità di essere suoi figli». E si tratta di una dignità, ha precisato, «che tutti noi abbiamo, uomini e donne, dignità che ha la sua radice nello stesso Creatore», come rivela la Genesi evidenziando che l’essere umano è stato voluto «a immagine di Dio» e creato «maschio e femmina». Motuproprio di Francesco Codici in armonia La volontà di armonizzare il Codice di diritto canonico con il Codice dei canoni delle Chiese orientali — in particolare su questioni riguardanti l’amministrazione del battesimo e la celebrazione del matrimonio — ha spinto il Papa a promulgare il motuproprio De concordia inter codices. L’obiettivo è quello di raggiungere «una disciplina concorde» che offra «certezza nel modo di agire pastorale» nei casi concreti presi in esame dalle norme. PAGINE 4 E 5 Partendo dal tema della relazione uomo-donna nelle Scritture, al centro dei lavori della settimana biblica, Francesco ha fatto notare che nel racconto della creazione «appare come Dio ci abbia fatto in modo “artigianale”, plasmando del fango dalla terra, cioè le mani di Dio si sono compromesse con la nostra vita». Questo vuol dire che «ci ha creato non solo con la sua parola, ma anche con le sue mani e il suo soffio vitale, quasi a dire che tutto l’essere di Dio si è coinvolto nel dare vita all’essere umano». Esiste tuttavia per l’uomo «la possibilità che questa dignità, conferitaci da Dio, possa degradarsi». Per descrivere questo atteggiamento il Papa è ricorso a un termine “calcistico”, affermando che «l’uomo ha la capacità di fare “autogol”». Ciò avviene — ha spiegato — «quando negoziamo la dignità, quando abbracciamo l’idolatria, quando facciamo posto nel nostro cuore all’esperienza degli idoli». Da qui deriva una serie di domande che Francesco ha rivolto in conclusione ai presenti e idealmente a tutti i credenti: «Come posso condividere questa dignità, così che si sviluppi in una reciprocità positiva? Come posso fare in modo che l’altro si senta degno? Come posso “contagiare” dignità? Come assumo la mia dignità? Come la faccio crescere?». Sawai Chinnawong, «Genesi - Paradiso» PAGINA 8 Sventato un attacco jihadista a Palmira mentre nel resto della Siria la tregua regge Non si ferma la lotta contro l’Is DAMASCO, 15. La tregua in Siria tiene in quasi tutti i principali teatri del conflitto: è questo il risultato della verifica effettuata ieri allo scadere delle prime 48 ore della cessazione delle ostilità. Ma non si ferma la guerra contro i jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is). La Russia sostiene di aver sventato ieri un attacco contro Palmira e di aver ucciso «in diversi raid aerei 250 terroristi». Dal canto suo, la Turchia afferma di aver eliminato nelle ultime 24 ore cinque miliziani dell’Is nel nord della Siria. La coalizione a guida statunitense ha ammesso che «in attacchi aerei degli ultimi giorni in zone in mano ai jihadisti dell’Is possono esserci state vittime civili». Come detto, l’accordo per la tregua regge. Nelle zone della Siria fuori dal controllo dell’Is i bilanci giornalieri delle vittime si sono ridotti sensibilmente: secondo l’O sser- vatorio dei diritti umani in Siria (voce dell’opposizione con sede a Londra) ieri si sono registrati 15 morti, mentre prima della tregua ogni giorno se ne contavano almeno cento. Nonostante questo dato positivo, i convogli umanitari organizzati dall’Onu e da diverse ong non hanno ancora potuto raggiungere le aree disastrate o sotto assedio, in primis Aleppo est. A poco sembrano esser valse le parole dell’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, che aveva chiesto alle parti di far sì che gli aiuti entrino il prima possibile per alleviare le difficoltà di una popolazione allo stremo. Secondo gli analisti, dopo aver ottenuto da Washington, grazie all’accordo del 7 settembre, il via libera a rimandare il dibattito sulla complessa questione del destino politico del presidente siriano Assad, Mosca si è anche assicurata il monopolio della y(7HA3J1*QSSKKM( +]!"!;!=!.! Le credenziali dell’ambasciatore dello Stato plurinazionale di Bolivia Nella mattina di giovedì 15 settembre Papa Francesco ha ricevuto in udienza sua Eccellenza il signor Julio César Caballero Moreno, nuovo ambasciatore dello Stato plurinazionale di Bolivia, per la presentazione delle lettere con cui è stato accreditato presso la Santa Sede gestione degli aiuti umanitari nell’area di Aleppo. I russi pattugliano da ieri l’unica via d’accesso alla parte orientale della città. Sempre Mosca ha stabilito ieri il percorso militare e politico da intraprendere durante la tregua in corso: lo stato maggiore russo ha fatto presente la necessità di un’estensione della cessazione delle ostilità per altre 48 ore dopo la scadenza ufficiale, prevista per domani. Parlando col segretario di stato americano, John Kerry, il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov, ha inoltre sottolineato l’urgenza di «separare l’opposizione moderata siriana dalle frange estremiste». Sul terreno, le parti in conflitto — i governativi di Assad e i ribelli — continuano ad accusarsi a vicenda di aver violato la tregua. Lo stato maggiore russo afferma che numerose violazioni sono state commesse da Ahrar al-Sham, una milizia jihadista molto legata alle frange qaediste, che condivide anche molti punti dell’ideologia dell’Is, ma che è esclusa dalla lista nera dei gruppi «terroristi» concordata tra Russia e Stati Uniti. Dal canto suo, l’O sservatorio dei diritti umani ha denunciato il ferimento ieri di una bambina nel corso di bombardamenti aerei governativi su una località controllata da insorti a nord di Hama, nella Siria centrale. Mentre l’agenzia governativa Sana afferma che miliziani delle opposizioni avrebbero violato la tregua sparando colpi di mortaio a nord di Homs, ma senza causare vittime. Tensione anche sulle alture del Golan, al confine con Israele. Un proiettile di mortaio proveniente dal territorio siriano è esploso nel nord del territorio senza provocare vittime né danni materiali. Negli ultimi giorni l’aviazione israeliana è entrata in azione due volte, centrando postazioni dell’esercito siriano da dove presumibilmente erano partiti i colpi. In ogni caso — come riferito dai media israeliani — le autorità militari consentono l’ingresso in Israele non solo di siriani feriti nei combattimenti, ma anche di persone che ne- cessitano di normali cure mediche. Ogni giorno dalla linea di demarcazione un autobus raccoglie i siriani bisognosi di cure e li conduce in un ospedale della Galilea. Nel frattempo, oggi il capo di stato maggiore russo, il generale Valery Gerasimov, sarà in visita ad Ankara per discutere con l’omologo turco, il generale Hulusi Akar, «della situazione e delle prospettive di soluzione della crisi in Siria». Lo ha annunciato il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, come riporta la Tass. Gerasimov era atteso ad Ankara già il 26 agosto, ma la visita era saltata all’ultimo momento. Secondo l’agenzia Anadolu, il rinvio dell’incontro era stato annunciato subito dopo l’avvio dell’operazione militare turca nel nord della Siria, condotta con il supporto della coalizione a guida statunitense e criticata dal Cremlino. Bambini nel campo profughi di Kokkinotrimithia a Cipro (Afp) BRUXELLES, 15. Esclusi da qualunque percorso di istruzione: accade a oltre la metà dei minori migranti, secondo l’allarme lanciato dall’Unhcr. Intanto, nella notte c’è stato l’ennesimo sbarco di centinaia di persone sulle coste italiane, tratte fortunatamente in salvo nelle acque del Mediterraneo, ma tra loro c’erano anche cinque cadaveri. Si fa sempre più allarmante il quadro sui minori coinvolti nei flussi migratori nel mondo. Sono almeno 3,7 milioni i bambini che non ricevono alcuna istruzione primaria o secondaria: tra questi, 900.000 vivono in Siria. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha pubblicato questi dati sottolineando che la cifra rappresenta oltre la metà dei sei milioni di migranti in età scolare. «Troppo spesso — ha sottolineato l’Alto commissario Filippo Grandi — l’educazione per i bambini rifugiati viene considerata un lusso, un optional extra non essenziale dopo il cibo, l’acqua, un posto dove stare e le cure mediche». Grandi ha ricordato che «la mancanza di un’istruzione di base può essere enormemente dannosa, non solo per gli individui, ma anche per la società, perpetuando cicli di scontri e ulteriori movimenti di massa di persone». In vista del vertice al Palazzo di Vetro sui migranti, che si terrà il 19 settembre, Grandi, dunque, ha invitato i Paesi donatori a farsi carico di questo problema. Guardando all’Italia, un’intera notte ci è voluta per completare lo sbarco di 656 migranti arrivati ieri nel tardo pomeriggio nel porto di Il lato umano della matematica I sette samurai del pensiero astratto CARLO MARIA POLVANI A PAGINA Udienza al principe ereditario di Abu Dhabi 6 Pozzallo, in Sicilia. Prima sono stati sbarcati i feriti e tra questi un migrante colpito da arma da fuoco. L’uomo ha dichiarato di essere stato ferito prima di partire dalla Libia a bordo di un gommone. Ma i migranti ricoverati in ospedale sono stati in totale 17: ci sono anche 13 donne in gravidanza e quattro persone con traumi o malesseri organici. L’hot spot di Pozzallo è strapieno e la polizia sta organizzando il trasferimento dei rifugiati in centri d’accoglienza del Nord. In Germania, in tema di migranti bisogna riferire di scontri fra estremisti di destra e profughi, avvenuti ieri notte nella cittadina di Bauzen, in Sassonia. Ottanta militanti di estrema destra e 20 giovani profughi si sono affrontati prima dell’arrivo della polizia. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eminenza il Metropolita Hilarion di Volokolamsk, Presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza Monsignor Emil Paul Tscherrig, Arcivescovo titolare di Voli, Nunzio Apostolico in Argentina. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Altezza lo Sceicco Mohammed Bin Zayed bin Sultan Al-Nahyan, Principe Ereditario di Abu Dhabi, e Seguito. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza il Dottor Filippo Grandi, Alto Commissario per i Rifugiati delle Nazioni Unite. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor Julio César Caballero Moreno, Ambasciatore dello Stato Plurinazionale di Bolivia, per la presentazione delle Lettere Credenziali. Nella mattina di giovedì 15 settembre il Pontefice ha ricevuto in udienza sua Altezza lo sceicco Mohammed Bin Zayed bin Sultan Al-Nahyan principe ereditario di Abu Dhabi, e seguito Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza l’Eminentissimo Cardinale Cláudio Hummes, Prefetto emerito della Congregazione per il Clero, con Sua Eccellenza Monsignor Jaime Vieira Rocha, Arcivescovo di Natal (Brasile). L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 venerdì 16 settembre 2016 Operai al lavoro sulla barriera al confine tra Stati Uniti e Messico (Reuters) Caracas rifiuta di cedere la presidenza di turno a quattro Paesi fondatori S’inasprisce la crisi del Mercosur CARACAS, 15. S’inasprisce la crisi del Mercosur, il mercato comune dell’America meridionale. Il ministro degli Affari esteri del Venezuela, Delcy Rodríguez, ha criticato la decisione adottata da quattro Paesi fondatori (Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay) di assumere congiuntamente la presidenza dell’organismo, invece di accordarla, come previsto, a Caracas. Rodríguez ha sottolineato che il suo Paese, «nel pieno esercizio della presidenza pro tempore del Mercosur», respinge la decisione. Quest’ultima infatti «pretende di distruggere il Mercosur con astuzie antigiuridiche e mette in evidenza l’intolleranza politica e la disperazione dei burocrati». Caracas — ha aggiunto il ministro — «con la sua diplomazia della pace bolivariana coltiva rapporti di unione e fratellanza con i popoli del mondo». La crisi interna al Mercosur si è aperta alcuni giorni fa quando il ministro degli Affari esteri brasiliano, José Serra, ha annunciato appunto che la presidenza semestrale sarebbe stata gestita non dal Venezuela — come di fatto prevede il meccanismo di turnazione, che segue l’ordine alfabetico — bensì da una commissione congiunta di rappresentanti dei quattro Paesi fondatori del blocco economico. La motivazione addotta è la mancata adeguazione da parte del Venezuela dei propri ordinamenti alle esigenze normative del Mercosur, su diverse materie. A sostegno di questa tesi è stato portato anche un recente rapporto paraguaiano che certifica i ritardi del Governo venezuelano, mettendo in risalto come le procedure di adeguazione su «temi essenziali» non siano state portate a termine. Sullo sfondo della disputa, si trova la grave crisi politica ed economica che il Venezuela attraversa. Da una parte, c’è il durissimo scontro tra il governo del presidente Nicolás Maduro e l’opposizione, capeggiata dal Tavolo dell’unità democratica (Mud), che controlla il Parlamento. D all’altra, c’è una popolazione sempre più allo stremo: nel Paese manca tutto, dai generi alimentari alle medicine, e ogni giorno migliaia di persone sono costrette ad attraversare il confine con la Colombia per godere dei servizi di base. Il mese scorso il Fondo latinoamericano di riserva (Flar) ha approvato l’erogazione di 482 milioni di dollari alla Banca centrale venezuelana, per «contribuire alla stabilità economica della regione». In questo quadro, la Santa Sede si è detta disposta a mediare fra il governo e l’opposizione. Tuttavia, questa mediazione potrà diventare effettiva solo se saranno le parti in causa a chiedere direttamente l’intervento della Santa Sede. A luglio era stato il segretario dell’Unasur, Ernesto Samper, a chiedere l’intervento di Papa Francesco per facilitare il dialogo. L’ex presidente del governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, che agisce come mediatore a nome dell’Unasur, ha incontrato pochi giorni fa Maduro, in un colloquio ch’egli ha definito «positivo». Polizia e dimostranti durante una manifestazione di protesta a Caracas (Ansa) L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Più rifugiati negli Stati Uniti WASHINGTON, 15. L’Amministrazione di Barack Obama si è posta come obiettivo di accogliere almeno 110.000 rifugiati nell’anno fiscale 2017, contro gli 85.000 del 2016. È quanto ha affermato il segretario di Stato, John Kerry, in vista del summit sui rifugiati voluto da Obama nell’ambito dell’assemblea generale dell’Onu, il 19 settembre. Si tratta di un aumento del 57 per cento dal 2015. La questione dei rifugiati è uno degli argomenti caldi di dibattito elettorale. Il candidato repubblicano Donald Trump, dopo aver proposto un bando di tutti i migranti musulmani negli Stati Uniti, lo ha poi ristretto a quelli provenienti da Paesi con la piaga del terrorismo, Siria compresa. La sua rivale democratica, Hillary Clinton, si è detta invece favorevole ad accogliere un maggior numero di rifugiati dalla Siria. Il nuovo ambasciatore dello Stato plurinazionale di Bolivia L’Ifad chiede di sostenere l’agricoltura Sviluppo delle zone rurali per la lotta alla fame ROMA, 15. Tre quarti degli 800 milioni di persone che vivono in estrema povertà si trovano in aree rurali e, dunque, il mondo ha bisogno di produrre più cibo. Sono dati pubblicati nel Rural Development Report presentato ieri a Roma dal Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (Ifad). Nel mondo 2,5 miliardi di persone dipendono da piccole aziende agricole che producono l’80 per cento del cibo consumato in Asia e Africa subsahariana. «Il rapporto — ha sottolineato Kanayo Nwanze, presidente dell’Ifad — dimostra la necessità di un approccio molto più integrale e olistico nei confronti dell’economia». L’Ifad in sostanza chiede una trasformazione dell’agricoltura nei Paesi in via di sviluppo. Il rapporto si basa sullo studio di 60 Paesi in via di sviluppo, 39 dei quali hanno già in atto una trasformazione dell’economia che include anche l’agricoltura. Ashwani Muthoo, direttore per il Global Engagement di Ifad ha spiegato che «alla fine si dimostra che entro il 2050 il mondo ha bisogno del 60 per cento in più di cibo L’Fmi denuncia crescita mondiale troppo bassa da troppo tempo WASHINGTON, 15. Il Fondo monetario internazionale (Fmi) torna a mettere in luce una crescita mondiale «troppo bassa per troppo tempo». Christine Lagarde, direttore generale dell’istituto di Washington, in un intervento pronunciato a Toronto, in Canada, ha affermato che probabilmente taglierà nuovamente le sue stime di crescita mondiale quando pubblicherà il suo World Economic Outlook il prossimo mese nell’ambito degli Annual Meetings che si svolgeranno nel suo quartiere generale. Il 2016 rischia di essere «il quinto anno consecutivo con una crescita del pil (prodotto interno lordo, ndr) globale sotto il 3,7 per cento, la media dei quasi due decenni precedenti la crisi finanziaria del 2008». Lagarde ha fatto notare che fino a ora «sono state le banche centrali a farsi carico del peso maggiore negli ultimi anni». Ora, invece «le politiche fiscali devono giocare un ruolo maggiore nelle nazioni che hanno spazio addizionale di spesa». Altra raccomandazione: «tenere a bada le spinte protezionistiche che non servono a nessuno». I Paesi dell’Area euro, per esempio, «possono aumentare la produttività accelerando le riforme strutturali, abbassando le barriere all’ingresso nel settore dei servizi e aumentando la ricerca e lo sviluppo». Kerry annuncia quasi un raddoppio per l’anno prossimo per poter sfamare la popolazione: una sfida molto importante». In Africa, in particolare, fino al 50 per cento la forza lavoro è legata in qualche modo all’agricoltura. E, fra gli esempi positivi citati dal rapporto, c’è il caso di centinaia di piccoli produttori di latte che grazie all’aiuto dell’Ifad si sono messi insieme, aumentando di tre volte la produttività e riducendo i costi. In definitiva, bisogna investire in agricoltura, soprattutto in quella piccola, e in settori come i servizi finanziari, le infrastrutture o l’accesso ai mercati indispensabili alle aree rurali. Il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, durante la presentazione del rapporto alla Farnesina, ha affermato che «la sfida è decisiva per tutti, perché riguarda anche la capacità di incidere su problemi globali come i cambiamenti climatici, o il controllo dei flussi migratori». Bayer acquisisce Monsanto Oltre un miliardo di persone restano fuori dai processi di crescita LONDRA, 15. Senza aiuto pubblico allo sviluppo 314 milioni di persone sono condannate a rimanere povere. È quanto ha denunciato l’Oxfam, la confederazione internazionale specializzata in aiuto umanitario e progetti di sviluppo, a un anno dalla firma dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile. Almeno una persona su cinque nel mondo — ha ricordato l’ultimo rapporto dell’Oxfam — vive con meno di un dollaro e mezzo al giorno, beneficiando solo dell’un per cento proveniente dalla crescita economica su GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio scala globale. Oltre un miliardo di persone, di fatto, vengono lasciate fuori dai processi di sviluppo. E la maggior parte delle persone più povere al mondo vive in Paesi che nei prossimi 15 anni non saranno in grado di assicurare risorse interne per lo sviluppo. Ecco perché Oxfam ha evidenziato che in 47 di questi Paesi l’aiuto pubblico rimarrà la principale fonte di finanziamento assieme agli investimenti privati. «In un mondo sempre più complesso — ha spiegato la direttrice Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va delle campagne di Oxfam Italia, Elisa Bacciotti — è vitale che gli aiuti allo sviluppo siano efficaci, solo così si potranno seriamente affrontare disuguaglianza, povertà estrema, cambiamenti climatici e migrazione forzata, raggiungendo gli Obiettivi di sviluppo sostenibile». Aumentare e rendere più efficaci gli aiuti allo sviluppo, dunque, risulta essere l’unico modo per portare i più poveri nella condizione di essere cittadini attivi e di influire sulle decisioni che riguardano la loro vita. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale BERLINO, 15. Accordo fatto tra Bayer e Monsanto, una fusione da 66 miliardi di dollari che segna la nascita di un colosso mondiale dell’agricoltura. Dopo trattative durate quattro mesi, alla fine il gigante chimico-farmaceutico tedesco è riuscito a spuntarla e a mettere le mani sulla multinazionale statunitense di biotecnologia agraria. Obiettivo, creare un leader globale dell’agricoltura, primo produttore al mondo di sementi e pesticidi con un fatturato valutato 26 miliardi di dollari. Un mercato in forte espansione, con gli agricoltori spinti ad aumentare la produzione per far fronte alla crescita della popolazione mondiale che si stima raggiungerà i 10 miliardi nel 2050. L’operazione dovrebbe essere finalizzata entro la fine del 2017 e rappresenta l’acquisizione maggiore messa a segno quest’anno. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Sua Eccellenza il signor Julio César Caballero Moreno, nuovo ambasciatore dello Stato plurinazionale di Bolivia, è nato il 31 maggio 1965. È sposato e ha tre figli. Laureato in letteratura e scienze giuridiche e sociali (Universidad Privata Tecnológica di Santa Cruz - Universidad del Pais Vasco, España, 2008), ha poi conseguito un dottorato in filosofia del diritto (Universidad Privada de Santa Cruz - Universidad del Pais Vasco, España, 2013). Ha ottenuto anche un master in diritto costituzionale (Universidad Privada de Santa Cruz - Universidad del Pais Vasco, España, 2010) e uno in comunicazione aziendale (Escuela Europea de Negocios). Ha ricoperto i seguenti incarichi: direttore nazionale della Noticias UNITE (1994-2000); capo dipartimento dell’immagine aziendale di Cotes Ltda (2000-2011); direttore esecutivo dell’Escuela Internacional de Alta Gestión, 2011-2012; docente del post grado presso l’Universidad Jaume I de Catellón - España (dal 2011); direttore generale del Consorcio Publicitario (2012-2013); direttore del post grado presso l’Universidad Privata Tecnológica de Santa Cruz (dal 2013); direttore esecutivo dell’Istituto Latinoamericano del Conocimiento (20132016). A sua Eccellenza il signor Julio César Caballero Moreno, nuovo ambasciatore dello Stato plurinazionale di Bolivia, nel momento in cui si accinge a ricoprire il suo alto incarico, giungano le felicitazioni del nostro giornale. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 16 settembre 2016 pagina 3 Il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi insieme al presidente Obama (Reuters) Annunciato un rafforzamento della cooperazione con Israele Obama rilancia la soluzione dei due stati WASHINGTON, 15. «Gli Stati Uniti continueranno a lavorare in vista della soluzione dei due stati per due popoli». Con queste parole, ieri, il presidente statunitense, Barack Obama, ha rilanciato l’urgenza di una ripresa del dialogo tra israeliani Baghdad nel mirino del terrore BAGHDAD, 15. È di almeno sette morti il bilancio dell’ennesima giornata di violenza a Baghdad, la capitale irachena. Lo riferisce l’agenzia di stampa Anadolu, citando fonti di sicurezza. Ieri, nel quartiere orientale di Al Rashad, alcuni uomini armati non identificati hanno fatto irruzione in una casa uccidendo un uomo, la moglie e due figli. Sempre a Baghdad, altre due persone sono morte e otto sono state ferite nell’esplosione di una bomba nei pressi di un mercato nel quartiere settentrionale di Al Tarmiya. Un commando, infine, ha aperto il fuoco contro un mezzo pubblico nel quartiere occidentale di Al Adl, uccidendo l’autista. La situazione nel Paese resta sempre molto tesa nonostante i gruppi jihadisti siano ormai allo sbando. Il vicesegretario di Stato americano, Antony Blinken, che due giorni fa era a Baghdad in visita, ha affermato che le forze irachene hanno strappato finora ai jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is) la metà dei territori che aveva conquistato nel 2014, l’anno della sua massima espansione nel Paese. Blinken ha anche annunciato lo stanziamento di 181 milioni di dollari da parte di Washington per aiuti umanitari, che dovranno servire soprattutto per far fronte a una nuova ondata di profughi interni prevista per quando le truppe lealiste lanceranno l’offensiva per riconquistare Mosul, la seconda città più grande del Paese, considerata una roccaforte dell’Is. Blinken, accompagnato dall’inviato speciale della Casa Bianca per la Coalizione internazionale, Brett McGurk, ha incontrato il primo ministro iracheno Haidar Al Abadi. e palestinesi, auspicando la fine delle violenze e il raggiungimento di un accordo globale su tutti i punti del contenzioso. «L’unica via che Israele ha per crescere e prosperare come stato ebraico e democratico — ha sottolineato Obama — è la realizzazione di uno stato palestinese indipendente e vitale». Parole importanti, quelle del presidente statunitense, che riportano in primo piano la situazione in Vicino oriente, dopo le recenti tensioni sulle alture del Golan e gli scontri in Cisgiordania. I negoziati diretti tra israeliani e palestinesi sono fermi da almeno due anni, e questo soprattutto a causa della questione degli insediamenti. Risale infatti all’inizio di questo mese l’ultimo annuncio israeliano per la costruzione di 446 nuove case negli insediamenti in Cisgiordania. In precedenza, all’inizio di luglio il governo presieduto da Benjamin Netanyahu aveva pubblicato i bandi per la costruzione di 800 nuove abitazioni ebraiche a Gerusalemme est, precisamente nell’insediamento di Maleh Adu- mim. E questo suscitando le critiche di Onu e Stati Uniti. Obama ha rilanciato la soluzione dei due stati per due popoli nel corso della cerimonia per la firma di un accordo per l’assistenza militare a Israele, che prevede forniture pari a 38 miliardi di dollari in dieci anni. «Da quando esiste Israele, gli Stati Uniti sono stati il suo principale partner e amico: un fatto sottolineato ancora una volta oggi» ha detto il capo della Casa Bianca. «Questo impegno sulla sicurezza di Israele è risoluto ed è basato su una sincera e profonda preoccupazione per il benessere del popolo israeliano e per il futuro dello stato di Israele». Netanyahu ha ringraziato Washington, parlando di «uno storico accordo». Intanto, sul terreno la tensione è sempre alta. Ieri, in risposta a un colpo di mortaio lanciato la notte scorsa dalla Striscia di Gaza verso il sud di Israele, l’esercito israeliano ha compiuto raid per colpire diverse postazioni di Hamas. Non sono state segnalate vittime. Suu Kyi alla Casa Bianca WASHINGTON, 15. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha affermato che l’Amministrazione di Washington è pronta a togliere le sanzioni economiche nei confronti del Myanmar. La svolta è stata annunciata ieri, in occasione della visita ufficiale alla Casa Bianca del consigliere di Stato e ministro degli Esteri del Myanmar, il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Il presidente ha spiegato che la decisione verrà presa grazie ai progressi compiuti dal Paese asiatico negli ultimi mesi sul fronte delle riforme. «È la cosa giusta da fare — ha aggiunto Obama — per assicurare che il po- polo venga premiato dal nuovo modo di agire del nuovo governo». Dopo avere sottolineato la positiva trasformazione politica e sociale in atto in Myanmar, Obama ha reso noto che verranno ripresi i rapporti commerciali. «Resta però ancora molto da fare — ha concluso il presidente — ma Aung San Suu Kyi è la prima a saperlo». Le affermazioni di Obama sono state criticate da alcuni gruppi di attivisti per la difesa dei diritti umani, per i quali togliere l’embargo al Myanmar «è prematuro». Rimane, infatti, sul tavolo la questione dei profughi rohingya. Stanziato da New Delhi per progetti di sviluppo sociali ed economici Un miliardo di dollari all’Afghanistan NEW DELHI, 15. L’India ha annunciato ieri, in occasione della visita a New Delhi del presidente afghano, Ashraf Ghani, lo stanziamento di un miliardo di dollari che potrà essere utilizzato da Kabul per progetti di sviluppo sociali ed economici. È questo uno dei risultati più importanti del colloquio fra lo stesso Ghani e il primo ministro indiano, Narendra Modi. Un comunicato congiunto diffuso al termine dell’incontro ha specificato che i settori in cui il denaro sarà utilizzato sono l’istruzione, la salute, l’agricoltura, la formazione professionale, l’emancipazione femminile, l’energia, le infrastrutture e il consolidamento delle istituzioni democratiche. La stretta di mano tra il presidente afghano Ghani e il premier indiano Modi a New Delhi (Reuters) Esaminando la situazione regionale, Ghani e Modi hanno espresso «grave preoccupazione per il continuo uso del terrorismo e della vio- Presentati i risultati della missione Gaia Censimento galattico Segnali di distensione in Libia TRIPOLI, 15. Dalla Libia arrivano toni apparentemente concilianti sulla crisi nella Mezzaluna petrolifera. Il Governo di accordo nazionale libico riconosciuto dall’Onu di Fayez Al Sarraj ha invitato ieri le parti a un tavolo negoziale per trovare una soluzione alla spinosa disputa. E il generale Haftar, vicino al Parlamento di Tobruk, riconosciuto internazionalmente, ha tenuto a precisare «che il blitz alle strutture petrolifere è stato fatto per liberare i pozzi da miliziani che ne avevano bloccato l’export». Adesso, ha aggiunto, i terminal passeranno alla National Oil Corporation, l’ente statale che gestisce il greggio. «Gli occidentali si rassicurino, la nostra operazione non è contro i loro interessi», ha precisato il generale. Nel motivare la richiesta di un incontro urgente fra le parti, Al Sarraj ha sottolineato di avere accettato di essere «capo di un governo di unità di tutti i libici per proteggerli e unirli contro il terrorismo», ma che «non accetterà mai di guidare una fazione libica o una guerra contro un’altra fazione per motivi politici o ideologici». Washington pronta a togliere l’embargo al Myanmar La prima mappa della Via Lattea realizzata sulla base dei dati di Gaia (Afp) BRUXELLES, 15. Milioni di stelle identificate e archiviate in un immenso censimento che vuole tracciare i confini della nostra galassia, la Via Lattea. Questo l’obiettivo della missione Gaia, dell’Agenzia spaziale europea, che da anni lavora nel campo dell’astrometria, quel settore dell'astronomia dedicata alla misura delle posizioni, distanze e velocità delle stelle. Ieri, nel corso di una conferenza stampa al centro Esa Estac presso Madrid, il team di Gaia ha reso pubblici i primi risultati della missione, basati sulle osservazioni condotte nell’ultimo anno. Un ricco bottino da circa un miliardo di stelle, di cui sono state misurate la posizione e la luminosità con precisione senza precedenti. Oltre a questa mappatura galattica, gli scienziati di Gaia hanno annunciato altri risultati, come la misura del moto di circa due milioni di stelle e il monitoraggio di tremila stelle variabili. I dati sono stati illustrati e spiegati in un cospicuo numero di articoli scientifici, in cui il team discute i principali risultati prodotti dall’analisi. Ma la missione Gaia ha uno scopo ben più ambizioso. Nel corso delle sue osservazioni, questa missione da 740 milioni di euro (450 solo per il satellite) consentirà di misurare con altissima precisione la posizione di più di un miliardo di stelle fino alla quindicesima magnitudine, ovvero quattro milioni di volte più deboli di Sirio, la stella più brillante del cielo. Per ciascuna stella, Gaia ne misurerà la posizione con una precisione di venti milionesimi di secondo d’arco, circa le dimensioni angolari della capocchia di uno spillo sulla superficie lunare. lenza». Durante una conferenza stampa, entrambi i leader hanno, quindi, evidenziato «la determinazione a contrastare il terrorismo e a rafforzare la cooperazione nell’ambito della sicurezza e della difesa, come prospettato nell’accordo di partnership strategica indo-afghano». A una domanda specifica sulla possibilità di fornitura di armi e di addestramento militare da parte dell’India all’Afghanistan, il viceministro degli Esteri indiano, S. Jaishankar, ha ricordato che «in passato abbiamo già fatto una esperienza di formazione» e che «di recente il capo di Stato maggiore dell’esercito indiano, generale Qadam Shah Shahim, si è recato in Afghanistan». Gli accordi stipulati con Kabul si inseriscono in un discorso diplomatico più ampio intrapreso dal Governo indiano. Per rafforzare i propri legami con tutti i Paesi del mondo l’India ha infatti messo a punto un piano in base al quale ogni ministro e sottosegretario di Stato dovrà recarsi entro fine 2016 in almeno due Nazioni dove negli ultimi due anni non si sono registrate visite ufficiali indiane. Le direttive di questo ambizioso progetto, ha detto un portavoce governativo, sono basate sui principi di «contatto e dialogo» con tutti i Paesi del mondo. La prima serie di visite è riservata all’Europa orientale (Ungheria, Bosnia ed Erzegovina, Lettonia ed Estonia) e all’America centrale (Nicaragua e Panamá). L’esempio di questo impegno, mirante anche a costruire un consenso rispetto al processo di riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu, è stato dato dallo stesso premier Modi, che nei due anni del suo mandato ha visitato ben 43 Paesi. Pechino si oppone alle misure contro Pyongyang PYONGYANG, 15. La Cina si oppone alle sanzioni unilaterali contro il regime comunista della Corea del Nord, spiegando che «non aiutano a risolvere la questione» nella penisola coreana. Durante un colloquio, ieri, con il suo omologo giapponese, Fumio Kishida, il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha sottolineato che lavorerà all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per «una risposta adeguata» al test nucleare di Pyongyang di venerdì scorso. Dal canto suo, Kishida ha definito «imperdonabile» il test nucleare, il più potente mai condotto dalla Corea del Nord, che rappresenta una «seria minaccia» alla sicurezza del Giappone. Pechino vuole la denuclearizzazione della penisola coreana e ha manifestato forte opposizione contro l’esplosione dell’ordigno atomico già dalle prime ore dopo l’esperimento. Ma per gli Stati Uniti, indicano gli analisti politici, la posizione cinese sulla Corea del Nord non è «sufficientemente forte». In un rapporto pubblicato sul sito della John Hopkins University di Washington, un gruppo di esperti ha fatto sapere che Pyongyang è pronta a produrre 20 bombe nucleari entro la fine dell’anno, con avanzate strutture per l’arricchimento dell’uranio e una riserva già esistente di plutonio. Firma di un memorandum d’intesa tra la Segreteria di Stato e il Governo degli Emirati Arabi Uniti Giovedì 15 settembre, nel Palazzo Apostolico Vaticano, alla presenza di Sua Eminenza il Signor Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, e di Sua Altezza lo Sceicco Mohammed bin Zayed bin Sultan Al Nahyan, Principe Ereditario dell’Emirato di Abu Dhabi e Vice-Comandante Supremo delle Forze Armate degli Emirati Arabi Uniti, Sua Eccellenza Monsignor Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati, e Sua Altezza lo Sceicco Abdulla bin Zayed Al Nahyan, Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale degli Emirati Arabi Uniti, hanno sottoscritto un Memorandum of Understanding tra la Segreteria di Stato e il Governo degli Emirati Arabi Uniti sull’esenzione mutua di visti d’ingresso per i titolari di passaporti diplomatici e di passaporti speciali (ufficiali e di servizio). Il Memorandum è entrato in vigore con la firma delle due Parti. pagina 4 L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 16 settembre 2016 venerdì 16 settembre 2016 Pubblichiamo di seguito il testo in latino e in italiano della lettera apostolica in forma di motuproprio «De concordia inter Codices» con la quale Papa Francesco ha disposto alcune modifiche alle norme del Codice di Diritto Canonico per armonizzarle con quelle del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Giacomo Balla «Armonia dinamica» All’insegna delle esigenze pastorali Motuproprio su alcune norme del diritto canonico latino e orientale Codici in armonia Litterae Apostolicae Motu Proprio datae Quibus nonnullae normae Codicis Iuris Canonici immutantur De concordia inter Codices valde solliciti, quasdam discrepantias animadvertimus inter Codicis Iuris Canonici et Codicis Canonum Ecclesiarum Orientalium normas reperiri. Duo enim Codices partim communes normas continent, partim vero peculiares ac proprias, id quod utrumque autonomum reddit. Oportet tamen ut etiam peculiares normae apte inter se componantur. Namque discrepantiae, si et quatenus adsint, in pastorali praxi incommoda secum ferunt, praesertim cum relationes inter membra tum ad Ecclesiam latinam tum ad aliquam Ecclesiam orientalem pertinentia moderandae sunt. Id accidit praesertim nostris temporibus, cum nempe ex populorum migratione sequatur ut plures christifideles orientales in regionibus latinis degant. Quaestiones pastorales et iuridicae haud paucae inde sunt exortae, quae ut solvantur accommodatas normas postulant. Speciatim est memorandum christifideles orientales ad suum cuiusque ritum servandum teneri, ubicumque terrarum inveniantur (cfr. CCEO can. 40 § 3; Conc. Oecum. Vat. II, Decr. Orientalium Ecclesiarum, 6), ac proinde auctoritatis ecclesiasticae competentis est maximopere curare ut congrua media apparentur quibus ipsi hanc suam obligationem implere queant (cfr. CCEO can. 193, § 1; CIC can. 383 §§ 1-2; Adhort. ap. postsyn. Pastores gregis, 72). Normarum concordia haud dubie medium est quod valde iuvabit ut venerabilium rituum orientalium incremento faveatur (cfr. CCEO can. 39), ita ut Ecclesiae sui iuris curam pastoralem efficacius exercere valeant. Prae oculis tamen habenda est necessitas agnoscendi peculiares notas disciplinares illius regionis in qua relationes interecclesiales eveniunt. In Occidente enim, qui est maiore ex parte latinus, oportet consentaneam aequilibritatem servari inter tutelam iuris proprii minoris partis orientalis et obsequium exhibendum erga historicam traditionem canonicam maioris partis latinae, ita ut indebiti concursus et conflictus vitentur omniumque catholicarum communitatum in illa regione commorantium fructuosa cooperatio foveatur. Accedit et alia ratio ut normae CIC expressis quibusdam compleantur dispositionibus, iis quidem similibus quae in CCEO continentur, postulatio nempe ut accuratius determinentur relationes cum christifidelibus ad Ecclesias orientales non catholicas pertinentibus, quorum in praesentia auctus est numerus in territoriis latinis. Prae oculis quoque habendum est canonistarum commentaria animadvertisse discrepantias quasdam inveniri inter utrumque Codicem ac fere unanimiter ostendisse quae sint praecipuae quaestiones et quomodo eae concordes sint reddendae. Finis igitur normarum quae his Litteris Apostolicis Motu Proprio datis introducuntur in eo consistit ut perveniatur ad concordem disciplinam, quae certam signet viam sequendam singulis in casibus in exercitio curae pastoralis. Pontificium Consilium de Legum Textibus per Commissionem peritorum in Iure canonico orientali et latino quaestiones repperit quae prae ceteris egere videntur accommodata renovatione legislativa sicque textum elaboravit transmissum ad triginta circiter totius orbis Consultores et Iuris canonici cultores necnon ad Auctoritates Ordinariatuum latinorum pro orientalibus. Expensis receptis animadversionibus, novus textus approbatus est a Sessione Plenaria Pontificii Consilii de Legum Textibus. His omnibus perpensis, quae sequuntur decernimus: Art. 1. Canon 111 CIC integre sequenti textu substituitur, in quo adiungitur nova paragraphus et nonnullae expressiones mutantur: §1 Ecclesiae latinae per receptum baptismum adscribitur filius parentum, qui ad eam pertinent vel, si alteruter ad eam non pertineat, ambo concordi voluntate optaverint ut proles in Ecclesia latina baptizaretur; quodsi concors voluntas desit, Ecclesiae sui iuris ad quam pater pertinet adscribitur. §2 Si vero unus tantum ex parentibus sit catholicus, Ecclesiae ad quam hic parens catholicus pertinet adscribitur. §3 Quilibet baptizandus qui quartum decimum aetatis annum expleverit, libere potest eligere ut in Ecclesia latina vel in alia Ecclesia sui iuris baptizetur; quo in casu, ipse ad eam Ecclesiam pertinet quam elegerit. pagina 5 Art. 2. Canon 112 CIC integre sequenti textu substituitur, in quo adiungitur nova paragraphus et nonnullae expressiones mutantur: §1. Post receptum baptismum, alii Ecclesiae sui iuris ascribuntur: 1° qui licentiam ab Apostolica Sede obtinuerit; 2° coniux qui, in matrimonio ineundo vel eo durante, ad Ecclesiam sui iuris alterius coniugis se transire declaraverit; matrimonio autem soluto, libere potest ad latinam Ecclesiam redire; 3° filii eorum, de quibus in nn. 1 et 2, ante decimum quartum aetatis annum completum itemque, in matrimonio mixto, filii partis catholicae quae ad aliam Ecclesiam sui iuris legitime transierit; adepta vero hac aetate, iidem possunt ad latinam Ecclesiam redire. §2. Mos, quamvis diuturnus, sacramenta secundum ritum alius Ecclesiae sui iuris recipiendi, non secumfert adscriptionem eidem Ecclesiae. §3. Omnis transitus ad aliam Ecclesiam sui iuris vim habet a momento declarationis factae coram eiusdem Ecclesiae Ordinario loci vel parocho proprio aut sacerdote ab alterutro delegato et duobus testibus, nisi rescriptum Sedis Apostolicae aliud ferat; et in libro baptizatorum adnotetur. Art. 3. Paragraphus secunda can. 535 integre sequenti textu substituitur: Art. 4. Numerus secundus primae paragraphi can. 868 CIC integre sequenti textu substituitur: §1. 2° spes habeatur fundata eum in religione catholica educatum iri, firma §3; quae si prorsus deficiat, baptismus secundum praescripta iuris particularis differatur, monitis de ratione parentibus. Art. 5. Canon 868 CIC posthac tertiam paragraphum habebit ut sequitur: §3. Infans christianorum non catholicorum licite baptizatur, si parentes aut unus saltem eorum aut is, qui legitime eorundem locum tenet, id petunt et si eis corporaliter aut moraliter impossibile sit accedere ad ministrum proprium. Art. 6. Canon 1108 CIC posthac tertiam paragraphum habebit ut sequitur: §3. Solus sacerdos valide assistit matrimonio inter partes orientales vel inter partem latinam et partem orientalem sive catholicam sive non catholicam. CIC integre sequenti textu Loci Ordinarius et parochus, nisi per sententiam vel per decretum fuerint excommunicati vel interdicti vel suspensi ab officio aut tales declarati, vi officii, intra fines sui territorii, valide matrimoniis assistunt non tantum subditorum, sed etiam, dummodo alterutra saltem pars sit adscripta Ecclesiae latinae, non subditorum. Art. 8. Prima paragraphus can. 1111 integre sequenti textu substituitur: CIC § 1. Loci Ordinarius et parochus, quamdiu valide officio funguntur, possunt facultatem intra fines sui territorii matrimoniis assistendi, etiam generalem, sacerdotibus et diaconis delegare, firmo tamen eo quod praescribit can. 1108 § 3. Art. 9. Prima paragraphus can. 1112 integre sequenti textu substituitur: Art. 11. Prima paragraphus can. 1127 integre sequenti textu substituitur: CIC § 1. Ad formam quod attinet in matrimonio mixto adhibendam, serventur praescripta can. 1108; si tamen pars catholica matrimonium contrahit cum parte non catholica ritus orientalis, forma canonica celebrationis servanda est ad liceitatem tantum; ad validitatem autem requiritur interventus sacerdotis, servatis aliis de iure servandis. Quaecumque vero a Nobis hisce Litteris Apostolicis Motu Proprio datis decreta sunt, ea omnia firma ac rata esse iubemus, contrariis quibuslibet non obstantibus, peculiari etiam mentione dignis, atque decernimus ut per editionem in actis diurnis L’Osservatore Romano promulgentur et deinde in Actis Apostolicae Sedis commmentario officiali edantur. Datum Romae, apud Sanctum Petrum, die XXXI mensis Maii anno MMXVI, Pontificatus Nostri quarto. CIC §2. In libro baptizatorum adnotentur quoque adscriptio Ecclesiae sui iuris vel ad aliam transitus, necnon confirmatio, item quae pertinent ad statum canonicum christifidelium, ratione matrimonii, salvo quidem praescripto can. 1133, ratione adoptionis, ratione suscepti ordinis sacri, necnon professionis perpetuae in instituto religioso emissae; eaeque adnotationes in documento accepti baptismi semper referantur. Art. 7. Canon 1109 substituitur: matrimonii obstet. Idem sacerdos, semper necessaria cum prudentia, auctoritatem competentem Ecclesiae non catholicae, cuius interest, de re certiorem faciat. CIC § 1. Ubi desunt sacerdotes et diaconi, potest Episcopus dioecesanus, praevio voto favorabili Episcoporum conferentiae et obtenta licentia Sanctae Sedis, delegare laicos, qui matrimoniis assistant, firmo praescripto can. 1108 § 3. Art. 10. Canon 1116 CIC posthac tertiam paragraphum habebit, ut sequitur: §3. In iisdem rerum adiunctis, de quibus in §1, nn. 1 et 2, Ordinarius loci cuilibet sacerdoti catholico facultatem conferre potest matrimonium benedicendi christifidelium Ecclesiarum orientalium quae plenam cum Ecclesia catholica communionem non habeant si sponte id petant, et dummodo nihil validae vel licitae celebrationi Lettera apostolica in forma di Motu Proprio del Sommo Pontefice Francesco con la quale vengono mutate alcune norme del Codice di Diritto Canonico A motivo della costante sollecitudine per la concordanza tra i Codici, mi sono reso conto di alcuni punti non in perfetta armonia tra le norme del Codice di Diritto Canonico e quelle del Codice dei Canoni delle Chiese O rientali. I due Codici possiedono, da una parte, norme comuni, e, dall’altra, peculiarità proprie, che li rendono vicendevolmente autonomi. È tuttavia necessario che anche nelle norme peculiari vi sia sufficiente concordanza. Infatti le discrepanze inciderebbero negativamente sulla prassi pastorale, specialmente nei casi in cui devono essere regolati rapporti tra soggetti appartenenti rispettivamente alla Chiesa latina e a una Chiesa orientale. Ciò si verifica in modo particolare ai nostri giorni, nei quali la mobilità della popolazione ha determinato la presenza di un notevole numero di fedeli orientali in territori latini. Questa nuova situazione genera molteplici questioni pastorali e giuridiche, le quali richiedono di essere risolte con norme appropriate. Occorre ricordare che i fedeli orientali hanno l’obbligo di osservare il proprio rito ovunque essi si trovino (cfr. CCEO can. 40 § 3; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Orientalium Ecclesiarum, 6) e, di conseguenza, l’autorità ecclesiastica competente ha la grave responsabilità di offrire loro i mezzi adeguati perché possano adempiere tale obbligo (cfr. CCEO can. 193 § 1; CIC can. 383 §§ 1-2; Esort. ap. postsin. Pastores gregis, 72). L’armonizzazione normativa è certamente uno dei mezzi che gioverà a promuovere lo sviluppo dei venerabili riti orientali (cfr. CCEO can. 39), permettendo alle Chiese sui iuris di agire pastoralmente nel modo più efficace. Bisogna tuttavia tenere presente la necessità di riconoscere le particolarità disciplinari del contesto territoriale in cui avvengono i rapporti inter-ecclesiali. Nell’Occidente, prevalentemente latino, occorre trovare un giusto equilibrio tra la tutela del Diritto proprio della minoranza orientale e il rispetto della storica tradizione canonica della maggioranza latina, in modo da evitare indebite interferenze e conflitti e promuovere la proficua collaborazione tra tutte le comunità cattoliche presenti in un dato territorio. Un ulteriore motivo per integrare la normativa del CIC con esplicite disposizioni parallele a quelle esistenti nel CCEO è l’esigenza di meglio determinare i rapporti con i fedeli appartenenti alle Chiese orientali non cattoliche, ora presenti in numero più rilevante nei territori latini. Si deve infine rilevare che anche la dottrina canonica ha fatto notare alcune discrepanze tra i due Codici, indicando, con sostanziale convergenza, quali fossero i punti problematici e come renderli concordi. L’obiettivo delle norme introdotte con il presente Motu Proprio è quello di raggiungere una disciplina concorde che offra certezza nel modo di agire pastorale nei casi concreti. Il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, per mezzo di una Commissione di esperti in Diritto canonico orientale e latino, ha identificato le questioni principalmente bisognose di adeguamento normativo, elaborando un testo inviato a una trentina di Consul- tori ed esperti in tutto il mondo, nonché alle Autorità degli Ordinariati latini per gli orientali. Dopo il vaglio delle osservazioni pervenute, la Sessione Plenaria del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi ha approvato un nuovo testo. Tutto ciò considerato, dispongo ora quanto segue: Art. 1. Il can. 111 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente, che include un nuovo paragrafo e modifica alcune espressioni: §1 Con la ricezione del battesimo è ascritto alla Chiesa latina il figlio dei genitori, che ad essa appartengono o, se uno dei due non appartiene ad essa, ambedue i genitori di comune accordo abbiano optato che la prole fosse battezzata nella Chiesa latina; che, se manca il comune accordo, è ascritto alla Chiesa sui iuris, cui appartiene il padre. §2 Se poi soltanto uno dei genitori è cattolico, è ascritto alla Chiesa alla quale il genitore cattolico appartiene. §3 Qualsiasi battezzando che abbia compiuto quattordici anni di età, può liberamente scegliere di essere battezzato nella Chiesa latina o in un’altra Chiesa sui iuris; nel qual caso, egli appartiene a quella Chiesa che avrà scelto. Art. 2. Il can. 112 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente, che include un nuovo paragrafo e modifica alcune espressioni: §1. Dopo aver ricevuto il battesimo, sono ascritti a un’altra Chiesa sui iuris: 1° chi ne abbia ottenuto la licenza da parte della Sede Apostolica; 2° il coniuge che, nel celebrare il matrimonio o durante il medesimo, abbia dichiarato di voler passare alla Chiesa sui iuris dell’altro coniuge; sciolto però il matrimonio, può ritornare liberamente alla Chiesa latina; 3° i figli di quelli, di cui nei nn. 1 e 2, prima del compimento dei quattordici anni di età e parimenti, nel matrimonio misto, i figli della parte cattolica, che sia passata legittimamente a un’altra Chiesa sui iuris; raggiunta però questa età, i medesimi possono ritornare alla Chiesa latina. §2. L’usanza, anche se a lungo protratta, di ricevere i sacramenti secondo il rito di un’altra Chiesa sui iuris, non comporta l’ascrizione alla medesima Chiesa. §3. Ogni passaggio ad altra Chiesa sui iuris ha valore dal momento della dichiarazione fatta alla presenza dell’Ordinario del luogo della medesima Chiesa o del parroco proprio oppure del sacerdote delegato da uno di essi e di due testimoni, a meno che un rescritto della Sede Apostolica non disponga diversamente; e si annoti nel libro dei battezzati. Art. 3. Il paragrafo secondo del can. 535 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente: §2. Nel libro dei battezzati si annoti anche l’ascrizione a una Chiesa sui iuris o il passaggio ad altra Chiesa, nonché la confermazione e tutto ciò che riguarda lo stato canonico dei fedeli, in rapporto al matrimonio, salvo il disposto del can. 1133, all’adozione, all’ordine sacro e alla professione perpetua emessa in Risposta autentica Interpretatio authentica ad can. 1041, nn. 4-5 CIC Risposta autentica al can. 1041, nn. 4-5 CIC Patres Pontificii Consilii de Legum Textibus proposito in plenario coetu diei 23 Iunii 2015 dubio, quod sequitur, respondendum esse censuerunt ut infra: I Padri del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi nella riunione plenaria del 23 giugno 2015, hanno ritenuto di rispondere come segue al dubbio proposto: D. Utrum sub locutione “irregulares”, de qua in can. 1041 CIC, veniant etiam non catholici qui acta in nn. 4 et 5 posuerint. D. Se sotto la locuzione “irregolari”, di cui al can. 1041 CIC, siano inclusi anche i non cattolici che hanno posto gli atti di cui ai nn. 4 e 5. R. Affirmative. Summus Pontifex Franciscus in Audientia die 31 Maii 2016 infrascripto impertita, de supradictis decisionibus certior factus, eas publicari iussit. Franciscus Card. Coccopalmerio Praeses Iohannes Ignatius Arrieta a Secretis R. Affermativamente. Il Sommo Pontefice Francesco nell’Udienza concessa al sottoscritto il 31 maggio 2016, informato delle decisioni sopra riportate, l’ha confermata e ha ordinato che venga promulgata. Francesco Card. Coccopalmerio Presidente Juan Ignacio Arrieta Segretario di JUAN IGNACIO ARRIETA un istituto religioso; tali annotazioni vengano sempre riportate nei certificati di battesimo. Art. 4. Il secondo capoverso del primo paragrafo del can. 868 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente: §1. 2° che vi sia la fondata speranza che sarà educato nella religione cattolica fermo restando il §3; se tale speranza manca del tutto, il battesimo venga differito, secondo le disposizioni del diritto particolare, dandone ragione ai genitori. Art. 5. Il can. 868 CIC avrà d’ora in poi un terzo paragrafo col testo seguente: §3. Il bambino di cristiani non cattolici è lecitamente battezzato, se i genitori o almeno uno di essi o colui che tiene legittimamente il loro posto lo chiedono e se agli stessi sia impossibile, fisicamente o moralmente, accedere al proprio ministro. Art. 6. Il can. 1108 CIC avrà d’ora in poi un terzo paragrafo col testo seguente: §3. Solo il sacerdote assiste validamente al matrimonio tra due parti orientali o tra una parte latina e una parte orientale cattolica o non cattolica. Art. 7. Il can. 1109 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente: L’Ordinario del luogo e il parroco, eccetto che con sentenza o decreto siano stati scomunicati o interdetti o sospesi dall’ufficio oppure dichiarati tali, in forza dell’ufficio assistono validamente, entro i confini del proprio territorio, ai matrimoni non solo dei sudditi, ma anche dei non sudditi, purché almeno una delle due parti sia ascritta alla Chiesa latina. Art. 8. Il primo paragrafo del can. 1111 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente: §1. L’Ordinario del luogo e il parroco, fintanto che esercitano validamente l’ufficio, possono delegare a sacerdoti e diaconi la facoltà anche generale di assistere ai matrimoni entro i confini del proprio territorio, fermo restando quanto disposto dal can. 1108 § 3. Art. 9. Il primo paragrafo del can. 1112 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente: §1. Dove mancano sacerdoti e diaconi, il Vescovo diocesano, previo il voto favorevole della Conferenza Episcopale e ottenuta la licenza dalla Santa Sede, può delegare dei laici perché assistano ai matrimoni, fermo restando quanto disposto dal can. 1108 § 3. Art. 10. Il can. 1116 CIC avrà d’ora in poi un terzo paragrafo col testo seguente: §3. In aggiunta a quanto stabilito dal § 1, nn. 1 e 2, l’Ordinario del luogo può conferire a qualunque sacerdote cattolico la facoltà di benedire il matrimonio dei fedeli cristiani delle Chiese orientali che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica se spontaneamente lo chiedano, e purché nulla osti alla valida e lecita celebrazione del matrimonio. Il medesimo sacerdote, tuttavia con la necessaria prudenza, informi della cosa l’autorità competente della Chiesa non cattolica interessata. Art. 11. Il primo paragrafo del can. 1127 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente: §1. Relativamente alla forma da usare nel matrimonio misto, si osservino le disposizioni del can. 1108; se tuttavia la parte cattolica contrae matrimonio con una parte non cattolica di rito orientale, l’osservanza della forma canonica della celebrazione è necessaria solo per la liceità; per la validità, invece, si richiede l’intervento di un sacerdote, salvo quant’altro è da osservarsi a norma del diritto. Quanto deliberato con questa Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio, ordino che abbia fermo e stabile vigore, nonostante qualsiasi cosa contraria anche se degna di speciale menzione, e che sia promulgato tramite pubblicazione su L’Osservatore Romano e quindi pubblicato nel commentario ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis. Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 31 maggio dell’anno 2016, quarto del Nostro Pontificato. FRANCESCO PP. Com’è ben noto, nella prima parte del pontificato di san Giovanni Paolo II si portarono a termine i lavori di codificazione canonica, con la promulgazione nel 1983 del Codice di Diritto Canonico e poi, nel 1990, del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. I due Corpi legali hanno rappresentato l’aggiornamento della disciplina canonica precedente, seguendo gli insegnamenti del concilio Vaticano II, grazie al contributo collegiale dell’episcopato universale, frequentemente interpellato durante la redazione dei Codici. I due testi rispecchiano, com’era doveroso, tradizioni giuridiche differenti anche se, ovviamente, danno risposta uguale alle questioni essenziali riguardanti la fede della Chiesa. Di fatto, centinaia di canoni sono letteralmente uguali e, in termini anche più generali, i lavori del Codice orientale ebbero occasione di usufruire degli studi fatti per il Codice latino che li precedevano nel tempo. Sono rimaste, però, alcune questioni sulle quali i due testi non offrono risposte concordi e situazioni rilevanti che un testo tratta e l’altro no. Il Codice di Diritto Canonico, per esempio, non ebbe occasione di beneficiare, almeno in modo compiuto, delle riflessioni che portavano avanti i canoni orientali, principalmente in questioni in cui l’esperienza giuridica orientale risulta significativamente più sensibile e aveva sviluppato criteri condivisibili. Tale è il caso delle problematiche concernenti i rapporti inter-rituali. Mancano infatti nel Codice latino previsioni specifiche riguardanti i rapporti con gli altri fedeli cattolici di rito diverso dal latino. In quegli inizi degli anni Ottanta non s’intravedeva ancora la forte accelerazione che il processo migratorio avrebbe subito nei decenni successivi, interessando molti Paesi di tradizione canonica latina. Proprio tale processo di mobilità umana ha fatto emergere un po’ dappertutto, nella quotidiana attività pastorale, i problemi di disparità disciplinare dei due Codici, e la necessità di metterli in concordanza per dare sicurezza e semplificare l’attività dei Pastori. Delle disarmonie tra un Codice e l’altro si è occupata a lungo la dottrina scientifica. Già al tempo della promulgazione del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali si era consapevoli della sussistenza di questioni, di varia entità dottrinale, che ancora rimanevano aperte e non sufficientemente risolte. Tra queste, l’esperienza giuridica degli anni seguenti ha messo di rilievo quelle disarmonie che intralciavano di più la quotidiana attività pastorale e richiedevano una risposta omogenea da parte della Chiesa. D ell’argomento si è occupato il Pontificio Consiglio per i testi legislativi sin dal pontificato di Benedetto XVI, che autorizzò l’avvio dei necessari studi in vista di eventuali armonizzazioni nelle norme Codiciali. I risultati di questi lavori sono stati divulgati tra gli studiosi, soprattutto in occasione dei convegni di studio promossi dal dicastero, come quello celebrato nell’ottobre 2010 in occasione del XX anniversario della promul- gazione del CCEO (cfr. Communicationes, XLIII, 2010, pp. 239-279). In seno al dicastero venne costituito un gruppo di esperti, docenti in Diritto canonico orientale, che iniziò selezionando le questioni di maggior rilievo, tra quelle individuate dagli autori. Vennero lasciate da parte le problematiche di ordine strutturale e organizzativo, per concentrarsi su quelle più concrete e di maggiore urgenza pastorale. Il risultato dei lavori del gruppo venne poi condiviso con un numero più elevato di esperti canonisti e, successivamente ancora, con vari dicasteri e altre autorità ecclesiastiche, tra cui tutti gli ordinari a capo delle strutture che nei vari Paesi curano la pastorale dei fedeli orientali senza gerarchia propria. Nell’evolvere dei lavori, alcune delle questioni inizialmente selezionate sono state lasciate da parte, mentre per altre si è ritenuto opportuno risolvere in modo diverso la tematica. Tale è il caso, per esempio, della Nota explicativa quoad can. 1 CCEO pubblicata sulla rivista «Communicationes» (XLIII, 2011, pp. 315-316), ricordando che «si deve ritenere che la Chiesa latina è implicitamente inclusa per analogia ogni volta che il CCEO adopera espressamente il termine “Chiesa sui iuris” nel contesto dei rapporti inter-ecclesiali». Analogamente, una questione puntuale che riguardava una prassi locale consolidata negli Stati Uniti d’America sull’attenzione delle comunità orientali, venne risolta mediante una lettera alla Conferenza Episcopale, resa pubblica attraverso «Communicationes» (XLIV, 2012, pp. 36-37). Di fatto si giunse anche alla convinzione che, volendo armonizzare i due Codici nelle materie pastorali più bisognose di chiarimento, bastava limitare le modifiche ad alcuni testi del Codice latino, senza necessità di toccare quello orientale. È proprio questo ciò che stabilisce il recente motu proprio di Papa Francesco, accogliendo la proposta di modifica dei canoni approvata dalla Riunione Plenaria del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi del 31 maggio 2012. Una prima linea sulla quale si muovono le modifiche adesso incorporate al Codice latino è quella di dare certezza sulla Chiesa sui iuris di appartenenza delle persone, a cominciare dai bambini neobattezzati. In tale senso, si riafferma il criterio dell’appartenenza del bambino alla Chiesa sui iuris del genitore cattolico (nuovo can. 111 § 2 CIC), e si introduce l’obbligo di indicare la Chiesa di appartenenza nel registro parrocchiale dei battesimi (nuovo can. 535 § 2 CIC). Per quanto riguarda, poi, l’eventuale passaggio ad altra Chiesa sui iuris, il nuovo can. 112 § 3 CIC, che prima non esisteva, ispirandosi sostanzialmente ai cann. 36 e 37 CCEO, esige che, salvo dispensa specifica, venga fatto in questi casi un atto formale di passaggio davanti all’autorità competente, e che il suddetto cambiamento venga annotato anche nel libro dei registri di battesimo, modificando di conseguenza il can. 535 § 2 CIC che segnala le questioni da annotare in detto registro. Una seconda linea seguita con queste modifiche punta a dare chiarezza in modo defi- Sulle irregolarità nel ricevere l’ordine sacro Lo scorso 31 maggio, nell’udienza concessa ai superiori del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, il Santo Padre ordinò la pubblicazione di una Risposta autentica al can. 1041 del Codice di Diritto Canonico, che era stata approvata nella seduta plenaria del Pontificio Consiglio del 23 giugno 2015. Più che per la dovizia di casi in cui si presenta il problema affrontato — ora, comunque, in sensibile aumento —, il provvedimento intende segnalare la prevalente prospettiva sostanziale che, in termini generali, deve sempre guidare l’interpretazione e l’applicazione delle leggi della Chiesa, evitando interpretazioni solo formalistiche dei testi. La Risposta autentica riguarda la portata di alcune irregolarità per ricevere l’ordine sacro previste dal can. 1041 nei nn. 4 e 5 del CIC. Le irregolarità sono divieti, per chi avesse tenuto in passato determinati comportamenti riprovevoli, di ricevere l’ordinazione — diaconale, sacerdotale o episcopale — senza la necessaria dispensa da parte dell’autorità; non si tratta, dunque, di un reato o di una punizione aggiuntiva, bensì d’una sorta di prevenzione per proteggere la dignità del sacramento e gli stessi fedeli davanti a soggetti che in passato avessero seguito determinate con- dotte illecite (sicuramente già perdonate, nella generalità dei casi). In concreto, questi numeri del can. 1041 si riferiscono a chi avesse commesso omicidio, o aborto, o avesse mutilato gravemente se stesso o un altro, o tentato il suicidio. Pur essendo sostanzialmente simile, il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali presenta un sistema diverso da quello delle irregolarità di tradizione latina e, quindi, non suscita dubbi interpretativi di questo genere. Nella disciplina latina, sorgeva invece il problema di dover valutare se queste concrete irregolarità riguardassero il compimento dei fatti vietati o, piuttosto, l’essere incorsi specificamente nei rispettivi reati tipizzati dalla disciplina penale della Chiesa, con la conseguenza che, in quest’ultimo caso, risulterebbero esonerati, e non sarebbero incorsi in irregolarità, quanti avessero realizzato colpevolmente le condotte censurate senza, però, cadere in reati canonici. La questione va considerata nel contesto generale della disciplina penale della Chiesa e dei soggetti che possano incorrere nei delitti canonici. Secondo il can. 11 del Codice di Diritto Canonico, infatti, alle leggi puramente ecclesiastiche, e tali sono i delitti e le pene stabilite dal legislato- re canonico, sono tenuti solo i cattolici. Chi non fosse stato cattolico al momento di porre in essere tali condotte, dunque, non sarebbe incorso nell’irregolarità, se si dovesse fare una lettura solo formale del canone. Con la presente Risposta autentica, il Pontificio Consiglio per i testi legislativi ha stabilito che anche i non cattolici sono da ritenere soggetti passibili delle irregolarità di cui al can. 1041, nn. 4 e 5 CIC, ribadendo con ciò il distanziamento delle irregolarità dall’ambito della disciplina penale canonica. Diversi sono gli argomenti che paiono suffragare la posizione adottata: primo fra tutti, come già detto, la necessità di seguire con coerenza un ragionamento sostanziale — e non formalistico — tra la revisione legislativa che l’irregolarità rappresenta e l’interesse che oggettivamente si intende proteggere: la dignità del Sacramento e la comunità di fedeli che dev’essere affidata alla responsabilità di un ministro. Due parametri da confrontare con la realtà sostanziale, anziché con soli aspetti formali. Una lettura differente avrebbe portato a proporre un trattamento discriminatorio, applicando una diversa disciplina in funzione della condizione o meno di cat- tolico al momento dei fatti, particolarmente paradossale e ingiusta, in quanto sia i cattolici che i non cattolici sono ugualmente tenuti al rispetto della vita propria ed altrui, poiché appartenente all’ordine naturale. Da un punto di vista strettamente tecnico, comunque, la soluzione trova sostegno nel Codice stesso, seguendo le regole interpretative del can. 17 CIC. Infatti, dopo aver trattato nel can. 1041 delle irregolarità per ricevere gli ordini sacri, il successivo can. 1044 considera le cosiddette irregolarità per esercitare gli ordini ricevuti. Queste sono divieti analoghi, riguardanti però fatti compiuti dopo l’ordinazione che lasciano anche una «macchia» — diversa dal peccato e dall’eventuale reato canonico —, per la quale è proibito l’esercizio del ministero, a meno che non si ottenga la dispensa dall’Autorità. Ebbene, il confronto di questi due canoni pone in rilievo quale sia il giusto modo di leggere il can. 1041. C’è, infatti, una rilevante differenza nei testi dei due canoni. Il can. 1041, n. 4°, a proposito dell’irregolarità per «ricevere gli ordini sacri» così si esprime: «Qui voluntarium homicidium perpetraverit aut abortum procuraverit»; ed analogamente il n. 5°, per la mutilazione e tentativo di suicidio: «Qui seipsum vel alium graviter et dolose mutilaverit vel sibi vitam adimere tentaverit». Il can. 1044 § 1, 3°, invece, a proposito dell’irregolarità per esercitare gli ordini ricevuti dice esplicitamente: «Qui delictum commisit, de quibus in can. 1041 nn. 3, 4, 5, 6». In sintesi, trattandosi delle irregolarità in cui si cade dopo l’ordinazione, il Codice parla tecnicamente di «delictum», espressione giustamente evitata a proposito delle irregolarità per la ricezione dell’ordine, poiché non era sufficiente il riferimento al reato canonico per proteggere l’interesse giuridico che si cercava di tutelare. Questa lettura della disciplina della Chiesa tiene conto della natura teologica degli istituti e degli interessi ecclesiali che s’intende proteggere, e pare necessario seguirla più in generale nell’applicazione delle norme canoniche, assicurando soluzioni giuste alle controversie, proponendo nel medesimo tempo come esemplare la specificità del proprio diritto, che fa affidamento sulla coerenza sostanziale nel gestire l’esperienza giuridica. (juan ignacio arrieta) Wassily Kandinsky, «Quieta armonia» nitivo su due problematiche concernenti la celebrazione del matrimonio dei fedeli orientali. La prima riguarda l’esigenza del can. 834 § 2 CCEO che richiede ad validitatem la benedizione di tali unioni da parte di un sacerdote, mentre, nella disciplina latina, dal motu proprio Sacrum diaconatum ordinem, del 18 giugno 1967 (AAS 59 [1967] 697 ss.), è consentito anche ai diaconi agire come testimoni qualificati dei matrimoni. Soprattutto dopo la promulgazione dei due Codici, si è cercato in varie occasioni di risolvere questo divario, senza mai giungere a risultati concreti. In questa opportunità si è cercato di affrontare la questione stabilendo una norma disciplinare positiva che risolve la questione aggiungendo un nuovo §3 al can. 1108 CIC: «Solo il sacerdote assiste validamente al matrimonio tra le parti orientali o tra una parte latina e una parte orientale cattolica o non cattolica». Accanto a questo, il Codice latino poneva una questione di legittimità giurisdizionale per l’assistenza del parroco ai matrimoni dei sudditi. La redazione del can. 1109 CIC poteva far pensare — e così è stato inteso in alcuni luoghi — che il parroco non potesse assistere al matrimonio di due fedeli orientali, nemmeno essendo sudditi suoi, se nessuno dei due apparteneva alla Chiesa latina. La redazione era poco chiara e la conclusione non molto coerente. Invece, il testo del can. 829 § 1 CCEO era assai più preciso, decidendosi in conseguenza di adottare uguale redazione e correggere il testo dalle frasi meno chiare del can. 1109 CIC. Una terza linea della riforma concerne la lecita partecipazione dei ministri latini alla celebrazione dei sacramenti di fedeli ortodossi, sia nel caso dei battesimi che dei matrimoni. Mancavano anche qui previsioni della disciplina latina riguardanti queste contingenze che, invece, erano presenti in quella orientale e che il flusso migratorio degli ultimi decenni rendeva imprescindibile adottare anche nella Chiesa latina. Un punto di discrepanza riguardava la relativamente frequente richiesta ai parroci latini di amministrare il battesimo ai figli di cristiani orientali non cattolici. Mentre una lettura stretta del can. 868 §1 CIC suggerisce la non liceità del battesimo in questi casi, il can. 681 §5 CCEO considerava che il parroco orientale cattolico poteva lecitamente farlo. Quest’ultimo testo è quello che adesso riprende il nuovo § 3 aggiunto al canone latino, assieme alle puntuali modifiche inserite in altri luoghi al testo. Analoga questione poneva la celebrazione del matrimonio. Il can. 833 CCEO prevede che il gerarca del luogo possa conferire ad un sacerdote cattolico la facoltà di benedire il matrimonio di due ortodossi, previa informazione, se possibile, dell’autorità competente. Nella disciplina latina mancava, però, una disposizione del genere, essendo una questione che è diventata assai più frequente in Paesi dove non è presente la gerarchia ortodossa del relativo rito. Anche in questo caso è parso conveniente introdurre nel can. 1116 CIC un nuovo § 3 riprendendo con uguali requisiti la disciplina orientale, in modo che anche i sacerdoti latini con la facoltà del proprio ordinario e le restanti condizioni possano benedire i matrimoni dei fedeli ortodossi che spontaneamente lo richiedano. A tutte queste modifiche, limitate ai punti strettamente necessari, si sono poi aggiunti in altri posti lievissimi ritocchi volti a precisare alcuni concetti o remissioni per garantire l’osservanza delle modifiche in altri contesti normativi. In tutto, come si vede dal provvedimento pontificio, le variazioni interessano undici canoni del Codice di Diritto Canonico. Dalla lettura del motu proprio, balza subito agli occhi come la motivazione di queste riforme risponda alla volontà di agevolare la cura pastorale dei fedeli soprattutto nei cosiddetti «luoghi della diaspora» dove vivono, in ambienti a maggioranza latina, migliaia di fedeli orientali che hanno lasciato la loro terra di origine. Non resta ora che rammentare in questo contesto quanto diceva san Giovanni Paolo II nel maggio 1995 nella Lettera apostolica Orientale lumen: «Agli Ordinari latini di quei Paesi raccomando in modo particolare lo studio attento, la piena comprensione e la fedele applicazione dei principi enunciati da questa Sede... sulla cura pastorale dei fedeli delle Chiese orientali cattoliche, soprattutto quando costoro sono sprovvisti di una propria Gerarchia» (n. 26). L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 venerdì 16 settembre 2016 Elaborazione grafica dalla locandina del film «I sette samurai» di Akira Kurosawa In un libro di Chiara Valerio il lato umano della matematica I sette samurai del pensiero astratto di CARLO MARIA POLVANI sce questo mese nelle sale cinematografiche il remake del celebre I magnifici sette di John Sturges, a sua volta ispirato dal capolavoro di Akira Kurosawa, I sette samurai. I “sette samurai” sarebbe stato un titolo adatto per l’ottimo saggio che Chiara Valerio ha pubblicato con la Einaudi: Storia umana della matematica. Sfoggiando indubbie qualità di romanziera, la dottoressa Valerio propone sette avvincenti storielle su altrettanti matematici: gli ungheresi Farkas (1775-1856) e János Bolyai (18021860), il tedesco Bernhard Riemann (1826-1866), il francese Pierre-Simon Laplace (1749-1827), l’italiano Mauro Picone (1885-1977), il russo Lev Landau (19081961? o 1968?) e lo statunitense Norbert Wiener (1894-1964). Quello che risulta ingegnoso e innovatore nell’esposizione della divulgatrice è la sua capacità di esporre il contesto storico e familiare dei sette personaggi tramite un narrativo farcito di aneddoti allietanti e alternato da interiezioni nelle quali la scrittrice narra, in prima persona, le sue esperienze personali che la legano agli scienziati che descrive. Lungi da risultare digressive, queste interruzioni, finemente soppesate e brillantemente cadenzate, danno alle biografie un ritmo appassionante che conduce il lettore — anche quando non dotato di una specifica preparazione matematica — a capire come delle vicissitudini particolari siano state strumentali per assicurare delle scoperte di enorme rilevanza. Dalla vita dei due Bolyai, si scopre che entrambi si confrontarono con il temibile Quinto Postulato di Euclide, che impone che si possa tracciare in un punto dato una sola retta che sia parallela a qualsiasi altra retta non contenente il medesimo punto. Il padre, Farkas, emigrando a piedi dalla sua Transilvania natale, aveva raggiunto a Göttingen Carl Friedrich Gauss (1777-1855), ma fallì nel suo intento di dimostrare tale assioma. Da buon papà, volle risparmiare al figliuolo la sua esperienza traumatica e cercò in tutti i modi di dissuaderlo nel cimentarsi nello stesso sforzo; per tutta risposta, János, sorpassando Euclide, creò una nuova geometria che, non obbedendo al Quinto Postulato, fu denominata “geometria non-euclidea”. Lo fece però nell’appendice di un libro dedicato ai lavori del genitore, confessando, non si sa se per giustificare la sua disobbedienza o per celebrare la sua soddisfazione di aver riscattato il fallimento del babbo: «Ho creato un mondo nuovo e diverso, dal nulla». Guarda caso, un successore sulla nobile cattedra di Gauss alla Universitas Regiae Georgiae Augustae superò questa scoperta epocale. Figlio di un dedito e umile pastore protestante e lui stesso devotissimo cristiano, il piccolo Bernhard risultò inadatto nel seguire le orme del padre, vista la sua quasi patologica timidezza che lo rendeva inadatto alla predicazione. Persino la sua lezione più famosa — ritenuta uno dei trattati di geometria più influenti di tutti i tempi — fu accolta con scettiscismo e pubblicata solamente 12 anni dopo, quando l’impacciatissimo Riemann era già morto. Allora divenne chiaro che l’uomo che aveva voluto come epitaffio sulla sua tomba a Biganzolo (Verbania) «Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Lettera ai romani, 8, 28), aveva gettato con la sua “geometria ellittica”, le basi di un mondo logico-geometrico dove le parallele non esistevano, poiché tutte le rette convergevano come se fossero tracciate su una sfera. Anche il padre di Laplace, terriero della Bassa Normandia, sperava per il suo giovanotto una vita al servizio della Chiesa e lo mandò all’università di Caen. Lì Pierre-Simon riuscì a farsi notare per la sua genialità, fino a farsi introdurre all’enciclopedista Jean-Batiste D’Alembert (1713-1783). A Parigi, proseguì una carriera scientifica e politica da fare invidia a Charles-Maurice de Talleyrand (1754-1838): ministro sotto il Consulat, senatore sotto l’Empire e Parie de France durante la Réstauration. Opportunista senza scrupoli al dire dei suoi detrattori, l’uomo che vede oggi il suo nome inciso ben in vista sulla base della Tour Eiffel, rispose a Napoleone Bonaparte che gli chiedeva perché i suoi scritti, al contrario di quelli di Sir Isaac Newton (1642-1727), non citassero mai il Supreme Being: Cito- E yen Premier Consul, je n’ai pas eu besoin de cette hypothèse. E come avrebbe mai potuto aver avuto bisogno di ipotizzare l’esistenza di Dio, l’uomo che scoprì la Mécanique Céleste? Forse, fu proprio la sua ambizione a guidarlo nell’affermarsi come un matematico atipico: per lui la scienza dei numeri era una scienza applicata che serviva solo risolvere problemi concreti. Simile a lui ma solo sotto questo aspetto, fu un sottotenente siciliano inviato al fronte nel 1916. Poiché le tavole balistiche in uso presso l’artiglieria italiana erano inefficaci nel colpire le postazione austroungariche, gli venne affidato il compito di ricalcolarle. Picone si superò, disegnando modelli che tenessero conto di tutte le variabili possibili e immaginabili: umidità, correnti ascensionali, rarefazione dell’ossigeno... il 9 ottobre, grazie ai tiri del 21° Raggruppamento Artiglieri, il Regio Esercito sfondava la linea del Pasubio. E pensare che il fragile giovanotto innamorato di Piero della Francesca che era quasi morto di tifo 13 anni prima alla Normale di Pisa, era finito a studiare matematica quasi per caso. Tragico esempio della disperazione che porta allo sviluppo della matematica applicata, simile solo a quello che spinse Alan Turing (1912-1954) a inventare il computer per decifrare l’allora inviolabile codice dell’Enigma. Inevitabilmente, infatti, Picone dedicò il resto della sua vita all’elaborazione elettronica del calcoli. Storie di uomini alle prese con un talento precoce, imperativo e Che vivono un’avventura nella quale regalano agli altri delle che cambiano la loro vita La matematica applicata ebbe i suoi eroi anche durante la guerra la fredda. L’Urss celebrò un uomo così famoso da morire due volte: il premio Nobel Landau. In coma dopo un incidente automobilistico, Lev Davidovič sembra morire il 7 gennaio del 1962; ma un’incredibile determinazione da parte dei colleghi e del regime si traduce in uno sforzo internazionale per mantenere attive le poche funzioni vitali che gli restano: tracheotomia, craniotomia, controllo della pressione spinale con l’urea, polmone artificiale e, persino, l’intervento neurochirurgo di Wilder Penfield (18911976) in persona. Il 1° aprile di sei anni dopo, l’ebreo nativo di Baku senza il quale l’Armata rossa non avrebbe avuto a sua disposizione la bomba atomica, muore per la seconda (e stavolta, definitiva) volta. Aveva cambiato il mondo della fisica, dalla quantistica alla superconduttività, ma non sarebbe mai diventato uno scienziato se non fosse stato per un mancato suicidio a 13 anni e la volontà dei genitori di ritardarne l’entrata all’università, nella speranza di farne un’economista. Si dice che Landau trovò in Julien Sorel, l’eroe del Rouge et le Noir, l’ispirazione per superare le crisi psicologiche dell’adolescenza. Per solitario Wiener non ci fu neppure il tempo di leggere Stendhal: intuizioni iscrittosi ad Harvard a 14 anni, Norbert vi incontrò altri bambini prodigio come lui, fra cui: William James Sidis (1898-1944) — che a otto anni, aveva imparato da solo otto lingue e ne aveva inventata una, il Vendergood — e Adolph Augustus Berle (1895-1971), il più giovane laureato di legge della Crimson di sempre, impareggiabile collaboratore nelle Amministrazione pubbliche di Franklin D. Rooselvelt e di Fiorello La Guardia. Cercò di farseli amici, ma non vi riuscì. Decise allora di capire il perché di questa incomunicabilità e si interessò al linguaggio umano, sviluppando poi la cibernetica a partire dal concetto di feedback. Senza quella solitudine fra giovanissimi geni, forse oggi, ci sarebbero gli studi sul random walk (la passeggiata aleatoria, ossia il più basilare dei fenomeni stocastici) ma non sarebbe possibile costruire dei robot che assomigliano, nel loro comportamento, agli essere umani. Insomma, le disavventure personali di questi uomini eccezionali hanno condizionato direttamente le loro scoperte e, indirettamente, il nostro mondo. Per un determinista come Marquis de Laplace, che postulò che «lo stato attuale dell’universo è solo l’effetto del suo passato e necessariamente la causa del suo futuro», ciò potrebbe apparire normale. Chiara Valerio sembra optare per un’altra possibilità: i matematici sono uomini alle prese con un talento precoce, imperativo e solitario, che vivono un’avventura nella quale regalano agli altri delle intuizioni che cambiano la loro vita, anche se, la loro di vita, tra ostinazione e fortuna, spesso viene dilaniata. Viene proprio voglia di darle ragione quando si considerano le «Ci si salva salvando gli altri Chi pensa solo a se stesso finisce per distruggere se stesso» dice Kambei Shimada nel film del grande regista giapponese Norbert Wiener parole di Kambei Shimada, l’eroe tragico de I sette samurai che recluta sei rōnin per difendere la causa dei contadini oppressi: «Tale è la natura della guerra. Ci si salva, salvando gli altri. Chi pensa solo a sé stesso, finisce per distruggere sé stesso». In memoria di Silvio Panciera Principe degli epigrafisti di GIUSEPPE ZECCHINI l 16 agosto è scomparso ottantatreenne Silvio Panciera, emerito della Sapienza, accademico dei Lincei e decano della Pontificia accademia romana di archeologia. Con Geza Alföldy (1935-2011) e Werner Eck era uno dei più grandi epigrafisti del nostro tempo. Allievo di Attilio Degrassi I a Padova e suo successore a Roma, Panciera trasformò il tradizionale insegnamento di Antichità greche e romane del suo maestro in un’epigrafia romana intesa non come ausiliaria della storia, ma come scienza autonoma, capace di fornire un originale approccio di ricerca alla società antica. L’epigrafia trae il suo materiale dagli scavi e sorge quindi in connubio con l’ar- Epigrafe che ispirò il falso epigrafico di Asquini dedicato a Hercules Invictus, «CIL, V, 58» (1830) cheologia; pubblica testi in edizione critica e dunque si apparenta con la filologia. Panciera fu infatti un rigoroso editore di iscrizioni e, in collaborazione con Hans Krummrey, mise a punto criteri editoriali, che sono stati riconosciuti e adottati in ambito internazionale dall’Aiegl, l’Associazione internazionale di epigrafia greca e latina, di cui fu anche presidente dal 1992 al 1997. Inoltre, lo studio dei contenuti delle epigrafi è fondamentale per ogni ricerca su aspetti del mondo antico quali le arti e i mestieri, i culti, l’esercito, le carriere senatoria ed equestre: in una parola, per la storia economica e sociale, di cui le fonti letterarie si occupano solo sporadicamente. Il primo lavoro monografico di Panciera nel 1957 fu non a caso dedicato alla vita economica di Aquileia. Nell’attività dell’epigrafista può celarsi il pericolo del localismo, nel senso che talvolta la ricerca sul territorio porta a limitare il proprio raggio di conoscenze e a perdere di vista il più ampio contesto della propria disciplina. Ma fu facile per Panciera sfuggire a questo rischio, poiché il “territorio” fu per lui il Lazio, la regione centrale dell’Italia romana, e in particolare Roma: a quest’ultima dedicò il formidabile lavoro dei Supplementi al sesto volume del CIL, il Corpus inscriptionum Latinarum edito a suo tempo da Mommsen, e nel 1992 i meriti eccezionali di quest’impresa gli vennero riconosciuti attraverso il premio Max Planck. Sempre nell’attività dell’epigrafista rientra lo studio della fortuna delle iscrizioni, del loro reimpiego, della riscoperta dell’epigrafia antica e del suo rinnovato studio nell’età dell’umanesimo, infine della fabbricazione di falsi epigrafici, spesso non separabile da un sincero entusiasmo per l’antichità. E alla figura di un falsario italiano Panciera dedicò nel 1970 l’importante monografia Un falsario del primo Ottocento, Girolamo Asquini, e l’epigrafia antica delle Venezie. Riassumere la vastità d’interessi di Panciera, quale rivelano i tre volumi di scritti minori pubblicati nel 2006 (Epigrafi, epigrafia, epigrafisti), sarebbe impossibile. Più interessante è notare, in una produzione che annovera alcune centinaia di articoli, l’assenza di contributi specifici riguardanti l’epigrafia e la società cristiana, se si esclude l’intervento sui “Rendiconti” della Pontificia accademia romana di archeologia del 1971-1972, in cui egli però espresse seri dubbi sul carattere cristiano del collegium quod est in domo Sergiae Paullinae. Allo studioso si affiancò sempre l’organizzatore e il promotore di ricerche. Basta ricordare i Supplementa Italica — cioè l’aggiornamento del corpus delle iscrizioni della penisola, strutturato per settori geografici e comprendente ormai 28 volumi nella abituale veste cartacea — e l’elettronico Epigraphic Database Roma, che è parte costitutiva della Federazione internazionale di banche dati epigrafiche denominata Electronic Archive of Greek and Latin Epigraphy (Eagle: www.eagle-eagle.it), intesa a registrare tutte le iscrizioni anteriori al VII secolo dell’era cristiana, greche e latine. Tradizione e innovazione formavano per Panciera due approcci paralleli per mettere a punto strumenti atti a incrementare la conoscenza epigrafica. L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 16 settembre 2016 pagina 7 Messa del segretario di Stato per i rappresentanti pontifici Accanto alle croci del mondo «Stare sotto la croce è il primo ministero» per essere accanto a coloro che soffrono anche fino al martirio, in quella grande «collina delle croci» che è oggi il mondo. Ecco l’indicazione pratica che il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha dato, giovedì mattina, 15 settembre, ai rappresentanti pontifici durante la messa nella basilica vaticana. Ed è anzitutto al Papa che deve andare — ha detto — «il nostro pensiero devoto, la nostra gratitudine, l’assicurazione della nostra preghiera», insieme all’affidamento di queste giornate giubilari all’intercessione della Vergine addolorata, di cui si è celebrata la memoria liturgica. Del resto, ha spiegato il cardinale, c’è uno «speciale legame che intercorre tra Tre giornate giubilari Si è aperta giovedì mattina, 15 settembre, con la messa presieduta dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, nella cappella del Coro della basilica vaticana, la riunione dei rappresentanti pontifici convocata dal Papa in occasione del giubileo straordinario della misericordia. All’incontro, che si concluderà sabato 17, partecipano 106 dei 108 rappresentanti pontifici oggi in funzione, solo due di loro sono assenti trovandosi nell’impossibilità di recarsi a Roma. Va ricordato che dei 108 rappresentanti pontifici in carica, 103 sono nunzi apostolici insigniti della dignità episcopale e cinque sono monsignori che svolgono la missione di osservatore permanente presso vari organismi internazionali. Nella prima giornata, dopo la messa celebrata dal segretario di Stato, si sono svolte due conferenze di aggiornamento nella sala del Sinodo dell’Aula Paolo VI: la prima intitolata «Il mondo oggi - La Chiesa oggi - Il Papa Francesco» è stata tenuta dal preside dell’istituto universitario Sofia, monsignor Piero Coda. La seconda, su «Genesi e fattispecie della cultura del gender: come affrontarla», è stata svolta dal reverendo Robert A. Ghal, professore associato di etica fondamentale presso la Pontificia università della Santa Croce. In serata è prevista una cena, alla presenza del Papa, nella Casina Pio IV, nei Giardini vaticani. La mattinata di venerdì 16 settembre sarà dedicata a un incontro di lavoro con i superiori della Segreteria di Stato; mentre il pomeriggio, vedrà la partecipazione a una terza conferenza di aggiornamento presentata dal cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, sul tema «Dialogo interreligioso, rapporti con l’islam». In serata, un incontro conviviale con i capi dicastero della Curia romana e con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede residenti a Roma, è previsto sulla terrazza della Pinacoteca dei Musei vaticani. Alla giornata di sabato 17, che avrà un carattere spiccatamente spirituale, sono stati invitati anche i 40 nunzi apostolici emeriti, anche se alcuni di loro non potranno prendervi parte per motivi di salute o per la distanza della loro residenza attuale. Alle 7.30, nella cappella della Domus Sanctae Marthae, i rappresentanti pontifici concelebreranno la messa presieduta dal Papa, per poi riunirsi, sempre nella medesima cappella, per una riflessione spirituale tenuta da monsignor Pierangelo Sequeri, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Alle 10, i rappresentanti pontifici attraverseranno la porta santa della basilica di San Pietro e saranno ricevuti dal Pontefice alle 11.15, nella Sala Clementina del Palazzo apostolico. L’incontro dei rappresentanti pontifici si concluderà alle 13, con un’agape fraterna alla presenza di Papa Francesco nella Domus Sanctae Marthae. Sempre nell’ambito delle celebrazioni dell’anno straordinario della misericordia, il Papa ha invitato in Vaticano, il prossimo 18 novembre, tutti i 163 collaboratori di ruolo delle rappresentanze pontificie — consiglieri, segretari e addetti – per la celebrazione di una giornata giubilare. questa memoria mariana e il Papa, perché la devozione ai dolori di Maria, largamente diffusa tra il popolo cristiano, fu introdotta nella liturgia da Pio VII, a ricordo delle sofferenze inflitte da Napoleone alla Chiesa e al suo capo». Ma, ha spiegato il segretario di Stato, «anche nelle apparizioni della Vergine ai tre pastorelli a Fátima, di cui si terranno nel 2017 le celebrazioni centenarie — alle quali si spera vivamente possa andarci il Santo Padre — ritorna questo legame stretto tra Maria, il Papa e la sofferenza». Rivolgendosi ai presenti il porporato ha detto: «Ricorderete certamente l’immagine del "vescovo vestito di bianco" che sale la montagna pregando per tutti i sofferenti che incontra». Tale immagine, ha spiegato, «condensa e riassume la disponibilità al martirio che deve caratterizzare la Chiesa di sempre, di ieri, di oggi e di domani, a partire in primo luogo dalla martiria del vescovo di Roma. A questo riguardo si fa specifico riferimento a san Giovanni Paolo II (attentato in piazza San Pietro del 13 maggio 1981), ma anche a Paolo VI (attentato a Manila del 27 novembre 1970)». Il porporato ha poi ricordato le parole che il cardinale Montini pronunciò nell’omelia di una messa celebrata in suffragio del cardinale Stepinac: «La passione di Cristo continua. Cogliamo così una strana, difficile legge: è necessario che la Chiesa soffra. Per la sua fedeltà a Cristo, per la sua autenticità, per la sua capacità di parlare al mondo e di salvarlo. Il martirio è un suo carisma». Da parte sua, ha affermato ancora, tante volte «Papa Francesco ci ha ricordato che la nostra Chiesa è Chiesa di martiri»: e proprio mercoledì 14 ha celebrato la messa in suffragio di padre Jacques Hamel, il sacerdote sgozzato da un affiliato all’Is. «Come non accennare poi al fatto che alcuni di voi vengono da regioni e da Paesi dove tanti fratelli e sorelle di fede vivono quotidianamente nella loro carne questa realtà?» ha proseguito il cardinale Parolin. «Oggi — ha detto — noi siamo chiamati a prendere rinnovata coscienza della nostra vocazione a stare sotto la croce»; siamo chiamati «nuovamente a ratificare questa scelta: stare sotto la croce, dimorare, non muoverci, non tentare di fuggire», consapevoli che «stare sotto la croce è il primo di A Sant’Anna in Vaticano il congedo di padre Lombardi Gratitudine a Dio Con la messa celebrata giovedì mattina, 15 settembre, nella pontificia parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, padre Federico Lombardi, fino al 31 luglio scorso direttore della Sala stampa della Santa Sede, si è congedato da dipendenti, giornalisti accreditati e collaboratori. Nell’omelia padre Lombardi ha ringraziato i presenti per il cammino compiuto insieme negli ultimi dieci anni e ha sottolineato che il senso della messa celebrata in questa occasione è il ringraziamento a Dio per il lavoro compiuto. A presiedere l’eucaristia è stato il vescovo Paul Tighe, segretario aggiunto del Pontificio Consiglio della cultura. Concelebranti monsignor Lucio Adrian Ruiz, segretario della Segreteria per la comunicazione, e padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà cattolica. Presenti, tra gli altri, Greg Burke, succeduto a padre Lombardi nell’incarico di direttore della Sala stampa della Santa Sede, e il direttore dell’Osservatore Romano. Successivamente, nella Sala stampa, vi è stato un incontro durante il quale la vaticanista Cindy Wooden, del Catholic News Service, a nome di tutti i giornalisti, ha rivolto un breve saluto a padre Lombardi. A Bossey l’incontro tra cattolici e World Council of Churches Collaborazione ecumenica e cammino comune BOSSEY, 15. Si concluderà sabato 17 settembre a Bossey, vicino a Ginevra, in Svizzera, l’incontro del gruppo di lavoro congiunto (Glc) tra la Chiesa cattolica e il World Council of Churches (Wcc). L’evento, inaugurato mercoledì scorso, vuole fare il punto sulle relazioni ecumeniche. A moderare il gruppo di lavoro, oltre alla rappresentanza del Wcc, sono il metropolita Nifon di Targoviste, rappresentante della Chiesa ortodossa romena e l’arcivescovo di Dublino, monsignor Diarmuid Martin. Tra i punti all’ordine del giorno, vi sono la cooperazione nelle relazioni interreligiose, la questione dei rifugiati e dei migranti, il L’istituto ecumenico di Bossey tema della giustizia e la pace. Focus specifici saranno dedicati anche alle esortazioni apostoliche di Papa Francesco Evangelii gaudium e Amoris laetitia, così come alla sua enciclica Laudato si’ sulla cura della casa comune. Ulteriori riflessioni verteranno su missione ed evangelizzazione, matrimonio e famiglia, le minacce ambientali al creato, lo sviluppo futuro del cammino ecumenico. Il gruppo di lavoro congiunto ha celebrato, nel 2015, il suo cinquantesimo anniversario. Per l’occasione, in un messaggio inviato a Olav Fykse Tveit, segretario generale del World Council of Churches, Papa Francesco ha esortato l’organismo a «diventare sempre più un “gruppo di esperti”, aperto a tutte le opportunità e le sfide che le Chiese devono affrontare oggi nella loro missione di accompagnare l’umanità sofferente nel cammino verso il Regno, permeando la società e la cultura delle verità e dei valori del Vangelo». E del «nostro cammino comune» ha scritto nei giorni scorsi lo stesso segretario generale del Wcc in occasione della nomina del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della Pace, a prefetto del nuovo Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Attraverso una lettera inviata al porporato, Fykse Tvei ha espresso speranza per una fruttuosa futura cooperazione con il nuovo dicastero in quanto «molto vicino alla dimensione interdisciplinare del lavoro del Wcc e data la già fruttuosa collaborazione con la Chiesa cattolica nel mondo». Nella missiva, il segretario generale del Wcc ha anche evidenziato quanto l’organismo ecumenico conosca il lavoro del cardinale Turkson sin dagli esordi del suo mandato; un lavoro da sempre dedicato — come presidente del Pontificio Consiglio — a sostenere la giustizia e la pace. «Sono molto soddisfatto per lo sviluppo dei rapporti ecumenici e delle relazioni avvenute in particolar modo in questi ultimi due anni. Il mondo attende la cooperazione e la testimonianza comune fra le Chiese», ha concluso Fykse Tveit, citando la conferenza sul cambiamento climatico di Parigi e i seguenti incontri avuti a Roma, Davos e l’incontro a Monaco di Baviera dello scorso luglio assieme al movimento dei Focolari. Il gruppo di lavoro congiunto, uno sforzo di collaborazione ecumenica, ha avuto inizio nel 1965, alla fine del concilio Vaticano II. Esso è stato uno dei primi frutti della primavera ecumenica generata dal concilio. tutti i ministeri: vocazione e ministero» Il segretario di Stato ha riproposto la bellezza e l’essenza dello Stabat Mater dolorosa. Si tratta, ha affermato, di «stare sotto la croce anche nei momenti in cui tutto sembra oscuro, quando “da mezzogiorno fino alle tre si fece buio su tutta la terra” come raccontano i Vangeli». Una frase, ha commentato, «carica di oscurità e di tenebra in tutti e su tutto, eppure una delle frasi più luminose della Bibbia, proprio per quella riduzione di orario che stringe e limita, come due pareti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra. Quel tempo va da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio, non oltre». Ed «è bella — ha fatto notare — questa idea che Gesù muore e si fa buio per quel poco tempo e poi arriva il cambiamento. Il dolore è un passaggio inevitabile che dobbiamo attraversare, ma temporaneo; la nostra speranza è la certezza che la luce è più forte del buio, il bene vale più del male, una spiga di buon grano più di tutta la zizzania del campo». Bisogna «stare sotto la croce», dunque, «con l’offerta delle nostre piccole o grandi croci personali, nelle difficoltà che incontriamo nel nostro servizio — lontananza dalla patria, condizioni di disagio, necessità di adattarsi a situazioni sempre nuo- ve, conflitti politici e sociali, incomprensioni, insuccessi, acciacchi di salute — nella fatica quotidiana, quella di continuare a benedire, quella di anteporre l’amore di Dio e del prossimo alla nostra stessa vita, quella di perdonare e amare chi ha fabbricato la croce che portiamo». Questa croce — ha proseguito il cardinale — è «composta delle infinite croci del mondo dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli. Il mondo è una collina di croci. È un immenso pianto. Questo “stare accanto” è il primo modo attraverso il quale farsi buoni samaritani, perché il dolore dell’uomo non chiede tanto spiegazioni, ma condivisione, la sofferenza non cerca per prima cosa le motivazioni, ma la partecipazione». Occorre stare allora presso la croce, «accanto alle infinite croci di oggi, mettendo tempo e cuore, e non girarsi dall’altra parte. Stare con amore, con misericordia, con compassione». E compassione, ha spiegato, «è lasciarsi ferire dalle ferite dell’uomo e chinarsi per curarle». Per non ridursi a «semplici e freddi funzionari dell’istituzione, burocrati di norme ma inesperti di umanità». Stare sotto la croce, ha concluso il segretario di Stato, «sapendo e sperimentando che lì è tutta la gloria e tutta la gioia. È il paradosso della fede e della vita cristiana». Wcc e Consiglio delle Chiese degli Stati Uniti Questione di giustizia per la Terra santa WASHINGTON, 15. «Nessun popolo dovrebbe vedersi negare i propri diritti e, certo, a nessun popolo dovrebbero essere negati i diritti per generazioni». È questo l’incipit di una dichiarazione comune sottoscritta dal reverendo Olav Fykse Tveit, segretario generale del World Council of Churches, e da Jim Winkler, responsabile del World Council of Churches of Christ negli Stati Uniti. Una nuova e accorata richiesta di giustizia che riguarda i popoli della Terra santa da quasi mezzo secolo in conflitto e che arriva alla vigilia della tradizionale settimana mondiale di preghiera per la pace in Palestina e in Israele che si terrà dal 18 al 24 settembre prossimi sul tema «Dio ha abbattuto i muri che dividono». Proprio l’annosa crisi tra Palestina e Israele, esaminata nel più ampio contesto della travagliata situazione mediorientale, è stata al centro di una consultazione sulla Terra santa che per tre giorni, da lunedì 12, ha riunito ad Arlington, in Virginia, oltre sessanta rappresentanti di organismi ecclesiali che nel mondo si occupano di favorire il processo di pace. Tra essi anche numerosi palestinesi e israeliani che hanno condiviso il desiderio di arrivare al più presto alla fine di ogni conflitto. Nella dichiarazione comune diffusa al termine dell’incontro, Tveit e Winkler si dicono ben consapevoli che «nessuna persona o gruppo di persone o governo è senza colpa» e che i «crimini» commessi in tutti questi anni sono certamente numerosi. Tuttavia, con convinzione sostengono che «il ciclo della violenza deve essere rotto». E citano un celebre passo delle Beatitudini: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Matteo, 5, 9). Quelle di Gesù, sottolineano, non sono parole di «vuota retorica». Realmente, infatti, «coloro che seguono la via della pace saranno benedetti nel regno dei cieli». Anche per questo i due leader si impegnano a sostenere tutti coloro che «cercano di porre fine a questo conflitto». Di qui la riproposizione di una serie di richieste che riguardano in sostanza il pieno rispetto dei diritti umani nella convinzione che l’irrisolto conflitto tra Palestina e Israele è soprattutto una questione di «giustizia» e che dunque «finché l’esigenza di giustizia non sarà soddisfatta, la pace non potrà essere ristabilita». Di qui anche l’appello rivolto in particolare ai governanti statunitensi a sospendere ogni fornitura di armamenti nella regione mediorientale: «L’ultima cosa che serve in questo momento è avere più armi». Tveit e Winkler ricordano che gli Stati Uniti detengono un «potere enorme» e possono «adottare misure audaci per la pace». Allo stesso modo, le Chiese americane hanno un «potenziale enorme», che deve essere «mobilitato», per chiedere al Governo «di fare molto di più per garantire una pace giusta e duratura per Israele e la Palestina». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 venerdì 16 settembre 2016 Messa a Santa Marta Sotto il mantello In un mondo di orfani, Maria è la madre ci comprende fino in fondo e ci difende, anche perché ha vissuto sulla propria pelle le stesse umiliazioni che oggi, ad esempio, subiscono le mamme dei detenuti. Celebrando la messa nella cappella della Casa Santa Marta giovedì mattina, 15 settembre, giorno della memoria della beata Maria vergine addolorata, Papa Francesco ha suggerito di rifugiarsi sempre, nei momento difficili, «sotto il mantello» della madre di Dio, riproponendo così «il consiglio spirituale dei mistici russi» che l’occidente ha rilanciato con l’antifona Sub tuum preasidium. Per la sua meditazione sul «mistero della maternità di Maria», il Pontefice ha preso le mosse dall’ultima cena: «Gesù, a tavola, si congeda dai suoi discepoli: c’è un’aria di tristezza, tutti sapevano che c’era qualcosa che sarebbe finita male e facevano domande, erano tristi». Ma «Gesù, in quel congedo, per dare loro un po’ di coraggio e anche per prepararli nella speranza, dice loro: “Non siate tristi, il vostro cuore non sia triste, non vi lascerò soli! Io chiederò al Padre di inviare un altro Paraclito, che vi accompagnerà. grande, ma non se ne è andata, non rinnegò il Figlio, era la sua carne». Con una confidenza personale, il Papa ha ricordato: «È accaduto tante volte quando andavo, nella diocesi di Buenos Aires, nelle carceri a visitare i carcerati, di vedere la coda, la fila delle donne che aspettavano per entrare: erano mamme ma non si vergognavano, la loro carne era lì dentro». E quelle «donne soffrivano non solo la vergogna di essere lì», sentendo dire: «Ma guarda quella, cosa avrà fatto il figlio?». Quelle mamme «soffrivano anche le più brutte umiliazioni nelle perquisizioni che venivano fatte loro prima di entrare, ma erano madri e andavano a trovare la propria carne». E così è stato anche per Maria, che «era lì, con il Figlio, con quella sofferenza tanto grande». Proprio «in quel momento — ha fatto notare il Papa — Gesù, che aveva parlato di non lasciarci orfani, che aveva parlato del Padre, guarda sua madre e ce la dà a noi come madre: “Ecco, tua madre!”». Il Signore «non ci lascia orfani: noi cristiani abbiamo una madre, la stessa di Gesù; abbiamo un Padre, lo stesso di Gesù. Non sia- Il Papa ricorda che Dio ha creato uomo e donna a sua immagine Dignità da contagiare «Quando qualcuno disprezza, segrega, discrimina, non contagia dignità, ma il contrario». Lo ha ricordato il Papa ai partecipanti alla settimana biblica nazionale organizzata dall’Associazione biblica italiana, durante l’udienza svoltasi nella mattina di giovedì 15 settembre, nella Sala Clementina. Cari amici, sono lieto di incontrarvi in occasione della Settimana Biblica Nazionale, organizzata dall’Associazione Biblica Italiana. Ringrazio il Presidente per le sue cortesi parole e rivolgo un cordiale saluto a tutti i presenti, in particolare al Cardinale Bassetti, al Cardinale Betori e al Cardinale Ravasi. Il tema su cui avete lavorato è «Facciamo l’essere umano ... maschio e femmina: declinazioni della polarità uomo-donna nelle Scritture»; perciò avete approfondito alcuni aspetti della relazione tra uomo e donna, a partire da alcuni testi biblici fondanti. Su questo argomento si soffermò a lungo San Giovanni Paolo II in un memorabile ciclo di Catechesi nella prima parte del suo Pontificato. Anch’io, durante una Catechesi dello scorso anno, commentando il primo racconto della creazione, ho avuto modo di sottolineare come «Dio, dopo aver creato l’universo e tutti gli esseri viventi, creò il capolavoro, ossia l’essere umano, che fece a propria immagine: “A immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò” (Gen 1, 27)» (Udienza generale, 15 aprile 2015). Riflettere su come siamo stati creati, formati a immagine e somiglianza del Creatore, la differenza con le altre creature e con tutto il creato è essenziale. Questo ci aiuta a capire la dignità che tutti noi abbiamo, uomini e donne, dignità che ha la sua radice nello stesso Creatore. Mi ha sempre colpito che la nostra dignità sia appunto quella di essere figli di Dio, e nel corso della Scrittura tale relazione si manifesta nel fatto che Lui ci guida come un Padre fa con Studiosi a confronto Uno studio «faticoso, ma sempre appassionante»: così il presidente dell’Associazione biblica italiana, don Luca Mazzinghi, ha definito l’impegno che coinvolge i partecipanti alla XLIV Settimana biblica nazionale. Cinque giorni, dal 12 al 16 settembre, nei quali — come ha spiegato salutando il Pontefice all’inizio dell’udienza — i biblisti si sono dedicati «ad approfondire alcuni aspetti della relazione tra uomo e donna a partire dai testi fondanti delle Scritture». Un’indagine a tutto tondo, nella quale si è riflettuto «sulla funzione originaria, prima ancora che culturale, di tale rapporto», quindi sulle «dinamiche del potere e della violenza» che in esso si possono trovare, e infine «sulla relazione tra uomo e donna vista come immagine di Dio, senza trascurare il mondo delle emozioni e degli affetti». Come ha sottolineato Mazzinghi, attorno allo stesso tavolo si sono radunati studiosi delle varie Chiese cristiane e anche di altre fedi, «tutti impegnati in un dialogo che cerca di mettere a confronto diversi punti di vista». «Madonna della misericordia» (Monteleone di Spoleto, chiesa di San Francesco) Nel dialogo tra cattolici e ortodossi E lui vi insegnerà tutto e vi ricorderà tutto ciò che io ho detto”». Il Signore, dunque, «promette di inviare lo Spirito Santo per accompagnare i discepoli, la Chiesa sulla strada della storia». Ma Gesù «parla anche del Padre». Infatti, ha ricordato Francesco, «in quel lungo, lungo discorso con i discepoli, parla del Padre», assicurando «che il Padre vuole loro bene e che qualsiasi cosa loro domandano al Padre, il Padre gliela darà. Che siano fiduciosi nel Padre». E così, ha spiegato il Papa, fa «un passo in più: non solo dice “non vi lascerò soli”, ma anche “non vi lascerò orfani, vi do il Padre, con voi è il Padre, il mio Padre è il vostro Padre». Poi, ha proseguito Francesco, «avviene tutto quello che noi sappiamo, dopo la cena: l’umiliazione, la prigione, il tradimento dei discepoli; Pietro rinnega Gesù, gli altri fuggono». Tanto che, ha detto il Pontefice riferendosi al passo liturgico del Vangelo di Giovanni (19, 25-27), sotto la croce c’era «soltanto un discepolo, con la madre di Gesù, con Maria di Màgdala e l’altra Maria, parente». E lì, alla croce, «c’è Maria, la madre di Gesù: tutti la guardavano», magari sussurrando: «Quella è la madre di questo delinquente! Quella è la madre di questo sovversivo!». E Maria, ha aggiunto il Papa, «sentiva queste cose, soffriva umiliazioni terribili e sentiva anche i grandi, alcuni sacerdoti che lei rispettava perché erano sacerdoti», dire a Gesù: «Ma tu che sei tanto bravo, scendi, scendi!». Maria, ha affermato Francesco, accanto a «suo Figlio, nudo, lì, aveva una sofferenza tanto mo orfani». E Maria «ci partorisce in quel momento con tanto dolore, è davvero un martirio: col cuore trafitto, accetta di partorire tutti noi in quel momento di dolore. E da quel momento lei diventa la nostra madre, da quel momento lei è nostra madre, quella che si prende cura di noi e non si vergogna di noi: ci difende». «I mistici russi dei primi secoli della Chiesa — ha ricordato a questo proposito Francesco — davano un consiglio ai loro discepoli, i giovani monaci: nel momento delle turbolenze spirituali rifugiatevi sotto il manto della santa madre di Dio. Lì non può entrare il diavolo perché lei è madre e come madre difende». Poi «l’occidente ha preso questo consiglio e ha fatto la prima antifona mariana Sub tuum praesidium: sotto il tuo mantello, sotto la tua custodia, o Madre, lì siamo sicuri». «Oggi è la memoria del momento che la Madonna ci ha partorito — ha proseguito il Papa — e lei è stata fedele a questo parto fino al momento di oggi e continuerà a essere fedele». E «in un mondo che possiamo chiamare “orfano”, in questo mondo che soffre la crisi di una grande orfanezza, forse il nostro aiuto è dire: “Guarda a tua madre!”». Perché abbiamo una madre «che ci difende, ci insegna, ci accompagna, che non si vergogna dei nostri peccati» e «non si vergogna, perché lei è madre». In conclusione, il Pontefice ha pregato «che lo Spirito Santo, questo amico, questo compagno di strada, questo Paraclito avvocato che il Signore ci ha inviato, ci faccia capire questo mistero tanto grande della maternità di Maria». Primato e sinodalità Il rapporto tra primato e sinodalità nella vita della Chiesa sarà al centro della quattordicesima sessione plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. La riunione si terrà dal 15 al 22 settembre a Chieti, ospitata dall’arcidiocesi di Chieti-Vasto e dalla Conferenza episcopale italiana. Ai lavori della Commissione, che saranno presieduti dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e dall’arcivescovo di Telmessos Iob (Getcha), del Patriarcato ecumenico, parteciperanno, come nel passato in circostanze analoghe, due rappresentanti di ognuna delle quattordici Chiese ortodosse autocefale e altrettanti rappresentanti cattolici. La plenaria avrà come oggetto l’esame di una bozza di documento, dal titolo Towards a common understanding of Synodality and Primacy in service to the Unity of the Church, la cui redazione è stata avviata nel corso della precedente sessione tenutasi ad Amman, in Giordania, nel 2014, ed è stata completata dal comitato di coordinamento della Commissione nel corso della riunione che ha avuto luogo a Roma nel 2015. A Chieti, i membri della Commissione saranno chiamati a valutare se tale bozza rispecchi in maniera adeguata il consenso attualmente esistente sulla delicata questione del rapporto teologico ed ecclesiologico tra primato e sinodalità nella vita della Chiesa o se sarà necessario continuare ad approfondire la tematica. La sessione plenaria offrirà ai partecipanti anche l’opportunità di condividere momenti di preghiera con le comunità cristiane locali. Sabato 17, i membri della Commissione saranno presenti alla celebrazione della messa nella cattedrale di San Giustino a Chieti; domenica 18, parteciperanno alla celebrazione della divina liturgia nel santuario del Volto Santo a Manoppello (Chieti). Infine, è prevista una visita alla città di Vasto e all’abbazia di San Giovanni in Venere a Fossacesia. un figlio. Nel secondo racconto della creazione, appare come Dio ci abbia fatto in modo “artigianale”, plasmando del fango dalla terra, cioè le mani di Dio si sono compromesse con la nostra vita. Ci ha creato non solo con la sua parola, ma anche con le sue mani e il suo soffio vitale, quasi a dire che tutto l’essere di Dio si è coinvolto nel dare vita all’essere umano. Esiste però la possibilità che questa dignità, conferitaci da Dio, possa degradarsi. Per dirla in termini calcistici, l’uomo ha la capacità di fare “autogol”. Ciò avviene quando negoziamo la dignità, quando abbracciamo l’idolatria, quando facciamo posto nel nostro cuore all’esperienza degli idoli. Durante l’esodo dall’Egitto, quando il popolo era stanco perché Mosè tardava a scendere dal monte, fu tentato dal demonio e si costruì un idolo (cfr. Es 32). E l’idolo era d’oro. Tutti gli idoli hanno qualcosa d’oro! Questo fa pensare alla forza attrattiva delle ricchezze, al fatto che l’uomo perde la propria dignità quando nel suo cuore le ricchezze prendono il posto di Dio. Invece Dio ci ha dato la dignità di essere suoi figli. Da qui deriva anche una domanda: come posso condividere questa dignità, così che si sviluppi in una reciprocità positiva? Come posso fare in modo che l’altro si senta degno? Come posso “contagiare” dignità? Quando qualcuno disprezza, segrega, discrimina, non contagia dignità, ma il contrario. Ci farà bene domandarci spesso: come assumo la mia dignità? Come la faccio crescere? E ci farà bene anche esaminarci per scoprire se e quando non contagiamo dignità nel nostro prossimo. Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per il lavoro prezioso che svolgete e vi assicuro la mia preghiera. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie. Udienza al metropolita Ilarione Nella mattina di giovedì 15 settembre il Papa ha ricevuto in udienza sua Eminenza il metropolita Ilarione di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca