Cercate la verità in fondo agli occhi della gente

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Cercate la verità in fondo agli occhi della gente
la scuola
L E TA P P E
APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO
1700
I
CINQUE SECOLI DI STORIA
1600
l Secolo dell’Illuminismo e
della nascita del giornalismo ha fame di immagini.
Diderot per la sua “Encyclopedie” utilizza le litografie. Schultze scopre che
gesso, acido nitrico e soluzione d’argento possono
“trattenere” l’immagine.
Il monaco Johann Zahn
realizza la prima camera
oscura “portatile” e “reflex”
(con uno specchio che
raddrizza l’immagine).
Ma il principio della camera
oscura è noto e utilizzato
dai pittori ormai da secoli.
IL MESE SCORSO vi abbiamo detto
di aprire gli occhi per scoprire il
mondo. Oggi vi diciamo qualcosa di
più: aprire gli occhi, a volte, non basta.
Per chi deve andare, vedere, riferire ­
ricordate, è il mestiere del cronista? ­
gli occhi non sono sufficienti, ci vuole
qualcosa che fissi in immagini quanto
si scopre. Se il reporter vuole riportare,
necessita di un mezzo atto allo scopo.
Nelle pagine del Giornale in Classe ve
ne faremo conoscere tre: la fotografia,
l’illustrazione, i video. Ogni giorno
tuttinoi,studentidai6ai106anni,con­
sumiamo una quantità spropositata di
foto, illustrazioni e video: talmente
spropositata che non sempre vi fac­
ciamo caso. Siamo assuefatti alle im­
Forse non ci avete mai pensato, ma il primo passo per conoscere
la fotografia l’avete già fatto andando al mare o in montagna.
Pensateci bene: quando tornate a casa abbronzati dopo una
vacanza sotto il sole in spiaggia o sulla neve cosa vi è rimasta
sulla pelle? L’abbronzatura, che è il segno che la luce solare ha
lasciato sul vostro corpo. E là dove la pelle era coperta (dal
costume da bagno o dalla maschera per sciare) il sole non ha
“scritto” niente e la pelle è rimasta bianca. Questo semplice
gioco vi spiegherà meglio.
2
3
1900
La prima immagine
fotografica di Nièpce
(1827), il dagherrotipo di
Daguerre, il negativo di
Talbot, le “foto-tessera”
di Disdéri, i ritratti e le
vedute aeree di Nadar.
Sono i geni degli albori
di un secolo d’oro.
Con la
tascabile
Leica il
fotografo
arriva dovunque, con la Polaroid la foto
è subito sviluppata. Riviste come “Life”
si fondano sulle immagini. Con le grandi
guerre nasce il fotoreporter. Capa,
Cartier-Bresson, Adams i maestri.
Per fermare l’attimo fuggente non basta sapere come si fa
Bisogna pensare a quello che si sta facendo. E usare un po’ di cuore
SCUOLE PRIMARIE
1
1800
avete tra le mani), alla pubblicità sul
piccolo schermo (di che prodotto tes­
sevalelodil’ultimospotcheavetevisto
ieri sera in tv?), centinaia di immagini,
disegnate o fotografate, statiche o in
movimento, passano davanti agli occhi
di ciascuno di noi senza fissarsi. A pen­
sarci, invece di aprirli, talvolta ver­
1
Prendete un pezzetto
di nastro adesivo
trasparente. Con una
penna nera disegnateci
sopra quello che
preferite (ad esempio
una stella o una mela)
Le foto sono tratte dal sito
www.internetcamera.it
L’avvento del digitale, il tramonto della
pellicola. L’immagine è codificata e salvata
come un file su un
microchip. Si può
trasmetterla via
Internet, scaricarla
sul computer,
realizzarla e spedirla
col proprio cellulare.
spiegheremocomenasconofotografia,
illustrazioni e video. Faremo parlare
persone esperte. Vi daremo consigli
tecnici e suggerimenti di approfondi­
mento. E poi vi proporremo esercizi e
trucchi,divisiperlivelloscolastico,che
potrete replicare in classe con inse­
gnanti e compagni, ma anche a casa
con l’aiuto di un adulto. Partiamo con
la prima puntata sulla fotografia. Qui
sopra è riassunta in cinque tappe la
storia di quest’antico sogno dell’uomo
diventatorealtàsolonell’800.Inbasso,
Silvia Ambrosi racconta cosa vuol dire
essere fotografa. Qui sotto i primi tre
passi in questo mondo affascinante.
Aprite gli occhi, scoprite il mondo.
n a cura di ALBERTO RIGONI
SCUOLE SECONDARIE SUPERIORI
Alla base di una macchina fotografica c’è il meccanismo della
“camera oscura”, che, come abbiamo detto, è noto fin
dall’antichità. Si tratta di una scatola buia, su un lato della
quale si pratica un piccolissimo foro rotondo. Sulla parete
interna opposta al foro viene proiettata (capovolta)
l’immagine che il foro sta “inquadrando”, ovvero sta mirando
(ad esempio, un paesaggio o un viso). Se su quel lato è
sistemata una pellicola adatta, si può ottenere una vera e
propria fotografia. Come?
Quante volte avete fatto una fotografia “mossa”? E quante
volte avete notato ombre nere ai lati o al centro della foto? Alla
base di una buona fotografia c’è una corretta impugnatura della
fotocamera, sia essa a pellicola o digitale. Eppure, è sovente
uno degli aspetti più trascurati e uno dei motivi principali per
vedere rovinate le proprie foto. La macchina fotografica deve
essere un tutt’uno col corpo, una sorta di occhio meccanico.
È dunque fondamentale saperla tenere nel modo giusto.
Vediamo come.
1
FELTRINO
FELTRINO
2
3
solo apparentemente banale: quanto
più c’è consapevolezza nella realizza­
zione, tanto meglio verrà l’immagine.
Non basta scarabocchiare, fare clic o
schiacciare il tastino rosso dov’è
scritto “record”. Per far bene ci vuole
un po’ di cuore e un po’ di cervello. Per
questo, settimana dopo settimana, vi
2000
SCUOLE SECONDARIE INFERIORI
Tornate dopo un mese, e togliete il vostro nastro adesivo dalla
mela. Vedrete che la buccia si è “abbronzata” dappertutto, ma non
sotto il vostro disegno. Avrete una mela con una stella o una mela
“impressionate” sulla buccia.
Naturalmente vi
potrete sbizzarrire
a scrivere con la
luce quel che
volete sulla mela,
anche il vostro
nome. L'importante è saper aspettare che il sole faccia
la sua parte
rebbe quasi voglia di chiuderli, gli
occhi, non è così? Per questo, per ve­
dere e non guardare soltanto, Il Gior­
nale in Classe vi porterà in viaggio die­
tro le quinte delle immagini. La volta
scorsa vi abbiamo detto di mandarci
immagini (foto, disegni, video) pro­
dotte da voi. Oggi vi diciamo una cosa
Prendete una scatola
cubica (spigolo 10 cm)
di cartone spesso e
nero, e una simile ma
leggermente più
piccola, in modo che
possa scorrere
all’interno. Col nastro
adesivo nero (tipo
isolante) coprite bene
gli spigoli, la luce non
deve entrare
Cercate un albero di
mele, ovvero un melo.
Aspettate che spuntino
le prime mele acerbe,
con la buccia ancora
verde chiaro.
Applicate il nastro col vostro disegno su una di queste mele
33
Viaggio nell’universo delle immagini
Prima puntata: i segreti della fotografia
Cosa c’è prima del clic
magini a tal punto che molte non ri­
mangono che pochi secondi nella no­
stra memoria. Dalle illustrazioni a cor­
redo dei libri di testo (quante ne
ricordate esattamente tra quelle che
avete visto stamattina?), alle foto sui
giornali (descrivete con precisione la
foto diprimapaginasulSecoloXIXche
MARTEDÌ
15 GENNAIO
2008
Nella parte anteriore della scatola
piccola, fate un foro largo 1 cm.
Prendete un foglio di domopack,
ritagliate un quadratino (di lato 2
cm) e al centro praticate un foro
rotondo con uno spillo.
Mettete il quadratino di alluminio
sopra il foro della scatola: è il
vostro “obiettivo”.
Coprite il foro con un quadratino
di cartone nero, che sarà il vostro
“otturatore”
L’indice della mano destra
deve essere posato
delicatamente sul pulsante,
pronto a cogliere il
momento giusto.
La mano sinistra deve reggere
la macchina o l’obiettivo nel
caso di una reflex in modo da
poter far scorrere con due
sole dita le ghiere dello zoom
e della messa a fuoco
(se è manuale).
2
3
Andate da un fotografo con la
vostra camera oscura.
Fatevi incollare sul lato interno
opposto al foro una pellicola piana
6x9 da 100 ISO. In una bella
giornata, col sole alle spalle,
scegliete un soggetto: appoggiatevi bene e sollevate per un
secondo solo l’otturatore.
Riportate la vostra macchina dal
fotografo e fate sviluppare la
pellicola.
Che cosa avete ottenuto?
I gomiti, contrariamente al solito, non
devono mai essere
abbandonati in
orizzontale, ma
sempre aderenti al
corpo.
Nel caso soprattutto di
tempi lunghi è bene
trattenere il fiato durante
lo scatto in modo da
ridurre ulteriormente le
vibrazioni del respiro e
del tremolio della mano.
Quando capita di usare
tempi molto lunghi e non
avete un treppiede,
conviene trovare un
appoggio anche
improvvisato (ad
esempio, un muretto o il
tetto di un’automobile).
Le foto sono tratte dal sito
www.simonepatrucco.it
Le immagini sono tratte dal sito www.internetcamera.it
IL TESTIMONE
SILVIA AMBROSI
FOTOGRAFARE significa scrivere
con la luce. La tecnica, negata o asse­
condata, serve per raggiungere il fine,
che è quello di creare un’immagine. La
fotografia è comunicazione, diverti­
mento, racconto, condivisione e molte
altre cose ancora. Serve a raccontare la
magia delle persone, dei luoghi, delle
situazioni. Serve a trasmettere il do­
lore, l’allegria,la verità che sta negli
occhi della gente. Serve a mostrare le
ingiustizie, i diritti negati, ma anche la
dignità, i gesti coraggiosi e solidali. E
poi insegna a guardare senza fermarsi
alle apparenze, senza dare niente per
scontato. E anche a cercare, perché
mostra verità inattese, regala bellezze
improvvise e inaspettate che tolgono il
fiatocomequandosigiraapiediincittà
Cercate la verità in fondo agli occhi della gente
e l’incanto si rivela nelle luci e nelle
ombre che la disegnano, mutevoli
come le nuvole e il vento che le gover­
nano. La fotografia: nessuna certezza,
ognigiornocomeilprimoelanecessità
di raccontare. E allora la mano scatta
con la paura di non tenere dietro alle
emozioni, di non fermare l’attimo de­
cisivo o di non cogliere la sintesi dei
fatti ­ belli o brutti che siano. All’in­
terno di una vicenda è determinante la
scelta di un’inquadratura simbolica,
che sia capace di raccontare tutto. Non
è una scelta non facile. Da questo di­
penderà la qualità dell’informazione,
la capacità di offrire emozioni, di av­
vincereeinteressare.Saperraccontare
Il Giornale in classe
2007/2008 è realizzato con
Iscritta all’Ordine dei giornalisti
della Liguria dal 1986, Silvia
Ambrosi è fotografa professionista
per avvenimenti di cronaca e di
attualità prima per l'edizione
genovese del Giornale e, dal 1988,
per Il Secolo XIX.
Collabora con testate periodiche
e con l'Università di Genova.
Nel 1999 ha realizzato il libro
''Genova In-visibile''.
Autrice di numerose mostre
in Italia e all'estero, ha vinto
nel 2001 il Premio Lyceum.
E' nonna di tre bellissimi nipotini
è dote del bravo giornalista. Ma c’è una
differenza: chi scrive può farsi riferire
l’accaduto, o può ricostruirlo attra­
verso letestimonianze;ilfotografo,no.
Deve essere presente, deve essere te­
stimone per riuscire a raccontare.
Questo è il lavoro del fotografo­giorna­
lista. Accetta tempi stretti per costru­
irelestorie.Letecnichecambianoase­
conda dei fatti e del luogo in cui i fatti si
svolgono.Èimportante,anzièobbliga­
torio lavorare in punta di piedi e con
concentrazione. Niente gesti inutili.
Non si deve essere importuni, non ci si
deve avvicinare troppo perché i prota­
gonisti non devono sentirsi “indagati”.
Bisogna sempre chiedersi: se fossi io al
Con il patrocinio di
loro posto? La risposta è che si può rac­
contare tutto rispettando la dignità e i
sentimenti degli altri, soprattutto nei
momenti di dolore e di fragilità. Per
questo l’introduzione del colore nei
quotidiani non sempre costituisce ar­
ricchimento. Per certi fatti il bianco e
nero è più realistico, più drammatico
maanchepiùdelicato.Cos’èlafotogra­
fia per me? Un filo che mi lega alla fidu­
ciadellagente.L’obbligochemiportaa
essere i loro occhi. La complicità che
mi fa stare dalla parte di chi non è lì, ma
vuole vedere e capire. Una bella foto
non è solo rispetto di canoni estetici,
armonia di luci e ombre, di pieni e
vuoti. Più di tutto è testimonianza e
amore,unprivilegiocheognigiornomi
insegna e m’incanta, mentre inseguo
qualcosa degno di essere condiviso con
gli altri.
e la
collaborazione di
la scuola
APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO
L E TA P P E
FILMARE GLI EVENTI
1895
Viaggio nell’universo delle immagini
Terza puntata: le figure in movimento
Il 21 luglio Neil Armstrong è il primo
uomo a sbarcare sulla Luna.
La televisione, nata solo qualche decennio
prima, trasmette in diretta via satellite lo
storico avvenimento. Le riprese viaggiano
nello spazio.
2005
1963
Con una piccola macchina da presa a
Nasce YouTube, il portale internet
su cui si condividono i video realizzati
in proprio. La carta stampata e la
televisione inseguono. Con l’era del
digitale e della Rete, il reportage
televisivo lo fai “tu”. Anche con un
telefonino.
2
3
L’animazione è nata ancora prima del cinema.
Guardando tutti i giorni i vostri cartoni animati preferiti,
vi siete mai fermati a pensare come si fa a far muovere
i disegni? Alla base, c’è una tecnica neanche troppo
complessa, che adesso vi faremo conoscere.
Attraverso questo semplice esercizio, con cui costruirete
quello che in gergo si chiama “flip book”, imparerete a dare
movimento ai disegni e potrete vedere il risultato
coi vostri occhi.
1
Procuratevi un bloc notes di
piccole dimensioni o, meglio
ancora, un blocchetto di post-it,
i foglietti gialli che si possono
appiccicare dappertutto. Quelli
quadrati di lato cm. 7,5 vanno
benissimo. Prendete una matita
nera e pensate, come “fotogramma” di partenza, a un
disegno semplice: a esempio
un’ape che sta per posarsi su un
fiore o un omino che sta per
tuffarsi dal trampolino. Immaginate come finirà l’azione (l’ape
che ferma sul fiore, l’omino
sparito nell’acqua).
Andate all’ultima pagina del
blocchetto e disegnate il “fotogramma” di partenza. Poi andate
alla penultima e, immaginando
l’azione, disegnate il “fotogramma” successivo: l’ape un po’ più
vicina al fiore, l’uomo che si butta
dal trampolino. Cercate di
disegnare nella stessa posizione
ciò che non si muove (il fiore o il
trampolino) aiutandovi con quello
che si vede dal foglio sottostante.
Non abbiate paura di sbagliare.
Dopo una decina di “fotogrammi”
dovreste essere arrivati a quello
che avevate pensato come finale
dell’azione. A questo punto avete
una serie di disegni consecutivi
uno sopra all’altro. Fateli scorrere
come nell’immagine, dal primo
all’ultimo. Se tutto è andato per
il verso giusto, dovreste poter
vedere un piccolissimo filmino
d’animazione.
SECONDARIE SUPERIORI
Immagini: copyright 1999, 2007 by Robert Truscio, www.curbly.com
QUESTIONE DI
PUNTI DI VISTA
Come in tutte le cose, il punto di
vista è un dato fondamentale di
cui tenere conto. Sapere da che
punto di vista si sta dicendo o
pensando qualcosa è importantissimo per comprendere il vero
significato che va oltre le parole.
Nel cinema e in generale in tutte
le riprese di immagini animate c’è
sempre un punto di vista
importante, quello del regista, che
si manifesta in molti modi, dalla
luce con cui è illuminata la scena
al ritmo con cui le sequenze sono
montate. Oggi parliamo di
angolature.
Nel film
della vita
SECONDARIE INFERIORI
SCUOLE PRIMARIE
colori, il sarto Abraham Zapruder filma
casualmente a Dallas l’assassinio del
presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy. Si apre un’era.
Con le portatili chiunque può diventare
reporter.
IL TUO PRIMO DISEGNO ANIMATO
NE CONSUMIAMO una quantità
smisurata. E c’è anche chi ne realizza
parecchie, magari per gioco. Sono le
immagini in movimento. Pensate per
un istante quante ne vedete tutti i
giorni in televisione, al cinema, sul
computer, nei videogiochi, in inter­
net, nei telefonini. Dall’animazione
del vostro cellulare quando si ac­
cende, al disegno animato che vostro
fratello continua a guardare in tv, dal
film al cinema alla clip cliccata su
YouTube, provate a calcolare quante
ore ogni giorno i vostri occhi sono
concentrati su immagini che si muo­
vono. Spesso si sente dire che viviamo
nella “società dell’immagine“, ma a
farbeneicontisipuòdirecheviviamo
nella “società dell’immagine in movi­
mento”, nella quale nessuno si stupi­
sce più di vedere fotogrammi che si
muovono. Anzi, spesso non li no­
tiamo nemmeno più. E pensare che
nonmoltidecennifalatelevisioneera
un privilegio solo per pochi e che nel
giorno in cui nacque, il 25 dicembre
1895, il cinema seminò stupore, scan­
daloepersinopaura:trachiosservava
le “immagini in movimento” (che poi
èquellocheingrecosignificalaparola
cinematografo) del primo film dei
Fratelli Lumière, intitolato “L’arrivo
del treno alla stazione”, qualcuno si
spaventò vedendo la locomotiva cor­
rere verso il pubblico e, temendo di
esserne travolto, scappò a gambe le­
vate. Poteva il giornalismo ignorare
un mezzo così potente per raccontare
la realtà? No di certo: pochi anni dopo
l’invenzione del cinema vennero rea­
lizzati i primi cinegiornali, notiziari
proiettati in sala prima dei film, poi
arricchiti dall’avvento del sonoro e
del colore. Con la televisione il noti­
ziario, con le sue regole, i suoi servizi,
le sue interviste, le sue inchieste, si
trasferisce nell’etere. E oggi le notizie
filmate viaggiano sulle fibre ottiche di
Internet. Come spieghiamo nella gra­
fica qui sopra, anche i mezzi per fis­
sare le immagini in movimento tratte
dalla realtà sono diventati accessibili
a un numero sempre maggiore di per­
sone. Oggi, molti di voi possono ri­
prendere quello che succede grazie
allapiccolavideocamerainstallatasul
telefonino. Questo non vuol dire che
chiunque abbia un telefonino o una
videocamera sia un giornalista televi­
sivo. Come per l’illustrazione e per la
fotografia, di cui abbiamo parlato
nelle precedenti settimane, anche la
ripresa video ha i suoi segreti, e anche
questa volta, vi proponiamo alcuni
semplici esercizi che vi aiuteranno a
capire come funzionano le immagini
in movimento, suggerendovi accorgi­
menti per usare meglio la videoca­
mera.
n a cura di ALBERTO RIGONI
2
La ripresa video è una specie di linguaggio e, come tutti
i linguaggi, ha le sue regole grammaticali. Conoscerle è
il primo passo che dobbiamo compiere. Con questo
semplicissimo esercizio capiremo l’importanza del
“campo”, una parola che serve a definire quante cose e
quanta porzione di realtà devono entrare nel piccolo
rettangolo della nostra inquadratura. La celebre famiglia
Simpson, che tutti voi conoscerete, ci darà una mano.
Ecco i Simpson al
completo nel salotto
di casa, mentre guardano la tv. Sul divano
ci sono Homer e
Marge, con la piccola
Maggie, Bart e Lisa.
Questo tipo di inquadratura si chiama
“campo lungo”, perché ripreso da una
lunga distanza. Dentro l’immagine rientrano parecchie cose,
in particolare tutti i membri della famiglia e molti elementi di
arredamento. Si capisce dove ci troviamo. Provate a scrivere
ciò che Homer potrebbe pensare in questo momento, una
semplice frase come ad esempio: “C’è qualcosa che non va”.
La macchina da presa si è
avvicinata, restringendo il proprio
interesse su tre personaggi,
Homer, Marge e Maggie, ed
escludendone due, Bart e Lisa.
Non si capirebbe bene dove ci
troviamo, se non sapessimo che è
il salotto di casa Simpson.
L’interesse è centrato su tre
persone e non più sull’ambiente.
Questa inquadratura si chiama “campo medio”. La frase che avete
scritto prima per Homer ha tutto un altro significato, vero?
3
Anche un semplice “C’è qualcosa che non va”
cambia di importanza a seconda del tipo di
inquadratura. Più la camera si avvicina ai personaggi
e più le loro battute, i loro pensieri, le loro espressioni facciali aumentano di importanza. Questo è un
“primo piano”. Qui c’è Homer e basta, solo con se
stesso e con i suoi pensieri. Non sappiamo dov’è, se
è seduto o in piedi, se ha vicino qualcuno. Che effetto vi fa ora la vostra frase? Provate a ripetere l’esercizio con un’altra frase, facendo anche il percorso
inverso, dal “primo piano” fino al “campo lungo”.
Immagini: Fox /www.animationmeat.com
2
I fotogrammi qui riprodotti sono tratti dal film “Quarto Potere”,
di Orson Welles, considerato da molti come uno dei migliori film
di tutti i tempi. Esso narra la vita di Kane (che è anche editore
di quotidiani), un personaggio davvero affascinante. Welles utilizza
con grande attenzione la macchina da presa, ben consapevole
di come l’angolatura abbia un’importanza fondamentale nel
linguaggio delle immagini. Questa è un’inquadratura frontale, la
camera è alla stessa altezza dell’attore (lo stesso Orson Welles).
UN PENSIERO PER HOMER
1
Dai Lumière ai videofonini
la realtà sotto i nostri occhi
1
37
1969
1938
Leni Riefensthal filma l’Olimpiade
di Berlino. Un film capolavoro che
Il 25 dicembre i fratelli Lumière presen- immortala le gesta di Jesse Owens
tano al Grand Café di Parigi “L’arrivo
di fronte a un impietrito Adolf
di un treno alla stazione della Ciotat”,
Hitler. Nasce la propaganda filmata.
della durata di un minuto. È la nascita
I cinegiornali
del cinematografo, ma è anche la nascita portano nelle
della ripresa filmata di un avvenimento. sale le notizie
in immagine.
Col sonoro.
MERCOLEDÌ
30 GENNAIO
2008
3
Se la macchina da presa è posta in un punto più basso,
abbiamo una ripresa dal basso. Il personaggio, ripreso
dal sotto in su, sembra più alto sia come statura sia come
importanza. Il fotogramma qui a lato ne è un bell’esempio.
Il protagonista ne risulta ingrandito. Nell’immagine che
segue, invece, la macchina riprende Orson Welles da un
punto posto più alto rispetto al suo viso, col risultato di
rimpicciolirlo all’occhio dello spettatore.
Per verificare l’importanza dell’angolatura, un esercizio che potete fare anche
voi con il vostro cellulare o con una macchina da presa digitale è il seguente:
scrivete una frase banale (esempio: «Sarà una bellissima serata») e fatela
“recitare” a un vostro compagno, riprendendolo la prima volta frontalmente,
poi dal basso, poi dall’alto. Noterete come l’impatto delle stesse parole cambia
a seconda dell’angolatura. E pensate come l’effetto può essere maggiore se
l’attore recita davvero (esempio, la frase precedente detta in tono minaccioso
e ripresa dal basso potreste trovarla in qualsiasi film dell’orrore).
IL TESTIMONE
FRANCESCO FILIPPI
«Quel dipinto parla, e quel disegno
prende vita! È opera del demonio, o di
Dio?» Pensate allo stupore e al timore
che avrebbe un ragazzo del Rinasci­
mento, se potesse vedere la tv. Oggi ri­
prendere gli amici col telefonino sem­
bra ovvio, ma fino a cinque anni fa non
lo era. Trent’anni fa c’erano le cine­
prese in Superotto per chi se ne poteva
permettere una. Ai tempi di mia
nonna, ci si metteva l’abito bello per
farsi fotografare, evento che accadeva
poche volte nella vita. Oggi abbiamo
potenzialità straordinarie, ma non è
un fatto banale. Fare una ripresa video
è come catturare per sempre uno spic­
chio di vita; struggente come un fil­
mino di quando eravamo bambini, op­
pure lacerante come la ripresa di un di­
Le sincere bugie che amiamo tanto raccontarci
sastro. Con un video possiamo inca­
strare un criminale, o scagionare un
innocente, rendere eterno un gesto di
vittoria, oppure un piccolo grande
bacio. Il video è il testimone più forte
della nostra vita, ma anche il più
grande bugiardo. Non sono forse ama­
bili frottole i film di finzione? E i car­
toon? Sono chiaratamente finti. Per­
ché allora li adoriamo (da bambini e
non solo)? Ci piace perdere tempo con
le frottole? Certamente. Un film è una
storiaintuttiisuoisignificati:èStoria­
testimonianza ­ ma anche storia ­ nar­
razione o bugia. Con un film possiamo
raccontare cose finte, di fantasia e ve­
rità umane. Le storie parlano di noi, di
Il Giornale in classe
2007/2008 è realizzato con
Bolognese, nato nel 1975, Francesco Filippi è
docente e regista di cinema e animazione. Laureato
in Scienze dell’Educazione, ha studiato sceneggiatura, fotografia, regia, recitazione e produzione, sia
in Italia che all’estero. Ha lavorato come story editor
per la celeberrima serie tv Winx Club 2, realizzato
corti e spot in 3D con la scuola Noetica e ha vinto
due volte il concorso nazionale progetti a “Cartoons
on the Bay”, il festival che si tiene ogni anno a
Positano. Come giornalista ha pubblicato un
centinaio di articoli sull’animazione e scritto il libro
Vite Animate: i manga e gli anime come esperienza
di vita (Edizioni King Comics). Ha tenuto percorsi
didattici, lezioni e conferenze in numerose scuole,
fiere e festival di settore. Attualmente lavora come
sceneggiatore per diversi studi di animazione.
Il sito del suo studio è www.studiomistral.com.
quello che siamo e di quello che vor­
remmo essere. Pensate a Wile E.
Coyote che, nel cacciare Bip Bip, fini­
sce sempre per precipitare nel baratro
per poi rialzarsi. Perché ci piace e ci fa
ridereognivolta?Perchéanchenoi ca­
diamo puntualmente nei “burroni”
della vita. Ed è bello sapere che, per
quante volte possiamo precipitare,
sempre ci rialzeremo. Oppure pen­
siamo a Nuovo Cinema Paradiso: per­
ché è così esaltante e commovente? In
fondoèunabugia(unfilm),cheparladi
come alla gente piacciano le bugie (i
film). E racconta di come i pezzi più
belli di quelle bugie venissero tagliati
perché ritenuti pericolosi. Ebbene,
Con il patrocinio di
proprio quelle bugie nelle bugie alla
fine ci fanno irresistibilmente pian­
gere di gioia. Le bugie delle bugie di­
cono qualcosa di vero che ci tocca il
cuore. In esse riconosciamo i segreti
più belli della nostra vita. I film la con­
tengono, la raccontano e spesso la mi­
gliorano. Che filmiate i vostri amici o
documentiatelavitadiuncamerierein
Cina, avete davanti a voi un momento
unico, irripetibile e prezioso. Se inqua­
drate un volto non è come se inqua­
drate un oggetto. Proprio perché do­
vete scegliere cosa filmare (sarà quella
la vostra storia), guarderete e indaghe­
rete il vostro soggetto in un modo
nuovo, speciale e più attento. Il film
chefarete,parleràanchedivoiedelvo­
stro sguardo con cui guardate il
mondo. E sarà comunque uno sguardo
vero.
e la
collaborazione di
la scuola
L’INSEGNANTE
Deve essere
preparato. Ma più
che l’iscrizione
all’albo dei fotografi,
più che uno
sconfinato
curriculum di studi, deve amare e
praticare la fotografia, non essere
un semplice teorico. E con un
occhio all’etica del fotografare.
È necessario che sia disponibile
per gli allievi. Gli strumenti,
anche se ingombranti, sono
essenziali: fotocamere, obiettivi,
una postazione pc per
il fotoritocco
con software
aggiornati e
un set di luci
per le prove.
luto comunicare. Ai primi semplici
esercizi di qualche settimana fa, ne
aggiungiamo altri tre: con questi vi in­
vitiamo a guardare in modo diverso
una foto in bianco e nero, l’interno di
unafotocamerael’inquadraturadiun
soggetto qualsiasi. La fotografia è un
mondo sconfinato e per chi vuole ap­
Fate un disegno a mano libera,
scegliendo il soggetto che
preferite. Potete disegnare il
vostro compagno di banco, la
vostra famiglia, il vostro animale
domestico, oppure un paesaggio
come abbiamo scelto noi in
questa immagine. Tracciate solo
i contorni, per adesso non
colorate, e fate una fotocopia del
vostro disegno.
Adesso avete due disegni uguali.
Uno coloratelo a piacere, usando
tutti i colori che vi servono e che
vi piacciono, magari facendovi
aiutare dall’insegnante. Una volta
colorato il primo, colorate anche
il secondo usando però soltanto
la vostra matita nera. Sempre con
l’aiuto dell’insegnante, provate a
rendere con zone più “nere”
i colori più scuri, tenendovi
invece leggeri con la mano per
replicare in bianco e nero i colori
più chiari.
3
I CONTATTI
LA PRATICA
Quelli più utili
vanno forniti
durante il corso.
Dai siti internet
alle agenzie specializzate, l’insegnante
deve suggerire agli allievi come
continuare ad approfondire. L’ideale
è l’accesso a uno stage in uno studio
professionale.
Non se ne può fare a
meno. La teoria è
fondamentale, ma poter
sperimentare quello che si
è appreso, in uno studio o
all’esterno, è importantissimo per sviluppare estro,
manualità e occhio.
Per crescere ancora.
In una foto non c’è soltanto quello che appare a prima vista
L’osservatore deve cercar di capire cosa voleva dire l’autore
Le immagini a colori sono più belle
e vivaci, non è così? Molti di voi
le preferiscono di sicuro a quelle
in bianco e nero, che a prima vista
suggeriscono qualcosa di vecchio
e triste. Eppure pensate che le
prime fotografie furono in bianco
e nero e i più bravi fotografi amano
molto il bianco e nero. A noi oggi
un’immagine in bianco e nero
sembra la fotocopia di una colori, ma
non è così. Vogliamo fare una prova?
2
Non devono essere
troppi, comunque mai
più di dieci. L’insegnante
deve aver modo di
seguirli personalmente
e riuscire al contempo
a coinvolgere gli altri.
E ognuno deve avere la
sua fotocamera, anche
vecchia va bene.
Impara a guardare
I MILLE COLORI DEL BIANCO E NERO
1
GLI ALLIEVI
Ora avete due disegni fatti a
mano, uno a colori e uno in bianco
e nero. Adesso fate una fotocopia
in bianco e nero del disegno
completato a colori. Confrontate
la fotocopia che è uscita con
il disegno che avete colorato a
mano in bianco e nero. Che differenze notate? Poi pensate alla
fatica che avete fatto per “colorare” in bianco e nero: pensate
ancora che sia una semplice
fotocopia di un’immagine a colori?
profondire non bastano i piccoli truc­
chi dei nostri appuntamenti settima­
nali: gli esercizi rappresentano un in­
vito ad andare oltre e, magari, quella
scintilla che farà accendere la pas­
sione per la fotografia in qualcuno tra
voi. Il passo successivo, per i più
grandi, potrebbe essere iscriversi a un
corso pomeridiano di fotografia. Ce
ne sono a bizzeffe, oggi: come distri­
carsitralemoltepossibilitàchetrove­
rete? Qui sopra abbiamo sintetizzato
le cinque principali caratteristiche
cheunbuoncorsodovrebbeavere.In­
nanzitutto, l’insegnante deve essere
preparato, anche e soprattutto a li­
ANALOGICO O DIGITALE?
Sono due termini che oggi sentiamo
rimbalzare da ogni parte. “Analogico”
e “digitale” stanno a indicare due
differenti sistemi tecnici di immagazzinare, codificare o trasmettere le informazioni. Spesso sono definizioni che sentiamo
applicate alla trasmissione televisiva,
ma qui ci dobbiamo concentrare sulle
macchine fotografiche. Anch’esse
possono essere di una o dell’altra specie.
Per proseguire nello studio della tecnica,
impariamo a conoscerle dall’interno.
1
In fotografia, viene detta
“analogica” la cara vecchia
macchina a rullino, ovvero quella
che necessita dell’inserimento
manuale di una pellicola da
impressionare. Fino a pochi anni
fa, tutte le macchine fotografiche
funzionavano così. È importantissimo non aprire la macchina a
rullino aperto: le vostre foto
andrebbero perdute.
2
3
2008
33
Viaggio nell’universo delle immagini
I segreti della fotografia, seconda puntata
vello pratico: è meglio se si tratta di un
fotografo professionista, vi spiegherà
anche l’etica del mestiere. In secondo
luogo,videvonoesseremesseadispo­
sizione fotocamere funzionanti e
strumentazione aggiornata, e non do­
vrebbe mancare un pc per imparare il
fotoritocco e un set di luci per interni.
SECONDARIE SUPERIORI
SCUOLE PRIMARIE
INTORNO A NOI c’è un mondo di
immaginidascoprire,ognunaciporta
un messaggio o una notizia. All’inizio
del viaggio vi abbiamo detto di aprire
gli occhi per scoprire questo mondo,
in cui siamo immersi, ma di cui pochi
conoscono segreti e linguaggio. Nelle
ultime due settimane poi abbiamo
mosso i primi passi nell’universo
delle illustrazioni e del video. Oggi
torniamo alla fotografia, dalla quale
siamo partiti il 15 gennaio. Conoscere
il funzionamento di tale tecnica può
aiutarci a capire non soltanto i signifi­
cati più superficiali di una riprodu­
zione, ma anche a sapervi leggere il
senso più profondo, quello che il foto­
grafo, con la sua conoscenza ci ha vo­
L’ATTREZZATURA
SECONDARIE INFERIORI
IL CORSO IDEALE
APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO
MERCOLEDÌ
6 FEBBRAIO
LA REGOLA DEI TERZI
Comporre una fotografia è un’abilità
che si può affinare. A mano a mano che
si fa pratica le nostre foto, anche quelle
che narrano gli eventi della vita di tutti i
giorni, saranno sempre più efficaci: fare
molti tentativi è il segreto principale.
Ma ci sono anche trucchi – o meglio,
regole – che ci possono aiutare a
realizzare un’immagine attraente ed
evitarne una banale. Le regole non sono
tutto, ma ci offrono consigli preziosi.
Questa volta parliamo della cosiddetta
“regola dei terzi”.
1
Le macchine analogiche sono
ancora molto amate dai professionisti, che le considerano migliori
qualitativamente. La maggior
parte delle macchine usa e getta
funziona ancora a rullino, tuttavia
da alcuni anni il mercato è
dominato dalle fotocamere
digitali. Al posto della pellicola,
l’immagine ripresa viene codificata in pixel e memorizzata su una
cartuccia estraibile.
2
Se esteriormente sono simili a
quelle analogiche, le macchine
digitali hanno molte qualità in più.
Su un apposito schermo si
possono vedere subito gli scatti
effettuati ed eventualmente
eliminare subito quelli mal riusciti,
mentre le funzioni sono gestibili
da un menu come quello del
computer. E potete scaricare le
foto sul computer senza doverle
sviluppare. E voi, che macchina
avete in casa?
3
Tutti gli allievi dovranno avere una
propria macchina per iniziare a speri­
mentare. La classe non dev’essere
troppo numerosa, altrimenti sarà esi­
guo il tempo che l’insegnante potrà
dedicarvi. La pratica è poi una parte
vitale. Al termine del corso, dovranno
esservi fornite indicazioni per prose­
guire: i testi (reperibili anche su inter­
net) sono utili, ma è più utile il con­
tattoconunostudioprofessionaleper
un corso più avanzato o – sarebbe
l’ideale – per uno stage. Insomma,
partiti da un piccolo esperimento con
il Giornale in Classe, potreste sco­
prire la vostra professione di domani.
Mica male, no? Dipende da voi.
n a cura di ALBERTO RIGONI
La “regola dei terzi” è uno dei
principali riferimenti compositivi
per orientare la disposizione di
un’immagine. Consiste nel
dividere il mirino (o lo schermo a
cristalli liquidi, nel caso di una
fotocamera) in nove immaginari
rettangoli (come si vede in questa
immagine) e inserire l’oggetto
principale in uno dei punti di
intersezione (o in più punti se gli
oggetti sono più di uno).
Questo serve a rendere più
interessante e dinamica la foto
senza correre il rischio di porre
l’oggetto al centro
dell’inquadratura e avere così
un’immagine scontata e “immobile”. Allo stesso modo è sempre
meglio dividere le foto di
paesaggi facendo sì che un
elemento occupi un terzo
dell’inquadratura e l’altro
elemento i due terzi restanti.
Attenzione, però: non bisogna
neppure rischiare di prendere
troppo alla lettera il gioco delle
proporzioni applicandole in
maniera matematica e troppo
rigida: un pizzico di decentramento o di ispirazione al di fuori
delle regole non guasta mai. Non
rinunciate alla vostra fantasia e
fate molti tentativi.
L’INSEGNANTE
I primi clic? Fateli con il pensiero
PER APPREZZARE veramente la
fotografia, bisogna innanzitutto cam­
biare mentalità. Proprio così. Perché
la fotografia non è solo una tecnica o
un’arte. È anche un modo di vivere, di
guardarsi dentro, di sapere che cosa
scegliere e che cosa chiedere alla mac­
china fotografica e, ancor più, a ciò
che ci circonda nella vita di tutti i
giorni.Questoconcettoèespressoan­
cora meglio da Michele Vacchiano,
(www.michelevacchiano.com) foto­
grafo torinese con lunga esperienza
nel campo della docenza e della con­
sulenza: «Come potete pretendere di
fotografare se prima non imparate a
osservare e soprattutto a godere di ciò
che osservate? Non esistono mac­
chine professionali, la professionalità
sta in chi le adopera». Un bravo foto­
grafo è chi sa che cosa chiedere alla
propria fotocamera e, dunque, a se
stesso. Certo, ci vuole oltre a ciò una
solida conoscenza tecnica e specifica
di regole e tecnologie. Bisogna pas­
sare ore sui libri, facendo pratica e
magari frequentando corsi. Ma è al­
trettanto importante imparare a os­
servare ciò che ci circonda. Lasciamo
dunque a casa la fotocamera e impa­
riamo a guardare, a stabilire un rap­
porto con ciò che si vuole fotografare.
La prima regola è entrare in contatto
con l’ambiente, con le persone, stabi­
lire empatia con il proprio soggetto.
Altrimenti questo resterà sempre un
Il Giornale in classe
2007/2008 è realizzato con
qualcosadidistaccato,difreddo,diin­
definito. Il fotografo si appropria di
ciòchevede,stabilisceuncontatto,un
proprio modo di concepire quello che
vuole fotografare; in altri termini si
sforza ogni volta di trovare un proprio
stile in quello che vuole fotografare.
Illuminanti in questo senso sono an­
coraleparolediVacchiano:«Fotogra­
LA FRASE
SIMONE PATRUCCO
fare non significa riprodurre la realtà,
ma interpretarla. Significa tradurre il
mondo filtrandolo attraverso la pro­
pria esperienza, la propria capacità di
elaborare i dati sensoriali, la propria
fantasia. A volte fotografare significa
saper prescindere dal soggetto per
rappresentare un sogno. Non lo si può
fare se si è smesso di sognare. E non lo
Una grande fotografia è la piena espressione di ciò
che l’autore sente del soggetto che sta fotografando
nel senso più profondo; per questo è la vera
espressione di ciò che il fotografo sente sulla
vita nella propria complessità.
Ansel Adams, fotografo (1902-1984)
si può fare quando il proprio mondo
interiore è inesorabilmente e insop­
portabilmente vuoto». Un esempio:
possiamo limitarci a fotografare Tra­
falgar Square; o il volto di nostra cu­
gina;ounavallebellissima:otterremo
sicuramente foto belle, le cosiddette
cartoline. Chi chiede qualcosa alla fo­
tografia cercherà di andare oltre. Si
chiederà che cosa c’è di interessante a
Trafalgar Square? Perché è il simbolo
diLondra?Oancora:perchévogliofo­
tografare mia cugina? Che cosa mi
trasmette il suo viso? Come la ricordo
io? Che cos’è che la valorizza così
tanto? Un libro, un’espressione, un
suo atteggiamento? E ancora: perché
Con il patrocinio di
mi ha colpito quel paesaggio in mon­
tagna? Quale elemento non può man­
care e attira l’attenzione al di là dello
scenario da cartolina? Queste sono le
domande ogni volta che vogliamo
comporre e scattare una foto, per non
renderla banale, per non cadere in
quel senso di già visto, per trovare una
nostra visione e un nostro stile. Que­
ste le domande per dare valore a ciò
che fotografiamo, che ci colpisce. Non
è facile, e forse il fascino profondo sta
proprio nella ricerca continua di un
senso, di un porsi domande sempre
diverse, nel trovare risposte che ci
rendano soddisfatti della ricerca,
anche momentanea, dentro noi
stessi.
SIMONE PATRUCCO, docente di Lettere al liceo
linguistico europeo Santa Marta di Chiavari, tiene
corsi di tecnica fotografica.
e la
collaborazione di
MERCOLEDÌ
13 FEBBRAIO
2008
la scuola
ORAZIO
DANTE
VOLTAIRE
DARIO FO
L’autore dell’Iliade e
dell’Odissea è forse il primo
ad adottare la satira, nel
poema Margite. Ma è
Aristofane l’apprezzatissimo
critico dei costumi politici
dell’Antica Grecia.
Nel III sec. a. C. nasce la
vera satira latina: Ennio è
considerato il precursore.
Dal 35 a.C. pubblica le
Satire, in cui mette alla
berlina i vizi umani,
rifacendosi allo stesso
Ennio e a Marrone, ma
elevando il linguaggio.
Per Quintiliano la satira
è “castigare ridendo
mores”. Petronio scrive
il Satyricon.
Nella Commedia, specie
nell’Inferno, feroci sono
gli attacchi satirici ai suoi
nemici politici, in particolare a papa Bonifacio VIII.
Anche Boccaccio ne fa
ampio uso nel
Decameron, mescolandola ad altri più nobili
registri.
A inizio Cinquecento
Ludovico Ariosto scrive le
Satire, a metà Settecento
Giuseppe Parini scrive
Il Mattino. Ma anche
all’estero non manca chi
sferza i costumi: Voltaire
in Francia usa la ragione
per criticare i vizi del
tempo.
Premiato con il Nobel nel
1997, Mistero buffo è il suo
capolavoro. Dagli spunti
anticlericali alle mordenti
accuse ai politici, contribuisce a spostare la satira dai
libri al teatro e alla televisione. I fratelli Guzzanti,
Beppe Grillo e Daniele
Luttazzi sono storia di oggi.
Sulla prima pagina del Secolo XIX
di oggi, proprio quello che tenete in
mano, c’è un disegno con una battuta. È una vignetta satirica del nostro
Stefano Rolli. Ogni giorno, con la sua
ironia e la sua capacità illustrativa,
Rolli ci regala un sorriso: molto spesso è un sorriso amaro, quasi sempre
è una riflessione sull’attualità, sulla
politica, sul costume. Se risaliamo
indietro nel tempo, scopriamo che
i lontanissimi antenati della satira
(in particolare di quella letteraria o
comunque scritta) sono nomi celeberrimi che molti di voi avranno certamente sentito nominare: Omero,
Orazio, Ariosto, Voltaire. Non ditelo
a Rolli che è un lontano pronipote di
questi maestri, altrimenti si monta
SCUOLE PRIMARIE
Viaggio nell’universo delle immagini
Mini-corso sull’illustrazione nella carta stampata
OMERO
Una risata sugli scandali
La vignetta, figlia della satira letteraria, fa riflettere sull’attualità
E’ un’ancora di salvataggio e una valvola di sfogo per il lettore
la testa, eppure questo albero genealogico di tutto rispetto ci fa capire
come la satira sia stata (e sia) un
importante genere letterario. In
passato, le prime “vignette” vere e
proprie possono risalire al Medio
Evo, al potere dissacrante e simbolico di certe feste (come quella
dell’Asino), per arrivare alle prime
gazzette stampate e alla Rivoluzione
Francese. Oggi, la satira è affidata
GLI OCCHI (E LA BOCCA) SPECCHIO DELL’ANIMO
Un elemento importantissimo per
realizzare una buona vignetta è
riuscire a catturare il carattere dei
personaggi, cercando di spiegare in
punta di matita il loro stato d’animo.
Se ci riuscirete, i vostri personaggi
“reciteranno” e renderanno più
credibile la battuta che poi
inventeremo, interpretando meglio
il loro “ruolo”. Ma siete sicuri di sapere
come si disegna un personaggio felice
o un personaggio arrabbiato? Provate
con questo semplice esercizio.
1
2
3
Disegnate qualche semplice
“faccetta” come quelle qui a
fianco. Basta un piccolo cerchio,
gli occhi e la bocca. Provate,
con pochi tratti, a dare loro una
vita, come se volessero
esprimere un sentimento. Come
vedrete, basta pochissimo per
animare un atteggiamento.
Gli elementi più importanti
sono gli occhi (che alcuni
chiamano infatti lo “specchio
dell’anima”) e la bocca. Adesso
cercate di mescolare occhi,
bocche e tratti diversi per
trovare nuove espressioni, come
nell’esempio qui a lato. Fate i
vostri esperimenti e dite per
ciascuna faccetta disegnata che
sensazione vi trasmette.
Ora viene il difficile. Scegliete
due faccette diverse e mettetele una vicino a un’altra.
Immaginate una battuta che i
vostri due “personaggi”
potrebbero scambiarsi e
scrivetela sopra la faccetta che
la pronuncia. Potete anche
ideare la risposta dell’altra
faccetta, ma non più di una
battuta per personaggio. Fate
attenzione: la battuta deve
essere legata al disegno: in
questo caso, se una delle due
faccette è arrabbiata, una delle
due battute deve fare
riferimento a questa rabbia.
in gran parte a personaggi come il
nostro Stefano Rolli, che uniscono
la battuta fulminea ad un disegno
spesso caricaturale. La vignetta,
se proprio vogliamo trovarle una
parentela, è figlia sia della satira
letteraria sia della rappresentazione
illustrata dei fatti. Chi ha seguito il
viaggio che il Giornale in Classe ha
intrapreso in queste settimane, sa
tutto dell’illustrazione. Ma forse non
SECONDARIE INFERIORI
LA SATIRA NEI SECOLI
APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO
tutti sanno che la vignetta fa parte a
pieno diritto di quel settore, quella
tipologia di immagini che riportano,
accompagnano, commentano un
fatto di cronaca. Pochissimi, poi,
sapranno quali sono i segreti che
bisogna conoscere per realizzare
una buona vignetta. Nessuno infine
immagina che l’ironia è veramente
una dote innata, ma che un certo
spirito satirico si può esercitare. La
TUTTE LE RISORSE DI UN VOLTO CELEBRE
Imparate a individuare gli elementi
salienti di un personaggio famoso. Vi
accorgerete come ognuno ha delle parti
che lo contraddistinguono e che ogni
figura può essere accentuata comicamente esaltandone alcune caratteristiche fondamentali. Nella vignetta non è
necessario usare la caricatura, ma se lo
fate, dovete cercare di sintetizzare nella
maniera più veloce possibile il personaggio che dovete rappresentare.
Partendo da un paio di volti conosciuti
andiamo a scoprire come fare.
1
2
3
Procuratevi la foto di un personaggio
famoso e provate a ridurne il volto in
forme geometriche. Più un personaggio
è conosciuto, meglio è per l’esercitazione.
Ad esempio, prendiamo Silvio Berlusconi,
qui a fianco. Osservando bene, la parte
alta della testa può essere racchiusa in un
cerchio, la parte medio-bassa del volto in
un quadrato e il naso un cerchietto.
Isolate questi elementi e lavorateci sopra
con la vostra fantasia, senza stravolgerli.
Riducete le spigolosità e accentuate le
parti che sono più caratteristiche del
personaggio: in questo caso la pettinatura
e il naso. Aggiungete gli occhi e
un’espressione caratteristica o che vi è
utile per la battuta. Fate lo stesso con un
altro personaggio proveniente dallo
stesso mondo del primo (in questo caso,
un altro politico) e provate a pensare a
una battuta. Provate poi a fare la stessa
cosa con gli amici e le persone che
conoscete
Il volto del personaggio è fondamentale.
Per rendervene conto potete partire
sempre dalla foto di un personaggio
celebre (questo è Claudio Bisio). Tagliatela in tre parti (fronte-occhi, naso, bocca)
e incollate i pezzi su un foglio di carta
lasciando dello spazio tra loro. Unite le
parti con un pennarello o un matita
colorata del colore adatto alla parte (ad
esempio il rosa-marroncino per la pelle).
Guardate cosa può uscirne fuori e
confrontatevi in classe. Ricordate: se
volete far riconoscere la persona non
intervenite nella parte degli occhi, o
modificatela poco.
satira, infatti, non è esclusiva dei
vecchi geni letterari, o di premi Nobel come il grande Dario Fo o dei più
acuti comici della televisione di oggi,
come ad esempio Daniele Luttazzi.
La satira è un patrimonio di tutti
noi, che ci aiuta a sorridere anche di
un grosso scandalo o di un radicato
malcostume dei politici: è un’ancora
di salvataggio, una valvola di sfogo
che sta a meraviglia sulle prime
SECONDARIE SUPERIORI
36
pagine dei maggiori quotidiani italiani (perché non c’è mica solo Rolli,
sapete?). Come ogni settimana, anche oggi vi proponiamo tre esercizi,
differenti a seconda della vostra età,
ma accessibili comunque a tutti, in
classe con l’aiuto dell’insegnante o
anche a casa da soli. Non garantiamo
che diventerete vignettisti da prima
pagina, ma siamo sicuri che scoprirete un mezzo nuovo per riferire una
notizia. In basso, lo stesso eroe della
giornata ci scrive una storia semiseria della vignetta: a voi giudicare se
è più divertente con la matita o con
la penna.
A CURA DI ALBERTO RIGONI
(hanno collaborato agli esercizi Stefano Rolli
e Patrizia Canepa, docente del liceo artistico
Klee-Barabino di Genova)
DALLA NOTIZIA ALLA BATTUTA
Che cos’è, in fondo, una vignetta? Il sunto satirico
di una notizia. In teoria, quasi ogni notizia può
essere oggetto di satira. Il testo, o la minisceneggiatura se si preferisce, è fondamentale.
Approfondire la notizia, anche leggendone le
interpretazioni proposte da diversi organi di
informazione, è senz’altro utile, ma non bisogna
dimenticare che la battuta satirica che ne scaturirà
dovrà essere il più sintetica possibile, per aumentarne efficacia e rapidità di lettura, né dovrà essere
troppo “didascalica”, ovvero troppo aderente alla
realtà. Non dimenticate l’importanza del surreale.
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3
Scegliete un articolo di giornale,
leggetelo cercando di ricordare il
senso generale della notizia. Rileggetelo, questa volta sottolineando quelle
che vi sembrano essere le parole
chiave della notizia e anche quelle
terminologie specifiche che possono
offrirvi qualche spunto per giochi di
parole o associazioni di idee (ad
esempio, “tesoretto”, “scioglimento
delle camere”, “maggioritario”)
Scrivete le parole che avete sottolineato su un foglio bianco. Consideratele
una per una e accostandole tra loro e
provate a individuare le associazioni di
idee che si vengono a formare nella
vostra mente. Mettete tutta la vostra
cultura generale a disposizione di
questi accostamenti. Vi accorgerete
che ne nascono correlazioni nuove. Tra
queste, isolate quelle che vi permettono di trarne uno spunto umoristico.
Provate, magari dando prima
un’occhiata agli altri esercizi proposti
in questa pagina, ad inventare la
vostra vignetta. Non curatevi troppo
della resa stilistica del disegno, ma
dell’efficacia del legame tra immagine
e battuta. E ricordate: la “verve”
umoristica può essere tenuta in
esercizio, ma è in gran parte frutto di
un’inclinazione naturale. L’ironia non si
può apprendere. Siate irriverenti, non
siate offensivi.
L’AUTORE
QUAL È il ruolo del vignettista
oggi? Più precisamente: chi è il
vignettista? Da dove viene? Dove
va? E soprattutto, perché dovrebbe
importarcene?
Per rispondere a queste domande
siamo ricorsi alle più avanzate ipotesi scientifiche e storiche. Secondo il
biologo inglese Jonathan Bagsmaker,
i vignettisti si sarebbero sviluppati
contemporaneamente ai lamellibranchi, durante il Paleozoico. La
loro semplice struttura molecolare
ne spiegherebbe la tenace sopravvivenza durante le successive ere.
Alcuni fossili di vignettisti scoperti
in una discarica di Torre del Greco
hanno fornito dettagli più precisi: si
è visto che i vignettisti del Paleozoico
Chi è il vignettista? Un parassita delle redazioni
erano bivalvi e popolavano i fondali
sabbiosi. L’antropologo australiano
Philip Platipus si spinge più in là e
attribuisce ai vignettisti straordinarie capacità di mutazione: questo
avrebbe permesso loro di spacciarsi
per esseri umani, intrufolandosi
nelle caverne degli uomini sapiens
all’ora di cena dicendo cose senza
senso, tipo “avete visto il gol di Ibrahimovic?”. Recenti scavi in Egitto,
hanno portato alla luce una ventina
di mummie di vignettisti in perfetto stato di conservazione. Alcuni
Stefano Rolli è nato nel 1966.
Dopo tormentati studi classici si
iscrive a Scienze politiche, ma si
arrende al primo esame.
Frequenta la “Scuola chiavarese
del fumetto”, quindi è preso a
bottega da Luciano Bottaro e
Giorgio Rebuffi, maestri del
fumetto comico italiano.
Con Bottaro contribuisce alla
realizzazione di alcune storie per
la Disney Italia. Dal 1990 collabora
con il Secolo XIX con articoli,
grafici e vignette. Dal luglio del
2002 le sue vignette satiriche
sono in prima pagina. Iscritto
all’Ordine dei giornalisti della
Liguria, vive e lavora a Chiavari.
stringevano ancora in mano matita
e foglio, tutti presentavano i segni
di una ferita al capo, inferta con una
mazza. Nell’antica Roma i vignettisti
venivano dati in pasto alle belve feroci
tra l’ilarità della folla, mentre sotto il
regno di Carlo Martello erano protagonisti di simpatiche feste durante le
quali i villici li cospargevano di catrame e piume, per poi annegarli nello
stagno più vicino. Oggi il vignettista
ha sviluppato comportamenti parassitari: si incrosta nelle redazioni
e aderisce con le zampette adesive a
scrivanie e scaffalature, dalle quali è
possibile staccarlo con l’aiuto di un
potente solvente. Si nutre di carta,
contendendola ai pesciolini d’argento (Lepisma saccharina). Non è
nocumentoso, ma può avvenire che
un redattore lo calpesti inavvertitamente. Il vignettista emette un
ripugnante gorgoglio e comincia a
lamentarsi del clima di intolleranza
che serpeggia nel mondo dell’informazione. Gli esperti ritengono che
l’atteggiamento migliore, qualora
ci si imbatta in un vignettista, sia
l’indifferenza: l’ideale è fischiettare
e guardare altrove. Si sconsiglia l’uso
di insetticidi: il vignettista è un antagonista naturale dei pappataci.
STEFANO ROLLI
40
MERCOLEDÌ
5 MARZO
2008
la scuola
1952
1975
1992
2003
L’URI si trasforma in EIAR,
nasce l’Ente Italiano
Audizioni Radiofoniche.
Il quotidiano non è più
l’unica fonte delle notizie.
I fatti iniziano ad essere
trasmesse via etere.
È il mezzo di propaganda
preferito dal regime fascista.
La sera del 10
settembre viene
trasmesso il primo
telegiornale
italiano. Il primo
direttore è Vittorio
Veltroni.
Ma gli esperimenti per una vera e propria trasmissione
delle immagini erano già iniziati nel 1929.
Nel 1961 nasce
il Secondo
Canale, ma il
vero TG2 nasce
solo nel 1975.
Nell’emittenza
pubblica, a fianco dei Giornali Radio,
fioriranno poi il TG3 e il TG Regione.
I conduttori diventano star.
Alle 20 del 13 gennaio va in
onda la prima edizione del
TG5, condotta dal direttore,
Enrico Mentana. È il notiziario
della più importante rete
commerciale, ma il primo tg
privato era stato “Contatto”
di Maurizio Costanzo nel
1980, per la tv della Rizzoli.
Dopo anni
di successi
dell’americana CNN,
nasce
SkyTG24, la rete satellitare italiana che
trasmette solo notizie. Le edizioni del telegiornale (diretto da Emilio Carelli) sono
39, una ogni mezz’ora.
L’immagine in movimento
Oggi il video ha una indubbia efficacia, forse maggiore di testo e foto
Eppure i servizi dei tg sono notizie con accompagnamento visivo
telegiornale è da molti preferito al radiogiornale perché più comprensibile.
E infatti, il video è impareggiabilmente
più efficace in certi casi (l’intervista a
un personaggio famoso, la ripresa vera
e propria di un fatto, il reportage sulle
conseguenze di una catastrofe naturale
e così via), quando pochi secondi di
GLI OGGETTI SI MUOVONO DA SOLI
Qualche settimana fa abbiamo imparato
il meccanismo che si nasconde dietro al disegno
animato. Ma “animazione” non è soltanto
scorrere velocemente una serie di disegni
(ovvero il cosiddetto “disegno animato”).
Si può fare un piccolissimo film
d’animazione anche muovendo un
oggetto di tutti i giorni, come dimostra
questo semplice esercizio. Vi servirà una
macchina fotografica digitale e l’aiuto
dell’insegnante. Siete pronti?
1
Proviamo a dar vita agli oggetti più
semplici. Ad esempio prendiamo una sedia.
Per questo esercizio sono necessari l’aiuto
dell’insegnante e una macchina fotografica
digitale con uno schermo per poter
rivedere immediatamente le immagini
scattate. Ma non spaventatevi: il gioco è
piuttosto semplice e vi aiuterà a capire uno
dei meccanismi fondamentali
dell’animazione.
2
Chiedete all’insegnante di posizionare la
macchina fotografica su un cavalletto,
mentre voi mettete la sedia davanti alla
macchina, in modo che l’insegnante la
possa inquadrare nell’obiettivo. È
importante che la macchina sia ben ferma.
Una volta che la sedia (abbiamo usato la
sedia, ma qualsiasi altro oggetto va bene:
un libro, un tavolo, un pallone) è inquadrata, andate a scattare la foto.
3
Una volta fatto clic, tornate dalla sedia e
spostatela in avanti di pochi centimetri.
L’insegnante dovrà aver cura che, senza
spostare la macchina fotografia, la sedia sia
ancora inquadrata, anche se in una
posizione diversa. Ancora una volta, andare
a scattare la foto. Poi tornate e spostate la
sedia in avanti di un’altra manciata di
centimetri. Ripetete l’operazione finche la
sedia rimane nel mirino della macchina.
4
Facendovi aiutare dall’insegnante, andate
sullo schermo alla prima foto scattata. Ora
più velocemente possibile scorrete le
immagini successive. Se l’esperimento è
andato a buon fine, dovreste vedere la
sedia che sembra muoversi per conto suo.
È un modo rudimentale per creare un film
d’animazione “a passo uno”: ad ogni
fotogramma corrisponde uno spostamento
dell’oggetto. Ed è quello che ha fatto anche
il maestro dell’animazione Norman
McLaren in “Chairy Tale”, dove una sedia,
passo dopo passo, compie le più impensabili acrobazie.
filmato spiegano meglio di mille parole.
Eppure, se ci fate caso, molti dei servizi
che compaiono in un tg altro non sono
che notizie con un accompagnamento
visivo: in pratica, il testo cambierebbe
di poco se fosse scritto su un quotidiano
o letto in un giornale radio. Il telegiornale, come spieghiamo nella grafica
qua sopra, è pur sempre l’evoluzione
del radiogiornale, il quale ancora oggi,
lungi dall’esser finito nel dimenticatoio,
gode di ottima salute sulle nostre stazioni radiofoniche. Conoscere i segreti
dell’immagine in movimento ci potrebbe aiutare a comprendere meglio se un
telegiornale è stato realizzato bene, se i
PERCHE’ LE GAG FANNO RIDERE?
«Ci sono un inglese, un francese e
un italiano…»: questo è l’inizio di
moltissime barzellette. Ma vi siete
mai chiesti perché quei personaggi
sono sempre in tre e non in quattro
o cinque? Perché c’è una regola
d’oro della risata, il cosiddetto
“tempo comico”, che garantisce
il risultato finale. Anche molte gag
cinematografiche funzionano così,
lo sapevate? Andiamo a scoprirne
il meccanismo.
1
Ogni gag che si rispetti, come abbiamo
detto, necessita di tre momenti, che
corrispondono all’Inglese, al Francese
e all’Italiano delle barzellette. Il primo
tempo introduce il problema (l’Inglese
che non riesce a fare una certa cosa), il
secondo tempo conferma il problema (ci
prova il Francese ma fallisce anche lui) e
un terzo tempo in cui la situazione è
comicamente ribaltata in modo inatteso
(l’Italiano che se la cava furbescamente).
2
Nel cinema, molti film comici si basano
su questo principio: un personaggio
magari sta elogiando le gambe di un altro
personaggio non inquadrato, prosegue
nei suoi elogi in crescendo, finché la
macchina da presa non lascia vedere che
in realtà si stava rivolgendo al poster del
suo calciatore preferito! In queste
immagini, riportiamo una sequenza del
film comico “Top Secret!”, in cui il
protagonista (Val Kilmer) deve infiltrarsi
in un campo nazista.
3
4
La tensione è creata ad arte, il personaggio si inoltra strisciando in territorio
nemico facendo attenzione a non essere
scoperto. Avanza passando sotto il filo
spinato con gran cautela ma, improvvisamente, si trova davanti ad un paio di
minacciosi stivaletti da soldato. Cosa ci
suggerisce questa immagine? Che il
nostro eroe è in trappola.
E invece, l’inquadratura si allarga e ci
mostra l’impensabile: dentro gli stivaletti
non c’è nessun soldato. Provate voi
adesso a immaginare una situazione in
tre tempi (introduzione, conferma,
ribaltamento), prendendo spunto
dall’esempio del poster o da “Top
Secret!”. Che ne dite di partire cercando,
col vostro telefonino, di filmare una
barzelletta? Partendo magari da “Ci sono
un Inglese, un Francese e un Italiano…”
filmati che ci ha proposto sono davvero
indispensabili oppure se, per conoscere
quelle notizie, ci sarebbe potuto bastare la lettura di un quotidiano come il
Secolo XIX o l’ascolto di un notiziario
radiofonico come quelli di Radio 19.
Perciò, in questa nuova tappa di “Aprite
gli occhi, scoprite il mondo”, il viaggio
SECONDARIE SUPERIORI
Anche un filmato, un’illustrazione,
una fotografia possono essere nostre
“penne”. La notizia, come abbiamo
visto le settimane precedenti, si può
“scrivere” in tanti modi, non solo
prendendo appunti su un taccuino o
componendo un articolo alla tastiera
del computer. Dopo essere andati e
aver visto possiamo scegliere con quale
strumento “riferire”, ovvero “riportare” il fatto. L’immagine filmata ha oggi
un’indubbia efficacia, forse maggiore
di foto e disegni o delle semplici parole
scritte, complice il fatto che intorno
a noi è abbondantissima l’offerta di
immagini in movimento. Così, un
SCUOLE PRIMARIE
Viaggio nell’universo delle immagini
Corso di video, seconda puntata
1927
SECONDARIE INFERIORI
LA STORIA DEI TG
APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO
nell’universo delle immagini intrapreso
qualche settimana fa, proseguiamo nei
meccanismi su cui si basa il linguaggio
del video: qui sotto il Giornale in Classe vi dà altri spunti di riflessione, con
esercizi semplici realizzabili con l’aiuto
dell’insegnante. Sapersi districare nella
giungla delle immagini in movimento
è oggi vitale, specie su Internet, che sta
diventando il principale magazzino di
filmati. In basso, Fabrizio Casalino ci
racconta come l’avvento di YouTube ha
cambiato la sua indole di metallaro.
Alberto Rigoni
(ha collaborato agli esercizi Francesco Filippi. Si ringrazia Gianluca Aicardi)
«LUCE, MAESTRO!»
In una ripresa filmata, uno degli aspetti più
importanti è l’illuminazione. Essa può essere
naturale (con la luce offerta dal sole in quel
momento) oppure artificiale (con l’utilizzo di
fonti diverse, come lampade o riflettori).
È fondamentale sapere che vari tipi di luce e
differenti colorazioni trasmettono sensazioni
diverse a chi guarda. I grandi direttori della
fotografia nel cinema conoscono tutti questi
segreti e il loro lavoro può contribuire alla
riuscita (o all’insuccesso) di un film. Intanto,
apprendiamo le basi.
1
La luce può essere in primo luogo
“diretta”. Il fascio luminoso esce dalla
lampada e colpisce direttamente il
soggetto inquadrato, sia esso un
personaggio intervistato o un attrice
famosa. Le ombre sono molto nette.
Questa illuminazione contribuisce a
drammatizzare la situazione e
aggiungere tensione. È infatti la tipica
illuminazione dei film più crudi, come
ad esempio “Alien”.
2
Il contrario della diretta è la luce
“soffusa”. Essa arriva di rimbalzo sul
soggetto, ovvero dopo esser stata
puntata su una parete o su uno
schermo. Le ombre sono meno nitide,
quasi inesistenti. È molto utilizzata per
illuminare gli interni, specie nelle
scene di gruppo in cui più attori
devono essere visibili, come nelle
scene di ballo di “Shakespeare in
love”.
3
Se analizziamo il colore della luce,
scopriamo che anch’esso ha il suo
significato. Mettendo un vetro
colorato (“gelatina”) davanti al
riflettore cambia la tinta e cambia
anche il significato, sia se si sta
riprendendo in esterno o in interno. I
toni caldi, come ad esempio quelli
delle più famose scene di “Titanic”,
suggeriscono l’idea di “amore” e
“romanticismo”.
4
Invece, colori lividi come l’azzurrino o
il bianco possono dare l’idea di
“freddezza” sia atmosferica sia
sentimentale. Una scena notturna o
un paesaggio invernale, meglio se
innevato (come in questa immagine
tratta da “L’attimo fuggente”),
possono suggerire disagio, distacco,
scarso coinvolgimento emotivo o
magari dolore silenzioso.
l’autore
Amo i computer. Li amo perché li
trovo zelanti ed affidabili, perché so
che – nei loro limiti – faranno tutto
ciò che possono per assecondare la
mia volontà. Differentemente dalle
persone, essi non mi deludono né
mi feriscono. Amo i computer come
certe donne amano i cani: non per un
sincero amore verso i cani, ma per risentimento verso gli uomini. A dodici
anni avevo lo Spectrum, un computer
scarafaggio che molti adolescenti degli anni ’80 ricordano. Per mio padre
ero il depositario di un sapere a lui
inaccessibile. Questa immagine del
figlio che dispone a vent’anni di un sapere precluso a suo padre rappresenta
per me la “modernità”: una conoscenza che la generazione precedente
rifiuta. Posso dire con orgoglio che il
passaggio dalle radio a transistor con
custodia in pelle al world wide web
Perché amo il computer e gli Iron Maiden
è avvenuto interamente sotto i miei
occhi. Ora, a 37 anni, il vecchietto
sono io. Il mio cellulare sta diventando troppo complesso, e gli attuali
dodicenni mi scandalizzano. Provo
una atroce malinconia quando vedo
che per loro tutto questo è scontato.
So che è naturale. Anch’io da piccolo
davo per scontato che in casa ci fosse
l’acqua corrente. Ma lasciatemelo
dire: ogni volta che cliccano e trovano la risposta alla loro domanda io
ci patisco. Soffermatevi un attimo a
contemplare la smarginata libertà
di cui vi è fatto dono! Prendiamo ad
esempio YouTube. Chiunque al mondo può mettere in rete filmati di qua-
Fabrizio Casalino
(www.fabriziocasalino.it) è nato a
Genova nel 1970. Miglior artista
esordiente Premio Tenco nel 1994,
e secondo classificato al “Disco per
l’estate” nel 1997 con “Come un
angelo”, ha suonato in Argentina,
Uruguay, Venezuela e negli Stati Uniti.
Ha scoperto la sua vena comica in
tour coi Cavalli Marci. Ha creato il
personaggio di “Giginho”, il malinconico cantautore brasiliano
approdato in tv anche a “Bulldozer”
(Rai Due) e a “Colorado Café” (Italia
1), di cui è oggi il veterano. Assieme
agli amici Ceccon e Balbontin ha
tenuto esilaranti “corsi di savonese”.
Ama molto la torta di riso.
lunque genere. Questa constatazione
merita un posto nella Dichiarazione
dei Diritti Umani.
Vi piace un artista? Digitate il suo
nome e troverete i suoi video, i video
dei suoi fans, i video di musicisti
che spiegano come suonare quella
canzone che vi piace. Quando avevo
sedici anni andavamo pazzi per gli
Iron Maiden. Avevamo solo le copertine dei dischi (di vinile). I videoclip
non esistevano, e se esistevano non
arrivavano sino a noi. Un giorno un
amico tornò da Londra con una videocassetta. Ci riunimmo e guardammo
quel concerto come fosse una apparizione divina. Ricordo ancora la gioia
di vedere finalmente gli Iron Maiden:
cinque capelloni metallari d’oltremanica. Ma noi li amavamo. Anche grazie
a quella distanza. Per questo come
ogni vecchietto levo il mio indice e vi
ammonisco. Ciò che avete davanti è
un mare di possibilità. E nei mari ci si
perde. E per quanto mi sforzi di essere
lucido e moderno, devo ammettere
che forse la distanza dalla musica che
amavo mi ha stimolato a suonare la
chitarra. Così ho imparato a suonare:
anche grazie a ciò che mi veniva negato. Se una cosa è raggiungibile con
facilità, può diventare meno intrigante e preziosa, e la vostra libertà può
diventare pigrizia. Non lasciate che
questo accada. Io intanto ringrazio il
progresso: digitando “iron maiden”
su YouTube appaiono 50000 filmati.
Metallari si nasce!
Fabrizio Casalino
36
la scuola
MERCOLEDÌ
19 MARZO
2008
APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO
Un buon
reporter, prima
di partire, deve
documentarsi
ovunque su usi,
costumi,
tradizioni e cultura del luogo di destinazione. È l’unico modo per ritrarre
i problemi e le condizioni sociali
di quel posto.
Esercizi, consigli e trucchi utili suggeriti dal “National Geographic”
per capire cosa c’è dietro le quinte di un servizio fotografico
corso avrete forse imparato quanta
fatica, quanto lavoro e quanta sensibilità si nascondono dietro alle
foto più riuscite, quelle che spiccano
dalla massa delle immagini di tutti i
giorni e colpiscono la nostra attenzione. Siamo partiti dal tentativo di
capire come la luce può “scrivere” su
una superficie, poi abbiamo costruito la nostra camera oscura, abbiamo
Per imparare ad usare meglio una macchina
fotografica è necessario saper guardare.
Lo abbiamo detto fin dalla prima puntata di
questo nostro mini-corso: riuscire a vedere con
attenzione quello che ci circonda è il primo passo
di chi vuol diventare reporter. Questa regola vale
ancora di più per chi tra di voi vuole capire come
con una fotocamera anche semplice si può
“riportare” un fatto o una sensazione. Questa
volta andiamo alla scoperta della geometria che
si nasconde attorno a noi. La natura ci aiuterà.
2
3
Deve esser discreto e gentile:
non deve puntare subito
l’obiettivo subito verso le
persone, ma approcciarle
parlando normalmente di qualsiasi argomento. Solo una volta
stabilito un rapporto di tranquillità, può chiedere di scattare. Se le
circostanze sono pericolose, però,
meglio scattare di nascosto.
Non deve vestire o
comportarsi in modo troppo
diverso dalla popolazione
locale. Il buon reporter non
deve dare nell’occhio, bensì
confondersi il più possibile
tra la folla, per poter
aspettare indisturbato
il momento propizio o
l’occasione importante.
Come diventare fotoreporter
UN AIUTO DALLA NATURA
1
Deve portare
con sé materiale
più che sufficiente.
Sono fondamentali
le scorte di schede di
memoria o rullini, ricambi di obiettivi,
flash e pile, e una fotocamera di riserva.
Non bisogna scordare di procurarsi
guide, mappe, quaderni e penne per
prendere appunti, un buon dizionario.
anche appreso come tenere una
macchina fotografica e conosciuto
la fatidica “regola dei terzi”. In questo percorso, che è stato anche un
percorso attraverso la storia della
fotografia, oggi aggiungiamo una
manciata di preziosi consigli: sono
quelli che il “National Geographic”,
la più prestigiosa rivista del mondo
(celebre proprio per i reportage
SECONDARIE INFERIORI
SCUOLE PRIMARIE
Andare a vedere di persona,
scattare un’immagine e riferire al
lettore sono le azioni richieste al
fotoreporter. Maestri come Robert
Capa hanno saputo trasformare in
arte queste apparentemente semplici azioni. Grazie ai grandi, la fotografia ha raccontato e racconta ancora
oggi quello che succede nel mondo,
con un tocco che nessun altra arte
ha, una magia che le è propria, una
capacità di restare negli occhi di chi
guarda ben più a lungo di un banale
sguardo. Durante queste settimane,
il Giornale in classe vi ha proposto
esercizi, consigli e trucchi utili per
capire meglio cosa sta dietro le quinte di una fotografia. Col nostro mini-
Una volta sul posto,
deve visionare cartoline
e depliant per non creare
immagini già esistenti
e soprattutto per
conoscere bene zone
e dettagli di un luogo:
lo potrà visitare con più
sicurezza e non trascurerà
gli angoli più importanti.
COSI’ VICINO, COSI’ LONTANO
Quante volte, magari scattando col vostro
cellulare una foto ad un compagno di classe, vi
sarete imbattuti nel problema della distanza.
Se l’obiettivo è troppo vicino, l’amico o l’amica
non riesce ad entrare nell’inquadratura, se è
troppo lontano non si vedranno bene il viso
o i dettagli. È una questione di scelta. Ad ogni
distanza corrisponde un significato e, quando
riprendete una persona, ogni tipo di inquadratura ha un nome proprio. E si tratta di nomi
che avete già sentito sicuro.
Nell’ambiente in cui viviamo ogni
giorno ci sono nascoste linee, forme
e sagome. Noi non le vediamo,
o meglio: non le vediamo più.
Ci siamo ormai abituati ai rettangoli
delle finestre sui palazzi o alle curve
della strada che facciamo quando
andiamo a scuola. Fermiamoci per
un istante a guardare ad esempio
le linee di una ringhiera o di un
sentiero montano. Quante forme si
nascondono?
1
2
Con un po’ di attenzione e di
curiosità, ne troverete tantissime,
anche in luoghi che già conoscete.
Ad esempio, in un bosco i tronchi
che avete di fronte sembrano le
solite linee verticali, ma provate a
guardare questi stessi alberi da un
altro punto di vista. Alzate gli occhi
al cielo e osservate: le linee verticali
si sono trasformate in diagonali.
Anche archi e colonne possono a
volte “incorniciare” naturalmente
quel che si vede dietro. Direte: che
cosa ce ne facciamo di queste linee,
una volta che le abbiamo trovate?
Beh, queste vi saranno di enorme
aiuto quando scatterete la vostra
prossima fotografia. In una foto
una linea o una cornice danno più
armonia ed eleganza all’immagine.
È un vecchio trucco dei fotografi.
Provate!
4
Immagini tratte da: www.simonepatrucco.it
fotografici), dà ai propri fotoreporter quando girano il mondo per
realizzare un servizio. Sono regole di
buona fotografia, ma prima di tutto
sono regole di buon senso e di buona educazione, a conferma che per
essere bravi fotografi bisogna anche
sapersi confrontare con correttezza
con gli altri. Il nostro mini-corso ha
voluto essere una parte integrante
3
della vostra formazione, che si fa
principalmente sui banchi di scuola,
ma passa attraverso ogni attività
extrascolastica che intraprendete.
Imparare è sempre un momento di
crescita, anche imparare a scattare
una bella fotografia. È quanto testimonia anche l’intervento in fondo
alla pagina, il racconto di un professore di italiano che nel proprio liceo
SECONDARIE SUPERIORI
IL BUON
REPORTER
SECONDO
IL “NATIONAL
GEOGRAPHIC”
Viaggio nell’universo delle immagini
Corso di fotografia
A cura di Alberto Rigoni
(ha collaborato agli esercizi Simone Patrucco)
IL SOGGETTO CHE NON C’E’
Abbiamo visto in queste settimane come sia
importante conoscere le regole e i trucchi che
utilizzano i grandi fotografi. In particolare, è
importante sapere come posizionare quello
che vogliamo riprendere. Saper disporre il
soggetto nell’inquadratura è una delle
capacità che possono far la differenza tra una
fotografia banale e una fotografia riuscita.
Ma attenzione: lo spazio attorno al soggetto
è altrettanto fondamentale, anche se non
contiene nulla. Vediamo perché.
1
Il linguaggio di tutti i giorni, anche
quello di giornali e televisione, ha
adottato termini come “mezzo busto”,
“primo piano”, “dettaglio”, adottandoli nelle situazioni più disparate. Qui
vi presentiamo i principali. Questa
immagine, ad esempio, è una “figura
intera”:
il soggetto entra infatti per intero
nell’inquadratura, si vedono sia la
testa sia i piedi e rimane ancora
un po’ di spazio sopra e sotto.
2
In una foto, può essere un errore
“grammaticale” tagliare i piedi
di una figura intera. Le giunture
(gomiti, ginocchia) vanno sempre
incluse o escluse, mai tagliate
esattamente a metà. Eppure
ci sono anche inquadrature più
ravvicinate, che si focalizzano
su una parte precisa del corpo.
Questo è ad esempio un “primo
piano”, in cui la persona è ripresa
a “mezzo busto”, dalla vita in su.
Quando abbiamo parlato della
“regola dei terzi” abbiamo imparato
a non disporre il soggetto al centro
dell’immagine: troppo banale.
Se estremizziamo questo concetto,
si possono ottenere immagini ancor
più significative. Ad esempio, in un
ritratto in primo piano, se dispongo
il viso su un bordo e lascio molto
spazio allo sfondo, il viso – in tutto
quel vuoto – risalterà ancor di più.
È il meccanismo dello “spazio in
negativo”: il soggetto non occupa
la maggior parte dello spazio, ma
solo una porzione minore. Il resto è
occupato dal vuoto o dallo sfondo.
L’occhio che affronta questo tipo di
immagine andrà subito alla ricerca
del vero soggetto: il bravo fotografo
è riuscito a far muovere gli occhi
dello spettatore anche con un
soggetto apparentemente banale,
come ad esempio un albero.
3
Più l’obiettivo si avvicina al soggetto, più si concentra sui particolari.
Così il primo piano diventa “primissimo” quando è ripreso solo il volto.
Questo invece è un “dettaglio” del viso: gli occhi sono uno dei dettagli
più fotografati e a volte, se la foto è riuscita, un dettaglio può rivelare
molto di più di una figura
intera. Uno sguardo
trasognato ad esempio,
può indicare che
nonostante l’obiettivo sia
così vicino, il soggetto
invece è lontanissimo col
pensiero…
4
Immagini tratte da: www.simonepatrucco.it
ha indossato i panni dell’insegnante
di fotografia e ha organizzato una
serie di lezioni di tecnica fotografica.
Ne è nata una bella mostra (di cui
proponiamo qualche immagine in
basso) e probabilmente uno sguardo
degli alunni verso il loro “prof” e viceversa. Qui sotto, come di consueto,
proponiamo anche questa settimana
esercizi e consigli, divisi per difficoltà e fasce d’età, che potranno aiutarvi
ad aprire gli occhi e scoprire che il
mondo in cui vivete può essere visto da angolature sempre nuove. La
scoperte sono come gli esami: non
finiscono mai.
Dopo un po’ di esperimenti
per conto vostro (sono la
base dell’apprendimento),
imparerete anche ad avere
dimestichezza con la luce.
Ad esempio, un soggetto si
può “nascondere” anche
fotografando in controluce.
Di quello che volevamo
riprendere restano solo i
contorni e lo spettatore si
focalizza sia sulla fonte di
luce sia sulle sagome scure:
l’effetto è notevole.
Immagini tratte da: www.simonepatrucco.it
il docente
I m e z z i m u lt i m e d i a l i
sono da tempo parte dell’immaginario e dell’uso dei giovani
studenti ma sono spesso più un
passatempo o un’attività alternativa al di fuori dell’impegno
scolastico.
Durante quest’anno scolastico,
all’Istituto Santa Marta di Chiavari, ho invece avuto la possibilità di tenere un corso di Teoria
e Tecnica della Fotografia.
Vi hanno preso parte alcuni
a l u n n i d e l L i c e o L i n g u i st i c o
Europeo e la novità, come metodo educativo al di fuori dei
consueti schemi e discipline, ha
suscitato interesse anche nella
relativa scuola Media Inferiore
ed Elementare.
Il corso di Teoria e Tecnica della Fotografia
In una società ormai satura di
immagini in cui tutti vogliono
esprimere di tutto e in breve
tempo, era importante abituare gli studenti a ragionare sul
messaggio che si vuole affidare
al mezzo fotografico e insegnare
loro a non banalizzare un’arte
oggi alla portata di tutti, partendo dalle regole di base fino
ad aiutarli a sviluppare un proprio gusto e un proprio senso
artistico.
L’obiettivo principale delle lezioni era insegnare agli studenti
Ecco alcune delle realizzazioni
di fine corso prodotte dai
partecipanti del Liceo Linguistico
Europeo S. Marta di Chiavari:
Giada Crino, Deborah De Filippi,
Marco De Luca, Irene Delle Pere,
Daria Pranzetti, Michela
Garibaldi, Romina Mazzino,
Mara Meloni, Marta Olezza,
Angela Denise Peri.
Tutte le loro opere sono visibili
all’interno dell’Istituto scolastico
e sul sito
www.simonepatrucco.it/varie.
ad osservare oggetti e particolari
che ci circondano nella vita di
tutti i giorni, recuperare il senso
di appartenenza alla natura e
alla società di oggi, capire quanto un piccolo dettaglio migliori
una fotografia e come ciò sia
vero anche per la nostra vita.
Per la parte teorica, ho messo
a d i s p o s i z i o n e i m i e i st u d i e
esperienze personali, e insieme
agli allievi ci siamo serviti anche
delle guide del “National Geographic”, assai preziose e ricche
di splendidi esempi pratici, e di
dispense e riviste specializzate
come “La Biblioteca del Fotografo” e “Zoom”.
Col mini-corso “Aprite gli occhi,
scoprite il mondo” pubblicato sul
Secolo XIX si è poi sviluppato un
simpatico gioco di scambi: alcuni
esercizi pubblicati sulle pagine
del quotidiano sono stati utilizzati in classe, viceversa alcuni
accorgimenti esaminati a lezione
sono poi finiti su queste colonne:
una bella sinergia!
E alla fine del corso, abbiamo
anche realizzato una mostra fotografica nell’atrio della scuola,
un’esposizione che ha riscosso
complimenti inaspettati.
Simone Patrucco
docente
la scuola
APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO
I GRANDI DELLA CARICATURA secondo Reginaldo
Leonardo da Vinci
Honoré Daumier
Il genio rinascimentale è tra i primi
celebri autori di caricature, conservate
nei musei più importanti del mondo.
Alcune si trovano anche tra i suoi
studi sul corpo umano o tra i bozzetti
preparatori per grandi dipinti.
Ma vi è traccia di proto-caricature
anche tra le pitture di Pompei
2
3
Albert
Einstein
Porta la caricatura al grande
pubblico, lavorando per
alcuni tra i principali
quotidiani italiani, tra cui La
Stampa e La Gazzetta dello
Sport. È uno dei nostri più
apprezzati e premiati
caricaturisti. Celebri le sue
copertine per L’Espresso e
Panorama
Stan Lauren e Oliver Hardy
Re
La striscia umoristica è qualcosa di più
del solito disegno che fate per raffigurare un paesaggio, una persona, un
animale. È in pratica un racconto.
Molto breve, ma pur sempre un racconto. Serve a rappresentare in pochi quadri
una situazione che si svolge nel tempo.
Per rappresentare con la matita una
storia, avrete bisogno di disegnare
almeno l’inizio, il seguito e la fine della
vicenda: bene, se ci mettete anche un
po’ di umorismo, questa è una striscia.
La vostra storia deve stare tutta su un foglio, lo stesso su cui avete sempre fatto
i vostri disegni. Fate un bel rettangolo, più largo possibile. Poi dividetelo in tre
parti uguali, tracciando con la matita due linee verticali. Nei tre spazi risultanti
inserirete tre momenti del vostro racconto, iniziando da quello a sinistra.
Se nella storia che state disegnando volete mettere dei personaggi che
parlano, dovrete lasciare lo spazio anche per le parole che diranno. È sempre
meglio metterle in alto, racchiudendole in un fumetto. Anche il testo dovrà
essere suddiviso nei vari quadri, come il disegno. Meglio evitare dialoghi
molto lunghi, altrimenti non saprete dove disegnare!
Stabilito cosa scrivere e cosa disegnare nei vari quadri, viene il momento di
farlo davvero. Se c’è un personaggio che appare in tutti e tre i quadri,
vedete di fare in modo che sembri effettivamente lo stesso disegnandolo il
più possibile sempre uguale, magari caratterizzandolo con baffi e occhiali!
In collaborazione con
segreti del disegno dal vero della
notizia (di cui fu maestro Achille
Beltrame con le sue copertine della
“Domenica del Corriere”) e della
vignetta satirica (con gli esercizi e
trucchi suggeriti dal vignettista del
Secolo XIX Stefano Rolli). Oggi affrontiamo quella che sui quotidiani
americani si chiama “strip”, ovvero
la striscia. Tra la fine dell’Ottocento
e l’inizio del Novecento, proprio sui
giornali degli Stati Uniti, si affacciarono le prime avventure disegnate
autoconclusive: il primo personaggio da “strip” da quotidiano fu The
Yellow Kid, il “bambino giallo”
creato da Richard Felton Outcault,
le cui avventure vennero seguite
per anni dalle migliaia di lettori del
New York World. La striscia è una
miscela di idee, sintesi, talento nel
disegnare, spirito umoristico. Non
LA FANTASIA SALE IN CATTEDRA
1
2
3
è dunque per nulla facile realizzare
una “strip” riuscita. Abbiamo perciò
chiesto aiuto al nostro Origone,
creatore per Il Secolo XIX delle
avventure di Nilus. Gli esercizi che
trovate sotto sono i primi consigli
che lui vi dà per iniziare: provate a
seguirli, ricordandovi di attingere
molto dalle vostre esperienze e dalla
vostra fantasia. Vedere la realtà e saperla interpretare con un disegno è
SECONDARIE SUPERIORI
fotografia, i periodici si sono serviti
di immagini disegnate per accompagnare (o talvolta sostituire) la
notizia scritta. Già dopo pochi anni
dalla nascita della carta stampata,
l’illustrazione si è caratterizzata in
due filoni principali: l’illustrazione
di cronaca e l’illustrazione umoristica. Nelle puntate precedenti
del nostro corso di illustrazione,
abbiamo analizzato la tecnica e i
33
Le strisce solitamente narrano episodi che
riguardano sempre gli stessi personaggi,
collocati in un particolare momento storico.
È importante quindi cominciare con uno
studio dell’ambiente in cui si vogliono
rappresentare le storie e una certa caratterizzazione delle figure che in esso si muovono.
La striscia di Nilus, ad esempio, è ambientata
nell’Antico Egitto. E l’ambiente, i costumi,
le situazioni sono adattate a quei tempi.
Con molte licenze artistiche, ovviamente.
Altrimenti dove sarebbe l’umorismo?
Per prima cosa bisogna scegliere in quale ambiente collocare le vostre storie.
Può essere un determinato ambiente storico, come il Far West, l’Antica Roma o,
se volete, sulla Luna o su Marte! Magari con i marziani che osservano i terrestri
con un telescopio e commentano i loro comportamenti. O più semplicemente,
potete rappresentare la vostra classe e i vostri compagni di scuola. Insomma,
sta a voi trovare dove sia più congeniale far vivere le vostre creazioni, seguendo
i vostri gusti e le vostre inclinazioni.
Una volta stabilito l’ambiente, ad esempio la Luna, dedicatevi ai personaggi.
Cominciate da quello più ricorrente, che di solito è il protagonista delle varie
avventure, quello che fa le battute umoristiche e che è sempre presente nelle
situazioni più divertenti. Cercate di caratterizzarlo il più possibile, in modo che
si distingua bene da eventuali personaggi di contorno e sia riconoscibile a
prima vista da chi leggerà le vostre storie.
Definiti ambiente e personaggi, viene il bello, anzi, il difficile: dovete inventare
delle gag, cioè delle piccole avventure divertenti. Per chi è alle prime armi
può essere utile leggere e guardare ciò che è stato fatto da autori già
affermati, cercando di analizzare come questi hanno “costruito” le loro strisce.
Potete prendere spunto da loro, evitando però di rifare esattamente le stesse
battute: ce ne sono già troppi che copiano!
Franco Bruna
In Italia è tra i più
conosciuti, grazie anche ai
suoi ritratti di personaggi
del mondo dello sport.
Disegna per il Processo del
Lunedì e il Guerin Sportivo
e realizza le caricature dei
calciatori per l’album
delle figurine pubblicato
dalla Panini
Romano Prodi
Le illustrazioni in punta di matita conservano ancora oggi il loro fascino
L’immagine disegnata, di cronaca o umoristica, rimane sempre attuale
UNA STORIA IN TRE DISEGNI
1
Achille Superbi
David Levine
Erede della tradizione di
Daumier, è uno dei più grandi
caricaturisti viventi, conosciuto
per i suoi disegni sul New York
Review of Books e anche su
Playboy. In America la
caricatura sfonda nei primi del
Novecento grazie alla diffusione
dei quotidiani ed è ancora oggi
molto amata
2008
Viaggio nell’universo delle immagini
Corso di illustrazione, terza puntata
Una notizia raccontata a mano
SECONDARIE INFERIORI
SCUOLE PRIMARIE
CERTI AMORI non finiscono mai.
L’amore per l’immagine disegnata,
sbocciato nell’uomo fin da quando era vestito di pelli d’animali e
viveva nelle caverne, non è ancora
tramontato.
Ormai la ripresa dal vero la fa da
padrona grazie a fotografia e video,
mentre con l’avvento del personal
computer si è diffusa la grafica
bidimensionale e tridimensionale.
Eppure, ancora oggi, in anni ad
alto tasso di tecnologia, la storia
o la notizia raccontate a mano, in
punta di matita, conservano il loro
fascino e rimangono insostituibili.
Questo è vero anche nel mondo
del giornalismo. Fin da subito,
ancor prima dell’invenzione della
Con lui la caricatura entra nei
manuali di storia dell’arte.
Nella Francia dell’Ottocento è
uno dei più arguti critici del
potere.
Un irriverente ritratto del re
Luigi Filippo gli costa alcuni
mesi di prigione. Tra le sue
“vittime” molti famosi
personaggi del suo tempo
MERCOLEDÌ
2 APRILE
una pratica semplice e al contempo
un’arte tra le più complesse. Basti
pensare alla caricatura: in un semplice ritratto in punta di matita si
ritrovano i pregi e i difetti fisici ma
anche interiori di un personaggio.
Reginaldo, caricaturista del nostro
quotidiano e grande esperto della
materia, ha scelto per voi i cinque capisaldi della caricatura, da
Leonardo ai giorni nostri. Vedere
dunque non basta, bisogna anche
pensare: a fondo pagina Patrizia
Canepa ci racconta come questo
motto ha influenzato la sua vita di
artista, madre e docente.
A CURA DI ALBERTO RIGONI
(hanno collaborato Origone, Reginaldo,
Patrizia Canepa)
UN LAVORO DA PROFESSIONISTI
1
2
3
Creare una striscia umoristica non è certamente
una cosa semplice, anche se una buona striscia
deve apparire… semplice. La semplicità è una
caratteristica fondamentale della striscia, che
contiene gli stessi elementi di una storia
illustrata di maggior respiro (un’idea iniziale,
una sceneggiatura, una rappresentazione
grafica), il tutto però espresso in estrema
sintesi, sfruttando e ottimizzando al meglio il
poco spazio a disposizione. In più deve essere
originale e divertente. “Una bella impresa!”,
direte. Eppure qualche consiglio può aiutare.
Se avete già stabilito quali personaggi raffigurare e in quale ambiente farli agire,
ora dovete ideare delle avventure divertenti. Perché è questo che dovete fare,
prima ancora che disegnare: parte sempre tutto dall’idea. Poi viene la sceneggiatura (la suddivisione dei dialoghi nei vari quadri) e solo alla fine il disegno.
Iniziate elencando su un foglio tutti gli spunti che vi sembrano divertenti, senza
preoccuparvi, al momento, della realizzazione grafica.
Una volta trovata un’idea divertente, dovrete trovare la maniera più adatta per
rappresentarla. Di solito il primo disegno e - se c’è - il primo dialogo introducono l’argomento. A questo spesso segue una parte interlocutoria, rappresentata
con uno o due disegni di mezzo, consequenziali al primo: servono per
introdurre il finale, per “porgere” cioè la battuta dell’ultimo quadro, che poi è lo
scopo e la degna conclusione della vostra striscia.
Siate essenziali in tutto, sia nel disegno che nel testo. Meno parole riuscite ad
usare e più efficace sarà il risultato. Quando scrivete nei fumetti (i cosiddetti
balloons) usate uno stampatello chiaro e uniforme. Il tratto del disegno non
deve mai essere troppo sottile, altrimenti, riducendo le dimensioni dei quadri
(magari per stamparli), questo potrebbe addirittura scomparire! E poi, se volete,
potete colorarlo. Ma sull’uso del colore (o degli spazi neri) ci vorrebbe un’altra
puntata. Nell’attesa, provate da soli.
In collaborazione con
In collaborazione con
IL CONSIGLIO
È STUPENDO invecchiare, non
certo per la decadenza fisica, che indiscutibilmente non è gradevole. Mi
riferisco alla capacità che il nostro
cervello dimostra nel compensare
ciò che il fisico non ci dà più come
un tempo. Ti accorgi che non è più
indispensabile poter guardare a fondo per vedere benissimo; ne divieni
consapevole quando ciò che disegni
costituisce la sintesi tra ciò che vedi
e la tua esperienza e la tua conoscenza, per continuare a crescere e
a capire. «Si deve pensare – scrisse
Paul Cézanne – l’occhio non basta,
bisogna anche pensare».
Margherita, mia figlia, non gattona,
sta sempre seduta sul telo dove la
mettiamo, seduta con mille giochi at-
Bisogna pensare. Parola di Cézanne
torno. Ci guarda, nulla sfugge alla sua
attenzione. Il nostro pediatra dice che
i bimbi che non gattonano soddisfano
le loro curiosità con la vista, sviluppando così ulteriormente la capacità
di vedere. Non so se sia stato per questo motivo, ma Margherita ha passato
tutta la sua infanzia a giocare… disegnando. Non erano i risultati grafici
di nostra figlia a stupirci – a dire il
vero non tutti i disegni erano ... come
dire… riusciti – ma era la sua capacità
di osservazione, concentrazione, attenzione, e l’evasione e la gioia, che il
Paul
Cézanne,
I giocatori
di carte
Patrizia
Canepa
Meret Oppenheim,
La tazza di pelliccia
Un disegno
di Margherita
disegnare le regalava. Oggi, adulta, le
è rimasto il metodo: ha capacità di osservazione e di elaborazione. «Si deve
pensare – scrisse Cézanne – l’occhio
non basta, bisogna anche pensare». È
abituata, poi, a concretizzare, a rendere tangibile il suo pensiero (il disegno,
la foto, il progetto) per comunicare.
Margherita è “fattiva”.
«Si deve pensare – scrisse Cézanne
– l’occhio non basta, bisogna anche
pensare». Il braccio del giocatore di
carte, la casa nel paesaggio, le mele
rosse: è evidente che si tratta di ri-
flessioni fatte su elementi visivi colti
da un soggetto capace di guardare,
elaborare, disegnare. L’insegnante
aiuta lo studente a risalire questo
flusso, quindi a ripercorrerne il
processo conoscitivo.
Anche i corpi contorti di Egon
Schiele sono pensieri, le macchie di
Jackson Pollock, i volti pelosi di Frida Kahlo, le ferraglie di Jean Tinguely, l’orinatoio di Marcel Duchamp,
la profondità spaziale di Giotto, il
sangue di Jenny Holzer, la tazzina di
pelliccia di Meret Oppenheim.
Guardare. Pensare. Disegnare. Non
necessariamente in quest’ordine...
PATRIZIA CANEPA
docente di discipline pittoriche al Liceo artistico Paul Klee–Nicolò Barabino di Genova
la scuola
GIOVEDÌ
24 APRILE
2008
APRITE GLI OCCHI, SCOPRITE IL MONDO
Tv7
1963-1977
Il primo magazine giornalistico della
televisione italiana. In seconda
serata propone approfondimenti sui problemi dell’Italia
degli Anni Sessanta e
Settanta e trasmette
reportage dal mondo. Celebri
quelli dal Vietnam. Tra le
firme, Furio Colombo.
SCUOLE PRIMARIE
“Aprite gli occhi, scoprite
il mondo” è stato ed è il principio
ispiratore di molti reporter, oggi.
Da quando qualche mese fa abbiamo iniziato questo viaggio attraverso le tecniche del giornalismo
per immagini, abbiamo scoperto
come anche una fotografia, una
vignetta o un filmato possono descrivere un avvenimento o fornire
il commento ad una notizia. E a
volte ci riescono meglio di mille parole. Pensate alla celebre sequenza
del ragazzo di Pechino davanti alla
colonna di carri armati diretti verso piazza Tien an Men.
In quei pochi fotogrammi c’era
tutta la rivolta studentesca del
1989, una protesta nata sponta-
1
2
3
Il Processo del Lunedì
1980-1993
I temi della domenica calcistica dibattuti
con veemenza. L’istrionico
Aldo Biscardi inventa il
format che avrà fortuna
anche su La7 e Italia7.
I principali giornalisti
sportivi sfilano tra i banchi
dell’accusa e della
difesa.
Maurizio Costanzo Show
1982-2005
Per oltre vent’anni «dal Teatro
Parioli in Roma» Maurizio Costanzo
intervista personaggi famosi
(o che lo diventeranno presto),
accompagnato al piano dal
maestro Bracardi. Nato sulla
falsariga dei talk show
americani, da poco ha
ripreso la programmazione.
Samarcanda
1987-1992
Negli anni della fine della “Prima Repubblica” Michele Santoro inaugura la serie dei
suoi talk show politici (oggi conduce Anno
Zero). Aspre polemiche
con esponenti di destra e
di sinistra, giornalismo di
denuncia, dibattiti
infuocati, molte sospensioni dal palinsesto.
Porta a Porta
dal 1996
Il salotto televisivo oggi
più seguito. Bruno Vespa
propone la politica in seconda
serata e la sua ribalta diventa
ambitissima da tutti i partiti.
Ma i temi si diversificano:
celebri le puntate sul delitto
di Cogne e la diretta per
la morte di papa Wojtila.
Quando l’immagine è notizia
Continua il nostro viaggio attraverso le tecniche del giornalismo:
segreti, regole e trucchi che stanno dietro a una fotografia
neamente da ragazzi poco più
grandi di voi, che volevano libertà
e democrazia, e di lì a poche ore
soffocata nel sangue e nel silenzio
internazionale. Studenti soli, coraggiosi ma impotenti e destinati
alla sconfitta contro la forza bruta
delle armi – tutto in un brevissimo
filmato.
Ogni linguaggio ha la sua tecnica, lo abbiamo detto all’inizio del
GAMBE IN SPALLA!
Nelle precedenti puntate abbiamo imparato
i primi segreti dell’animazione, ovvero di come
si può creare l’illusione del movimento manipolando disegni o oggetti. Abbiamo imparato
a creare il nostro primo disegno animato,
mentre nella puntata precedente – con l’aiuto
dell’insegnante e di una macchina fotografica –
avete dato vita ad un oggetto. Oggi completiamo
il nostro viaggio andando a scoprire quali sono
le caratteristiche di un avvenimento semplice
eppure difficilissimo da riprodurre artificialmente: la camminata di un essere umano. Partiamo?
Quante volte avete sentito
l’espressione “gambe in spalla”,
vero? È un modo di dire fantasioso:
nessun uomo, per quanto veloce
possa correre, riesce a portarsi
mentre scappa le gambe fin sulle
spalle. La camminata degli esseri
umani è stata da tempo studiata e
scomposta per poter essere
riprodotta, ad esempio in film che
animano i pupazzi o anche nei più
conosciuti disegni animati. A ben vedere da queste immagini, il corpo umano
durante la camminata dondola dall’alto in basso continuamente.
Durante la camminata, si parte
da una posizione media (in nero)
in cui entrambi i piedi sono a
contatto col suolo, uno in avanti
e l’altro indietro, per poi
scendere (in blu) per prendere
slancio per il cambio di
appoggio, un momento cruciale
in cui senza accorgerci siamo in
equilibrio su una gamba sola (in
rosso). Giusto un attimo prima di
cadere in avanti, ci appoggiamo
sull’altro piede (in verde nel riquadro seguente) fino a ritornare nella posizione
media (di nuovo in nero), con i piedi invertiti di posizione.
Quando abbiamo imparato a
camminare abbiamo memorizzato
questi movimenti e oggi riscoprirne
la difficoltà può coglierci di sorpresa.
Provate assieme all’insegnante a far
camminare un pupazzo. Vi suggeriamo di creare un vostro pupazzo di
plastilina colorata o di pongo, più
facile da ancorare al piano durante
le fasi rossa e verde. Anche stavolta
servirà una fotocamera digitale ben
fissata al pavimento, con la quale
scattare foto nelle cinque posizioni
del pupazzo, immagini che – riviste velocemente una dietro l’altra – vi
daranno l’illusione che il pupazzo, seppur incerto, abbia mosso un passo
da solo. Un bel risultato, non trovate?
nostro corso, e subito ci siamo
addentrati nei segreti, nelle regole
e nei trucchi che stanno dietro a fotografia, illustrazione e video. Noi
abbiamo solo accennato ai primi
rudimenti: se volete saperne di più,
la parola passa ai vostri insegnanti,
che sapranno di sicuro indirizzarvi
verso i giusti approfondimenti.
Il nostro viaggio, infatti, termina
qui.
SECONDARIE INFERIORI
LE PIETRE
MILIARI
DEL TELEGIORNALISMO
Viaggio nell’universo delle immagini
Corso di video, terza puntata
E anche in questa ultima settimana, vi proponiamo qui sotto
consigli ed esercizi divisi per
livello scolastico, che seguono e
completano quelli delle settimane
precedenti. Più in basso, riportiamo la bella testimonianza di uno
studente della vostra età.
Nella grafica qui sopra abbiamo
selezionato alcuni dei principali
appuntamenti del giornalismo te-
L’INTERVISTA? UN VERO DUELLO
Il giornalista, sia della carta stampata sia televisivo, si trova
quasi quotidianamente di fronte ad un momento particolare: un confronto con un’altra persona su un tema, uno
scambio serrato e talvolta aspro di domande e di risposte.
In una parola, un’intervista. È più di un banale questionario, più di un semplice elenco di domande seguito da
una serie di risposte. Per molti giornalisti è un’arte, con
domande argute e documentate con una lunga
preparazione, o l’occasione di approfondire al meglio
un argomento o per descrivere un personaggio con
le sue stesse parole. Per tutti, specie per le interviste
televisive, un vero e proprio duello.
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Il duello è una pratica antichissima: dai tempi di Ettore e Achille dell’Iliade fino a
pochi decenni fa, guerrieri e soldati si sono sfidati a colpi di spada, di sciabola, di
pistola. Come da sempre la letteratura (pensiamo ai Tre Moschettieri di
Alexandre Dumas), oggi anche il cinema ci ripropone spesso, sotto varie forme,
il momento del duello (avete presente le scene finali di Karate Kid o Matrix?).
Ma i duelli più famosi del grande schermo sono senza dubbio quelli del cinema
western, in cui,
nel momento
cruciale della
vicenda, il buono
e il cattivo, il
bandito e lo
sceriffo, si
trovano l’uno di
fronte all’altro.
Nell’intervista non c’è un “buono” ed un “cattivo”, né intervistato né intervistatore devono prevalere sull’altro annientandolo – questo almeno se l’intervista è
onesta ed equilibrata. Eppure, curiosamente, le interviste televisive riprendono
il linguaggio cinematografico del duello western. La telecamera spesso inquadra l’intervistatore (ad esempio, un primo piano di tre quarti) e lo alterna con
un’inquadratura uguale e contraria dell’intervi-stato (anch’egli in primo piano e
di tre quarti, ma
dal profilo
opposto).
È la tecnica
del “campo e
controcampo”.
La regola grammaticale da non infrangere mai è non invertire le posizioni dei
“duellanti”, cambiando la posizione della telecamere e il profilo del soggetto: se
l’intervistatore è a sinistra, deve restarci per tutta l’intervista. I duelli televisivi
non sfuggono a questa regola, che evita di generare confusione nello spettatore.
Se infatti la ripresa si allarga, comprendendo nello stesso quadro sia intervistato
che intervistatore, entrambi
i “duellanti”
devono stare
nelle posizioni
che il regista
ci ha suggerito
col “campo e
controcampo”.
levisivo in Italia, dagli Anni Sessanta ad oggi. Questi programmi sono
chiamati “settimanali” (per via della cadenza), più spesso “approfondimenti” (perché dedicati a tutti gli
aspetti di un singolo argomento) o
“talk show” (in cui protagonista è
il dibattito tra gli ospiti in studio).
Dalle prestigiose firme di “Tv7”, ai
tempi del canale unico, al mitico
“Processo del lunedì”, dal vario-
SECONDARIE SUPERIORI
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1
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3
pinto “Maurizio Costanzo Show”
a “Samarcanda” e “Porta a Porta”,
che trattano di politica e società,
in tutti la notizia, l’intervista o il
commento sono protagonisti e il
conduttore o l’intervistatore è un
vero “showman”, amato (o odiato)
dai telespettatori.
Sono pulpiti potenti e palchi
ambiti, che spesso hanno forte
impatto sull’opinione pubblica:
farne buon uso, di questo come di
tutti i mezzi di comunicazione, sta
– come sempre – alla coscienza di
ogni giornalista.
A cura di Alberto Rigoni
(hanno collaborato Francesco Filippi
e Gianluca Aicardi. Grazie a Marco Giacobbe)
UN LAVORO DA PROFESSIONISTI
Molti studiosi hanno individuato nel montaggio la
peculiarità che contraddistingue il cinema e la ripresa
video dagli altri media: c’è chi ha addirittura affermato
che «il cinema è il montaggio». Ma che cos’è il
montaggio? È una tecnica piuttosto complessa che
consiste nel mettere più pezzi di pellicola o di “girato”
uno di seguito all’altro, in un ordine prestabilito. Ogni
brano video che vedete quotidianamente – film,
episodi di serie tv, spot pubblicitari, filmati su YouTube,
video musicali, servizi di telegiornale, disegni animati,
documentari e così via – tutti, nessuno escluso, sono
composti tramite in “sala montaggio”. Vediamo come.
Montare un filmato è come realizzare una compilation di canzoni preferite. Da
vari cd che ho in casa scelgo le canzoni migliori che ritengo possano stare bene
una dopo l’altra e le “rimonto” in una sequenza nuova e originale. Lo stesso vale
per il montatore, che si trova davanti magari ore e ore di immagini girate da cui
deve trarre un paio d’ore di film o un paio di minuti di servizio telegiornalistico.
Il regista (o l’autore del servizio) indicano la giusta sequenza, il momento
in cui tagliare le
varie inquadrature e
quelle da incollarci
subito dopo.
Infiniti sono i significati che possiamo suggerire tramite il montaggio. Un volto
sorridente che segue l’inquadratura di un vecchietto che cammina può suggerire
“affetto o rispetto per l’età avanzata” e così via. Anche la libertà di azione è infinita: nella stessa sequenza posso montare insieme scene riprese in epoche e luoghi lontanissimi tra loro. Come nel caso di queste immagini (dal film “Top Secret!”):
il protagonista scava
a fatica un tunnel
per la fuga e mentre
noi ci aspettiamo un
corridoio buio ci troviamo invece una
galleria enorme e
ben illuminata.
Lo stesso “campo e controcampo” di cui diciamo qui a fianco è il montaggio di
diversi primi piani. Ci sono anche eccezioni che permettono di saltare il montaggio inteso come momento successivo alla ripresa: ad esempio, il “piano
sequenza” è la ripresa continuata senza stacchi, mentre col “montaggio in
camera” il cameraman ferma e riavvia la ripresa e tenendo per buoni gli stacchi e
gli attacchi senza
prevedere tagli
successivi, realizzando in pratica il
montaggio direttamente sul nastro
(o sulla memoria).
Immagini tratte dal film “Il buono il brutto il cattivo”
Immagini tratte dal film “Top Secret!”
la testimonianza
“Amo il cinema, amo fare film,
perché mi permettono di astrarmi
per mesi e mesi in un’utopia fantastica, dove parlo solo con uomini e
donne bellissime, dove non esistono
guerre e tumori, dove gli unici problemi che devo affrontare sono le
inquadrature, le musiche, le luci oppure il montaggio, la sceneggiatura,
la recitazione” Woody Allen rispose
così quando gli chiesero perché da
giovane decise di intraprendere la
carriera cinematografica. Un utopia reale, quella descritta da Allen,
ma mai un ossimoro fu così poco
contraddittorio; infatti quello che
trasforma una buona idea in un
film di valore è proprio la capacità
non comune del regista di imme-
«Con il cinema all’interno di un’utopia fantastica»
desimarsi totalmente nel film, di
farsi trasportare da esso, e in questo
modo rendere credibile e realistica
una produzione che per definizione
è un imitazione della realtà. Majakovskij disse “il cinema è diffusione
di idee”, ed è questa la caratteristica
più accattivante dell’arte cinematografica: posso descrivere i miei
pensieri, le mie emozioni, i miei
sentimenti assolutamente a tutto
tondo; paragonandolo al bel composto berniniano, nel quale scultura,
pittura e architettura si uniscono e
Il Giornale in classe
2007/2008
è realizzato con
si compensano armoniosamente,
così da permettere all’artista di
esprimersi con totale completezza,
il cinema compendia svariate forme
artistiche: la fotografia, la scrittura,
la recitazione, la musica.
Poche settimane fa ho avuto la meravigliosa opportunità di relazionarmi con altri appassionati, estimatori,
operatori del settore nell’ambito del
festival internazionale “youngabout”
a Bologna; pur provenendo da diverse città europee, l’alfabeto universale
del cinema ci ha fatto parlare a tutti
la stessa lingua. Mi accorgo che da
quando è nata in me la passione per
la settima arte nella mia mente traduco quotidianamente le situazioni,
le immagini, le sensazioni in questo
linguaggio. Ormai la mia immaginazione vola: sogno il ciak iniziale del
mio primo lungometraggio; i valori
che preferirei raccontare sono quelli
che traggo da vite fiabesche, come
quella di Angelo D’Arrigo (appassionato di deltaplano che volava tra gli
stormi di uccelli, accettato come uno
di loro) oppure da sportivi esemplari,
la cui umanità e forza d’animo non
sarà mai dimenticata, come nel caso
di Alphonso Ford, giocatore di basket
scomparso a 33 anni: prima di morire
di leucemia disse: “sono contento di
avervi fatto divertire”. Questo è il
cinema che adoro, quello che fa capire come si possa vivere in maniera
estremamente semplice provando
emozioni straordinarie.
Nicolò Metti - Liceo D’Oria
(1o premio Concorso REGIONALE “I giovani
ricordano la shoah” - 1o premio concorso nazionale per il bicentenario di Garibaldi)
Con il patrocinio di
Nicolò Metti
e la
collaborazione di