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15. Sulla natura mobile o immobile degli impianti fotovoltaici di
15. Sulla natura mobile o immobile degli impianti fotovoltaici di Elisabetta Rubini 1. I principali orientamenti in tema di qualificazione di impianti fotovoltaici La qualificazione degli impianti di produzione di energie rinnovabili, ed in specie degli impianti fotovoltaici – che costituiscono tipicamente dei nuovi beni giuridici - è stata oggetto, negli ultimi anni, di prese di posizione anche dissonanti da parte della dottrina e degli operatori. Naturalmente, tale qualificazione rileva in quanto porta con sé diversi regimi di circolazione dei beni considerati1. Occorre partire dal disposto dell’art. 812 del codice civile, il quale definisce come immobili, oltre al suolo, ai corsi d’acqua e agli alberi, “gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo”. Il primo comma della norma individua dunque, quali indici per stabilire la natura immobile di un bene (diverso da quelli naturalisticamente tali), i concetti di unione e incorporazione, senza tuttavia richiedere che tali caratteristiche abbiano natura permanente. Valgono quindi a qualificare un bene come immobile anche unione e incorporazione transitorie. Né decisivi risultano essere le modalità attraverso le quali si realizza l’unione o incorporazione: esse possono avvenire naturalmente o artificialmente, con modalità tecniche diverse, e non è richiesto che il bene unito o incorporato al suolo debba perdere la propria individualità2. 1 Sulla nozione di beni nel nostro ordinamento, si veda V. Zeno-Zencovich, voce Cosa, Digesto, IV edizione, Utet. 2 A. Busani, Ma … la Tour Eiffel è un bene mobile? (Riflessioni sulla natura immobiliare dell’impianto fotovoltaico), Notariato 3/2011, pag. 305 ss. 248 Elisabetta Rubini Il secondo comma dell’art. 812 offre un diverso strumento concettuale per identificare un bene come immobile: con riguardo agli edifici galleggianti, il codice dice che si tratta di immobili in quanto siano “saldamente assicurati alla riva e destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione”. Si tratta qui di un criterio funzionale, anziché di una situazione di fatto come l’unione o incorporazione al suolo. La categoria dei beni mobili è definita per differenza: tutti i beni che non hanno caratteristiche tali da inserirli nella categoria degli immobili sono mobili. Espressamente, il codice definisce mobili le energie naturali che hanno valore economico. L’art. 812 non è derogabile dalle parti, le quali non possono dunque – se non a limitati fini contrattuali – stabilire liberamente la natura mobile o immobile di un determinato bene. Venendo alla qualificazione degli impianti di produzione di energie rinnovabili, va detto che gli interpreti si sono divisi, in sostanza, sulla base della prevalente considerazione data all’ uno o all’altro dei criteri offerti dall’art.812. Chi ritiene che gli impianti fotovoltaici siano da considerare beni mobili fa leva sulla natura mobile dei moduli o pannelli, sulla loro asportabilità, sulla separabilità rispetto al terreno cui sono agganciati, sulla riutilizzabilità dopo l’asportazione3. Insomma, afferma che non sussistono l’unione e l’incorporazione di cui al comma primo della norma. Altri studiosi privilegiano invece il criterio funzionale: secondo questa tesi, sono immobili i beni “che possono essere utilizzati in relazione ad un luogo determinato. Sono dunque immobili i beni suscettibili di utilizzazione permanente o duratura nel luogo in cui si trovano”4. In questa prospettiva, occorre dunque verificare se il collegamento con un determinato luogo è funzionale all’utilizzazione economica del bene. Privilegiando il criterio rappresentato dall’esistenza o meno di una situazione di fatto definibile come incorporazione al suolo si è dunque pervenuti a qualificare gli impianti 3 G. Tucci, Impianti fotovoltaici e garanzie sui beni dell’azienda, in Rivista di diritto privato, 1/2010, pag. 25 ss.; C. Calia, Contratto di locazione di terreni e realizzazione di impianti fotovoltaici, in Immobili e proprietà, Ipsoa, 1/2010, pag. 31 ss. 4 Costantino, La disciplina dei beni. Beni immobili e beni mobili, in Trattato di Diritto Privato, II, 7, Torino, 2005, 71. Sulla natura mobile o immobile degli impianti fotovoltaici 249 fotovoltaici come mobili, mentre – se si considera quale criterio discretivo il collegamento funzionale con un determinato luogo – un bene viene definito come immobile quando sia in qualche modo unito al suolo e quando questa connessione sia strumentale al suo utilizzo, nel senso che gli interessi che detto bene è atto a soddisfare sono determinati dalla sua collocazione e staticità. E’ agevole osservare che un impianto fotovoltaico configura, al di là dei singoli pannelli, un bene complesso che in tanto produce una utilità economica in quanto è, in maniera duratura, situato in un luogo determinato. In tal senso depongono sia l’allacciamento alla rete elettrica, quando presente, sia il fatto che – al fine di aver diritto agli incentivi – i pannelli vengono numerati, vincolati ad un sito e registrati con tali caratteristiche presso il Gestore dei Servizi Elettrici. 2. Confronto con le categorie di beni individuate dal diritto statunitense Un riscontro comparatistico è offerto dall’esame di alcune disposizioni del diritto statunitense, ove i beni vengono classificati mediante una tripartizione, in cui i beni mobili (personalty) si collocano ad un estremo, gli immobili (realty) all’altro, mentre una categoria intermedia è costituita dalla nozione di fixtures, che include i beni strutturalmente connessi ad un particolare bene immobile, quali alberi, edifici, muri e tutto ciò che è durevolmente attaccato al suolo. Alcune corti hanno stabilito un test per l’individuazione di cosa costituisce fixture, che considera: il modo della sua connessione al suolo, il rapporto che ha con l’utilizzo che viene fatto del suolo, la volontà delle parti nell’istituire il collegamento con il suolo. Anche nel diritto considerato, non è importante la modalità della connessione, sufficiente essendo il mero appoggio. Più importante è l’aspetto funzionale, ovvero la strumentalità della connessione all’uso che viene fatto del suolo o edificio: si valuta cioè se il bene è necessario o utile all’utilizzo economico del bene immobile e se è stato costruito o adattato per l’uso sul medesimo. Ma il criterio al quale viene attribuita maggiore importanza è il terzo, cioè la volontà manifestata dalle parti all’atto dell’installazione e connessione del bene al terreno; questo aspetto esprime una rilevante differenza 250 Elisabetta Rubini rispetto al nostro ordinamento, nel quale la qualificazione mobile o immobile di un bene non è derogabile dalla volontà delle parti. Ad esempio, in alcuni casi esaminati dalle corti californiane gli impianti di riscaldamento dell’acqua ad energia solare sono stati qualificati come fixtures in base alla constatazione che gli stessi erano connessi all’impianto idraulico dell’edificio, costruiti appositamente per adattarsi all’edificio medesimo e destinati durevolmente al suo servizio5. Inoltre, anche nel diritto statunitense esistono precedenti giurisprudenziali di qualificazione delle turbine come fixtures. Quanto agli impianti fotovoltaici, sembra che gli stessi possano essere considerati fixtures o invece personalty a seconda delle modalità utilizzate per legarli al suolo o edificio, del fatto che il collegamento sia inteso come temporaneo o permanente, e inoltre del fatto che l’impianto sia o meno costruito per rispondere a determinate caratteristiche di un dato terreno o immobile. Infine, assume rilievo la qualificazione data dalle parti in occasione, ad esempio, del rilascio di una garanzia sull’impianto stesso a favore di un soggetto finanziatore. Va sottolineato che la qualificazione come fixture implica l’applicabilità ai beni della disciplina relativa alla proprietà immobiliare. 3. Casistica giurisprudenziale Se si ha riguardo alla giurisprudenza italiana in tema di qualificazione dei beni come mobili o immobili, il panorama appare alquanto variegato e non sempre coerente. Del resto, ciò consegue all’utilizzo, nella norma di riferimento, di categorie alquanto vaghe, che vanno declinate di caso in caso. Con particolare riguardo alle modalità del collegamento tra il bene ed il suolo, la stessa Corte Costituzionale ha osservato che l’art. 812 c.c. non specifica l’esatto significato del termine incorporazione, e pertanto qualsiasi collegamento è idoneo a classificare un bene quale bene immobile, essendo irrilevante la 5 S. Biricik – D. Black, Properly categorizing commercial-scale solar energy assests, in Solar Industry, 1/2010. Sulla natura mobile o immobile degli impianti fotovoltaici 251 modalità di collegamento di un impianto con la struttura principale”.6 Quanto al significato della condizione di transitorietà, dalla giurisprudenza emerge la sua contrapposizione da un lato a quella di permanenza, ritenuta non necessaria7, e dall’altro a condizioni che invece impediscono di caratterizzare il bene come immobile, quali la natura precaria o effimera del suo collegamento con il suolo8 . Con riguardo alla nozione di costruzione, numerose sentenze sottolineano che sono irrilevanti i materiali o le tecniche utilizzate per realizzare il manufatto, e finanche la possibilità di una sua rimozione, purchè esso rivesta caratteristiche di consistenza e stabilità, seppure non permanenti e sia tale da trasformare in modo durevole l’area preesistente9. A titolo di esempio, è stata riconosciuta dalla giurisprudenza natura di bene immobile ad una baracca metallica, a chioschi per la vendita di fiori, a distributori di benzina, a un’edicola, a un fienile, a due box dotati di ruote, a prefabbricati di varia natura. Di particolare interesse, rispetto al tema della qualificazione degli impianti fotovoltaici, le 6 Corte Cost. 20 maggio 2008, n. 162, in Giur. Cost., 2008, 3, 1951. 7 Trib. Macerata 8 novembre 2006, in Nuova giur.civ., 2007, I, 931. 8 Cass.pen. 15 novembre 1983, in Riv. pen., 1985, 39; Cass. 16 febbraio 1995, n. 1673, in Giur. it., 1996, I, 1, 1002; art. 2, comma 3, D.M. 2 gennaio 1998, n. 28; Circolare n. 4/2006 del 16 maggio 2006 dell’Agenzia del Territorio; Cass. 12 luglio 1995, n. 364, in Rep. Foro it., voce Edilizia e urbanistica, 1996, n. 364. 9 Cass. 22 febbraio 1955, n. 535, in Ced Cassazione, Rv. 881375, e in Mass. Giur. it., 1955; Cass. 5 novembre 1990, n. 10608, in Ced Cassazione, Rv 469626, e in Rep. Foro it., voce Distanze legali, 1990; Cass. 5 novembre 1992, n. 12002, in Riv. giur. edilizia, 1993, I, 776; Cass. 20 luglio 1962, n. 1964, in Foro it., 1962, I, 1904; Cass. 28 maggio 1984, n. 3264, in Ced. Cassazione, Rv 435303, e in Rep. Foro it., voce Distanze legali, 1984; Cons. Stato 27 gennaio 2003, n. 419, in Nuovo Dir., 2003, 1, 771; Cass. 26 febbraio 2009, n. 4679, in Imm. e propr., 2009, 5, 317; Cass. 19 ottobre 2009, n. 22127, in Giust. civ., 2010, 7-8, 1681; Cass. 21 giugno 1985, n. 3727, in Riv. giur. edilizia, 1985, I, 564; Cass. Pen 29 ottobre 1980, in Riv. penale, 1981, 355; T.a.r. Lombardia 27 settembre 1988, n. 312, in Riv. giur. edilizia, 1988, I, 979; Cass. Pen. 16 maggio 1988, in Riv. pen., 1990, 141; Cass. 28 settembre 2007, n. 20574, in Imm. & dir., 2008, 5, 72. 252 Elisabetta Rubini pronunce che hanno classificato come immobili: un traliccio metallico con annessa cabina, destinato alla radiodiffusione; una barriera costituita da pannelli modulari fonoassorbenti in lamiera di alluminio, alti circa tre metri; e un impianto di trasformazione di biogas in energia10. A favore della natura immobiliare dei ripetitori televisivi e delle antenne di telefonia mobile si è pronunciata anche l’Agenzia del Territorio, con propria circolare del 200611. Parimenti quali beni immobili sono considerati dalla giurisprudenza tributaria e dalla medesima Agenzia gli impianti eolici12. E’ di recente intervenuta una pronuncia di merito avente ad oggetto proprio la natura degli impianti fotovoltaici: il Tribunale di Matera, chiamato a dirimere una controversia sul possesso di un impianto fotovoltaico a terra, sembra condividere l’opinione di chi considera tale tipologia di impianti come beni immobili. Osserva infatti il Tribunale che gli impianti di grandi dimensioni e di potenza superiore a 20 kw “sono classificati nella categoria dei beni immobili, in quanto l’eventuale precarietà dell’elemento materiale dell’ancoraggio al suolo è compensata da considerazioni attinenti il profilo funzionale”; il Tribunale rileva in nota che “l’integrazione tra i diversi elementi (dei quali è composto l’impianto, ndr.) e il loro allacciamento alla rete elettrica nazionale lasciano presupporre un collegamento con il luogo in cui lo stesso è impiantato, funzionale ad una duratura utilizzazione del bene in quel determinato posto.” 13 10 Cass. 27 ottobre 2008, n. 25837, in Imm. & dir., 2009, 5, 36; Trib. Venezia 18 luglio 2005, in Merito, 2005, 10, 16; Trib. Milano 3 ottobre 2002, in Foro ambrosiano, 2003, 155. 11 Agenzia del Territorio, Circolare n. 4/2006 del 16 maggio 2006. 12 Comm. trib. Prov. Foggia 15 novembre 2006, n. 139, in Banca Dati BIG, Ipsoa; Comm. trib. Prov. Foggia 20 dicembre 2006, n. 168, in Banca Dati BIG, Ipsoa; Comm. trib. prov. Foggia 9 maggio 2007, n. 85, in Banca Dati BIG, Ipsoa; Comm. trib. prov. Foggia 11 maggio 2007, n. 93, in Banca Dati BIG, Ipsoa; Comm. trib. Prov. Bologna 12 gennaio 2009, n. 11, in GT Riv. giur. trib., 2009, 10, 917; Agenzia del Territorio, Circolare n. 14/2007 del 22 novembre 2007. 13 Trib. Matera 15 marzo 2012, inedita. Sulla natura mobile o immobile degli impianti fotovoltaici 4. 253 Differenti tipologie di impianti Occorre a questo punto rammentare che gli impianti fotovoltaici – definiti normativamente da una serie di decreti ministeriali come impianti di produzione di energia elettrica mediante conversione diretta della radiazione solare tramite l’effetto fotovoltaico, composti principalmente da un insieme di pannelli fotovoltaici piani, uno o più gruppi di conversione della corrente continua in corrente alternata e altri componenti elettrici quali misuratore, cablaggi etc. – si distinguono (ex d.m. 19/2/2007) in: - non integrati, cioè ancorati al suolo mediante strutture di supporto metalliche; - parzialmente integrati, in cui i pannelli sono posizionati su elementi di arredo urbano e viario o superfici esterne di edifici e fabbricati, senza sostituire il materiale da costruzione di tali strutture; -totalmente integrati, in cui i pannelli sono architettonicamente integrati negli elementi e superfici di cui sopra, cioè vengono utilizzati come vero e proprio materiale edilizio per coperture, facciate o vetrate. La distinzione rileva ai fini della tariffa di incentivazione e dell’imposizione fiscale, ove l’impianto sia parte di un’azienda agricola. Inoltre, l’esatta individuazione della tipologia di impianto è rilevante ai fini di stabilire se i relativi interventi edilizi siano liberi, ovvero soggetti a rilascio di un titolo abilitativo da parte del Comune competente. Gli impianti fotovoltaici, a seconda della potenza erogata e della connessione o meno alla rete elettrica, si distinguono in impianti altresì in isola - che sono orientati non alla vendita dell’energia accumulata bensì alla copertura del fabbisogno energetico del fabbricato cui accedono – e impianti connessi alla rete, a loro volta classificabili come piccoli impianti connessi alla rete o come vere e proprie centrali fotovoltaiche, di potenza superiore a 20 kw. In ogni caso, l’impianto fotovoltaico consiste anzitutto di una serie di moduli o pannelli, uniti tra loro e adagiati su una struttura di sostegno, a sua volta infissa, mediante pali o altro, al suolo o al lastrico solare. Inoltre, l’impianto si compone di un inverter, che trasforma l’energia da corrente continua a corrente alternata e di un contatore, che contabilizza l’energia prodotta ed eventualmente immessa in rete dall’impianto medesimo. 254 5. Elisabetta Rubini La posizione delle autorità fiscali Nel dibattito dottrinale relativo alla qualificazione degli impianti fotovoltaici come beni mobili o immobili si sono inserite le contraddittorie prese di posizione delle autorità fiscali, le quali – pur a fini diversi – sono pervenute a valutazioni contrastanti sul punto. L’Agenzia delle Entrate, con proprie circolari del 2007, 2008 e 2010, sposando quale criterio principale quello della “agevole rimovibilità” dei pannelli solari rispetto al suolo, ha affermato la natura mobile degli impianti fotovoltaici. In particolare, l’Agenzia ha affermato che l’impianto fotovoltaico situato su un terreno non costituisce impianto infisso al suolo in quanto i moduli che lo compongono possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità. La stessa posizione è mantenuta nel 2008, con riguardo al credito d’imposta per l’acquisizione di beni strumentali nuovi in aree svantaggiate, dove l’Agenzia ribadisce che si sarebbe in presenza di beni immobili quando non è possibile separare il bene mobile dal terreno fabbricato senza alterarne la funzionalità o quando, per riutilizzare il bene in un altro contesto, debbano essere effettuati antieconomici interventi di adattamento, concludendo in favore della natura mobile degli impianti fotovoltaici, in ragione della loro agevole amovibilità. Tale posizione è stata ribadita nel 201014. Diversa è la posizione dell’Agenzia del Territorio, la quale con risoluzione del 2008, in merito alla classificazione e determinazione della rendita catastale delle centrali fotovoltaiche – ovvero dei soli impianti di grandi dimensioni costruiti per immettere l’energia prodotta nella rete elettrica per la vendita - ha ritenuto che le stesse vadano qualificate come unità immobiliari a se stanti, da classificarsi come “opifici” nella categoria D1 e che, nella determinazione della rendita catastale, vadano considerati anche i pannelli solari. Ciò in 14 Circolari n. 46/E del 19 luglio 2007, n. 38/E del 11 aprile 2008, n. 38/E del 23 giugno 2010 dell’Agenzia delle Entrate. Sulla natura mobile o immobile degli impianti fotovoltaici 255 analogia con la giurisprudenza formatasi in materia di turbine delle centrali elettriche15. A tale proposito, si rammenta che la Corte di cassazione, da ultimo con la sentenza n. 22690 del 2009 ha confermato il proprio orientamento in base al quale le turbine, di per sè beni mobili, divengono componenti del bene immobile centrale elettrica una volta incorporate nel medesimo, definendo irrilevante la circostanza che le turbine siano ancorate al suolo mediante un sistema di bulloni anziché mediante incorporazione, non essendo il concetto di incorporazione di cui all’art. 812 legato a particolari mezzi tecnici. In una precedente pronuncia del 2004 la Corte aveva affermato che le turbine, benché ipoteticamente amovibili senza danno rispetto alle strutture murarie della centrale elettrica, debbono computarsi nel calcolo della rendita catastale della centrale intesa come opificio, in quanto ne costituiscono una componente funzionalmente essenziale. Nel 2006 la Cassazione ribadiva che ciò che davvero conta è l’impossibilità di separare l’uno dall’altro (il bene mobile e il bene immobile) senza la sostanziale alterazione del bene complesso (che non sarebbe più, nel caso di specie, una centrale elettrica)16. A ben vedere, quest’ultimo argomento non appare molto convincente, con riferimento agli impianti fotovoltaici, posto che – se da un punto di vista funzionale è indubbio che l’impianto si caratterizza anche per la propria collocazione in un determinato luogo - è invece dubbio che si possa nel caso di specie parlare di “impossibilità di separazione”. La posizione della Agenzia del Territorio si fonda in ogni caso sul disposto di un decreto ministeriale del 1998, in base al quale sono considerate unità immobiliari anche i manufatti prefabbricati, benché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale17 . E’ interessante notare che la posizione di cui sopra abbraccia espressamente, in tema di individuazione dei beni 15 Risoluzione dell’Agenzia del Territorio n. 3/T del 6 novembre 2008 contra; S. Chirichigno e V. Cirimbilla L’assimilazione degli impianti fotovoltaici agli edifici, in Corriere Tributario 10/2010. 16 Corte di Cassazione n. 22690/2009; n. 16824/2006; n. 17933/2004. 17 D.M. 2 gennaio 1998, n. 28. 256 Elisabetta Rubini immobili, la tesi che fa prevalere il criterio funzionale, sottolineando il profilo relativo alla capacità di produrre reddito, che assume in effetti particolare rilievo nel caso proprio degli impianti fotovoltaici. Va detto che la stessa logica è certamente applicabile alle centrali eoliche, che vanno accatastate come opifici, e alle relative pale, come stabilito da altra apposita circolare dell’Agenzia del Territorio 18. Non richiedono invece autonomo accatastamento le porzioni di fabbricato ospitanti impianti di produzione di energia aventi modesta potenza e destinati prevalentemente ai consumi domestici. Per modesta potenza intendendosi potenza inferiore a 20 kwp, mentre andrebbe chiarito se nel termine “domestico” rientri anche il caso di un’azienda sul cui tetto è installato un piccolo impianto fotovoltaico che soddisfa prevalentemente i bisogni dell’azienda medesima 19. In tali casi, l’impianto dovrebbe essere considerato come una pertinenza dell’immobile sottostante. Al contrario, nel caso di impianti posti su lastrici solari di grandi dimensioni (quali i tetti piatti dei capannoni industriali), sembrerebbe che la superficie su cui poggia l’impianto fotovoltaico vada accatastata separatamente, anche al fine di tutelare l’imprenditore fotovoltaico, qualora sia un soggetto diverso dal proprietario del capannone. La posizione dell’Agenzia del Territorio e la sua ricaduta in termini di imposizione sugli immobili (già Ici, ora Imu) sono state poste in discussione da una decisione della Commissione Tributaria provinciale di Bologna del 2009, la quale ha individuato nel gruppo E la corretta classificazione catastale delle centrali eoliche, con conseguente esenzione dal pagamento ICI. Ciò in ragione dell’asserita utilità sociale propria della produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili 20. 18 Circolare n. 14/2007 dell’Agenzia del Territorio; un panorama delle disposizioni fiscali applicabili agli impianti fotovoltaici si legge nello Studio n. 35-2011/T del Consiglio Nazionale del Notariato. 19 Risoluzione Agenzia del Territorio n. 3/T del 6 novembre 2008; Carlo Corradin, Regime Ici degli impianti fotovoltaici, il Fisco, n. 35/2010. 20 Comm. trib. Prov. Bologna 12 gennaio 2009, n. 11; si veda sul tema A. Elia, Ancora dubbi sulla definizione fiscale della Centrale Elettrica alimentata con fonti rinnovabili, pluriscedam.utetgiuridica.it . Sulla natura mobile o immobile degli impianti fotovoltaici 257 Il ragionamento del giudice tributario di Bologna appare conforme alle indicazioni provenienti dalle direttive 2001/77 e 2009/28 in tema di energie rinnovabili: si vedano ad esempio il Considerando 42 della direttiva del 2009, nel quale si sottolinea esplicitamente la grande utilità complessiva delle Fer in termini di sostenibilità e di ambiente o l’art. 1 lettera k) della medesima direttiva, laddove inserisce tra i regimi di sostegno che gli Stati membri sono chiamati ad attuare proprio le esenzioni e gli sgravi fiscali. Non sembra tuttavia per ora che la posizione dell’Agenzia del Territorio sia mutata sul punto della soggezione delle centrali fotovoltaiche al pagamento dell’Ici/Imu. Risulta peraltro che sia da tempo in gestazione una circolare comune dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia del Territorio, mirata a realizzare maggiore omogeneità nella considerazione degli impianti in esame. 6. L’acquisizione della disponibilità delle aree La qualificazione degli impianti di produzione di energie rinnovabili come mobili o immobili riverbera altresì sugli strumenti contrattuali che si considerano maggiormente adeguati a gestire le necessità degli operatori economici. Occorre partire dal dato che l’imprenditore fotovoltaico o eolico ha interesse ad acquisire sul suolo o edificio prescelto un diritto che sia opponibile ai terzi e temporaneo21. In particolare, per quanto riguarda le modalità contrattuali utilizzate per acquisire la disponibilità delle aree dove collocare gli impianti fotovoltaici, da un’iniziale prassi di utilizzo del contratto di locazione ultranovennale (e dunque stipulato per iscritto e trascritto ex art. 2643 c.c.), si è passati a preferire l’utilizzo del contratto di costituzione del diritto di superficie (art. 952 c.c.). L’acquisto del diritto reale di superficie è apparso preferibile anzitutto in considerazione della deroga al principio dell’accessione che esso consente: come è noto, l’art. 934 c.c. 21 F. Tassinari, L’individuazione della fattispecie contrattuale per la costruzione di impianti fotovoltaici o eolici, atti del Convegno Nazionale Synergia, Roma 21-22 ottobre 2010; M. Cagnacci, La definizione codicistica di immobile, di pertinenza e l’accatastamento delle centrali fotovoltaiche e eoliche: impianti infissi al suolo, lastrici solari, serre, parcheggi e centrali, atti del Convegno Fotovoltaico e eolico aspetti civilistici, notarili e fiscali, Cereseto 24 settembre 2010. 258 Elisabetta Rubini dispone che qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo, istituendo così un modo d’acquisto della proprietà a titolo originario, che presuppone l’unione tra due beni non appartenenti allo stesso proprietario. La norma fa salvo, tra l’altro, proprio il caso della costituzione, a favore di un terzo, di un diritto di superficie. Dunque, l’imprenditore che costruisce un impianto fotovoltaico in forza della sua proprietà superficiaria non corre il rischio dell’accessione. I sostenitori dell’utilizzo del contratto di locazione dell’area affermano tuttavia che lo stesso art. 934 fa altresì salvo quanto risulti dal titolo (in questo caso il contratto) o dalla legge 22. D’altra parte, alcune caratteristiche del diritto di superficie previste dal codice mal si adattano alle esigenze dell’impianto fotovoltaico: l’art. 953 prevede infatti che, se il diritto di superficie è costituito per un tempo determinato, allo scadere il diritto si estingue e ritrova spazio l’accessione a favore del proprietario del suolo. Ciò contrasta, tra l’altro, con la disposizione di cui all’art. 12 del d.lgs. 387/2003, in base alla quale il rilascio dell’autorizzazione a costruire l’impianto deve contenere l’obbligo di rimessa in pristino dello stato dei luoghi a cura dell’esercente. Sotto altro profilo, il negozio costitutivo del diritto di superficie prevede di regola il pagamento del corrispettivo in unica soluzione, ciò che, unito al fatto che tale corrispettivo è soggetto ad un’elevata imposta di registro, non pare conformarsi alle esigenze di un’attività economica la cui durata prevista è in genere quantomeno ventennale. Tuttavia, entrambi gli aspetti – la disposizione di cui all’art. 953 c.c. e la modalità di pagamento del corrispettivo – sono ritenuti derogabili: di conseguenza, il contratto avente per oggetto la costituzione del diritto di superficie viene in genere “adattato”, con la previsione tra l’altro del pagamento di un corrispettivo annuale per la durata del contratto, al fine di rispondere alle concrete esigenze degli operatori. In cosa si manifesterebbe dunque la ragione della preferenza oggi accordata al contratto costitutivo del diritto di 22 G. Tucci, Impianti fotovoltaici e garanzie sui beni dell’azienda, in Rivista di diritto privato, 1/2010, pag. 25 ss.; C. Calia, Contratto di locazione di terreni e realizzazione di impianti fotovoltaici, in Immobili e proprietà, Ipsoa, 1/2010, pag. 31 ss. Sulla natura mobile o immobile degli impianti fotovoltaici 259 superficie? Esso, si afferma, mette l’investitore al riparo dalle conseguenze di un eventuale fallimento del proprietario del terreno; mentre infatti il curatore fallimentare non può aggredire l’atto traslativo del diritto reale a favore del terzo di buona fede stipulato prima della dichiarazione di fallimento, il curatore ha invece facoltà, a determinate condizioni, di recedere dal contratto di locazione, interferendo in tal modo e pregiudicando l’attività dell’impianto fotovoltaico. Da parte dei sostenitori del contratto di locazione si replica che, anche in tal caso, l’impianto può essere rimosso e riposizionato altrove, senza perdere il suo valore. Anche in relazione a questo specifico aspetto, sembra tuttavia che la tesi favorevole alla qualifica delle centrali fotovoltaiche quali beni mobili, e di conseguenza del contratto di locazione quale modalità privilegiata per l’acquisizione della disponibilità delle aree, tenda a trascurare le componenti, materiali e non, dell’attività economica di esercizio di un impianto fotovoltaico eccedenti i moduli o pannelli: si pensi alle procedure e ai costi amministrativi dell’autorizzazione, ai costi della rimozione anzitempo e dello spostamento in altro sito (per il quale è necessario ottenere altro titolo contrattuale), ad aspetti sia materiali che contrattuali quali il collegamento alla rete elettrica e la gestione della cabina in condivisione con il gestore della rete. Peraltro, l’ipotizzata amovibilità degli impianti si scontra altresì con la disciplina che riguarda l’accesso agli incentivi, la quale prevede l’individuazione e registrazione degli impianti in base, tra l’altro, alla loro localizzazione. 7. Le garanzie Quanto infine ai profili attinenti le garanzie che possono venire offerte dal produttore di energia da fonte fotovoltaica, si tratta di un complesso variegato di diritti che vengono attribuiti al soggetto finanziatore, quali: pegno sulle partecipazioni nel capitale delle società veicolo proprietarie degli impianti, pegno sui saldi dei conti correnti bancari, cessione dei crediti da fornitura di energia nei confronti dell’utenza, ovvero derivanti dalla normativa incentivante. Nel caso particolare dell’impianto fotovoltaico costruito sulla copertura di un capannone di grandi dimensioni, è prassi l’acquisizione su detto lastrico di un diritto di superficie. 260 Elisabetta Rubini Qualora il proprietario del capannone e l’imprenditore fotovoltaico siano soggetti diversi, può rivelarsi necessario tenere distinto l’impianto dal capannone sottostante e dall’azienda che in esso è esercitata: a tale fine, il lastrico può venire accatastato separatamente e, nel caso il capannone sia ipotecato a garanzia di finanziamenti concessi all’azienda, operare altresì una restrizione dell’ipoteca, al fine di sottrarre ad essa il lastrico destinato a sede dell’impianto fotovoltaico. 8. La regolazione della circolazione degli impianti La tematica relativa alla qualificazione delle diverse tipologie di impianti fotovoltaici come beni mobili o immobili assume particolare rilievo nel momento del trasferimento di tali impianti, e quindi con riguardo all’individuazione del regime di circolazione di detti beni. Se si considera che gli impianti fotovoltaici hanno fruito negli ultimi anni e continueranno a fruire di incentivi molto significativi, la cui erogazione è demandata al Gestore dei Servizi Elettrici; e che non solo gli impianti fotovoltaici a terra (cd. centrali fotovoltaiche) costituiscono attività economiche produttive di reddito, ma che lo stesso si può dire anche di gran parte dei piccoli impianti collocati sui tetti o sulla copertura di edifici agricoli, in ragione dei contratti di “scambio sul posto” che intercorrono con il Gestore, è agevole immaginare che la fase della “volturazione” di tutti i rapporti contrattuali afferenti questi impianti può essere molto delicata e necessita di una disciplina certa e chiara. Si pensi ad esempio al caso della cessione di azienda o ramo di azienda comprensiva di un impianto fotovoltaico; oppure della successione nella titolarità dell’impianto a causa della morte del precedente titolare; o ancora al caso della separazione personale dei coniugi con conseguente assegnazione della casa famigliare, sulla quale insiste un impianto fotovoltaico con convenzione di scambio sul posto, ad uno di essi. In tutti questi casi, al soggetto responsabile che ha originariamente ottenuto le tariffe incentivanti e ha stipulato la convenzione di scambio sul posto, che lo abilita a chiedere al Gse il ritiro e la valorizzazione dell’energia prodotta, subentra un nuovo soggetto: si pone dunque il problema di quali siano le regole applicabili a tali trasferimenti, e in specie se e quando siano necessarie le formalità che la legge prevede per la Sulla natura mobile o immobile degli impianti fotovoltaici 261 circolazione dei beni immobili. Da un punto di vista di legalità e trasparenza, considerato che gli impianti incentivati sono ormai in Italia oltre 450 mila e che le cifre in gioco sono di estrema rilevanza, appare senz’altro opportuno assicurare la tracciabilità dei trasferimenti di titolarità degli impianti fotovoltaici. 9. Considerazioni conclusive Sulla base delle considerazioni sopra richiamate, si può ritenere che, in un’ottica civilistica e parallelamente alle valutazioni operate dall’Agenzia del Territorio, gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kwp, collocati sia a terra che su lastrici o altri edifici (tettoie, serre etc.), vadano considerati alla stregua di beni immobili. Come si è visto, infatti, le categorie utilizzate dall’art. 812 c.c. – unione, incorporazione, costruzione – vengono interpretate dalla giurisprudenza in senso assai ampio, con la conseguenza di ricondurre alla nozione di bene immobile un ventaglio molto ampio e diversificato di beni. L’applicazione a queste tipologie di impianti fotovoltaici del regime di circolazione dei beni immobili consentirebbe di raggiungere gli obiettivi di trasparenza e tracciabilità auspicati. Peraltro, è evidente che anche gli impianti di minori dimensioni – tipicamente posti al servizio di case singole o di condomini – costituiscono beni strutturalmente e funzionalmente diversi dai singoli pannelli che li compongono. Basti pensare al fatto che anche tali impianti sono destinatari di normative specifiche, afferenti la incentivazione, produzione e cessione alla rete di energia elettrica, e che già oggi sono caratterizzati – almeno nella misura in cui fruiscano di incentivi (il che è vero per la quasi totalità) – dal fatto di essere numerati e registrati presso il Gse: una disciplina che ne stabilisse l’assimilazione ai beni mobili registrati di cui all’art. 815 c.c. li sottrarrebbe a modalità di trasferimento opache e “selvagge”23 e faciliterebbe un più agevole controllo sulla relativa circolazione. 23 M. Galeotti, “L’energia”, www.lavoce.info, 15 novembre 2012.