La relazione tra buchi neri supermassivi e

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La relazione tra buchi neri supermassivi e
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Tesi di Laurea in Fisica di I livello
LA RELAZIONE TRA BUCHI NERI SUPERMASSIVI
E GALASSIE OSPITI PER UN CAMPIONE DI
QUASAR CON REDSHIFT Z ' 0.1 − 0.8
Candidato: Tommaso Pecchioli
Relatore: Prof. Alessandro Marconi
Anno Accademico 2009-2010
Indice
Introduzione
1
1 Buchi neri
1.1 Accrescimento su un buco nero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2
3
2 Nuclei galattici attivi
2.1 Il modello unificato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
6
3 La misura della massa dei buchi neri
3.1 La relazione MBH − σ . . . . . . . .
3.2 Il “reverberation mapping” . . . . . .
3.3 La relazione RBLR − LAGN . . . . . .
3.4 “The black hole mass ladder” . . . .
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11
11
13
14
15
4 Analisi dati
17
4.1 Risultati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
Conclusioni
33
Riferimenti bibliografici
34
Introduzione
Il presente lavoro si propone di mostrare e verificare le relazioni esistenti tra i buchi neri
supermassivi e le galassie ospiti, per un campione di quasar con redshift compreso tra
0.1 e 0.8.
La tesi è composta da quattro capitoli.
Nel primo capitolo, per introdurre l’argomento, viene fatta una breve descrizione dei
buchi neri e delle loro proprietà.
Nel secondo capitolo, vengono descritte le galassie attive ed il modello unificato utilizzato
per descrivere i nuclei galattici attivi.
Nel terzo capitolo sono riportati i vari metodi di misurazione della massa dei buchi neri,
con una descrizione più approfondita per quanto riguarda i metodi indiretti, utilizzati
in questa tesi.
Infine, nel quarto capitolo, è descritta l’analisi dati dei campioni di quasar osservati, e
sono presentati i risultati ottenuti.
1
Capitolo 1
1
Buchi neri
Un buco nero è una distorsione dello spazio tempo prodotta da un intensissimo campo
gravitazionale, che non lascia sfuggire neanche la radiazione elettromagnetica. Il confine
di un buco nero di massa MBH è una superficie sferica chiamata orizzonte degli eventi,
il cui raggio è dato dal raggio di Schwarzschild [1]:
Rsch =
2GMBH
c2
(1)
dove G è la costante di gravitazione universale1 e c è la velocità della luce2 . Un buco
nero con massa MBH = 106 M 3 ha raggio Rsch ' 3 ∗ 106 km.
Proviamo a ricavare il raggio che deve avere una sfera di massa M alla cui superficie
la velocità di fuga sia la velocità della luce c, utilizzando la meccanica newtoniana. Prendiamo un proiettile di massa m che viene sparato ad una velocità v da una superficie
di massa M e raggio R. L’energia cinetica iniziale è Ki = 21 mv 2 e quella potenziale è
m
Ui = − GM
. Se v è la velocità di fuga, cioè la velocità minima necessaria per lasciare
R
la superficie, questa sarà nulla all’infinito e Kf = 0; l’energia potenziale è nulla all’infinito (r → ∞) Uf = 0. Utilizzando il principio di conservazione dell’energia meccanica
(abbiamo un sistema chiuso con sole forze conservative) otteniamo:
Ki + U i = Kf + U f
⇒
1 2 GM m
mv −
=0
2
R
(2)
ed imponendo che la velocità di fuga sia quella della luce (c) otteniamo il raggio R della
superficie:
2GM
R=
(3)
c2
che è proprio il raggio di Schwarzschild. Abbiamo trovato un risultato corretto pur
utilizzando ipotesi sbagliate: la meccanica in gioco non è newtoniana ed il fotone non
è soggetto alla gravità newtoniana (essendo una particella a massa nulla); la strada
corretta è quella di utilizzare la teoria della relatività generale.
Il raggio dell’ultima orbita stabile Rst , oltrepassata la quale la materia cade inesorabilmente nel buco nero, dipende dal momento angolare di quest’ultimo. Per un black
hole non ruotante si ha:
6GMBH
= 3Rsch
(4)
Rst =
c2
G∼
= 6.67 ∗ 10−11 N m2 kg −2 .
c = 299792458m/s.
3
M ∼
= 2 ∗ 1030 kg.
1
2
2
mentre per uno alla massima rotazione possibile (black hole di Kerr):
Rst =
1.2GMBH
c2
(5)
Nel caso di buchi neri supermassivi che abitano i nuclei galattici, la“sfera di influenza”
è definita come la regione di spazio entro la quale il potenziale gravitazionale di questi
ultimi domina su quello delle stelle circostanti. Il suo raggio (Rh ) viene calcolato imponendo che la velocità di dispersione della popolazione stellare (indicativa del potenziale
gravitazionale
q della galassia) sia pari alla velocità di rotazione nel potenziale del buco
nero σ =
GMBH
.
Rh
Si ha allora che:
Rh =
GMBH
σ2
(6)
Al di là di qualche migliaio di raggi di Schwarzschild dal buco nero supermassimo centrale, ma all’interno della sfera di influenza, il movimento delle stelle e del gas è prevalentemente kepleriano (gli effetti relativistici sono minimi). Oltre la sfera di influenza
l’importanza gravitazionale del buco nero supermassimo svanisce velocemente.
1.1
Accrescimento su un buco nero
Prendiamo in considerazione un disco di accrescimento intorno ad un black hole centrale.
Il disco di accrescimento è costituito dal materiale circostante al buco nero (gas, polveri)
che, attratto da quest’ultimo, si dispone su un piano perpendicolare alla direzione del
momento angolare stesso, per effetto della conservazione del momento angolare e della
gravità. Le particelle facenti parte del disco di accrescimento si muovono lungo una traiettoria approssimativamente circolare. Esse subiscono una perdita di energia e momento
angolare a causa dell’interazione viscosa (attrito) con le particelle che si muovono lungo
orbite a raggi adiacenti. Esse, quindi, si trasferiscono lentamente verso raggi sempre
più piccoli, fino al raggiungimento dell’ultima orbita stabile. Oltrepassata questa orbita, le particelle spiraleggiano verso il corpo centrale e, attraversando l’orizzonte degli
eventi, vengono definitivamente “inghiottite” dal black hole. Nel caso di buchi neri supermassivi che si trovano nei nuclei galattici attivi, il forte gradiente gravitazionale,
unito all’interazione viscosa (attrito) tra le particelle, provoca la trasformazione di energia gravitazionale in energia termica. Il riscaldamento del disco di accrescimento è tale
da provocare l’emissione di raggi che vanno dall’ultravioletto ai raggi X poco prima di
oltrepassare l’orizzonte degli eventi.
Il tasso di accrescimento non può assumere valori arbitrariamente grandi [2]. Consideriamo un elettrone in un gas ionizzato che fa parte del flusso di accrescimento verso
un oggetto compatto di massa M . Il flusso di accrescimento produce una luminosità per
intervallo di frequenza Lν , quindi la densità di fotoni con energia hν che si trovano ad
un raggio r è:
Lν
(7)
nph =
4πr2 chν
3
Il tasso con cui i fotoni aventi questa energia vengono diffusi, tramite scattering Thomson
sugli elettroni è:
Rscat = nph σT c
(8)
dove σT è la sezione d’urto Thomson4 . Ciascun evento di scattering trasferisce, in media,
all’elettrone. Si ha quindi una forza esercitata sugli elettroni dalla
un impulso p = hν
c
radiazione:
dp
hν
Lν σT
= Rscat
=
(9)
dt
c
4πr2 c
ed integrando su tutte le frequenze ν si ha la forza totale, ovvero la forza esercitata dalla
pressione di radiazione:
LσT
Frad =
(10)
4πr2 c
L’elettrone sarebbe respinto dalla luminosità del disco di accrescimento, se non fosse per
l’attrazione gravitazionale dell’oggetto centrale. Per la dipendenza di σT dalla massa,
la forza esercitata dalla pressione di radiazione è trascurabile sui protoni (essendo la
massa del protone circa 2000 volte più grande di quella dell’elettrone), a cui gli elettroni
sono legati dall’interazione elettrostatica. Tuttavia i protoni risentono dell’attrazione
gravitazionale. La forza di attrazione gravitazionale su un protone è data da:
Fgrav =
GM mp
r2
(11)
dove mp è la massa del protone5 , pertanto la forza di attrazione gravitazionale sui protoni
è molto maggiore di quella sugli elettroni. Abbiamo, quindi, due forze in gioco: la forza
esercitata dalla pressione di radiazione, che agisce sugli elettroni e la forza di attrazione
gravitazionale, che agisce sui protoni. Il flusso di accrescimento e la risultante luminosità
possono aumentare fino a che la forza di radiazione sugli elettroni risulti minore della
forza di attrazione gravitazionale sui protoni (Frad < Fgrav ). Uguagliando le due forze,
si ottiene la massima luminosità possibile per un sistema alimentato dall’accrescimento:
Frad = Fgrav
⇒
LEdd
⇒
LσT
GM mp
=
2
4πr c
r2
4πcGM mp
=
= 1.38 ∗ 1038
σT
⇒
L = LEdd
M
M
erg
s
ovvero per accrescimento su un buco nero di massa MBH 6 :
MBH
MBH erg
38
LEdd = 1.38 ∗ 10
= 3.45 ∗ 104 L
M
s
M
Questo limite alla luminosità è chiamato luminosità di Eddington.
4
e
σT = 8π
3 m2 c4 .
5
∼
mp = 1.67 ∗ 10−27 kg.
6
L ∼
= 3.84 ∗ 1033 erg/s
4
4
(12)
(13)
(14)
Capitolo 2
2
Nuclei galattici attivi
La radiazione elettromagnetica emessa dalle galassie normali è quasi interamente prodotta dai processi di evoluzione stellare. Questo spettro di emissione ha un picco nella banda
ottica e si estende dall’infrarosso (polvere calda) all’ultravioletto, con qualche emissione
di raggi X dovuta a resti di supernovae. Tuttavia ci sono galassie che hanno una distribuzione di energia con un’emissione significativa nell’intero intervallo di frequenze,
che va dal radio ai raggi X e perfino nella regione dei raggi gamma. Questa emissione
di origine non stellare proviene da una regione centrale molto piccola di queste galassie,
chiamata nucleo galattico attivo [3].
Ci sono vari tipi di galassie attive, caratterizzate dalle proprietà dei loro nuclei galattici attivi (AGN7 ), come la banda di emissione spettrale, la luminosità, il rapporto tra la
luminosità nucleare e quella della luce stellare. Le principali classi di AGN sono: galassie
di Seyfert, quasar, radio galassie, BL Lac e Blazars.
Galassie di Seyfert Scoperte nel 1943 da Carl Seyfert, queste galassie, paragonate
alle normali galassie, presentano alcune peculiarità. La maggior parte di esse sono
galassie a spirale con un nucleo centrale molto più luminoso della norma (L ∼ 1011 L )
e con righe di emissione larghe (F W HM 8 > 1000km/s, cosa inusuale per le galassie).
Lo spettro di emissione di queste galassie indica un livello di ionizzazione del gas più
elevato di quello riscontrato nelle galassie quiescenti. Ci sono due classi principali di
galassie Seyfert: Seyfert-1 e Seyfert-2. Le Seyfert-1 hanno righe di emissione sia larghe
che strette (F W HM < 1000km/s), mentre le Seyfert-2 hanno solo righe di emissione
strette. Esistono anche classi intermedie (Seyfert-1.5, Seyfert-1.8) a seconda dell’evidenza e presenza delle differenti righe di emissione, ad esempio le Seyfert-1.5 presentano
righe di emissione larghe ma con evidenza minore rispetto alle Seyfert-1.
Quasar I quasar sono gli AGN più luminosi conosciuti. La loro luminosità (L > 1012 L )
può essere addirittura migliaia di volte più grande di quella delle galassie normali
(L = (109 − 1010 )L ). Di conseguenza “nascondono” la galassia ospite apparendo,
perciò, come un oggetto quasi stellare9 . I quasar presentano righe di emissione larghe
(F W HM > 1000km/s) e strette (F W HM < 1000km/s) e, generalmente, hanno un
redshift più elevato delle galassie Seyfert. Per quasar a bassa luminosità è stato possibile
identificare e risolvere spazialmente la galassia ospite con Hubble Space Telescope. Lo
spettro ottico delle galassie Seyfert non è, in fondo, molto differente da quello dei quasar,
7
AGN = Active Galactic Nuclei.
FWHM = full width at half maximum (larghezza a metà altezza)
9
Quasar = quasi stellar object.
8
5
di cui si possono considerare l’analogo a bassa luminosità. Per questo entrambe le classi
sono combinate sotto il nome di AGN di Tipo-1.
Radio galassie Le radio galassie sono caratterizzate dall’avere una forte emissione
radio che si può estendere anche su dimensioni molto più grandi della galassia stessa
(> 100Kpc). In modo simile alle galassie Seyfert, si può distinguere tra radio galassie
con e senza linee di emissione larghe: BLRG10 e NLRG11 rispettivamente.
BL Lac e Blazars BL Lac e Blazars sono AGN che hanno sorgenti radio compatte
e molto potenti. Hanno spettri dominati dal continuo, fortemente polarizzati e senza
righe di emissione e di assorbimento. Pertanto è molto difficile e a volte impossibile
determinarne il redshift. La loro luminosità è estremamente variabile, anche di diverse
magnitudini, se ossevati per un lungo periodo di tempo. Oltretutto i blazars mostrano
una emissione molto energetica e fortemente variabile di raggi gamma.
2.1
Il modello unificato
Negli ultimi decenni è stato formulato un modello secondo il quale questi tipi di oggetti
sono in realtà aspetti diversi di un unico tipo di sistema fisico, che appare in modo
differente a seconda dell’orientazione con cui viene visto. Questo modello prende il nome
di modello unificato (o modello standard). Secondo tale modello l’energia di un AGN
viene prodotta dall’accrescimento di materia su un buco nero molto massiccio. Questo
processo dà luogo a tutti i fenomeni osservati. Una semplice schematizzazione di tale
modello è riportata in figura 1.
Il modello unificato è costituito da [1]:
- il motore centrale, costituito da un buco nero supermassivo (106 − 1010 M ) circondato da un disco di accrescimento geometricalmente sottile e otticamente spesso (il cui raggio va da 10−4 a 10−3 parsec), da cui proviene l’emissione con spettro
continuo che rende brillanti i quasar in ottico-UV.
- getti di plasma relativistici, che si propagano perpendicolarmente al piano del disco
di accrescimento.
- la broad line region (BLR), dove vengono originate le righe di emissione larghe,
situata più esternamente rispetto al disco di accrescimento che emette la radiazione
ottica-UV.
- il toro di gas e polvere, che circonda la regione della BLR e del disco di accrescimento.
- la narrow line region (NLR), da cui hanno origine le righe di emissione strette, una
regione molto ampia (∼ 100 parsec) situata sopra e sotto il toro di gas e polvere.
10
11
BLRG = broad-line radio galaxies
NLRG = narrow-line radio galaxies
6
Figura 1: Semplice schematizzazione del modello unificato per AGN.
Il motore centrale Il motore centrale di un AGN è costituito da un buco nero supermassivo. Le alte luminosità, provenienti da volumi piccoli, richiedono un processo
di produzione di energia con alta efficienza. Andiamo a studiare l’efficienza di conversione massa-energia, data dal processo di accrescimento su un oggetto compatto [2].
L’efficienza massima si avrà per l’oggetto più compatto noto, ovvero un buco nero.
Consideriamo un elemento di massa dM in un disco di accrescimento, che ruota con
velocità non relativistiche attorno ad un oggetto compatto di massa M . Per passare da
un’orbita circolare di raggio r + dr ad un’orbita di raggio r, l’elemento di massa dM
deve perdere parte della sua energia potenziale. Assumiamo che, al raggio più piccolo,
metà della variazione di energia potenziale sia convertita in energia termica e metà
venga irraggiata in accordo col teorema del viriale12 . L’energia irraggiata dell’elemento
di massa dM nel passare dal raggio r + dr al raggio r è, pertanto, data da:
GM dM
1 GM dM
−
(15)
dEirr =
2
r
r + dr
dove abbiamo trascurato l’energia di interazione gravitazionale che l’elemento infinitesimo di disco fa su se stesso. La luminosità proveniente da un anello infinitesimo del disco
sarà pertanto:
dEirr
1
dM 1
1
1
dr
dL =
= GM
−
= GM Ṁ 2
(16)
dt
2
dt r r + dr
2
r
dove Ṁ è il tasso di accrescimento di massa, attraverso un particolare anello del disco.
La luminosità totale del disco di accrescimento, di raggio interno rin ed esterno rout , si
12
Il teorema del viriale afferma che, per un sistema soggetto a sole interazioni gravitazionali, si ha:
2hKi + hU i = 0 dove hKi e hU i sono, rispettivamente, l’energia cinetica media e l’energia potenziale
media del sistema.
7
trova integrando sulla luminosità di tutti gli
Z rout
1
dr
L=
GM Ṁ 2 =
2
r
rin
anelli infinitesimi:
1
1
1
GM Ṁ
−
2
rin rout
(17)
Se rout rin , il risultato si semplifica:
L=
1 GM Ṁ
2 rin
(18)
Per valutare l’efficienza di irraggiamento del disco di accrescimento, dobbiamo dividere
la luminosità trovata per Ṁ c2 , cioè per l’ipotetica potenza che può essere ottenuta
se tutta la massa a riposo che partecipa all’accrescimento viene convertita in energia.
Questa efficienza è quindi:
1 GM
η= 2
(19)
2 c rin
Per accrescimento su un buco nero, sostituendo rin con il raggio dell’ultima orbita stabile
(4) otteniamo:
c2
1
1 GMBH
=
= 0.083
(20)
η=
2
2 c
6GMBH
12
Abbiamo quindi che una frazione non trascurabile (energia rilasciata dalla massa m
che partecipa all’accrescimento: E = ηmc2 ∼ 10%) dell’energia a riposo (E = mc2 ) è
irraggiata nel processo di accrescimento. Questa efficienza è molto maggiore dell’efficienza data dalle reazioni nucleari nelle stelle (η = 0.007) ed è necessaria per ottenere
luminosità che sono proprie degli AGN. Per black hole di Kerr l’efficienza arriva fino a
valori di η = 0.4, essendo minore il raggio dell’ultima orbita stabile.
Getti relativistici Il disco di accrescimento ha un campo magnetico con linee di
forza parallele all’asse del disco13 . Il gas altamente ionizzato è espulso lungo le linee
di forza del campo magnetico a velocità prossime a quelle della luce, dando luogo alla
formazione dei getti, che possono estendersi fino a distanze di migliaia di parsec dal
buco nero centrale. L’emissione di questi getti è prevalentemente data da radiazione di
sincrotrone (emissione di elettroni relativistici soggetti a campo magnetico) [3].
Broad line region La broad line region è formata da nubi piccole (1011 cm) e dense
di gas fotoionizzato. Sono in numero molto elevato (109 − 1010 ) e si stima che la loro
densità sia dell’ordine di 109 − 1014 particelle per cm3 [3]. La loro temperatura sfiora
i 20000K. La causa della fotoionizzazione delle nubi è la radiazione emessa dal disco
di accrescimento. Nelle nubi avviene infatti un processo di riscaldamento (dovuto alla
fotoionizzazione) e di raffreddamento, con emissione di righe larghe. La larghezza delle
righe14 , che va da 1000 a oltre 10000 km/s, è interpretata come effetto doppler ed è
13
14
Un buco nero ruotante determina l’avvolgimento delle linee di forza del campo magnetico.
La larghezza misurata è la FWHM (full width at half maximum) cioè la larghezza a metà altezza.
8
legata alla dispersione di velocità delle nubi lungo la linea di vista. L’alta velocità è
segno dell’intenso campo gravitazionale del buco nero supermassivo centrale.
Le righe di emissione della BLR tipicamente osservate sono: la serie di Balmer (Hα,
Hβ, Hγ, Hδ), la Lyα dell’idrogeno, l’HeII 15 , le righe provenienti da ioni metallici come
M g +1 , C +2 , C +3 .
La BLR si estende da pochi giorni-luce a decine di settimane-luce, tuttavia rimane
tutt’oggi spazialmente irrisolta, pur utilizzando i grandi telescopi. Vedremo più avanti
qual’è il modo per stimarne le dimensioni.
Il toro di gas e polvere Il toro è una “ciambella” di gas denso e ricco di polveri che
circonda il nucleo attivo e la regione della BLR [3]. Il toro contiene abbastanza materiale
da risultare opaco persino ai raggi X (non si osservano se il toro si trova lungo la linea di
vista); la polvere nel toro viene riscaldata dai raggi X e UV del disco di accrescimento e
riemette nell’infrarosso. Essendo composto da grani di polvere, non può trovarsi troppo
vicino alle regioni centrali altrimenti la radiazione sublimerebbe le particelle; si stima
che il suo raggio sia di circa 1-10 parsec. Per un AGN visto di taglio il nucleo attivo
centrale risulta nascosto dal toro.
Narrow line region La narrow line region è una regione che si estende sopra e sotto
il toro di polveri su scale di circa 100 parsec. Dal nome è caratterizzata da righe di
emissione strette, con larghezza (FWHM) di poche centinaia di km/s (generalmente
∼ 400 km/s) [3]. Le righe strette di emissione più intense sono, ad esempio, la Lyα, il
CIV , la riga proibita dell’[OIII] alla lunghezza d’onda λ = 5007Å. L’esistenza della
riga proibita implica che la densità del gas della NLR è molto minore rispetto a quello
della BLR (∼ 103 cm−3 ). Anche la temperatura del gas è minore rispetto a quello della
BLR (∼ 10000K).
Data la grande estensione della NLR è possibile risolverla spazialmente per AGN
vicini; la sua morfologia è molto interessante: non è sferica, ma presenta una forma a
doppio cono. Questo è dato dal fatto che la radiazione del disco di accrescimento “scappa” da sopra e sotto il toro, dando quindi questa forma alla zona della NLR osservata.
In conclusione abbiamo che, a seconda della linea di vista con cui osserviamo l’AGN,
il toro permette di vedere o meno il buco nero centrale con il disco di accrescimento e
la zona della BLR.
Se nello spettro di emissione osservato sono presenti righe larghe e righe strette,
significa che stiamo osservando l’AGN di faccia o comunque entro un angolo che permetta
la visione del buco nero centrale, del disco di accrescimento e della BLR, non oscurati
dal toro. Questi AGN sono, quindi, AGN di Tipo-1 ovvero quasar e galassie Seyfert-1,
nei quali si osservano righe di emissione sia strette che larghe.
15
I numeri romani indicano lo stato di ionizzanione dell’emelento: I se l’atomo è neutro, II se è
ionizzato una volta, III se è ionizzato due volte, e cosı̀ via...
9
Se nello spettro di emissione osservato sono presenti solo righe strette, significa che
stiamo osservando l’AGN di taglio, ovvero per un angolo entro il quale il toro di gas e
polvere oscura il motore centrale, il disco di accrescimento e la zona della BLR. Questi
AGN sono, quindi, le galassie Seyfert-2 nelle quali si osservano sono righe di emissione
strette, essendo la zona della NLR fuori dal toro di gas e polvere.
Infine, se osservando un AGN, otteniamo uno spettro di emissione continuo e molto
energetico, senza righe di emissione o assorbimento, significa che lo stiamo osservando esattamente lungo la direzione di espulsione dei getti relativistici. Stiamo osservando, quindi, un blazar nei quali lo spettro di emissione assume proprio quest’ultime
caratteristiche.
Il modello unificato riassume ed, appunto, “unifica”, le caratteristiche dei vari tipi
di AGN in uno solo, attraverso la schematizzazione appena descritta.
10
Capitolo 3
3
La misura della massa dei buchi neri
La misura della massa dei buchi neri viene fatta studiando l’effetto del potenziale gravitazionale di questi ultimi sugli oggetti circostanti (stelle, gas). Esistono differenti metodi
per tale misurazione, tra i quali [1] metodi diretti
- metodo della dinamica stellare
- metodo della cinematica del gas
e indiretti
- relazioni tra MBH e le proprietà della galassia ospite
- reverberation mapping
La dinamica stellare studia i moti delle stelle che si trovano vicino al nucleo della galassia,
mentre la cinematica del gas studia le curve di rotazione di quest’ultimo, situato in un
sottile disco circolare che ruota attorno al black hole. Questi metodi diretti necessitano
di un’alta risoluzione spaziale, possibile solo per galassie vicine. Per galassie più distanti,
per le quali non è possibile avere una risoluzione spaziale sufficientemente alta, vengono
utilizzati i metodi indiretti come la reverberation mapping e le relazioni tra MBH e le
proprietà della galassia ospite, sui quali ci soffermeremo qui di seguito.
3.1
La relazione MBH − σ
Le misure dirette della massa dei buchi neri supermassivi hanno portato alla scoperta di
relazioni che legano la massa di questi ultimi con alcune proprietà della galassia ospite.
Tra queste la relazione MBH − σ (vedi figura 2), dove σ è la velocità di dispersione delle
stelle nel bulge della galassia. Le masse dei buchi neri supermassivi misurate attraverso la
dinamica stellare o attraverso la cinematica del gas sono, quindi, strettamente connesse
alla velocità di dispersione delle stelle (σ) nel bulge della galassia (se a spirale) o in tutta
la galassia (se ellittica). Queste relazioni sono cosı̀ strette che la relazione MBH − σ può
essere usata per stimare le masse con 0.3 dex di precisione da una singola misura di σ. Si
trova che anche le galassie ospiti degli AGN seguono la stessa relazione MBH − σ come
le galassie quiescenti. Questa relazione è [4]:
σ
MBH
= (8.13 ± 0.06) + (4.02 ± 0.32) log
(21)
log
M
200km/s
Si ha dunque che MBH ∼ σ 4 .
11
Figura 2: La relazione MBH − σ ottenuta con le misure dinamiche (immagine presa
dall’articolo The M − σ and M − L Relations in Galactic Bulges, and Determinations
of Their Intrinsic Scatter [6]). I simboli indicano il metodo con cui è stata misurata
la massa dei buchi neri: dinamica stellare (pentagono), cinematica del gas (cerchio),
cinematica del gas da emissione maser dell’acqua (asterisco). Le frecce indicano il limite
superiore di 3σ per la massa di alcuni buchi neri. Le ellissi colorate indicano i margini di
errore delle misure. In rosso sono riportate le galassie ellittiche, in verde le galassie SO,
in blu le galassie a spirale. L’intensità del colore è inversamente proporzionale all’area
dei “boxes” degli errori. Per chiarezza del grafico sono stati riportati solo i boxes degli
errori più vicini alla retta continua che rappresenta il best fit della relazione MBH − σ.
I quadratini rappresentano le galassie che non sono state incluse nel fit.
Ci sono anche altre relazioni che legano la massa dei buchi neri supermassivi con le
proprietà della galassia ospite. Queste relazioni sono MBH − Lbulge e MBH − Mbulge dove
Lbulge e Mbulge sono rispettivamente la luminosità e la massa del bulge della galassia
−3
ospite. Queste relazioni sono tali che MBH ∼ L1.1
bulge e MBH ∼ 10 Mbulge . É possibile
dimostrare che tutte queste relazioni non sono indipendenti l’una dall’altra ma risultano
dall’esistenza di una relazione fondamentale MBH − galassia e relazioni tra i parametri
strutturali dello sferoide (σ, Lbulge , Mbulge ). In ogni caso l’esistenza di queste relazioni
indica un legame molto stretto tra la crescita del black hole e la galassia.
Per capire quale possa essere la causa di queste relazioni diamo una stima del volume
della sfera di influenza del buco nero. Il raggio della sfera di influenza gravitazionale del
buco nero è dato dalla relazione (6). La massa viriale del bulge della galassia è (teorema
12
del viriale):
Mbulge ∼ 5
σ 2 Rbulge
G
(22)
Dalle relazioni (6) e (22) otteniamo:
Rh = 5
Rbulge
MBH ∼ 5 ∗ 10−3 Rbulge
Mbulge
(23)
dove nell’ultimo passaggio abbiamo utilizzando la relazione MBH ∼ 10−3 Mbulge . Dato
che il volume di una sfera di raggio R è V = 34 πR3 abbiamo che il volume della sfera di
influenza del buco nero (Vh ) è:
4
Vh = πRh3 ∼ (5 ∗ 10−3 )3 Vbulge ∼ 1.3 ∗ 10−7 Vbulge
3
(24)
Il volume del bulge sotto l’influenza gravitazionale del black hole è 10 milioni di volte
più piccolo del volume totale. É chiaro quindi che la semplice interazione gravitazionale
non può determinare queste relazioni. Viene naturale chiederci allora come è possibile
che sussistano tali relazioni tra il black hole e la galassia ospite. Si ritiene che il legame
tra il buco nero supermassivo e la galassia ospite sia dato dal feedback dell’AGN: durante l’accrescimento sul buco nero la radiazione prodotta esercita una pressione sul gas
circostante (vedi luminosità di Eddington, sezione 1.1). Quando MBH ∼ 10−3 Mbulge la
radiazione è sufficientemente intensa da espellere il gas in tutta la galassia, arrestando
sia l’accrescimento sul buco nero stesso, sia la formazione stellare. Attualmente questo
argomento è ancora in fase di studio ed esula dal lavoro di tesi.
Tuttavia l’innegabile valore di queste relazioni poggia sul fatto che esse possono
essere facilmente applicabili ad un ampio campione di oggetti per stimare la massa dei
buchi neri.
3.2
Il “reverberation mapping”
Il reverberation mapping è un metodo indiretto per la misurazione della massa dei buchi
neri supermassivi che si trovano a grandi distanze. Questa tecnica viene utilizzata per
le galassie attive. Ha il vantaggio di poter essere utilizzata indipendentemente dalla distanza degli oggetti, in quanto vengono utilizzate misure temporali, non spaziali. Col
reverberation mapping viene sfruttato il fatto che gli AGN hanno una luminosità fortemente variabile [1]. La variazione del continuo si propaga alla zona della BLR le cui
nubi subiscono, dopo un certo ritardo, una variazione dello stato di fotoionizzazione con
conseguente variazione di flusso per le righe larghe. Questo ritardo, chiamato time-lag,
è dato dal tempo che impiega la luce per andare da dove è emesso il continuo fino alla
BLR, e dà quindi una stima del raggio della BLR. Questa tecnica richiede un lungo periodo di osservazione e un accurato monitoraggio sia del continuo che dell’emissione larga
e può essere applicata solo per gli AGN nei quali la BLR è direttamente osservabile, cioè
nelle galassie Seyfert-1 e nei quasar.
13
Il raggio della BLR si può stimare dal “ritardo” delle righe larghe rispetto al continuo
(time-lag). Il time-lag viene calcolato determinando la funzione di cross-correlazione
ψ(τ ):
Z
∞
ψ(τ )C(t − τ ) dτ
L(t) =
(25)
0
dove L(t) è il flusso della riga larga osservata in funzione del tempo e C(t) è la curva di
luce del continuo. Il time-lag è di solito il τ a cui ψ(τ ) ha un massimo. Il raggio della
BLR sarà, quindi, RBLR = c τlag .
Ipotizzando, poi, che il movimento delle nubi di gas della BLR sia solamente di tipo
gravitazionale, allora la massa del buco nero centrale può essere determinata tramite il
teorema del viriale:
f RBLR σ 2
(26)
MBH =
G
dove RBLR e σ sono rispettivamente il raggio e la velocità media della BLR, mentre f è
un fattore che dipende dalla geometria e cinematica della BLR. La velocità σ è ottenuta
dalla FWHM della riga di emissione larga osservata.
Il metodo della reverberation mapping porta, in sè, molti vantaggi. La regione esplorata è solamente di un fattore 1000 al di là del raggio di Schwarzschild del buco
nero supermassivo centrale. Può sembrare un valore elevato, ma è almeno un migliaio di
volte più vicino al motore centrale rispetto al raggio raggiunto con i metodi tradizionali
descritti prima. Gli AGN di Tipo-1, bersagli ideali per la reverberation mapping, non
possono essere indagati utilizzando le tecniche standard, perchè la forte luminosità degli
AGN impedisce l’osservazione del gas che mostra grandi velocità di rotazione intorno
al black hole, osservazione necessaria per gli studi dinamici. Inoltre dato che la misura
della BLR deriva dal-time lag, la distanza della galassia ospite non entra a far parte
delle analisi. Questo significa che si possono osservare anche oggetti a grandi distanze.
Il principale svantaggio di questo metodo è il lungo periodo di osservazione necessario
per la presa dati (attualmente sono stati studiati solo una cinquantina di oggetti); inoltre
le masse risultanti dei black holes non sono cosı̀ precise quanto lo sono con i metodi diretti
e sono soggette a vari errori sistematici su cui però non ci addentreremo.
3.3
La relazione RBLR − LAGN
Fin dai primi studi di reverberation mapping si notò una correlazione tra la luminosità
del continuo ed il raggio della BLR (di conseguenza con la massa del buco nero centrale) [1]. La grandezza della BLR, misurata con il reverberation mapping dalla linea
larga Hβ, è legata alla luminosità monocromatica del continuo misurata a 5100Å da una
relazione del tipo RBLR ∼ [λLλ (5100Å)]0.5 . Questa relazione (vedi figura 3) ci permette
di stimare facilmente (anche se meno accuratamente) il raggio della BLR senza dover
ricorrere alle complesse osservazioni di reverberation mapping.
14
Figura 3: La relazione RBLR − LAGN ottenuta dopo aver corretto la luminosità dell’AGN
dal contributo dovuto alla luce delle stelle della galassia ospite. Nel grafico in alto ogni
singolo punto rappresenta una singola misura indipendente dell’oggetto. Nel grafico in
basso viene mostrata la media pesata di tutte le misure fatte per ogni singolo oggetto.
Immagine presa dall’articolo The Radius-Luminosity Relationship for Active Galactic
Nuclei [7].
3.4
“The black hole mass ladder”
Dalle misure dirette della massa dei black holes osserviamo che ci sono varie relazioni
che legano MBH con le proprietà della galassia ospite (σ, Lbulge , Mbulge ) [1].
Nei casi in cui non è possibile utilizzare i metodi diretti, per misurare la massa
del black hole, possiamo utilizzare i metodi indiretti come il reverberation mapping,
seguendo una vera e propria “scala delle masse” (black hole mass ladder). La misura della
massa sarà data, allora, dalla relazione (26), dove il raggio della BLR (RBLR ) si trova
dal time-lag (τlag ). Tuttavia lo studio degli AGN con la reverberation mapping richiede
un lungo periodo di osservazione. Per evitare questi lunghi periodi di osservazione, a
spese di una minore accuratezza, possiamo sfruttare la relazione RBLR − LAGN (vedi
sezione 3.3) ovvero una correlazione tra il raggio della BLR e la luminosità dell’AGN
alla lunghezza d’onda di 5100Å del tipo RBLR ∼ [λLλ (5100Å)]0.5 . Possiamo, allora,
sostituire il fattore RBLR nella relazione (26) con [λLλ (5100Å)]0.5 , ottenendo:
MBH = f
[λLλ (5100Å)]0.5 σ 2
RBLR σ 2
= f0
G
G
15
(27)
dove il fattore f 0 viene stimato imponendo che il valore della massa del black hole trovato
(MBH ) soddisfi la relazione MBH − σ.
Una volta ottenute la larghezza della riga Hβ e la luminosità alla lunghezza d’onda
λ = 5100Å, è possibile ricavare la massa del buco nero tramite la relazione16 :
(6.81±0.05)
MBH = 10
∆vHβ broad
1000km/s
2 λLλ (5100Å)
1044 erg/s
0.50
M
(28)
dove ∆vHβ broad è la larghezza della riga Hβ larga in km/s. Il fattore 106.81 è stato
calibrato imponendo che le masse soddisfino la relazione MBH − σ (vedi sezione 3.1).
Queste relazioni forniscono importanti indizi per la natura dell’attività nucleare ed i
processi di accrescimento in differenti classi di AGN. Ad esempio i buchi neri supermassivi centrali delle galassie Seyfert-1 con linee strette sembrano avere masse più piccole (di
circa un fattore 10) rispetto a quelli delle galassie Seyfert-1 regolari, con luminosità del
continuo paragonabili, indicando che si stanno accrescendo con un’efficienza maggiore.
Sulla base di queste scoperte si ipotizza, tra le altre cose, che le galassie Seyfert-1 con
righe strette rappresentino un primo stadio evolutivo delle Seyfert-1 normali.
In tal modo è possibile stimare la massa dei buchi neri supermassivi negli AGN per
i quali non è possibile utilizzare i metodi diretti ed oltrepassando le lunghe osservazioni
necessarie per la reverberation mapping.
16
Queste relazioni sono in continuo aggiornamento, via via che vengono fatti ulteriori studi.
16
Capitolo 4
4
Analisi dati
Nello svolgimento di questa tesi sono stati analizzati 222 spettri, provenienti da un
campione costituito da circa 100000 quasar, con redshift17 compreso tra 0.1 e 0.8. Gli
spettri sono stati ottenuti dalla Sloan Digital Sky Survey (SDSS).
Figura 4: Il telescopio utilizzato dalla Sloan Digital Sky Survey.
La SDSS La SDSS è una survey del cielo che ha utilizzato il telescopio in figura 4
per ottenere immagini e spettri di milioni di stelle e galassie. Il telescopio utilizzato è
un telescopio Ritchey-Chretien, situato ad un’altezza di 2788 metri all’Apache Point
Obserbatory nel sud-est del New Mexico. É dotato di uno specchio primario e di uno
secondario rispettivamente di 2.5 metri e 1.08 metri di diametro, e di una focale di 12.5
metri (f/5). La camera immagine è costituita da 30 CCD da 2048x2048 pixel ciascuno,
per un totale di oltre 120 milioni di pixel. La rilevazione delle immagini viene fatta da
due spettrografi dotati di 320 fibre ottiche ciascuno, che coprono un range di lunghezze
d’onda che va da 3800Å a 9200Å. In tal modo è possibile misurare gli spettri di 640
oggetti in una singola osservazione. Il telescopio è in funzione dagli anni 2000.
Il metodo seguito per ottenere gli spettri degli AGN è il seguente: viene fatta un’immagine del cielo, nella regione di spazio interessata; vengono individuati gli oggetti
0
Redshift: z = λ−λ
λ0 dove λ0 è la lunghezza d’onda della riga emessa, mentre λ è la lunchezza d’onda
della riga osservata
17
17
che possono essere quasar per le loro caratteristiche fotometriche e quindi per ciascun quasar viene posizionata una fibra ottica che ne raccoglierà il suo spettro. I dati
vengono ridotti con le tecniche classiche di riduzione (sottrazione del cielo e della corrente di buio, correzione per il flat field, ecc...), come descritto sul sito della Survey:
http://www.sdss.org.
Tra i quasar con redshift z ' 0.1−0.8 osservati dalla SDSS ne sono stati scelti un campione caratterizzato da spettri con rapporto segnale-rumore (S/N) medio per pixel > 20.
Per l’analisi degli spettri è stato utilizzato il programma IDL18 ed è stato considerato un
intervallo di lunghezze d’onda compreso tra 4000Å e 5600Å. In questo range sono presenti
le righe necessarie per il calcolo della massa dei buchi neri (Hβ) e delle velocità di dispersione del gas (proveniente dalla NLR) nel bulge galattico. Le righe analizzate sono19 :
il doppietto [OIII](5006.843, 4958.911Å), Hβ(λ = 4861.325Å), Hγ(λ = 4340.464Å),
Hδ(λ = 4101.734Å), F eII, dotate di componenti sia larghe (F W HM > 1000km/s) che
strette.
Il fit di ogni singolo spettro degli AGN osservati è stato fatto con un modello,
costituito da varie funzioni che descrivono:
- le righe strette;
- le righe larghe;
- il complesso del F eII;
- il continuo.
Righe strette Le righe strette analizzate sono: il doppietto [OIII](5006.843, 4958.911Å),
Hβ(λ = 4861.325Å), Hγ(λ = 4340.464Å), Hδ(λ = 4101.734Å). Per il fit di queste righe
strette sono state utilizzate funzioni gaussiane. I parametri lasciati liberi durante il fit
sono: il flusso, la lunghezza d’onda centrale e la velocità di dispersione della riga.
Righe larghe Le righe larghe analizzate sono: il doppietto [OIII](5006.843, 4958.911Å),
Hβ(λ = 4861.325Å), Hγ(λ = 4340.464Å), Hδ(λ = 4101.734Å). Per il fit di queste righe
larghe sono state utilizzate funzioni a “cuspide”, cioè funzioni del tipo:
 β
 A λ
per λ < λ0
λ0 −α
f (λ) ∼
 A λ
per λ > λ0
λ0
dove A è il flusso e λ0 è la lunghezza d’onda centrale della riga; ovvero funzioni che
seguono una legge di potenza con esponenti (α e β) indipendenti e piuttosto alti (compresi tra 10 e 400) in modo tale da far risultare molto ripida la parte di “salita” e
di “discesa” della funzione. I parametri lasciati liberi durante il fit sono: il flusso, la
lunghezza d’onda centrale della riga e gli esponenti α e β della funzione.
18
Interactive Data Language (http://www.ittvis.com)
La lunghezza d’onda riportata è quella in aria. I numeri romani indicano lo stato di ionizzanione
dell’emelento: I se l’atomo è neutro, II se è ionizzato una volta, III se è ionizzato due volte, e cosı̀ via...
19
18
FeII Le righe di emissione del F e+1 provengono dalla broad line region. A causa della
complessa struttura dell’ione, lo spettro del F e+1 è determinato da un gran numero di
transizioni (milioni) e formano uno “pseudocontinuo” sull’intervallo di lunghezze d’onda
che va dall’ottico all’UV [5]. Nella regione UV lo spettro è formato dalle transizioni tra
i livelli a bassa energia, vicino allo stato fondamentale, mentre nella regione ottica le
righe di emissione F eII sono dovute all’eccitazione delle particelle F e+1 causata dalle
collisioni che avvengono nelle nubi di gas della BLR di bassa densità e con temperatura di
circa 10000K. A causa di questo gran numero di righe di emissione non è possibile fittare
tutte le righe F eII con semplici funzioni come, ad esempio, le gaussiane. Viene, quindi,
utilizzato un modello che cerca di riprodurre le righe di emissione. Questo modello viene
realizzato prendendo lo spettro del F e+1 in una galassia in cui l’emissione delle righe
F eII è stretta. Per il fit delle righe F eII si convolve il modello con una Gaussiana.
Continuo Per il fit del continuo è stata utilizzata una legge di potenza:
f (λ) = A
λ
5100Å
k
(29)
dove A è il flusso alla λ di riferimento (da noi scelta a 5100Å). I parametri lasciati liberi
durante il fit sono: il flusso e l’esponente k.
Il fit viene fatto nel seguente modo: si parte dando stime iniziali ai parametri liberi
delle funzioni utilizzate nel modello per il fit, poi viene minimizzato il χ2 per trovare il
best fit. Il χ2 è dato da:
X (fλ − fmod,λ )2
i
i
(30)
χ2 =
2
∆f
λ
i
i
dove fλi è il flusso su un singolo pixel dello spettro e fmod,λi è il flusso del modello con
cui viene effettuato il fit. L’errore su ogni pixel ∆fλi è determinato a posteriori dalla
standard deviation dei residui: in pratica viene fatto il fit dello spettro senza pesare per
gli errori, vengono calcolati i residui del fit, viene fatta la standard deviation dei residui
e si assume che questa sia l’errore sul singolo pixel (∆fλ ).
Il fit viene ottimizzato utilizzando una funzione di IDL chiamata MPFIT.
Ai flussi di tutte le righe è stato imposto che fossero maggiori o uguali a zero. Se
il flusso della riga risulta uguale a zero significa che la riga o non è presente o che è,
comunque, di intensità minore o uguale a quella del rumore (quindi non viene considerata
per l’elaborazione successiva dei dati).
Un esempio di fit possiamo vederlo in figura 5. Dalla figura 5 possiamo notare che
il fit delle righe F eII non riproduce esattamente tutte le righe del suo spettro. Questa
imprecisione è dovuta al fatto che il template è solo un modello che cerca di riprodurre il
meglio possibile lo spettro dell’ione F e+1 , che risulta impreciso a causa delle moltissime
transizioni che formano il suddetto spettro che però è diverso per ogni quasar. Tuttavia
il fit delle righe larghe e strette Hβ e [OIII], righe necessarie per l’analisi dati, non
19
Figura 5: Fit dello spettro spSpec-53799-2222-194. In verde abbiamo lo spettro originale,
in blu il fit delle righe larghe e strette sommato al continuo, in rosso il fit totale. Nella
parte inferiore del grafico sono riportati i residui.
risente eccessivamente di questa imprecisione, essendo queste righe, generalmente, di
intensità molto maggiore di quelle F eII.
Dei 222 spettri analizzati in questo lavoro di tesi, ne sono stati scartati 54 per l’analisi
dati, per vari motivi: rumore troppo elevato in confronto all’intensità delle righe, righe
necessarie all’analisi dati (Hβ e [OIII]) assenti, intensità delle righe necessarie per il fit
minore dell’intensità delle righe dello spettro dell’ione F e+1 risultando cosı̀ nascoste da
quest’ultimo, come in figura 8.
20
Alcuni fit svolti sono riportati nelle figure 6, 7, 8.
Figura 6: Fit dello spettro spSpec-52430-0883-320. Si nota molto bene la distinzione tra
righe larghe e righe strette. La larghezza delle righe “larghe” è segno dell’elevata velocità
della BLR. Notiamo anche la presenza di un’altra riga dell’[OIII] (accanto all’Hγ) e
dell’HeII, non considerate nel fit.
Figura 7: Fit dello spettro spSpec-54508-2756-579. Lo spettro risulta “tagliato” a circa
5400Å. Questo perchè la lunghezza d’onda emessa dal quasar a λ0 = 5400Å a causa
0
dell’elevato redshift dell’oggetto (z ' 0.72) viene osservata a λ ' 9300Å (z = λ−λ
)
λ0
quindi fuori dall’intervallo osservato dallo spettrografo del telescopio. Tuttavia, dato
che le righe necessarie per l’analisi dati (Hβ e [OIII]) sono presenti, questo spettro è
stato considerato per il calcolo delle masse dei buchi neri.
21
Figura 8: Fit dello spettro spSpec-53119-1397-190. Da notare la forte intensità del F eII
e come il suo spettro sia diverso dal template con cui è stato fittato. Il doppietto [OIII]
è poco intenso. Si vede molto bene la legge di potenza che segue il continuo. Questo
spettro è stato scartato per l’analisi dati a causa della poca intensità del doppietto
[OIII], che si confonde con le righe di emissione F eII.
4.1
Risultati
Durante l’elaborazione dati sono stati fatti vari grafici e istogrammi in modo tale da
mostrare i risultati ottenuti relativamente alle differenti caratteristiche dei quasar analizzati. Elenchiamo, di seguito, le grandezze fisiche ottenute direttamente o indirettamente
dal fit degli spettri:
- larghezza delle righe di emissione;
- luminosità dei quasar;
- masse dei buchi neri;
- rapporto L/Ledd ;
- relazione MBH − σ per i quasar analizzati.
Per ogni istogramma è riportato il valore medio con errore (x̄ ± ∆x̄) e la deviazione
standard dalla media (std) dei corrispondenti risultati:
s
PN
PN
2
std
i=1 (xi − x̄)
i=1 xi
∆x̄ = √
std =
(31)
x̄ =
N
N −1
N
22
Larghezza delle righe di emissione La larghezza della riga stretta dell’[OIII] (λ =
5006.843Å) dei vari AGN analizzati, ottenuta dal fit degli spettri, è stata riportata in
un istogramma (figura 9). Le righe hanno una dispersione di velocità media di σ[OIII] =
(206 ± 10)km/s con std = 1.3 ∗ 102 km/s, che corrisponde ad una FWHM media di
F W HM[OIII] = (8.1 ± 0.4)Å con std = 5Å che riportata in velocità è ∆v[OIII] =
(484 ± 23)km/s con std = 3 ∗ 102 km/s, rispettando perfettamente i valori caratteristici
delle righe di emissione della NLR. Solo in alcuni casi la larghezza supera i 1000 km/s.
Figura 9: Istogramma delle larghezze delle righe di emissione strette [OIII](λ =
5006.843Å). Le larghezze ottenute rispettano i valori caratteristici delle righe provenienti dalla NLR. Il valore medio è ∆v[OIII] = (484 ± 23)km/s con deviazione standard
di 3 ∗ 102 km/s.
Inoltre è stata calcolata la FWHM della riga larga Hβ di ogni quasar, riportata in
velocità tramite la formula dell’effetto doppler:
∆vHβ
broad
=
F W HM
c
λ0
(32)
dove λ0 è la lunghezza d’onda centrale della riga. La maggior parte delle righe ha una
larghezza compresa tra 1000 e 10000 km/s, proprio come ci si aspetta per le righe
della BLR. I valori delle larghezze sono stati riportati nell’istogramma in figura 10. La
larghezza media è ∆vHβbroad = (37.3 ± 1.6)102 km/s con deviazione standard std =
2 ∗ 103 km/s.
Sono state, infine, calcolate le velocità che hanno i vari buchi neri rispetto alle velocità
delle galassie ospiti, lungo la nostra linea di vista, attraverso la differenza tra le lunghezze
d’onda delle righe di emissione Hβ larga e stretta:
vBH =
λHβbroad − λHβ
c
λHβ
23
(33)
Figura 10: Istogramma delle larghezze delle righe larghe Hβ. Le larghezze rispecchiano i
valori caratteristici delle righe di emissione della BLR. La larghezza media è ∆vHβbroad =
(37.3 ± 1.6)102 km/s con deviazione standard std = 2 ∗ 103 km/s.
Figura 11: Istogramma delle velocità dei buchi neri, rispetto alle velocità delle galassie
ospiti. La maggior parte dei buchi neri hanno velocità relative comprese tra 0 e 1000
km/s. Il valore medio delle velocità è vBH = (24 ± 54)km/s con una deviazione standard
dalla media di 7 ∗ 102 km/s. Di particolare curiosità i black holes che si allontanano da
noi, lungo la linea di vista, ad una velocità relativa superiore ai 1000 km/s. Due spettri
di questi AGN sono riportati in figura 12 e 13.
La maggior parte dei black holes hanno velocità comprese tra 0 e 1000 km/s (come si
può notare in figura 11), rispetto alle velocità delle galassie ospiti. Il valore medio delle
velocità relative è vBH = (24 ± 54)km/s con una deviazione standard dalla media di
7 ∗ 102 km/s. Le velocità positive stanno a significare che il buco nero si allontana da
24
noi lungo la linea di vista, mentre le velocità negative ne denotano il suo avvicinamento.
Figura 12: Fit dello spettro spSpec-54479-2603-443. Si vede bene la differenza tra il
valore centrale della lunghezza d’onda della componente larga e quello della componente
stretta della riga di emissione Hβ. Tale differenza è λHβbroad − λHβ = (21.4 ± 0.6)Å,
che corrisponde ad una velocità relativa (del buco nero rispetto alla galassia ospite) di
vBH = (1320 ± 40)km/s.
Figura 13: Fit dello spettro spSpec-52990-1592-139. Si vede bene la differenza tra il
valore centrale della lunghezza d’onda della componente larga e quello della componente
stretta della riga di emissione Hβ. Tale differenza è λHβbroad − λHβ = (51.3 ± 1.2)Å,
che corrisponde ad una velocità relativa (del buco nero rispetto alla galassia ospite) di
vBH = (3160 ± 80)km/s.
In figura 12 e 13 sono riportati gli spettri di due AGN i cui black holes hanno velocità
25
relativa rispettivamente di vBH = (1320 ± 40)km/s e di vBH = (3160 ± 80)km/s. Da
questi spettri si vede bene la differenza tra il valore centrale della lunghezza d’onda della
componente larga e quello della componente stretta della riga di emissione Hβ . Tale
differenza è λHβbroad − λHβ = (21.4 ± 0.6)Å per lo spettro in figura 12 e λHβbroad − λHβ =
(51.3 ± 1.2)Å per lo spettro in figura 13.
Luminosità dei quasar Le luminosità del continuo a 5100Å dei vari quasar osservati
sono riportate in istogramma in figura 14. La luminosità del continuo a 5100Å è calcolata
tramite L(5100Å) = λLλ (5100Å) dove λ = 5100Å e Lλ (5100Å) è la luminosità (a 5100Å)
per banda di lunghezza d’onda. La luminosità per banda di lunghezza d’onda è data da
Lλ (5100Å) = 4π(dl)2 f dove dl è la distanza di luminosità per un oggetto al redshift del
quasar e f è il flusso osservato a 5100Å.
Figura 14: Istogramma delle luminosità dei quasar. Le luminosità sono comprese tra
1044 − 1047 erg/s (1010 − 1013 L ), come le luminosità tipiche delle galassie di Seyfert
(L ∼ 1011 L ) e dei quasar (L > 1012 L ). Il valore medio è Log(λLλ (5100Å)/(erg/s)) =
44.91 ± 0.04 con std = 0.5, dove λLλ (5100Å) è calcolata in erg/s.
L’istogramma (figura 14) mostra che le luminosità degli AGN analizzati sono comprese tra 1044 − 1047 erg/s ovvero tra 1010 − 1013 L , con un valore medio di
Log(λLλ (5100Å)/(erg/s)) = 44.91 ± 0.04 e std = 0.5, dove λLλ (5100Å) è calcolata in
erg/s. Per confrontare tali luminosità con le luminosità tipiche dei quasar dobbiamo
calcolare la luminosità bolometrica20 data da Lbol ∼ 7λLλ (5100Å) (formula stimata
su un campione di quasar, studiati a più frequenze). Le luminosità trovate sono confrontabili con le luminosità tipiche delle galassie di Seyfert (L ∼ 1011 L ) e dei quasar
(L > 1012 L ).
20
La luminosità bolometrica è la luminosità di un astro emessa in tutto lo spettro elettromagnetico.
26
Masse dei buchi neri Per il calcolo delle masse dei buchi neri è stata utilizzata la
formula derivante dalla relazione RBLR − LAGN (vedi sezione 3.3):
(6.81±0.05)
MBH = 10
∆vHβ broad
1000km/s
2 λLλ (5100Å)
1044 erg/s
0.50
M
(34)
dove ∆vHβ broad è la larghezza della riga Hβ larga in km/s e λLλ (5100Å) è la luminosità
del continuo a 5100Å. L’errore sul fattore 106.81 è l’errore derivante dalla calibrazione
delle masse imponendo che quest’ultime soddisfino la relazione MBH − σ (vedi sezione
3.1), quindi non è stato considerato durante l’analisi dati, mentre sono stati considerati
gli errori statistici derivanti dalla misurazione (dal fit degli spettri) dei valori necessari
al calcolo della velocità e luminosità. L’istogramma delle masse cosı̀ derivate è riportato
in figura 15.
Tuttavia dovremmo effettuare una correzione delle masse dei buchi neri rispetto alla
(34). A causa dell’accrescimento sul buco nero, le nubi della BLR sono soggette ad
una pressione di radiazione, dovuta all’assorbimento dei fotoni ionizzanti provenienti
dall’AGN. Per studiare l’effetto della pressione di radiazione, sulla misura della massa
dei buchi neri, utilizziamo un semplice modello dove viene assunto che [4]:
1. ogni nuvola della BLR è otticamente spessa alla radiazione ionizzante (fotoni)
dell’AGN, ma otticamente “sottile” ai processi di scattering;
2. la sezione d’urto ottenuta durante tutti i processi di scattering che coinvolgono
elettroni sia liberi che legati è la sezione d’urto Thomson;
3. i fotoni diffusi o assorbiti dagli atomi sono riemessi isotropicamente.
Queste ipotesi sono valide se 1021 cm−2 < NH < 1024 cm−2 dove NH è la densità di
colonna delle nuvole della BLR. Tipicamente questo vincolo è rispettato.
La forza totale agente su una nuvola della BLR, lungo la direzione radiale, dovuta
alla pressione di radiazione è:
Z +∞
Lν
(1 − eτν )∆A
(35)
dν
F =
2c
4πr
0
dove Lν è la luminosità (del continuo) dell’AGN, r è la distanza della nuvola della
BLR dalla sorgente ionizzante, τν è la profondità ottica dei processi di scattering o di
assorbimento, ∆A è la superfice della nuvola esposta alla radiazione dell’AGN. Dato che
i processi di assorbimento sono significativi solo per i fotoni ionizzanti, si può scrivere,
sotto le ipotesi del modello:
Lion
F =
∆A
(36)
4πr2 c
dove il primo termine è proprio la forza di radiazione dovuta all’assorbimento dei fotoni
ionizzanti e Lion è la luminosità totale della radiazione ionizzante emessa dall’AGN.
Approssimando la massa di ogni nuvola della BLR come mBLR ∼ mp NH ∆A, prendendo
in considerazione la forza di radiazione totale e la forza di gravità agente su ogni nuvola
27
della BLR e assumendo che la BLR sia un sistema legato, è possibile ricavare una versione
modificata del teorema del viriale, ottenendo:
L
1
V 2R
+
M
(37)
MBH = f
G
LEdd, σT NH
dove f è il fattore geometrico che tiene conto della geometria della BLR, LEdd, è il valore
della luminosità di Eddington per un oggetto di una massa solare. Questa espressione
ha significato fisico purchè il sistema sia legato, cioè, finchè la forza di radiazione sulle
nuvole della BLR risulti più piccola della forza di gravità:
L < LEdd,0 σT NH
(38)
dove LEdd,0 è la classica luminosità di Eddington ovvero la luminosità massima a cui
possono essere soggetti gas completamente ionizzati. Utilizzando il valore di MBH ottenuto dall’equazione (37) per ricavare LEdd,0 , possiamo notare che per L → ∞ si ha
L/LEdd,0 che sarà sempre minore o uguale a 1. Questa è la conseguenza di aver assunto la BLR come sistema legato gravitazionalmente, assunzione che ci ha consentito di
scrivere l’equazione (37). Per quantificare la correzione data dall’effetto della pressione
di radiazione, si scrive l’equazione (37) come:
1
L
(39)
MBH = MBH,0 1 +
LEdd,0 σT NH
dove MBH,0 è la massa viriale del buco nero calcolata senza considerare l’effetto della
pressione di radiazione.
Questo semplice approccio fisico appena descritto, suggerisce che le masse viriali dei
buchi neri possono essere scritte, in funzione delle quantità osservate, come:
λLλ (5100Å)
V 2R
+g
M
(40)
MBH = f
G
1044 erg/s
dove f e g sono parametri liberi che dipendono dalle proprietà fisiche e geometriche
della BLR. In particolare il fattore g dipende fortemente dal valore assunto per NH che
determina la massa delle nuvole della BLR e di conseguenza la relativa importanza della
forza di gravità e della pressione di radiazione.
I fattori f e g vengono calibrati imponendo che le masse ottenute dalla relazione
viriale (40) siano in accordo con quelle ottenute dalla relazione MBH − σ. Una volta
calibrati i fattori f e g, otteniamo la formula per il calcolo delle masse dei buchi neri
che tiene conto dell’effetto della pressione di radiazione:
MBHrad
2 0.50
λLλ (5100Å)
∆vHβ broad
(6.40±0.20)
+
= 10
1000km/s
1044 erg/s
λLλ (5100Å)
(7.57±0.20)
+ 10
M
1044 erg/s
28
(41)
Figura 15: Istogramma delle masse dei black holes. L’istogramma colorato rappresenta le
masse calcolate tenendo conto del termine dovuto alla pressione di radiazione (relazione
(41)); il valore medio è Log(MBHrad /M ) = 8.62±0.03 con std = 0.5. L’istogramma non
colorato rappresenta le masse calcolate senza tenere conto dell’effetto della pressione di
radiazione (relazione (34)); il valore medio è Log(MBH /M ) = 8.28 ± 0.04 con std =
0.5. Il valore delle masse va da 107 a 1010 M , valore tipico delle masse dei buchi neri
supermassivi, che abitano i nuclei galattici attivi.
Anche in questo caso, essendo gli errori sui fattori 106.40 e 107.57 derivanti dalla calibrazione delle masse, non sono stati considerati durante l’analisi dati, mentre sono stati
considerati gli errori statistici derivanti dalla misurazione (dal fit degli spettri) dei valori
necessari al calcolo della velocità e luminosità.
I risultati delle masse sono riportati nell’istogramma in figura 15. Le masse calcolate
con la relazione (41) (istogramma colorato) risultano maggiori, grazie al contributo
aggiuntivo del termine dovuto alla pressione di radiazione. Il valore medio della massa dei
buchi neri, senza considerare l’effetto della pressione di radiazione, è Log(MBH /M ) =
8.28 ± 0.04 con std = 0.5, mentre quello delle masse calcolate considerando l’effetto della
pressione di radiazione è Log(MBHrad /M ) = 8.62 ± 0.03 con std = 0.5.
Rapporto L/LEdd É stato calcolato il rapporto tra la luminosità dei quasar e la
luminosità di Eddington e sono stati riportati i risultati in un istogramma (figura 16).
La luminosità bolometrica è stata calcolata con la formula L = 7λLλ (5100Å), mentre la
luminosità di Eddington è data da:
MBH erg
38
(42)
LEdd = 1.38 ∗ 10
M
s
Il valore medio di tale rapporto è Log(L/LEdd ) = −0.72 ± 0.04 con std = 0.5. La
luminosità di Eddington pone un limite alla luminosità dei quasar, per effetto della
29
pressione di radiazione. Il rapporto L/LEdd sarà quindi un valore < 1, in accordo con i
dati dell’istogramma di figura 16.
Figura 16: Rapporto tra la luminosità dei quasar e la luminosità di Eddington. Si nota
molto chiaramente il limite imposto dalla luminosità di Eddington per effetto della
pressione di radiazione (linea tratteggiata). Il valore medio è Log(L/LEdd ) = −0.72±0.04
con std = 0.5.
Relazione MBH − σ É stato realizzato un grafico (figure 17 e 18) per confrontare
l’andamento dei nostri risultati con la relazione MBH − σ.
L’emissione continua dell’AGN è cosı̀ forte che nasconde le righe di assorbimento delle
stelle nel bulge delle galassie ospiti, impedendo di determinarne la dispersione di velocità
(σ). Si assume, allora, che la velocità di dispersione delle stelle nel bulge della galassia
sia, con buona approssimazione, la stessa di quella del gas dell’AGN, determinata dalla
sigma della riga di emissione stretta [OIII] (λ = 5006.843Å). In grafico troviamo, quindi,
le masse dei black holes in funzione della velocità del gas dell’AGN (σ[OIII] ). La retta
rappresenta la relazione MBH − σ per galassie locali, ottenuta da [4]:
σ
MBH
= (8.13 ± 0.06) + (4.02 ± 0.32) log
(43)
log
M
200km/s
dove σ è la velocità di dispersione stellare. Sul grafico è stata fatta una distinzione in
base al redshift delle sorgenti: in verde troviamo i quasar con redshift ≤ 0.3, mentre in
rosso i quasar con redshift > 0.3.
Da notare che le masse dei buchi neri appartenenti a quasar ad alto redshift (il
redshift degli AGN analizzati non supera il valore di 0.8) tendono ad essere più grandi
rispetto a quelle dei buchi neri nei quasar a basso redshift. Le masse calcolate tenendo
conto dell’effetto della pressione di radiazione sono leggermente sovrastimate, rispetto
alla relazione MBH − σ, come è possibile vedere anche dall’istogramma dei residui in
30
Figura 17: Relazione MBH − σ per masse calcolate senza considerare l’effetto della pressione di radiazione. In verde sono rappresentati i quasar con redshift ≤ 0.3, mentre in
rosso quelli con redshift > 0.3. La retta rappresenta la relazione MBH − σ.
Figura 18: Relazione MBH − σ per masse calcolate tenendo conto dell’effetto della pressione di radiazione. In verde sono rappresentati i quasar con redshift ≤ 0.3, mentre in
rosso quelli con redshift > 0.3. La retta rappresenta la relazione MBH − σ.
figura 19. Il valore medio dei residui tra le masse ottenute tramite la relazione (34) e
quelle ottenute tramite la relazione (43) è Log(MBH /MBH−σ ) = 0.28 ± 0.06 con std =
0.8, mentre il valore medio dei residui tra le masse ottenute tramite la relazione (41)
e quelle ottenute tramite la relazione (43) è Log(MBHrad /MBH−σ ) = 0.58 ± 0.06 con
std = 0.8.
Si trova che a redshift più elevato le masse dei buchi neri si discostano di ∼ 0.3 (o
0.6) dex dal valore atteso da σ secondo la relazione locale.
31
Figura 19: Istogramma dei residui tra le masse ottenute tramite le relazioni (34)
(istogramma non colorato) e (41) (istogramma colorato) e quelle ottenute tramite
la relazione MBH − σ (43). Il valore medio dei suddetti residui è, rispettivamente,
Log(MBH /MBH−σ ) = 0.28 ± 0.06 con std = 0.8 e Log(MBHrad /MBH−σ ) = 0.58 ± 0.06
con std = 0.8.
Possiamo concludere, quindi, che i nostri risultati non rispettano la relazione MBH − σ
osservata nell’universo locale ed indicano che, in media, i buchi neri sono più massicci rispetto alla galassia ospite. Inoltre calcolando il valore “rms” dei residui si ottiene
std = 0.8 dex per entrambi gli istogrammi (colorato e non) che è maggiore di quello della
relazione locale (∼ 0.4 dex). Questo è dovuto al fatto di aver usato σ[OIII] (la dispersione
di velocità del gas dell’AGN) invece di σ (la dispersione di velocità delle stelle nel bulge
della galassia) e il gas che emette [OIII] potrebbe essere soggetto a onde d’urto, venti,
ecc., che ne alterano il movimento dovuto al potenziale gravitazionale.
Tuttavia i risultati ottenuti, in questo lavoro di tesi, sono in accordo con i risultati
trovati in letteratura.
32
Conclusioni
In questo lavoro di tesi ci siamo proposti di mostrare e verificare le relazioni esistenti
tra i buchi neri supermassivi e le galassie ospiti, per un campione di quasar con redshift
compreso tra 0.1 e 0.8.
Sono state ottenute le grandezze necessarie per l’elaborazione dati, dal fit degli
spettri, e sono stati riportati i risultati ottenuti.
In primo luogo è stata riportata la larghezza della riga di emissione stretta [OIII]
(λ = 5006.843Å) e della riga di emissione larga Hβ di ogni AGN analizzato. Per la riga
stretta [OIII] sono state ottenute larghezze sotto i 1000 km/s, con un valore medio
di ∆v[OIII] = (484 ± 23)km/s e std = 3 ∗ 102 km/s, che sono proprio i valori tipici
delle larghezze delle righe di emissione della NLR. Per la riga larga Hβ sono state
ottenute larghezze comprese tra 1000 e 10000 km/s, con un valore medio di ∆vHβbroad =
(37.3 ± 1.6)102 km/s e std = 2 ∗ 103 km/s, cioè i valori caratteristici delle larghezze
delle righe di emissione della BLR.
Sono state calcolate le velocità che hanno i vari buchi neri rispetto alle galassie
ospiti, ottenendo un valore medio di vBH = (24 ± 54)km/s e una deviazione standard
dalla media di 7 ∗ 102 km/s. Abbiamo però visto che alcuni oggetti hanno velocità
significativamente diverse, fino a ∼3000 km/s.
Le luminosità [λLλ (5100Å)] degli AGN ottenute hanno un valore compreso tra 1010 −
1013 L , con un valore medio di Log(λLλ (5100Å)) = 44.91 ± 0.04 e std = 0.5, che
riportate in luminosità bolometriche (Lbol ∼ 7λLλ (5100Å)) sono confrontabili con le
tipiche luminosità delle galassie di Seyfert (L ∼ 1011 L ) e dei quasar (L > 1012 L ).
Le masse dei buchi neri sono state calcolate sia considerando l’effetto della pressione
di radiazione, sia senza. Sono stati ottenuti valori compresi tra 107 e 1010 M , valori tipici
delle masse dei buchi neri, che abitano i nuclei galattici attivi. Il valore medio della massa
dei buchi neri, calcolato sia considerando l’effetto della pressione di radiazione, sia senza,
è, rispettivamente, Log(MBHrad /M ) = 8.62 ± 0.03 con std = 0.5 e Log(MBH /M ) =
8.28 ± 0.04 con std = 0.5.
É stato calcolato anche il rapporto tra le luminosità bolometriche degli AGN e la
luminosità di Eddington ottendo un valore medio di Log(L/Ledd ) = −0.72 ± 0.04 e
std = 0.5.
Infine è stata verificata la relazione MBH − σ. La relazione locale non è rispettata,
le masse dei buchi neri sono in media 0.3 − 0.6 dex più grandi rispetto a σ. Inoltre il
valore “rms” dei residui è std = 0.8 dex, maggiore di quello della relazione locale (∼ 0.4
dex). Questo è dovuto al fatto di aver usato σ[OIII] invece di σ e il gas che emette [OIII]
potrebbe essere soggetto a onde d’urto, venti, ecc., che ne alterano il movimento dovuto
al potenziale gravitazionale.
Questi risultati sono comunque in accordo con gli studi di letteratura.
33
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