I CAPPUCCINI A MONTEFIASCONE
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I CAPPUCCINI A MONTEFIASCONE
V. T E R Z O Q U A D E R N O DI S T U D I S T O R I C I RINALDO CORDOVANI I CAPPUCCINI A MONTEFIASCONE OTTAVO CENTENARIO DELLA NASCITA DI S. FRANCESCO A. m/f/'ì / ì y' ./ 1 rjv f ! M$ | /' O'I | • j / Centro di Iniziative Culturali - Montefiascone (Viterbo) 1982 / ' TERZO QUADERNO DI STUDI STORICI RINALDO CORDOVANI I CAPPUCCINI A MONTEFIASCONE OTTAVO C E N T E N A R I O DELLA NASCITA DI S. FRANCESCO Centro di Iniziative Culturali - Montefiascone (Viterbo) 19 8 2 PRESENTAZIONE Nati tre secoli dopo la morte di Francesco d'Assisi, i Cappuccini rimangono particolarmente legati nell'immagine popolare alla figura del loro santo Padre. Essi d'altronde costituiscono una delle « riforme » scaturite in seno all'Ordine Francescano per vivere più immediatamente il messaggio e l'esempio di san Francesco: « riformare » per tornare alle origini. È quindi giusto che, in inizio di questo libro dedicato ai Cappuccini di Montefiascone, prima di parlare del loro più antico insediamento nella zona, risalente al 1599, si accenni al passaggio nella città, nel 1222, di san Francesco, che vi lasciò Morico perché anche lì il suo esempio desse frutto. Non credo che gli abitanti di Montefiascone poterono più dimenticare il Poverello, e infatti nel 1656 invocarono a difesa dalla peste, insieme a quelli dei santi protettori e della Vergine, il nome di san Francesco. Notizie, queste, tra le tante che ci offre il p. Cordovani nella sua ricostruzione dell'opera dei Cappuccini nella zona di Montefiascone. Una storia locale che — dalla fine del XVI sec., con lo Stato della Chiesa, al Risorgimento, all'Unità d'Italia, alle due guerre mondiali, ai notsri giorni — riflette gli avvenimenti della storia più ampia in per5 sone, luoghi, edifici più vicini e concreti: così anche nel suo lavoro di storico il p. Rinaldo si pone nella linea di san Francesco, sempre attento ai casi particolari, a calare il messaggio ed il suo esempio nella realtà delle singole persone. Come avvenne una notte nei primi tempi francescani, quando un frate svegliò la piccola comunità gridando che moriva di fame e Francesco, dopo aver fatto apparecchiare per tutti ed aver mangiato insieme a lui affinché non si vergognasse, insegnò ai fratelli che il Signore vuole la misericordia e non il sacrificio, e che perciò ognuno doveva sostenersi a seconda dei propri bisogni, « sicut ei necesse fuerit » (Specillimi perfectionis 27). Scorrendo la narrazione del p. Rinaldo, consultando i documenti, per lo più inediti, che vanno dalle decisioni papali alle cronache del convento alle affettuose poesie dedicate dalla gente ai frati, vediamo la vita della comunità cappuccina di Montefiascone intrecciarsi nei secoli con quella della popolazione. Vediamo i Cappuccini sacrificare la loro vita nel servizio degli appestati, soprattutto nell'epidemia del 1657-58, e ci tornano alla mente le commoventi ed eroiche immagini manzoniane di fra Cristoforo che sostiene, aiuta, cura, prega. Incontriamo un Cappuccino canonizzato in questo 1982, in cui ricorre l'ottavo centenario della nascita di san Francesco, fra Crispino da Viterbo, che a Montefiascone rischiò la sua incolumità per il troppo afetto della folla, che gli strappò i vestiti per avere sue reliquie da conservare. Sicché, grazie a p. Rinaldo, vediamo come in questa zona del Lazio sia fiorita e cresciuta nei secoli la pianta seminata da Francesco d'Assisi agli inizi del Duecento. Otto secoli non sono pochi, e bastano a sommergere il ricordo di grandi personaggi. Ma non di san Francesco; le sue parole, la sua vita, le sue immagini sembrano ancora 6 quelle di un amico che ci interpella e ci chiama a scuotere le abitudini della nostra vita. Francesco è ancora vivo grazie ai tanti figli che continuano ad indossare il suo saio; ma anche perché ha saputo unire la penitenza ed il canto per la bellezza della natura, la povertà e la ricchezza di uno spirito libero, la partecipazione al dolore di Cristo — rivissuto fino alle stimmate — e la gioia di vivere predicata a tutte le creature, le esigenze profonde del Vangelo e la semplicità della gente alla quale si rivolgeva. Quella gente che ancora oggi può ricordarlo come colui che più di ogni altro cercò di vivere la parola di Cristo, come già lo videro i contemporanei: l' « alter Christus ». ALFONSO MARINI 7 Chiesa ed ex convento di S. Francesco AVVERTENZA I Cappuccini, chi sono costoro? Viterbo, 3 luglio 1528, è la data in cui il Papa Clemente VII approva giuridicamente l'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, nati per opera di tre frati dell'Ordine dei Frati Minori Osservanti: Matteo da Bascio, Lodovico e Raffaele da Fossombrone, nel 1525. Il loro desiderio era la vita eremitica. L'anno successivo all'approvazione papale di Viterbo erano già 30. Il loro numero crebbe fino al 1754, anno in cui si giunse a 32.821 cappuccini sparsi per tutto il mondo. Nel momento in cui essi costruirono il convento a Montefiascone (Viterbo), erano circa 5.953 (dato del 1587). Al 31 dicembre 1981 i cappuccini in tutto il mondo erano 11.520. A Montefiascone hanno avuto i loro conventi i francescani delle varie riforme: in S. Francesco, a Monte d'oro, nell'isola Bisentina e nei quartieri Tartarola e Zepponami. In particolare la mia ricerca si sofferma sulla riforma dei Cappuccini e sulla loro presenza nella zona. Mi son trovato davanti a materiale inedito, di provenienza archivistica. Nel mio tempo libero, come per gioco, ne ho dato una mia lettura nella prima parte, ho presentato i documenti nell'altra. Per questo mancano ampie sintesi storiche in cui i fatti locali pure si collocano. Spero di non aver fatto cosa troppo sgradita per chi s'intende di storia locale, anche questa per molta parte ancora da scriversi da chi più di me ha tempo e preparazione. 9 PRIMA PARTE CENNI STORICI 11 PARS 'WlWi V-lfre» >V«r4Uf. W ' fcwtl •II' I CjpKMjf^-T . Plgwùl r Ctmom ; •cn^'u» FRATI MINORI CONVENTUALI FRATI MINORI CAPPUCCINI CONVENTI E LUOGHI DEI FRANCESCANI NELLA TUSCIA I - IL PERIODO DELLE ORIGINI E DEGLI INSEDIAMENTI Il convento di S. Francesco La presenza francescana a Montefiascone (Viterbo), risale alle origini del movimento stesso, data la collocazione del paese sulla strada Cassia, ai confini della Toscana e dell'Umbria. S. Francesco lasciò qui nel 1222 Mòrico, per iniziare i cittadini al suo modo d'intendere e di vivere il Vangelo (*). Nel 1291 il papa Nicolò IV donò ai frati l'orto che guardava verso Viterbo ( 2 ) e già nel 1337 quei francescani erano in lite con i canonici di S. Flaviano ( 3 ). Il 27 luglio 1348 Accursio Mancia lasciò una vigna ai frati per la costruzione di un luogo più ampio, come attesta il legato firmato dal notaio Angelo di Bartolomeo ( 4 ). (1) Theuli-Coccia, La provincia romana dei frati minori, Roma 1967, p. 159-164. Il Ciatti in Annales Minorum, voi. I, fol. 36, scrive: « Anno 1222... il Padre S. (Francesco) passò per Montefiascone... dove il suo comportamento e le sue parole gli attrassero la simpatia di molti e dove, grazie alla fede degli abitanti, potè fissare un luogo per i suoi seguaci, là dove in seguito è stato costruito un convento molto piccolo per i Frati Minori ». (2) Wadding, Annales Minorum, t. V, p. 305, n. 35. (3) Archivio capitolare di Montefiascone, pergamene n. 2 e 19. (4) Theuli-Coccia, citato, p. 159. 15 La chiesa fu restaurata nel 1523 dal superiore fra Bartolomeo de Baronis, bolognese, vi aggiunse il coro, il pulpito e altre cose. Il P. Vincenzo Pinieri nel 1600 restaurò il convento adornandolo di « camere ed altre comodità ». Il 23 settembre 1653 i Priori, il popolo e il vescovo supplicarono che il convento non venisse soppresso, cosa che avvenne invece durante il periodo napoleonico, ma fu subito riaperto. La soppressione definitiva avvenne il 12 settembre 1874, quando lo stabile tornò alla comunità locale che lo trasformò nell'attuale ospedale. Attualmente la chiesa, dedicata a S. Francesco, è stata del tutto trasformata. Solo le strutture esterne rivelano il disegno antico. All'interno è stato riportato alla luce un piccolo ambiente nel quale è stata ricavata la cappella interna dell'ospedale ( 5 ). I francescani a Monte d'oro (Monte Moro) Sulla via che porta a Marta, già prima del 1523 esisteva una edicola quattrocentesca, dove il Pastura — il viterbese Antonio del Massaro — aveva dipinto l'immagine della Vergine contornata dagli angeli verso il 14201430. Il progetto del Sangallo comprendeva chiesa e convento ( 6 ); chiesa voluta dai Santesi del comune falisco (5) Zucconi, La provincia romana dei frati minori dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, Roma 1972, p. 76. L'edificio fu ufficialmente destinato ad ospedale civico con delibera n. 236, presa nel consiglio comunale di Montefiascone del 22 maggio 1875. Cf. Finauro, Profilo storico dell'ospedale di Montefiascone, Roma 1973, p. 61. (6) Cinzia Capuani, La chiesa di S. Maria di Monte Moro presso Montefiascone, Tesi di laurea. 16 Cupola della Chiesa del convento verso il 1 5 2 6 . Il comune l'affidò ai francescani P8 maggio 1 5 5 6 , quando ancora tutto o quasi era ancora da costruire, come risulta dagli atti del comune: « In nome di Dio, così sia. Questo strumento pubblico attesta a tutti che l'anno dell'incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo 1556, l'otto marzo, nell'indizione decima, essendo Papa Paolo IV... a lode ed onore di Dio onnipotente e della sua gloriosa sempre vergine madre Maria, per comodità e soddisfazione e per comodo e benefìcio ed esaltazione della città e di tutta la religione dei frati minori di S. Francesco, volgarmente detti Zoccolanti... la detta città e comunità ha dato, ceduto e concesso una certa chiesa e luogo volgarmente chiamata la Madonna di Monte Doro, situata ed esistente sulla strada pubblica che conduce da Montefiascone a Toscanella e a Marta con tutti i suoi beni mobili ed immobili, per costruirvi la chiesa e il luogo predetti... Ricevette la detta proprietà e comodi il venerabile acutissimo teologo il Maestro Berno Tiburtino, ministro della provincia Romana. Stipulato davanti alla chiesa o porta della chiesa di S. Maria di Monte d'oro » (7). I francescani lasciarono il luogo il 2 8 aprile 1 5 7 4 e furono sostituiti dai Carmelitani; la costruzione era ancora da farsi ( 8 ) . I francescani all'Isola Bisentina « In passato il nostro predecessore Eugenio IV, di cara memoria, in nome della Sede Apostolica, concesse al prete Onofrio di Suessa, la chiesa non parrocchiale di S. Giovanni nell'isola Vigentina o Bisentina nel lago di Bolsena nella diocesi di Montefiascone. Onofrio la restaurò e il Papa, su ri- (7) Riformanze, voi. 8, p. 248, traduzione dal testo latino. (8) Instrumenta, 28 aprile 1574, p. 87-88 nell'archivio comunale di Montefiascone. 17 chiesta di Onofrio, concesse che fosse assegnata ai frati minori dell'Osservanza della Provincia Romana e per sempre al loro Ordine, la chiesa, l'isola con tutti i diritti e spettanze; inoltre concesse che vi potessero costruire uno stabile con la chiesa, il campanile, la campana, case, cimitero, dormitorio, orti ed officine... Ma ora, per cause a noi note, è conveniente allontanare dall'isola i predetti frati minori Osservanti e vorremmo inviare nella chiesa e nell'isola alcuni Cappuccini. Perciò conoscendo personalmente la situazione, spontaneamente con questo atto revochiamo ed annulliamo la concessione apostolica della chiesa e dell'isola fatta ai frati minori Osservanti. Con la presente comandiamo a te di allontanare dalla chiesa e dall'isola, con prudenza, i frati minori Osservanti, incaricandone anche altri, e di sostituirli con i frati della congregazione dei Cappuccini, almeno 10, nella chiesa e nell'isola... Roma, in S. Pietro, sotto l'anello del Pescatore, 7 luglio 1599, anno ottavo del nostro pontificato » (9). Così scriveva il papa Clemente V I I al cardinale Odoardo Farnese ripercorrendo sommariamente le vicende della presenza francescana nell'isola Bisentina del lago di Bolsena. Il luogo era stato concesso da Martino V ( 1 4 1 7 1 4 3 0 ) ad un certo prete Onofrio di Suessa, eremita; poi Ranuccio Farnese lo restaurò insieme alle chiese dell'isola e chiese ad Eugenio I V che vi ponesse gli Osservanti, i quali vi rimasero fino al 1 5 9 9 , anno in cui Clemente V I I incaricò, come abbiamo visto, Odoardo Farnese di chiamarvi i Cappuccini, i quali vi rimasero fino al 1 6 3 1 ( 1 0 ) . I n nota al testo riportato dal Bullarium è scritto: « La casa in quel luogo ameno fu abbandonata dai nostri frati (9) Bullarium O.F.M.Cap., voi. II, p. 22-23, Roma 1743. La lettera di Eugenio IV è firmata in S. Pietro il 20 ottobre 1431. 10) Annali manoscritti dei Cappuccini, Archivio provinciale dei Cappuccini, Roma, voi. I, pp. 170-174. Nello stesso archivio, nella cartella Montefiascone, si conserva un curioso « Inventario delle Robbe che sono nel luogo di Montefiascone portate dall'Isola », insieme ad una Bolla di Paolo II Farnese che concesse l'indulgenza delle sette chiese di Roma nel 1539, su richiesta di Pier Luigi Farnese. 18 sia perché il dominio del Ducato di Castro fu devoluto dalla Serenissima famiglia Farnese, che provvedeva completamente al vitto dei dodici frati ivi residenti, alla S. Sede sia perché nella vicina città di Montefiascone, o Montefalcone, fu fondata un'altra casa, nella quale fu trasferita la suppellettile e la biblioteca; mentre temporaneamente il vescovo di Montefiascone amministrava sia l'isola che il monastero ». Il convento in città I Cappuccini poterono stabilirsi in città « appena fuori della porta Romana per la strada di Monte d'oro, a man sinistra poco discosto dalla Città per la devotione che anticamente ha hauta alla Religione » ( u ) . Il 5 maggio 1568 la signora Armellina (o Armallina) di Bolsena ( 1 2 ) lasciò « una casetta alli Frati Cappuccini che servisse per loro hospitio in quella terra. Ma non essendo comodo quel luogo per li detti frati se potesse la casa vendere e mettere il prezzo in un altro hospitio. Dopo alcuni anni fu detta casa venduta per ordine delli deputati della Comunità e disposto il prezzo che fu circa 60 scudi dove stanno a requisitione di detti frati. Li commissari della fabrica di S. Pietro di Roma hauendo messe le mani sopra l'altre robbe, o legati fatti da detta Donna Armellina, vollero pigliar anco la detta Casa o prezzo di essa ma hauendo inteso che staua ad istanza de frati Cappuccini l'han lasciata stare anzi i signori deputati di Roma (11) Annali manoscritti, citati, voi: I, p. 175. (12) Archivio citato, cartella Montefiascone. 19 han fatta libera gratia, a i frati di detti denari, et ordinato che non siano in modo alcuno molestati li compratori e possessori di detta Casa. Hora i detti frati huendo cominciato a fabricare un conuento in Montefìascone per il che non disegnano far altro hospitio a Bolsena vorrebbero voltar i detti 60 scudi a benefitio di detta fabrica e di questo chieggono licentia da V.S. con la autorità sua far loro questo benefitio che restaranno in perpetuo obbligo... » ( « ) . Quei 60 scudi servirono anche per la costruzione del convento di Viterbo. Ciò risulta da domanda inoltrata allo stesso Leopardo, vicario del Card. Simoncelli: « che il restante si possa trasferire alla fabbrica di essi Padri Cappuccini da farsi in Viterbo » ( 1 4 ). La biblioteca fu costituita con i fondi portati da quella del convento dell'isola Bisentina, molto scarsi ed essenziali ( 1 5 ) e da una generosa donazione del vescovo di Montefìascone Gerolamo Bentivoglio il 3 agosto 1582 ( 1 6 ). Il Comune da parte sua intervenne ripetutamente sia nella costruzione del convento che successivamente. Per la disponibilità del terreno il libro dei Depositi e Debiti ( 1 7 ) riporta: « m. Vitale Scarizi in Lib. Instrum. fo.5-7 per la compra de li beni de la Coità de la fratta, et per la vendita de la sua possne per il sito de Cappuccini f o . 5 + 7 est sup. (13) Ivi, licenza del vicario generale di Orvieto Gerolamo Leopardo del 20 febbraio 1579. (14) Archivio e cartella citati; il documento è autografo, ma senza data. (15) Stesso archivio e cartella; Inventario. (16) L'atto di donazione in pergamena si conserva nell'archivio citato di Roma. Il Bentivoglio, che consacrò anche la chiesa, è sepolto nella cattedrale di Montefìascone, entrando a destra. (17) Archivio comunale di Montefìascone, Depositi e Debiti, n. 5. 1580-1593, p. 7. 20 m. Menicangelo Scarinzi per la vende de la possne del sito de Cappuccini per il prezzo di scuti novanta, 90 al libo del Instr. fo.6. D. Caterina del q(quondam) Martio Catone per la venditne simile per il prezzo de novantacinque scuti 95. In libo de Instr. fo.6. 111. del q Nicolai Mariani, per la vendne simile per prezzo de scuti trenta 30. In libo de Inst. fo.7. D. Margarita del q. Menicanglo per la vendne simile per prezzo de scuti X I . In libo Inst. fo.8. D. Agnila Lazzari Scarlattini per la vendne simile per prezzo de scuti 26 in libo Inst. fo.8. D. Pacifica, de Agnilo Giampli per simile vendne per prezzo de scuti tredici, et baiocchi trentacinque 13-35. In libo de Inst. fo.8. ». Le vendite avvennero nei giorni 5, 8, 14 di maggio e nei giorni 11 e 17 giugno 1579 ( 1 8 ). Nella prima fu venduto un terreno « de notabili quantitate denariorum... prò situ conventus Cappuccinorum novissime fabricandum, et construendum, in territorio falisco, in vocabulo Podij Crucis, intra suos (civitatis) fines ». Il terreno era posto sulla via « che conduce a Tuscania...; il prezzo maggiore fu offerto dal signor Vitale, dopo aver acceso la candela, come è registrato a pagina 140 delle riforme: settantacinque scudi ». Così pure gli altri terreni erano posti in località Poggio della Croce — toponimo ancora esistente — sulla via che porta a Tuscania, cioè sulla Verentana. La somma realizzata fu, come si vede, di scudi 327 e 35 baiocchi. La costruzione fu benedetta il 4 febbraio 1580: « C'è da registrare che in questo giorno il Capitolo della Catte(18) Instrumenta 1579-1581, p. 5-8. 21 clrale di S. Margherita con molte persone di ambo i sessi, è andato in processione al luogo dei Cappuccini, dove è stata celebrata una messa solenne in una cappella ivi esistente. Dopo la messa il Canonico Rev. Cristoforo Fabrini (?) di Sasso Corbaro benedisse, a lode e venerazione di Dio onnipotente e di Maria sua vergine madre, al solito modo il Monastero in costruzione e non ancora finito » ( 1 9 ). Ma già il 7 maggio 1576 il vicario generale scriveva da Roma ai canonici: « . . . poiché questi venerabili, e Religiosi padri Capocini, hanno ottenuto da monsigr. Rm. nostro, autorità, de Piantar una croce, per dar disegno e principio a un lor monasterio, in cotesto territorio, pero non mancarete a questa santa impresa, accompagnandoli processionalmente, come si costuma a simili opere... » ( 2 0 ). Il 14 gennaio 1582 il P. Guardiano dei cappuccini era stato nominato fra i giudici di pace o pacieri ( 2 1 ), ma fece sapere che non poteva assumersi questo compito ( 2 2 ). La chiesa fu consacrata il primo settembre 1591 da Mons. Bentivoglio, come attesta la lapide nella chiesa stessa: « IL VESCOVO DI MONTEFIASCONE E CORNETO BENTIVOGLIO DI GUBBIO HA CONSACRATO QUESTA CHIESA IN ONORE DI SANTA FELICITA MARTIRE IL PRIMO SETTEMB R E 1591 ED HA CONCESSO 40 GIORNI DI INDULGENZA A CHI LA VISITERÀ' NELL'ANNIVERSARIO DELLA CONSACRAZIONE ». Nelle visite pastorali dell'archivio vescovile si trova la prima visita fatta dal vescovo alla chiesa nel marzo del 1583: « La chiesa del convento dei frati dell'Ordine dei cappuccini di S. Francesco è dedicata a Santa Felicita. (19) (20) (21) (22) 22 Riformanze del comune di Montefiascone, voi. 11, p. 23. Archivio capitolare, Lettere dei Superiori, voi. A, p. 29. Riformanze, voi. 11, p. 81. Ivi, p. 83-84. Chiesa e convento sono stati costruiti recentemente dalla magnifica comunità di Montefiascone e il vescovo attuale li ha ornati di alcuni mobili e soprattutto di una biblioteca con libri del valore di più di cinquecento scudi. La chiesa di cui si serve il convento, è a forma allungata con una navata sola e le pareti imbiancate; è mantenuta pulita e nitida. Vi sono due altari decenti e forniti dignitosamente dei requisiti richiesti. L'altare principale è costruito nella cappella maggiore, dove è il tabernacolo in cui si conserva l'eucarestia. Il tabernacolo di legno dorato, è molto antico, coperto da una tendina verde di seta; all'interno è tappezzato con seta verde, alla base vi è il corporale ed è chiuso con una porticina ben munita di serratura e chiave. L'eucaristia è conservata in una pisside d'argento dorato con coperchio e coperta con una tendina di seta decente. Davanti vi arde sempre una lampada. Sull'altare inoltre vi è una statua di legno ornata di immagini artistiche. La cappella principale a volta è chiusa da cancelli di legno ed è separata con un muro dal coro costruito dietro l'altare. C'è un altro altare in una cappella a volta che per la sua grandezza si estende fuori delle pareti della chiesa ed è costruita a destra di chi entra, vicino alla porta della chiesa. Vicino a questa cappella c'è un grande vaso di pietra sorretto da una colonna anche essa di pietra, per l'acqua santa » ( 2 3 ). (23) Archivio vescovile di Montefiascone, Visita Apostolica del 1583, p. 64 e ss. La piccola campana della chiesa, porta inciso il nome del fonditore: Opus Francisci Belli Viterbiensis - A. D. MDCCLXXVII; al margine superiore c'è la scritta: Iesus Nazareno (sic) rex iudeorum adva (sic) nos; al di sopra e al di sotto vi sono dei fregi; al centro quattro angeli musicanti, la Madonna col Bambino e S. Francesco col crocefisso in ovali. 23 Il testo è interessante per la descrizione degli ambienti quali erano alle origini. Il quadro di cui si parla è quasi certamente quello che attualmente è collocato sulla volta della chiesa. Ma già nel 1616 il convento minacciava di cadere in qualche parte; la cosa fu fatta presente al consiglio comunale, che stabilì che « alli padri Cappuccini gli si dia tutto quello che bisogna, et che si facci l'accatto per la città, et gli diano diece scudi dell'estraordinario » ( 2 4 ). Nel 1635 lo stesso consiglio affidò ai cappuccini la predica quaresimale nella cattedrale per sette anni « per quella quantità di anni che desiderano, cioè per sette anni » ( 2 5 ), affinché con il ricavato di questo lavoro si contribuisse a terminare la costruzione. Dai consigli comunali degli anni seguenti ( 2 6 ) veniamo a sapere che la predica quaresimale in cattedrale era stata (24) Il 26 dicembre 1616 fu proposto in consiglio che « li pp. Capni hanno fatto istanza che una parte del loro Convento minaccia mina, Però è necessario di ripararlo, et non possono farlo senza qualche elemosina, si pare fargli dare dall'Hosple quell'elemosina che parerà; a ciò detti Rdi Padri possano continuamente pregare il Signore Dio per utile di tutti, et anco la Coità dargli dei scudi dello strario — Quid agendium. — Dnus Ludovicus magginis surgens consuluit super 1° Sarei di parere che alli padri Cappuccini gli si dia tutto quello che bisogna, et che si facci l'accatto per la cita, et gli si diano il diece scudi dell'estraordinario » — Riformanze, voi. 20, p. 73. (25) Riformanze, voi. 22, p. 263 - Die 10 Aprilis 1635. Nel 1630 il vescovo Cecchinelli scrive che due anni prima circa, le pietre della chiesa rurale di S. Nicola sulla via che porta a Viterbo, fossero trasportate per costruire il muro di cinta dell'orto e del bosco dei Cappuccini. Cf. Visita apostolica del 1630, p. 312 - Archivio vescovile di Montefiascone. (26) Riformanze, voi. 23, p. 132. Il 3 maggio 1640 fu discussa la quinta proposta sui soldi « già pagati dalla Comunità » ai Cappuccini per la predica quaresimale a condizione che si « applichino alla fabrica del novo Dormitorio ». Romeo Pannonio consigliò che « ... anco il Signor Depositario si ritenghi la carità del P. Predicatore finché sia speso il denaro già sborsato nella fabbrica de PP. Cappuccini, purché al fin dell'anno, o che sijno spesi, li altri, o no si sborsi dalla Coità a persona legittima per l'effetto di detta fabbrica, e quando manchi qualche decina de scudi se ne tratti in altro Consiglio ». 24 Convento dei cappuccini - Lato Est Nella seduta consiliare del 2 dicembre successivo fu proposto « che stante che il male del Contaggio si uadi dilatando per molti luoghi et hauendo S.D.M. sin hora preseruato la nostra Città da quelle se pare ad efletto che si preserui anco per l'auenire ricorrere al suo diuino aiuto con recurrere a qualche diuotione particolare... » ( 4 1 ). Il 3 dicembre 1656 ci fu la cerimonia solenne in cattedrale con il voto formulato in cinque punti ( 4 2 ). Con simili premesse, come andarono effettivamente le cose? Il 2 luglio i Conservatori di Viterbo scrivevano al Card. Brancacci: « significandole l'accidente di Monte Fiascone con segni sospettissimi et assai maggiori e certi...»( 43 ). Il 9 luglio 1657 il medico di Montefiascone dava relazione alla Congregazione sanitaria di Viterbo, della peste in Città ( 4 4 ). Da Orvieto cotinnuavano ad essere preoccupati per il male di Montefiascone e lo fecero presente a Viterbo con lettera del 22 luglio e del 13 agosto ( 4 5 ). Verso la fine dell'aprile del 1657 a Roma la peste sembrava ormai scomparsa, tanto che fu di nuovo permesso i! libero commercio con le altre città. « Ma non si sa come, ravvolgendosi da molti in Roma le Robbe nascoste, infette, o malamente spurgate... » si verificarono in città alcuni casi di peste, subito isolati. Ma da Roma « alcune scintille... volarono irreparabilmente ad infettare Montefiascone e Viterbo... ove non conosciute subito e trascurate, eccitarono un grande incendio » ( 4 6 ). (41) Ivi, pp. 16-18. (42) Riformanze, voi. 25, pp. 18-19, è una copia dell'originale esistente nell'archivio vescovile. (43) Archivio comunale di Viterbo, Registra Litterarum, fol. 211. (44) Ivi, lettere diverse 1656-1657, let. 47. (45) Ivi, lettera 216, 233. (46) Annali manoscritti citati, voi. II, p. 575 e ss. 32 Le finestre nel 1952 La sala di studio (1952) La camerata (1952) concessa anche per altri motivi, come la costruzione del dormitorio, che nel 1641 ancora doveva essere iniziata, tanto che si minacciò di ritirare il denaro dato ( 2 7 ). L'incarico di predicare la quaresima in Cattedrale, fu rinnovato quasi ogni anno, con alcune eccezioni, come nel ] 658 in cui fu incaricato l'agostiniano P. Marsilio Conesfabile, raccomandato da Carlo Amadei « doppo poi sono di parere si conceda la predica per cinque anni alli PP. Cappuccini in modo e forma, che gli è stata conceduta gli ?nni passati » ( 2 8 ). Così ancora nel 1723 il Comune inviava una lettera al P. Alessandro da Bassano, cappuccino, perché « la fama delle singoiar Virtù della P.V. nel ministero dell'Evangelica predicazione ha dato motivo al nostro general Conseglio di nominarla con applauso comune al Pulpito di questa Cattedrale per l'anno 1725 secondo l'instanza che la P.V. ce n'ha fatto giungere... » ( 2 9 ). Nel 1670 il Governatore di Viterbo indirizzava una lettera ai Priori di Montefiascone sulla costruzione della Cattedrale e comandava di far scaricare le pietre « dove (27) Riformanze, voi. 23 p. 147. Il 6 gennaio 1641 fu di nuovo discusso di questi denari: « Havendo il Consiglio concesso a que Padri (Cappuccini) la predica di questa Cita per sei, o sette anni in circa con condizione di far un Dormitorio per utile tanto di que Padri, quanto per hor della Città, ne essendosi ne meno in quattro anni dato principio, non pare il dovere che quel denaro destinato è utile, et honore publico, debba servire per utile di alcuni particolari. Sono di parere si dia cura alli Santesi che saranno fatti alli predetti Padri, di far convertire il danaro pagato nel suo destinato, et in tanto si procuri di far entrare detto danaro in mano del Signor Depositario della Comunità. Quod dictum fuit positum ad partitam, et habuit pallas favorabiles del si n. 26 et del non n. 8 Ideo victum... Non se tralasci però dal detto Depositario et dalla Comunità stornarli, tutta volta che li Padri Cappuccini vorranno fabricare ». Quest'ultima clausola fu approvata con 20 voti favorevoli e 14 contrari. (28) Riformanze, voi. 25, p. 120, Die X 9bris 1658. (29) Lettere della Comunità 1711-1732, p. 82, Archivio comunale. 25 dal Cappuccino soprastante alla fabrica sarà ordinato » ( 3 0 ). Troviamo spesso degli interventi del Comune a favore del convento e della comunità dei Cappuccini. Nel 1817 questi chiesero al Comune il pagamento di cinque scudi all'anno « quali sono in compenso di Fieno, che ab antiquo, e quando la Comunità aveva i Prati pagava al Convento medesimo » ( 3 1 ). Il Governatore di Montefiascone concesse i cinque scudi, anche se « dalle antiche tabelle nulla apparisce ma si bene dai Bollettari si vede in ogni anno fino al tempo dell'ultima soppressione dei Conventi, che la Comunità ha pagato al Convento suddetto la somma di scudi 5, in compenso delle solite Quadrella di Fieno» ( 3 2 ). Una figura di uomo singolare ha lasciato una traccia duratura in città, come dovunque fu nel suo continuo girovagare fino alla morte avvenuta a Colonia, dove i Superiori furono costretti a mandarlo, dopo un clamoroso processo canonico. Nell'attuale monastero del Divin Amore raccolse alcune prostitute desiderose di cambiare vita. Nel 1630 il vescovo di Montefiascone, Gaspare Cecchinelli, chiamò a predicare in città, nonostante che non fosse sacerdote, il fratello cappuccino Modesto da Ruviano Castello (un borgo poco distante da Roma). Era divenuto cappuccino il 31 maggio 1630, dopo una vita poco onesta, convertito — (30) Lettere dei Superiori 1665-1670, p. 39, ivi. Il Card. Marco Antonio Barbarigo favoriva in ogni modo i Cappuccini: affidò loro la predica dell'Avvento in Cattedrale e dava loro per questo servizio 12 scudi o 12 boccali d'olio, con decreto del 17 febbraio 1703. Giunse a sospendere l'apertura di un nuovo convento di francescani a Valentano, su richiesta dei Cappuccini. Cf. Bergamaschi, Vita del Card. Marc'Antonio Barbarigo, Montefiascone 1919, voi. I, p. 85 e 89. Essi, a loro volta, si erano offerti per aiutarlo nella riforma della Diocesi. (311 Copia Lettere del 1817, n. 46, 3 settembre 1817. (32) Ivi, n. 52, 28 settembre 1817. 26 come scrive lui stesso nella sua autobiografia — davanti ad una immagine dell'Immacolata ( 3 3 ). « Oltre l'altre opere di pietà, che fr. Modesto fece, fece uscire molti di peccato, et agiutò a convertire molte meretrici, e donne di mala vita, mettendole poi in un luogo sicuro, acciò non havessero più occasione d'offendere Iddio, et a questo effetto particolarmente. Nella città di Montefiascone eresse un Monastero di Donne convertite, dove impiegò alcune migliaia di scudi, oltre alle celle, che vi fece fare da alcuni Signori Romani, come dalla Sig.a Donna Costanza Barbarini, dalla Si.a Donna Camilla Orsini Borghese, Principessa di Sulmona, dalla Si.a Maria Macchiavelli, et altre de quali non ho potuto sapere i nomi; F. Modesto li diede la Regola da lui composta con titolo delle Penitenti delle Piaghe di Giesù Cristo; nel principio, lui metteva le Monache, agiutava a dotar le bisognose, e le provvedeva di vitto, et altre cose necessarie. Una volta ve ne mandò tre assieme convertite a Roma, c perché una di esse era raccomandata dalla Signora Principessa di Sulmona le favorì della carrozza a sei cavalli per il viaggio con la provisione, buona, et honorata compagnia, ma poi due di quelle, tentate dal demonio, uscirono da Monasterio, e sola vi restò quella raccomandata dalla Sig.ra Principessa, alla quale ancora ogn'anno manda quindici scudi d'elemosina. Una certa cortiggiana famosa detta Checca Barona si convertì in Roma in quel tempo per caggione d'una mortificatione, che hebbe essendo stata frustrata publicamente, (33) Annali manoscritti, voi. I, pp. 568-605, Archivio provinciale dei Cappuccini, Roma. Di lui nello stesso archivio si conservano vari manoscritti, compresa la regola per il monastero di Montefiascone; manca invece la Rappresentazione di S. Flaviano, e di altri Santi protettori della città, che pure figurano nell'elenco dei suoi scritti. 27 quale non solo lasciò i Drudi, e si convertì dalla mala vita, ma si diede tanto di cuore alla vita spirituale, che Roma ne restò altretanto edificata, quanto n'era stata prima scandalizzata per la sua licentiosa, e dishonesta vita. Questa, havuta notitia di F. Modesto, li concepì gran divotione, e per quanto intesi da frati, e secolari, li diede alcuni centinaia di scudi per il detto monasterio di Montefiascone per fabricare, con intentione di ritirarvisi anch'ella et applicarvi tutto il suo ha vere, conforme era stata persusa da F. Modesto con promesse di far dichiarare lei per fondatrice, di poter entrare, et uscire dal monasterio a suo arbitrio, quantunque fusse stata fatta, e dichiarata la clausura. Ma poi re melius cognita, si risolse di far vita spirituale in Roma » ( 3 4 ). La casa fu aperta il 24 maggio 1630 « nel Borgo maggiore, una piccola casa presso la chiesa della Madonna della Potenza allora detta di S. Giovannino e poi di S. Chiara » ( 3 5 ). Dal libro delle defunte dell'attuale Istituto, si ha conferma che tre perseverarono, « e di queste si tace il nome (benché sappiasi) ». A queste prime cinque si aggiunsero altre tre « ed insieme su istruzioni e regole di P. Modesto si dettero alla pratica di una vera povertà, di una perpetua mortificazione interna ed esterna e d'una esattissima obbedienza » ( 3 6 ). Il Bergamaschi scrive che « quivi raccolse le cinque peccatrici postulanti, unendole però a tre piissime giovani, (34) Annali manoscritti citati, ivi. (35) Archivio della Congregagione del Divin Amore, quaderno manoscritto: «Storia dell'Istituto », p. 6. (36) Ballarono, Istituto del Divin Amore, fondato dal Cardinale Marco Antonio Barbarico, Vescovo di Montefiascone (1687-1706). Tesi di laurea, dattiloscritto, pp. 25-28. 28 che volevano pure condurre una vita raccolta nel chiostro, quali erano: Chiara ed Agnese Paglia, due sorelle di Vetralla, e Felicita di Celleno. La casa aperta si chiamò: » Il Purgatorio di S. Chiara »; e ne descrive nei particolari la vita dura e povera ( 3 7 ). Il Cecchinelli stesso nel 1630 visitò ufficialmente questo luogo. « In una certa casa aderente a questa chiesa (di S. Maria della Potenza), sono riunite alcune donne, 7 di numero, che si convertirono ad una vita più moderata e spirituale per la parola del P. Cappuccino fra Modesto da Ruviano. La lor vita è assicurata da persone pie della città e dell'ospedale, che forniscono loro una certa quantità di grano, olio, lana e legna da ardere. Cioè: sei sacchi di grano, 12 (boccali) di olio, 50 libbre di lana ogni anno e 12 salme di legna la settimana. Per le altre cose necessarie al vitto e al vestito, suppliscono con il lavoro delle loro mani e con l'elemosina che chiedono a persone pie con l'intervento, quando è necessario, del Vicario generale dell'Ili.mo Visitatore e di donne della città. Queste donne non appartengono ad un istituto particolare né vivono sotto la regola di un determinato Ordine, osservano soltanto alcune norme scritte per loro dall'Ill.mo Visitatore. Non hanno clausura e quando escono vanno sempre due a due accompagnate da donne nobili della città, precedute da una croce portata da qualche chierico. Escono raramente col permesso dell'Ili.mo Visitatore o del suo Vicario generale, per andare ogni tanto in cattedrale o ad altra chiesa per le indulgenze o per altro scopo spirituale. (37) Bergamaschi, citato, voi. II, p. 164 e ss. 29 Oltre il lavoro materiale per procurarsi in parte il cibo, praticano astinenze e mortificazioni del corpo ed altre opere spirituali. Si alzano a mezza notte per recitare il mattutino... Di queste sette donne, cinque sono così ignoranti che si è dovuto insegnar loro anche il Padre Nostro. Sono rette da una di loro, chiamata Curatrice o, meglio, Correttrice, che è vergine e abbia vissuto onestamente prima di ritirarsi in quel luogo. Hanno in comune il vitto e il vestito. Il loro confessore è il cappellano della cattedrale, il sacerdote Giovanni Battista Spallina, il quale amministra loro i sacramenti nella vicina chiesa di S. Giovanni » ( 3 8 ). (38) Archivio vescovile, Visita apostolica 1630, pp. 111-113. La chiesa di S. Giovanni è la stessa che S. Maria della Potenza, come si ricava dalla visita stessa a p. 103. Lì per queste donne fu costruito « una specie di palco » sopra l'ingresso della porta e rese oscura la chiesa. Il testo originale della visita ovviamente è in latino. 30 I I - I C A P P U C C I N I E L'ASSISTENZA NELLE EPIDEMIE La peste del 1657-1658 Una lapide nella chiesa di S. Flaviano in Montefiascone, nella parete tra la seconda e la terza cappella, segna il sepolcro di un « cadaver infectum morbo contagioso » del 1657. Il Commissario apostolico Bussi proibisce di aprirlo « sub poena vitae » ( 3 9 ). La città fu dichiarata infetta di peste con bando dell'11-7-1657 fino al 1° gennaio 1658 e fu dichiarata immune il 2 marzo 1658. Quando ci si accorse che la peste circolava nei dintorni, il Comune e la città, in occasione della predica di Avvento del 1656 in cattedrale, fece voto per esser liberata o preservata dal male, di festeggiare i diversi santi protettori: S. Flaviano, Santa Felicita e Santa Margherita, ai quali furono aggiunti S. Francesco e l'Immacolata Concezione di Maria ( 4 0 ). (39) Cf. La Voce, mensile di Montefiascone, Dicembre 1978, Novembre 1979, Dicembre 1980 in cui ho trattato più dettagliatamente l'argomento. Negli attuali lavori di scavo del pavimento della chiesa tutti i sepolcri sono stati aperti e svuotati per permettere la circolazione sotterranea dell'aria. (40) Riformanze, voi. 25, pp. 18-20. 31 Il chiostro nel 1982 I Cappuccini del luogo si offrirono subito al Commissariato Capranica per il servizio spirituale e materiale degli appestati. Il Capranica non credette opportuno servirsene. Solo il Commissario suo successore, P. Dionisio Mainardi dei Ministri degli Infermi, accettò la loro richiesta. Inizialmente la cura dei malati fu affidata ad un « Cappellano della Cattedrale » e, all'interno del lazzaretto, al Curato della Commenda di S. Giovanni Battista, colpito anche lui dalla peste. «-E poiché zelando alcuni dei principali cittadini la salute del Contado, fu a questi interdetto di entrare in Città, onde questi si stavano quasi affatto privi di ministro spirituale, i nostri frati, ottenuta facoltà dal nostro Procuratore di esercitarsi in tal ministero nella nostra chiesa, si pose pratica effettivamente con somma edificazione e frutto singolare delle povere anime ». Colpita da peste la benefattrice del convento, Maddalena Piatti, questa chiese ed ottenne di essere assistita dal P. Angelo da Borgomanero e da F. Giustino da Torino in casa del medito Girolamo Laponi il 19 agosto 1657, ove i due assistettero anche il pronipote della signora « Porzia Romani, moglie del Capitano Romeo Pannoni, Signore Principale della Città ». Nell'agosto fu colpito da peste il cappellano della cattedrale e fu tolto dal lazzaretto il Curato della Commenda; allora il Mainardi richiese l'opera dei Cappuccini. Il primo di questi fu il P. Francesco da Canino, guardiano di Farnese, che prese servizio il 26 agosto. Doveva fare un po' di tutto: « mancati i notari in Città il povero Padre... doveva servire anche da notaro... ». L'11 settembre fu preso da febbre e gli fu scoperto « un bubone nell'Anguinaglia » e il 15 settembre morì. 33 Già il 12 settembre era entrato al posto del P. Francesco, il P. Angelo da Borgomanero, il quale dopo tre giorni fu colpito da peste « e tutti i Periti » lo giudicarono incurabile. Ciò nonostante, potè assistere per quasi tutta la notte il moribondo P. Francesco, poi fu rimandato in convento, dove iniziò la quarantena il 26 settembre e guarì. Il 18 settembre passò da Bagnoregio diretto a Gallese, il P. Bernardino da Nepi, il quale, « si esibì volontariamente di correre la carriera già percorsa dai suoi confratelli ». Il 23 settembre però fu colpito da peste e due giorni dopo morì assistito, anche lui, dal P. Angelo. « In quel giorno istesso giunse da Roma un Prete, il quale fu subito applicato al servizio dei poveri infermi, e questi seguitò lino alla fine della pestilenziale influenza la quale dal giorno del P. S. Francesco prese notabile miglioramento e seguitò sempre fino ai 22 Dicembre 1657, in cui la Città si vide libera affatto, benché il commercio restasse impedito fino al 2 Marzo 1658: però in otto mesi circa che vi durò il pestifero incendio per la troppo indiscreta indulgenza dei Commissari, la Città di Montefiascone ebbe a lamentarsi mille e duecento decessi, cioè più della metà del popolo, sebbene tra questi vengano computati 200 decessi, che avvennero nel contado ». Nel lazzaretto trovarono la morte per contagio durante il servizio, il 7 ottobre il P. Giacomo da Pizzichettone, guardiano del convento locale, il 29 agosto il P. Giuseppe da Triponzio; mentre F. Paolo da Lorena riuscì a guarire. « E qui terminarono le pestilenziali calamità del nostro Convento e della Città di Montefiascone », scrivono concludendo gli Annali citati. In una nota dell'otto aprile 1657 risultano circa 37 persone addette al servizio degli appestati e pagati dal 34 Comune; è significativo che fra essi non figurano i Cappuccini ( 4 7 ). Le Riformanze del Comune notano che « cominciò a cessare la peste come è a tutti noto » il giorno di S. Francesco del 1657 ( 4 8 ) e si ribadiscono i voti fatti. Ma lo stesso Consiglio il 21 ottobre 1659 chiedeva al Vescovo « acciò si degni assoluerci da tutti i voti fatti a nome publico tanto auanti il Contaggio quanto da quelli fatti mentre duraua essendosi persi li libri doue si notouano le Resolutioni in quei tempi Calamitosi » ( 4 9 ). L'epidemia del 1761 Nell'estate del 1761 ci fu una grande influenza epidemica a Marta e a Capodimonte e i Cappuccini di Montefiascone accorsero somministrando agli infermi « non solo gli aiuti spirituali, ma ancora aiutandoli in quanto al corpo. Tale e tanta fu la desolazione di qué miseri, che i suddetti religiosi erano costretti a seppellire i morti per non lasciarli fradiciare nelle loro case... » ( 5 0 ). Per questo motivo nelle due cittadine rivierasche del lago di Bolsena furono sospese anche le sedute consiliari. A Capodimonte dal 16 maggio al 22 novembre e a Marta dal 21 maggio al 1° novembre. (47) Archivio comunale; fogli staccati forse facenti parte del libro dei pagamenti. (48) Riformanze, voi. 25, p. 112. (49) Ivi, stessa delibera; cosa per altro, come si vede, non vera. (50) Annali manoscritti citati, voi. V, p. 133. 35 Il colera del 1837 Nella seduta consiliare dell'8 settembre 1837 il consiglio comunale di Motefinascone fa presente che a Marta si era sviluppato il colera asiatico ( 5 1 ). Il Priore municipale di Marta nella « tornata consiliare » del 19 ottobre 1837, attestava l'opera dei Cappuccini a favore dei colpiti dal male, con questa lettera: « Il dì 8 settembre 1837... questo nostro Comune fu colpito dal Morbo Asiatico il Cholera Morbus, il quale nel decorso di un mese circa condusse alla tomba un centinaio circa di persone... Il Sig. Prevosto, perché attesa la sua decrepita età di anni 88, non poteva da per sé stesso soddisfare all'ufficio di Parroco, per non mancare al suo dovere fece venire alcuni religiosi Cappuccini, onde lo rappresentassero, e coadiuvassero gli altri Sacerdoti, che si adoperavano a prò' degli infetti dal morbo » (52). Nel 1855 il Consiglio di Montefiascone nella seduta del 21 agosto stabilì di far « trasferire ad altra epoca la festa che i PP. Cappuccini fanno il 6, 7, 8 settembre » per timore del colera che di nuovo si era manifestato a Marta e a Capodimonte ( 5 3 ). Fra i Cappuccini che accorsero ancora in queste due cittadine, c'era anche fra Felice da Montefiascone (Zampetta Giuseppe, 1814-1877), il quale scrisse anche un « Breve cenno sul Morbo Cholera-Asiatico e pratica istru- (51) Atti consiliari 1837, fol. 36. (52) Libro delle Memorie della Chiesa - Marta. Oltre i religiosi nominati nella lettera del Priore di Marta, riportata appresso, sia in Marta che in Capodimonte, servirono gli infermi P. Innocenzo da Bagnaia, il quale operò soprattutto a Capodimonte; il P. Felice da Cittaducale, il P. Pio da Lisciano, P. Massimo da Massa Carrara, Fra Crescenziano da Bagnaia. (53) Annali manoscritti citati, voi. VII, p. 417. 36 zrone sul modo di curare e di assistere gli infermi », che uscì in seconda edizione a Viterbo nel 1 8 6 6 , frutto della sua esperienza « nel 1 8 3 7 in Roma, e nell'anno 1 8 5 5 in Marta nel mese di Agosto, nel Settembre in Capodimonte, nel Novembre e Dicembre nel Lazzaretto di Viterbo ». È una « Istruzione Popolare, affinché in occasione di una influenza colerica... quei disgraziati a cui mancasse l'assistenza del Medico, abbiano una guida per regolarsi ». Vuole anche correggere una idea sbagliata della malattia: « poiché nel nostro Paese talmente questa prevaleva che io rammento tuttora col cuore afflitto molti poveri colerosi quasi del tutto abbandonati in mezzo ai più crudeli tormenti che caratterizzano questa terribile malattia », morivano; così scrive nella Prefazione. I l Priore di Marta così parla dell'opera dei Cappuccini: « Questo pub.co Consiglio nella tornata del 10 passato 8bre ad unanimità di sentimento, a preferenza di altri Soggetti degni che pur vi concorsero, elesse a Predicatore in questa Insigne Colleggiata per la pros. futura quaresima il P. Massimo dal Giglio figlio attuale del Convento di Montefiascone. È qui mio istituto pregare la Paternità Vos. voler partecipare una tal nomina a questo degno Religioso riunendo nella presente la compiacenza del doppio scopo non solo per mia parte, ma ancora per quella del Rev.do Clero, Magistratura, Consiglio ed intero Paese. Il Paese di Marta non ha fatto ancora nulla che possa dimostrare un sentimento di riconoscenza inverso i Ren.di PP. Cappuccini di Montefiascone, ed Eglino invece hanno fatto tanto per questo Paese da destare la più alta ammirazione meravigliosa. Era lo scorso anno 1875 quando questi abitanti di Marta fatti segno di micidiale flagello si trovavano abbandonati nel soccorso il più necessario... in quello del sollievo spirituale!! Ma la Divina Provvidenza non lasciava delusa la fiducia di un popolo che anche altre volte, cioè nell'anno 1837 ebbe a risentire in egual tristezza il Morbo Cholera, eguali conforti che da Generosi Individui gli venivano somministrati da tanta Carità Evangelica che può dirsi pari, a quella dei Martiri, i quali 37 volenterosi ed ansanti concorrono al massacro delle loro vite per la fede di Cristo. Così nella nuova luttuosa circostanza con alacrità senza pari, ripiena di Santo Zelo vedemmo giungere nuovamente in questo nostro Paese i Cappuccini di Montefiascone per versare un balsamo salutare sui spiriti e sui corpi infermi. Non istarò qui ad enumerare le qualità dei generosi concorrenti ed i nomi di tutti loro; non potrei sicuramente del più attivo P. Costanzo da Viterbo, del P. Modesto da Bagnaia tutto buona volontà abbenché affetto da gotta, del caritatevolissimo infermiere fra Felice da Montefiascone e d'altri che meritano eguali elogi. Con la nomina pertanto del Predicatore che questo Comune partecipa ad un Religioso Cappuccino, io protesto altamente che non s'intende punto diminuita la somma ingente delle obbligazioni che questo mio Paese professa a tanta degna Religione, ma almeno ne sarà caduta la circostanza per dimostrarle la sincerità di cuore che esiste in noi incancellabile un sentimento di memoria riconoscente colla quale a nome del Municipio e Consiglio io in particolare fruisco dell'alto onore di protestarmi per sempre della Paternità Vos. Re.da — Marta 10 Novembre 1856 — Umil.mo Obl.mo Servo Pietro Aporto Priore Municipale » (54). Già il 20 ottobre dell'anno precedente il Priore di Capodimonte aveva scritto: « Rev.mo Padre Prov. Lo zelo indefesso con cui di giorno e di notte senza risparmiar fatighe senza timor di pericolo da prodi Ministri del Vangelo si sono diportati gli ottimi suoi Religiosi del prossimo Convento di Montefiascone nell'afflitto Paese di Capodimonte quando più vi infieriva il Morbo-Cholera. Merita per giustizia, e per gratitudine si renda a tutti palese, e specialmente alla P.V. Rev.ma, a di cui ridonda, come al capo la generosità delle membra, come nel Padre le virtuose azioni dei figli, per la gloria di Dio, e dell'inclita nostra Religione, (54) Archivio provinciale di Roma, cartella montefiascone. Cf. nell'archivio comunale di Marta B. Seconda Epoca - Categoria dall'anno 1816 al 1870 - Fascic. Consigli comunali dal 20 luglio 1850 al 1864. 38 che sola inspira ne' cuori di chi veramente la professa, quell'eroica carità, di esporre la propria temporale, alla spirituale salvezza de' suoi Confratelli. La micidiale influenza fu tale che nel breve periodo di soli giorni 25 decimò questa misera popolazione. I Sacerdoti del Paese ad onta che tutti lodevolmente si prestassero nel caritatevole officio di indir Confessioni, assistere infermi, amministrargli i S.mi Sagramenti, nei terribili momenti però della desolazione, e del pianto, non erano sufficienti sopperire agli urgenti bisogni di tutti, alleviar l'afflizione di ciascuno. Chiamati appena in sussidio i suoi R.R.P.P. con quella carità, che è il distintivo dei veri seguaci del Redentore, accorsero volenterosi dalla solitudine del Chiostro, all'attivo esercizio dell'Apostolico Ministero, si fecero tutti a tutti, per guadagnar tutti a Dio. Si adoperarono i Laici all'assistenza corporale degl'infermi, i Sacerdoti alla cura spirituale delle anime, senza perder di vista i temporali bisogni, e l'afflizione di sconsolati superstiti; e nella generale costernazione, l'unico conforto si fu, che di tanti infelici colpiti dal Morbo, neppur uno perisse senza essere munito dei SS.mi Sagramenti, e della necessaria assistenza nelle dolorose agonie della morte. Per lo che questa popolazione oltremodo sensibile, non può a meno di contestare alla P.V.M.R. la sua universale sodisfazione, per un tanto benefìcio, di cui per lungo tempo sempre grata ne serberà la memoria e tributamele in pari tempo col dovuto rispetto, venerazione, ed ossequi. D.V.P.M.R. Capodimonte lì 20 ottobre 1885 — Dev.mo Obb.mo Servitore il f.f. di Priore D. Ippolito Manini » (55). Timori per il colera del 1884 - Lazzaretto del 1916 Nel 1884 in vista di una possibile epidemia anche a Montefiascone, il Sindaco Secondiamo Mauri così si rivol(55) Archivio comunale di Capodimonte, Busta: Atti e corrispondenze varie - Anno 1885, lettera n. 116/14/. Lo stesso Manini nella lettera n. 154 scriveva al Delegato Apostolico che la popolazione era stata « per lo meno decimata ». Nello stesso archivio esiste una lista incompleta dei morti e si fa il numero di 161 persone. 39 geva al P. Guardiano dei Cappuccini con lettera del 3 settembre: « Abbenché questa Giunta Municipale siasi valsa di pubblici avvisi, pure non l'è stato possibile rinvenire persone di buona volontà, che a pagamento siansi offerti per la causa di malati epidemici. In un possibile frangente di disgraziati casi del morbo, ohe serpeggia nella nostra penisola e che sempre speriamo lontano da queste contrade, alla Giunta stessa non rimane che fare appello alla pietosa Istituzione Religiosa, che la Reverenda S.V. presiede in questa Città. È perciò a lei che mi rivolgo, e nutro fiducia che l'opera dei suoi confratelli con zelo caritatevole ci verrà in aiuto per l'assistenza dei malati, quando per luttuosa circostanza addivenisse necessaria. Nella lusinga che questa mia preghiera ottenga un felice risultato passo a riverirla con la dovuta stima e rispetto. Il Sindaco Secondiano Mauri » (56). L'ultimo intervento dei Cappuccini di Montefiascone in occasione di epidemie, sembra essere quello del 1916. Il Sindaco Bizzarri con lettera del 13 marzo indirizzata al P. Guardiano, autorizzò « l'occupazione temporanea del Convento dei Cappuccini e precisamente di tutto il braccio del Convento stesso che guarda la Città indispensabile per creare il Lazzaretto » ( 5 7 ). Si era verificato infatti in città qualche caso di meningite cerebro-spinale, come la definiscono i documenti. 11 Comune fece stabilire in convento prima 12 persone, poi 16 dal 14 dicembre 1816 al 31 dicembre 1917 ( 5 8 ). I religiosi chiesero che fossero isolati gli ambienti dei ticoverati, cosa che fu fatta un po' a malincuore con piena (56) Archivio del convento. Notare che si era in fase di soppressione del convento. (57) Ivi, lettera originale. (58) Archivio provinciale di Roma, Cartella Montefiascone. 40 Il Coro soddisfazione dei religiosi « ad eccezione di uno che partì per Orvieto » ( 5 9 ). Anche il Provinciale da Roma scriveva: « che se si tratta di una cosa temporanea, si faccia rilasciare un documento ufficiale in cui si dichiari che il Comune occupa ed i superiori e i proprietari cedono precariamente una parte del Convento ad uso lazzaretto e che intanto il Municipio metterà ogni premura per l'acquisto o fabbrica di un locale adatto, secondo le esigenze igieniche ad accogliere i malati di morbi infettivi o contagiosi, conforme all'ordine della Prefettura di Roma ad ogni Municipio » ( 6 0 ). A Montefiascone passò più volte e si fermò Crispino da Viterbo (Fioretti Pietro, 1668-1750) dichiarato santo nel 1982. Una volta, ormai famoso per la sua santità, fu salvato dall'entusiasmo popolare da due canonici della cattedrale che lo portarono in convento, ma ormai gli avevano strappato di dosso quasi completamente il vestito per conservarne i pezzi come reliquie. Grazie a queste, su suggerimento del chirurgo Silverio Breccia, furono guarite da grave malattia le signore Modesta Perugini e Teresa Bartolocci. Di lui esistono pure due lettere autografe nell'archivio del monastero del Divin Amore. (59) Ivi, lettera al P. Luigi da Grotte di Castro. (60) Ivi, lettera del 3 marzo 1916. Nell'archivio del convento esiste la « Nota degli oggetti esistenti al lazzaretto come da verifica eseguita il 23 Agosto 1920 ». Nel 1926 tali oggetti vennero richiesti dal Comune con lettera presente nello stesso archivio, nella quale è una nota scritta dal superiore del tempo: « Risposi ai primi di Settembre che tutti gli oggetti non si trovano più ». 41 I l i - DALLA S O P P R E S S I O N E AI N O S T R I GIORNI Il 20 aprile 1860, cinque mesi prima che Montefiascone, nel Patrimonio di S. Pietro, fosse invaso provvisoriamente dai volontari guidati dal Masi ( 6 1 ), i Cappuccini iniziarono, con considerevole contributo del Comune, la costruzione di una nuova ala della loro casa, compiuta nel 1869, alla vigilia della presa di Porta Pia. Il circondario del lago di Bolsena era disseminato di varie stazioni, nelle quali i Cappuccini sostavano nel loro girovagare a servizio dei vari paesi e contrade, che ci tenevano molto ad averli fra loro ( 6 2 ). Tutto il loro lavoro venne così a trovarsi davanti a problemi difficili, posti dal fatto risorgimentale, che assor- (61) Montefiascone era presidiato dal comandante pontificio Du Nord con 110 bersaglieri e due ufficiali, 73 gendarmi, 15 sedentari con un ufficiale, tre finanzieri ed un ufficiale. Assediati dal Masi nella Rocca, si aprirono un varco con la baionetta e ripararono verso Marta-Tuscania. Dei pontifici morirono 27 bersaglieri, un ufficiale, 33 gendarmi, 7 sedentari, un ufficiale e due finanzieri: era il 18 settembre 1860. Il 20 ottobre i pontifici ritornarono a Montefiascone e trovarono lo stemma pontificio già rimesso al suo posto « tra le dimostrazioni festose di quei cittadini ». Cf. La civiltà cattolica 1860 p. 119, 355, 525; e i miei articoli su l'argomento in La Voce 1977, giugno e in Biblioteca e Società del 31 luglio 1980, p. 40. (62) Cf. La testimonianza significativa della famiglia Cordelli di Grotte di Castro nell'archivio provinciale di Roma, cartella Montefiascone, nel 1723. I luoghi più a lungo frequentati dai cappuccini sono: Giglio e Zepponami, Commenda, Ranucci (Casali), Fastello, S. Lorenzo Nuovo (dove pure ebbero per breve tempo un convento, Ischia di Castro... 42 biva lo Stato Pontificio e dal nuovo Regno d'Italia, che estendeva le leggi del piccolo stato piemontese a tutta la Penisola. C'era fra l'altro la legge Siccardi e la liquidazione dell'asse ecclesiastico, voluta specie da Rattazzi: questo significava indemaniazione di tutti i beni ecclesiastici, eccettuate le parrocchie. Soltanto D'Ondes Reggio propose alla Camera che questi beni fossero destinati ai poveri. La vendita all'asta di questi possedimenti (case e terreni dei conventi e dei monasteri, società religiose ed enti morali) ebbe il risultato di accentrare nelle mani di pochi la proprietà e di impoverire chi già era povero, specie nel centro e nel sud, senza pur riuscire a sanare il bilancio. Il 20 settembre 1870 entrò « nella città santa, la feccia di tutta Italia e delle altre nazioni, che seco portavano la confusione, l'errore, il delitto, il disordine ed ogni sorta di nefandezze » ( 6 3 ). « Istallatosi il governo rivoluzionario in Roma, spogliò subito la Chiesa di tutti i suoi beni immobili, vendendoli a Società estere, ed anche a persone particolari dei rispettivi paesi. Molte chiese e conventi, specialmente in Roma, convertì ad uso profano. Discacciò tutti i religiosi dai loro conventi, ai quali assegnò ai Sacerdoti 65 centesimi al giorno, e ai laici di qualunque età, atti al lavoro 6 soli centesimi al giorno!!! Il simile fecero alle monache » ( 6 4 ). Lo sgombero dei locali doveva avvenire normalmente, per legge, entro 15 giorni, ma rimaneva l'obbligo delle (63) Cronaca manoscritta del convento, arch. locale, p. 23; il testo integrale è stato pubblicato da me in Biblioteca e Società, gennaio 1980, p. 32. (64) Ivi, p. 23. 43 varie tasse e dei dazi. A Montefiascone il 29 ottobre 1873 il Sindaco Pieri-Buti comandò ai Conventuali di lasciare il convento di S. Francesco entro 4 ore, portate poi a 24 e quindi a 5 giorni per intervento del Prefetto di Viterbo. I frati, il 2 novembre, portando con sé « quel che avevano nella propria stanza » furono ospitati vicino alla chiesa di S. Andrea da Mons. Valeri ( 6 5 ). I Cappuccini rimasero nel loro convento e si rifiutarono di pagare dazi e tasse, perché impossibilitati dalla esiguità delle loro entrate. Allora gli esattori Pietro Toscano, e Alessandro Iacoponi fecero sequestrare (era il primo settembre 1873) quanto si trovava in convento, « quantunque fosse già stato inventariato dal Demanio » ( 6 6 ), rifiutando di fare un inventario e di lasciare una ricevuta. « Ad un tale fatto tutta la città prese parte alla nostra afflizione, e ci soccorse con abbondanti elemosine, in denari, in cera, e comenstibili... I due autori del Sacrilego attentato » si ridussero, nell'arco di cinque anni in miseria tale che uno scomparve e l'altro (il Iacoponi) fu costretto a vivere di elemosina. « Il luogo che più frequentava, era il Convento dei Cappuccini, che ora in occulto ed ora in palese, lo alimentarono per molto tempo insieme ai figli, spesso anche la moglie ». II cronista afferma che l'indignazione popolare per il sequestro fu tale che nessuno volle prestare carri od animali per il trasporto, che fu eseguito a spalle di notte. Anzi « le ingiurie, le maledizioni che scagliarono addosso ai (65) Ivi, p. 22. Nella stessa cronaca conventuale a p. 21 si nota che nell'estate del 1873 venne a far visita al Vescovo Carli, David Lazzaretti, proclamatosi seconda incarnazione di Cristo e che sull'Armata aveva creato varie organizzazioni di suoi seguaci. « Pranzò nel nostro Refettorio, ma dopo la Comunità; e chi scrive lo ha visto e ci ha parlato ». (66) Cronaca del convento, p. 23. 44 due... furono senza numero, di modo che svergognati, umiliati e derisi da per tutto, non avevano più coraggio di comparire in pubblico» ( 5 7 ). In seguito a questi fatti, sette religiosi furono costretti a ritirarsi in una casetta in pessimo stato (detta « delle Buonomi ») vicino alla chiesa di S. Carlo con una pigione annua di 200 lire; ne spesero 520 per renderla abitabile; tre rimasero in convento: due come custodi della chiesa ed uno come invalido; l'altro fu mandato dal vescovo come confessore delle suore ad Iscria di Castro. Tutto lo stabile e il terreno del convento avrebbe dovuto esser destinato a cimitero, non lo fu per la resistenza e « le minacce de' contadini che si presentarono in massa » al sindaco Sciuga ( 6 8 ), tanto più che l'unica fonte della contrada ne sarebbe stata inquinata. Tutte le croci che si trovavano nei dintorni della città furono atterrate, quella del convento fu spezzata di notte. Il terreno fu quindi messo all'asta con base 200 lire annue di affitto da pagarsi al Comune. Un gruppo di otto persone (i due fratelli Pieri-Buti, Battiloro, Vaggi, Menghini, e il loro rappresentante Manzi), offrirono cinque lire in più dei frati che si erano presentati con il loro nome civile, i quali si fermarono a 500 lire, e rimase aggiudicato agli otto per sei anni: era il 4 luglio 1876. Lo stabile invece, offerto dal Demanio al Comune fin dal 1874, fu destinato a biblioteca pubblica e riacquistato dai Cappuccini stessi il 29 novembre 1877, per il canone annuo di 200 lire. I frati si assunsero gratuitamente l'ufficio di bibliotecari (in (67) Cronaca del convento, p. 24. (68) Ivi, p. 25. 45 due), favoriti in tutto dal Sindaco Sciuga e dagli Assessori Antonelli, Tassoni, Iacobini, Franceschini e Mimmi. La biblioteca era stata costituita con i fondi portati dall'isola Bisentina ( 6 9 ) e da una generosa donazione del vescovo di Montefiascone Bentivoglio ( 7 0 ). Continuamente curata ed aggiornata, poiché i frati singoli non potevano possedere libri in proprio, quando il 7 luglio 1873 il commissario governativo fece l'inventario dei volumi, ne contò 1640, ma afferma che avrebbero dovuto esserci circa 2000 poiché osservò « segni patentissimi di operate sottrazioni » ( 7 1 ). Vi furono trasportati libri dei vari istituti religiosi soppressi: quali quelli dei Cappuccini di Ronciglione, dei Conventuali di Montefiascone, ed anche il Municipio acquistò quattro opere nuove per la libreria, cioè: « il grande Dizionario del Tommaseo voli. 4, un'opera zoologica, una legale, e la storia dei popoli italiani del Cantù ». Anche il terreno circostante il fabbricato fu ricomprato, con mossa abile, dai Cappuccini il 4 giugno 1878. I proprietari, che lo avevano comprato due anni prima, erano caduti in miseria e non potevano più pagare l'affitto, e il terreno, coltivato male e trascurato, non rendeva nemmeno per il loro sostentamento. Furono quindi ben lieti di rivenderlo ai primitivi proprietari ( 7 2 ). In tutta la vicenda ebbe un ruolo determinante il Decano D. Pietro Federici « cui il Sindaco Sciuga della Città, si guarda bene di urtare ». (69) Archivio provinciale di Roma, Cartella Montefiascone. (70) Cf. nota 15. (71) Archivio del convento, relazione del Commissario. (72) Annali manoscritti citati, voi. V i l i , p. 308-309, strumento nello stesso archivio di Roma e stessa cartella. 46 Così i Cappuccini ebbero l'affitto dello stabile per nove anni e del terreno per tre anni, tutto col compenso di 100 lire di canone, che in realtà non veniva pagato perché soddisfatto col servizio alla biblioteca. Ma la vicenda non finì qui, perché nel 1892 il convento fu di nuovo messo all'asta dal Comune. I Cappuccini si ritirarono nel luogo-parrocchia del Giglio in Zepponami che avevano cominciato a costruire nel 1873. Il 27-3-1892 fu fatto il primo esperimento di vendita, senza che i Cappuccini si presentassero, ma fecero in modo che l'asta andasse deserta. Il prezzo base era fissato dal Comune a 12.000 lire, troppo alto per i frati. Lo stabile, del resto era ridotto ad « uno sfasciume come una capanna e perciò sarebbe stato un buttar via denari senza risultato » ( 7 3 ). Nonostante questo però alcuni religiosi, su pressioni del popolo e del vescovo, erano favorevoli a ricomprarlo. Il vescovo Mons. Luciani, scriveva al Superiore di Roma: « Qua, non solo ai suoi religiosi, ma a quasi tutta questa popolazione ha recato grandissimo disturbo il fatto, per cui si è aumentata la somma da pagarsi per ricomprare il convento dei Cappuccini. Assai peggio tuttavia sarebbe se venisse per conseguenza se i Cappuccini dovessero andar via da Montefiascone » ( 7 4 ). E prometteva aiuti in denaro da parte del clero e del popolo. Nell'asta del 19 aprile, il Santini lo ebbe assegnato per 15.000 lire, ma il 18 luglio lo retrocesse ai Cappuccini (73) Archivio di Roma, citato, cartella Montefiascone, lettera al Provinciale. Nella stima comunale del 1889 vengono descritti i singoli ambienti: la frase che più spesso ritorna è questa: « in pessimo stato ». La stima è nell'archivio comunale, dove è anche una cartella a parte su tutta la vicenda. (74) Archivio di Roma e cartella citati, lettera del 22-4-1892. 47 per intervento di Mons. Federici ( 7 5 ), dietro versamento di 14.500 lire ( 7 6 ). Così si potè pensare a dare al luogo un nuovo significato. Nel 1895 vi furono portati da Segni gli studenti cappuccini; nel 1902 per lo studio della filosofia, nel 1909 per gli studi precedenti il noviziato, nel 1915 per i corsi di teologia. Prima nel 1925 e poi ancora nel 1932 vi fu aperto il seminario, chiuso nel 19 7 6 ( 7 7 ). Il 13 marzo 1916 il sindaco Bizzarri autorizzò « l'occupazione temporanea della parte del convento dei Cappuccini e precisamente di tutto il braccio del Convento stesso che guarda la città indispensabile per creare il Lazzaretto », come già abbiamo ricordato. Nel triennio 1905-1908 fu coperta la sepoltura dei frati in chiesa nell'attuale cappella dell'Addolorata, la prima a sinistra, e rifatto il pavimento; sull'altare vi era il crocefisso portato nelle missioni dal P. Innocenzo da Bagnaia, sostituito da altro nel 1959. La tela con l'immagine della Vergine addolorata fu donata nel 1933 dalle sorelle Angelina ed Emira Pieri. Nel 1900 fu portata in convento l'acqua del Cimino e nel 1927 si ebbe la luce elettrica. (75) Annali manoscritti citati, voi. V i l i , pp. 437438. Lo strumento giuridico è conservato in copia autentica nell'archivio di Roma. L'originale è nell'archivio comunale di Montefiascone. La somma fu il risultato di offerte popolari, di 10.000 lire dalle Benedettine con l'interesse del 4 e mezzo per cento, 4.000 lire dal conte Salimei con l'interesse del 4 per cento. (76) Nell'archivio comunale di Montefiascone esiste la documentazione completa degli avvisi d'asta e dei contratti; in tutto 23 documenti originali. (77) Cronaca del convento, p. 45. Annali manoscritti citati, voi. X, p. 307. Cronaca del Seminario dei PP. Cappuccini, archivio del convento. Da un elenco esistente nell'archivio del convento, si ricava che dal 1925 al 1974 sono passati in questo seminario 207 ragazzi aspiranti alla vita religiosa; di questi sono divenuti sacerdoti 50. 48 Un cenno a parte merita l'opera dei Cappuccini nella zona di Zepponami verso la stazione ferroviaria, dove già avevano un piccolo luogo. Vi costruirono una nuova chiesa consacrata in onore della Madonna del Giglio e di S. Felice da Cantalìce l'8 maggio 1873. Della loro presenza e creatività rimane una testimonianza minuziosa nella cronaca del convento, negli annali manoscritti della Provincia romana, nei vari libri manoscritti presenti in convento e nell'archivio parrocchiale ( 7 8 ). L'ideatore e l'animatore di tutta l'opera fu P. Santi da Viterbo, che ebbe la collaborazione entusiasta dei contadini locali. Ora la chiesa da essi costruita è parrocchia, poiché il vescovo Rosi nel 1911 la eresse a parrocchia, sostituendo i Cappuccini con un sacerdote diocesano. La seconda guerra mondiale, la resistenza e la ricostruzione hanno lasciato una lieve traccia nella cronaca del convento. Significativo a questo proposito che il superiore provinciale potè annotare di suo pugno a p. 15 il 9 luglio 1947: « da vari anni si consuma molta carta di questo libro e poco si registra. La cronaca è ridotta al chi va e chi viene e basta... ». Il 26 maggio 1944 alle ore 7,10, mentre tutti i religiosi ed i seminaristi erano in chiesa, alcuni aerei angloamericani sganciarono tre bombe che caddero nell'orto del convento ad una quarantina di metri dalla fabbrica; ci furono danni alle volte e ai vetri, ma nessun ferito. La conseguenza logica fu di inviare in famiglia quasi tutti i ra- (78) Cf. La Voce, mensile di Montefiascone, 1977, dove il Prof. Brigliozzi ne ha pubblicato la storia a puntate. Il convento fu venduto al Sig. David Bartoli con l'obbligo di costruire la stalla del convento delle Mosse e ripararne il muro di cinta. 49 gazzi e chiudere il seminario. Ma siccome le incursioni aeree continuavano, con mitragliamenti per le strade e nell'abitato, non si trovò rifugio più sicuro che la cantina dei Cappuccini, nella quale famiglie intere fissarono la loro dimora temporanea ( 7 9 ). Il passaggio del fronte interessò il convento sia per i tedeschi che per gli anglo-americani. Due tedeschi, il 9 giugno 1944 « dopo aver mangiato e bevuto abbondantemente », chiesero da mangiare per altri 14 soldati e, rivoltella in pugno, ottennero « una pagnotta di pane e un bel pezzo di lardo, e così ci si è liberati ». L'11 dello stesso mese un piccolo reparto americano, chiese di alloggiare in convento: « dopo quattro giorni di permanenza, durante i quali i soldati e ufficiali si sono comportati sempre cavallerescamente, hanno lasciato il convento, lasciando una abbondante elemosina in denaro e in generi » ( 8 0 ). Il popolo delle contrade Mosse e Tartarola nella cui zona è situato il convento, volle tre giorni di preghiere al santo protettore del convento, S. Antonio da Padova, che li aveva scampati dai pericoli della guerra e in segno di riconoscenza, il 20 febbraio 1945, fu inaugurato l'altare di marmo in onore del santo nella chiesa della comunità, opera del viterbese Pagnottelli ( 8 1 ). Un segno della partecipazione ai problemi del Paese e della nazione, rimane registrato nella cronaca il 9 aprile (79) Cronaca del convento, p. 95. (80) Ivi, p. 96. Nello stesso archivio esiste una lettera del Commissario Prefettizio Donati in data 4 settembre 1944 al cuperiore dei Cappuccini, in cui comunicava che era stato costituito un comitato per la assistenza a 750 sfollati di prossimo arrivo dalla Toscana e chiedeva collaborazione, ma sembra che la cosa non ebbe seguito. (81) L'altare di S. Francesco fu donato dal Sig. Manfredo Basili, terziario francescano, nel 1937; la statua del santo fu fatta venire da Trento. 50 1946: « I comunisti del luogo, indignati per la sconfitta nelle elezioni amministrative e fortemente adirati contro il P. Guardiano che, con energia e coraggio aveva parlato più volte dall'altare contro di loro mettendo in evidenza le loro idee antireligiose e anticlericali, ordiscono un attentato contro lo stesso P. Guardiano, diretto a togliergli la vita. Scoperti però e smascherati, vengono dal P. Guardiano denunciati all'arma dei Carabinieri e l'attentato fallisce ». Intanto veniva a cessare il servizio religioso e sociale ai contadini della Commenda ( 8 2 ) e periodicamente giungevano per i seminaristi e la comunità generosi aiuti di ogni genere da parte dell'U.N.R.A. e di tutta la popolazione. Nel 1956, in occasione di una nevicata disastrosa, tali generi furono messi a disposizione delle numerose persone che ogni giorno affluivano alla porta del convento per tutta la seconda metà di febbraio. « Il moltempo ha portato nelle famiglie freddo e fame. Si è cominciato a distribuire qualche elemosina di viveri alla porta, ma la notizia si è divulgata di famiglia in famiglia. È accaduto, perciò, che decine e decine di persone hanno chiesto la nostra carità. In questa prima giornata è stato distribuito quasi un quintale di pasta, mezzo quintale circa di latte in polvere e margarina... Esaurito il quantitativo di pasta disponibile sino a rimanere noi con qualche chilo soltanto, si è dato mano a due ziri di farina e ad altro scatolame di latte in polvere e di margarina ». Il pomeriggio del 22 si dovette sospendere l'aiuto « per mancanza di generi ». Si chiese l'intervento della (82) Era il 1946. Una lettera dei contadini della Commenda, conservata nell'archivio di Roma, scritta nel 1912, dice fra l'altro: « quando è venuto fra noi patre Bernardino a noi eia trovato come le bestie lui eia imparato a scrivere e a servire la messa... ». 51 Prefettura di Viterbo, che si limitò a mandare due scatole grandi di latte conservato ( 8 3 ). Fin dalle origini i Cappuccini curarono anche il Terzo Ordine secolare di S. Francesco, istituito dal santo di Assisi per tutte le persone in qualunque stato di vita, che desideravano vivere il Vangelo secondo il suo stile. Nel 1872 si contavano 134 iscritti, il primo dei quali è D. Basilio Basili Luciani e poi vari canonici della Cattedrale, il rettore del seminario, contadini, artigiani, donne di casa. Nel 1913 erano 115 e vi troviamo il parroco di Marta D. Liberato Tarquini e nel 1926 fece la sua professione nel Terzo Ordine D. Tommaso Leonetti, poi vescovo di Capua. Nel 1969 erano 93 e nel 1960 erano ancora 66. Attualmente questo settore del francescanesimo popolare in Montefiascone è quasi del tutto inesistente. Intanto continuava la vita quotidiana di preghiera, di studio e di lavoro e di servizio e cresceva fino al 1976, quando il seminario fu di nuovo chiuso. Dopo lunghe trattative, nel 1980 furono iniziati i lavori di adattamento per stabilirvi il liceo scientifico statale, che vi si è trasferito nel gennaio del 1981, riservando ai religiosi il lato sud. Così il convento dei Cappuccini riprende e continua la sua funzione su misura delle esigenze religiose e sociali della popolazione di Montefiascone e del circondario del lago di Bolsena, nel quale ebbero, nell'Isola Bisentina, la loro prima dimora; in una terra nella quale S. Francesco volle lasciare i suoi frati nel 1222. (83) Cronaca del convento, p. 171. 52 SECONDA PARTE DOCUMENTI AVVERTENZA La documentazione che segue è del tutto inedita, con rarissime eccezioni. Per le notizie sulle opere d'arte mi son servito di una relazione della Soprintendenza alle Gallerie ed alle opere d'arte medievali e moderne della Provincia di Roma, esistente nell'archivio del convento di Montefiascone, in data 23 maggio 1928. Vorrei aggiungere che il quadro della Madonna in quello più della Vittoria è stato inserito successivamente ampio che è un maldestro rifacimento di quello sul soffitto della chiesa, opera di anonimo di scuola romana delia seconda metà del XVII secolo. Dei documenti 1, 4, 7 ho tentato una mia qualche traduzione dal testo originale latino, su suggerimento dell'Editore; gli altri sono stati riportati nel loro originale. 55 1 • Lettera di Clemente VII al Card. Odoardo Farnese Incarica il Cardinale Odoardo Farnese di sostituire i Padri Osservanti nell'Isola Vigentina o Bisentina del Lago di Boisena, con i nostri frati e di consegnar loro la chiesa e la loro casa. Il papa Clemente VII invia il saluto e la benedizione apostolica al nostro caro figlio. Sappiamo che a suo tempo il nostro predecessore Eugenio IV, di felice memoria, concesse ai frati minori Osservanti della Provincia Romana la chiesa non parrocchiale di S. Giovanni nell'Isola Vigentina o Bisentina nel lago di Bolsena in Diocesi di Montefiascone. La chiesa era già stata concessa dalla Sede apostolica al sacerdote Onofrio di Suessa, che l'aveva restaurata e quindi aveva chiesto che l'isola fosse concessa agli Osservanti con tutti i diritti e possedimenti. Perciò Eugenio IV concesse che fosse assegnata in perpetuo agli Osservanti i quali avrebbero potuto riceverla e costruirvi la chiesa, il campanile, la campana, le celle, il cimitero, il dormitorio, l'orto e le officine. La lettera è la seguente. Il vescovo Eugenio, servo dei servi di Dio, ai diletti figli il Vicario e i frati minori dell'Osservanza della Provincia Romana invia, come il solito, il saluto e la benedizione apostolica. L'Ordine nel quale servite con devozione e scrupolosità l'Altissimo, merita che, per quanto Dio ci concede, siamo favorevoli alle vostre richieste soprattutto quando riguardano la crescita del culto divino e l'aumento della fede. Ci è giunta la vostra richiesta nella quale il caro figlio il sacerdote Onofrio di Suessa desidera che nell'isola Vicentina nella Diocesi di Montefiascone sia costruito un luogo con chiesa, campanile, orto ed altre cose necessarie per l'abitazione di alcuni frati 57 del vostro Ordine. La chiesa non parrocchiale dell'isola era stata concessa ad Onofrio dalla Sede apostolica con il consenso dell'allora vescovo di Montefiascone. Il sacerdote aveva trovato la chiesa abbandonata e distrutta; ora l'ha costruita e riparata. Onofrio spontaneamente e liberamente ha rimesso nelle nostre mani la predetta chiesa e tutti gli altri diritti che a lui competono. Noi abbiamo creduto opportuno accettare l'offerta di Onofrio e voi ci avete umilmente chiesto che ci degnassimo con l'autorità e la benevolenza apostolica, che concedessimo ed assegnassimo la chiesa e l'isola con tutti i diritti e le spettanze a voi ed al vostro Ordine per sempre. Perciò noi, che desideriamo ardentemente il culto di Dio e l'aumento della fede, con la nostra autorità apostolica vi concediamo speciale permesso di possedere, salvi sempre i diritti parrocchiali, la chiesa e l'isola predetta con la chiesa, il campanile, la campana, le celle, il dormitorio, gli orti da costruirsi ancora e di ritenerli per sempre per il vostro uso e la vostra abitazione; derogando espressamente alla proibizione fatta dal nostro predecessore Bonifacio V i l i , di felice memoria, il quale vietava ogni mutamento del genere senza permesso speciale della Sede Apostolica, purché non vi si oppongano altre costituzioni apostoliche, le disposizioni dei vescovi locali rispetto al detto Ordine e con la licenza di chiunque altro. Con questa lettera inoltre concediamo a voi e agli altri frati che dimoreranno nel posto temporaneamente per costruirvi la casa, di godere e di servirsi di tutti i privilegi, libertà, esenzioni, immunità e permessi dei quali si servono e godono gli altri frati nelle altre case dell'Ordine. A nessuno perciò sia lecito violare queste nostre disposizioni o temerariamente contraddirle. Se qualcuno oserà farlo, sappia di incorrere nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi santi apostoli Pietro e Paolo. Firmato a Roma in S. Pietro il 13 novembre 1431, il primo anno del nostro pontificato. Ora per alcune ragioni a noi note, ci sembra opportuno sostituire i predetti frati Osservanti nella chiesa e nell'isola predette con alcuni frati Cappuccini. Perciò noi con Motu Proprio, conoscendo bene le cose e con libera decisione, con la presente revochiamo ed annulliamo per sempre con la nostra autorità apostolica, la concessione della chiesa e dell'isola fatta ai predetti frati minori Osservanti. Con questa lettera dunque 58 comandiamo alla tua accortezza che personalmente o per mezzo di un tuo incaricato, faccia uscire i predetti frati Osservanti dalla chiesa e dall'isola e sostituirli con almeno dieci frati della congregazione dei Cappuccini. Ti preoccuperai, con la nostra autorità apostolica, di concedere ai Cappuccini la chiesa e l'isola allo stesso modo e forma con le quali fu concessa ai frati Osservanti da Eugenio IV. Perciò noi con questa lettera diamo facoltà a te e ai Cappuccini di ricevere la chiesa e l'isola predette e di abitarvi per sempre. Ricordiamo che tutto questo è in deroga di quanto fu stabilito dal nostro predecessore Bonifacio VIII, di felice memoria, il quale proibì che i frati degli Ordini mendicanti ricevessero nuovi luoghi o li mutassero senza permesso della Sede apostolica. Annulliamo anche altre costituzioni, ordinazioni apostoliche o dell'Ordine e della Congregazione in questione sia pure confermate con giuramento o confermate dalla Sede apostolica, ed anche altri statuti, costituzioni, privilegi, indulti concessi, confermati o approvati con lettere apostoliche al predetto Ordine e ai loro superiori e frati, comunque concesse, confermate e approvate, quando siano contrari a questa nostra lettera. Espressamente, in questo caso soltanto, deroghiamo a tutte e singole queste cose e ad ogni altra possibile, nel modo più ampio. Dato a Roma presso S. Pietro sotto l'anello del Pescatore il 7 luglio 1599, l'ottavo anno del nostro pontificato. Autografo nella Segreteria dei Brevi apostolici, mese ed anno predetti, fol. 169. NOTA La casa in quel luogo ameno fu abbandonata dai nostri frati sia perché il dominio del Ducato di Castro fu devoluto dalla Serenissima famiglia Farnese, che provvedeva completamente al vitto dei dodici frati ivi residenti, alla S. Sede sia perché nella vicina città di Montefiascone, o Montefalcone, fu fondata un'altra casa, nella quale fu trasferita la suppellettile e la biblioteca; mentre temporaneamente il vescovo di Montefiascone amministrava sia l'isola che il monastero. ( Bullarium O.F.M.Capp., voi. 55, pp. 22-23, Roma 1743). 59 2 - Il convento dell'Isola Bisentina negli annali manoscritti « Il Convento dell'Isola Bisentina de' Signori Farnesani, è uno de più curiosi e delitiosi della nostra Provincia, e forse della Religione in tempo di Primavera e di Autunno; però nel tempo d'estate, è abominevole a' Frati, et a secolari per rispetto della cattiva aria, dove ogni anno, tutti o quasi tutti i Frati di quella Famiglia s'infermano, e spesse volte molti muoiono. Questo Convento è situato sopra d'un scoglio nel ampio, e spazioso lago di Bolsena, dove fu martirizzata S.ta Cristina Vergine e Martire, e tra l'altre pene e martirij che gli furono dati, fu sommersa con una gran pietra al collo in detto lago, dove tutti li circonvicini possono pescare liberamente anzi raccontano alcuni vecchi che volendo un anno i Signori vendere la pesca, non si prendeva nelli siti pesce alcuno, ma solamente rospi, e così fu lasciata di nuovo libera, il che attribuiscono alla carità della istessa Santa, che vogli che tutti i poveri godano di quel lago, dove lei fu martirizzata, senza peso alcuno. Il lago circuisce 30 miglia, e quasi di torno in torno è circondato di terre e dentro di esso vi sono due isole, una detta Isola Martana per esser più vicina a detta terra di Marta, et è molto sassosa, et alpestre dove sta un Convento di Padri Minimi di S. Francesco di Paola. L'altra Isola si Chiama Bisentina, per essere in contro alla villa di Bisenzo et è molto amena, e dilettevole, in questi tempi particolarmente (come habbiamo detto di sopra), è circondata un grosso miglio, una parte della quale contigua con il Convento, e con la Chiesa Maggiore, è tutta piana circondata da muraglia, e dichiarata clausura, dove non possono entrare in alcun tempo dell'anno, e quivi i Frati fanno l'horto, e v'hanno molte piante di frutti, et alcuni di pigni antichissimi di meravigliosa altezza, e grossezza. Il restante dell'Isola, dove può praticare ogni sorta di gente per devotione, parte è piana, e parte montuosa, però con le strade molto agiate, 60 La Pietà - Scuola dei Carracci Vergine col B a m b i n o e Santi - Anonimo romano 2" metà del X V I I sec. et ombrose, per esservi gran piante d'elei, d'olivelli, di platani, d'olmi, et altre piante, si che d'estate, e d'inverno, sempre si copre quasi tutta l'Isola, verdeggiante, et allegra. Quel che fa frequentare detta Isola per divotione nel tempo particolarmente della primavera, oltre l'amenità suddetta, è la divotione di sette Chiesette che vi sono, la prima delle quali è dedicata a S.ta Concordia Martire, la 2a al P. S. Francesco, la 3a' a Christo Signore Nostro mentre orava nell'horto, la 5a a S. Gregorio Papa, la sesta, a S. Caterina Vergine e Martire, e la 7a similmente al nostro dolcissimo Redentore Crocifìsso per noi, e si chiama Monte Calvario, alle quali Chiesette la felice memoria di Papa Paolo 3 farnesiano l'anno 1539 alli 20 di Marzo, ad istanza di Pier Luigi Farnese Duca di Castro, e Confaloniere di S.ta Chiesa, concesse le medesime Indulgenze, che si conseguino, visitando le Chiese di dentro e fuori di Roma, a quelli, che in qualsivoglia tempo dell'Anno, visitaranno almeno due o tre di dette Chiesette confessati, o con intenzioni di confessarsi nelli tempi ordinati dalla Chiesa, pregando per l'esaltazione di S.ta Chiesa, come apparisce più ampliamente nel breve che si conserva in detto Convento. Nella quarta di queste Chiesette, che hora si chiama da tutti comunemente S. Pio, non v'è dipinto altrimenti questo Santo, ma si bene la Trasfigurazione di Nostro Signore, e vi sono le memorie di Papa Pio secondo, quale andò in detta Isola l'anno 1461. Vi sono due Cappellette, una dentro dell'altra, nell'ultima più in dentro vi è l'altare della Trasfigurazione, e fuori della prima porta a man destra vi è dipinto detto Pontefice, alli piedi del quale stanno inginocchiati tre Frati Zoccolanti, il Pontefice è dipinto a sedere con la man destra alzata, in modo da dar la benedizione, e concedere qualche gratia, e dalla sua bocca par che escano le sotto scritte parole, scritte con lettera... antica: Remissionem peccatorum prò tertia parte, in Transfiguratione Domini Nostri et Salvatoris Jesu Christi, sexta die Augusti, et in festo Sancti Pii Papae et Martiris Praedecessoris Nostri undecima die Iulij prò totidem in forma Ecclesiae Christi Fidelibus, visitantibus hoc Oratorium, nostra Auctoritate Apostolica, vivae vocis oraculo concessimus, perpetuo valituram. Il detto Convento dell'Isola non fu fatto da principio per noi, e poi non è conforme al nostro ordinario modello, et eccede in grandezza in tutte le sue parti i nostri Conventi ordinarij, nel Claustro, nel Dormitorio, nel Refettorio, e nella Chiesa, quale è molto magnifica fatta a volta con la cupola, l'Altare 61 Maggiore e due Cappelle con quadri da bona mano dipinti, con il Choro alla Monacale, con 24 seggi grandi con i suoi inginocchiatori, e legivo il tutto di noci nobilmente lavorato. Nella Chiesa sono tre cassoni, foderati di velluto nero, posti in alto, ne quali stanno i corpi d'alcuni Sig.ri Famisani, cioè del Duca di Castro Pierluigi sudetto, dui Cardinali, et altri, e poi l'altare di S. Giacomo Apostolo, si tiene per tradizione, che sia Privilegiato, se bene nel Convento, non v'è memoria alcuna. In dett'Isola e Convento vi hanno stanziato 169 anni li Padri Zoccolanti, dail tempo di Papa Eugenio quarto l'anno 1480, sin al tempo della Felice Memoria di Papa Clemente ottavo l'anno 1599. Nel qual anno risoluto l'Ili.mo e r.mo Sig. Cardinal Odoardo Farnese, et il Serenissimo Ranuccio Duca di Parma, e di Piacenza, di levar detti Padri, come devotissimo alla nostra Religione, fecero grand'istanza alli nostri Padri, che si volessero accettar dett'Isola. Ma, non giudicando bene d'accettarla per molti rispetti, li ringratiorno, e vi ferno gran retinenza. Prima per non disgustar quelli Padri, che vi erano in otto, secondo, per rispetto della cattiva aria molto notiva, Terzo, per la gran fatica, che si vedevano addosso essendo necessario, che tutti i Frati, che dovevano star in quel luogo di famiglia dovessero imparar di remare, e diventar Galeotti (per così dire) e barcaioli, per molti altri rispetti fecero grandissima resistenza per non accettarla, ma la causa principale, che li muoveva a ripugnare, fu la tema di non poter vivere in detta Isola di mendicità, e stare nella pura osservanza della Regola, che noi professiamo; alle quali difficoltà s'opposero con molta prudenza, e caldezza li Signori sudetti, sino ad interporvi l'autorità del Papa per levarsi ogni scrupolo alli nostri Padri, quali tutta via mostrandosi duri, e renitenti, si risolve il M.R.P. F. Girolamo da Castel Ferretti all'Hora nostro Generale di servirsi della sua autorità per compiacere, e condescendere alla divotione di quei Signori, e poi comandò al P. Provinciale che l'accettassero, che altrimenti S. Santità haveria fatti venir i Frati della Marca, et haveria preso lui quel Convento per quella Provincia e questo si diceva tra Frati, e così fu accettato, fu preso possesso, e mandato per P. Presidente per metter in ordine il Convento e ristringere la Clausura, il P. Fra Francesco Bergamasco, huomo esemplarissimo e di Santa Vita, con quattro Frati, dui Sacerdoti, che furno il P. F. Pellegrino da Vallerano, et il P. F. Basilio d'Arquata e due Laici, cioè Fra Lorenzo Bergamasco, e Fra Fortunato da Gradoli, da quali pulito, et accomodato il Convento nel miglior 62 modo, che si potè conforme allo stato nostro, nel seguente Capitolo, poi vi fu fatto il Guardiano, e collocata famiglia formata, e per l'ordinario vi stanno 14 o sedici Frati di famiglia, molto ben trattati da quei Signori, e loro successori e Ministri. Con tutto ciò per rispetto della cattiva aria, e per li molti contrapesi, et incommodi che li poveri Frati vi hanno, più che di buona voglia, con le mani giunte; e con le ginocchia in terra la lasciarìano ogni volta che il Serenissimo Sig. Duca Odoardo ci volesse far gratia di riprenderla, e mandarci altri Religiosi a suo beneplacito, e godersi con un buon prò, i pesci, i cunigli, et altre cose che a noi generano tanta nausea, e fastidio, e di già il Padre nostro Provinciale ha proposto di far una pronta, et affettuosa rinuntia. Con tutto che detto Convento dell'Isola sia molto scommodo alli Popoli circonvicini per il viaggio, e non vi si possa andare, se non con la barca, non ci fu però piccolo concorso alla divotione il giorno del nostro B. Felice, che oltre a molte persone di Marta, Capodimonte, e Bisenzo, v'andorno sin a cento, tra huomini, e Donne da Gradoli, accompagnati dal Curato, o Priore di detta terra, quale dopo l'haver esortato il suo Popolo d'andar a conseguir l'indulgenza, e venerar la festa del Beato, volse andarvi anch'esso per detti ofiìtij, e per commodità dell'istesse sue Pecorelle, per poterli riconciliare, havendone bisogno, e conseguir l'indulgenza con maggior purità, e divotione, dove anco furno pasciuti con la parola di Dio dal P. F. Felice da Castel Durante, a gloria del Beato. In questo Convento stiedero li nostri Frati circa Trentadue Anni perché vi andiedero nel 1599 e partirono nel 1631 ». (Annali Manoscritti, voi. I, pp. 170-174) 63 3 - Depositi e Debiti del 1580-1593 \ « / /U * ^ / a * •fX y fidi. A- y ^ A " f^T^ntx., — . •„,„' ì-v/f Jtfi-lte (ì^TKt fij^A VJrWuW&wS/L fa . ; / - f t I t y yyàsC-A.^./^ ^ l (s'Asti ' W-K <s 'Scu.' \ , £ «a- . vr. ^ftJ <£ , - . «• Elenco dei terreni venduti per la costruzione del convento dei Cappuccini in Montefiascone. Libro dei Depositi e Debiti n. 5, 1580-1593, p. 7 - Archivio comunale di Montefiascone. 4 - Benedizione del Convento e lapide della consacrazione della chiesa / i "•• '} -jrh.it.; IP 7 /(.fiÌAAtiUV xlltaulainuÙxocvctat,piumatiuMui^frrvfs.rtYti% 'eìC '•' JtiinaUbsfoiAiitoj'i r,-ut n'Mjpth wùb Cjri/K-nét cS^/Mj-Mf/lùj/^ u&mc, ttfA// •' f . >r ,+lu. r? .. r *rr f r• . /• ^ • ' /* frf Zen/tLiPit J^uJi/nifuJrfiìrmtK*- mmfrùti' P mah.—"* •fiut aL(duÀx cf•jltun/fiM.t>nZ<pt(eMii]£i Vutf£ JHtó&y'fyrjlfilfJhfrt>• '•'•<• •• Il testo delle Riformanze del Comune di Montefìascone in cui viene notata la benedizione del convento dei Cappuccini. L a lapide che ricorda la consacrazione della chiesa dei Cappuccini. 5 - T r e sfrumenti di vendita dei terreni per la costruzione del convento 1) Atto di vendita del terreno fatta dal comune Scarici per il prezzo di 75 scudi. al signor Vitale Nel nome di Dio-Amen. Il 7 maggio (1579), anno, indizione e pontificato di cui sopra, le parti infrascritte hanno affermato che la magnifica comunità di Montefiascone è tenuta ed obbligata verso il reverendo signor Menicangelo Scarinci, Lazzaro Scarlattino, la Signora Caterina di Catone e verso gli eredi di Menicangelo Graziani per una notevole quantità di denaro ricavato dalla vendita di alcuni loro possedimenti situati in località Poggio della Croce, nel territorio falisco, per costruirvi il nuovo convento dei Cappuccini. E poiché i terreni non potevano essere alienati, si vendettero alcuni beni meno utili alla comunità e sufficienti allo scopo per il prezzo suddetto, secondo la risoluzione del Consiglio generale della Città. I Magnifici Priori della Comunità Manilio Roselli, Fabrizio Bisenzio, e Valerio Ciccio con diligenza e precisione valutarono la cosa e dissero che non avevano trovato terreni più poveri e meno importanti dei possedimenti e dei beni della Comunità di quelli situati al Poggio delle Croci. Con queste assicurazioni il Consiglio generale si è riunito e dopo i soliti bandi fu stabilito di mettere in vendita quei beni e di assegnarli al maggor offerente nell'atto ufficiale di accendere la candela. Perciò il signor Angelo Aureli, alla presenza del Tesoriere della Comunità, al quale spettano simili vendite, con la presenza, il consenso e la volontà dei predetti signori Priori, giurò al posto di Giovanni Battista Rota davanti al collega consenziente, davanti al signor Gaelazzo Nucula, Pretore della città e giudice ordinario spontaneamente e senza costrizione per sé e per i suoi successori nell'ufficio e vendette e concesse a titolo di vendita perpetua al Signor Vitale Scarinci di Montefiascone, presente compra- 66 tore e stipulatore legittimo per sé e per i suoi eredi e successori, un pezzo di terra situato in località sopradetta, confinante con i beni del Signor Girolamo Trogli, del Signor Paolo Ilari, di Baldassarre Sbardella verso il basso; verso l'alto è confinante con i beni del vescovado, di S. Maria di Monte d'Oro, e dal Iato verso la città con i beni del signor Giovanni Guazzara e con la strada pubblica che conduce a Tuscania ed altri eventuali. Il terreno è di tre salme e uno staio, così valutato dagli agrimensori eletti dalla comunità Benedetto ed Antonio Bassi. Quando fu accesa la candela, il signor Vitale offrì il prezzo più alto- 22 scudi e mezzo la salma, come è riportato nel libro delle Riforme al faglio 140. Il signor Vitale promise e solennemente si impegnò a pagare la somma totale di 75 scudi personalmente per i suoi eredi e successori, entro il presente mese di maggio alla detta Comunità e ai suoi tesorieri legittimamente autorizzati, in moneta valida e corrente, senza alcuna condizione. II tesoriere ha promesso ed assicurato che tutti e singoli gli elementi contenuti nel presente atto sono perfetti e validi, che il detto pezzo di terra è di vera e diretta proprietà della Comunità, non venduto, affittato, locato o alienato. Ha promesso inoltre di mettere al sicuro e liberare la Città da ogni eventuale rivendicazione da parte di altre persone; il tesoriere ha inoltre promesso di ricevere e di ritenere il detto pezzo di terra a nome del compratore. Come contro parte il signor Vitale compratore ha promesso e convenuto con il tesoriere che in qualunque momento emergessero dei diritti, azioni, beni oltre quelli previsti sul terreno e non nei confini limitrofi, li avrebbe acquistati a prezzo conveniente. Ha giurato che tutto è stato fatto a norma delle leggi della Camera Apostolica, ha confermato il prezzo sopra indicato e da lui pagato. In questo ha obbligato sé stesso, i suoi eredi e successori impegnando i suoi beni immobili e mobili, presenti o futuri comunque e dovunque situati. Il predetto Magnifico signor Podestà supplisce con la sua autorità agli eventuali difetti particolari o generali ed ha firmato il decreto. Fatto nella Cancelleria della Città, alla presenza dei testimoni Signor Malatesta Malatesta e Scipione Coluzio. 67 8 maggio Il Signor Vitale sopradetto, volendo mantenere le promesse, ha pagato in contanti 75 scudi al tesoriere signor Giovannangelo e per lui alla signora Caterina del fu Catone per un pezzo di terra a lui venduto a norma dell'atto di vendita precedente. La signora Caterina si è dichiarata soddisfatta e pagata ed ha così anche liberato e soddisfatto il signor Vitale ed ha obbligato sé stessa e i suoi successori a non chiedere altro alla Comunità. Ha giurato che tutto è stato fatto secondo le regole etc. Fatto alla presenza dei testimoni Malatesta e Cornelio Brizi. (Instrumenta 1579-1581, arch. com. di Montefìascone, p. 5). 2) Atto di vendita di un terreno -fatto alla Città dalla Caterina del fu Catone per il prezzo di 95 scudi. Signora Nel nome del Signore - Amen. Anno, indizione e pontificato di cui sopra, l'8 maggio 1579, davanti al Magnifico Pretore predetto si è presentata la montefiasconese Signore Caterina del fu Marzio Catone. Essa possiede un terreno coltivato a vigna che può esser lavorato da circa 7 operai; altra parte è occupata da un canneto ed altro è sodo che può esser lavorato da circa 3 operai: in tutto dieci operai. È situato nel terreno di Montefìascone nel Poggio della Croce tra i beni di Lazzaretto Scarlattini da una parte e quelli di... fornaio dall'altra e la strada etc. Ha detto che intende vendere questo suo terreno per una sua evidente utilità e comodità. Si è presentata personalmente davanti al predetto Potestà, a me Notaio ed ai testimoni, assistita da Girolamo di Pietro Paolo e da Gaspare di Piergiovanni suoi parenti... confessando di conoscere gli Strumenti, le lettere di Adriano di santa Giulia sulla proprietà e le leggi dei Longobardi, cose fatte a lei presenti dal Potestà. Spontaneamente, senza violenza e liberamente ha venduto e ceduto realmente il terreno suddetto al tesoriere generale della magnifica città ed ha stipulato il contratto. È stato pagato il prezzo di 95 scudi stabilito dalla valutazione del terreno fatta da Felice Coluzi e da Benedetto eletti per questo di comune accordo. La venditrice ha giurato che il terreno è libero da ogni servitù o canone etc.; che il terreno è suo, non locato ad altri o in qualche modo alienato, che non ci sono altri Stru- 68 La Madonna della Vittoria (scuola romana, fine sec. XVIII) menti che possano pregiudicare la vendita attuale che è buona, valida, fatta bene e validamente. ... Il signor Vitale Scarinzio, che è a conoscenza del tutto, senza costrizione e liberamente ha promesso e si è obbligato in tutto e per tutto in solidum per la signora venditrice a favore della città per ogni vincolo e interesse prendendolo come proprio... La signora ha confermato di aver avuto e ricevuto dalle mani del signor Vitale, a nome della città 25 scudi ed altri 20 dal tesoriere compratore che gliele ha date alla nostra presenza. La signora si è dichiarata soddisfatta, ben pagata con questi denari d'argento e quattrini; ha così appianato la cosa col tesoriere e l'ha dichiarata chiusa con la clausola che se chiederà ancora qualcosa, pagherà il doppio; ha escluso con giuramento che ci sia stato inganno, violenza, timore, frode nel contare il denaro. Si è obbligata a ritenere per vero e ad attenersi a tutto questo impegnando tutti i suoi beni presenti e futuri secondo le forme della Cancelleria. La signora venditrice non ha avuto nulla da obbiettare ed ha promesso di liberare i suoi fideiussori da ogni onere o danno... Il magnifico signor Potestà sopraddetto supplisce con la sua autorità a tutti e singoli eventuali difetti ed ha emesso il decreto. Fatto presso la Cancelleria della città alla presenza dei testimoni signori Malatesta Malatesta e Cornelio Brizi. (Instrumenta, 1579-1581, p. 6). 3) Atto di vendita di un pezzo di terra alla Città da parte della signora Margherita del fu Menicangelo, per il prezzo di undici scudi. Nel nome del Signore - Amen. Anno, indizione e pontificato di cui sopra, il 17 giugno 1579. Davanti al signor Galeazzo Nucula di Terni, Pretore e giudice ordinario, si è presentata la signora Margherita del fu Menicangelo, montefiasconese, e ha detto di aver promesso a Dio di vendere e trasferire un suo pezzo di terra alla magnifica città, perché vi costruisse il convento dei Cappuccini. Perciò, volendo mantenere la promessa, assistita dai suoi parenti Salvatore, Calceolario e Magnanimo Gaetano, dopo aver attestato per iscritto di farlo spontaneamente, liberamente e coscientemente, ha venduto e trasferito a norma del diritto ed in perpetuo alla magnifica città di Montefiascone, 69 un suo terreno situato nel territorio di Montefìascone in contrada Poggio della Croce, confinante da un lato con i beni di... e dall'altro con i beni della signora Angela Lazzaretti. Il terreno è stato comprato e ricevuto dal signor Giovanni Angelo Aureli, Cancelliere generale della città ed alla presenza di me NotaioLa vendita è stata fatta effettivamente e realmente alla detta città e per essa al signor Tesoriere per il prezzo di 11 scudi di moneta e di 10 giuli per scudo come fu stimato da Benedetto del fu Antonio e da Felice Coluzi, eletti per questo di comune accordo. La venditrice ha confessato di aver avuto e ricevuto questi 11 scudi e di averli intascati come moneta d'argento in valore legale, rinunciando con giuramento ad ogni eventuale futuro guadagno maggiore, anche se le venisse offerto di più, annullando ogni altro contratto di vendita. Ha ancora assicurato che il terreno è di suo pieno dominio e che perciò le è lecito venderlo, di non aver fatto nulla che possa pregiudicare il contratto di vendita attuale o nuocere al compratore; che la vendita è giuridicamente perfetta e valida come tutti possono attestare; che non è stato venduto, donato, permutato o in qualunque altro modo alienato; che è libero da oneri, pagamenti, canoni, rivendicazioni; che mette al sicuro il detto compratore da ogni lite, molestia in modo che il possesso sia quieto e pacifico. Ha voluto inoltre che tutte e singole le clausole, il prezzo e l'estensione del terreno venissero registrate nell'atto di vendita... Ancora la signora venditrice ha voluto che in una eventuale lite, il detto compratore non sia tenuto ad impiantare alcun processo, ma sia sufficiente una semplice notifica extragiudiziale, senza alcuna solennità pubblica, inviata a casa della venditrice e dei suoi eredi e successori, dove si attesta che la vendita è avvenuta in questi termini. La detta venditrice si è impegnata ad osservare queste clausole per sé, per i suoi eredi e successori con i suoi beni e diritti secondo quanto stabilisce la Camera Apostolica ed altre norme, e si è obbligata secondo le costituzioni solite e abituali... Fatto alla presenza dei testimoni signori Giulio Giusto e Malatesta Malatesta. Sopra tutto ciò il Potestà supplisce con la sua autorità ed ha emanato il decreto alla presenza dei sopradetti testimoni. (Instrumenta 1579-1581, p. 8). 70 6 - Istruzioni da praticarsi in tempo sospetto di peste Ridurrassi il tutto a capi per maggior chiarezza e breuità cominciando dalle preuentioni, et aiuti spirituali. Presentatila spirituali. 1°. Fare particolare oratione, Mortificationi, et altre deuotioni tanto in priuato, quanto in publico, et essortare a ciò gli altri per placare l'ira di Dio. 2do. Assettare le cose dell'Anima sua con Dio, e con la propria coscienza et adoperarsi coi Prossimi, acciò che facciano il medesimo per mezzo d'una buona Confessione, Comunione, e riforma di uita, con pigliare a questo fine, chi può, e uede d'hauere bisogno qualche giorno di raccoglimento, per non esser colto alla sprouista. 3°. Benedire, o, aspergere d'acqua benedetta le nostre case, Scuole e Ville ornandole d'Agnus Dei, Imagini, e di qualche reliquia, a questo medesimo fine. 4°. Ne' raggionamenti priuati, e comuni particolarmente tra Nostri parlare di questi aiuti spirituali, et animarci scambieuolmente allo aiuto de Nostri Prossimi, cogli essempi, e con le dottrine de Santi, et in particolare di Cipriano, Gregorio, e Bernardino da Siena nella sua uita. Preuentioni ne' Corpi, e nelle nostre Habitationi. 1°. Mettere in saluo, et in sicuro quei de Nostri, che poco, o, niente possono giouare a gli Altri; e più de gli altri pericolano, come i Nostri Giouani, o, Scolari, o, Nouitij, e prouedere in tempo di luoghi da ritirargli dal pericolo. 71 2do. Mettere in sicuro le Scritture, e gli Archiuij con serrargli, e sigillargli; così anco la libraria, l'Argentaria, e cose più pretiose di Sacrestia, di Guardarobba col tenere alle mani, et esposte solamente le cose necessarie per non esporre l'altre tutte a pericolo d'infettione, e di perdita. 3°. Procurare, approssimandosi il sospetto, e l'infettione, che ne le nostre Case, Habitationi, e Ville ui sia una persona prattica, e di ricapito, che soprastia alla Custodia, e Guardia, tenendo lontane le persone sospette, et ogni sorte di gente non lasciando entrare, et uscire. 4°. Procurare che le nostre Habitationi, e Stanze siano nette togliendo uia ogni immondezza, e cagione di male odore, facendoui a tal fine ben spesso fuochi, e buoni odori particolarmente di Ginepro. 5°. Si lascino spesso suaporare le Stanze aprendo le porte, e le finestre in tempo di buoni uenti, e d'aria purgata, e serena, come per lo contrario, si tengano chiuse in tempo di Venti Cattiui e giorni nebbiosi, et humidi aiutandosi all'hora particolarmente coi fuochi, et odori potenti, e buoni. Prouisioni da farsi ne' Nostri Luochi. la. Sufficiente prouisione al numero de' soggetti di grano (e di farina chi non ha in Casa il molino), di vino, d'oglio, di legna, presciutto, lardo, formaggio, farro, riso, legumi, orzo (per l'acqua, e per l'orzate) amandorle, uua passa, noci, fichi, oliui, agli, cipolle etc. Acciocché si tolgano le prouisioni giornali in piazze, botteghe etc. 2da. Se non si può in Casa, almeno ne le nostre Vigne, o luoghi sicuri di fuori prouisioni di Erbaggi, di bestie viue per il vitto, di galline per l'oua. 3°. Prouisione di rimedij, o, preseruatiui, o, curatiui di giunipero, di rosmarino, di saluia etc. d'acque, e liquori odoriferi, e confortatiui, come acqua di fiori, di rose, aceto rosato, garofolato etc. di agrumi, e sughi di limone, di Cedro etc. di Belzuamo, contherba, terra sigillata di Malta, Hiacinto, triaca etc. 72 4a. Si procuri di hauere in Casa buono Infermiere, e se si può anco Medico, o Cirusico, che non habbia commercio con altri sospetti, e genti di fuora, con qualche prouisione per Mali, che possono occorrere senza hauer bisogno, di spetiarie e medicine di fuori. 5a. Si faccino spesso le bucate de' panni, per hauere commodità di mutar spesso i panni in particolare le camiscie, le quali anco in tempo di maggior sospetto et infettione si terranno in luoco di buono odore, e si profumeranno con buoni odori. Cura della disciplina, e sanità delle Nostre Case. 1°. Si osserui la distributione de' tempi, et hore sue in tutte le cose, ne si trascuri l'osseruanza Recolare; e dentro la settimana una Communione a fratti ( ?) Nostri di più del solito. 2do. Non si tralascino gli essercitij domestici degli studij, doue sono Scolari Nostri, e doue sono i Nouitij gli essercitij di probatione onde non conuiene ne sbandare quà, e là, i Nouitij, ne separare i Scholari dai loro Maestri. 3°. Si mantenga la Casa in allegrezza, e charità aggiungendo da una parte qualche ricreatione, e cura della Sanità, e dall'altra qualche Mortifìcatione e Deuotione particolare, e commune. 4°. Il vitto sia di buono nutrimento, e di facile digestione, e concottione con mescolaruici sopra buone herbe, Angelica, Acetosa, e simili. I cibi più grossi, mal sani, e di cruda digestione si tolghano come cauli etc. Si adoprino agrumi quanto si può buono aceto etc. 5°. Il vino sia poco, ma buono, e generoso, e si osserui il regimento del viuere dato dal Medico, e sopra tutto si habiti largo, e commodo. Esposti a servare, e trattare coi Prossimi. 1°. Quei che sono esposti al seruitio degli Appestati siano totalmente separati da gli altri con le loro prouisioni, e massa- 73 ritie distinte; si che non ci sia communicatione nessuna tra loro, et i non esposti; ne si tenghi nelle stanze loro, se non il necessario, precisamente per non essere in necessità di brugiare molta robba. 2do. Non uadino soli alle Case degli Appestati, particolarmente doue fussero Donne, ma accompagnati, o, tra loro, o, con qualche altro buono huomo, che sia testimonio delle loro Attioni, e tolgano l'occasione di calunniare etc. 3°. Habbino sempre i loro preseruativi una sponga inzuppata in su l'aceto rosato, o, garofolato per odorarla; non uadino digiuni, e piglino se non altro, un boccone di pane intinto in buono aceto; si bagnino spesso le narici, le tempie, gli polsi d'aceto rosato, o garofolato; et adoprino altri Antitodi di triaca, terra sigillata disfatta in aceto, e simili; non piglino il fiato dell'Infermo per quanto si può; tengano nel trattare con gli Appestati, o sospetti o una bacchetta di Cipresso che arda, o, di Ginebro, o una torcia accesa: Adoprino la ruta, et altri elettorarij ordinati etc. 4o. Ai Nostri infetti di peste, e separati totalmente, si prouegga di rimedij e corporali, e spirituali, che gli altri esposti non habbino a spauentarsi, e dubitare d'essere in quel posto abbandonati; e siano alcuni di gran charità deputati alla Cura de Nostri infetti in particolare. 5°. Gli Nostri che confessano indifferentemente in chiesa habbino una carta pecora bagnata d'aceto alla Grata, e uadino armati come si è detto di sopra, et al primo inditio di peste si separino dal resto della casa. (Da una memoria manoscritta del tempo, ad uso dei Cappuccini - Archivio Conventuale). 74 7 - Il corpo e l'urna di S. Vincenzo Martire Francesco Antonio Marcucci dell'Immacolata Concezione, patrizio di Ascoli, per grazia di Dio e della Sede apostolica vescovo di Monte Alto nel Piceno, Abbate di Monte Santo in Abruzzo, prelato domestico della S.S. Signor nostro, assistente al soglio pontificio e Vice gerente di Roma. Facciamo fede ed attestiamo a tutti e ai singoli che vedranno questa lettera che noi, per la maggior gloria di Dio e la venerazione dei suoi santi, abbiamo donato e concesso il sacro corpo di S. Vincenzo martire, senza messa propria, e i vasi contenenti il suo sangue, riesumato dal cimitero di Ciriaco. Il corpo è splendidamente rivestito con stoffe di vari colori e lamine d'oro e d'argento. Dopo aver estratto il tutto dal luogo originario e fatti gli accertamenti legali, è stato deposto in un'urna quadrata di legno dipinto con vari colori, dorato e finemente lavorato. L'urna è stata poi chiusa bene con due cristalli e legata con un filo di seta rossa e sigillata col nostro sigillo. Abbiamo concesso la facoltà di conservarlo presso di sé, di donarlo ad altri, di collocarlo ed esporlo alla venerazione dei fedeli in qualunque chiesa, oratorio o cappella. In fede di quanto sopra abbiamo incaricato il nostro segretario sottoscritto di preparare questa lettera testimoniale da noi firmata e munita del nostro sigillo. Dato a Roma il 10 maggio 1781 nel nostro palazzo. (nel retro) Abbiamo veduto e riconosciuto il sacro corpo di S. Vincenzo martire, così come è descritto nell'autentica scritta dietro questo foglio e permettiamo che venga esposto alla pubblica venerazione dei fedeli. Dato il 23 luglio 1782 nel nostro palazzo vescovile. L. D-e Dominicis... NOTA L'urna del santo fu aperta nel 1957 il 25 gennaio per sostituirvi il cristallo, come attesta la memoria a tergo dell'autentica. Le notizie riguardanti questo santo sono scarne ed incerte. Il Commentarium historicum in universum romanum martvrologium... Roma 1913, voi. V, al giorno 25 maggio, p. 247, dice che fu martirizzato ad Ostia secondo varie testimonianze. (Autentica nella sacrestia del convento). 75 8 - Il convento di Montefiascone negli annali manoscritti della Provincia Romana « Monte Fiascone Città antichissima, così detta per vocabolo corrotto, essendo anticamente capo, e come Metropoli di Popoli Falisci, monti nominati, e così chiamati M. Falisco. In questa Città, da molti anni stanzano i nostri Frati, in un Convento fuori della porta Romana per la strada di Monte d'oro, a man sinistra poco discosto dalla Città per la devotione che anticamente ha havuta alla Religione, quel Convento, pochi anni a dietro, fu risarcito un poco con aggiungervi alcune stanze necessarie, et al presente si comincia a cingere di muro tutto il sito a spese della Comunità. Nel qual Convento, celebrandosi in quest'anno 1626 la prima festa del nostro Beato Felice, fu straordinario il concorso delle genti alla divotione del Beato, essendo già publicato il suo nome per la Città per diverse e segnalate gratie da diversi cittadini ricevute per la intercessione e per mezzo del oglio della lampada, che luce avanti al suo sepolcro. E fu honorato particolarmente in questa festa dal Sig. Dottor Paolo Cuilli Cittadino con la compositione d'alcuni sonetti in sua lode, ed un suo figliuolo giovane di molta espettanza chiamato Damaso, fu ricevuto in questo anno alla Religione, e mandato a far il Novitiato a Segni, questo giovane fatta che hebbe la professione, cominciò a far delle sciocchezze, e finalmente diventò matto affatto. Fu ricevuto similmente in quest'anno un'altro Giovane di detta Città per Laico, fu mandato a vestir a Rieti, e fu chiafato fra Modesto, rinnovando in esso un altro Frate dell'istesso nome, e della medesima Patria, di lodevoli costumi, che non molti anni addietro ara mancato, e passato a miglior vita. Questo Giovane dunque, ne i più teneri anni fu desideroso di servir a Dio sotto la Regola del P.S. Francesco in questa nostra Religione, ma per non haver il Padre altro Figlio di lui, 76 10 forzò a prender moglie, dalla quale, haveva tre Figliuoli, gli morì, sopravvivendo due di detti Figliuoli; vedendosi il buon huomo libero dal vincolo matrimoniale, ardendo ancor di desiderio d'entrar nella Religione mentre si portava la sua consorte a seppellire, lui se ne corse velocemente al nostro Convento a spiegar questo suo desiderio a Frati, pensando subito dover essere accettato, ma trovandosi ingannato, ricorse al Padre Provinciale nella visita, al quale s'appartiene la recettione, ma datali anco da esso più volte la ripulsa, si per far prova del suo fermo proposito, e per non haver per allora bisogno de Laici, ma principalmente per rispetto dei suoi piccoli Figliuoli, che doveva lasciare, si che se ne stava molto afflitto, pregando 11 Signore Iddio, che lo volesse far consolare in questo suo giusto, e pio desiderio, quale si compiacque d'esaudir le sue Orationi, perché in pochissimo tempo gli levò l'impedimento d'ambi due i Figliuoli, tirandoli a se per mezzo della morte, quali, quanto suol essere amara a tutti gl'altri Padri, altrettanto fu dolce, e cara a questo, quella de suoi Figli, per potesse dal tutto al servitio dell'eterno Padre, e ricevè quella morte, e perdita de' Figli per gratia grande. Vedendosi hormai anco libero, e sciolto da i legami de' Figli, con molta prontezza venne di nuovo due volte a Roma dal Padre Provinciale, per esser ricevuto et invece di piangere la morte di sua consorte, e de cari Figli, la raccontava a tutti con alegrezza maravigliosa, e come vero allievo di Santa Felicita, Avvocata della sua Città, si gloriava di haver mandati prima di se i Figli al Paradiso, se bene per strada differente di quella del martirio, con speranze d'haverli a seguir ancor lui per la strada d'un lungo martirio che si patisce per tutta la vita nella Religione, standovi chiodato particolarmente con tre chiodi, cioè ubidienza, povertà, e castità. Et era tanto acceso questo suo desiderio, che in ambe le volte, che venne da Monte Fiascone a Roma per esser ricevuto, gli pareva di volare, facendo sempre quel viaggio in un sol giorno camminando a piedi, arrivando anco per tempo a Roma. Finalmente in quest'anno ritrovandosi il Padre Provinciale in visita a Sei-moneta per la festa di tutti i Santi, venne a trovarlo detto Giovane con molte lettere di raccomandationi, e vedendo il Padre la sua buona, e deliberata volontà, pensando che questa fusse divina volontà, lo ricevè alla Religione, con speranza che habbia da far buona, e lodevole riuscita nel servitio del Signor Iddio. 77 Ma perché questo Giovane non seppe conoscere il benefìcio che il Signore Iddio gl'haveva fatto della vocatione alla Religione, e per farci conoscere S.D.M. che non tutti quelli che ne vengono son chiamati da Lui, e poi non perseverano, perché non caminava con quella rettitudine, che conveniva, comise molti difetti nel noviziato, e finalmente sene ritornò a Casa, dove riprese di nuovo moglie e per vivere poco da buon Christiane, è stato posto in una carcere, d'onde, non so come n'uscirà ». (Annali manoscritti, voi. I, pp. 175-177). 78 9 - Cenno storico sulla nuova chiesa rurale nel contado di Montefiascone contrada di Zepponami; e sulla istituzione della Venerabile Confraternita di Maria Santissima del Giglio e S. Felice da Cantalice nella chiesa suddetta La contrada detta delli Zepponami è la più popolata, come ognuno conosce, di quante ne riunisce il Contado di Montefiascone, e da qualche tempo in dietro quella Popolazione aumentò in guisa che la rispettiva Chiesa Rurale sotto il Titolo di Maria Santissima del Giglio si rese incapace di contenerla, dovendo nei giorni festivi rimanere in gran parte fuori di essa ad ascoltare la S. Messa. Molti dei primarj di questa Contrada e specialmente li Sigg.ri Pepponi, e Giovanni Biscotto si proponevano riparare a tale inconveniente; però nella disparità dei pareri perché taluni opinavano di ampliare la Chiesa esistente, ed altri di farne una nuova, fecero trascorrere degli anni senza venire ad una conclusione. Stabilirono avventurosamente nel mese di Novembre 1861, a Cappellano di detta Chiesa il Reverendo Padre Santi da Viterbo Cappuccino dimorante in questo Venerabile Convento, non isfugì alli accennati zelanti primarj di detta Contrada che questi sarebbe stato l'Uomo adatto per mandare ad effetto- li loro opinamenti; ed in fatti la concipita stima non fu minore del vero perché istallato non appena al Suo Ufficio, e fattigli palesi li concipiti pensieri impegnandosi a farsi Capo di tanto Santa Opera, nella singolare bonarietà del Cuor suo, e sommo zelo pel maggior decoro del Culto Divino non esitò punto accettare il difficilissimo incarico: e primieramente per ben basare le cose tutte relative, volle fondatamente sentirsi con li lodati promotori per il da farsi, e quindi ottenuto dai medesimi il pieno assenso fece appello al Capo Mastro Muratore Signor Niccola Rossi, perché questi, esaminata la Chiesa esistente sapesse decidere, se con decoro della Casa di Dio, fosse suscettibile del necessario ingrandimento; ed avutane relazione che un tal lavoro non sarebbe riuscito decoroso, e che la spesa occorretne ascenderebbe a 79 tanto, quanto all'incirca può occorrere per fare una Chiesa nuova, allora il R.P. Santi propose: che si rendesse tutto ciò noto a quella Popolazione, e che questa per il da deliberarsi venise alla elezione di una Deputazione. Riunitisi in massima parte decisero: che al meritevolissimo P. Cappellano si desse il posto di Presidente della invocata Deputazione, e che la Deputazione stessa, oltre il Presidente rimanesse composta dai Sigg.ri Antonio Pepponi, Vincenzo Rosetta, e Costantino Pepponi oltre li due Depositarj della Chiesa che allora erano li Sigg.ri Giuseppe Pepponi, e Giovanni Biscotto. In seguito questi sopra nominati vollero a Loro uniti li Sigg.ri Bartolomeo Stefanoni, e Pietro Camicia. Composta in tal modo la Deputazione, questa replicate volte si congregò, e nelle sue Adunanze decise: che conoscendosi chiaramente che il voto generale di quel Popolo era di edificare la Chiesa Nuova, conveniva in primo luogo trovare li fondi necessarj, quali la Deputazione stessa opinò doversi formare, con una contribuzione spontanea da domandarsi a tutte le Famiglie di quella Popolazione con li sopravanzi della Cappellania, e con la vendita della Chiesa antica. Bramoso il R.P. Cappellano di compiere la commissione a lui affidata con generale soddisfazione di quelli Abitanti, prescelto a suo Compagno il R.P. Giacomo dalla Tolfa Cappuccino secondo Cappellano di detta Chiesa, con sempre al fianco il sigr. Costantino Pepponi secondo Depositario Eletto (giacché primo fu prescelto Antonio Pepponi) per li fondi da farsi per la nuova Fabbrica, si prese il non leggero incomodo di portarsi da tutti li Capi di Famiglia di quella parte di Contado, per renderli individualmente informati della sopraenunciata deliberazione, e sentire da Essi il proprio parere in proposito, e nel caso di approvazione, avere la respettiva firma per quella oblazione che sono determinati di dare: il che esaurito dovette persuadersi, che il voto generale, meno pochissimi, fu per la Chiesa nuova; però le firme ottenute dalle spontanee offerte riuscirono di tanto tenue entità da non potere in conto alcuno supplire a tutte le spese. Non per questo si sgomentò il P. Cappellano, perché avute già solenni promesse da taluni di quelli Abitanti, che avrebbero acquistata l'antica Chiesa, il cui valore fu ritenuto dal Perito all'uopo prescelto in scudi 4.30, e perché da alcuni suoi Amici di questa Città, e de' vicini Paesi, era assicurato di essere soccorso con delle Elemosine, e perché in fine moltissimi avevano dato parola di prestarsi gratuitamente 80 al carreggio totale dei materiali necessarj, stando in pienissima buona fede, non dubitò convocare altra Congregazione per venire alla scelta del Capo Mastro Muratore per dare mano alla costruzione della nuova Chiesa; quale Congregazione riunitasi, prescelse il Capo-Mastro Muratore Sigr. Niccola Rossi, con riserva che quando a questi non piacesse di accettare tal lavoro, fosse questo devoluto all'altro Capo-Mastro Sigr. Adriano Bronzetti. Portata a cognizione del Rossi la deliberazione, accettò l'incarico. Stipolato dall'encomiata Deputazione il Contratto con esso Rossi, tutto si disponeva per dare principio all'opera. Suscitatosi però un improvviso malcontento in gran parte di quelli Abitanti, perché si propalò non essere adatto il Luogo stabilito per la nuova Chiesa a motivo che essendo in prossimità dell'incasato di Zepponami, li Fedeli non avrebbero potuto, con il dovuto raccoglimento orare per il chiasso dei Vicini abitanti, e perché non sarebbero potuti accedere con libertà a piedi nudi Coloro, li quali per Grazie Ricevute volessero recarsi a rendere grazie alla gran Madre di Dio, e perché in fine non si sarebbe potuto avere annesso alla Chiesa l'Eremitorio. Questa stravagante inopinata opposizione, non alterò punto il nostro R.P. Cappellano, perché sul momento ottenne dal benemerito Signor Giuseppe Pepponi la cessione di un pezzo di terreno distante dall'incasato circa Passi 150, per ivi edificare la nuova Chiesa, superando in un istesso tempo la condizione apposta dal Pepponi, di avere cioè in concambio, meno la porzione che tocca a Lui, perché anch'Egli vuol concorrere a dare la sua parte, dai di Lui Nipoti Sigg.ri Antonio e Costantino Pepponi di fu Vincenzo, Maria Domenica Pepponi di fu Salvatore, Luigi Pepponi di fu Pietro, ed Antonio Pepponi di fu Giovanni un pezzo di terreno Comunale, mentre li suddetti Nepoti tutti del ridetto Signor Giuseppe Pepponi, non appena pregati dal P. Cappellano accondiscesero alla richiesta; il che ottenuto al fine di evitare nuovi ostacoli, volle tornare colla compagnia del Signor Costantino Pepponi da tutti li ridetti Capi di Famiglia per partecipargli il nuovo luogo destinato per la costruzione della Chiesa, e sentire se questo era di soddisfazione; che riuscito tale, meno presso pochi, sotto il giorno 2 Febbraro 1862, alle ore 8 antemeridiane in seguito delli opportuni permessi ottenuti dall'inallora Benemerito Vescovo Bo.Mem. Monsignor Luigi Jona, il P. Santi accompagnato da moltissimo Popolo portò la Croce nel Luogo suddetto; alle ore 3 pomeridiane poi dello stesso giorno con solenne pompa fu benedetto il 81 Luogo stesso della nuova Chiesa, e posta la prima pietra fondamentale, il che eseguì il Rmo Sigr D. Stanislao Amati Canonico Penitenziere di questa insigne Chiesa Cattedrale e Rettore di questo Venerabile Seminario. La Santa funzione riuscì di somma soddisfazione di tutti perché fatta con ogni proprietà, giacché questa ebbe luogo con l'intervento di quasi l'intero Seminario, di alcune Confraternite che processionalmente partendo dalla antica Chiesa si portarono al Luogo più volte ridetto per ivi assistere, conforme avvenne, alla S. Funzione. Gran Popolo accorse anche dalla Città a prendere parte a questa solennità. Nei giorni seguenti vennero riempiti li già preparati fondamenti mettendo in opera quel materiale ch'era stato allestito. Compiuto quanto fin qui è stato narrato non isfuggì all'avveduto R.P. Santi che questo iniziato Lavoro non avrebbe potuto sorgere con quella voluta regolarità ed eleganza che richiedesi per la Casa di Dio senza la direzione di un Architetto. lin tale pensiero tenne in sgomento il P. Cappellano perché nelle ristrettezze in cui versava, non potea determinarsi ad affidare a chicchesia tale incarico. Ben presto però la Provvidenza lo tolse da tanto sgomento, perché giunto a conoscere che il suo collega di studio e grande amico Sig. Enrico Calandrelli di Viterbo aveva fatto ritorno in patria, sortito dagli studi di Architettura, che con si-ngolare profitto aveva compiuto sotto il celebre Vespignani, volò il P. Santi dall'Amico, e fatte presenti a questi le sue circostanze ed afflizioni lo obligò non solo a modificare l'ideato disegno, ma enziandio ad assumere la direzione della incominciata Lavorazione, conforme in tutto e per tutto gratuitamente si adoperò fino anche alla redazione del Collaudo dei Lavori eseguiti, che sono giunti al compimento dei Muri e del Tetto, essendo stati abbassati li Muri da quanto stabilisce il disegno di palmi 2, onde ottenne risparmio di spesa, però con l'assenso dell'Architetto. Per Divino ajuto li 9 Luglio 1866 giunse il P. Santi Cappellano a vedere la Chiesa nuova coperta del Tetto. Non vi è penna capace a poter descrivere quali e quante ardue fatiche non disgiunte da afflizioni, ed angustie di ogni genere dovesse il medesimo sostenere per poter giungere a tanto, poiché alcuni di coloro che con solenni promesse l'avevano assicurato di prestarsi al carreggio gratuito dei materiali tutti occorrenti, dando ascolto agli Infernali consigli, nel più bello ed interessante del Lavoro l'abbandonarono. Quelli che spontanei si erano offerti 82 per l'acquisto della Chiesa antica, sul cui incasso aveva fatto il P. Santi londato conto, tutti si ritirarono dall'assunto obbligo tranne il Sigr. Antonio Pezzato che fu costante nella data parola di acquistare la Sagrestia e Cappella così detta delli Uomini, e questa sua immutabilità la dié a conoscere coi fatti, avendo dato un acconto del prezzo; in guisa che per l'occorsa spesa, del come sopra eseguito Lavoro, che ascendeva a scudi 1,259:32 conforme meglio al Rendiconto, si trovò di non poter contare che solamente su scudi 464:10 che si ebbero 1 - Dalle spontanee oblazioni scudi 249.01 2 - Dalle questue fatte dal P. Santi scudi 39.52 3 - Dai sopravanzi della Cappellania scudi 145.57 4 - Dal Sigr. Antonio Pezzato in acquisto Sagrestia scudi 30 Somma: 464.10; in modo perciò che trovossi esposto ad una deficienza niente meno che di scudi 795:22. La Provvidenza Divina, che non abbandona mai veruno in specie coloro che operano con rettitudine e santo fine, non lasciò nò esposto il zelantissimo P. Santi, perché appoggiato questi in primo luogo alli savj Consiglj del Nobil Uomo Re.mo Sigr. Can.co D. Guglielmo Ricca il quale con tutto l'impegno si prestò per appianare le infinite difficoltà insorte durante tal Lavoro; quindi all'ottimo R.ndo Parroco Sigr. Don Paolo Bracoloni, che con morale influenza animò molti buoni Contadini in special modo delle Contrade dette il Giglio, e Muro, a prestarsi con le loro fatiche per questa Sant'opera; e finalmente al magnanimo Sigr. Giuseppe Pepponi il quale oltre le sue grandi fatiche sostenute diede splendidi soccorsi, come si vedrà al Rendiconto Fabbrica nuova Chiesa; fecero a questi seguito Giovanni Biscotto il quale oltre li pecuniarj sussidj, donò alla Chiesa nuova una Campana del peso di circa Libbre 150. Antonio e Costantino fratelli Pepponi, Maria Domenica Vedova Pepponi, non disgiunta la figlia di questa, di nome Carolina, che fu Matrina della suddetta nuova Campana; Agostino Pepponi Patrino della nuova Campana medesima, potè con ogni facilità appianare, aggiuntovi il denaro ottenuto dalli accennati suoi Amici della Città e Paesi convicini l'enunciata vistosa deficienza, come meglio al Rendiconto. Condotta all'indicato punto la nuova Chiesa, rimasto il P. Santi privo di ulteriori mezzi per condurla al suo fine, pel rimanente da farsi si affidò alla Provvidenza. Un fondo solo rimane a lui disponibile, ed è quello di Scudi Cento destinati per la formazione di un conveniente Altare nella Nuova Chiesa 83 in onore di Maria SS.ma del Giglio, ch'Esso col pienissimo consenso di quasi tutti gli Abitanti della Contrada, e con Sovrano Rescritto di Sua Santità Pio Papa IX felicemente Regnante potè formare con la Vendita di tanti Doni di Oro e di Argento che possedeva la ripetuta Santa Immagine: alla qual vendita si determinò per evitare un terzo esempio, che ne venisse cioè la detta Santa Immagine nuovamente derubata. La premura del Zelantissimo P. Santi Cappellano, benché attorniato, come sopra si è detto, da tante difficilissime brighe, ed oppresso da inesplicabili dispiaceri procuratigli da Satanniche insinuazioni durante il Lavoro della Fabbrica di cui si è parlato, non si limitarono a quella sola Opera, perché contemporaneamente con Santa Ammirazione e soddisfazione non solo dei Contadini di quella parte di Campagna accennata, ma dell'intero Contado, e Città ancora ne compì inaspettatamente altra ben ardua qual'è quella della Erezione nella Nuova Chiesa di una Confraternita sotto il Titolo di Maria SS.ma del Giglio, e S. Felice da Cantalice. Egli, il provvido P. Santi per compiere con legalità tante cose a vantaggio della Nuova Chiesa aveva bisogno di un Corpo Morale in faccia del quale potere le cose tutte fondare, ed Egli può andare superbo di averlo regolarmente, e completamente formato in mezzo a generali applausi, e quel che più conta, in pochi mesi, non ostante il sopra detto affascinamento di Affari che lo tenevano seriamente occupato, poiché formata da Lui la Regola, fé' a questa meritare la necessaria approvazione di questo Mr. Vescovo Amm.re Paolo Alessandro Spoglia, come lo prova il V.to Rescritto in data 8 Marzo 1865. Quindi, eretta la Confraternita ottenne l'ascrizione di oltre N. 100 Fratelli ed altrettante Sorelle, ed in un istesso tempo ebbe la consolazione di ottenere: che li Fratelli medesimi a proprie spese si facessero la stabilita divisa, e così con ammirabile decoro, e generale ammirazione, con solenne pompa nella ricorrenza della Terza Festa della S. Pasqua di Risurrezione 1866 per la prima volta fece accedere processionalmente la Confraternita stessa in questa Cattedrale a ricevere la Benedizione della Quadragesimale Predicazione, siccome intervengono le altre Confraternite Rurali, senza che nulla mancasse al dovuto completo ornamento della Confraternita medesima, alli quali necessarj ornati senza alcun sgomento, con il massimo risparmio, come rilevasi dal relativo Rendiconto, provvide con piena proprietà, perché quella oblazione che suole in tutte le Confraternite darsi dai Fratelli e Sorelle in Cera 84 Madonna su tela nell'atto della respettiva ammissione, Egli, ottenuto il generale assenso, la fissò a denaro che per li Uomini in Baj 50, per le Donne Baj 30. con questo prodotto provvide a tutto. Ebbe, non può tacersi, il P. Santi dei zelanti Coadiutori per portare a luce questa tanto degna e santa opera, questi vollero anche lasciare una memoria alla Confraternita eretta, dalla quale ebbero il bene essere li primi ad essersi ascritti però a lode di questi non può tacersi che: Il Confratello, ed attuale Priore Sigr. Giuseppe Pepponi donò il bel Velo Umerale ricamato in oro ed in seta; Il Confratello Sigr. Vincenzo Rosetto la maestosa Bandiera che precede le Processioni; Li Confratelli, germani Fratelli Merlo Sigg.ri Antonio, Vincenzo, e Salvatore la Statua con la respettiva Macchina del Contitolare S. Felice da Cantalice, che a suo tempo verrà collocata sull'altare della Confraternita nella relativa Cappella, la edificazione della quale con l'opera del Mastro Muratore Sr. Niccola Rossi è già iniziata di rimpetto a quella gentilizia del Sr. Giuseppe Pepponi; La Buona Memoria Barbara Pepponi donò la gaja Benda del Crocifisso; La Consorella Oliva Pepponi di Antonio donò il Crocifìsso che le Zitelle portano nelle Processioni, cui entrano; La Consorella Clementina Rosetto donò Undici Candele di Libbre due l'una ornate di pitture per portarsi dalle Zitelle nelle Processioni, cui ha luogo l'accompagno delle Zitelle, come al Regolamento; La Consorella Oliva Pepponi vedova del Sigr. Giovanni donò alli RR. PP. Santi da Viterbo Cappuccino, e P. Giacomo dalla Tolfa, come Cappellani, la Cotta griccia, e questi spogliandosi del Dono a Loro fatto, vollero che la Cotta rimanesse in proprietà della Confraternita insieme alla Bella stola di Broccato spettante alli suddetti. Le cose tutte come sopra narrate, giunte, col Divino ajuto al termine precisato debbonsi ripetere principalmente dalla singolarissima attività e perspicacia del R.P. Santi più volte encomiato; Li Abitanti della Contrada Zepponami ed annesse ricorderanno sempre con piacere, anche nelle più lunghe età tanto benemerito Cappellano per li tanti Benefici resi a quella Cappellania, implorando anche da Dio su di lui ogni Bene, poiché le somme fatiche sostenute da tanto degno religioso, li disturbi ch'ebbe a soffrire sono indiscrivibili. Ingiuste con- 85 trarietà insorsero contro di esso, Egli riuscì eminentemente superiore a lutto, avendo il Sommo Dio disposto in guisa, che il zelantissimo Mr. Vescovo Amministratore sullodato spiegasse un singolare impegno pel compimento stabile e perfetto della eretta Confraternita per la quale eziandio sempre a gloria di Dio, di Maria SS.ma del Giglio, di S. Felice da Cantalice e di tutta la Corte Celeste non furono disgiunte le opere dei lodati Sigg.ri Canonico Ricca, Parroco Bracoloni, e P. Giacomo della Tolfa, non che delli Sigg.ri Pepponi tutti, Giovanni Biscotto, e di moltissimi buoni Contadini; perciò a tutti sia lode ed onore in eterno. Nella impossibilità assoluta in cui il R.P. Santi si trovava di poter condurre al suo termine la Nuova Chiesa per mancanza di necessari fondi, desideroso al pari di tutti quelli che partecipano del Contado della Chiesa stessa di vederla al più presto officiata, pensò bene di creare un debito. Ed infatti chiamata all'uopo la Congregazione Generale, fece a questa nota la sua idea; che piaciuta generalmente si deliberò creare un debito di Scudi Quattro Cento, il quale rimanesse solidamente garantito da tutti li Confratelli. In seguito di che fatte le più opportune prattiche si ottenne la detta Somma dal Sigr. Michele Presciuttini. Questi senza il minimo indugio, benché si rinnovassero al lodato P. Santi dai nemici del Culto Divino delle non poche amarezze, il Lavoro toccò completamente il suo fine, essendosi con ogni convenienza costruiti non solo gli Altari, ma eziandio ornata di semplice sì, ma elegante pittura la Chiesa che eseguì il Sigr. Cesare Viali. Ultimato ogni lavoro, con l'aiuto Divino, il giorno primo di Settembre dell'anno di grazia 1867 ebbe luogo 'la solenne apertura della nuova Chiesa, in guisa che alle ore 9 antemeridiane Monsig. Giuseppe Maria Bovieri Vescovo di questa Città assistito dal Molto R. P. Nicola da Pendenza Ministro Provinciale dei RR. PP. Cappuccini, da Mr. Benedetto Mariani Vicario Generale di Montefiascone, dal Rmo Sigr Canonico D. Guglielmo Ricca, R. Parroco D. Paolo Bracaloni, R. P. Santi Presidente della Confraternita, ed altri molti Sacerdoti, con solenne Rito Benedì la Chiesa stessa; quindi il lodato Mr. Vescovo celebrò con pompa la S. Messa a cui fecero seguito tanto li lodati R. P. Provinciale, Mr. Vicario Generale, quanto il R. P. Faustino da Castelnuovo Segretario del ripetuto P. Provinciale. Nella sera del suddetto giorno alle ore cinque circa pomeridiane con solennissima Pompa, processionalmente fu traspor- 86 tata dalla antica Chiesa alla nuova la S. Immagine di Maria SS.ma del Giglio. La numerosa popolazione accorsa a questa S. ceremonia dalla Città, dall'intero Contado, ed anche dai Paesi vicini, con ammirazione, e piena soddisfazione ebbe a rimanere edificata nel vedere compiuto con ogni riverenza ed ordine una funzione tanto commovente. Poiché: la Processione ebbe principio con il più bel Vessillo fatto a spese del Confratello Sigr. Vincenzo Rosetti, che era sostenuto da uno dei Confratelli! di questa nuova Confraternita. Quindi in bell'ordine defilata la Confraternita la quale portava Candela accesa, acquistata a proprie spese, seguiva il Concero Musicale di questa Città a cui tennero dietro il Rev. Corpo di questi RR. PP. Cappuccini, alcuni RR. Siggr. Canonici di questa Cattedrale, Mr. Vicario Generale, e finalmente Mr. Vescovo. Terminato questo sontuoso corteggio veniva la S. Immagine di Maria SS.ma che collocata su ben decorosa Machina all'effetto e per la circostanza con arte formata, si trasportò da N. 12 giovani all'uopo destinati che a vicenda si sostituivano al trasporto. Questi giovani a loro proprie spese donarono all'altare della S. Immagine N. Undici Candelieri compresa la croce di legno inargentati. Immediatamente facevano seguito N. Trenta Zitelle del Contado, di quella parte cioè che gode del comodo della nuova Chiesa, recando ciascuna in mano una bella rama di fiori artefatti, che lasciarono in dono alla gran Madre di Dio. Questa decorosa Processione venne chiusa da una numerosa quantità di fedeli, accorsa per la circostanza, siccome sopra venne accennato. II Rndo Sigr Canonico D. Tommaso Lorenzi durante la Processione declamò tre analoghi discorsi che ebbero luogo il primo sulla porta dell'antica Chiesa al muovere da questa della S. Immagine; il secondo nel centro del caseggiato di Zepponami; il terzo sulla porta della nuova Chiesa, nell'atto che la Regina del Cielo fece il solenne ingresso nel (sic) Chiesa suddetta; nel quale atto, terminato il discorso, fra le inaudite grida di evviva Maria, suono del Concerto Musicale, suono di Sagri Bronzi, e sparo di Mortari la S. Immagine si andò a collocare nel luogo stabilito cioè sull'altare maggiore in mezzo alla magnifica raggiera di stucco dorata. Collocata così al suo posto la Beatissima Vergine sotto il titolo del Giglio, Sua Eccenza Rma vestito delli paramenti sacri intuonò l'inno Ambrosiano, e quindi compartì con l'augustissimo Sagramento la trina Benedizione, e con tal ceremonia venne chiusa ogni Ecclesiastica ceremonia in detto giorno. Per otto giorni poi consecutivi si proseguì a 87 festegigare questa solenne apertura di Chiesa e traslazione della S. Immagine in ciascun dei quali vennero celebarte molte Messe, e fatto discorso sopra le glorie di Maria Santissima, e di S. Felice da Cantalice Protettore della Confraternita, dopo il qual discorso veniva compartita la Benedizione coll'augustissimo Sagramento. L'ultimo poi di detti giorni, ebbe luogo la Comunione generale in cui il Rmo Sgr Canonico Amati fece dei fervorini. La Messa solenne venne cantata dal R. P. Santi Presidente della Confraternita, alla quale assistevano tutti li Confratelli vestiti della uniforme che distingue la Confraternita stessa. Alle ore cinque pomeridiane, il lodato Sigr Canonico Amati fece apposito discorso relativo all'apertura della nuova Chiesa, dopo il quale si cantò l'inno Ambrosiano e quindi compartita la Benedizione del SSmo Sagramento ebbero termine le sopra dichiarate feste, che a gloria di Dio, e di S. Felice da Cantalice, riescirono di generale soddisfazione si spirituale, che temporale. Si crede opportuno dichiarare, che quanto si verificò nei suddetti giorni relativamente alla feste, ogni spesa venne sostenuta con le questue fatte nella città, e nel Contado. Il Priore del (sic) Confraternita Sigr Giuseppe Pepponi, che non badò al sagrificio dei propri interessi per coadiuvare nel compimento della S. Opera, volle nella circostanza della apertura della Chiesa a proprie spese trattare tanto Monsigr Vescovo, quanto il R. P. Provinciale de' Cappuccini sopra enunciato, non che tutti quelli che fecero seguito alli medesimi ed a tutti li Sacerdoti invitati per le SS. Funzioni che ebbero luogo. Non può in fine tacersi, che la popolazione della parte del Contado che gode dei benefizi della nuova Chiesa deve portare eterna riconoscenza al R. P. Santi principalmente, quindi al R. P. Giacomo della Tolfa attuale Cappellano li quali si adoperarono per l'eseguimento il più esatto di quanto ha avuto luogo senza risparmio di fatica, dovendosi al lodato P. Giacomo ogni encomio anche per la sontuosa paratura con cui seppe elegantemente addobbare la Chiesa nella ricordata circostanza della apertura. Meritevoli sono in fine di riconoscenza il Rmo Sigr Caonnico Ricca, e Fratelli Rosetto, li quali ancora con impegno si prestarono per questa ora compiuta Santa opera. Laus Deo Per quanto soddisfatto rimanga l'animo del Rndo Padre Santi da Viterbo odierno Vicario nel Convento dei RR. PP. 88 Cappuccini in Montefìascone Presidente della Ven. Confraternita di S. Maria del Giglio e S. Felice da Cantalice nella Contrada dei Zepponami Contado di detta Città di essere cioè potuto riuscire a condurre a termine la fabbrica della nuova Chiesa sotto il titolo suddetto altrettanto rimase dispiaciuto perché per mancanza di mezzi, come sopra si accennò, fu obbligato aprirla coperta a tetto e nuda di ornamenti. Il di Lui pensiero però sempre era fisso nello studiare il modo di come poter fare per riuscire a cuoprirla di Volta, e renderla ornata in modo il più possibile degno della Casa di Dio. Fervide ed incessanti preghiere Egli dirigeva alla gran Madre di Dio, perché gli avesse voluto aditare una via da poter rendere paghi tali desiderj. Infatti la Vergine Ss.ma non tardò esaudirlo, perché il di Lui cuore fu tocco da una subita ispirazione, di rendere cioè nota la propria volontà al Confratello Rndo Padre Adriano da Viterbo Guardiano nel Convento ridetto dei PP. Cappuccini di questa Città, appartenente a famiglia facoltosa di Viterbo, ed influentissimo presso persone anche alte locate, non che all'altro Confratello Rndo P. Giacomo Della Tolfa egualmente di famiglia nel ripetuto Convento di Montefìascone attuale Cappellano della nuova Chiesa di cui si tratta. Infatti trovò in Essi la più che piena annuenza alle belle idee che esso P. Santi coltivava, e così ad unanimità stabilirono di darsi ogni moto per procurare delle elemosine per riuscire nell'intento rivolgendosi a persone facoltose anche al di fuori di Montefìascone, formare un fondo, e dar mano quindi all'opera. La Loro deliberazione fu un fatto, perché non tardarono un istante a darsi il moto più che immaginabile; e fu tale che riuscirono a trovar tanto denaro, che il pio disegno andò pienamente ad effetto, e persino stato anche superfluo il fondo formato, perché come si vedrà in appresso venne erogato per altri titoli, e vaglia il vero. Questa Chiesa che a forza di instancabili fatiche e premure del più volte ripetuto R.P. Santi da Viterbo, coadjuvato dal Confratello R.P. Giacomo dalla Tolfa, come l'intera popolazione ebbe sott'occhio, e potè con universale ammirazione vedersi in brevissimo tempo dalle fondamenta inalzata e condotta a termine, coperta però, come si disse, a tetto, nuda di ornamenti ma con convenienza il primo di Settembre del 1867, aperta alla Venerazione sotto il titolo di S. Maria del Giglio e S. Felice da Cantalice; oggi eccola là ognuno l'ammira coperta di grandioso Volterrano, vestita di bellissimi stucchi, ricca di 89 dorature nell'Altare maggiore, abellita da ragionate pitture, approviggionata di Balaustra di legno, di panche, e di altri comodi anche superflui; più di orchestra, Pulpito, non che di torre per le Campane, e di conveniente Camera sopra la Sagrestia, che piacendo, può servire di abitazione al Cappellano; finalmente avanti l'ingresso della Chiesa formato un comodo piazzaletto da ben ragionato e costoso antemurale, che rende agevolissimo l'adito alla Chiesa medesima, altrimenti sarebbe stato bastantemente incomodo. Non fu bastante però al singolare zelo, ed al non comune genio dei due lodati RR. PP. Santi, e Giacomo lo aver così ben ridotto la Chiesa: vollero ancora che nelle circostanze di solennità, possedesse tanto di paramenti di Damasco, Tele, Trine e Tocche in oro ed argento da potersi riccamente vestire a festa, perché la vollero anche fornita di due Bellissimi Lampadari di Cristallo maestosi e grandiosi, di dodici gaj rami di fiori di fine tela. Ed anche tutto ciò col prodotto delle Elemosine procurate dalli tre di sopra nominati RR. PP. Cappuccini. Meglio il tutto si rileva dal reso conto, che il più volte R.P. Santi a di Lui delicatezza volle che venisse registrato sul presente, come si legge a Pagine 26 e seguenti. Le stesse elemosine dopo tutte le sopra accennate spese sono state bastevoli a sostenere anche tutto quello che con singolare pompa occorse per la solenne Consagrazione della suddetta Chiesa, che si verificò il giorno 2 Maggio 1875, e per la grandiosa festa si Ecclesiastica che popolare celebrata il giorno della ottava di detta Consagrazione giorno che si verificò la festa di Maria SS.ma del Giglio cioè il 9 Maggio suddetto, per la quale festa concorsero con qualche sovvenzione li Contadini del Circondario delli Zepponami ed adjacenze. Sua Eccellenza R.ma Monsignor Gaetano Carli Vescovo di Almira dell'ordine dei RR. PP. Cappuccini che si degnò consacrare la nuova Chiesa, benignamente si trattenne per prendere parte alle SS. Funzioni nel giorno della festa in cui ebbe luogo una Messa Solenne in Musica composta e diretta dall'Ecc.mo Maestro di questa Cappella della Cattedrale, che celebrata dal R.P. Santi da Viterbo Presidente della Confraternita di S. Maria del Giglio, e S. Felice da Cantalice venne in abiti Pontificali assistita dalla lodata Ecc.za Sua R.ma Mr Gaetano Carli. Nella sera Solenne Benedizione con l'immagine di Maria SS.ma nella Contrada di Zepponami, terminata la 90 quale il degnissimo Prelato sullodato impartì la Trina Benedizione con l'augustissimo Sagramento. Ebbero poi luogo nel giorno della festa li seguenti pubblici spettacoli: Nella sera della Vigilia elevazione di elegante globo aereostatico. All'alba del dì festivo numeroso sparo di mortari, che più volte venne ripetuto nel giorno: Corsa di Cavalli al Fantino col premio di Lire 25 e Bandiera: innalzamento di altro elegante globo aereostatico, grande luminaria della Borgata, Fuochi d'Artificio, ed illuminazione a Bengala della nuova torre delle Campane, li quali divertimenti tutti vennero rallegrati dal suono delle variate sinfonie di questo Concerto Musicale. È piacevole ricordare che a corteggio dell'Encomiata Ecc.za Sua Rma Monsigr Gaetano Carli tanto nel giorno della Consagrazione della Chiesa, quanto in quello festivo di Maria S S j n a del Giglio intervennero il Rmo Decano della Chiesa Cattedrale di questa Città D. Pietro Federici, li RRmi Canonici D. Alessandro Basilj-Luciani, D. Bernardino Bacchi, il Rndo D. Paolo Bracoloni Vicario Perpetuo di S. Flaviano Martire, il Rndo Padre Adriano da Viterbo Guardiano di questo Convento dei RR. PP. Cappuccini, altri RR. Sacerdoti di questa Città e RR. PP. Cappucci (sic), oltre li RR. PP. Santi Presidente, e Giacomo Cappellano. Sarebbe una omissione il tacere che gli abitanti della Borgata Zepponami ed adjacenze non avessero mostrato le Loro premure pel compimento di tanto stimabile opera concorrendo del proprio per ornare la Chiesa, e guernire l'Altare maggiore di conveniente cera ed altro, Poiché è a sapersi: che li Signori Luigi Pepponi figlio della vedova Oliva, Felicita Pepponi moglie di Francesco, Teresa Pepponi figlia di Angelo, Domenica Pepponi moglie di Paolino, Rosa Pepponi di Agostino, Antonia e Francesca Sciuga ciascuno de: nominati del Loro particolare peculio donarono una Candela di Libbre Sei. Maria Domenica Pepponi poi, Oliva Pepponi dì Antonio, Bartolomeo Stefanoni, Giovanni Fetoni, Maddalena Vittoria Piergiovanni donarono le sei Tende di Musolo... che ornano li sei finestroni della Chiesa. Geltrude vedova Funari detta la Ciafrina volle donato il gajo tappeto che cuopre la gradinata dell'altare maggiore nella ricorrenze di solennità della Chiesa. Finalmente Francesca Paoletti detta la Ballarotta donò la bellissima tenda di seta ricamata in oro che cuopre la Immagine di Maria SS.ma del Giglio patrona della Chiesa. 91 Non sarà inutile ricordare, conforme venne pubblicamente partecipato dall'altare il giorno della solenne Consagrazione che: la Domenica quarta di Maggio, come giorno non impedito è stata stabilita per la celebrazione del solenne anniversario della Consagrazione. Che la Nuova Chiesa è dedicata in onore di Maria SS.ma del Giglio, del Patriarca S. Giuseppe Patrono della Chiesa universale, e di S. Felice da Cantalice Protettore della Confraternita eretta in detta Chiesa: e che in fine le reliquie dei Santi riposte il giorno della Consagrazione nel Tombino dell'altare maggiore in prossimità della Pietra Sacra sono dei Martiri: Revocato, Vittoria, e Pia. Alla Provvidenza di Dio e di Maria SS.ma principalmente, quindi alle singolari premure delli RR. PP. Adriano da Viterbo, Santi da Viterbo, e Giacomo dalla Tolfa, e di questi due ultimi anche alle instancabili fatiche che sostennero senza riguardo alla propria salute, la popolazione della Città e Contado di Montefiascone deve eterna riconoscenza per la compiuta suddescritta Santa Opera, sorta in tempi segnatamente contrarj alla S. Religione Cattolica, potendosi con franchezza asserire, che tolto il tempio principale e qualche altro, questo nuovo delli Zepponami primeggia fra gli altri che esistono e perciò di onore di Dio e di Maria SS.ma, della Città e di chi ne procurò ed ebbe parte nella edificazione. (Manoscritto nell'archivio dei Cappuccini di Montefiascone). 92 IO - Vertenza tra il P. Egidio da Caprarola e il Cavaglier S. Lorà Per difendere una giusta causa, e per garantire un innocente a torto perseguitato, mi indirizzo a V.E. R.ma, perché si interponga presso S.A.R. il nostro amorosissimo Protettore, qualora ne avvenga il bisogno sul fatto che sarò per narrargli. Deve adunque sapere, che in tempo della Republica, trovandosi la Cura della Commenda, poco distante da Montefiascone senza Curato, fui tanto stimolato dal Pro-Vicario Generale di questa Città a mandarvi un Religioso, che propter impotunitatem, vi mandai il P.re Egidio da Caprarola quale per lo spazio di sette mesi esercitò tale impiego con estrema sodisfazione de' Religiosi. Anzi lo stesso Cavalier S. Lorà, che tiene in enfiteusi la Commenda, ma non è Commendatore come spaccia, ne fece molti eloggi con il P. Guardiano circa l'ottima condotta del P. Egidio. Avvenne però doppo alcuni giorni, che il Cavaliere sudetto facendo delle angherie contro quel povero Popolo proibendo di raccogliere la spiga nei campi mietuti ed accrescendogli pesi incompatibili, il sud.o P. Egidio prese alquanto a difendere la causa de Poveri, e per dare un contrasegno si ritirò dalla casa del Cavaliere, dal quale cadde subito disgrazia, e trovando il rampino che in tempo di mietitura non aveva aspettato i suoi operaij per la Messa, il che non verifìcavasi perché il Religioso non aveva avuto avviso alcuno, immediatamente lo licenziò dalla Cura, il che io gradii molto, tanto più che si avvicinava l'aria cattiva ed io avevo bisogno di un Sacerdote per mandarlo Presidente nel Convento di Onano. Terminato questo presidentato fino che ci fu mandato il Guardiano nuovo, richiamai il P. Egidio nel Convento di Montefìascone, ove già era prima di famiglia. Saputosi ciò dal Cavaliere, se ne porco grandemente; fece minaccia di volerlo rimosso da questo Convento, proibì, che non si accostasse in conto alcuno alla Commenda, col frivolo pretesto, che gli metteva sii i suoi vassalli contro di esso; cosa falsissima di pianta. Con appagare in qualche punto la brama del sud.o Cavaliere, alla Commenda non vi è stato più mandato, ma per garantire l'innocenza, e li ottimi portamenti del Religioso, l'ho tenuto, 93 e lo tengo di famiglia in Montefìascone, avendone troppo grande necessità, ed essendo di buon esempio a tutti. Ma il Cavaliere, che per livore, e privata vendetta ciò sopporta mal volentieri, ha ricorso a questo Cardinal vescovo, quale non avendo trovato reità nel Religioso, lo lascia vivere in pace; ha ricorso al P. Provinciale, che fosse rimosso, ma avendogli io portato le ragioni che ho esposto, non lo ha eseguito. Ora minaccia fare le sue rappresentanze a S.A.R., le quali se mai fossero giunte, prego V.P.R.ma a degnarsi di esporgli, che i Ricorsi sono tutti falsi di pianta ed occorrendo produrrò attestati quanti ne abbisognaranno, ed io mi sarei vergognato di prendere le difese di un religioso, in cui trovato avessi una Reità, anche minima. Spero che mi farà questa carità di prender queste nella buona causa per che gli assicuro, e ne può assicurare S.A.R. che la persecuzione è del tutto ingiusta, e confido, che il nostro amabilissimo Protettore difenderà, come ha sempre fatto, l'innocenza perseguitata. Mi spiace che la lettera è troppo prolissa, altrimenti la pregarei, che S.A.R. leggesse pur la presente. Condoni la confidenza, e seccatura, che gli reco, e sperando nella di Lei bontà passo a rassegnarmi suo P. R. C. Per difendere una giusta causa, e garantire un innocente perseguitato mi sono astretto ricorrere al giustissimo tribunale di V.P.R. E.ma come nostro zelantissimo Protettore. Il Cavalier S. Laurent enfiteuta osia affittuario di una Commenda di Malta vicino a Montefìascone perseguita a tutta forza un nostro Religioso per nome il P. Egidio da Caprarola, vedendolo rimasto in questo Convento, ove è necessario; ed essendogli andato a voto un Ricorso fatto a questo E.mo Vescovo, ed altri Ricorsi avanzati al P.re Provinciale, ha minacciato ricorrere a V.A.R. E.ma. Per non recare noia, e fastidio maggiore A.V.R. ho esposto tutto il fatto al P.re R.mo Fedele, e si assicuri che non vi è punto di alterazione di verità, mentre mi arrossirei di rappresentare una cosa che fosse anche equivoca in una menoma parte. Ho tutta la confidenza nella equità di V.A.R. E.ma in difendere la buona causa, e l'onore dell'abito, nell'atto che col più umile, e profondo ossequio passo a baciarle il lembo della sagra Porpora, e soscrivemi della V.P.R. E.ma. (Documento non firmato e senza data nell'archivio del convento). 94 11 - Lettera del Provinciale sulla partecipazione alla vita politica Roma, 14 febbraio 1924. Reverendo Oss/mo Padre, Ci rechiamo a doverosa premura d'inviare alla P.V.R. affinché ne dia immediata comunicazione a tutti i Religiosi di cotesta Comunità la seguente notificazione trasmessaci in data di ieri dal Revjno P. Commissario e Procuratore Generale dell'Ordine per incarico della S. Congregazione dei Religiosi: « E' PRECISA VOLONTÀ' DEL SANTO PADRE CHE I RELIGIOSI D'ITALIA SI ASTENGANO DAL PRENDERE PARTE IN QUALSIASI MANIERA ALLA POLITICA». Resta dunque proibito a tutti i nostri Religiosi, Superiori e Sudditi, qualunque attività che abbia rapporto con la politica e segnatamente di partecipare, col voto o in altro modo, alla prossima lotta elettorale. Esortiamo non di meno i nostri Religiosi a voler supplicare la divina Clemenza, affinché si compiaccia di rimirare con occhio benigno la diletta Patria nostra e volgere le sorti verso il maggior bene della Chiesa e della Cristianità. Nella piena certezza che tutti i nostri Religiosi saranno per ottemperare all'espresso volere del SANTO PADRE a tutti inviamo la nostra paterna Benedizione, la quale nell'imminente Quaresima, si avvalori e conforti nello spirito di preghiera e mortificazione. Aff/mo nel Signore Fr. Igino da Alatri Min. Provinciale Cap.no (Arcivhio del Convento). 95 12 - Prefazione al « Breve cenno... » di Fr. Felice BREVE CENNO Mi r. 3101IHO MOLERÀ ASIATICO ri'IUTICv ISTRl.'ZIOKK POPOLARI-: >11 IU Ci ri) OMSril.l .'..' I\i,f.*! v*I }(> tri Iur «cwimy »M. Utili 111 UUMIIIUIUM, LUI.» I>H ««11 K C.I"I CO>» u \an:,iijgio r«mii«i . r.( ih il/te,Uc i> (kl nrm pn. (|.V|> M I pmlf. I-i areif«jj del Mal-m \ ITEP.no l«t«£0 jpciu.ndk) po0..i ." Il E I- A V. 1 0 \ j; Molti t-i istruitissimi Dottori l'isici scrissero intorno al cholera morbo dando salutari istrutto» i : ma oltre essere i dotti loro lavori assai prolissi; non possono esser compresi chiaramente , (in special modo a causa dei termini tecnici che secondo r arte medica devono usare ) che da persone intelligenti e versate nella medicina. D" altronde facendo questa malattia tali rapidissimi proqressi da non permettere la perdita di un sol momento di tempo, troppo prezioso da profittarne all' istante a prò delle povere persone che ne vengono attaccate , ho creduto bene pubblicare la se(jutnle istruzione , ed esporre così con ter- da Montefiascone mini adattati all' intelligenza di ognuno guel metodo di cura che secondo l' esperienza si è conosciuto essere più utile e vantaggioso nella cura del detto morbo. Dissi secondo i esperienza, perchè io stesso lo praticai d' accordo ai rispettivi medici locali su più centinaja di poveri colerici che in varj incontri ho avuto occasione di assisterli guai infermiere, e grazie a Dia ne hn veduti ottimi risultati, avendo potuto salvare circa due terzi degli attaccati , il che non è poco in questa terribile malattia. L' incontri da me avuti furono nel 18S7 in Ilenia, e nell'anno 1S55 ih Sfar tu nel mese di Agosto , nel Settembre in Capodimonte , nel .\orembre e tìecembre nel Lazzaretto di f'iterbo. Conoscendo adunque per replicata esperi eh sa cl:e allorquando più infierisce tal morbo , la maggior parte delle pei sane o non possonn ucer pronto l' ajutu di un medico , o al più alla sfuggita , per secondare anche il desiderio di molli che me ne fecero richiesta ho risoluto di 'crivere , secondo la. mia poca capacita tutu /•.(razione Pcpolvre , affinchè in occasione di una influenza colerica {che Dio per sua misericordia.ci tenga sempre lontana ) quei disgraziati a cui nimicasse i assistenza del Itiedico, abbiano una guida per regolarsi Dando vnu'cenno storico del detto morbo mi sono ingegnalo con pratiche osservazioni persuadere che nel dello morbo non esiste il carattere del contagio , e ciò l'ho fatto non per sostenere capricciosamente questa mia opinione, ma per coscienza, avendo ben conosciuto e in special modo in uno de' luoghi di sopra accennati, quanto rechi danno l' idea del contagio, poiché nel dello Paese talmente questa prevaleva che io rammento tuttora col cuore afflitto molti poveri colerici quasi del tulio abbandonati in mezzo ai. più crudeli tormenti che caratterizzano questa terribile malattia. Tonio adunque vi accenno o miei carissimi fratelli e sorelle in Gesù Cristo con tutta la sincerità a maggior gloria di Dio, a bene e vantaggio del mio prossimo , il quale per precetto divino sun tenuto ad amare come me me desimo. Così sia. 13 - Fra Felice da Montefìascone (Mengarani Giovanni Antonio) Montefìascone 27-5-1755 - Roma 27-1-1828 Nacque da Bernardo Mengarani (Parcamengarani, scrive il Rosatini in « Compendio della vita del Servo di Dio Fra Felice da Montefìascone... », Roma 1828, dal quale riassumiamo) e da Angela Attini il 27-5-1755 e fu battezzato col nome di Giannantonio. Passò l'infanzia tra pecore e buoi insieme al padre. Leggeva « un picciol libretto di cose di pietà » e spesso fu visto pregare durante il pascolo. Un pericolo di morte occorsogli nella ricerca del bestiame sfuggito e dal quale fu liberato grazie all'invocazione della Madonna, lo fece decidere a farsi religioso. Morti i genitori, a 28 anni divenne Cappuccino 1*11 ottobre 1783 nel convento della Palanzana a Viterbo. Esercitò l'ufficio di questuante, cuoco e ortolano a Civitacastellana, Rieti, Vetralla e, per 15 anni a Roma. Durante la soppressione degli ordini religiosi, si rifugiò dai cappuccini di Montefìascone; nel suo paese non gli mancarono difficoltà: il brigadiere della gendarmeria, Tureau, « per ben due volte affrontatolo sulla pubblica via, con dure e villane parole insultandolo, gli intimò che desistito avesse dal più andare vagando per le case, minacciandolo in caso contrario di castigo ». « Un certo musico di Montefìascone... scontrandolo un giorno per via, incominciò da prima a beffarlo, ma questi tacendo, e non prestando orecchio, passò a caricarlo quanto più seppe di ingiurie, tacciandolo da Frataccio, Ipocrita, frazionario, ed altri tali termini che il suo livore interno gli seppe mettere sulle labra ». In tutte e due i casi Fra Felice riuscì con la sua mitezza a far ricredere i suoi avversari. Quando si riaprì il Convento di Roma e Fra Felice vi ritornò, a Montefìascone gli rubarono « chi la rozza posata con la quale prendeva lo scarso caritativo nutrimento, chi il ca- 97 CO M . P E N DIO D E L L A D E L DA V I T A S E R V O D I D I O MONTE.FIASGONE LAICO PROFESSO DELL'ORBINE SERAFICO DE' MINORI CAPU;.;Uì;ni" 3103.r0 T?; ROSTA EOA ODO?.S ÒLI 2,7. GEì(JJAJO BI SASTITA* iO^B. SCRITTA j)AL SACERDOTE GIOVANNI AVVOCATO ìlÓSàTOH E D E D I C A T A . ALL' EMO , E KMQ CÀ1VI). D E L LÀ ISELLA S T A M P E R I A DELTA SIGNOR SOMAGLIA' R T : Y . CA!\T. A P O S T . pezzale ove poggiava la testa, e per fin la paglia su cui riposavasi »; tanta era la devozione verso di lui. « Godeva il Servo di Dio percorrere le più frequenti contrade di Roma coll'asinello quale per umiltà chiamava suo compagno ». Non accettava elemosine più del necessario per quel forte senso di giustizia che lo spinse a far accettare al padrone il prezzo di un cavallo che era morto mentre Fra Felice lo aveva provvisoriamente in custodia. Il Rosatini riporta alcuni segni miracolistici di Fra Felice e afferma che ripetutamente predisse il giorno della propria morte. Il suo cadavere rimase esposto in chiesa a Roma per tre giorni con un concorso di gente tale che dovette esser rivestito tre volte del suo abito religioso, perché tutti ne volevano dei frammenti; soltanto di sera tardi fu possibile seppellirlo, ma prima gli venne aperta una vena « ed il sangue ne uscì fluido, e vermiglio come da corpo vivo ». Lo stesso autore riporta dei segni miracolosi avvenuti dopo la morte di Fra Felice e a lui attribuiti. Una piccola lapide nella chiesa dei cappuccini di Via Veneto a Roma nella cappella della deposizione, segna la sua tomba: « Fr. Felice da Montefiascone / laico Cappuccino morto in Roma con fama di santità: il 27 gennaio MDCCCXXVIII ». Appena si seppe la sua morte, « Concorsero in gran numero a vederne e venerarne divotamente il cadavere, mantenutosi flessibile e senz'alcun mal'odore per tre giorni, nei quali rimase insepolto a soddisfazione del Popolo, che procurò d'aver qualche sua Reliquia, e perciò si è dovuto rivestire più volte d'abito... v'è ancora voce e notizia essersi ricevuta qualche grazia all'invocazione del Defunto Religioso » (Annali manoscritti, voi. Ili, p. 149). 99 14 - Pianta del convento del 1891 Ou^VWcv ìlei'le c^vw^oAl'e. ìvvekte t Dcfl. Coilctvto OYLeviXt^toJacv»*-^ scarte t^wuj 0)1 0 . o> lOAl-MM, DLIXO %«i^VU ^ Ow ' Wov^cO Cl/tl-WA^l.Ovvi' tcvivj M'INVI Vtloy ^v /// -««e» 1 S^M1 1 >1 JJ >) S fi ti v. .j! tJ I ^ T i l " ili».<f <t\ v JUS rf\M l\if 15 (Dvli ih 75 15 \ A ^ ., Uà i"o Vs // J a ! a | ts ©Art'. ajduM> SS I mU; ' •Ci. y - r>.Uti-X. W i, /uKiit- E. f ^ •V'/.-.fY.^iì' i imJSk ' fr 2)*-(^OllVC-tth) ~ì>t,V (?&.J3JHICCÌI%Ù Viv OT[onte|i<xltoncyQionlAet/ à t l é u y , . ^ J/LM+j : : -I : loc. duo ^ m m c r " 4 CvA^lot dleHe». OvciàiVOI/ à j \Ù<A/l\0 h I ÒU^MAOW clttt r -1 r -1 r 1 r R r -1 r n r : PmI n n L § X o ^ i o V u o i m i : : !•. ii 01!) 15 - Omaggio al P. Angelo Antonio dalla Tolfa AL PADRE ANGELO ANTONIO DALLA TOLFA EX PROVINCIALE E DEFINITORE DELL'ORDINE DEI CAPPUCCINI POICHÉ' CON ESIMIO ZELO E VALORE E B B E PREDICATO AI MONTEFIASCONESI LA QUARESIMA DELL'ANNO 1865 IL MAGISTRATO E POPOLO IN ARGOMENTO DI GRATO ANIMO DI LODE E OSSERVANZA OFFRIVANO SONETTO Ben di Sicar al fonte un dì ferita Alla parola del Figliuol di Dio Pianse il passato error la Samarita, Ed a meta immortai volse il desio: Ben' a quel Verbo, ch'è virtute e vita Di Maddalo la donna in cuor sentio Tanta possa d'amor, che ella pentita Perdon le valse d'ampie colpe e oblio. Ma quella voce, che dal labbro usciva Del Maestro divin forseché muta Pur oggi è fatta, e di valor suo priva? Ella vive mai sempre: e per te fiede, Apostolo di Dio, qual brando acuta; E alla Grazia di Lui fa nuove prede. 104 P. R. SONETTO Viam Dei in ventate doces (Lue. 20,21) Allor che il divo Paolo fu visto Dell'Aeropago tra' dottori assiso, Tutto fiammante divin foco il viso, Il risorto annunziare ignoto Cristo; Non a mondani modi il dir commisto, Ma nella verità del Paradiso, Ogni core più duro ebbe conquiso, E fu glorioso del Dottor l'acquisto. Padre, tu pur sciogliendo la tua voce, Tutto ripieno il sen di santo zelo Il sentiero ci stendi or della Croce. Godi, ché mentre questa tua Eavella Al vero attinta fu dall'Evangelo, Quanto semplice è più, tanto è più bella. L. P. B. NOTA La dedica e i due sonetti sono su un manifesto murale stampato dalla tipografia del Seminario di TJ. Sailini e si trova nell'archivio del convento. Il P. Angelo Antonio daLla Tolta <Paris Domenico) era nato a Tolfa il 17-8-1801 e morì a Viterbo il 20-3-llTl. I] necrologio dei Cappuccini lo dice « predicatore, lettore di filosofia, ministro provinciale. Religioso di grande merito per la sua dottrina e zelo per l'osservanza regolare». 105 16 - Fra Lorenzo Fra Lorenzo è un frate cappuccino Dal volto allegro e dalla barba bianca, Ottant'anni ha sul dorso e da vicino Noi mostra no, perché ha la voce franca; Cammina pel paese tutto il giorno, E alla sera al convento fa ritorno. Questa vita è non poco affaticata Ché porta sulle spalle la sacchetta, L'elemosina chiede, e una passata Fa per le case ed ha qualche cosetta. Quando la sacca è piena d'alimento Pian piano fa ritorno al suo convento. Questo frate è da tutti benveduto. Perché spira fiducia in ogni azione, Molto stimato egli è, ben conosciuto Dalle famiglie di Montefiascone, E quando in una casa si presenta Ad aver l'elemosina non stenta. Adunque questo frate mi narrava Un aneddoto strano di sua vita, E mi colpì talmente, e m'animava Narrare il fatto. Mia musa sopita Dal suo letargo si svegliò repente, Ispirandomi versi prontamente. Egli disse così: Caddi malato E il male diventò si crudo e forte Che di guarir fui quasi disperato, E dell'eternità battei le porte, Il mio malanno poi s'accrebbe tanto, Che mi venne impartito l'olio santo. 106 Per la città si sparse allor la nuova Che dritto era andato all'altro mondo, E questa dicerìa ebbe la prova, E fu creduta proprio fino al fondo Per non vedermi andar di porta in porta Girare nel paese con la sporta. Ma il male che pareva irrimediabile Fece il suo corso sempre migliorando, E per la cura assidua ed instancabile Che tutti mi venivan prodigando, Ben presto dal pericolo scampato Vivere sano ancor mi fu donato. Fu lunga invero la convalescenza; Mi durò molto pur la debolezza Ma soffrii tutto quanto con pazienza Guarigione accettai con allegrezza Perché fui in grado di poter andare Per la città di nuovo a questuare. In un giorno però m'accadde bella. Mentre ero uscito poco dal convento Io battea de' campi una stradelia Ed a guardare torno torno intento Due contadini mi si fero innanti Rimirandomi fìssi e titubanti. Fra Lorenzo!!! Esclamar meravigliati Fra Lorenzo? son io senza paura, Non credete che sia tra i trapassati Ripresi subito io con gran premura, Toccai del cielo l'eternali porte, Ma risparmiato fui da vera morte. Condotto fui dinanzi al Patre Eterno Estatico rimasi a tal splendore A tanta gloria ed al fulgor superno Pervasa ebbi di gioia mente e cuore Innanzi a tanta maestà prostato Umile attesi d'esser giudicato. 107 Mi domandò che cosa mai nel mondo Avessi fatto in tutta la mia vita, Ed io prostrato al sommo Iddio rispondo D'aver cercato di recare aita A chi avea bisogno e far del bene E alleviare ai mortali e affanni e pene. E poi??? Poi ho portato in vita mia Grande aiuto all'umanità dolente, Quando straziata urlava, e in ver soffria E prontamente le cavava il dente Così sanati dal duol per mezzo mio Grazie e benedizion rendeano a Dio. Domandò infin se qui in Montefiascone Vi fosser altri a tal mestiere adatti, E risposi che a tale operazione Unico io era e lo provai con fatti, Ordinò allora Iddio: Immantinente Tornate al mondo, o cavator del dente. Ai miei benefattori S. Franceco. pace e bene con la Benedizione di NOTA Fra Lorenzo da Bagnaia (Fabrizi Vincenzo) era nato a Bagnaia il 27-5-1845 e morì a Roma il 3-11-1935. Fu per molti anni nel convento di Montefiascone da dove fu trasferito a Palestrina, perché malato, il 21 novembre 1929 e ritornò a Montefiascone il 23 maggio 1931, occasione in cui la poesia fu composta. La poesia, con foto del frate al centro, è stampata dalla tipografia Appolloni di Montefiascone su foglio tipo manifesto, ed è nell'archivio del convento. L'autore è ignoto, ma i coniugi Trapè Cesarina e Augusto, che conobbero fra Lorenzo, ricordano a memoria la poesia e affermano che l'autore è Camicia Felice, molinaro. 108 Interno della chiesetta del convento 17 - Cappuccini nati a Montefiascone Gioacchino, fratello laico (1580-1637) Giovanni, fratello laico (t 1634) Tommaso, sacerdote, maestro dei novizi, guardiano ( tl645) Modesto, fratello laico (nato il 23-10-1613) Marcello, sacerdote, guardiano (t 1656) Felice, sacerdote, più volte guardiano, servì gli appestati a Viterbo nel 1657 (1620-1693) Alessandro, sacerdote (nato il 24-1-1640) Valentino, fratello laico (t 1714) Liberato (Laurentis Francesco), fratello laico (1673-1693) Francesco, fratello laico (1659-1719) Gioacchino <Farnese Angelo), sacerdote e predicatore. Religioso dotto, di vita esemplare e devotissimo della Ss. Vergine. E' l'autore di « La penitenza trionfante nella vita di S. Guglielmo eremita, duce d'Aquitania e conte di Poitier », Roma 1700; e di « Vita di S. Margherita Vergine e Martire ». (1660-1724) Flaviano (Cristofori Domenico), fratello laico (1701-1742) Felice (Morgante Luca Felice), sacerdote, predicatore, più volte guardiano (1684-1742) Giuseppe (Scoponi Costantino), fratello laico (1743-1783) Pio (Napoli Domenico), fratello laico (1727-1799) Biagio (Vignanelli Giuseppe), fratello laico (1756-1807) Felice (Mengarani Giovanni Antonio), fratello laico. Fu per 15 anni questuante in Roma ove godette fama di religioso pio e virtuoso, come dimostrò il grande concorso di popolo di ogni categoria presso la sua salma. E' sepolto nella chiesa dei cappuccini di Roma, nella cappella della deposizione. Il Rosatini ne scrisse un Compendio della vita, Roma 1828. (1755-1817). Felice (Zampetta Giuseppe), fratello laico pio e laborioso. Dalla sua esperienza nell'assistenza agli appestati scrisse il Breve cenno..., Roma 1866 (1814-1877) 109 Flaviano (Maccari Antonio), fratello laico (1818-1844) Mauro (Andreini Biagio), sacerdote, più volte guardiano (18621925) Angelo (Bartolomei Giona), fratello laico (1876-1930) Francesco (Ridei Luigi) fratello laico (1862-1931) Giuseppe (De Tobia Giovanni Battista) fratello laico pio e laborioso (1863-1929) Ulderico (Santini Giuseppe), sacerdote, predicatore, lettore di filosofia, guardiano. Religioso austero, amante della disciplina regolare e della preghiera (1860-1935) Michele (Andreini Giovanni Battista), fratello laico (1825-1916) Tommaso (Bellegi Vincenzo), sacerdote, più volte guardiano (1860-1936) Benedetto (Pepponi Pietro), fratello laico, laborioso e di buon esempio. Fu a servizio di Mons. Paolo Tei, vescovo di Pesaro e per molti anni nella curia generale (1863-1944). Bernardo (Fioretti Alfonso), sacerdote. Laureato in lettere classiche a pieni voti, insegnò a lungo nelle scuode dell'Ordine e nel Liceo scientifico di Acquapendente. Ha lasciato un lavoro dattiloscritto: Salterio del Breviario Romano latino-italiano secondo la nuova versione latina dai testi originali, con note esegetiche, letterarie e mistiche (1950). Religioso dotto, pieno di senso mistico e di abbandono alla Provvidenza (1909-1980) Lodovico Napoli, sacerdote (1927) Faustino Cosimi (Felice), sacerdote (1928) Enrico Ranaldi, sacerdote (1940) I nomi e le note relative ai singoli defunti sono stati ricavati dal Necrologio dei Frati Minori Cappuccini della Provincia Romana, Roma 1967, compilato da P. Teodoro da Torre del Greco. 110 I 18 - Defunti sepolti nel sepolcreto della chiesa dei Cappuccini (La sepoltura era nella cappella a destra di chi entra e vi si seppellì fino al 1869. Esenco nell'archivio del convento). Sacerdoti P. Giuseppe da Triponzio (f 29 agosto 1657), sacerdote, predicatore. P. Francesco da Canino (f 15 settembre 1658), sacerdote, predicatore e guardiano nel convento di Montefiascone. P. Bernardino da Nepi (f 20 settembre 1658), sacerdote, predicatore. P. Giacomo da Pizzighettone (f 7 ottobre 1657), sacerdote, predicatore e guardiano. Questi quattro sacerdoti morirono per contagio contratto nell'assistenza volontaria agli appestati di Montefiascone. P. Simone da Milano (f 7 settembre 1675), sacerdote. P. Cipriano da Palestrina ( f 2 ottobre 1712), sacerdote. P. Bernardo da Tolfa (f 4 ottobre 1765), sacerdote, predicatore, più volte guardiano, lettore di filosofia e teologia. Religioso di carità e buon esempio. M.R.P. Giustino da Bologna (f 23 marzo 1787), teologo del Card. Carampi vescovo di Montefiascone. M.R.P. Leonardo da Viterbo (f 6 ottobre 1793), sacerdote e predicatore, per 19 anni guardiano in molti conventi e per due volte a Roma, maestro dei novizi alla Palanzana e a Rieti, custode provinciale, confessore delle monache cappuccine a Roma. Per i suoi meriti con Breve di Pio VI nel 1784 ebbe il titolo di ex provinciale. P. Mattia da Cavaillon (f 19 maggio 1796), sacerdote emigrato dalla Francia. M.R.P. Giuseppe M. da Soriano nel Cimino (f 26 novembre 1805), sacerdote, predicatore, lettore di filosofia e teologia, due volte definitore provinciale. Religioso di integerrimi costumi e zelante della regolare osservanza. Ili P. Michelangelo da Farnese (f 2 giugno 1823), sacerdote e predicatore. P. Francesco da Civitacastellana (f 6 giugno 1864), sacerdote studente di teologia. P. Basilio da Alatri ( f 17 novembre 1869), sacerdote, predicatore, lettore di teologia. Chierici F. Gregorio da Palestrina (f 15 settembre 1619) F. Antonio M. da Casabasciana (f 19 maggio 1804) Fratelli non F. F. F. F. F. F. chierici Benedetto da Bologna (f 25 ottobre 1612) Giuseppe da Caravaggio ( f 12 maggio 1722) Serafino da Busto Arsizio (f 14 maggio 1753) Biagio da Montefiascone ( f 14 febbraio 1807) Tommaso da Bassano Romano ( f 23 giugno 1837) Crispino da Morlupo (f 24 gennaio 1866) Terziari e domestici F. Luigi da Bassano Romano, terziario (f 12 gennaio 1787) F. Giacomo da Vallemussi, terziario (f 23 marzo 1779) Angelo Leonetti da Ficulle, domestico (f 1 marzo 1772) Tommaso Vespasiani, governatore di Montefiascone, volle esser sepolto con i frati vestito del loro abito ( f 22 gennaio 1773) Antonio Pietro Domenico, domestico ( f 9 agosto 1842) Dopo la soppressione i frati e i terziari furono sepolti nel cimitero comunale in cappelle distinte. 112 19 - Defunti sepolti nella tomba dei Cappuccini nel cimitero di Montefiascone (Dalla « Relazione sui lavori di Esumazione » del 14-15 aprile 1959, Archivio del convento). Mezzetti Amerigo di Ernesto, f 3-11-1893 Polidori Romolo di Domenico, f 30-3-1894 Mezzetti Concetta di Alfonso, f 9-12-1894 Fapperdue Clarice fu Domenico, f 23-3-1895 Mezzetti Angelo fu Carlo Vincenzo, f 5-2-1896 Cecconi Annunziata fu Antonio, f 22-4-1896 Bartoleschi Margherita di Francesco, f 22-8-1896 Bartoleschi Maria di Francesco, f 6-9-1896 Danti Vincenzo fu Tobia, f 14-11-1896 Zampetta Benedetto fu Giov. Antonio, f 10-12-1896 Altigeri Fortunato fu Domenico, f 21-1-1897 Mezzetti Filippo di Alfonso f 23-1-1897 Menghini Pietro fu Francesco, t 9-4-1897 Rubbi Luisa fu Vincenzo, f 7-9-1897 Savignoni Maria di Venceslao, f 14-11-1897 Bartolozzi Giuseppe di Luigi, f 2-12-1897 Fioravanti Enrico di Bartolomeo, f 21-4-1898 Polidori don Filippo fu Alfonso, f 1-7-1898 Bartoleschi Demetrio fu Benedetto, f 21-10-1898 Polidori Domenica fu Alfonso, f 6-12-1898 Tassoni Domenico fu Giovanni, f 19-4-1899 Dognini Carlo fu Fedele, f 9-5-1899 Franceschi Anna fu Stanislao, f 20-3-1900 Della Casa Tito Angelo fu Carlo, f 24-3-1908 Bracoloni Evangelista fu Paolo, f 16-6-1908 Latini Giovanni fu Antonio (Fr. Bartolomeo da Ronciglione), f 6-1-1929 Augustini Pietro, f 15-3-1977 Alfonso Fioretti (P. Bernardo da Montefiascone), f 26-6-1980 113 20 - Defunti sepolti nella Cappella del Terzo Ordine Francescano nel cimitero di Montefiascone Fanti Anna fu Giuseppe, f 15-1-1885 Fanti Caterina fu Giovanni, f 10-1-1894 Cernitori don Costantino fu Adriano, f 25-1-1894 Bracoloni M. Anna fu Giorgio, f 9-3-1894 Mancinelli Rodolfo di Vincenzo, f 28-4-1894 Troppichino Angela fu Vincenzo, f 9-11-1894 Napoleoni Caterina fu Carlo Nicola, f 17-11-1894 Vespi Ignazio fu Giuseppe, f 2-12-1894 Apolloni Armenia di Giuseppe, f 2-2-1895 Lampani Alcide di Enrico, f 25-3-1895 Petrella Maria fu Bernardino, f 22-4-1895 Iacopini Enrica fu Filippo, f 16-9-1896 Iacopini Ester di Attilio, f20-10-1896 Malagola Dr. Biagio fu Francesco, f 4-12-1896 Bracoloni Bibiana fu Giorgio, f 14-3-1897 Fanti Vittoria fu Vincenzo, f 16-5-1897 Rocchi Lucia fu Filippo, f 8-6-1897 Menghini Verginia fu Giovanni, f 15-10-1897 Manzi M. Anna fu Pancrazio, f 27-2-1898 Mori Assunta fu Pasquale, f 20-3-1898 Burroni Maddalena fu Giov. Carlo, f 9-5-1898 Cernitori Filomena fu Adriano, f 11-8-1898 Bracoloni Vittoria fu Francesco, f 21-8-1898 Latini Eufrasia fu Luigi, f 1-2-1899 Bartoleschi Ludovico di Francesco, f 18-2-1899 Bucciglioni don Antonio fu Vincenzo, f 1-3-1899 Pepponi Maddalena fu Giuseppe, f 18-3-1899 Ceccarini Angelo fu Domenico, f 26-7-1899 Carelli Luisa fu Francesco, f 12-8-1899 Burinello M. Domenica fu Paolo, f 10-1-1900 Fiorucci Francesco fu Gabriele, f 28-1-1900 Cernitori Candida fu Paolo, f 9-3-1900 114 Savignoni Pio di Venceslao, f 1-10-1900 Pieri Pietro fu Giovanni, f 21-11-1900 (esumato) Ballarono Rosa fu Domenico, f 2-1-1901 Franchi Serafina fu Felice Antonio, f 2-4-1901 Mezi Anna fu Lodovico, f 11-8-1901 Maurizi Maria fu Francesco, f 27-9-1901 Bartoleschi Ludovico fu Francesco, f 5-1-1902 Lodi Lucia fu Luigi, f 7-2-1902 Fanti Marta fu Vincenzo, f 25-5-1902 Casti Maria fu Stefano, f 15-7-1902 ... Pietro fu Giuseppe e fu Ceccobello Anastasia, f 12-7-1908 Presciuttini Francesco fu Michele, f 6-1-1909 Menghini Maria fu Francesco, f 26-7-1909 Proietti Teresa, f 22-8-1909 Piccioni Amalia fu Giuseppe, f 15-9-1909 Rossetti Lorenzo fu Arcangelo, f 26-7-1921 Montebove Romolo di Germano, f 3-10-1921 (esumato) Caterina in Lozzi (ossa tumulate il 28-11-1921) Presciuttini Giuseppe fu Giov. Battista, f 12-1-1922 Menghini Marta fu Giov. Battista, f 28-2-1926 Capaccia Giov. Battista fu Flaviano (P. Modesto da Grotte di Castro), f 17-1-1944 NOTA Sono possibili altri nomi, ma i registri in parte sono deteriorati e illeggibili. I resti del P. Modesto nella esumazione del 1959 sono stati trasferiti nella tomba dei Cappuccini. Nel 1967 la tomba del Terzo Ordine Francescano è stata alienata. 115 21 - Elenco dei P.P. Guardiani del Convento di Montefiascone 1626 - P. 1627 - » 1627 - » 1629 - » 1630 - » 1631 - » 1632 - » 1634 - » 1635 - » 1636 - » 1637 - » 1638 - » 1639 - » 1640 - » 1641 - » 1642 - » 1643 - » 1644 - » 1645 - » 1646 - » 1647 - » 1648 - » 1649 - » 1650 - » 1651 - » 1655 - » 1656 - » 1658 - » 1659 - » 1660 - » 1661 - » 1662 - » 1665 - » 116 Cesareo da Ripi Epifanio d'Aspra Cesareo da Ripi Antonio da Piperno Giovanni Maria Bergamasco Bonaventura da Cagli Bernardino da Scheggia Ippolito Bresciano Bonaventura da Cagli Francesco da Genazzano Clemente Romano Ilario da Rochette Paolo da Torri Leonardo da Viterbo Bonaventura da Cagli Carlo da Prato Gregorio d'Alessano Felice da Napoli Carlo da Prato Filippo da Firenze Clemente d'Osimo Felice da Napoli Giovanni Grisostomo da Roma Gregorio d'Orvieto Basilio da S. Gennaro Serarfino da Bagnorea Giacomo da Pizzichettone Francesco da Genazzano Bernardo da Taggia Serafino da Borgognone Giuseppe da Monte Giorgio Benedetto da Proceno Michele da Viterbo 1666 - P. 1668 1669 1670 1673 1674 1676 1677 1680 1682 1683 1689 - 1689 1691 1692 1685 1694 1695 1697 1698 1701 1703 1704 1706 1708 1709 1711 1712 1714 1715 1717 1723 1724 1726 1727 1729 1730 1732 1733 1736 1739 1741 - Serafino da Borgognone Michele da Viterbo Giovanni da Mercatello Donato da Monte Santo Giacomo da Pesaro Angelo d'Alerici Bonaventura da Bagnaia Giovanni Domenico da Taggia Bernardo d'Acquapendente Bonaventura da Bagnaia Felice da Montefiascone Raffaele da Parma Bonaventura da Bagnaia Tommaso da Bagnaia Benedetto da Poggio Mirteto Giacomo da Pesaro Damiano dal Borghetto Leonardo da Viterbo Filippo Maria Milanese Vincenzo Bergamasco Serafino da Viterbo Vincenzo Bergamasco Bernardo da Cotogno Vincenzo Bergamasco Angelo Maria Bergamasco Bonaventura da Bagnaia Stefano dalla Tolfa Michelangelo da Pistoia Giuseppe da Bagnaia Giuseppe Antonio da Piediluco Francesco Antonio da Fivinzano Francesco Antonio da Portercole Leone dalla Valtellina Carlo Filippo da Civitavecchia Antonio dalla Valtellina Pietro Paolo dalla Valtellina Giacomo da Taggia Giuseppe Maria da Nizza Francesco d'Alfidena Bonaventura da Vitorchiano Bruno da S. Remo Raffaele da Breno 117 1742 - P. 1744 - » 1745 - » 1747 - » 1748 - » 1751 - » 1754 - » 1757 - » 1760 - » 1762 - » 1763 - » 1768 - » 1771 - » 1774 - » 1777 - » 1780 - » 1783 - » 1786 - >» 1789 - » 1792 - » 1795 - » 1798 - » 1801 - » 1804 - » 1807 - » 1815 - » 1821 - » 1824 - » 1827 - » 1830 - » 1833 - » 1836 - » 1839 - » 1842 - » 1843 - » 1848 - » 1851 - » 1854 - » 1857 - » 1860 - » 1863 - » 1866 - » 118 Giuseppe Maria da Nizza Arcangelo da Sarzana Carl'Antonio da Voltri Felice Maria da Mentone Gioacchino da Vessù Pietro da Oneglia Bernardo dalla Tolfa Francesco Maria d'Acquate Ponziano da Busto Bernardo dalla Tolfa Andrea dalla Tolfa Domenico da Bagnaia Lorenzo dalle Grotte Leonardo d'Alatri Silvestro da S. Oreste Giovanni Maria da Bassano Leonardo da Viterbo Mansueto da Bagnaia Giuseppe Felice da Ficulle Giovanni Domenico da Viterbo Francesco Antonio da Viterbo Modesto da Bagnaia Giuseppe Maria da Soriano Modesto da Bagnaia Carlo Filippo da Civitavecchia Michelangelo da Farnese Angelo da Ficulle Fedele dalla Tolfa Andrea da Vetralla Fedele dalla Tolfa Giuseppe da Viterbo Stefano da Viterbo Giorgio da Riano Luigi da Viterbo Prospero dalla Tolfa Luigi da Viterbo Angel'Antonio dal Giglio Modesto da Bagnaia Luigi da Viterbo Innocenzo da Bagnaia Luigi da Viterbo Bonaventura dal Giglio P. Giuseppe Angelo da Viterbo Agostino dall'Allumiere Adriano da Viterbo Innocenzo da Bagnaia Luigi da Bassano Fedele dalle Grotte di Castro Giuseppe dalle Grotte di Castro Giuseppe dalle Grotte di Castro Giuseppe da Vetralla Giovanni da Montefiascone Agostino dall'Allumiere Cesare da Onano Bartolomeo da Grotte di Castro Giuseppe da Grotte di Castro Bartolomeo da Grotte di Castro Cesare da Onano Romualdo da Grotte di Castro Agatangelo da Acquapendente Bartolomeo da Grotte di Castro Bartolomeo da Grotte di Castro Innocenzo da Ronciglione Bartolomeo da Grotte di Castro Bartolomeo da Grotte di Castro Bernardo da Montefiascone Bartolomeo da Grotte di Castro Bernardino da Allumiere Agnello da Guarcino Pietro Paolo da Terracina Alberto da S. Rufina Agnello da Guarcino Agnello da Guarcino Ignazio da Guarcino Ignazio da Guarcino Ildebrando Pasqualoni Camillo Mostarda Raffaele Gaetani Ildebrando Pasqualoni Ildebrando Pasqualoni Francesco Moretti (Da un elenco esistente nell'archivio del Convento) 119 INDICE GENERALE 145 pag. » Presentazione Avvertenza PRIMA PARTE I - I L PERIODO DELLE ORIGINI E DEGLI INSEDIAMENTI . Il I I II convento di S. Francesco francescani a Montedoro francescani all'isola Bisentina . convento in città . . . I I - I CAPPUCCINI E L'ASSISTENZA NELLE EPIDEMIE. . La peste del 1657-1658 L'epidemia del 1761 Il colera del 1937 Timori per il colera del 1884 - Il lazzaretto del 1916 III 5 9 - DALLA SOPPRESSIONE AI NOSTRI GIORNI . SECONDA . . » •» » » » » 15 15 16 17 19 31 » » 31 35 36 » 39 » 42 » 53 » 57 » » 60 64 » 65 PARTE Documenti 1 - Lettera di Clemente VII al Card. Odoardo Farnese 2 - Il convento dell'Isola Bisentina negli annali manoscritti 3 - Depositi e Debiti del 1580-1593 . . . . 4 - Benedizione del convento e lapide della consacrazione della chiesa 123 5 - Tre strumenti di vendita dei terreni per la costruzione del convento 6 - Istruzioni da praticarsi in tempo sospetto di peste 7 - Il corpo e l'urna di S. Vincenzo martire . 8 - Il convento di Montefiascone negli annali manoscritti della Provincia Romana . . . 9 - Cenno storico sulla chiesa di Zepponami . 10 - Vertenza tra P. Egidio da Caprarola e il Cav. S. Lorà 11 - Lettera del Provinciale sulla partecipazione alla vita politica 12 - Prefazione al Breve cenno... di fra Felice da Montefiascone 13 - Fra Felice da Montefiascone 14 - Pianta del convento del 1891 . . . . 15 - Omaggio al P. Angelo Antonio dalla Tolfa . 16 - Fra Lorenzo 17 - I cappuccini nati a Montefiascone . . . 18 - Defunti sepolti nel sepolcreto della chiesa dei cappuccini 19 - Defunti sepolti nella tomba dei cappuccini nel cimitero di Montefiascone . . . . 20 - Defunti sepolti nella cappella del Terzo Ordine Francescano nel cimitero di Montefiascone 21 - Elenco dei padri Guardiani del convento di Montefiascone pag. 66 » » 71 75 » » 76 79 » 93 » 95 » » » » » » 96 97 100 104 106 109 » 111 » 113 » 114 » 116 Stampato a Viterbo con i tipi dello Stabilimento Tipolitografico Agnesotti nel settembre 1982