Il senso del colle: studio visivo del colle e del castello di

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Il senso del colle: studio visivo del colle e del castello di
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Il senso del colle: studio visivo del colle e del castello di San Michele a Cagliari
"Il senso del colle" :studio della visibilità, legata ai caratteri soggettivi della percezione sensoriale da parte della
collettività,attraverso lo strumento che piu' si adatta a rilevare/rivelare la realtà:la fotografia. Utilizzeremo lo strumento
fotografico per esprimere cio' che il luogo gia' esprime di se stesso, un forte carattere comunicativo -(sara' la fase dello
"studium", del rilevare)- e per esprimere un dato abbastanza anomalo che, come dire, "perturba il campo": man mano
che da lontano ci si avvicina al colle l'immagine risuta sfocata, anzi quasi scompare.(questa sarà la fase del "punctum",
del rivelare).descrivere cosa stiamo cercando è difficile, se non impossibile,il risultato della ricerca sarà una sorpresa,
anche per noi
CORSO DI
Architettura e Composizione Architettonica III
ANNO ACCADEMICO 2000-2001
IL SENSO DEL COLLE: studio visivo del
colle e del castello di San Michele a Cagliari
Gruppo B_01_01:
- Giacomo Crisponi
- Filippo Melis
- Stefano Natalizio
- Antonio Nughes
- Alessandro Onali
- Valeria Santoni
- Gianluca Sardu
- Alessandro Sitzia
- Marco Sulis
INDICE
- Lo studio compositivo
- Gli obiettivi
- Il metodo
- dalla città al colle
- visioni
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- QUADRO 1
- QUADRO 2
- QUADRO 3
- QUADRO 4
- i nuovi tragitti
- gli ostacoli fisici
- orografia lungo i raggi
- coni d'ombra
- i raggi deformati
- dal colle alla cittÃ
- visioni
- Lo strumento
- note sulla fotografia
- la percezione
- vision science
- le figure impossibili
- Conclusioni
- Link
Lo studio compositivo
Il nostro studio compositivo sul colle e il castello di San Michele
si basa su due distinti livelli di informazione:
il primo, approfondito nella sezione de"il metodo", è
quello espresso dal colle di San Michele e dal castello medioevale attraverso
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il forte carattere comunicativo dato dalla importante posizione nel
territorio, il secondo è quello delle informazioni che noi vogliamo
dare del colle attraverso il nostro studio.
La struttura del sito che presentiamo rappresenta "il codice"
attraverso il quale trasmetteremo queste informazioni:
tutti i percorsi possono essere raggiunti in più modi
i nodi della rete di informazioni sono connessi secondo una conformazione
stellare che permette varie possibilità di combinazione; l'informazione
è così a più bit, cioè il messaggio è
più completo.
i percorsi possono essere scelti e visitati in modo sistemico
le scelte non sono assolute, obbligate, il fruitore decide le proprie
direzioni e i propri collegamenti anche contemporanei gli uni agli altri,
le finestre si aprono contemporaneamente, si intersecano, si comprendono.
l'informazione è trasmessa attraverso flussi logici
l'informazione, pur essendo altamente entropica per l'alto numero di
combinazioni possibili, è canalizzata in flussi logici ben precisi
e definiti, le tre sezioni de "gli obiettivi", "il metodo",
"lo strumento".
il sistema creato è aperto
la rete di connessioni che abbiamo strutturato per raccontare il nostro
studio è aperta, presenta infatti dei "rami liberi"
a cui possono collegarsi gli studi degli anni passati e gli eventuali
sviluppi futuri.
Gli obiettivi
L'obiettivo è la ricerca di nuovi paesaggi urbani attraverso
lo studio della percezione visiva del colle e del castello di S.Michele
nella città . Ciò che cerchiamo sono le interferenze, naturali
o artificiali, che ostacolano oggi la percezione, e quindi la stessa
conoscenza, di un luogo antico e "alto", importante, potenzialmente
riqualificante per la città .
Perché il colle di San Michele, dal carattere spiccatamente
comunicativo, baluardo difensivo medioevale, continua stazione emittente,
quasi scompare all'interno della città di Cagliari?
attraverso le leggi della percezione visiva abbiamo cercato il senso
del colle nella città ,
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e abbiamo trovato la città .
nella sezione laboratorio del sito di Archilink abbiamo inserito alcuni
brani tratti dal testo di Kevin Lynch, "Il senso del
territorio" in cui si affrontano le tematiche della qualitÃ
sensoriale dei luoghi e le strategie di analisi e di azione per ottenerla.
Il metodo
METODO
- dalla città al colle
- visioni
- QUADRO 1
- QUADRO 2
- QUADRO 3
- QUADRO 4
- i nuovi tragitti
- gli ostacoli fisici
- orografia lungo i raggi
- coni d'ombra
- i raggi deformati
- dal colle alla cittÃ
- visioni
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Il metodo: dalla città al colle - visioni
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Abbiamo definito un campo di visibilità partendo da una griglia
radiale di 36 raggi ogni 10° che si intersecano con cerchi concentrici
distanti 500 metri l'uno dall'altro. Ogni raggio con i suoi punti di
rilevamento contiene così le informazioni sulla misura della
intrusione visiva in quel determinato campo.
Ogni raggio contiene delle sequenze di foto che quasi simulano il viaggio
attraverso la città . Le varie sezioni in cui è articolato
lo studio, i quattro quadranti attivi, danno la possibilità di
osservare visioni successive aprendo varie finestre contemporaneamente
alla schermata principale.
Il metodo: dalla città al colle - visioni
- QUADRO 1
Prospettive inaspettate e allineamenti strategici:
Monserrato e Pirri
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Il metodo: dalla città al colle - visioni
- QUADRO 2
Ampi corridoi visivi da luoghi spesso inaccessibili
Coni d'ombra >>>
Il metodo: dalla città al colle - visioni
- QUADRO 3
Il metodo: dalla città al colle - visioni
- QUADRO 4
I percorsi visivi spesso non seguono la regolaritÃ
dei raggi
Il metodo: dalla città al colle - nuovi
tragitti
I nuovi tragitti sono in realtà tragitti che già esistono;
sono tragitti di visibilità continua del colle di San Michele
visto dalla città ; è interessante notare come anche la
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segnaletica stradale influenzi questi percorsi privilegiati, a volte
il senso di percorrenza di una strada è il più forte ostacolo
alla visibilità del colle.
l'area evidenziata, il percorso del Viale Europa sul Monte Urpino,
è simbolo di questa ricerca nella città ; nella carta i
segni in giallo indicano i percorsi riscoperti, ognuno contrassegnato
da un numero a cui corrisponde in basso l'indicazione della zona.
1: Calamosca 2:
viale Poetto 3: viale
Europa 4:viale Marconi-via
Riu Mortu-città mercato di Pirri 5:
asse mediano-s.s.554- Monreale-Baraccamanna 6:Monserrato
7: Monserrato- s.s. 554-cittadella
universitaria 8:Monreale-ospedali
9: via Piero Della Francesca
10:viale Monastir-s.s.131
11:Buoncammino-piazza
D'Armi-via Is Mirrionis
Il metodo: dalla città al colle - ostacoli
fisici - orografia lungo i raggi
Il metodo: dalla città al colle - ostacoli
fisici - coni d'ombra
Il metodo: dalla città al colle - i
raggi deformati
Il metodo: dal colle alla città - visioni
Dallo studio effettuato sui raggi sembra quasi che l'oggetto di interesse
sia cambiato: non più colle e castello di San Michele ma la cittÃ
di Cagliari! partendo dalla considerazione che anche i risultati inattesi
fanno parte della ricerca abbiamo comunque ricondotto l'attenzione sul
colle con uno studio parallelo al primo.
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partendo dalle proprietà dell'ottica secondo cui, dati un osservatore
A e un oggetto osservato B, se A vede B anche B vede A, abbiamo percorso
il cammino inverso, dal colle alla città .
le immagini al centro della pagina individuano due diverse panoramiche
dal colle ai quattro quadranti in cui è stata suddivisa la città ,
da ovest a est.
ogni panoramica è stata suddivisa in base ai 36 raggi, in 18
parti ciascuna, ad una distanza dal colle di circa 2 km; in ognuna di
queste parti sono state individuate le foto più rappresentative
di ogni raggio e sono state collocate dalla più vicina alla più
distante dal colle.
Lo strumento
Molti di noi danno per scontata la nostra abilità di vedere
il mondo intorno a noi. Come lo facciamo non ci sembra un mistero: semplicemente,
apriamo gli occhi e guardiamo! Quando ciò avviene, percepiamo
un insieme complesso di oggetti significativi posizionati nello spazio
tridimensionale.
nelle due sezioni in cui è articolato lo spazio "lo strumento"
, "Note sulla fotografia" e "la percezione",
si vuole approfondire il tema della scienza della visione: dalle teorie
di Roland Barthes, studioso di semiologia tra i più famosi, autore
tra l'altro di testi quali Elementi di semiologia,(Milano, 1966), alle
tesi di E Palmer, docente di psicologia della visione all'universitÃ
di Berkley, CA, sino alle teorie dell'illusione ottica, si è
cercato di mettere a disposizione di tutti un laboratorio specifico
sul tema della percezione.
Lo strumento: note sulla fotografia
Lo strumento di verifica e di studio utilizzato è la fotografia.
Immagine rivelata, tirata fuori, allestita, spremuta come succo di
limone dall'azione della luce, la Fotografia è letteralmente
una "emanazione del referente". Tutto parte dalla considerazione
che leggere una foto, come leggere il reale significa confrontarsi con
il proprio bagaglio di idee, conoscenze, esperienze;
Illuminante a proposito della fotografia che rileva/rivela il testo
di Roland Barthes "La camera chiara" sottotitolo "nota
sulla fotografia", approfondito nella sezione Laboratorio
di Archilink, in cui ciò che si percepisce osservando una fotografia
può essere espresso attraverso due concetti che Barthes identifica
come Studium e Punctum.
Il primo ha l'estensione di un campo, che si disegna in base al proprio
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sapere, del quale si prova un interesse generale, che provoca un effetto
medio. Studium, in latino interessamento sollecito ma senza particolare
intensità .
Il secondo è l'evento che perturba il campo, infrange o scandisce
lo studium. Non siamo noi a cercarlo, è l'elemento in sè
che partendo dalla scena ci trafigge. Punctum, in latino puntura, piccolo
buco, macchiolina, piccolo taglio, punto sensibile. La parola stessa
rinvia al concetto di punteggiatura.
Koen Wessing, Nicaragua: l'esercito pattuglia le strade,1979
"Capii subito che "l'avventura" di quella foto era
dovuta alla co-presenza di due elementi..." R.Barthes, La
camera chiara Nota sulla fotografia Torino, 1980.
V.Santoni Ponte Carlo, Praga 2000
questa fotografia può essere d'aiuto per spiegare meglio i due
concetti:
la bambina mi aveva colpito per la sua bellezza e avvicinandomi al ritrattista
notai come il disegno rappresentasse un'immagine piuttosto diversa dal
reale, non una bimba dalle ginocchia nere di avventura ma un'affascinante
ragazza nordica; le proporzioni del viso erano sbagliate, l'espressione
poi...non mi feci scappare l'occasione di immortalare uno sfacciato
"imbroglio".
..quando sviluppai la foto mi resi conto che chi la avesse vista avrebbe
potuto notare si, l'incongruenza tra ritratto e soggetto, ma anche qualcos'altro...
il bambino che si sporge sulla Moldava...
chi è? un amichetto che aspetta? cosa guarda? non era mia intenzione
inserirlo nell'inquadratura e ora mi colpisce, attira la mia attenzione,
è il Punctum.
Il luogo (il colle) e l'oggetto nel luogo (il castello) dichiarano
esplicitamente, attraverso il connotato fisico della posizione e della
visibilità all'interno della città e del suo hinterland,
il loro carattere comunicativo.
ma c'è un dato che sin da subito ci ha per così dire
"punto" : come uno zoom inverso man mano che ci si avvicina
alla città , e al colle, questo quasi scompare.
Non perché non sia visibile, bensì perché non è
guardato.
Cagliari non vede, o meglio non guarda il colle di San Michele, la
sua immagine risulta sfocata.
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Lo strumento: la percezione
Definizione ed introduzione
Con una definizione piuttosto moderna, possiamo dire che la "percezione"
è il processo mediante il quale traiamo informazioni sul mondo
nel quale viviamo.
*Se vogliamo, invece, raccogliere le caratteristiche dellatto
percettivo, possiamo dire che esso è:
- primitivo ed immediato (nel senso di non intellettuale e riflesso);
- oggettivo (nel senso di essere legato a condizioni esterne al percepiente);
- globale ed unitario (nel senso di non essere una pura eccitazione
puntuale).
In linea generale, distinguiamo 2 modelli di approccio nellesame
dei processi percettivi:
1 modello (di realismo) ingenuo: afferma la mera ed
incontestata corrispondenza fra realtà fisica e realtÃ
percettiva;
2 modello neurofisiologico (di realismo critico):
c'insegna che la catena dei processi ha una direzione del tutto diversa:
dalloggetto, fonte degli stimoli, alla stimolazione dei recettori,
alla conduzione centripeta degli impulsi fino ai processi corticali.
Loggetto percepito è correlato strettamente con questi
ultimi processi e non immediatamente con loggetto stimolante.
*Il passaggio da un atteggiamento di realismo ingenuo ad un atteggiamento
di realismo critico può essere facilitato richiamando a scopo
dimostrativo alcune situazioni quotidiane:
- assenza fenomenica in presenza di oggetti fisici
(ad es., incapacità nelluomo di percepire ultravioletti
ed ultrasuoni&);
- presenza fenomenica in assenza di oggetti fisici
(ad es., silenzio, buio, triangolo di Kanizsa&);
- discrepanza fra oggetto fenomenico e corrispondente oggetto
fisico (ad es., le illusioni, nello specifico quelle "ottico-geometriche"&).
*Infine, uno dei problemi classici della percezione (specificamente,
quella visiva) è riassumibile nelle 2 canoniche posizioni de:
a l "innatismo" (Cartesio e Kant):
sostiene che luomo nasce già con una propria peculiare
capacità percettiva;
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b l "empirismo" (Berkeley e Locke):
sostiene che luomo impara attraverso lesperienza del mondo
circostante la maniera di percepirlo.
Questi 2 indirizzi, trasferitisi col nascere della psicologia sperimentale
dal campo più prettamente filosofico a quello appunto psicologico,
sono passibili secondo la maggior parte degli psicologi contemporanei
di una opportuna e feconda integrazione.
Lelaborazione degli stimoli sensoriali
Lelaborazione degli stimoli sensoriali non deve far pensare
ad un processo passivo, bensì ad una ricerca di significati,
come descritto dagli psicologi della Gestalt, che ne stabilirono alcune
leggi e principi (Wertheimer, 1923; Katz, 1948&):
1 lorganizzazione figura-sfondo, dov'è
possibile interpretare la figura oppure lo sfondo. Cè
una forte tendenza a localizzare larea vista come figura più
vicina di quella vista come sfondo. Rubin (1921) ha dimostrato che questa
organizzazione obbedisce a determinate condizioni in base alle quali
è possibile prevedere quale zona del campo acquisterÃ
il ruolo di "figura" rispetto ad altre zone. Tra le più
importanti di tali condizioni sono la grandezza relativa delle parti,
i loro rapporti topologici ed i tipi dei loro margini.
2 Il completamento della figura, per cui si tende
a percepire una figura come intera anche se una parte di essa è
nascosta;
3 Il raggruppamento, per cui un insieme di elementi
viene considerato un gruppo; il principio alla base della formazione
di un gruppo può essere la vicinanza, la somiglianza o il destino
comune;
4 Il movimento apparente.
5 Le leggi della segmentazione del campo visivo. Concorrono
alla sua organizzazione e alla costituzione delloggetto percettivo
e sono:
- prossimità : elementi vicini fisicamente tendono ad essere
raggruppati;
- somiglianza: elementi simili tendono ad essere raggruppati;
- buona prosecuzione: elementi che formano linee rette o curve regolari
tendono ad essere raggruppati;
- chiusura: quando ad una figura manca una parte, tendiamo a percepirla
come chiusa e completa;
- destino comune: elementi che si muovono nella stessa direzione
tendono ad essere percepiti come una unità ;
- esperienza passata (unico fattore empirico): elementi percepiti
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in una loro posizione spaziale, cui si è abituati, possono
non essere percepiti in posizioni insolite;
- pregnanza (o "buona gestalt"): elementi imperfetti tendono
ad essere percepiti come figure "buone".
Il problema della costanza percettiva.
Il problema della costanza percettiva nasce dal rilievo che lidentità ,
la grandezza e la forma d'un oggetto possono rimanere invariate anche
quando la proiezione retinica dello stesso oggetto varia di grandezza
e forma al variare dei rapporti spaziali fra oggetto fisico e osservatore.
Insomma, attribuiamo caratteristiche permanenti ad oggetti variabili.
- La costanza degli oggetti: è data dallinvariabilitÃ
dei rapporti tra gli elementi di rilievo che abbiamo nel complesso
della situazione stimolante.
- La costanza di grandezza: dipende dal rapporto tra la grandezza
reale dellimmagine retinica e la distanza apparente delloggetto,
valutata attraverso gli indizi di profondità . ("Legge
di Emmert"; esperienza della "camera distorta")
- La costanza di forma: dipende dal rapporto tra la forma dellimmagine
retinica e linclinazione apparente delloggetto, percepibile
utilizzando gli indizi che lo rivelano.
La psicologia strutturalista considera il fenomeno della costanza percettiva
un processo spontaneo di autoregolazione, mentre la psicologia che ammette
il riferimento allesperienza lo considera un processo integrativo
di adattamento ad una realtà che fa comodo stabilizzare.
Il problema della percezione dello spazio o
della distanza
Per "percezione dello spazio" si intende "la
percezione delle caratteristiche geometriche e spaziali dei singoli
oggetti (loro grandezza, volume, orientamento&) oltre a quella
della distanza tra oggetto e soggetto che osserva, e tra i vari oggetti
stessi".
La percezione dello spazio pone il problema di come sia possibile vedere
in modo tridimensionale, quindi valutando distanza e profondità ,
a partire dalla proiezione retinica che, essendo su una superficie,
è a due dimensioni. Ebbene, i fattori che intervengono sono i
seguenti:
a indizi fisiologici (la visione stereoscopica). La
visione stereoscopica rende possibile apprezzare distanza e profonditÃ
attraverso la convergenza degli occhi (per cui più è vicino
il punto dosservazione, maggiore è la convergenza necessaria)
e la disparità delle immagini retiniche (per cui locchio
sinistro non coglie, per effetto della sua distanza dal destro, la stessa
immagine). La combinazione di questi due fattori fisiologici non sarebbe
sufficiente se non intervenissero gl'indizi psicologici che, nella visione
monoculare, consentono di apprezzare distanza e profondità in
assenza dei meccanismi della visione binoculare.
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b indizi psicologici:
1 "pittorici":
- grandezza relativa: a parità di condizioni, di due oggetti
di grandezza diversa quello di maggiori dimensioni è percepito
più vicino;
- sovrapposizione: un oggetto che copre parzialmente un altro oggetto
è percepito come più vicino (ma il fenomeno è
complicato da ulteriori fattori, studiati da Setter (1956): grandezza
(una figura più grande è vissuta come davanti ad una
più piccola), struttura (una figura con "buona gestalt"
viene vissuta come davanti ad una figura più articolata e complessa);
movimento (una figura in movimento viene vissuta preferibilmente come
situata davanti ad una figura immobile);
- chiaroscuro: aiuta a delimitare i contorni delle figure tridimensionali;
- luminosità : a parità di altre condizioni, loggetto
più luminoso è percepito come più vicino;
- prospettiva aerea: loggetto che dà unimmagine
più chiara e dettagliata è percepito più vicino;
- prospettiva lineare;
- gradienti della densità di tessitura.
2 "legati al movimento".
La condizione necessaria, perché abbia luogo una percezione
visiva di movimento, è lesistenza di una modificazione
temporale nello stato della stimolazione della retina. Qualora questa
sia omogeneamente stimolata nel tempo, non abbiamo le premesse per la
percezione del movimento. La modificazione temporale, inoltre, non deve
essere né troppo lenta né troppo rapida, perché
esiste una soglia inferiore e una superiore di velocità per la
percezione del movimento.
- Il movimento stroboscopico: sta alla base del cinematografo,
dove lillusione del movimento è creata dalla rapida
successione di stimoli immobili separati; una forma più semplice
di movimento stroboscopio è quella nota come "fenomeno
phi" o "beta movimento", dove la rapida successione
nellaccensione di una serie di lampadine è percepita
come un movimento effettivo della luce. Wertheimer e Korte hanno evidenziato
che limpressione di movimento si ha solo per intervalli ottimali
di tempo e di spazio fra i due stimoli, e per valori ottimali di intensitÃ
dei medesimi stimoli.
- Il movimento indotto: si ha quando il soggetto
percepisce il movimento delloggetto, mentre invece a muoversi
è lo sfondo.
Il problema della percezione delle qualitÃ
espressive e della causalitÃ
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a Lespressività degli oggetti.
*Oltre che la percezione di oggetti, esiste anche una complessa problematica
riguardante la percezione del prossimo, ovvero la "percezione sociale".
La psicologia associazionistica intende questo processo in termini di
"empatia", vale a dire che noi riusciamo a cogliere lespressivitÃ
dei comportamenti altrui attraverso un confronto col nostro comportamento,
quando ci troviamo in quello stesso stato danimo. La psicologia
della "gestalt" avanza invece lipotesi che la comprensione
dellespressione (sia degli altri individui sia in generale di
oggetti) sia basata, più che sullapprendimento, sulla
struttura dellevento: ovvero, fa dipendere la strutturazione
del percetto da capacità neurologiche inerenti a una legge di
"isomorfismo" tra mondo fisico, organico e psicologico, che
va oltre il mero dato sensoriale, e fa sì che non esistano differenze
essenziali tra il momento percettivo e quello concettuale della conoscenza.
*Negli oggetti, cogliamo una serie svariata di qualità , che
secondo Metzger (1966) possono essere così classificate:
- qualità sensoriali o semplici o primarie: sono presenti anche
se riduciamo lo stimolo ad unarea puntiforme, e sono specifiche
per un preciso organo di senso;
- qualità globali o formali o secondarie: sono estese a tutta
la configurazione nel suo insieme e sono tali da emergere solo dallesame
del tutto. Queste, a loro volta, comprendono:
*qualità strutturali: che caratterizzano la forma e il disegno
architettonico delloggetto;
*qualità costitutive;
*qualità espressive.
b Nessi causali fra gli oggetti.
Sulla base di innumerevoli osservazioni (che prevedevano figure geometriche
spostantesi su uno schermo: un oggetto B entra in movimento in presenza
di un oggetto A che già si muove: losservatore comune
ritiene che B si sia mosso a causa di A, benché tra i due non
esista alcun rapporto causale), Michotte (1954) ha dedotto che l
"impressione di causazione" è un dato percettivo immediato,
legato alla struttura degli eventi cinetici, e indipendente dalla esperienza
del soggetto.
La percezione del tempo
La consapevolezza del processo temporale (cioè del trascorrere
del tempo) genera a livello psicologico lesperienza temporale.
Fondamentali, in tal senso, i seguenti fattori:
- stima del tempo (o senso della durata del tempo):
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si riferisce alla capacità di valutare la durata di un lasso
di tempo, relativamente breve, senza luso di strumenti;
- rientamento temporale: in senso stretto, indica
la capacità appunto di orientarsi nel tempo e di situare in
esso gli eventi senza lausilio di strumenti particolari;
- prospettiva temporale (o orizzonte temporale):
rappresenta larco di tempo psicologico in cui lindividuo
vive; essa consiste dunque nel vissuto psicologico della persona che,
vivendo nel presente, è in grado di avere rappresentazioni
del passato e del futuro, le quali dirigono il suo comportamento,
nel senso che unazione è determinata anche dalle aspettative
per il futuro e dalle esperienze passate.
Ulteriori fattori che influenzano la percezione
Infine, bisogna tener conto di altri fattori (soggettivi) che influenzano
la percezione:
- i bisogni organici tendono a determinare ciò che è
percepito;
- ricompense e punizioni hanno influenze piuttosto considerevoli riguardo
ciò che è percepito;
- l valore individuale degli oggetti influisce sulla velocitÃ
di riconoscimento;
- l valore delloggetto influisce sulla grandezza percepita;
- differenze individuali (o la personalità ) dei soggetti percepenti
hanno influenze piuttosto considerevoli riguardo ciò che è
percepito.
Lo strumento: la percezione - vision science
tratto da "Vision Science: Photons to Phenomenology"di
Stephen E. Palmer
Department of Psychology and Institute of Cognitive Studies University
of California, Berkeley.
Lo studio moderno della visione, che Palmer chiama "scienza della
visione" ("vision science" è il titolo del testo
da cui sono tratti questi appunti), è parte della scienza cognitiva.
Esistono tre domini attraverso cui capire la visione:
1) i fenomeni della percezione visiva
2) la natura dell'informazione ottica
3) la fisiologia del sistema nervoso visivo
E' opinione di Palmer che per spiegare la visione sia necessaria la
comprensione di tutti e tre questi domini e delle relazioni tra di essi.
PERCEZIONE VISIVA
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La percezione visiva è definita come il processo di
acquisizione della conoscenza sugli oggetti ed eventi ambientali attraverso
l'estrazione di informazione dalla luce che essi emettono o riflettono.
Si devono evidenziare alcuni aspetti di questa definizione:
1. La percezione visiva concerne l'acquisizione della conoscenza. Questo
significa che la visione è fondamentalmente un' attivitÃ
cognitiva, distinta dai processi puramente ottici come quelli fotografici.
Esiste un'analogia tra occhio e macchina fotografica: entrambi formano
un'immagine capovolta, ricevono la luce da un' apertura di grandezza
variabile e mettono a fuoco l'immagine su una superficie bidimensionale
utilizzando una lente trasparente. Tuttavia le somiglianze sono solo
a livello di fenomeni ottici e non percettivi. La macchina fotografica,
infatti, non ha alcuna capacità percettiva, cioè non "conosce"
nulla delle scene che registra. Le immagini fotografiche contengono
solo informazioni, mentre le persone e gli animali dotati di vista acquisiscono
conoscenza del loro ambiente; è questa conoscenza che permette
loro di agire in modo appropriato in una data situazione.
2. La conoscenza ottenuta dalla percezione visiva concerne gli oggetti
e gli eventi nell' ambiente. La percezione non riguarda soltanto le
esperienze visive soggettive di un osservatore, come ad esempio le allucinazioni
o le immagini visive. L'esperienza soggettiva delle persone è
parte della percezione visiva solo quando ci rivela qualcosa sulla natura
della realtà esterna.
3. La conoscenza visiva dell' ambiente è ottenuta mediante estrazione
di informazioni. Questo aspetto della definizione implica un certo approccio
"metateoretico" per capire la cognizione e la percezione visiva,
basato sul concetto di informazione e su come essa viene elaborata.
L' elaborazione dell' informazione è un approccio che permette
agli scienziati della visione di parlare di come le persone vedono,
negli stessi termini in cui parlano di come i computers possono essere
programmati per vedere.
4. L'informazione processata nella percezione visiva deriva dalla luce
che è emessa o riflessa dagli oggetti. L'informazione ottica
è il fondamento di tutta la visione; essa deriva dal modo in
cui le superfici fisiche interagiscono con la luce nell' ambiente. Poichè
questa ristrutturazione della luce determina l'informazione disponibile
in primo luogo sugli oggetti per la visione, essa costituisce il punto
di inizio appropriato per ogni analisi sistematica della visione (Gibson,
1950). Gran parte dei problemi che si incontrano nel spiegare la visione
ha a che fare con la difficoltà di "rimediare" a ciò
che accade quando la luce proietta da un mondo tridimensionale a una
superficie bidimensionale nell'interno degli occhi.
LA PERCEZIONE COME ATTO COSTRUTTIVO
Ciò che si vede è necessariamente ciò che si riceve
? La percezione visiva è infallibilmente veridica?
La risposta a queste domande ci dirà se la visione possa essere
considerata o meno " una finestra trasparente sulla realtà ".
ADATTAMENTO ED EFFETTI POSTUMI ("AFTEREFFECTS")
La percezione visiva cambia nel tempo non appena si adatta
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ad una particolare condizione.
L' adattamento al buio consiste in un incremento nella sensibilitÃ
alla luce. Quando, ad esempio, si en-tra in un teatro buio inizialmente
non si vede nulla, se non delle sagome; dopo 20-30 minuti, però,
si è in grado di riconoscere le persone.
Un altro esempio viene dalle stelle. Quando si lascia una stanza illuminata
per uscire al buio, le stelle sembrano poche e poco luminose; dopo 20-30
minuti, tuttavia, il cielo appare pieno di stelle luminose. Questo accade
perchè il sistema visivo diventa più sensibile alla luce
che le stelle emettono.
L' esperienza visiva diventa meno intensa in seguito a esposizione prolungata
a diversi tipi di stimola-zione: colore, orientamento, posizione, movimento,
ecc. Questo dimostra che la percezione visiva produce di-verse esperienze
visive dello stesso ambiente fisico a diversi stadi di adattamento.
Ciò che cambia nel tempo, quindi, è il nostro sistema
visivo, non l'ambiente.
Un altro risultato della prolungata o intensa stimolazione visiva è
l' immagine consecutiva.
Se ci viene sparato un flash negli occhi, all' inizio ne rimaniamo accecati;
questa è una percezione veridica, ma è seguita da una
prolungata esperienza di buio nella zona in cui ci è apparso
il flash. Questa immagine consecu-tiva (o postuma) si sovrappone per
qualche minuto a tutto ciò che guardiamo, alterando l'esperienza
della vi-sione: vediamo qualcosa che non c'è. Ovviamente questa
non è una percezione veridica, perchè l'immagine con-secutiva
rimane anche dopo che il flash fisico è scomparso.
Non tutti gli effetti consecutivi ci fanno vedere cose che non ci sono;
a questo proposito, prendiamo in esame l'immagine consecutiva di orientamento.
La fig.1.1.3 ci offre l'opportunità di sperimentare questo effet-to:
si deve far scorrere gli occhi lungo la barra centrale tra i reticoli
di sinistra per 30-60 secondi; poi bisogna guardare il quadrato tra
i due reticoli identici di destra. A questo punto, il reticolo più
in alto apparirà curvato a sinistra e il reticolo più
in basso apparirà curvato a destra.
Questi errori nella percezione evidenziano che ciò che noi vediamo
è il risultato di un' interazione tra il mondo esterno e lo stato
attuale del sistema nervoso visivo.
REALTA' E ILLUSIONE
Vi sono molti altri casi di percezione sistematicamente non
veridica: le illusioni.
In ciò che viene definito illusione della luna, ad esempio, la
luna viene vista più grande quando è all'o-rizzonte di
quando si trova alta nel cielo di notte. La luna ovviamente ha sempre
lo stesso diametro: è la nostra percezione della sua grandezza
a cambiare.
La fig. 1.1.4 mostra altre illusioni visive: sebbene ciò non
ci sembri vero, le due frecce nella fig. A hanno la stessa lunghezza;
le due linee orizzontali in mezzo alle due linee convergenti, in B,
sono identiche; le linee verticali sovrapposte ai trattini diagonali,
in C, sono parallele; i due segmenti diagonali interrotti dalle due
linee verticali, in D, sono collineari; e i due cerchi, circondati uno
da cerchi più grandi, l'altro da cerchi più pic-coli,
in E, sono uguali. In questi esempi il nostro sistema visivo viene ingannato
e commette errori percettivi su delle proprietà di semplici linee
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disegnate, che sembrano ovvie.
Queste illusioni portano a concludere che la percezione non è
infallibile e che la realtà che la visione mostra è, almeno
in parte, una costruzione del sistema visivo, che deriva dal modo in
cui questi elabora l'infor-mazione presente nella luce. L'esistenza
delle illusioni prova, dunque, in modo convincente che la percezione
non è solo una semplice registrazione della realtà oggettiva.
Le percezioni sono causate dai pattern bidimensionali della luce che
stimolano i nostri occhi. Per darci l'informazione sull' ambiente tridimensionale,
la visione deve essere un processo interpretativo che alle volte trasforma
il complesso e mobile pattern di luce tridimensionale dietro agli occhi
in percezioni stabili di oggetti tridimensionali nello spazio 3D. Si
deve concludere, dunque, che gli oggetti che percepiamo sono delle inter-pretazioni
basate sulla struttura delle immagini piuttosto che registrazioni dirette
della realtà fisica.
FIGURE AMBIGUE
Le figure ambigue servono per spiegare la natura interpretativa
della visione. Si tratta di immagini singole che possono dare
luogo a due o più percezioni distinte.
La fig. 1.1.5 mostra degli esempi di figure ambigue: la figura vaso/facce
(A), in cui si può vedere sia un vaso bianco su sfondo nero che
due profili neri su sfondo bianco; il cubo di Necker (B), in cui il
cubo può esse-re visto da sopra o da sotto; e l'anatra/coniglio
(C), in cui si vede un' anatra che guarda verso sinistra oppure un coniglio
rivolto a destra.
Si devono notare due importanti cose:
· le interpretazioni si escludono reciprocamente, nel senso che
possiamo percepire solo una figura alla volta (ad esempio un' anatra
o un coniglio, ma non entrambe contemporaneamente) . Questo è
compatibile con l'idea che la percezione implichi la costruzione di
un modello interpretativo, perchè uno solo alla volta di tali
modelli può essere adatto ai dati sensoriali.
· le interpretazioni, una volta riconosciute entrambe, diventano
delle percezioni multistabili, cioè percezioni dinamiche in cui
le due possibilità continuano ad alternarsi mentre guardiamo.
Questo suggerisce che i due modelli sono in competizione.
PERCEZIONE COME MODELLAMENTO DELL'AMBIENTE
Come la visione va oltre l'informazione ottica e perché?
La risposta favorita è che l'osservatore sta costruendo un modello
di come la situazione ambientale potrebbe aver prodotto il pattern osservato
della stimolazione sensoriale. L'idea qui è che le percezioni
delle persone corrispondono effettivamente ai modelli che i loro sistemi
visivi hanno costruito, piuttosto che alla stimolazione sensoriale su
cui i modelli sono basati. Ecco perché le percezioni possono
essere illusorie e ambigue nonostante lo stato non illusorio e non ambiguo
delle immagini ottiche grezze su cui sono basate.
L'idea che lo scopo del sistema visivo sia di costruire modelli dell'
ambiente è stata inizialmente proposta da Hermann von Helmholtz,
nella seconda parte dell'800. Egli vedeva la percezione come il processo
che inferisce la situazione ambientale più probabile, dati i
pattern di stimolazione visiva. Questo punto di vista è stato
quello dominante per più di un secolo, tuttavia è stato
ampliato e rielaborato da altri teorici come Richard Gregory, David
Marr, Irvin Rock.
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Introducendo il concetto di modelli non si vuole dire che la percezione
sia "pura finzione".
I modelli percettivi devono:
· essere accoppiati intimamente all'informazione nell'immagine
proiettata del mondo
· fornire accurate interpretazioni di questa informazione.
Le illusioni mostrano che i nostri modelli sono, alle volte, poco affidabili,
mentre le figure ambigue mostrano che essi possono non essere unici;
entrambe le situazioni, però, tendono a capitare solo in condizioni
inusuali, come nei libri o nei laboratori. La nostra esperienza di ogni
giorno ci dice invece che i nostri modelli percettivi sono generalmente
sia accurati che unici.
COMPLETAMENTO VISIVO
Forse la prova più chiara e convincente che la
percezione visiva coinvolge la costruzione di modelli dell'ambiente
viene dal fatto che le nostre percezioni includono porzioni
di superfici che non possiamo realmente vedere.
La figura 1.1.6 mostra un esempio di completamento visivo in cui gli
oggetti in primo piano occludono quelli che stanno dietro: noi percepiamo
la forma di un quadrato con dietro un cerchio e un rettangolo, invece
di percepire frammenti di regioni staccate. Si tratta di un fenomeno
di riempimento (" filling in ") percettivo di parti di oggetti
nascoste alla vista, che succede automaticamente e senza richiedere
sforzo ogni volta che per-cepiamo l'ambiente. Quasi nulla è visibile
interamente, tuttavia quasi tutto è percepito come intero e completo.
La percezione visiva include anche informazioni su superfici auto-occluse.
Le superfici auto-occluse sono quelle superfici di un oggetto che sono
interamente nascoste alla vista dalla loro stessa superficie visibile.
La figura 1.1.7 mostra un completamento visivo dovuto ad auto-occlusione:
la figura di un cubo di cui si vedono solo tre facce è invaribilmente
percepita come un cubo solido (A), tuttavia è fisicamente possibile
che essa sia una struttura cava delimitata da tre pareti (B). Ciò
che si percepisce effettivamente va ben oltre a ciò che è
direttamente disponibile nella luce che raggiunge gli occhi. Si hanno
forti aspettative su come sono le su-perfici auto-occluse e quelle parzialmente
occluse. Queste devono essere costruite da qualcosa di più della
luce che entra negli occhi, perché l'immagine stessa non contiene
una stimolazione diretta che corrisponda a queste parti del mondo percepite,
ma non viste.
OGGETTI IMPOSSIBILI
Gli oggetti impossibili sono disegni bidimensionali che all'
inizio danno una chiara percezione di oggetti tridimensionali coerenti,
ma che, a un'attenta analisi, risultano essere fisicamente impossibili.
La figura 1.1.8 mostra due famosi esempi di oggetti impossibili: la
"forchetta del diavolo" (A) e il triangolo tridimensionale
(B). Questi oggetti mostrano chiaramente come le nostre percezioni siano
costruzioni interne di una supposta realtà esterna. Se la percezione
visiva fosse semplicemente una copia del mondo, un oggetto fisicamente
impossibile non potrebbe essere percepito; invece, le persone percepiscono
come oggetti queste immagini particolari.
Questo suggerisce che la percezione deve compiere un'interpretazione
dell'informazione visiva in termini di oggetti tridimensionali nell'
ambiente che possono aver dato origine alle immagini registrate nei
nostri occhi. Tuttavia i tipi di errori che si fanno nella percezione
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degli oggetti impossibili sembrano indicare che alcuni processi visivi
all'inizio lavorano a un livello locale e solo dopo inseriscono i risultati
in una struttura globale. Gli oggetti della figura 1.1.8 effettivamente
sono localmente validi, ma globalmente inconciliabili.
PREDIRE IL FUTURO
L'informazione addizionale di un ipotetico modello della realtà ,
che il sistema visivo può aver costruito, può es-sere
preziosa e aiutare gli organismi percipienti a predire il futuro.
Prendiamo ad esempio la fig. 1.1.7: la percezione del cubo tridimensionale
come se fosse intero ci fornisce l'aspettativa di ciò che potremmo
vedere se stessimo per muoverci in modo tale da vedere anche le altre
superfici. Questo è estremamemte importante per creature come
noi che sono costantemente in movimento: un modello tridimensionale
stabile, infatti, ci libera dal dover percepire ogni cosa sempre partendo
da zero mentre ci muoviamo nel mondo. Un modello percettivo dell'ambiente
tridimensionale non ha bisogno di essere modifi-cato mentre ci muoviamo,
perchè la sola cosa che cambia è il nostro punto di vista
in relazione a un largamen-te stabile paesaggio di superfici e oggetti.
L'abilità nel predire il futuro percettivo è anche evolutivamente
cruciale, perchè viviamo in un mondo che include oggetti e creature
che si muovono. Questa abilità è utile per conoscere la
posizione attuale di un og-getto in movimento, ma è ancor più
utile per conoscere la sua direzione o velocità così da
poterne predire la traiettoria futura. Ciò è particolarmente
importante quando qualcosa viene verso di noi, perchè dobbiamo
deci-dere se avvicinarci, scansarla, fuggire o ignorarla. Senza un modello
percettivo, che a volte trascende l'informa-zione sullo stimolo momentaneo,
la visione non potrebbe guidare le nostre azioni in modo appropriato.
PERCEZIONE COME COMPRENSIONE DEL SIGNIFICATO
Le nostre costruzioni percettive del mondo vanno oltre il completamento
delle superfici non visibili in un modello tridimensionale.
Esse includono l' informazione sul significato o l' importanza
funzionale degli og-getti e delle situazioni. Noi percepiamo un oggetto
non semplicemente come un qualcosa che ha una particolare forma e che
sta in un determinato posto, ma come una persona, un cane, una casa,
ecc.
Essere in grado di classificare ( o riconoscere o identificare) gli
oggetti come membri di categorie co-nosciute ci permette di comportarci
nei loro confronti nella maniera appropriata, perché ci dÃ
accesso a una enorme quantità di informazioni che abbiamo immagazzinato
durante le precedenti esperienze con essi.
CLASSIFICAZIONE
La classificazione è utile perché gli oggetti
appartenenti alla stessa categoria condividono tante proprietÃ
e comportamenti.
L' esperienza precedente con i membri di una data categoria ci permette
di predire con ragionevole cer-tezza ciò che faranno nuovi membri
della stessa classe; di conseguenza possiamo affrontare nuovi oggetti
di quella categoria anche senza averli mai visti prima.
Classificare gli oggetti come membri di categorie conosciute sembra
facile, ma in realtà è un' impresa. Per rendersene conto
basta guardare la fig. 1.1.9 , in cui sono rappresentate molte varietÃ
di cane. La percezione visiva va oltre la descrizione fisica degli oggetti
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per classificarli in categorie conosciute. Infatti, nonostante le sostanziali
differenze fisiche nel loro aspetto, tutti questi animali sono prontamente
percepiti come appartenenti alla categoria dei cani.
ATTENZIONE E CONSAPEVOLEZZA
Nell' ambiente visivo ci sono più informazioni di quante
noi ne percepiamo.
Quindi dobbiamo eseguire una selezione che dipende dai nostri
bisogni, mete, piani e desideri. La percezione non è un processo
interamente stimolo-guidato, cioè le percezioni non sono determinate
unicamente dalla natura delle informazioni ottiche presenti nella stimolazione
sensoriale. Le nostre percezioni sono anche influenzate, in una certa
misura, da costrizioni cognitive: mete più elevate, piani e aspettative.
Ci sono innumerevoli modi in cui queste costrizioni cognitive influenzano
la percezione, molti dei quali implicano i processi selettivi dell'attenzione
visiva.
Una delle funzioni dell' attenzione è quella di portare l'informazione
visiva alla consapevolezza. Certe proprietà degli oggetti non
sembrano venir apprese in modo consapevole a meno che non venga prestata
loro attenzione; eppure gli oggetti non attenzionati sono spesso elaborati
al di fuori della consapevolezza in modo sufficiente ad attrarre la
nostra attenzione.
Nei casi comuni di ogni giorno, il processamento visivo avviene inconsapevolmente
mentre dirigiamo l'attenzione verso aspetti importanti ed interessanti
dell'ambiente. Una volta che gli oggetti vengono attenziona-ti, diventiamo
coscienti delle loro dettagliate proprietà e siamo capaci di
identificarli e riconoscerne il signifi-cato nella situazione presente.
Molti aspetti di alto livello della percezione sembrano essere pienamente
consapevoli; altri aspetti della percezione, invece, chiaramente non
sono consapevoli, persino nella stessa situazione. In generale, i livelli
più bassi di percezione non sembrano essere accessibili o modificabili
dalla conoscenza e dalle aspettative coscien-ti; il contrario accade,
invece, per i livelli più alti.
INFORMAZIONE OTTICA
La visione dipende dall' interazione di tre elementi: la luce,
le superfici che la riflettono, e il sistema visivo di un osservatore
che la colga.
La percezione visiva in un ambiente non avviene se rimuoviamo
uno di questi ingredienti. Ma come interagisce la luce con le superfici
per produrre quegli eventi ottici che sono il punto d'inizio della visione?
IL COMPORTAMENTO DELLA LUCE
La scienza che studia il comportamento della luce è
una branca della fisica chiamata ottica.
In accordo con la prevalente teoria fisica, la luce è costituita
da "piccoli pacchetti" di energia, chiamati fotoni, che si
comportano come onde per certi aspetti e come particelle per altri.
I fotoni irradiano all'esterno della loro sorgente ( sole, fuoco o lampadina
) viaggiando in perfetta linea retta e con una velocità di 186000
miglia al se-condo. Quando i fotoni colpiscono la superficie di un oggetto
noi diciamo che esso è illuminato. La misura della quantitÃ
o intensità di luce visibile emessa o riflessa da una data sorgente
o superficie viene definita luminanza.
ILLUMINAZIONE
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L'illuminazione si riferisce alle condizioni luminose in un
ambiente.
Si definisce come punto di sorgente luminosa la situazione idealizzata
in cui tutta la luce che illumina una scena proviene da una singola
sorgente di luce in una specifica locazione. Un unico punto di sorgente
luminosa produce ombre scure e ben definite dietro le superfici illuminate
e forti effetti ombra da parte delle superfici illuminate.
In molte situazioni la luce proviene da una illuminazione diffusa; in
questo caso la luce irradia da una regione dello spazio relativamente
larga. Per esempio la luce è più diffusa quando il cielo
è coperto da nubi; in questo caso un' illuminazione diffusa non
determina la comparsa di ombre ben definite.
INTERAZIONE CON LE SUPERFICI
Le superfici producono un radicale cambiamento nel comportamento
dei fotoni che le colpiscono. Le sole superfici che non cambiano
il comportamento dei fotoni sono quelle completamente trasparenti.
Quando colpisce la superficie di un oggetto, il fotone può passare
attraverso la superficie o essere assorbito da questa oppure essere
riflesso. La luce trasmessa può anche passare attraverso la superficie
e dare il fenomeno della rifrazione; questo può portare a percezioni
erronee come l' effetto del cucchiaio "spezzato" inserito
in un bicchiere d' acqua.
Il processo di riflessione è il più importante per la
visione per due motivi:
- la luce riflessa può essere modificata sulla base della sua
interazione con la superficie, portando così con sé
informazioni sulla superficie
- la luce riflessa è, in seguito, predisposta a colpire i recettori
dell'occhio di un osservatore, trasmettendo così informazioni
sulle superfici al sistema visivo.
Si è detto che la superficie produce un cambiamento nella direzione
del fotone: il fotone rimbalza sulla superficie e assume una direzione
che dipende sia dalla direzione originale che dalla microscopica struttura
della superficie. Se la superficie è altamente lucida o speculare,
la luce è riflessa in una singola direzione che è simme-trica
alla direzione di provenienza (fig. 1.2.4/B) : l'angolo di incidenza
è uguale all'angolo di riflessione. Se la superficie è
opaca, la luce riflessa può diffondersi in molte direzioni.
Tutte le superfici riflettono la luce, eccetto quelle completamente
nere (che l'assorbono tutta) e quelle completamente trasparenti (che
la trapassano tutta). Molte superfici che ci circondano sono più
opache che speculari. Tutto ciò implica che la luce rimbalzi
in quasi ogni direzione da quasi ogni superficie dell' ambiente. Le
superfici, quindi, agiscono come sorgenti di luce secondarie.
L' ASSETTO OTTICO AMBIENTALE
J. J. Gibson concettualizzò l'informazione ottica disponibile
nella luce in termini di assetto ottico ambientale (AOA = "Ambient
Optic Array").
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L' AOA si riferisce alla luce che giunge, da tutte le direzioni, in
un punto di osservazione stabilito; è "ambientale"
perché il punto di osservazione è letteralmente circondato
dalla luce che vi converge. Ciò signi-fica che se gli occhi fossero
a un determinato punto di osservazione, ogni luce riflessa da superfici
ambientali o emessa direttamente da una fonte potrebbe essere disponibile
da ogni direzione. La visione è possibile a quel punto di osservazione
perché le superfici ambientali strutturano la luce in AOA in
modo complesso, ma regola-to da leggi.
Le diverse superfici "alterano" la direzione della luce riflettendola
in modo da formare gli AOA in un dato punto di osservazione con una
particolare struttura complessa. Il sistema visivo registra questa struttura
e cerca di rovesciare il processo determinando la disposizione delle
superfici che devono esistere nell' ambiente per aver strutturato l'
AOA proprio in quel modo. Noi di tutti questi processi non abbiamo consapevolezza
o conoscenza conscia.
Quindi: tutta la luce converge in un determinato punto di osservazione;
l' AOA definito in questo punto esiste indipendentemente dal fatto che
ci sia un osservatore in quel punto (fig. 1.2.5 / A). L'occhio campiona
un insieme di AOA. La parte in ombra degli AOA non è correttamente
visibile, perchè l'occhio coglie solo ciò che ha di fronte
(fig. 1.2.5 / B). La parte di AOA "campionata" è registrata
nella retina dell'osservatore come un'im-magine. Se il soggetto si muove,
l'AOA cambia e si hanno cambiamenti anche nell'immagine retinica dell'osser-vatore.
C'è un AOA strutturato differentemente in ogni punto dell'ambiente.
Ogni AOA è unico e fornisce infor-mazioni diverse sull'ambiente.
AOA dinamici possono essere caratterizzati solo da un flusso ottico
di luce, fornendo così all'osserva-tore informazioni da una dimensione
addizionale che si spiega nel tempo. Ciò è importante
per molti fenomeni percettivi, come la nostra abilità a percepire
la terza dimensione dell'ambiente (profondità o distanza dall'osservatore),
a determinare la forma degli oggetti in movimento e a percepire la nostra
traiettoria nell' ambiente quando ci muoviamo.
LA FORMAZIONE DI IMMAGINI
I fotoni riflessi da un oggetto tridimensionale proiettano
sulla retina un'immagine bidimensionale.
L' oggetto del mondo esterno viene chiamato stimolo distale (cioè
distante dall' osservatore) e la sua immagine ottica sul fondo oculare
stimolo prossimale (cioè vicino all'osservatore). La grandezza
dell' imma-gine di un oggetto nell'occhio è definita dal suo
angolo visivo, ossia dall' angolo sotteso dall' oggetto dai suoi estremi
al punto nodale dell'occhio. Questo angolo misura la dimensione spaziale
dello stimolo prossimale e non di quello distale.
La dimensione mancante col passaggio dallo stimolo distale a quello
prossimale è la profondità ; questa, per essere percepita,
è necessario sia riconvertita dall'informazione in 2D dell'immagine
ottica.
IMMAGINI OTTICHE
Il processo di formazione delle immagini 2D nell'occhio è regolato
da leggi e proprio per questo può essere studiato matematicamente
mediante proiezioni geometriche.
Le proiezioni geometriche permettono di comprendere, data una specifica
scena in 3D, dove esattamen-te ogni punto di questa scena si proietta
su un' immagine piatta in 2D e quali caratteristiche di questa immagine
saranno proiezioni invariate o differenti.
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Il modello delle proiezioni geometriche risulta, però, incompleto
perchè non tiene conto delle intera-zioni della luce con le superfici.
PROIEZIONI GEOMETRICHE
Un modo per osservare la produzione di immagini a 2D a partire
da oggetti del mondo in 3D è la camera oscura.
Poichè i fotoni viaggiano in linea retta, la luce che cade su
ogni punto della immagine a 2D nella came-ra oscura proviene dal suo
essere riflessa da un particolare punto nello spazio ambientale. Un
punto che è ripro-dotto nell'immagine a 2D parte, quindi, dallo
stimolo ( perchè da esso è riflesso) e passa attraverso
un forellino, producendo un'immagine a 2D ribaltata. Questa situazione
dà una proiezione prospettica.
Per ottenere un' immagine chiara, il forellino deve essere piccolo;
se è troppo grande lascia passare più luce e l'immagine
risulterà sfuocata. Questo problema può essere risolto
utilizzando lenti convesse, con la fun-zione di dirigere la luce in
entrata in un punto (punto focale). Così, la lente fornisce un
"forellino virtuale" in prossimità del punto focale,
creando un' immagine nel fondo della camera oscura nitida e chiara,
come col fo-rellino piccolo, però più luminosa poichè
entra più luce attraverso l'apertura.
PROIEZIONE PROSPETTICA E ORTOGRAFICA
Alcuni teorici della visione utilizzano il termine proiezione ortografica
al posto di proiezione prospettica nel modello della formazione geometrica
delle immagini. In questo caso l' immagine è concettualizzata
come se fosse formata da raggi luminosi che viaggiano paralleli l' uno
all' altro e perpendicolari al piano di im-magine, piuttosto che da
raggi che convergono nel forellino.
Per capire la differenza fra i due tipi di proiezione si consideri cosa
accade quando un oggetto è via via spostato sempre più
lontano dal forellino della proiezione prospettica (fig. 1.2.8). In
questa condizione, i raggi di luce proiettati verso il forellino diventano
via via più paralleli; così, ad una certa distanza oggetto-forellino
i raggi di luce diventano paralleli, proprio come per una proiezione
ortografica.
Quindi la proiezione ortografica può essere vista come un particolare
tipo di proiezione prospettica che si realizza quando la distanza oggetto-punto
focale è infinita. La differenza fondamentale è che un'
immagine prospettica di un oggetto a un'infinita distanza è un
singolo punto, mentre la proiezione ortografica che ne risul-ta è
un' immagine spazialmente estesa.
LA VISIONE COME UN PROBLEMA "INVERSO"
Un altro aspetto della percezione visiva si riferisce al problema inverso:
come ottenere, a partire da immagini ottiche di scene, la conoscenza
di oggetti che le costituiscono. La ovvia soluzione consiste
nel cercare di invertire il processo di formazione di immagini "disfando"
le trasformazioni ottiche che accadono durante la formazione di queste
immagini. Questo, però, non è affatto facile. La proiezione
dall'ambiente all'immagine va da 3D a 2D ed è caratterizzata
da una funzione ben definita: ogni punto nell' ambiente esterno mappa
un unico punto dell'immagine retinica. Il mappaggio inverso dall'immagine
all'ambiente va da 2D a 3D e non è caratterizzato da una funzione
ben definita: ogni punto nell'immagine retinica può identificare
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un infinito numero di punti nell'ambiente.
L'indeterminazione delle proiezioni inverse può essere ben rappresentata
dalla figura 1.2.9: una singola linea (b-a) a livello retinico può
essere definita dalle proiezioni di un infinito numero di linee presenti
nell'am-biente, tutte potenzialmente valide. La ragione sta nel fatto
che il problema inverso è sottospecificato dai dati sensoriali
nell'immagine. Sappiamo, però, che la percezione in 3D è
possibile in modo preciso perchè il si-stema visivo umano arriva
ad effettuarla con una straordinaria accuratezza in diverse circostanze.
L'approccio dominante nella percezione della tridimensionalitÃ
risulta dal fatto che il sistema visivo fa molte assunzioni altamente
plausibili sulla natura dell' ambiente e sulle condizioni sotto le quali
viene visto. La visione è un processo euristico in cui le inferenze
vengono fatte in riferimento alle più probabili condizioni ambientali
che possono aver prodotto una data immagine. Il processo è euristico
perché fa uso di regole interferenziali, basate su assunzioni
addizionali, che non sono sempre valide e che qualche volta ci conducono
a conclusioni erronee (come nel caso delle illusioni percettive). Nelle
situazioni quotidiane, però, queste assunzioni sono vere e così
la normale percezione è altamente veridica.
Lo strumento: la percezione - le figure impossibili
La figura impossibile ha l'esistenza apparente di un oggetto percepito
inizialmente come reale dal nostro occhio, e che tuttavia è impossibile
nella realtà . Infatti l'occhio elabora le informazioni di un'immagine
piana della retina trasformandola in un'informazione spaziale. La figura
impossibile esiste solo come rappresentazione tridimensionale su un
piano, ma non come oggetto dello spazio tridimensionale reale.
Per l'approfondimento rimandiamo alla sezione del laboratorio dedicata
alle figure impossibili e ambigue.
Conclusioni
Perchè il colle di San Michele sfuma? è spesso figura
sfondo, immagine confusa tra le mille visioni che si impongono in primo
piano? attraverso il nostro studio visivo siamo arrivati a queste conclusioni:
gli ostacoli fisici
Dallo studio di rilevamento fotografico ci siamo resi conto che dalla
maggior parte della città di Cagliari, soprattutto dai quartieri
residenziali e centrali, i più sensibili forse alla visione,
il colle non si vede, perchè nascosto dai colli di Monte Urpinu,
di Castello, di Monte Claro , di Tuvixeddu e Tuvumannu.
In altre zone, magari più vicine, è la forma urbana la
principale responsabile dell'assenza di visuale.
Particolare importanza, anche se sembra un fatto banale, riveste il
senso di percorrenza delle strade.
Dall'hinterland invece, scopriamo, in un avventuroso viaggio in zone
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mai viste prima, come le colline di Baracca Manna, di Monserrato, Pirri
e Sestu, percorsi di visibilità continua, aperture di visuale
inaspettate, una presenza quasi costante del colle.
il colle è una figura ambigua
In base alla legge percettiva secondo cui il valore individuale dell'oggetto
influisce sulla velocità di riconoscimento, da vari punti della
città siamo riusciti a trovare il profilo cercato: il colle.
Numerosi sono però gli esempi in cui questa ricerca sembra una
forzatura: la visione non è totale, chiara; il colle è
spesso una "figura ambigua" tra verde e città , inoltre,
e non solo quando è visto in lontananza, spesso fa da "figura
sfondo".il
Effettivamente visibile da una buona parte dell'area metropolitana,
tuttavia il segnale che esso riesce a trasmettere è disturbato,
ovvero non viene percepito nitidamente, se non quando ci si trova nelle
immediate vicinanze.. Troppi elementi riescono ad avere un peso maggiore,
a livello puramente percettivo.arebbe
il colle non ha senso
Il colle di San Michele è una stazione emittente,ripete in continuazione,
un numero infinito di volte, il segnale della propria presenza in tutta
la città .
Il nostro studio visivo ci ha permesso di verificare che molte delle
stazioni scelte per lo scatto ricevono e rimandano il segnale visivo.(il
colle si vede). Ma siamo nel campo delle onde radio, viene ricevuto
il segnale ma non ne viene capito il senso.
Abbiamo rilevato l'assenza di un codice, una chiave di lettura che riempia
di significato la forma del colle, una organizzazione logica che riesca
a rendere trasmissibile e quindi comprensibile il messaggio "colle
di San Michele".
Link
Il nostro studio, inteso come raccolta organizzata di flussi di informazioni,
lascia dei rami liberi, dei nodi aperti ai quali altri studi, affrontati
sia durante quest' anno sia durante gli anni precedenti, possono collegarsi.
link ai lavori sulla luce
lo studio sulla percezione visiva del colle di san michele può
essere affrontato osservando diverse visioni diurne e notturne. Proponiamo
due immagini
significative in cui la luce è fondamentale per la percezione
del colle.
link ai lavori sui rapporti tra i colli della cittÃ
nello spazio dedicato alle sezioni lungo i raggi sono
molto evidenti i rapporti tra il colle di San Michele e gli altri colli
della città (un esempio particolare il raggio n.16).
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Generata: 14 March, 2017, 20:45
ArchiLink.it :: Laboratorio digitale di Architettura
link ai lavori sul rapporto tra il colle e la cittÃ
in termini di riqualificazione urbana
la proposta progettuale che segue il nostro studio può interessare
la riqualificazione a scala urbana: valorizzare il colle di San Michele
significa per noi ripensare la città , e i luoghi in cui il colle
ha massima visibilità , per dotarli di un codice, di un qualche
elemento che riempia di senso un messaggio non ancora decifrato.
Â
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