Pædiatric Video

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Pædiatric Video
Dialogues of
Pædiatric Video-Surgery
by Italian Society of Video-Surgery in Infancy
Settembre 2006
Volume 2, numero 3
Editor:
MARIO LIMA
ALFONSO PAPPARELLA
Editorial Board:
MARCELLO CIMADOR
GIOVANNI COBELLIS
MARCELLO DOMINI
CIRO ESPOSITO
ALFREDO GARZI
GIROLAMO MATTIOLI
LUCIANO MASTROIANNI
GIANLUCA MONGUZZI
CARMINE NOVIELLO
NICOLA PAPPALEPORE
GIOVANNA RICCIPETITONI
ALESSANDRO SETTIMI
C
arissimi,
in occasione del XXXVII Congresso SICP il comitato editoriale dei
“Dialogues of Pædiatric Video-Surgery” augura al suo Presidente, Prof. PierLuigi Lelli Chiesa, ed a tutti i partecipanti un proficuo lavoro.
In questo numero abbiamo riportato un eccezionale contributo del
Prof. Mario Lima e dalla sua équipe sul “Trattamento toracoscopico dell’atresia esofagea, “surgical first” in Italia. Questo rappresenta una procedura
avanzata per il video-chirurgo, che promette dei risultati estremamente
confortanti; infatti, la magnificazione visiva consente di ottenere un ottimo e preciso isolamento dell'esofago e della fistola tracheo-esofagea necessari per un’accurata anastomosi primaria.
Il contributo del dr. Mauro Criscuolo, magistrato del Tribunale di Napoli, dal titolo “Brevi considerazioni in tema di malpractice”, sulle problematiche medico-legali e con riferimenti alle così dette “nuove” tecniche videochirurgiche, rappresenta un argomento di estrema importanza visto l’altissimo incremento di denunce nei confronti della classe medica. Dalla sua
lettura ritengo che ognuno di noi possa estrapolare dei consigli utili per tutelare la propria attività chirurgica.
A completamento un “case report” sulla fusione spleno-gonadica che
ancora una volta mette in risalto l’importanza della laparoscopia come tecnica diagnostica.
Invitiamo, ancora una volta, i soci e soprattutto i più giovani ad inviare
i loro lavori. La pubblicazione sulla rivista è gratuita.
Grazie
ALFONSO PAPPARELLA
IN QUESTO NUMERO:
www.sivitaly.com
Direzione e Redazione:
© GIUSEPPE DE NICOLA EDITORE
80121 Napoli – Via del Parco Margherita, 33
E-mail: [email protected]
Web: www.denicolaeditore.it
Atresia esofagea con FTE distale
Work-up e tecnica chirurgica toracoscopica
Mario Lima, Lorenzo De Biagi, Giovanni Ruggeri, Michele Libri, Rosina De Rose,
Simonetta Baroncini
Chirurgia Pediatrica – Università di Bologna
Ruolo della laparoscopia nella diagnosi di fusione splenogonadica
Alfonso Papparella, Carmine Noviello, Antonio Marte, Mercedes Romano,
Pasquale Cautiero, Biagio Del Balzo, Maria Sabatino, Micaela Borrelli, Casimiro Del Monaco, Pio Parmeggiani
Chirurgia Pediatrica – Seconda Università di Napoli
Brevi considerazioni in tema di malpractice
Mauro Criscuolo
Magistrato – Tribunale di Napoli
Dialogues of Pædiatric Video-Surgery
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Atresia esofagea con FTE distale
Work-up e tecnica chirurgica toracoscopica
Mario Lima, Lorenzo De Biagi, Giovanni Ruggeri,
Michele Libri, Rosina De Rose*, Simonetta Baroncini*
Background: Advancements in minimally invasive surgery in newborns have allowed even the most complex neonatal procedures to be approached using these techniques. Other
authors have demonstrated its efficacy in the treatment of the
esophageal atresia with distal fistula.
Methods: We report our experience based on the thoracoscopic repair of esophageal atresia with distal fistula in two
newborns. Birth weights were 2.800 g and 2.300 g respectively.
The patients were intubated endotracheally and placed in a _
left prone position. Four trocars were inserted: the first one of 5
mm was positioned in the fifth intercostal space for the camera,
the other two of 3 mm were positioned in the fourth intercostal
space on the anterior and posterior axillary line respectively for
the operative instruments. The last trocar of 3 mm was inserted
in the third intercostal space on the anterior axillary line for the
lung retractor. CO2 was insufflated at a pressure of 8 mm Hg
and a flow of 0.5 L/min. The fistula was first isolated then ligated and cut with scissors. The proximal esophagus was opened
and an anastomosis was made over a 6F or 8F nasogastric tube
with interrupted 4-0 Vicryl sutures. A tube chest was placed
through the lower trocar site with the tip near the anastomosis.
Results: These two procedures were free of neither intraoperative nor post-operative complications. Feeding by nasogastric tube was started after a mean of 4 days. Barium swallow
made on day 7 demonstrated no leakage and no stenosis of the
anastomosis. Total oral feeding was possible after 8 days.
Mean hospitalization was 14 days.
Conclusion: This initial report shows, as demonstrated
by the experience made since 1999 by other authors, that the
thoracoscopic esophageal repair in the newborns is technically
feasible and, thanks to a magnified vision, it allows to abtain a
good isolation of the esophagus and of the tracheo-esophageal
fistula respecting the anatomical structures. Moreover the advantages are in terms of exposure and esophageal length, avoiding the significant short and long-term morbidity associated
with thoracotomy.
Bologna University,
Department of Pediatric Surgery
*Pediatric Intensive Care Unit
INTRODUZIONE
l trattamento toracoscopico dell’atresia esofagea costituisce, oggi giorno, un’importante frontiera per il forte
abbattimento delle sequele che la tecnica tradizionale
comporterebbe per il bambino, nonché per la piena maturazione tecnica del chirurgo pediatrico mini-invasivo [1,2].
Sulla scorta dell’esperienza indiretta, maturata dal
1999 presso diversi centri mondiali di chirurgia pediatrica
mini-invasiva, riportiamo particolari di tecnica chirurgica
inerenti le prime due correzioni toracoscopiche eseguite
dall’équipe della Chirurgia Pediatrica dell’Università di
Bologna.
I
MATERIALI E METODI
Il primo caso riportato è rappresentato da un paziente
maschio del peso neonatale di gr 2800, privo di diagnosi
prenatale. Eseguita una rx del torace e dell’addome con
sondino a livello del moncone esofageo prossimale (Foto
1), il paziente è stato sottoposto ad una tracheo-broncoscopia con incannulamento della fistola tracheo-esofagea.
Il paziente è stato sottoposto ad intubazione tracheale.
La posizione sul tavolo operatorio è la medesima rispetto a
quella utilizzata in chirurgia open, con paziente in decubito laterale sinistro lievemente pronato in modo da consentire una buona esposizione del mediastino posteriore
[3,4]
(Foto 2). La disposizione dell’équipe prevede, nella nostra esperienza, il primo operatore ai piedi del letto, il
primo assistente alla sua sinistra ed il secondo assistente
alla destra (Foto 3).
La strumentazione utilizzata è costituita da un’ottica
da 5 mm 0°, 2 portaghi, una forbice, un dissettore curvo,
un uncino ed un retrattore polmonare, da 3 mm. Inserito
il primo trocar da 5 mm multiuso accorciato per l’ottica a
livello del V spazio intercostale sulla linea ascellare media,
viene insufflata CO2 a pressione di 8 mmHg con basso
flusso (0.5 L/min) nella cavità toracica con conseguente
induzione del pneumotorace e collasso del polmone. Attendendo qualche istante il polmone collassa spontaneamente sotto la pressione di insufflazione, evitando in tal
modo che si renda necessaria un’intubazione selettiva con
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Foto 3: Disposizione dell'équipe
Foto 1: Rx torace ed addome preoperatoria
Foto 4a: Schema disposizione dei trocar (LAA: linea ascellare anteriore; LAM: linea ascellare media; LAP: linea ascellare posteriore;
SI: spazio intercostale)
Foto 2: Posizione del paziente (caso 1)
Foto 4b: Disposizione dei trocar (particolare dell'ottica inserita attraverso un trocar multiuso modificato da 5 mm; trocar monouso da 3
mm per gli strumenti operativi; trocar multiuso da 3 mm per il divaricatore polmonare)
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esclusione polmonare. Sotto visione diretta vengono
quindi inseriti due ulteriori trocar monouso da 3 mm a livello del IV spazio intercostale sulla linea ascellare anteriore e posteriore rispettivamente, per gli strumenti. Un
ulteriore trocar multiuso da 3 mm, utilizzato per il retrattore polmonare, viene inserito a livello del III spazio intercostale sulla linea ascellare anteriore (Foto 4 a,b).
L’intervento si svolge seguendo fedelmente le tappe
della tecnica tradizionale. Grazie alla magnificazione ottica, il chirurgo è agevolato nel riconoscimento dei punti
di repere (vena azygos e nervo vago) e successivamente
nel reperimento della fistola tracheo-esofagea. La vena
azygos viene isolata mediante una piccola incisione sulla
pleura parietale ed è quindi mobilizzata per un breve
tratto utilizzando il dissettore curvo. La vena viene poi legata mediante il posizionamento di due lacci e quindi sezionata (Foto 5,6).
La sezione dell’azygos consente di visualizzare il moncone esofageo inferiore e quindi, seguendo il decorso del
nervo vago e procedendo per via smussa al di sotto di
questo, di individuare la FTE 3. È quindi possibile vedere
con precisione l’emergenza del tramite fistoloso dalla parete posteriore della trachea. Si applicano a questo livello
due punti trafissi in Vicryl 4/0 (Foto 7).
Una volta isolata, la fistola può essere sezionata in
prossimità della sua inserzione nell’esofago con forbici
(Foto 8).
Talvolta, procedendo a sezione immediata della fistola,
il moncone esofageo inferiore può retrarsi, rendendo
quindi difficoltoso il suo reperimento [3,4]. Per questo motivo, a volte, l’operatore preferisce aspettare fino a che
non sia stato isolato il moncone esofageo superiore prima
di sezionare completamente la fistola. Il reperimento ed
isolamento del moncone superiore viene agevolato facendo spingere il sondino naso-gastrico al suo interno dall’anestesista. Così facendo diviene ben visibile la zona tra
esofago e trachea. Le due strutture devono essere separate
completamente col dissettore.
Nel caso descritto la favorevole vicinanza dei monconi
consente il posizionamento del primo punto una volta
aperto il moncone superiore in maniera sufficientemente
ampia da evitare stenosi post-operatorie (Foto 9).
Foto 5: Isolamento della vena azygos
Foto 6: Sezione della vena azygos
Foto 7: Isolamento della FTE
Foto 8: Sezione della FTE
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La sutura del margine posteriore è stata completata
con 3-4 punti in Vicryl 4 staccati annodati con tecnica intracorporea (utilizzando due portaghi con cremagliera e
un filo di sutura lungo 7-10 cm).
Completata l’anastomosi del margine posteriore, viene
chiesto all’anestesista di introdurre il sondino naso-gastrico trans-anastomotico nello stomaco e si completa poi
il margine anteriore (Foto 11, 12).
Generalmente l’anastomosi necessita solamente di 7 o
8 punti di sutura. Quando questa è completata si procede
al posizionamento di un drenaggio toracico attraverso la
breccia cutanea di ingresso del trocar posizionato più inferiormente (Foto 13).
L’estrazione dei trocar avviene sotto visione diretta. I
siti di ingresso dei trocar sono suturati con steri-strip.
Foto 9: Sezione del moncone esofageo superiore
La riduzione di eventuali tensioni sulla sutura è stata garantita avvicinando il moncone esofageo inferiore al superiore con una pinza da presa inserita attraverso il trocar inizialmente utilizzato per il retrattore polmonare (Foto 10).
Il secondo caso riportato è rappresentato da una paziente femmina del peso neonatale di gr 2300, priva di
diagnosi prenatale. Eseguito una rx del torace e dell’addome con sondino a livello del moncone esofageo prossimale (Foto 14), la paziente è stata sottoposta ad una tra-
Foto 10 : Utilizzo del IV trocar
Foto 11: Anastomosi tra i due monconi esofagei
Foto 12: Anastomosi termino-terminale
Foto 13: Posizionamento di drenaggio toracico
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Foto 14: Rx torace ed addome preoperatorio (caso 2)
Foto 16 a,b: Isolamento della FTE
Foto 15: Posizione sul letto operatorio (Caso 2)
cheo-broncoscopia con incannulamento della fistola tracheo-esofagea ed intubazione tracheale.
La disposizione della paziente sul tavolo operatorio è
stata la medesima del caso precedentemente descritto
(Foto 15). Analogamente, l’approccio chirurgico correttivo toracoscopico è stato eseguito con quattro trocar, uno
Foto 17 a,b: Sezione della FTE
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Foto 18 : Isolamento del moncone superiore
Figure 20 a,b: Anastomosi parete anteriore
Foto 19 a,b: Anastomosi parete posteriore
Foto 21: Anastomosi completata
da 5 mm per l’ottica e tre da 3 mm per gli strumenti, seguendo i medesimi tempi (Foto 16 a,b; 17 a,b).
Anche in questo secondo caso, una volta resecata la
vena azygos, si è isolato il moncone esofageo superiore, si
è proceduto alla sua adeguata apertura mediante l’utilizzo
di forbici da taglio (Foto 18) e confezionamento dell’anastomosi (Foto 19 a,b; 20 a,b). Completata l’anastomosi
(Foto 21), la procedura si è conclusa con il posizionamento di un drenaggio toracico inserito attraverso la breccia del trocar.
post-operatoria, eseguito un esofagogramma (Foto 22 a,b)
che ha evidenziato il regolare transito del mezzo di contrasto in assenza di segni di deiscenza dell’anastomosi, si è
iniziata l’alimentazione mediante poppatoio e successivamente al seno materno.
I pazienti sono stati quindi dimessi con il raggiungimento del completo regime alimentare ed un’ospedalizzazione media di 14 giorni.
Nei casi descritti i pazienti hanno necessitato di 7
giorni di terapia intensiva post-operatoria. In VII giornata
CONCLUSIONI
Quest’iniziale esperienza mostra – come peraltro già
descritto da altri Autori a partire dal 1999 – che la correzione toracoscopica dell’atresia esofagea con fistola tra-
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Foto 22 a: Esofagogramma (Caso 1)
Foto 22 b: Esofagogramma (Caso 2)
cheo-esofagea distale è tecnicamente eseguibile in età
neonatale e, grazie alla magnificazione visiva, consente di
ottenere un ottimo e preciso isolamento dell’esofago e
della fistola tracheo-esofagea nel rispetto delle strutture
anatomiche. Inoltre i vantaggi sono anche in termini di
esposizione ed ottenimento di una buona lunghezza esofagea, prerogativa necessaria per evitare complicanze postoperatorie.
Attendiamo per ora un controllo dei risultati a distanza per poterne trarre un più accurato confronto con la
tecnica tradizionale.
BIBLIOGRAFIA
1. LOBE TE, ROTHENBERG SS, WALDSCHMIDT J, STROEDTER L.
Thoracoscopic repair of esophageal atresia in an infant: a surgical
first. Pediatric Endosurgery & Innovative Techniques 1999; 3
(3): 141-8
2. BAX KM, VAN DER ZEE DC. Feasibility of thoracoscopic repair of
esophageal atresia with distal fistula. J Pediatr Surg 2002; 37:
192-6
3. ROTHENBERG SS. Thoracoscopic repair of tracheoesophageal fistula in newborns. J Pediatr Surg 2002; 37: 869-72
4. ROTHENBERG SS. Thoracoscopic repair of esophageal atresia and
tracheo-esophageal fistula. Semin Pediatr Surg 2005; 14 (1): 2-7
2nd ADVANCED COURSE
OF VIDEOSURGERY
II UNIVERSITA’ DI NAPOLI - CHIRURGIA PEDIATRICA
II UNIVERSITA’ DI NAPOLI - CHIRURGIA PEDIATRICA
June 7-8, 2007
Naples, Italy
Organized by:
Chair of Pediatric Surgery “Federico II” University of Naples
Department of Pediatric Surgery, University of Buffalo (USA)
Pediatric Surgery Unit AORN, Cardarelli Naples
Under the patronage of:
IL CRIPTORCHIDISMO:
ATTUALITÀ MEDICHE
E CHIRURGICHE PEDIATRICHE
Maggio 1997 – Aprile 2007: dieci anni dopo
BELVEDERE DI SAN LEUCIO
1-2 DICEMBRE 2006
Segreteria scientifica:
Prof . ANTONIO MARTE
Chirurgia Pediatrica - Via S. Pansini 5 - 80131 Napoli
Tel. 0815666685/6682 - Fax 0815666683
e-mail: [email protected]
Hotel “Gli Dei” – Pozzuoli Napoli
21 Aprile 2007
Directors:
Presidente: Prof. Pio Parmeggiani tel e fax segreteria 0815666683
Coordinatore scientifico: Prof. Alfonso Papparella tel 0815666690
E - mail [email protected];
[email protected]
Web: www.unina2.it/chirurgiapediatrica
Alessandro Settimi (Italy), Michael G. Cathy (USA)
Philippe Montupet (France), Ciro Esposito (Italy)
Biotechnology Center
AORN Cardarelli, Naples
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Ruolo della laparoscopia
nella diagnosi di fusione splenogonadica
Alfonso Papparella, Carmine Noviello, Antonio Marte,
Mercedes Romano, Pasquale Cautiero, Biagio Del Balzo,
Maria Sabatino, Micaela Borrelli, Casimiro Del Monaco,
Pio Parmeggiani
Role of laparoscopic in splenogonadal fusion diagnosis
Splenogonadal fusion is a rare congenital anomaly that consists of abnormal fusion between the spleen and a gonad.
The fusion can be continuous or discontinuous, depending
on the presence or absence of a structural connection between the regular spleen and the ectopic splenic tissue that is
jointed to the gonad. Clinical presentation could be different;
sometimes other congenital defects are associated and diagnosis is in most cases accidental.
The authors report a case of child with continuous splenogonadal fusion presented as a testicular mass in which ultrasonographic suspicion of polyorchidism was solved by laparoscopic examination that addressed the surgical treatment.
The ectopic splenic tissue connected to the left testis was removed during the surgical procedure.
Key words: Splenogonadal fusion, testicular mass
Seconda Università di Napoli
Istituto di Chirurgia Pediatrica
Direttore: Prof. P. Parmeggiani
a fusione splenogonadica è una rara anomalia congenita nella quale la milza è connessa alla gonade o
a derivati del mesonefro. Questa malformazione è
stata riportata per la prima volta nel 1883 da Boestrom [1].
Ad oggi vi sono circa 150 casi descritti in letteratura.
Si presenta per la maggior parte dei casi nei maschi
(95%) ed il lato sinistro (98%) risulta quello più colpito [2,3].
Il reperto è stato descritto in tutte le età [3] e viene classificato in due tipi (fusione continua e discontinua) [4] che
ricorrono con la stessa frequenza. La presentazione clinica
varia in base alla posizione della milza e della gonade.
L
CASE REPORT
È giunto alla nostra osservazione un bambino di 6 anni
con una massa paratesticolare sinistra, non dolente, che
presentava obiettivamente le stesse caratteristiche del testicolo senza apparenti connessioni con esso (Foto 1).
Nessuna tara ereditaria nel gentilizio; assenza di altre malformazioni o patologie a carico dell'apparato uro-genitale.
Il paziente veniva sottoposto ad esame ecografico che
evidenziava, al di sotto del testicolo sinistro, una struttura
ovale ipoecogena (12x6 mm), di struttura simile alla gonade, con una propria vascolarizzazione come da testicolo
soprannumerario (Foto 2). Lo studio color-doppler evidenziava una piccola arteria polare associata a vena ed un
flusso sovrapponibile a quello spermatico (Foto 3). I dosaggi
ormonali mostravano normali valori di testosterone (1
ng/dl), α-fetoproteina (0,5 ng/ml) e ß-HCG (0,1 IU/ml).
La laparoscopia diagnostica, eseguita con approccio
open trans-ombelicale, evidenziava una milza normale
così come l'anello inguinale interno di destra, mentre
quello di sinistra appariva pervio con vasi e deferente normoposizionati e con una formazione aggettante nel canale
di aspetto simile al testicolo, connessa alla milza attraverso un asse vascolare (Foto 4). Eseguendo una pressione
sull'emiscroto sinistro questa si evidenziava in addome ed
appariva connessa al testicolo (Foto 5).
Si procedeva ad un’esplorazione inguinale per via tradizionale e, con un'incisione inguinale sinistra, dopo isolamento degli elementi del funicolo spermatico, la formazione connessa al polo superiore del testicolo (Foto 6) veniva asportata, previa legatura del tessuto di connessione
con la milza principale e chiusura di un sacco erniario
completo.
Ad un esame macroscopico questa formazione appariva di aspetto parenchimatoso e lo studio istologico la riconosceva come milza accessoria, confermando la diagnosi di fusione spleno-gonadica continua a sinistra.
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Foto 4: Immagine laparoscopica della connessione tra milza principale e testicolo sinistro
Foto 1: Emiscroto sinistro: si nota la formazione paratesticolare
Foto 5: Immagine laparoscopica dopo pressione sullo scroto, si nota
la formazione connessa alla milza
Foto 2: Esame ecografico
Foto 3: Ecocolor-doppler
Foto 6: Immagine chirurgica del testicolo sinistro connesso al tessuto
splenico ectopico
CONCLUSIONI
La fusione splenogonadica è un'anomalia di sviluppo
che interviene tra il 5° e l'8° mese di gestazione e interferisce con la discesa testicolare ed il normale processo di
chiusura del dotto peritoneo-vaginale; la causa è sconosciuta [5,6].
Le malformazioni associate più frequenti sono il criptorchidismo (31%), per lo più a sinistra, l'ipospadia, anomalie degli arti e la micrognatia [7].
Putschar e Manion [8] hanno distinto una forma continua che consiste nella connessione attraverso un tessuto
fibroso o splenico tra milza principale e gonade, ed una
forma discontinua in cui manca una connessione anatomica tra milza principale ed ectopica.
Si tratta di un'anomalia assolutamente benigna e quindi
la decisione di asportare il tratto di connessione dipende
dal tipo di fusione – molto più semplice in caso di forma
discontinua – per il rischio di sanguinamento splenico.
Dialogues of Pædiatric Video-Surgery
Il caso presentato mostrava una fusione splenogonadica continua per la presenza di tessuto di connessione tra
milza principale e tessuto splenico ectopico, collegato al
testicolo sinistro e localizzato nello scroto.
Ai fini della diagnosi è evidente la superiorità della tecnica miniinvasiva rispetto alle altre indagini diagnostiche
per immagini; infatti, tutte avevano posto il sospetto di poliorchidismo e solo la visione diretta dell'anello inguinale interno, resa possibile dall'esplorazione laparoscopica, ha consentito di diagnosticare il raro difetto congenito ed ha permesso di valutare la possibilità della correzione chirurgica.
Il trattamento è stato effettuato per via tradizionale per
evitare il rischio di ledere durante la dissezione dell'anello
interno le vie spermatiche e per visualizzare in maniera distinta il limite di dissezione del parenchima accessorio dal
polo superiore del testicolo. Ricordiamo inoltre la possibilità
di sanguinamento legato alla forma continua del difetto.
11
BIBLIOGRAFIA
1. BOESTROM E. Gellschaft deutscher Naturforscher und Artze Verhandlungen der 56 Versammlung. Freiburg. 1883; 149
2. CARRAGHER AM. One hundred years of splenogonadal fusion.
Urology 1990; 35 (6): 471-5
3. DIEBOLD J, LE BLAYE O, LE TOURNEAU A, MARICHEZ P. Intrascrotal supernumerary spleen. A long silent case of discontinuous
spleno-gonadal fusi. Ann Path 1990; 10 (3): 174-76
4. PUTSCHAR WG, MANION WC. Splenic-gonadal fusion. Am J
Pathol 1956; 32 (1): 15-33
5. BAJALI KC, CALDAMONE AA, RABINOWITZ R, ORTENBERG J,
DIAMOND DA. Splenogonadal fusion. J Urol 1996; 156: 854-56
6. PATEL RV. Splenogonadal fusion. J Pediatr Surg 1995; 30: 87374
7. BRAGA LH, BRAGA MM, DIAS MA. Laparoscopic diagnosis and
treatment of splenogonadal fusion associated with intra-abdominal cryptorchidism in a child. Pediatr Surg Int 1999; 15 (7):
465-6.
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Brevi considerazioni
in tema di malpractice
Mauro Criscuolo
’osservatorio offerto dalle aule di giustizia denota un
sensibile e costante incremento delle controversie,
sia civili che penali, occasionate dalla responsabilità
medica o – come gli studiosi di recente preferiscono –
dalla responsabilità sanitaria, dovendosi far rientrare in
tale nozione tutte le condotte riconducibili sia all’attività
del singolo sanitario, sia in genere alla struttura sanitaria,
ancorché rimanga anonimo il soggetto cui concretamente
debba addebitarsi la colpa.
I repertori di giurisprudenza, sino a qualche decennio
orsono pressoché privi di precedenti sul punto, oggi registrano una sempre più elevata percentuale di documenti
dedicati al tema, con un proliferare di decisioni che nel
corso degli ultimi anni hanno avuto modo di esplorare le
più disparate fattispecie dell’agire medico, dando vita ad
un’elaborazione cui non ha mancato di fornire il suo contributo anche la dottrina, in passato alquanto disinteressata al tema.
Sarebbe del tutto fuorviante oltre che erroneo pensare
di individuare le ragioni di tale fenomeno in un’accresciuta propensione all’errore da parte dei medici, dovendosi piuttosto evidenziare che, nel tempo, le esigenze di
assicurare un costante aggiornamento ed una formazione
sempre più immediata hanno ricevuto un valido riscontro
in tutte le professioni intellettuali, ivi inclusa la professione medica, sia pure attraverso il sistema, in parte criticato, dei crediti formativi. Inoltre, lo sviluppo dei media,
ed in particolare la diffusione di internet, ha reso vieppiù
semplice curare, anche dal proprio studio, l’aggiornamento scientifico.
A mio modo di vedere una chiave di lettura diversa
appare ricavabile ove si abbia riguardo alla contrapposizione che nell’ultima estate ha visto da un lato il Governo, volto a favorire una liberalizzazione delle professioni (ed in particolare di quella legale), e dall’altro gli organismi rappresentativi delle medesime professioni. La vicenda, senza la pretesa di approfondire le ragioni dell’uno
o dell’altro dei contraddittori, è però sintomatica di un comune sentire nettamente differente rispetto al passato,
che fa sì che l’approccio al lavoro professionista non sia
più caratterizzato da un’aura di rispetto o, come special-
L
mente per il medico, di sacralità ma, in maniera molto più
pragmatica, da un atteggiamento simile a quello che caratterizza i rapporti tra qualsiasi singolo consumatore ed
un fornitore di servizi.
Trattasi di un atteggiamento che non è esclusivo dell’Italia ma che connota l’intero vecchio continente e che diviene maturo con circa venti anni di ritardo rispetto a
quanto già avvenuto oltre Oceano, ove le ripercussioni
delle cause in tema di colpa medica, in alcuni settori
(come quello dell’ostetricia), hanno addirittura indotto
una serie di professionisti a ritenere più conveniente il ritiro dall’attività.
Il progresso tecnologico, specie nel campo medico, se
ha segnato dei grandi vantaggi per la collettività e per le
aspettative di vita, ha però contribuito anche a fornire,
con il contribuito dei media, un’immagine della salute
come di un obiettivo da raggiungere ad ogni costo, quale
che sia l’eventuale malattia nella quale ci si imbatta, con
la conseguenza che se non viene raggiunto non si inveisce
più contro il destino “cinico e baro” ma contro il medico
che sicuramente in qualcosa deve avere sbagliato.
L’umanizzazione dell’arte medica ha strappato il velo
che separava il sancta sanctorum dal resto del tempio, e
chiunque rimanga coinvolto in una vicenda sanitaria non
conclusasi felicemente ha l’aspirazione a conoscere appieno ciò che è accaduto e che venga giudicato l’operato
dei sanitari. Le remore di carattere culturale e sociale sono
ormai venute meno ed è quindi naturale assistere al progressivo incremento del contenzioso contro i professionisti,
trattandosi di un fenomeno non circoscritto al solo settore
sanitario ma che vede coinvolti, negli ultimi tempi, anche
avvocati, notai, commercialisti, ingegneri, etc..
Il diritto, che è legato a doppio filo alle esigenze della
società, ha colto tale profondo mutamento e la giurisprudenza, che del primo è chiamata a dare attuazione concreta, ha spostato in parte il baricentro delle sue decisioni
dalla parte dei medici a quella dei pazienti; questo però, è
bene chiarirlo, senza alcun intento persecutorio ma ritenendo appunto di dover fornire delle norme esistenti
un’interpretazione più adeguata a quelle che sono le
aspettative del tessuto sociale.
14
Dialogues of Pædiatric Video-Surgery
Emblematica in tal senso è la lettura che nel corso degli anni è stata offerta di una norma chiave in materia di
responsabilità del prestatore d’opera intellettuale, ed in
particolare l’art. 2236 c.c., la quale prevede che in caso di
risoluzione di problemi tecnici e di speciale difficoltà il
prestatore d’opera intellettuale può essere chiamato a rispondere solo in caso di dolo o colpa grave.
Nel corso degli anni la giurisprudenza ha dapprima limitato la previsione ai soli casi di colpa caratterizzati da
imperizia, cioè dalla necessità di affrontare per la prima
volta casi di particolare difficoltà, escludendo l’esonero
nelle diverse ipotesi colpose dalla negligenza e dell’imprudenza, per poi richiedere un particolare rigore nell’individuare le stesse fattispecie in cui sia possibile ravvisare la
risoluzione di problemi di particolare difficoltà.
Rapportando il tema all’attività del videochirurgo, il
beneficio offerto dalla norma poteva ragionevolmente essere ottenuto solo dai pionieri di tale branca, e cioè da coloro che circa venti anni orsono si cimentarono per le
prime volte con tale tecnica operatoria, mentre oggi la diffusione della tecnologia, il maturare di specifiche esperienze e l’incremento della casistica appaiono essere degli
ostacoli insormontabili per chi volesse avvalersi dello specifico esonero, potendo al più essere riconosciuto alle sperimentazioni in nuovi campi operatori.
Se, come sopra evidenziato, il mito della società moderna è del “belli e sani ad ogni costo”, pretendere di conservare dei privilegi in favore dei professionisti rischia di
rappresentare una battaglia di retroguardia, mentre molto
più proficuo appare essere un atteggiamento che, consapevole del mutamento intervenuto, miri ad assicurare all’attività medica un’adeguata prevenzione dei fattori di rischio, non solo al fine di impedire che possano verificarsi
delle conseguenze negative, ma anche al fine di – qualora
un esito infausto abbia comunque a realizzarsi – permettere al sanitario di affrontare l’eventuale giudizio del magistrato con la dotazione di tutti gli strumenti che possano
permettergli di dimostrare la sua innocenza.
L’affinamento nel corso degli anni delle tecniche del
risk management, e la sua applicazione vieppiù crescente
anche nel campo sanitario, hanno evidenziato l’impossibilità di ovviare ai problemi della responsabilità sanitaria con
il ricorso alla sola tecnica della copertura assicurativa (se
non a rischio di produrre un costante ed antieconomico
innalzamento dei premi, favorendo altresì un inconsapevole fenomeno di deresponsabilizzazione) e la necessità di
trarre insegnamento non solo dai propri errori ma anche
dai cosiddetti “near misses”, in un’ottica di trasparenza e
chiarezza, fondamentali, non solo per superare il vaglio
dell’attività giudiziaria ma anche, e cosa forse più importante, per recuperare il rapporto fiduciario con il paziente.
Le riflessioni che seguono lungi dall’avere la pretesa di
esplorare gli innumerevoli profili giuridici e tecnici che
sono coinvolti dal fenomeno della responsabilità sanitaria,
per i quali non sarebbe certo sufficiente lo spazio di questo
scritto, mirano piuttosto a sensibilizzare l’operato degli
specialisti di videochirurgia infantile su alcuni degli snodi
di maggiore criticità del loro agire, offrendo dei suggerimenti che, dal punto di vista di chi scrive, potrebbero agevolare l’esatta ricostruzione dei fatti in sede giudiziaria, a
tutto vantaggio del professionista che ha bene agito.
Un sempre crescente interesse, anche a livello di contenzioso giudiziario, si è sviluppato in ordine al problema
del cosiddetto consenso informato, la cui necessità si è progressivamente imposta, sino a rivestire una particolare attenzione anche all’interno dei vari codici deontologici. La
sua assenza espone chiaramente il sanitario ad una forma di
responsabilità, di cui si discute sia l’esatta natura (contrattuale o precontrattuale), sia l’individuazione delle conseguenze risarcitorie (il pregiudizio alla salute subito, nonostante l’intervento sia stato correttamente praticato, ovvero la lesione del cosiddetto diritto all’autodeterminazione
del paziente) e, pertanto, diviene fondamentale assicurare
che la preventiva informazione sia effettiva e risulti esauriente sotto tutti i profili. Inoltre, l’elaborazione giurisprudenziale, facendo applicazione del cosiddetto principio di
prossimità della prova, ha ritenuto che incomba allo stesso
sanitario l’onere di fornire la prova che il consenso sia stato
effettivamente reso da parte del paziente, e che lo stesso sia
stato corredato di tutte le informazioni necessarie.
È evidente che si debba rifuggire da qualsiasi approccio
di tipo meramente burocratico, tale da far ritenere assolto
l’obbligo di preinformazione da parte del medico, mediante
la semplice sottoscrizione da parte del paziente di un modulo prestampato, così come altrettanto eccessivo sarebbe
pretendere che le notizie fornite investano anche le più remote possibilità di esito negativo ovvero le complicanze
più improbabili, atteso il rischio di ingenerare un timore
ingiustificato e riflessi negativi sulla partecipazione psicologica del paziente alla buona riuscita dell’intervento.
Proprio al fine di assicurare al sanitario la possibilità di
dare piena attuazione all’onere probatorio che gli viene richiesto – dimostrando che l’informazione è stata completa
e che il consenso è frutto di una piena accettazione da
parte del paziente (ciò vale a maggior ragione allorché il
consenso viene reso dai genitori, soggetti fortemente coinvolti da un punto di vista emotivo) – si potrebbe ipotizzare,
nel rispetto della normativa in tema di tutela della privacy,
di procedere oltre alla consueta sottoscrizione dei moduli
informativi anche ad una videoregistrazione del colloquio
informativo, che in maniera ben più eloquente di qualsiasi
scritto o di qualsiasi prova testimoniale permetterebbe di
ricostruire quanto realmente accaduto. D’altronde, l’utilizzo di formati multimediali che permettono di compendiare dei filmati in un ridotto spazio di memoria e la contestuale diffusione di strumenti tecnologici per la registrazione dovrebbe far venir meno le remore di carattere tecnico ad avvalersi di tale metodologia di archiviazione.
Il ricorso alle nuove tecnologie, cui la videochirurgia è
intrinsecamente ampiamente tributaria, potrebbe anche
Dialogues of Pædiatric Video-Surgery
fornire un notevole contributo per ciò che concerne l’accertamento dei fatti ed in particolare nella ricostruzione
del rapporto di causalità.
Il sistema giuridico italiano, pur con varie sfumature in
dottrina, ha optato per il cosiddetto principio di equivalenza delle cause, sicché ogni singola condotta umana se
idonea a produrre l’evento, sia pure in concorso con altri
fattori umani, naturali o causali, permette di ricondurre
l’evento dannoso al suo autore. Tale accertamento, che
viene di norma condotto sulla base delle regole scientifiche, anche di natura probabilistica, se appare evidentemente più agevole in caso di condotta commissiva, poiché
si tratta di estrapolare dalla serie fattuale che ha proceduto l’evento, una specifica ed individuata condotta positiva, si presenta ben più difficoltoso laddove l’addebito
mosso consista nell’avere omesso un comportamento che
invece doveva ritenersi dovuto.
La verifica in tema di causalità omissiva è infatti di tipo
ipotetico, in quanto non supportato da una controprova
fattuale, ma basato sull’ipotetico inserimento nella serie
causale della condotta che nel caso sarebbe stata richiesta,
con la conseguenza che il risultato è garantito sempre da
una certezza di tipo non assoluto ma probabilistico.
Le difficoltà, ora sinteticamente riassunte, hanno ingenerato un ampio dibattito nella giurisprudenza che solo
negli ultimi anni ha abbandonato le posizioni più rigorose
per le quali anche una non elevata probabilità di evitare
l’evento (si era ipotizzata una percentuale anche del
30%), ritenendo necessario che il giudizio controfattuale
dia una probabilità di livello tale da poter affermare quasi
la certezza dell’idoneità della condotta omessa ad impedire il danno. Tuttavia, se tale posizione rappresenta un
indubbio vantaggio per gli operatori sanitari, il presupposto per la sua piena attuazione è che al giudice sia offerta
una completa ricostruzione dei fatti, che non sempre appare possibile, specialmente laddove, come spesso accade,
la cartella clinica non sia redatta in maniera analitica e
soddisfacente. In tali ipotesi in giurisprudenza va affermandosi un orientamento in base al quale l’incompletezza
della cartella clinica genera una presunzione di responsabilità da parte della stessa struttura sanitaria, così che può
pervenirsi, appunto in via presuntiva, ad affermare la
colpa del sanitario proprio perché la sua negligenza non
ha permesso di procedere ad un’analitica ricostruzione
della dinamica.
Tuttavia, per chi, come il videochirurgo, opera avvalendosi delle più recenti tecnologie, con la possibilità altresì di
filmare e registrare quanto avviene in sala operatoria, potrebbe essere estremamente agevole effettuare la registrazione e l’archiviazione dell’intervento, non solo allorché
appare utile ai fini didattici o scientifici, ma in ogni evenienza al fine di poter offrire all’esame dell’autorità giudiziaria un documento fedele ed esaustivo tale da escludere
ogni incertezza o dubbio legati alla irregolare tenuta della
cartella ovvero alle lacune della memoria umana.
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La complessità degli accertamenti, spesso legati all’utilizzo di nuove metodiche e tecnologie, rende ancor più
evidenti le difficoltà nelle quali si imbatte chi è chiamato
a giudicare, il quale, sebbene ritenuto peritus peritorum, è
necessitato ad avvalersi della collaborazione di un esperto
del settore. Ebbene, se il ricorso all’ausilio di un medico
legale appare necessitato dal fatto che chi è dotato di tale
specializzazione è in grado di tradurre in termini giuridici
valutazioni e giudizi tipici dell’ars medica, è innegabile
che specialmente in settori caratterizzati da elevata specializzazione, frutto di recenti evoluzioni scientifiche, il
giudice debba preferibilmente avvalersi anche della collaborazione di uno specialista del campo. Trattasi di una
consapevolezza sempre più diffusa nella magistratura ma
che talvolta trova ostacoli proprio negli specialisti, in
parte per ragioni di carattere economico (il compenso liquidato per la consulenza in sede giudiziaria è di importo
alquanto limitato) ed in parte per il timore di porsi in cattiva luce nei confronti del collega il cui operato deve essere valutato.
L’auspicio è che anche tali remore possano venire
meno, poiché è essenziale per la difesa di chi ha invece
operato correttamente che il giudizio sia supportato da
una valutazione di un esperto del settore. Ma è altrettanto
essenziale che l’atteggiamento di chi è chiamato a fungere
da consulente del giudice sia ispirato non già da un intento corporativo, di difesa a tutti i costi della categoria di
appartenenza, ma di leale collaborazione con l’autorità
giudiziaria che lungi dall’essere animata da intenti persecutori è chiamata a giudicare tra due istanze entrambe
meritevoli di tutela: quella di chi ritiene di avere subito
ingiustamente un danno ad un bene primario quale quello
alla salute, e quello di chi invece ritiene di avere scrupolosamente fatto il proprio lavoro.
NOTE DEL TESORIERE
Nel ricordare a tutti i Soci l’importanza dell’essere in regola con il pagamento della quota sociale,
si comunica che è stato attivato un conto corrente
bancario presso la Banca Regionale Europea, filiale
n. 9 di Milano, su cui poter versare la quota annuale di iscrizione.
Le coordinate bancarie per effettuare il bonifico
sono:
S.I.V.I. conto corrente n. 9459
CIN: G — ABI: 1609 — CAB: 6906
Nella causale specificare l’anno o gli anni cui si
riferisce la quota versata. Ricordiamo che la quota
è di 100,00 euro per anno.
Per chiarimenti:
[email protected]