valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di brescia

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valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di brescia
Comunità Montana
di Valle Camonica
VALORIZZAZIONE
CEREALI MINORI
DI MONTAGNA
IN PROVINCIA
DI BRESCIA
Esperienze dalla Valle Camonica
SOMMARIO
PRESENTAZIONE DEL PROGETTO
pag. 03
CEREALI MINORI IN VALLE CAMONICA: CENNI STORICI
pag. 05
PROVE DI COLTIVAZIONE DELLA SEGALE PERIODO 2008-2010
pag. 12
DALLA SEMINA ALLA MATURAZIONE
pag. 16
LA RACCOLTA E L’ESSICCAZIONE
pag. 30
ATTIVITÀ ANALITICHE A SUPPORTO DEL PROGETTO
pag. 42
PRESENTAZIONE DI PIATTI A BASE DI FARINA DI SEGALE
pag. 46
COMPUTO METRICO ESTIMATIVO PARTICELLA 1.000 MQ
pag. 50
ALTRE COLTIVAZIONI: ORZO E GRANO SARACENO
pag. 52
CONCLUSIONI
pag. 61
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
PRESENTAZIONE DEL PROGETTO
In passato, l’importante ruolo svolto dalla coltivazione dei cereali minori (orzo, segale, grano saraceno, frumento ecc.) in zone di montagna - nel rifornimento di farine per
il sostentamento delle popolazioni alpine - ha garantito per molti anni la gestione del
territorio. Le colture minori sono specie “antiche”, che hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’alimentazione umana, oltre a occupare una posizione strategica nell’origine delle attuali forme coltivate. Purtroppo, dopo gli anni Cinquanta, la coltivazione dei cereali minori nelle zone di montagna è progressivamente calata, lasciando spazio a colture più remunerative o, peggio ancora, all’abbandono. Tale evoluzione ha portato un cambiamento del paesaggio: là dove i campi sono pianeggianti sono
stati mantenuti a seminativo o a prato stabile; ma dove le caratteristiche pedologiche e
strutturali (terreni poco fertili e con molto scheletro, pendenza elevata, difficoltà di accesso, appezzamenti poco meccanizzabili) il terreno una volta seminato a segale o frumento ha lasciato il posto al rimboschimento delle superfici. Questo ha comportato un
abbassamento della diversificazione visiva del paesaggio, con un impoverimento della
biodiversità vegetale e animale.
I cereali minori possono essere definiti come piante rustiche, tolleranti a stress ambientali, capaci di dare una produzione economicamente valida anche in condizioni di modesta fertilità del terreno. Hanno spesso pregevoli caratteristiche qualitative e nutrizionali, che ne fanno ingredienti principali in preparazioni dietetiche e salutistiche, in gradevoli preparazioni culinarie attorno alle quali si muovono tradizioni popolari e usanze. Per questo motivo, nel 2008, la Comunità Montana di Valle Camonica, con il sostegno del Centro studi per la montagna, ha promosso la reintroduzione di tali colture, in
particolare segale, grano saraceno e orzo. L’obiettivo era di produrre materie prime in
Valle per la trasformazione in farine, così da arricchire l’offerta agro-alimentare e l’utilizzo delle stesse nella ristorazione e nella panificazione, al fine di riproporre piatti tipici della tradizione camuna.
Il progetto svolto nell’arco del triennio 2008-2010 si è posto come obiettivi:
• il recupero delle aree agrarie abbandonate;
• l’aumento della biodiversità vegetale e animale, reintroducendo altre specie nelle coltivazioni anche mediante la rotazione dei campi, per creare un ambiente che potesse favorire la sopravvivenza dell’ avifauna ivi presente;
• l’organizzazione di una microfiliera locale, con lo scopo di realizzare tutte le fasi del-
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
la catena in una zona, dalla produzione in campo (gestione agronomica) fino alla trasformazione e alla vendita;
• la produzione di materie prime di alta qualità, che possano essere rappresentative di
un luogo;
• la diversificazione delle produzione agro-alimentari, arricchendo il paniere dei prodotti già presenti in Valle Camonica;
• la salvaguardia e la promozione delle tradizioni locali, creando eventi culturali che
possano testimoniare e valorizzare i prodotti tipici.
La produzione di granella e farine arricchisce inoltre l’offerta agro-alimentare e l’utilizzo delle stesse nella ristorazione e nella panificazione e consente di riproporre piatti tipici della tradizione, che si richiamano a essa oltre che per il metodo impiegato, anche
per l’utilizzo di materie prime prodotte in loco e quindi qualitativamente superiori.
La filiera produttiva di nicchia per queste specie, rispetto alle colture “maggiori”, assume caratteristiche particolari in funzione delle dimensioni del mercato e della destinazione del prodotto finale, proprio perché si tratta di occupare un mercato locale.
Un ultimo aspetto da mettere in evidenza è il forte legame fra le colture minori e i sistemi agricoli low input e biologici. Questi sono caratterizzati da alcuni elementi peculiari,
quali la diversificazione colturale, le piccole dimensioni, la più diffusa presenza in territori con particolari caratteristiche agronomiche, paesaggistiche o in aree naturali protette. Sono tutti elementi che depongono certamente a favore di un approccio a basso
input energetico della coltivazione, verso produzioni di piccole dimensioni e tipicizzabili sul mercato, quindi verso colture di nicchia.
Lo scopo, in sintesi, del progetto è stata la messa a coltura di tali cereali in Vallecamonica con la realizzazione di una “filiera corta”, legata alla produzione, tradizione e al valore aggiunto locale, mettendo in rete tutti i soggetti interessati alla promozione del territorio: enti pubblici, agricoltori, associazione di agricoltori, ristoratori, trasformatori e
l’università della montagna di Edolo.
Il Presidente
della Comunità Montana
di Vallecamonica
Corrado Tomasi
L’assessore all’Agricoltura
della Comunità Montana
di Vallecamonica
Bernardo Maschera
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
CEREALI MINORI IN VALLE CAMONICA:
CENNI STORICI
portare al suolo elementi nutritivi dilavati
o asportati dalle colture precedenti. Il letame serviva anche per strutturare il terreno,
realizzando il corretto rapporto tra micropori (occupati dall’aria) e macropori (acqua) (Compagnoni et al., 1999).
Nella coltivazione dei cereali minori occupano un posto importante la segale e il
grano saraceno, che verranno trattati brevemente di seguito.
L’agricoltura di montagna, basata sulla frammentazione e sulla pluri-proprietà, è un
esempio assai caratteristico del tipo più povero di agricoltura alpina. La lavorazione
del suolo si realizzava in condizioni proibitive, data l’estrema divisione della proprietà, le condizioni climatiche e la ripidità della maggior parte degli appezzamenti. Si pensi che ogni anno occorreva ricostituire il suolo agricolo riportando in alto
la terra, che tendeva a scivolare continuamente verso valle; per questo bisognava
caricare con la pala il gerlo e portarlo non
con poca fatica in cima al campo. L’aratro
era quasi sconosciuto - era un attrezzo costoso e perciò privilegio di pochi - così la
totalità delle lavorazioni veniva effettuata con la zappa, che serviva per la raccolta
delle patate. Insieme alla segale, all’orzo e
al grano saraceno, costituivano l’inventario delle piante coltivate in Valle Camonica e in altre vallate della provincia di Bresica. Con il passare del tempo, l’aratro entrò nelle pratiche agricole: era costituito da
una bure ricurva, nel ceppo era inserito il
vomere e la stegola aveva la funzioni di indirizzare il solco (Melotti, 2009). L’aratro
veniva spesso trainato da due vacche o da
una coppia di buoi, ma non era inusuale
vederlo trascinato dagli stessi contadini. Il
terreno veniva accuratamente concimato
con il letame che aveva la funzione di ap-
La segale
Notizie storiche: la segale (seghèl) è una
tipica coltura montana perché, data la sua
rusticità e resistenza al freddo, veniva coltivata in tutto l’arco alpino. Era considerata un tempo il principale cereale della zona per la sua capacità di crescere su terreni acidi e poveri di elementi nutritivi. Veniva ampiamente coltivata a Monno, piccolo
comune nell’alta Valle Camonica, fino alla meta del Novecento. I campi seminati a
segale, disposti sui terrazzamenti sottratti,
balza dopo balza, al bosco si estendevano
dal territorio sottostante l’abitato fino ai
primi maggenghi (Melotti, 2009). Inoltre,
racconta sempre Melotti che a Monno, dal
1817, in seguito all’introduzione della patata, s’iniziò a praticare la rotazione agraria triennale che prevedeva l’alternarsi di
due anni di segale uno di patate.
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
La semina: il periodo di semina della segale era piuttosto ampio, dalla fine di settembre ai primi giorni di novembre. Nei campi
o nei filari e nei fondi a coltivazione mista
la segale veniva alternata con grano turco
o patate o rape (destinate sia all’alimentazione animale che umana). Il terreno dove erano state coltivate le patate era particolarmente adatto alla segale, poiché grazie alla pratica del sovescio - che consisteva nel rivoltare e nell’interrare i residui erbacei - costituiva un ottimo ammendante.
La concimazione autunnale avveniva solo
se non si effettuavano rotazioni alle colture; il letame veniva portato sul campo con
il gerlo, con la carriola o con un carro (a
due o quattro ruote), ove possibile. La semina era sempre effettuata a mano; il contadino passava nel campo, disseminava a
spaglio la segale, prendendola da un sacchetto legato alla cintura. Il quantitativo di
semi era dettato dalla pratica e dall’esperienza. Alla semina seguiva l’erpicatura,
fase nella quale i semi venivano ricoperti da un sottile strato di terra fino a qualche centimetro (Compagnoni et al., 1999).
Dopo dieci o dodici giorni, spuntavano i
primi fili rossicci, ma ai primi freddi e alle prime brinate del mese di novembre lo
sviluppo si arrestava e i deboli filamenti si
adagiavano sul terreno pronti a essere coperti dalla neve durante l’inverno. Il proverbio “sotto la neve, pane” spiega in modo abile l’utilità del soffice manto bianco,
perché senza nevicate la piccola segale poteva essere danneggiata gravemente dal ge-
Descrizione colturale: la segale viene coltivata in zone collinari e montuose a un’altitudine di 800/1.000 metri, grazie alla sua
facilità di adattamento ai terreni con notevole acidità. Inoltre può sopportare la carenza d’acqua in varie fasi dello sviluppo
ed è in grado di ambientarsi a climi relativamente freddi. Si distinguono principalmente due varietà di segale: la primaverile (marzuola) e l’autunnale (vernina), così chiamate in riferimento al periodo della
semina e quindi alla durata del ciclo vegetale (Melotti, 2009).
La prima veniva seminata alla fine di aprile/inizio maggio per poi essere raccolta a
settembre/ottobre, mentre la vernina era
seminata in ottobre (generalmente entro
la prima decade, altrimenti il freddo ne
avrebbe compromesso il germogliamento) e si mieteva a luglio/agosto.
In Valle Camonica, in passato, la varietà di
segale conosciuta e coltivata era l’autunnale, perché era resistente al freddo e dava la
possibilità di riutilizzare il terreno per un’altra coltura (soprattutto patate e rape bianche) (Melotti, 2009; Galli, 2006). Inoltre la
qualità vernina era la più usata perché la
resa era maggiore e la farina era più bianca (Melotti, 2009).
Calendario dei lavori agricoli: a settembre, raccolte le patate, si predisponeva il
campo per la semina dei cereali, arandolo preferibilmente in luna calante. Diffusa
era l’aratura a mano, con l’uso della zappa, impiegata nei terreni più ripidi, e della
vanga, adatta ai più morbidi.
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
lo o addirittura distrutta, mentre sotto la
neve i tenui fili riposavano e non temevano alcuna insidia. A Monno i campi verdi
della giovane segale venivano fatti pascolare dagli ovi-caprini, in quanto la brucatura della parte aerea permetteva al cereale di superare in modo più agevole i rigori dell’inverno (Melotti, 2009). Al termine
della stagione invernale, negli ultimi giorni di febbraio o ai primi di marzo, la segale si ergeva e si colorava di un verde intenso e riprendeva il secondo ciclo vegetativo. Con l’arrivo della primavera, le donne ritornavano nei campi seminati a segale per trovare eventuali zone improduttive (fale) che venivano riseminate. La segale richiedeva accurate sarchiature (sarclà) con la zappa e durante il mese di maggio il campo doveva essere liberato dalle
erbe infestanti e parassite che crescevano
tra gli steli. Il lavoro era detto “mundà la
séghel”. La segale raggiungeva un’altezza
di circa due metri e le spighe, cresciute e
fiorite a maggio, giungevano a maturazione verso la fine di giugno, colorandosi di
un giallo paglierino (Melotti, 2009; Compagnoni et al., 1999).
Preparazione dei covoni – Fem Festa – Monno 2008
Carico dei covoni sul carro - Fem Festa Monno 2008
La mietitura, trebbiatura e la raccolta: il
periodo della mietitura era approssimativamente compreso tra gli ultimi giorni di
luglio e la prima decade di agosto; uomini, donne e ragazzi si recavano nei campi
o nei “löch”, (terreni a coltivazione mista),
dove iniziava il duro lavoro.
Chini sulla terra, con una falcetto detto in
dialetto “sighittha”, tagliavano manelli di
grano che venivano posti bene in ordine
sul terreno per formare i covoni (còf). Covoni che erano chiusi mediante un legaccio formato da alcuni steli ritorti e annodati a croce e venivano trascinati in fondo
al campo o al filare per essere poi portati
a casa. Questa operazione veniva praticata prima del sorgere del sole, poiché la rugiada manteneva le spighe umide, ostaco-
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
una barretta terminante con due anelli. Il
giunto permetteva la libera articolazione dei
due elementi. L’uso del correggiato richiedeva una certa forza, visto che bisognava
sollevarlo con le braccia tese, imprimergli
una rotazione e abbassarlo, colpendo con
la vetta i covoni adagiati a terra. La sgranatura avveniva con un bastone (bastuc),
i resti delle spighe venivano adagiate a terra e percossi da abili mani contadine. I rimasugli di paglia e spighe venivano radunati al centro dell’aia, dapprima con un rastrello (restel) dai denti radi o con una forca (furca), poi con una robusta scopa di rami verdi di betulla (sgàrnera), le cui foglie
sollevavano gli ultimi frammenti e li convogliavano nel mucchio, quindi questo veniva
battuto e ribattuto. Il cereale ammucchiato durante la battitura a mano doveva essere pulito, eliminando i sassolini e i frammenti di paglia e di spiga con l’ausilio di
un setaccio in vimini (sdracc) o di un crivello, formato da un cerchio ligneo e da un
fondo a trama larga costituito da strisce di
legno intrecciate. Questo attrezzo era munito di due fessure ai lati con funzione di
impugnatura (Melotti, 2009). Successivamente si separavano i chicchi dal loro involucro (la pula) tramite la vagliatura, effettuata manualmente con il vaglio (val), cesto
di vimini a due manici munito su tre lati di
una sponda digradante da ambedue le parti verso il quarto lato che ne era privo (Melotti, 2009). Questa operazione richiedeva
di essere effettuata all’esterno in una giornata particolarmente ventosa, poiché du-
lando la caduta dei grani. Il trasporto della segale a casa era fatto con carri trainati
da animali e, qualche volta, anche direttamente a spalla dal contadino. I covoni venivano sistemati nelle “crapène” (sottotetti ubicati sopra i fienili), sollevandoli con
le forche (‘l furchi) attraverso una botola
del pavimento del fienile. Per favorire la separazione dei granelli dalle spighe i covoni venivano lasciati in campo qualche giorno, per farli essiccare e prendere l’eventuale pioggia dei temporali estivi, perché si riteneva che i chicchi durante la trebbiatura si distaccassero più facilmente se le spighe erano state inumidite. Quando i covoni erano completamente essiccati, bisognava isolare dalle spighe e dagli steli le cariossidi, che si staccavano facilmente per percossa. La trebbiatura iniziava con la battitura (definita “batter la seghel”) attraverso la
quale avveniva la separazione delle spighe
e degli steli delle cariossidi (Melotti 2009;
Compagnoni et al., 1999). La battitura veniva effettuata in grossi teli di canapa (pelòrcc) steso con cura sul pavimento del fienile (tablà). I covoni venivano battuti con
forza contro un’asse inclinata, per separare i chicchi più maturi dai residui vegetali,
dopodiché i covoni, una volta slegati, venivano di nuovo percossi con uno strumento definito coreggiato (flel). Si tratta di due
bastoni, di cui quello impugnato dall’operatore leggermente più grosso all’estremità libera, lungo circa 50 centimetri, recanti l’uno un chiodo a grossa capocchia, l’altro un anello di ferro, collegati tra loro da
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
colare la segale (Compagnoni et al., 1999).
La segale cornuta appariva come un corpo duro e nero, si formava all’altezza delle
spighe, veniva separata in modo raffinato
dalla semente e venduta ai farmacisti, che
la impiegavano nella preparazione di prodotti medicinali; in genere i medici erano
disposti a pagarla bene.
Un tempo accadeva che gli sclerozi della
segale cornuta si mescolassero, durante la
trebbiatura, al grano e con questo venissero macinati.
rante la setacciatura l’azione del vento doveva asportare la pula dai chicchi.
Meccanicamente la vagliatura avveniva invece con il ventilabro (mulinèl), attrezzo di
solito di proprietà della Vicinia, formato da
un grosso cassone sostenuto da quattro piedi e munito interamente di una ventola azionata da una manovella; sopra vi era una larga bocca, simile a una tramoggia, nella quale venivano caricati i chicchi. Questi ultimi
erano separati dalla pula grazie alla vibrazione trasversale di una rete metallica. La
pula e le pagliuzze, investite dalla corrente d’aria creata dal movimento delle pale,
venivano spinte fuori dal ventilabro attraverso un’apertura e cadevano più o meno
lontano a seconda del loro peso e volume
(Compagnoni et al., 1999). Se dopo la vagliatura il cereale presentava tracce di rimasugli, lo si passava agitandolo avanti e indietro con dei setacci della trama via via più
fine. L’attrezzo utilizzato era detto “cruel”,
un crivello con un fondo a trama fine fatta di filo metallico. Con il suo impiego le
ultime impurità venivano asportate con le
mani. Il periodo della raccolta della segale viene ricordato dai vecchi contadini in
modo positivo, anche se erano giornate di
duro lavoro: d’altra parte l’economia del
tempo richiedeva questi sacrifici.
Segale cornuta: nella segale, durante la
trebbiatura, si trovavano anche numerosi
funghi (sclerozi della segale cornuta). La
“Claviceps purpurea” è un fungo parassita che, in determinante condizioni climatiche e ambientali, attacca i cereali e in parti-
Conservazione: la segale veniva conservata al buio e al fresco nelle cantine all’interno di grandi cassoni (càlc di sgrin). Veniva utilizzata di volta in volta quando era
necessario.
Utilizzo e consumo: gli steli venivano utilizzati per imbottire i sacconi del letto (paiarìcc), per realizzare gli spaventapasseri (matocc de l’aula), il pupazzo della vecchia (fantocc dèla vègia) o per costruire le
pareti del “gradic” (sistema di isolamento
che oggi trova largo impiego nella bioedilizia) (Melotti, 2009).
Dalla segale si ricavava la farina usata per la
produzione del pane di segale, che veniva
prodotto due volte a settimana; era conservato appeso in solaio per essiccare e farlo diventare più croccante (questa pratica veniva
usata specialmente in alta Valle Camonica)
(Galli, 2006). Il pane tradizionale dell’alta
Valle Camonica è ottenuto da un impasto
di farina di segale e di frumento.
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
Il pane di segale e di frumento è tra gli ingredienti della “panàda”, la tipica zuppa
montanara locale, realizzata anche con lardo, burro e croste di formaggio.
La paglia veniva sfruttata come strame, specialmente per le vacche che avevano appena partorito e per i vitellini. Negli anni di
siccità e scarsità di fieno era usata, insieme
a questo, come foraggio per il bestiame giovane (vitelle, manzette).
Abbandono della coltura: è opinione generale che il clima sia la prima causa di abbandono della segale (“la segale, oggi, non
matura più”, dicono i vecchi contadini),
ma la motivazione è forse un’altra: la scomparsa della semente acclimatata nei secoli nelle zone montane, sostituita da varietà
provenienti da altri paesi, inadatte all’ambiente alpino.
L’altra causa è da ritrovare nella scarsa redditività della coltura nelle aree montane,
che non sono state più in grado di reggere
la concorrenza della pianura.
Inoltre i miglioramenti delle condizioni di
vita nell’odierna società hanno portato alla
progressiva scomparsa delle attività agro-silvo-pastorali (Compagnoni et al., 1999).
Il Grano saraceno
Notizie storiche: è una pianta spontanea
nelle zone della Siberia e della Manciuria.
Sui modi di propagazione della pianta si
fanno diverse ipotesi: i Turchi avrebbero
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introdotto la pianta in Grecia e nella penisola balcanica. Da questo fatto deriverebbe il nome grano saraceno, cioè grano dei turchi o saraceni. La seconda ipotesi sostiene che la diffusione sia avvenuta
attraverso l’Asia e l’Europa del Nord per
opera delle migrazioni dei popoli mongoli, che dalla Russia meridionale portarono
il grano fino alla Polonia e alla Germania,
da dove si sarebbe diffuso nel resto d’Europa (Compagnoni et al., 1999).
Calendario dei lavori agricoli: il grano saraceno sopporta male il freddo e, pertanto, esige d’essere coltivato nelle stagioni tra
la primavera e l’estate o tra l’estate e l’autunno, durante le quali riesce a svolgere velocemente il suo ciclo biologico; in considerazione della brevità del ciclo vegetativo (60 - 100 giorni, in relazione alla varietà) è perciò un’ottima coltura intercalare.
La semina è effettuata nella prima metà di
luglio nei terreni dove era stata mietuta la
segale. Il grano viene a maturazione nella
seconda metà di ottobre: i gambi e le foglie
si tingono d’un bel colore marrone o rossiccio in attesa della mietitura. Se il grano
saraceno veniva seminato nel mese di agosto lo si raccoglieva verso la ricorrenza dei
Morti, si facevano i covoni (pagnù) e lo si
lasciava a essiccare (Galli, 2006).
Appena essicati, li si batteva con un flèl (oggetto formato da due pezzi di legno uniti
da una corda, vedi lavorazione della segale); l’operazione aveva la funzione di far
cadere la semenza (Galli, 2006). Altre vol-
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
te si portavano i covoni a casa con il carro e li si metteva sul solaio a essiccare, poi
li si batteva sempre col flel o si prendeva
la slitta munita di cassone (béna) rovesciata (Galli, 2006).
Nelle case contadine esisteva uno strumento ventilabro (mulinèl), attrezzo di solito di
proprietà della Vicinia, utilizzato per separare i chicchi dalla paglia; lo si utilizzava per
il frumento, il mais, l’orzo e il grano saraceno. Si mettevano i chicchi in questa macchina, si faceva ruotare una manovella e i setacci contenuti nell’attrezzo separavano la
parte commestibile dal resto (Galli, 2006)
(vedi lavorazione della segale). Questo attrezzo non era presente in tutte le case e
quindi veniva prestato, l’affitto veniva pagato a quarta (una quarta di grano saraceno equivaleva a 10 kg) (Galli, 2006).
Conservazione: il grano saraceno veniva
conservato in modo analogo alla segale,
quindi in luoghi bui e al fresco all’interno di grandi cassoni (càlc di sgrin) (Galli, 2006).
Consumo: è una pianta coltivata per ricavare farina da utilizzare nella preparazione di tanti piatti.
In passato, a Monno, narra Melotti che il
pane prodotto con la farina di frumento era
ritenuto un lusso ed era consumato durante i periodi di malattia e somministrato alle
donne in gravidanza. Inoltre trova applicazione come componente principale per la
produzione di pasta e gnocchi. Anche per
il grano saraceno, analogamente alla segale, la paglia veniva sfruttata come strame,
specialmente per le vacche che avevano appena partorito e per i vitellini.
Negli anni di siccità e scarsità di fieno era
usata, insieme a questo, come foraggio per
il bestiame giovane (Melotti, 2009, Galli 2006).
Abbandono della coltura: l’abbandono
del grano saraceno è da ritenersi conseguenza della bassa produttività della coltura e per la scomparsa dei mulini in Valle,
ma anche per la competizione con il grano turco (mèlga), che divenne pian piano
elemento fondamentale della dieta contadina (Galli, 2006).
Bibliografia
Compagnoni M. S.; Tesorelli Bonetti I.,
(1999). La segale, Dai campi al mulino dalla
farina al pane. Centro Studi Alpini Museo
Vallivo Valfurva. Tipografia Compagnoni
di Valdidentro (So) Dicembre 1999.
Galli E., (2006). “Memorie di nonna Domenica”. Tipografia Valgrigna. Esine anno 2006.
Melotti G., (2009). “Anime Monni”. Tipografia Valgrigna Esine anno 2009.
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
PROVE DI COLTIVAZIONE DELLA SEGALE
PERIODO 2008-2010
La realizzazione del progetto “Valorizzazione dei cereali minori di montagna in provincia di Brescia” ha visto il susseguirsi di
una serie di fasi operative. La prima parte,
nel 2008, è stata un’approfondita ricerca
bibliografica sui metodi e sulle tecniche di
coltivazione dei cereali minori (principalmente sulla segale). È stata inoltre fondamentale la conoscenza di altre realtà simili, al fine di poter toccare con mano l’esperienza maturata in ambiti affini.
Data la vicinanza, si sono scelte come realtà il Trentino (Val di Gresta) e la Valtellina
(Teglio). Presso il Consorzio ortofrutticolo
Valle di Gresta1 è stato realizzato un esperimento analogo (sperimentazione triennale
nel periodo 2004-2007). L’incontro è servito per capire il ruolo della filiera corta e,
in particolare, l’importanza dell’esistenza di
un mercato che possa acquistare (al giusto
prezzo) la materia prima prodotta.
Un’altra importante esperienza è stata re-
alizzata a Teglio, grazie alla visita al Presidio Sloow Food2, che si occupa della promozione e della valorizzazione della segale e del grano saraceno. Tale realtà è di
grande interesse per comprendere le problematiche connesse alla coltivazione dei
cereali minori (grano saraceno, orzo e segale in primis).
Successivamente si è poi passati alla raccolta delle adesioni da parte degli agricoltori; la risposta al bando è stata buona, confermando il crescente interesse attorno alla coltivazione di questi cereali.
La scelta dei campi pilota è stata effettuata in funzione delle caratteristiche definite
da un bando, tra queste ci sono:
• conformazione regolare e superficie minima di 2.000 mq;
• terreno possibilmente pianeggiante (per
essere facilmente meccanizzabile);
1
Il Consorzio ortofrutticolo Val di Gresta è una cooperativa agricola costituita nel 1969 sulla base di una preesistente società degli
anni 1940, denominata Consorzio produttori ortofrutticoli di Ronzo Chienis, e ha iniziando l’attività nel 1972. Attualmente il
Consorzio conta 150 soci e movimenta mediamente 20.000 quintali di ortofrutta all’anno; in particolare bietola da costa, cavoli
cappucci, carote, cavolfiore, cipolle, fagiolini, pan di zucchero, patate, porro, radicchi, sedano, rapa, verza e zucchina.
2
Il Presidio sul grano saraceno della Valtellina ha costituito il proprio nucleo principale a Teglio, paese in cui mai è venuta meno la
tradizione di coltivare tale poligonacea, grazie alla passione di alcune famiglie, alle attività di coltivazione “conservativa” praticata
da alcuni gruppi locali e grazie anche ai contributi a fondo perduto erogati dall’Amministrazione comunale per il mantenimento
di tale coltura. Nonostante ciò, negli ultimi trent’anni la coltivazione si è però talmente rarefatta da rischiare la scomparsa, a causa principalmente della notevole quantità di ore di lavoro manuale richieste e del più generale fenomeno di spopolamento della
montagna.
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
• buona accessibilità del campo da parte di mezzi meccanici;
• quota altimetrica massima a 1.000 - 1.200
metri s.l.m.;
• disponibilità a ottemperare a quanto richiesto per la buona riuscita del progetto.
I campi pilota scelti sono situati lungo la
Valle Camonica e, più nello specifico, nei
comuni di: Gianico, Darfo Boario, Borno,
Paspardo, Losine, Niardo, Capo di Ponte,
Cevo, Malonno, Paisco Loveno e Corteno
Golgi (vedi cartina di seguito).
Nell’annata agraria 2009-2010 si sono aggiunti i campi situati a Malonno e a Edolo.
Nella tabella di pagina 14 viene riassunta la
superficie coltivata nel periodo 2008-2010:
la superficie totale investita a segale (che
comprende i campi pilota e altre superfici
coltivate a segale) è pari a 2,10 ha.
Distribuzione dei campi di segale in Valle Camonica
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
Quantità di semente per varietà distribuita nei campi nel periodo 2008-2010
LA PIANTA
Nei due anni di sperimentazione (annate
agrarie 2008-2009 e 2009-2010) la coltura
che è stata maggiormente praticata è la segale. Di seguito si riportano le caratteristiche fondamentali di questo cereale.
Segale: Secale cereale L.
Classe: Monocotyledones
Ordine: Glumiflorae
Famiglia: Graminaceae (Gramineae o Poaceae)
Tribù: Hordeaceae
Caratteri botanici della segale:
1) pianta intera;
2) parte basale;
3) parte apicale;
4) foglia;
5) guaina e ligula;
6) spighetta in antesi;
7) cariossidi. (da Enciclopedia Agraria)
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Specie: Secale cereale L.
Francese: Siegle
Inglese: Rye
Spagnolo: Centano
Tedesco: Roggen
La segale è una graminacea con caratteri botanici simili a quelli degli altri cereali microtermi (piante che richiedono per il
loro sviluppo una temperatura media annuale da 0°C a 15°C), ma con alcuni tratti
distintivi relativi principalmente alla ligula e alla spiga.
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Caratteri botanici della segale
1) La pianta intera: aspetto tipicamente
graminaceo, possiede un portamento
eretto e un’altezza che può superare i
150 cm. Il Fusto: è un culmo (fusto nodoso internamente cavo) a portamento
eretto, con 5-7 internodi, generalmente
molto alto (1,5-2 m) e sottile, ma flessibile ed elastico. Per la coltivazione l’altezza può essere ridotta fino a 1,2-1,5
m, questo evita l’allettamento.
2) La parte basale: presenta un apparato radicale tipicamente fascicolato, costituito, come in tutte le graminacee, da radici embrionali primarie e da radici avventizie. Le ramificazioni sono numerose e possono arrivare molto in profondità.
3) La parte apicale: presenta delle infiorescenze con delle spighe composte terminali molto lunghe e sottili, erette da
giovani e normalmente pendule o reclinate a maturità.
4) Le foglie: parallelinervie, come quelle di
tutte le graminacee (più corte e strette
di quelle del frumento), guainanti e alterne, con lamina di colore verde bluastro, di aspetto ceroso.
5) La guaina e ligula: la ligula, a differenza
di altri cereali, è quasi assente.
6) La spighetta: è costituita da un asse centrale, detto rachilla, e da due brattee basali, dette glume.
7) Le cariossidi: è il frutto, si presenta nudo nelle varietà coltivate, cilindrico, lungo 5-9 mm, acuminato all’estremità che
porta l’embrione, troncato e peloso all’altra estremità. Il peso di 1.000 cariossidi
si aggira sui 30 g, il peso ettolitrico sui
60-70 kg/hl.
Esigenze pedo-climatiche della coltura
Clima: tra i cerali microtermi, la segale è
quella con le più basse esigenze termiche,
tanto che, alle latitudini del territorio italiano, può essere coltivata fino a 2.000 metri di altitudine.
La somma termica che essa richiede per
compiere il suo ciclo è assai inferiore a quella del frumento e degli altri cereali autunno-vernini.
Terreni: la segale è dotata di grande rusticità, riuscendo a fornire produzioni soddisfacenti anche in suoli magri, sabbiosi, acidi. Tollera una moderata salinità. Si adatta più del frumento a climi secchi e terreni poveri.
Le produzioni più elevate si ottengono in
terreni di medio impasto, fertili, ben drenati, con pH compreso tra 5 e 7.
L’unica vera limitazione sono i terreni con
ristagno idrico, dove la rusticità e la resistenza al freddo della segale vengono compromessi.
Acqua: la segale resiste all’acqua meglio che
il frumento; il consumo idrico unitario si
aggira sui 350 kg di acqua evapotraspirata
per ogni kg di s.s. prodotta.
Soffre il ristagno idrico.
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
DALLA SEMINA
ALLA MATURAZIONE
Preparazione del terreno: la segale richiede
una preparazione del terreno molto meno
accurata rispetto al frumento; vengono effettuate un’aratura (con una profondità di
10-15 cm) e una fresatura superficiale.
Avvicendamenti colturali: come gli altri cereali a paglia, la segale è una coltura sfruttante e la sua collocazione più corretta da
un punto di vista agronomico è quella di
successione a una coltura da rinnovo (sia
autunno-vernina, tipo colza, sia primaverile estiva, tipo bietola o patata, o, più raramente, girasole o mais).
Sicuramente beneficia della fertilità organica accumulata nei terreni di prati poliennali misti o pascoli o terreni incolti; mentre,
stante la sua suscettibilità all’allettamento,
qualche perplessità desta la successione a
colture leguminose pratensi o da granella,
che possono lasciare nel terreno una fertilità azotata eccessiva, che può causare una
crescita abnorme della coltura (e facilitare quindi l’accestimento), con conseguenti problemi di raccolta.
Quindi nei terreni della sperimentazione
(precedentemente mantenuti a prato, patate e mais) non è stata applicata nessuna
concimazione.
In tutti i campi sperimentali è stata effettuata un’aratura profonda, allo scopo di
rompere il cotico erboso.
Il rivoltamento della zolla è indispensabi-
Fresatura per lo sminuzzamento delle zolle:
Paisco Loveno Giardino Botanico.
Campo arato (rivoltamento della zolla) 15-20 giorni prima
della semina: Paisco Loveno Giardino Botanico.
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
le se si vuole eliminare il cotico erboso e/o
molte piante infestanti. Successivamente, dopo una fresatura di 10-15 cm, il terreno è stato piallato e preparato per il let-
to di semina. Tale operazione è stata effettuata dai primi di ottobre fino alla metà del mese di novembre nei campi posti a
quote inferiori.
Campo prima della semina: Capo di Ponte
Inconveniente, affioramento sassi per effetto
di un’eccessiva fresatura: Capo di Ponte
Campo seminato: Losine località “Rocal”
Campo seminato e rullato: Darfo Boario località “Digione”
Quantità di semente: generalmente la quantità di semente più appropriata si ritiene
compresa tra 130 e 150 kg/ha, normalmente vengono distribuiti 13-15 kg ogni
1.000 m², in relazione al peso della carios-
side, leggermente superiore a quella del
frumento.
Tale quantità è stata aumentata (mantenendo una dose di 160 kg/ha) nelle zone
più a nord e in quelle nelle quali si è ese-
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
guita una semina ritardata o le condizioni
del campo sono parse difficili.
La semina della segale in Valle Camonica
per il periodo 2008-2010 ha visto interessate tre varietà.
• Primizia (conciata)3. La peculiarità della varietà Primizia è rappresentata dalla sua precocità, che tuttora rimane ineguagliata (circa 15 giorni rispetto alle altre varietà), e dalla taglia (circa 2 m allo
stadio di spigolatura), che la rende unica nella scelta delle varietà da destinare
al foraggio. Può presentare però problemi di allettamento. Nella semina non è richiesta una preparazione particolarmente accurata del terreno. Per semine effettuate sino a metà ottobre si consigliano
150/160 Kg di seme/ha; mentre per semine più tardive, considerando anche la
minore capacità di accestimento della segale, è auspicabile un aumento della dose di un 15-20%.
• Fasto (conciata)3. Varietà alternativa, di
taglia media, a maturazione molto precoce e sviluppo rapido. Presenta una buona resistenza alle malattie e una discreta resistenza al freddo e all’allettamento.
La spiga cilindrica di colore verde glauco
produce una granella medio grande, di
colore verde bluastro con un buon peso
ettolitrico. Fasto é particolarmente ido-
3
nea alla produzione di foraggio verde, può
essere utilizzata per il pascolamento invernale nelle zone a inverno mite. Tuttavia viene adibita alla produzione di granella sui terreni poco fertili in ambienti
con inverni non molto rigidi.
• Schlägler (conciata)3. Varietà in prova concessa da Società italiana sementi (Sis) di
Bologna. Schlägler è una varietà utilizzabile in zone estreme, come quelle montane. Questa varietà presenta: buona resistenza ai rigori dell’inverno, un’alta produzione di paglia ed è particolarmente
utilizzata per foraggi freschi. La varietà
Schlägler è impiegata particolarmente
per la resistenza ai climi rigidi invernali.
Nella seconda annata agraria la scelta delle
varietà da semina è ricaduta su quelle che
nell’anno precedente hanno dato maggiori risultati in termini di quantità di produzione e qualità nella trasformazione (panificazione). Si sono scelte quindi le varietà
Primizia e Schlägler.
Semina: la segale può essere seminata sia
in autunno che a fine inverno. La semina
autunnale è la più frequente, data l’elevata
resistenza al freddo della specie e la maggiore potenzialità produttiva connessa con
la maggiore precocità di maturazione, che
garantisce buone condizioni idriche e ter-
Il seme conciato non può essere adatto all’alimentazione umana e animale, poiché il prodotto utilizzato nella concia può risultare
nocivo per ingestione, irritante per gli occhi e per contatto con la pelle.
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
miche durante la fase di fioritura e di maturazione della granella.
Per la semina sono state utilizzate le seguenti modalità:
• semina a spaglio, nella quale l’operatore
aveva cura di distribuire in modo omogeneo la semente che veniva poi interrata
tramite il rastrello. In questa modalità di
lavoro grande importanza riveste l’esperienza e la manualità dell’operatore.
• Semina con seminatrice manuale, distri-
buiva in modo uniforme la semente che
veniva successivamente interrata con il
rastrello (vedi foto di seguito).
• Seminatrice universale a file, con la quale si ha una semina uniforme a file e l’interramento della semente.
Di norma, la semina viene effettuata con
seminatrice universale da frumento, distribuendo il seme a 2-3 cm di profondità.
La distanza tra le file è la stessa di quella
dei cereali a paglia simili (frumento, or-
Semina con una spargi - concime rotante, grazie alle ruote pneumatiche è adatta ai terreni con presenza elevata di scheletro
Seminatrice universale a righe: Gianico località “Le Rive”
zo, avena): normalmente 10-15 cm.
Per l’interramento della semente, in qualche campo si è utilizzato un rullo per ricoprirla, ma questo ha determinato un minore ricoprimento e una distribuzione non
uniforme. Si sono perciò determinate delle ricoperture non omogenee della semente e, in alcuni casi, si sono create delle aree
prive di sotterramento (come a esempio
nell’appezzamento di Capo di Ponte). In
altri campi l’interramento è avvenuto manualmente con il rastrello.
Germinazione
In questa fase il granello secco (o cariosside) con un umidità attorno al 13-14% si
trova in stato latente (privo di attività vegetativa). Per germinare ha bisogno di assorbire umidità dal terreno; il granello si rigonfia e le sostanze nutritive vengono, tra-
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
mite enzimi, utilizzate dall’embrione. L’embrione è costituito dalle seguenti parti: radichetta, un fusticino e una piumetta avvolti da guaine protettive, che la piumetta e la radichetta romperanno nel loro primo allungamento. Quando la piumetta
fuoriesce dal terreno si parla di emergenza. La germinazione richiede una temperatura minima di 1-2 °C, e a 5-6 °C avviene in soli 8-10 giorni. Nella germinazione
la prima foglia è per lo più rossiccia per la
presenza di sostanze antociane.
Questa fase è avvenuta dopo 6 - 15 gg dal-
la semina in funzione anche dell’andamento climatico, che è stato rallentato dalle numerose precipitazioni avvenute (nelle zone in cui si è seminato in ritardo i tempi si
sono molto allungati). Nelle aree in quota (Paisco Loveno, Cevo, Borno e Corteno Golgi) si segnala un ritardo nell’emergenza delle piantine dovuto in parte alla
semina tardiva (Borno e Paisco Loveno)
e in parte alle condizioni meteo delle zone
(abbassamento repentino della temperatura, gelate precoci ecc.), che ha rallentato lo
stadio di sviluppo delle piantine.
Germinazione: emergenze delle piantine di segale,
Corteno Golgi località “Comazzera” frazione Galleno.
Comparsa di una, due, tre foglie: in queste fasi è possibile
osservare le foglie ben visibili, distese e completamente srotolate.
Paspardo località “Caspele”
Blocco fase vegetativa: determina il blocco della attività vegetative delle piantine di
segale. In Valle Camonica, si possono determinare tre zone:
• Alta Valle (dai 700 m s.l.m.): il blocco
della fase vegetativa si fa corrispondere
alla copiosa nevicata avvenuta all’incir-
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ca alla metà del mese di novembre 2008
(nel campo di Paisco Loveno, dove era
installato un data loggers per la misurazione della temperatura del suolo, l’abbassamento è avvenuto il 22 novembre).
Va segnalato, inoltre, che l’abbassamento della temperatura ha causato il rallentamento delle attività già alla fine di ot-
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
tobre 2008 nei campi di Borno, Cevo,
Paisco Loveno e Corteno Golgi.
Nel 2009 il blocco della fase vegetativa
è avvenuto il 18 novembre.
• Media Valle (sotto i 700 m.s.l.m.): l’arresto delle funzioni vegetative è avvenuto verso la fine del mese di novembre
2008 (dati della stazione meteo dell’Arpa); l’abbassamento della temperatura
viene segnalato il 25 novembre. Anche
nel 2009 il blocco della fase vegetativa
è avvenuto alla fine del mese di novembre.
• Bassa Valle (campi situati a Gianico e
Darfo Boario): l’arresto delle funzioni
vegetative è alla fine del mese di dicembre (le stazioni meteo dell’Arpa e della
Provincia di Brescia segnalano l’abbassamento della temperatura il 26 dicembre 2008).
Stesso risultato si registra nel 2009. Va
tuttavia considerato che le temperature
fino a quella data sono state, sopratutto
nell’ultimo mese, di poco superiori allo zero, questo ha rallentato di molto lo
sviluppo della coltura.
Blocco fase vegetativa: campo di Niardo
Blocco fase vegetativa: campo di Gianico, azienda agricola
Lumaghera
Accestimento
Dopo la ripresa vegetativa, la pianta emette l’abbozzo della quarta foglia e inizia la
fase dell’accestimento, cioè l’emissione di
nuovi germogli dai nodi basali del culmo
principale. Sull’accestimento influiscono
numerosi elementi, tra i quali:
• fattori genetici (l’accestimento nella se-
gale è in genere inferiore a quello del
frumento e dell’orzo);
• epoca della semina, più la semina è precoce maggiore è l’accestimento (nell’area
dell’alta Valle Camonica si consiglia una
semina entro gli inizi di ottobre per avere l’accestimento prima del riposo vegetativo);
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
• fittezza della semina, le semine rade lo
favoriscono;
• fertilità del terreno, viene aumentato dalla ricchezza di elementi nutritivi (soprattutto azoto);
• profondità della semina, quando è eccessiva è nociva (si consiglia una pro-
fondità di 3-5 cm);
• dimensione cariossidi, favorito da quelle voluminose;
• operazioni colturali, la rincalzatura lo
favorisce.
Le temperature minime per l’accestimento sono 4-5 °C
Accestimento: la comparsa della quarta fogliolina cambia
sostanzialmente l’aspetto della pianta, che appare cespitosa;
si possono osservare i culmi (fusticini) secondari originatisi dal
culmo principale. Losine località “Roncal”
Pieno accestimento:
ricoprimento totale del campo, Capo di Ponte
Allungamento lamine fogliari: le foglie iniziano ad allungarsi
sensibilmente. Campo di Gianico
Raddrizzimento: i culmi iniziano ad assumere un portamento
eretto. Campo di Paspardo località “Caspele”
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Levata e Botticella
Alla fase vegetativa (accestimento) segue
quella riproduttiva.
La fase che definisce allungamento degli
internodi è definita levata.
L’allungamento degli internodi comincia
da quelli più bassi e procede gradatamente verso quelli più alti nei quali raggiunge
la massima intensità.
Questo processo è favorito da:
• innalzamento della temperatura;
• allungamento del periodo dell’illuminazione giornaliera.
La levata nella segale è più veloce e precoce di quella del frumento e può raggiungere i 2 metri e più di altezza.
Verso la fine delle levata, quando l’infiorescenza sta per uscire dalla guaina dell’ultima foglia, - che risulta perciò rigonfiata si parla di botticella.
Inizio fase di levata, campo di Darfo Boario località “Digione”
Levata: comparsa secondo internodo, campo di Losine
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
Fase di botticella, campo di Darfo Boario località “Digione”
Spigatura e fioritura
Successiva alla fase di botticella c’è la spigatura. In questa fase, è possibile riconoscere
nella parte terminale del culmo le creste che
cominciano a fuoriuscire (inizio spigatura);
quando la spiga è completamente fuoriuscita abbiamo la fine spigatura. Questa è una
spiga lunga e compatta che porta alternativamente su due file opposte una spighetta
a ciascun nodo del rachide. Dopo la fase di
spigatura avviene l’emissione delle infiorescenze. La fioritura indica la fuoriuscita de-
gli stami dalle spighette. I filamenti che portano le antere si allungano notevolmente e i
fiori si aprono lasciando uscire queste ultime all’esterno. In questa fase anche gli stimmi vengono esposti all’aperto e diviene perciò
possibile la fecondazione incrociata a opera
di polline portato dal vento.
Riproduzione
la segale è una pianta allogama, anemofila,
nella quale un sistema di autoincompatibilità
rende la fecondazione incrociata la regola.
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Fase di inizio spigatura
Fase di fine spigatura. Campo di Gianico località
“Le Rive”
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
Fase di fioritura, iniziano a vedersi fuoriuscire i piccolissimi stami di colore bianco
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Maturazione
Inizia quando la cariosside ha raggiunto le
massime dimensioni e può essere distinta
nei seguenti stadi:
• maturazione lattea: le cariossidi sono ancora verdi, hanno un contenuto in acqua
del 55-60% e consistenza lattiginosa-pastosa;
• maturazione cerosa: in questa fase le cariossidi possono essere incise con l’unghia
e presentano un’umidità del 40-45%;
• maturazione piena: i chicchi sono completamente induriti e hanno un’umidità
del 20-25%;
• maturazione di raccolta: la granella ha
una percentuale di acqua del 14-16%
e presenta le condizioni migliori per la
conservazione.
Temperature oltre i 25 gradi compromettono la fase di granagione.
Maturazione lattea: prelevando la cariosside e schiacciandola con
un’ unghia fuoriesce del liquido lattiginoso.
Maturazione cerosa: prelevando la cariosside e schiacciandola
con un unghia fuoriesce del liquido con consistenza cerosa.
Maturazione piena: prelevando la cariosside e schiacciandola con
un’ unghia è difficile scalfire la cariosside
Maturazione di raccolta: la cariosside ha raggiunto il grado di
consistenza molto duro, la pianta è completamente secca
e raggiunge la caratteristica colorazione gialla
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
Avversità della segale
La crescita in altezza della pianta è fortemente influenzata dall’andamento climatico della stagione colturale, che può provocarne l’allettamento.
Quest’ultimo può essere causato da:
• andamento meteorologico: le eccessive precipitazioni determinano una crescita abnorme delle piante e ne causano
l’allettamento, che può provocare muffa alle cariossidi, eccessiva umidità e, di
conseguenza, problemi di conservazione;
• dal genotipo della pianta: l’altezza della pianta fino a 2 metri e più può causare problemi per la raccolta; inoltre le
piante allettate determinano una perdita di prodotto, perché la spiga presenta
meno cariossidi. L’allettamento si verifica già con esemplari con un’altezza di
170 cm;
• eccessiva fertilità del suolo: con un suolo molto produttivo si ottengono piante
con un’altezza elevata. In terreni poveri
e sciolti l’allettamento è spesso modesto
o addirittura assente.
I problemi che possono incorrere nella coltivazione della segale possono essere cosi riassunti:
• colpo da caldo: dovuto a repentini innalzamenti di temperatura (in Valle Camonica tale fenomeno non è stato riscontrato);
• ristagno idrico: può causare una perdita di produzione o, nei casi peggiori,
l’asfissia radicale e quindi la morte della pianta;
• presenza erbe infestanti: possono determinare difficoltà nella raccolta (ostacolano il corretto funzionamento della
mietitrebbia e sottraggono luce ed elementi nutritivi alle giovani piante di segale).
Grave problema è la raccolta qualora nel
campo sia presente dell’erba infestante (sopratutto con estati molto piovose).
In questo caso si consiglia di praticare il
diserbo nel periodo di risveglio (febbraiomarzo). Questa evenienza si è verificata a
quote pari a 200 metri s.l.m., come nel caso della raccolta nell’anno 2008.
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
L’eccessivo allettamento e la presenza di erbe infestanti dovute a un’estate piovosa
hanno determinato non pochi danni nella raccolta del 2008. Campo di Gianico in località “Le Rive”.
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
LA RACCOLTA
E L’ESSICCAZIONE
La raccolta dei cereali deve essere effettuata al giusto grado di maturazione delle cariossidi e quando le loro condizioni - e quelle dell’ambiente in cui si opera - sono tali da
garantire la produzione di derivati al maggior livello qualitativo. Ritardare la trebbiatura non è mai conveniente, per il timore
di forti precipitazioni, per non incorrere in
perdite di prodotto dovute agli attacchi di
uccelli o fitofagi a sgranatura e rottura delle spighe durante la raccolta e infine per ridurre le lesioni delle cariossidi causate dagli elementi trebbianti.
Un ritardo della trebbiatura fa aumentare il
rischio di piogge, piogge che sulle cariossidi mature hanno un effetto negativo perché
ne provocano la slavatura e, in concomitanti
forti abbassamenti termici, anche il preger-
mogliamento con conseguente scadimento
qualitativo e deprezzamento del prodotto.
Prima di iniziare la trebbiatura è necessario
assicurarsi, nel caso si tratti delle prime operazioni di raccolta da parte di quella macchina, che la mietitrebbia arrivi dal deposito pulita e non possa risultare una pericolosa fonte di infestazione per i cereali.
Il problema maggiore nella coltivazione della segale è stato soprattutto la raccolta. Di seguito vengono descritte le modalità di raccolta nelle due annate di sperimentazione
in Valcamonica.
Raccolta annata agraria 2008-2009
Per l’annata agraria 2008-2009 la raccolta è
stata effettuata per aree di maturazione, come mostra la tabella di seguito.
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
No
Raccolta annata agraria 2008- 2009
La raccolta è avvenuta nel periodo di luglio-agosto.
È iniziata nei campi posizionati in bassa
Valle Camonica; a Gianico (località Lumaghera, Le Rive e Diogione) è stata ef-
fettuata con la mietitrebbia. Questo è stato possibile grazie alla conformazione del
terreno (pianeggiante e meccanizzabile) e
alla strada d’accesso favorevole al transito
della mietitrebbia.
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
Mietitrebbia in fase di raccolta
La mietitrebbia è una macchina che realizza con una sola passata in campo l’intero
ciclo della lavorazione: dal taglio di culmi
(fusti della pianta nei cereali) alla trebbiatura. Sono macchine complesse e perfezionate per adattarsi a ogni condizione lavorativa (ma non possono lavorare nei terreni
con pendenza maggiore del 5%). La parte avanzata della macchina (barra di taglio)
può variare a seconda delle altezze del prodotto da raccogliere, grandezza del fusto,
quantità di prodotto presente per pianta e
dimensione dei semi.
Una mietitrebbiatura mal eseguita provoca riduzioni di produzione per sgranatura, infestazione dei campi e ottenimento
di un prodotto qualitativamente inferiore,
più difficile da conservare. La raccolta è
effettuata quando la pianta è prossima alla maturazione piena, con cariossidi aventi umidità intorno al 12-13%. Queste condizioni di lavorazione riducono le perdite
di prodotto per rottura e sgranatura delle
spighe e assicurano maggiore plasticità e,
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
di conseguenza, resistenza alla rottura delle cariossidi stesse. Velocità di avanzamento troppo elevate e cattiva regolazione degli organi lavoranti, in particolar modo in
presenza di campi infestati, determinano
maggiore presenza di elementi inquinanti
e di cariossidi spezzate.
In generale, soprattutto operando nelle ore
più calde della giornata, quando aumentano i problemi di sgranatura, rottura e inquinamento, bisogna abbassare la velocità di
avanzamento in campo, ridurre il numero
di giri del battitore della trebbiatrice, aumentare la distanza tra battitore e controbattitore. Queste attenzioni devono essere
sempre adottate anche nelle ore più fresche,
in campi con cospicua presenza di erbe infestanti al momento della raccolta.
Raccolta: taglio segale e formazione dei covoni
Trebbiatrice fissa modello “Mimosa”
campi restanti la Comunità Montana di Valle
Camonica ha organizzato una dimostrazione della trebbiatura con macchine d’epoca
(trebbiatrice dei primi del ’900 movimen-
tata da un trattore “Landini” a testa calda).
In questo caso sono stati trebbiati i campi
di Cevo, Paspardo e Paisco Loveno (paese ospitante la dimostrazione).
Per i campi localizzati nella media Valle
Camonica (Losine, Ono San Pietro e Niardo) la raccolta è stata effettuata in due modalità: dapprima sono stati creati dei covoni a mano e successivamente è avvenuta la
trebbiatura, tramite la trebbiatrice modello “Mimosa”, noleggiata presso il presidio
Slow Food di Teglio. La raccolta manuale e la successiva trebbiatura hanno visto
confermati i maggiori costi di manodopera e l’aumento del numero di ore che spettano alle zone meno meccanizzabili e non
facilmente fruibili dai mezzi agricoli. Per i
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
Fase di trebbiatura dei covoni con trebbiatrice fissa modello
“Mimosa”
Trebbiatrice d’epoca dei primi del ’900
Raccolta annata agraria 2009- 2010
Per l’annata agraria 2008-2009 la raccolta è stata effettuata per aree di maturazione come mostra la tabella di seguito.
Raccolta annata agraria 2009- 2010
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Il campo situato a Gianico è stato raccolto
attraverso la mietitrebbia. Il 17 luglio 2010
si è tenuta la festa della trebbiatura a Ono
San Pietro e sono stati raccolti i campi di
Ono e Losine, oltre a quelli sperimentali di
orzo. In questo caso i campi sono stati lavo-
rati ove possibile con una macchina mietilega (si veda foto di seguito) e poi mediante
una successiva trebbiatura tramite macchine d’epoca (trebbiatrice d’epoca del 1900
e motore “Landini” a testa calda).
Per gli altri appezzamenti (Paisco Love-
Preparazione dei covoni con mieti-lega; in questo campo il cereale doveva avere un’altezza non superiore al metro.
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
Trebbiatrice d’epoca del ’900, movimentata da puleggia mossa da trattore “Landini” a testa calda
no, Edolo e Malonno) è stata predisposta
la raccolta a Paisco Loveno (nella tradizionale festa del Bosco organizzata dal Consorzio forestale dell’Allione).
Trebbiatrice fissa modello “Mimosa”
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Considerazioni sulla raccolta e trebbiatura della segale
del macchinario su strada e di acceso al
fondo;
Dall’esperienza delle due annate agrarie
(2008-2009 e 2009-2010) si possono trarre le seguenti considerazioni sulla raccolta della segale:
• la raccolta manuale è antieconomica (richiede un grande dispendio di personale
e determina un’elevata perdita del prodotto durante la preparazione dei covoni);
• l’utilizzo di macchine alternative per la
preparazione dei covoni può essere eseguito con piante che presentano un’altezza poco elevata (come a esempio l’orzo);
• la raccolta con la mietitrebbia è consigliata, ma ha grosse limitazioni di trasporto
• la trebbiatura fissa può essere un’alternativa, ma va trovata una soluzione sulla preparazione dei covoni;
• questa fase si è dimostrata la più delicata
e ha limitato e può limitare la coltivazione della segale in Valle Camonica, almeno nelle zone meno agevoli e in cui non
è possibile reperire un contoterzista con
una mietitrebbia.
Tutta la segale trebbiata è stata conferita
al Consorzio della Castagna a Paspardo,
presso il quale la granella raccolta è stata dapprima essiccata (tramite l’essiccatoio del Consorzio) e conservata negli appositi scomparti.
La granella è stata successivamente essiccata e trasformata in farina destinata alla
panificazione.
Affinché la granella si possa conservare in
maniera corretta - evitando quindi l’insorgere di muffe, funghi, tossine ecc - è necessario che il suo grado di umidità alla
raccolta venga abbattuto sino ad arrivare
a valori inferiori del 12% (valore reperito
da letteratura).
Trasferimento della granella al Consorzio della Castagna
di Valle Camonica
- 37 -
“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
Raccolta della segale nei cassoni e successiva essicazione
Di seguito viene proposta un’analisi della
segale conferita al Consorzio della Castagna di Valle Camonica.
Come si può notare, dalla raccolta alla ma-
turazione della cariosside nell’annata agraria 2008-2009, si sono persi ben 167 kg di
segale, pari a una quota media percentuale del 10,22%.
- 38 -
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
.
Quantità segale conferita al Consorzio della Castagna, annata agraria 2008- 2009
Nel secondo anno gran parte della segale è stata ritirata da ogni singolo proprietario, a
conferma dell’ interesse per questo cereale.
f
Quantità segale conferita al Consorzio della Castagna, annata agraria 2009- 2010
- 39 -
“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
TRASFORMAZIONE
La segale essiccata è stata trasformata in farina. Durante la macinatura della segale si
sono ottenuti due sfarinati:
• seconda qualità, una sfarinato meno raffinato che si presenta più grossolano e con
una colorazione più bruna (dovuta alla presenza di tracce di crusca).
• prima qualità, farina purissima che non
presenta alcuna impurità e al tatto è soffice e morbida;
Di seguito in tabella si riportano le percentuali ottenute su 47 kg di segale macinata.
Quantità segale macinata
Dalla lavorazione dei cereali si ottengono
principalmente tre prodotti: la farina, il pane e la pasta. La farina di segale è un prodotto privo delle proteine del glutine (gliadine e glutenine), il che la rende, se usata
da sola, un ingrediente inadatto alla produzione di alimenti lievitati. È molto ricca
in fibra, di buon sapore ed è molto versatile, ha un elevato contenuto in sali minerali quali fosforo, calcio e ferro e contiene
elevate quantità di lisina, un amminoacido essenziale per l’uomo. Contiene anche
vitamine del gruppo B ed E. Si differenzia
in integrale e semi-integrale in base al contenuto in percentuale di proteine. La farina integrale arriva a un contenuto proteico pari a circa il 16% oltre ad un più ele-
vato tenore in fosforo. Ulteriori caratteristiche di pregio di questo prodotto sono
le proprietà depurative, rinfrescanti, antisclerotiche ed energetiche (rende elastici i
vasi sanguigni e quindi favorisce la circolazione), proprietà che vengono conferite ai
prodotti alimentari con essa ottenuti.
Il pane di segale è preparato utilizzando la
farina di segale da sola o mescolata a quella
di grano tenero. Prodotto tipico delle zone
alpine, questo pane ha un contenuto calorico molto basso (circa 60 kcal in meno del
pane tradizionale ogni 100 grammi di prodotto) ed è più ricco in acqua e in fibre.
I tagliatelli (tagliadèi o maltagliati) a pasta
di segale potrebbero divenire il piatto tipico della Valle Camonica, pari ai pizzoccheri
- 40 -
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Mulino del Consorzio della Castagna di Valle Camonica
della Valtellina. A differenza del frumento,
la segale contiene un glutine con bassa attitudine panificatoria. Sul piano nutrizionale si può evidenziare un elevato conte-
nuto in sali minerali. In ordine decrescente
contiene: fosforo, potassio, magnesio, calcio, sodio, zinco, rame, manganese e ferro (equivalenti).
- 41 -
“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
ATTIVITA’ ANALITICHE
A SUPPORTO DEL PROGETTO
In alcuni appezzamenti (Gianico, Darfo Boario, Borno, Losine, Niardo, Ono San Pietro, Cevo, Paisco Loveno e Corteno Golgi) è stato eseguito un campionamento del
terreno (di circa 1 Kg).
I risultati ottenuti in laboratorio (presso il
Gesdimond, Università degli Studi di Milano, via Morino 8 Edolo) sono visualizzati nella tabella di seguito.
Campioni terreno campi pilota
Dalle analisi effettuate, la quasi totalità dei
terreni presenta un pH neutro (compreso
fra 6,7 e 7,3); questi appezzamenti presentano le migliori condizioni per lo sviluppo
delle colture. In ambiente neutro i fenomeni d’insolubilizzazione sono, infatti, ridotti
o assenti, la dotazione in elementi minerali
è generalmente più equilibrata ed è favorita
l’attività microbiologica. I terreni che presentano un pH inferiore a 6,7 sono acidi;
in questi suoli è favorita la solubilizzazione di molti elementi nutritivi, che posso-
- 42 -
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
no essere facilmente lisciviati negli orizzonti profondi, risultando quindi insufficienti
per un’adeguata nutrizione delle piante. I
terreni che presentano un pH superiore a
7,3 vedono la presenza di alcuni elementi
che sono in grado di influenzare notevolmente le caratteristiche chimico-fisiche dei
suoli stessi. Un esempio è il campo di Losine in cui sono presenti carbonati di calcio e magnesio. Tutti i campioni denotano
un buon apporto di sostanza organica, elemento del suolo al quale sono legate numerose funzioni nutrizionali e strutturali del
sistema pianta-terreno. Il rapporto C/N,
ottenuto dividendo i contenuti in percentuale di carbonio organico e azoto totale, è
utilizzato per quantificare il livello di umificazione del materiale organico del terreno. Nei terreni con C/N<9 vi è una scarsa
umificazione della sostanza organica e una
rapida mineralizzazione.
Un altro criterio di analisi utilizzato per
questi campi pilota è quello del P2O5 assimilabile, tecnica di analisi che ha lo scopo
di valutare il comportamento del suolo se
sottoposto all’asporto o all’aggiunta di fosforo. Eccetto i campioni di Borno e Cevo, nei quali la presenza di fosforo assimilabile è bassa, i rimanenti saggi presentano una dotazione medio-buona di fosforo.
Il parametro capacità di scambio cationico (C.S.C.) dà un’indicazione della capacità del terreno di trattenere alcuni elementi
nutritivi: i cationi. La C.S.C. è correlata al
contenuto in argilla e in sostanza organica
per cui, più sono elevati questi parametri,
maggiore sarà il valore della C.S.C. Un valore troppo elevato, però, può evidenziare condizioni che rendono non disponibili per le colture alcuni elementi quali potassio, calcio e magnesio.
Analisi effettuate sulle farine: i campioni
prelevati dai campi pilota sono stati selezionati e analizzati dal Distam (Dipartimento
di Scienze e Tecnologie generi alimentari e
microbiologiche) ottenendo sei campioni
significativi secondo i criteri legati alla zona
.
B
Campioni di farina di segale classificati in base alla zona di coltivazione - Distam
- 43 -
“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
di coltivazione (tabella di seguito).
I campioni sono stati sottoposti alle seguenti analisi:
chimiche:
- % umidità;
- % proteine;
- attività-amilasica.
in condizioni operative standard;
- test reofermentografico: valuta l’evoluzione della fase di lievitazione dell’impasto,
misurando la curva di sviluppo dell’impasto e la curva di rilascio del gas. Tali
parametri possono dare indicazioni utili per la valutazione della capacità lievitante dell’impasto.
reologiche:
- test farinografico: l’esperimento è in grado di riprodurre in forma grafica la resistenza che l’impasto oppone a una sollecitazione meccanica costante condotta
Risultati
La caratterizzazione chimica dei sei sfarinati ha previsto la determinazione del loro
contenuto in acqua e proteine e il dosaggio
Caratterizzazione chimica dei sei campioni di farina di segale
dell’attività-amilasica (tabella di seguito).
Il contenuto in umidità dei campioni è compreso in un range 10,8 ÷ 11,5%, valori inferiori da quelli imposti dalla legge.
per la varietà primizia (Losine, Ono San
Pietro e Paspardo) è possibile osservare
un aumento di tale indice al crescere della
quota altimetrica di coltivazione.
Il tenore proteico degli sfarinati varia da
9,5% ss del campione Rive 2 all’11,8% ss
del campione di Paspardo. In particolare,
Il test farinografico è stato applicato a miscele frumento/segale (50:50); la presenza
di segale ha determinato in tutti i casi un
- 44 -
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
aumento dell’assorbimento farinografico in
modo particolare nella varietà primizia, influenzato positivamente dalla quota altimetrica di coltivazione.
Il test reofermentografico è stato applicato
alle miscele frumento/segale (50:50); lo sviluppo dell’impasto è inferiore a quanto tradizionalmente ottenuto con farine di frumento. Gli sviluppi maggiori si osservano
nella varietà Fasto e Marcelo, coltivate alle quote inferiori.
L’insieme dei risultati e, soprattutto, le informazioni ottenute dai test reologici, che simulano il comportamento delle farine durante la panificazione, indicano che l’ambiente
di coltivazione è in grado di influenzare le
caratteristiche vegetali che sono importanti
per la trasformazione in pane. Il materiale
con le miglior proprietà panificatorie è stato quello coltivato a quote inferiori.
Panel test: sono stati prodotti dei pani con
diversa percentuale di farina di segale (30%,
50%, 80%, 100%). Il panel test ha analizzato le farine prodotte in quattro campi pilota distribuiti a:
1. Paspardo a quota 940 m.s.l.m. (varietà
coltivata Primizia);
2. Losine a quota 370 m.s.l.m. (varietà coltivata Primizia);
3. Paisco Loveno a quota 1.000 m.s.l.m. (varietà coltivata Fasto);
4. Gianico a quota 300 m.s.l.m. (varietà col-
tivata Schlägler).
Sono state eseguite delle degustazioni nelle
quali gli assaggiatori non erano a conoscenza né della varietà di segale né della località di produzione.
I risultati ottenuti, purché limitati sia per il
numero di assaggiatori sia per le varietà testate, sono stati i seguenti: la segale più apprezzata è risultata la varietà primizia coltivata a Paspardo, perché presenta le migliori qualità visive (aspetto e consistenza esterna) e in generale soddisfa maggiormente tutte le aspettative espresse dai parametri oggetto del panel test (aspetto interno, aspetto esterno, profumo e gusto).
La varietà Schlägler è stata la migliore per la
trasformazione in pasta fresca e ha ottenuto valori buoni secondo il panel test. Il lotto coltivato a Paisco Loveno (varietà Fasto)
ha ottenuto delle buone valutazioni gustative e olfattive ma presenta qualche lacuna
nella lavorabilità del prodotto.
Questo potrebbe spiegarsi in base al fatto
che la varietà Fasto è stata selezionata per un
utilizzo zootecnico (foraggio fresco) e non
di certo per un consumo umano, né tantomeno per la panificazione.
La varietà Primizia coltivata a Losine presenta dei valori dimezzati rispetto alla stessa coltivata a Paspardo.
Tale risultato è indice di bassa qualità del
prodotto sfarinato, imputabile soprattutto
alla natura calcarea del suolo di Losine, ottimo per la coltivazione della vite ma poco
idoneo alla produzione di cereali minori per
consumo umano.
- 45 -
“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
PRESENTAZIONE DI PIATTI
A BASE DI FARINA DI SEGALE
A cura dell’istituto professionale di Stato per i Servizi alberghieri e della ristorazione “Romolo Putelli” di Darfo Boario Terme.
L’istituto professionale di Stato per i Servizi alberghieri e della ristorazione “Romolo Putelli” ha specifiche competenze tecniche, economiche e normative nelle filie-
re dell’enogastronomia e dell’ospitalità alberghiera, nei cui ambiti interviene in tutto il ciclo di organizzazione e gestione dei
servizi.
La maggior parte dei giovani che scelgono
questa scuola sa che il percorso di studi non
mira solo a far acquisire competenze tecnico professionali immediatamente spendibili nel mondo del lavoro, ma anche a “ca-
- 46 -
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
pitalizzare” conoscenze di base utili ad affrontare le sfide del futuro.
Il curriculum proposto è, infatti, tra i più
ricchi e completi della scuola secondaria
superiore; si pensi solo al fatto che è previsto lo studio di due lingue straniere, oltre che un complesso di discipline scientifiche ed economiche che fanno da corollario, completando e rinforzando le discipline tecnico-professionali.
Questi dati collocano il diploma di qualifica conseguito nell’Ipssar tra quelli che hanno validità europea. Le finalità generali che
l’Ipssar “R. Putelli” persegue sono quelle
di far acquisire a tutti i suoi alunni:
FOCACCIA DI FARINA DI SEGALE
ALL’ERBA CIPOLLINA E FORMAGGIO FATULÌ
- strumenti di conoscenza polivalenti e flessibili, che permettano un rapido adattamento a situazioni ambientali e professionali diverse;
- competenze professionali specifiche del
settore alberghiero e della ristorazione,
immediatamente spendibili;
- formazione professionale di base, a larga
valenza, su cui eventualmente innestare
nuove e differenti competenze;
- formazione umana e culturale.
Procedimento
- Sciogliere il lievito di birra nell’acqua fredda, unire le due farine setacciate e impastare bene;
- unire l’olio, il sale e lo zucchero e continuare a impastare fino a ottenere un impasto morbido, liscio e omogeneo. Alla
fine aggiungere l’erba cipollina tagliata
finemente al coltello e il Fatulì tagliato a
scaglie;
- stendere l’impasto con le mani su una teglia con carta da forno unta con olio d’oliva e acqua;
- lasciare lievitare alla temperatura di 22/25
gradi e attendere che l’impasto lieviti fino a raddoppiare in altezza;
- al suo raddoppio, passare la superficie con
dell’olio d’oliva, spargere del sale semigrosso e cuocere a circa 180° fino a completa cottura.
L’istituto ha preparato una serie di piatti a
base di farina di segale (le ricette sono proposte di seguito).
I piatti son stati presentati nel convegno
conclusivo del progetto “Valorizzazione
Cereali Minori di Montagna in provincia
di Brescia”, tenutosi a Paspardo il 14 dicembre 2010.
Ingredienti
Farina bianca
Farina di segale
Acqua
Olio d’oliva
Formaggio Fatulì
Sale
Lievito
Zucchero
Erba cipollina
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g
g
g
g
g
g
g
g
n
250
250
300 circa
75
150
10
25
5
1 mazzetto
“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
GOCCE DI SEGALE
IN CREMA DI SILTER
Ingredienti
Farina bianca g
100
Farina segale g
100
Uova
n
3
Olio d’oliva
cucchiaio
Spinaci lessati tritati o spinacio
selvatico
g
50
Latte
q.b.
Sale
g
5
Silter sminuzzato g
Burro
g
Pepe - Poco sale
Procedimento
- A bagnomaria unire tutti gli ingredienti fino a completo scioglimento del formaggio;
- versare sulle gocce di segale e servire immediatamente;
- a piacere mettere formaggio grattuggiato.
1
Procedimento
- Cuocere al vapore gli spinaci, strizzarli
e tritarli;
- in una capace terrina mescolare le due
farine;
- aggiungere le uova, il sale, l’olio e gli spinaci;
- mescolare accuratamente, qualora l’impasto non fosse cremoso aggiungere poco latte;
- passare l’impasto nell’attrezzo per spatzli e far cadere in acqua bollente piccole
gocce di preparato;
- cuocere per tre minuti, scolare e condire a piacere.
•••
CREMA DI SILTER
Ingredienti
Panna
g
100
200
50
•••
TORTINO DI SEGALE E MELE
Note
Media difficoltà.
Ingredienti
Zucchero
g
100
Burro fuso freddo g
100
T.p.t.
g
100
Latte freddo
g
100
Farina bianca g
100
Farina di segale g
100
Uova
n
2
Raschiatura di limone e arancia
1 bustina di lievito chimico
Marmellata di more
Mele (meglio le Royal Gala)
Zucchero grezzo di canna (braun sugar)
Miele di castagno
- 48 -
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Per la decorazione:
Gelatina dolce
More fresche
Foglie di menta fresche
Salsa vaniglia addizionata con cubetti di
mela bianchiti.
Preparazione
- Lavorare in planetaria burro e zucchero;
- unire tuorli e raschiature;
- aggiungere t.p.t. e latte;
- unire le farine;
- terminare con lievito e albumi montati a
neve;
- riempire con l’impasto gli stampini per crostatine del diametro di 8 cm fino a metà;
- spennellare con marmellata di more;
- decorare con fettine sottili di mele pelate
della grandezza del tortino;
- spolverare con zucchero grezzo e unire una
goccia di miele di castagno.
Piatti a base di segale presentati dall’istituto alberghiero
“R. Putelli”
- 49 -
“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
COMPUTO METRICO ESTIMATIVO
PARTICELLA 1.000 m2
Di seguito è proposto il computo metrico estimativo di una parcella coltivata a segale
con una superficie di 1.000 m2.
.
(Ricavo totale Totale costi)
- 50 -
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Dalla coltivazione di tale area si ricavano 129 Kg di granella di segale, venduta con un
prezzo unitario di 1 €/Kg, corrispondenti a un reddito netto totale di 77€.
Se la granella prodotta venisse trasformata in farina e insacchettata per la vendita diretta, il computo metrico sarebbe:
(Ricavo totale - Totale costi)
L’utile netto aziendale della farina di segale insacchettata è pari a 198€.
- 51 -
“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
ALTRE COLTIVAZIONI:
ORZO E GRANO SARACENO
Nell’annata agraria 2009-2010 son state seminate delle parcelle a orzo nudo varietà Priora. L’orzo Priora è un orzo distico a renella nude e si caratterizza per una taglia media e
un ciclo precoce. Il genotipo è primaverile e fornisce cariossidi nude con un eccellente
peso dei mille semi, oltre che ettolitrico. La varietà è destinata a essere impiegata nella
nicchia degli orzi per l’alimentazione umana, a esempio per la produzione di zuppe.
Caratteristiche salienti dell’orzo Priora.
Comportamento nei riguardi delle principali avversità
i
Altre caratteristiche
.
e
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Di seguito si riportano alcuni rilievi fotografici
dei campi sperimentali
Campo Ono San Pietro fase di spiegatura
Particolare fase di spigatura
Campo Ono San Pietro maturazione spiga
Parcilare campo Ono prima della raccolta
Produttività orzo:
- campo di Losine 1.000 m2 : 40 Kg;
- campo di Ono San Pietro 1.000 m2 : 80 Kg.
nere Fagopyrum, che presenta analogie strette con i cereali per le modalità di coltivazione, tipo di prodotto e destinazione alimentare. Le varietà commercialmente disponibili
appartengono alla specie Fagopyrum esculentum (ex Polygonum sagittatum).
Il grano saraceno è una dicotiledone appartenente alla famiglia delle Chenopodiacee, ge-
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
È una coltura adatta ad ambienti freschi
(collina e zone pedemontane), poiché siccità e alte temperature possono provocare l’aborto fiorale. Nelle zone caratterizzate da estati asciutte è necessario prevedere irrigazioni di soccorso. Preferisce terreni poveri e alletta fortemente sui terreni
fertili, ma è una delle piante più tolleranti
all’acidità. In considerazione della brevità
del ciclo vegetativo (60 - 100 giorni, in relazione alla varietà) è un’ottima coltura intercalare, può seguire coltivazioni raccolte
prima della metà di luglio e permette, a raccolto avvenuto, di seminare il cereale vernino. Nelle zone dove non esiste la possibilità o l’interesse a effettuare una doppia
coltura si potrebbe effettuare la semina in
maggio, puntando su varietà a ciclo più
lungo (fino a 120 giorni), verosimilmente
più produttive.
La profondità di semina varia dai 3 ai 5 cm;
si può usare una seminatrice da frumento
a file, distribuendo 80/100 kg/ha di seme.
Il grano saraceno è un ottimo utilizzatore
della fertilità residua del terreno (una produzione di 20 q/ha di granella asporta 40
kg di azoto, 20 kg di anidride fosforica e 30
kg di ossido di potassio); eccessi di azoto
accentuano la tendenza all’allettamento. In
virtù della velocità di germinazione e di sviluppo iniziale la coltura non richiede normalmente interventi diserbanti.
La fioritura, e di conseguenza la maturazione, sono scalari: allorchè è maturato il
maggior numero di semi e le piante hanno
perso la maggior parte delle foglie, si può
effettuare il raccolto utilizzando una mietitrebbia con testata da frumento.
Nell’annata agraria 2008-2009, dopo la raccolta della segale, si è proceduto alla semina del grano saraceno, nelle località di Losine e Ono San Pietro.
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Alcuni rilievi fotografici
dei campi sperimentali
• Emergenza •
Emergenza campo Edolo
Particolare emergenza campo Edolo
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
• Crescita plantule •
Rilievo 10 agosto Edolo 2009
Particolare rilievo 10 agosto 2009
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
• Fioritura •
Fioritura Edolo
Particolare fioritura
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
• Fioritura •
Varietà fiore bianco
Varietà fiore rosa
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
• Maturazione scalare •
Maturazione scalare Edolo
Particolare maturazione scalare varietà fiore bianco
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
Sintesi delle principali caratteristiche
degli apprezzamenti.
La prova effettuata consente una serie di considerazioni.
La tecnica colturale adottabile nella coltivazione del grano saraceno e dell’orzo è semplice ed è sufficiente la disponibilità in azienda dei mezzi utilizzati per i cereali vernini.
Il grano saraceno occupa il terreno per un breve periodo e si presta ottimamente come
coltura intercalare dopo prato, erbaio o cereale vernino.
Il grano saraceno produce abbondante nettare, è una delle specie preferite dalle api e la
produzione di miele è notevolmente incrementata dalla presenza della coltura.
La farina che si ottiene dalla molitura degli acheni presenta il più alto valore biologico
rispetto a qualsiasi altro prodotto di natura vegetale e particolarmente abbondante è il
contenuto in fibra grezza.
Il grosso problema della coltivazione della segale sta essenzialmente nella raccolta, come del resto per gli altri cereali minori (orzo e segale).
- 60 -
ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
CONCLUSIONI
La Comunità montana di Valle Camonica, con il sostegno del Centro studi per la
montagna, ha promosso questo progetto
di ricerca, finalizzato alla reintroduzione
in Valcamonica della cultura e della coltivazione dei cereali minori (segale, orzo e
grano saraceno).
L’obiettivo principale era di ricreare la filiera produttiva legata a queste coltivazioni, molto diffuse in passato nelle aree montane in generale e in Valcamonica in particolare.
I cereali minori, infatti, costituivano la base
alimentare per il sostentamento delle popolazioni di montagna.
Per la realizzazione dell’intervento, sono
stati coinvolti tutti gli attori interessati dalla filiera, quali agricoltori, enti di ricerca,
detentori di mulini, ristoratori, panificatori e il mondo della scuola e quello universitario.
Dopo tre anni di attività, i risultati – seppur
con i dovuti distinguo che sono stati analizzati in questa guida – fanno ben sperare
per il prosieguo della coltivazione da parte
delle varie realtà agricole valligiane.
Va però sottolineato che non deve mancare la consapevolezza che, per poter adeguatamente remunerare la materia prima
- e quindi incentivare le aziende agricole
alla coltivazione dei cereali minori -, tut-
ti i soggetti coinvolti devono necessariamente impegnarsi a promuovere e valorizzare i prodotti che ne derivano. Attività
da condurre in stretta relazione con il territorio e con gli altri prodotti agroalimentari della Valcamonica a marchio “Sapori
di Valle Canonica”. I piatti tipici, per essere definiti tali, devono infatti essere preparati, oltre che con le ricette della tradizione popolare, anche con le materie prime del luogo d’origine.
Come tutte le produzioni di montagna, la
qualità – e non la quantità – è alla base della fattibilità e della sostenibilità economica
di un’attività agricola.
Solo lavorando con questo obiettivo sarà
possibile garantire il prosieguo della coltivazione dei cereali minori in Valcamonica.
Resta fondamentale ricordare che, oltre alla produzione di materie prime - forse non
più necessaria in questi anni - la coltivazione di tali cereali mantiene viva la tradizione, contribuendo alla cura e al mantenimento del territorio.
Il responsabile
del servizio Agricoltura
della Comunità montana
di Vallecamonica
agr. Alessandro Putelli
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“Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di Brescia”
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ESPERIENZE DALLA VALLE CAMONICA
Si ringrazia per la preziosa collaborazione:
Consorzio della Castagna di Valle Camonica - Paspardo
Forneria Salvetti - Malonno
Gesdimont – Università della Montagna di Edolo
Istituto professionale di Stato per i Servizi alberghieri e della Ristorazione “Romolo Putelli” di Darfo Boario T.
Presidio sul Grano saraceno della Valtellina di Teglio.
Le aziende agricole coinvolte
2011 - Comunità Montana di Valle Camonica
Piazza Tassara, 3 – 25043 Breno (Bs)
www.saporidivallecamonica.it
www.cmvallecamonica.bs.it
[email protected]
Tel. 0364/324011 – 0364/324019
Fax 0364/42544
1° Edizione - 2011
Elaborazione testi e fotografie: Giovanni Moranda
Ideazione, progetto e coordinamento editoriale: Alessandro Putelli
Correzzione bozze: Giuliana Mossoni
È vietata la pubblicazione, la diffusione e la riproduzione anche parziale di tutto ciò che è contenuto nel
presente volume (testi, fotografie, disegni) con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, se non espressamente autorizzata.
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