Tesi di laurea

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Tesi di laurea
FACOLTA’ DI MEDICINA
E CHIRURGIA
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE
INFERMIERISTICHE
TESI DI LAUREA
EMERGENZE CHIRURGICHE:
l’occlusione intestinale.
Pianificazione dell’assistenza infermieristica
Relatore
AFD Antonella SERPENTE
Laureanda
Maria DE PASQUALE
ANNO ACCADEMICO 2003 - 2004
1
Premessa
“ Io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a…….
Così l’infermiere si presenta dinanzi al paziente col Patto infermiere –
cittadino, nel quale assicura una serie di impegni assistenziali e
comportamentali.
Pubblicato nel 1996, quando l’intera collettività si orientava verso una
ridefinizione del rapporto tra cittadino e l’istituzione sanitaria e tra cittadini
ed i professionisti della sanità, e quando la funzione infermieristica
continuava ad essere vista solo nella logica tecnico – mansionariale e non
orientata
all’attenzione
e
all’impegno
globale
verso
la
persona,
quell’impegno espresso con quel patto trova oggi continuità nel nuovo
Codice Deontologico.
Con l’abolizione del mansionario, il Codice Deontologico viene utilizzato
da un professionista che opera in un contesto in cui esistono già regole
determinate dalla cultura, leggi e norme.
Una guida che aiuta l’infermiere nella scelta di comportamenti professionali
dopo una giusta e responsabile valutazione.
L’infermiere oggi svolge la sua attività sulla base del “Sapere Scientifico”.
Ampliando il proprio “Sapere” , applicandolo e verificandolo sulla base
delle norme deontologiche che caratterizzano la nostra professione,
l’infermiere presta la propria opera al paziente – utente visto nella sua
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totalità “Corpo e Psiche”, valutando attraverso una serie di dati e strumenti,
quali sono i suoi bisogni, enunciati e non, definendo una diagnosi
infermieristica, stabilendo degli obiettivi, pianificando ed attuando la
prestazione, verificandone infine il risultato.
Diventa ancora più complessa la pianificazione dell’assistenza nel momento
in cui , l’infermiere prende in carico persone colpite da patologie gravi e
mutilanti, ancor più se insorgono in forma acuta, precedute da totale
benessere psico – fisico, e l’applicazione ragionata delle conoscenze e
strumenti in suo possesso, potrà dare un contributo valido alla qualità
dell’assistenza e alla vita dell’utente.
OCCLUSIONE INTESTINALE
Per occlusione intestinale si intende un impedimento alla normale
progressione del contenuto dell’intestino. Si parla di occlusione intestinale
meccanica quando è presente un ostacolo fisico effettivo al transito alimentare.
Il termine di occlusione adinamica o ileo paralitico si riferisce a quelle
condizioni in cui è presente una alterazione della peristalsi intestinale, con
conseguente incapacità di progressione del contenuto attraverso il tratto
gastrointestinale.
L’occlusione meccanica è semplice quando non è accompagnata da
alterazioni della vascolarizzazione intestinale, mentre è associata a strangolamento
quando vi è una alterazione della perfusione ematica.
Si definisce occlusione ad ansa chiusa quando entrambe le estremità
dell’ansa sono occluse.
I° CAPITOLO
1.1 Quali le cause?
L’ostruzione del lume può essere dovuta a molteplici cause, che possono
essere classificate in funzione del meccanismo con cui avviene l’occlusione:
3
1)
ostruzione del lume intestinale: corpi estranei, calcoli biliari [ileo
biliare], fecalomi, tricobezoar [ammasso di capelli], fitobezoar
[ammasso
di
filamenti
vegetali],
bario,
grossi
polipi
[invaginazione] etc.
2)
patologie della parete intestinale: alterazioni congenite: atresia,
stenosi,
duplicazione,
imperforazione;
alterazioni
acquisite:
neoplasie, esiti fibrotici di malattie infiammatorie croniche
intestinali, stenosi di anastomosi chirurgiche, esiti di radioterapia;
3)
patologia estrinseca alla parete intestinale: briglie aderenziali, ernie
interne ed esterne, pancreas anulare, anomalie vascolari, ascessi,
ematomi, tumori, volvolo, malrotazioni, ascessi ed ematomi
intraddominali, endometriosi.
Cosa succede in caso di occlusione intestinale?
Innanzitutto sono da considerare:
a) alterazioni idro-elettrolitiche: in condizioni normali la mucosa intestinale
ha la capacità di assorbire e di secernere liquidi ed elettroliti all’interno del suo
lume.
Il movimento netto risulta dalla differenza tra l’assorbimento e la secrezione, con
prevalenza dell’assorbimento.
Nell’occlusione prevale invece la secrezione rispetto all’assorbimento in misura
direttamente proporzionale alla distensione e all’aumento di pressione nell’ansa
intestinale. Le
perdite idro-elettrolitiche si verificano all’interno del lume
intestinale, nel contesto della parete (edema dell’intestino), nella cavità peritoneale
(trasudato), per il vomito, per aspirazione tramite SNG, con conseguente
disidratazione, ipovolemia, emoconcentrazione, insufficienza renale, shock.
b) alterazione dei gas: nel tratto intestinale i gas presenti derivano soprattutto
dall’aria ingerita, mentre in parte derivano dai processi di neutralizzazione dell’HCl
e dal metabolismo batterico. La maggior parte di tali gas viene riassorbita.
Nell’occlusione intestinale, analogamente a quanto si verifica per l’assorbimento
dei liquidi, si osserva anche una inibizione dell’assorbimento dei gas.
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c) alterazioni della vascolarizzazione dell’ansa intestinale distesa: il circolo
vizioso costituito da accumulo di liquido e gas nel lume intestinale > distensione >
riduzione dell’assorbimento > aumento della secrezione determina delle alterazioni
circolatorie della parete intestinale. Inizialmente compare una stasi nel distretto
venoso dell’ansa con apertura di shunt artero-venosi a livello della siero-muscolare,
che determina una ulteriore riduzione della perfusione e conseguente perdita della
barriera mucosa intestinale, con assorbimento nel circolo sistemico di batteri e
tossine. Quindi si ha un aumento della peristalsi, che rappresenta un tentativo di
vincere l’ostacolo al transito e la progressiva dilatazione, alla quale segue una
riduzione dell’attività peristaltica.
Nell’occlusione con strangolamento (volvolo, briglia, invaginazione, ernia
incarcerata) alle modificazioni osservate nell’occlusione semplice si associano
quelle conseguenti all’ischemia acuta dell’ansa.
La compromissione vascolare interessa inizialmente il versante venoso, con
conseguente aumento di pressione nel distretto venoso capillare e fuoriuscita di
liquido e diapedesi di globuli rossi nella parete intestinale, nel lume e nella cavità
peritoneale e filtrazione di batteri e sostanze tossiche nel peritoneo. Se persiste la
causa, l’ischemia evolve in necrosi, con conseguente grave pericolo di vita.
2.1 Quale è la sintomatologia?
1. dolore iperperistaltico - sempre presente e poco localizzato (dolore
viscerale). E’ costituito da un rapido e progressivo aumento fino all’acme e
successiva riduzione fino alla risoluzione.
L’intervallo tra gli attacchi di dolore è breve nell’occlusione intestinale alta,
mentre è più lungo nell’occlusione bassa. Se l’occlusione non si risolve, il
dolore di tipo colico può cessare e divenire continuo e diffuso a tutto
l’addome.
2. vomito – compare precocemente nelle occlusioni alte, più tardivamente nelle
occlusioni basse (talora può mancare nelle occlusioni coliche con valvola
ileo-cecale continente)
Con il perdurare dell’occlusione il vomito assume caratteristiche di tipo
“fecaloide” (denso, maleodorante) per l’azione batterica sul ristagno.
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3. chiusura dell’alvo a feci e gas – tale sintomo è precoce nell’occlusione
colica, mentre è tardivo nelle occlusioni del digiuno (in quanto le porzioni
distali possono conservare una funzionalità normale e mantenere un transito
regolare di feci e gas).
4. distensione dell’addome – particolarmente evidente nell’occlusione colica e
nell’occlusione ileale distale tardiva, è dovuta alla distensione delle anse
intestinali con raccolta di liquidi e gas.
Talora può non manifestarsi nell’occlusione alta dell’intestino tenue.
3.1 Semeiotica dell’addome:
All’ispezione: accurata ricerca di cicatrici chirurgiche e esplorazione delle
porte erniarie. Possono essere presenti i segni della distensione addominale con
disegno delle anse ileali (individui magri).
Alla palpazione: generalmente si apprezza una consistenza teso-elastica
dell’addome. Ricercare segni di irritazione peritoneale (dolorabilità localizzata,
reazione di difesa, segno di Blumberg) espressione di una sofferenza vascolare
dell’intestino.
All’auscultazione: durante la “colica” sono apprezzabili i rumori peristaltici
con timbro metallico. Nelle fasi tardive o in presenza di una sofferenza vascolare i
rumori peristaltici si riducono fino a scomparire.
Alla percussione: la distensione gassosa delle anse determina una iperfonesi,
che può essere intervallata con aree di ottusità plessica che esprimono la presenza di
liquido nelle anse o nella cavità peritoneale. La localizzazione del timpanismo varia
in funzione della sede dell’occlusione.
4.1 Il laboratorio
Non indispensabile al fine di porre la diagnosi ma utile per la correzione
delle alterazioni elettrolitiche e metaboliche.
La perdita di liquidi e elettroliti determina una disidratazione extracellulare
con aumento dell’ematocrito, azotemia, creatininemia. Sono inoltre presenti varie
alterazioni del Na, K, Cl, pH, in funzione della sede dell’occlusione. La leucocitosi,
normalmente presente, può essere indicativa di una sofferenza vascolare dell’ansa.
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5.1 Radiologia
Rx diretta addome (in ortostatismo o in decubito laterale): l’accumulo di gas
e liquidi nel lume intestinale porta alla formazione di livelli idroaerei.
L’occlusione colica si manifesta con una distensione del grosso intestino e la
formazione di qualche grossolano livello idroaereo, in questo caso è indicata
l’esecuzione di un clisma del colon con MDC idrosolubile. Quando le condizioni
generali lo permettono, nel sospetto di una occlusione intestinale alta, può essere
indicato uno studio radiologico con MDC idrosolubile somministrato dall’SNG.
L’indagine radiologica, oltre che assumere notevole importanza diagnostica, è
fondamentale nel monitoraggio della terapia.
6.1 Endoscopia
Raramente si rende necessaria una indagine di tipo endoscopico, che a causa
della insufflazione di aria può aumentare la distensione colica, e quindi il rischio di
perforazione. Una indicazione è rappresentata da un fondato sospetto di volvolo del
sigma: in tal caso assume anche una importanza terapeutica.
II° CAPITOLO
OCCLUSIONE DEL TENUE
1 Occlusione da briglie e da aderenze: in genere sono la conseguenza di un
processo patologico flogistico o di un trauma chirurgico. La tendenza alla
formazione di aderenza è variabile, anche se sono riconoscibili alcune
condizioni favorenti (pregresse peritoniti, il traumatismo chirurgico, la
persistenza dell’ileo postoperatorio). Le briglie possono determinare
occlusioni semplici, ma possono costituire il fulcro attorno a cui si
volvola un’ansa.
2 Occlusioni neoplastiche: i tumori maligni (carcinomi e linfomi) sono rari,
così come le forme benigne (polipi). Questi ultimi possono determinare
una occlusione con il meccanismo della invaginazione.
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Da menzionare inoltre le invasioni secondarie dell’intestino tenue da parte
di
tumori a partenza da altre sedi e la carcinosi peritoneale.
3 Occlusioni in corso di malattie infiammatorie croniche: il morbo di
Crohn, a localizzazione ileale. Determina una progressiva stenosi
dell’ansa interessata che può manifestarsi clinicamente con il quadro
dell’occlusione.
4 Occlusione per ernie: l’incarceramento di un’ernia esterna rappresenta la
causa più comune di occlusione del tenue. Più rare le ernie interne, che
possono essere la conseguenza di difetti congeniti del grande omento, del
mesentere, di difetti di rotazione (mesenterium comune). Spesso le porte
erniarie sono conseguenza di interventi chirurgici.
5 Occlusione da diverticolo di Mekel
6 Occlusione da ileo biliare
7 Occlusione da materiali ingeriti
III° CAPITOLO
OCCLUSIONE DEL COLON
L’occlusione del colon riconosce come causa principale la neoplasia
primitiva del colon. L’evento occlusivo può talora rappresentare l’esordio
clinico di una neoplasia colica, oppure l’evento conclusivo di una lunga storia
caratterizzata da un alvo irregolare con stipsi ingravescente.
La complicanza occlusiva si verifica nel 10-20% dei portatori di neoplasia
colorettale. La sede della neoplasia è nel 75% dei casi localizzata nel colon
discendente-sigma. Più raramente i tumori del ceco e del retto si complicano con
l’occlusione.
Fra le cause benigne di occlusione colica ricordiamo: la complicanza stenotica
della diverticolite (prevalente localizzazione a livello del sigma), morbo di
Crohn a localizzazione colica, volvolo del colon (70% sigma – 30% cieco),
incarceramento del colon in una ernia o in un laparocele, endometriosi,
neoplasie benigne, fecalomi.
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1.3 Terapia medica:
• La reidratazione e riequilibrio idroelettrolitico.
Di fondamentale importanza la correzione dell’ipovolemia relativa: il
liquido extracellulare isotonico accumulato nel lume intestinale deve
essere sostituito dalla infusione endovenosa di liquidi isotonici, quali il
Ringer Lattato o la Soluzione Fisiologica. Il volume infuso può essere
considerato adeguato quando si ha miglioramento dei principali parametri
vitali e quando la diuresi è > di 0,5ml/Kg/h. Talora, in pazienti
cardiopatici la terapia infusionale dovrà essere eseguita con monitoraggio
della pressione venosa centrale.
• La detersione dell’intestino con sondino naso-gastrico o sonda di Miller
Abbot.
• La terapia medica va attuata sotto stretto monitoraggio clinico e
radiologico, sorvegliando l’evoluzione dei segni dell’occlusione. La
decisione tra il trattamento medico e il trattamento chirurgico dipende
dalle condizioni generali del paziente, dalla risposta alla terapia
infusionale idroelettrolitica e alle procedure di decompressione dello
stomaco e dell’intestino.
2.3 Terapia chirurgica:
La terapia chirurgica va eseguita in urgenza in caso di strangolamento,
nell’occlusione ad ansa chiusa, in caso di occlusione meccanica semplice. Alla
apertura del peritoneo va ricercata la presenza di liquido peritoneale libero e
valutato il suo aspetto; dopodiché va ricercata la sede della occlusione stabilita
la natura della stessa. In funzione di queste variabili viene adottata una scelta
terapeutica.
Schematicamente possiamo suddividere le manovre chirurgiche nelle seguenti
categorie:
1. manovre che non richiedono l’apertura dell’intestino: lisi di aderenze,
riduzione di ernie incarcerate, derotazione di volvoli.
2. enterotomie: ileo biliare, corpi estranei.
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3. resezione segmentaria del segmento intestinale: neoplasie, grave
compromissione vascolare.
4. anastomosi e by-pass interno del tratto ostruito.
5. creazione di una stomia cutanea.
Per concludere il trattamento di una occlusione intestinale spesso richiede uno
studio radiologico con mezzo di contrasto idrosolubile, la correzione della
ipovolemia, la decompressione intestinale con sondino naso-gastrico o MillerAbbot, l’antibioticoterapia a largo spettro e forse un intervento chirurgico
IV° CAPITOLO
FASE PREOPERATORIA
Il piano di assistenza da attuare di fronte ad un paziente chirurgico presenta una
complessità particolare con diagnosi infermieristiche e problemi collaborativi da
applicare al cliente ed alle persone per loro significative.
Ma per dare un quadro più chiaro su quanto l’operatore andrà a pianificare,
dovremo
differenziare
le
due
fasi
assistenziali:
preoperatoria
e
postoperatoria.
1.1 Diagnosi infermieristica
Ansia, paura per l’atto chirurgico al quale il paziente verrà
sottoposto; perdita del controllo; non conoscenza della routine preoperatoria e post-operatoria, delle modificazioni del proprio schema
corporeo e delle attività funzionali del post-operatorio.
Obiettivo infermieristico
Rassicurare e rendere edotto il paziente su tutto l’iter terapeutico e
riabilitativo
Criteri per l’accertamento mirato
Significato clinico
- specifici agenti di stress e natura delle
- tutti i pazienti hanno delle
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preoccupazioni
reazioni emotive
all’intervento chirurgico,
l’entità della reazione dipende
da come percepisce
l’intervento
- pregresse esperienze e conoscenze
sugli interventi chirurgici
- una conoscenza della
procedura e
dell’assistenza può contribuire
- comprensione della procedura chirurgica
a ridurre l’ansia
pianificata
- sistema di sostegno disponibile
- un adeguato sostegno da
parte della famiglia e amici
può aiutarlo
- livello d’ansia:lieve, moderato, grave,
- un’ansia estrema
panico
comprometterebbe
le capacità di apprendimento e
di coping del paziente
- prontezza e capacità di apprendere
le informazioni.
- se non si raggiunge
l’obiettivo di apprendimento
si richiede il sostegno di altri
operatori.
Interventi e spiegazione scientifica:
a) offrire rassicurazione e conforto, condividere le preoccupazioni, ascoltare il
paziente assicurandogli un supporto emotivo ed istaurando un rapporto empatico
b) rassicurare anche i familiari e le persone significative il cui supporto può aiutare
il paziente
c) correggere informazioni errate che il paziente può avere circa la procedura. La
corretta informazione può contribuire ad eliminare l’ansia
d) se il paziente manifesta ansia grave o panico, avvisare il medico che con una
valutazione tempestiva potrà intervenire farmacologicamente
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e) avvisare il medico se il paziente necessita di altre spiegazioni di procedura. E’
necessario che il chirurgo spieghi in anticipo: la natura, le ragioni, l’esito che ci
si attende e i rischi dell’ intervento
f) quando è possibile, coinvolgere i familiari
g) presentare le informazioni con l’impiego di materiale scritto o mezzi
audiovisivi. Questa stimolazione migliora il processo di apprendimento
h) spiegare l’importanza e lo scopo delle procedure preoperatorie:
- clistere, che serve a liberare l’intestino dalle feci a valle della ostruzione e a
diminuire così il rischio di ostruzione intestinale postoperatorio, facilitando il
ripristino della peristalsi
- digiuno, questo riduce il rischio di aspirazione nell’immediato postoperatorio
- preparazione della cute con tricotomia, per diminuire i microrganismi presenti
sulla superfice cutanea
- esami di laboratorio, che aiutano a rilevare situazioni anomale prima
dell’intervento
- premedicazione, la somministrazione di sedativi prima dell’intervento riduce
l’ansia e rilassa. Questo potenzia l’efficacia dell’anestesia
- spiegare la routine e le sensazioni postoperatorie così da ridurre nel paziente i
timori associati con l’ignoto
- somministrazione di liquidi per via parenterale, questo per sostituire la mancata
assunzione per via orale e la perdita di sangue
- monitoraggio dei parametri vitali, per rilevare eventuali cambiamenti
- controllo e sostituzione delle medicazioni, finchè la ferita non cicatrizza si
corre il rischio di contaminazione
- inserzione e cura del sondino naso gastrico, utile per drenare e ridurre la
distensione addominale e la tensione della ferita laparotomica
- inserzione e cura del catetere vescicale, che consente lo svuotamento vescicale,
fino al ripristino del tono muscolare dopo l’eliminazione dell’anestetico
- altri presidi, quali linee venose, pompe e drenaggi
- sintomi quali nausea, vomito, effetti collaterali comuni degli anestetici, da
squilibri elettrolitici, fattori psicologici e alcuni tipi di intervento. Quando cessa
l’effetto dei farmaci subentra il dolore
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- utilizzo di analgesici e antiemetici
g) insegnare al paziente a girarsi, tossire e respirare profondamente (sostenendo la
sede dell’incisione), a mettersi seduto e a deambulare prima possibile. Questo
migliorerà la circolazione ed eviterà il ristagno di secrezione respiratoria
h) comunicare a familiari ed amici le norme dell’ospedale più importanti: orario di
visita, ubicazione della sala d’attesa.
2.1 Confezionamento di una stomia
Nel caso di occlusione intestinale particolare attenzione andrà data al paziente
che oltre all’atto chirurgico dovrà essere sottoposto al confezionamento di una
stomia, nel nostro caso di una colostomia o ileostomia.
La creazione di una colostomia o ileostomia consiste nell’abboccare alla cute un
viscere cavo appartenente all’apparato digerente. Obiettivo del confezionamento
di
una
stomia
è
quello
di
mantenere
le
normali
funzioni
di
alimentazione/evacuazione a discapito di una anatomia normale che viene
alterata in conseguenza di un intervento chirurgico, attraverso la creazione di
una via preternaturale.
La prima e più importante conseguenza della creazione di una stomia è lo stress
fisico e psicologico che produce nel paziente l’alterazione dell’immagine di sé,
conseguente alla creazione della stomia stessa, che allontana il paziente dalla
“vita normale”.
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Il momento più importante della confezione di una stomia, perché il paziente
non viva questo atto chirurgico come un handicap, è pertanto, da un lato la
corretta informazione del paziente nel preoperatorio, e dall’altro il corretto
confezionamento della stomia, che evita il rischio di comparsa di complicanze,
poiché da questo dipende per il paziente un rapido recupero di una buona
“qualità di vita”.
Abbiamo esposto gli interventi assistenziali da applicare al paziente che si
appresta a subire un intervento chirurgico.
In caso di confezione di una stomia il trattamento infermieristico pone nella fase
preoperatoria, diversi problemi assistenziali soprattutto psicologici.
Si presentano, in aggiunta ai già elencati rischi presentati per l’atto chirurgico,
rischio elevato di:
- disturbo del concetto di sè, correlato agli effetti della stomia sull’immagine
corporea
- alterazione del modello di sessualità, il timore che la stomia possa avere un
impatto negativo sulla attività e attrazione sessuale
- disfunzione sessuale, timore di una impotenza secondaria
- isolamento sociale, a causa di odori, rumori e perdite dal sacchetto
- gestione inefficace della stomia, dovuto a insufficiente conoscenza delle
procedure di stomacare.
L’informazione è fondamentale, in tal caso non soltanto sulla malattia e l’atto
chirurgico, ma anche sul significato di stomia, la sua futura gestione, le
complicanze uro-genitali e sessuali che potrebbero insorgere dopo l’intervento di
amputazione addomino perineale.
La descrizione dell’aspetto e dell’eventuale localizzazione della stomia, che non
sarà doloroso toccarla, che potrebbe sanguinare leggermente quando viene
pulita, che avrà un colore ed umidità paragonabile alla mucosa del cavo orale,
che dopo l’intervento potrebbe ridursi e successivamente cambiare dimensioni a
causa della malattia e della perdita o aumento di peso corporeo, sono tutti
interventi che possono contribuire notevolmente a ridurre l’ansia associata
all’ignota parola “stomia” a ad attenuare lo shock dovuto alla sua vista dopo
l’intervento chirurgico.
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Discutere le funzioni e familiarizzare con il sacchetto, provandolo sul disegno
preoperatorio, aiuterebbe il paziente a comprenderne lo scopo, ad accettarlo e a
partecipare alla gestione.
Il disegno preoperatorio e cioè del punto ideale dove confezionare una stomia, è
di fondamentale importanza, poiché una stomia ben posizionata previene molte
complicanze postoperatorie, favorisce lo stomacare facilitando di conseguenza
l’apparecchiatura e l’eventuale irrigazione successiva.
Per reperire i punti che vanno tenuti presenti nel posizionamento della stomia, si
segue la linea alba e si tracciano delle linee di congiunzione tra: apofisi xifoidea
e margini costali, margini costali e ombelico, ombelico e creste iliache, creste
iliache e pube. Si ottengono così 6 triangoli.
Il punto ideale per il posizionamento dello stoma è di norma localizzabile nei
due triangoli mediani e si determina in base al tipo di intervento (ileostomia o
colostomia) e a particolari esigenze (zone da evitare).
Zone da evitare come sede di una stomia sono: arcata costale, ombelico, vecchie
cicatrici, pieghe adipose, incisione principale e cresta iliaca.
3.1 Interventi correlati su prescrizione medica nella fase preoperatoria
Farmaci: sedativi, analgesici narcotici, anticolinergici.
Terapia endovenosa: reintegrazione di liquidi e di elettroliti.
Esami di laboratorio: emocromo completo, esame delle urine, profilo
biochimico, altri a secondo delle patologie di base del paziente.
Indagini diagnostiche: radiografia del torace, elettrocardiogramma, radiografia
diretta addome, ecografia, eventuale TAC.
Terapie: cateterismo vescicale a permanenza.
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4.1 Valutazione
Prima dell’intervento l’infermiere valuterà che il paziente:
- sia sereno, parli di sé e del suo futuro
- abbia appreso le informazioni circa il suo intervento chirurgico e gli interventi
assistenziali che questo potrebbe prevedere
- abbia appreso l’importanza degli esercizi utili nel postoperatorio.
5.1 Documentazione
Note di decorso: interazioni insolite, registrazione dell’educazione multidisciplinare
del paziente, stato emotivo attuale, insegnamento preoperatorio al paziente.
V° CAPITOLO
FASE POSTOPERATORIA
5. 1 Diagnosi infermieristica
Rischio elevato di:
a) alterazione della funzione respiratoria, causato dall’immobilità
b) infezione correlato alla carica batterica
c) dolore, legato alla ferita chirurgica, immobilità e flatus
d) nutrizione alterata, causato dall’aumento del fabbisogno proteico e vitaminico
per la cicatrizzazione e dal diminuito apporto secondario al dolore
e) nausea e vomito
f) stipsi, per la diminuita peristalsi causata dall’immobilità ed effetti degli
anestetici
g) gestione inefficace della terapia, correlato alla poca conoscenza circa gli
interventi assistenziali ( medicazione, diete, farmaci, sintomi delle complicanze,
follow-up).
Criteri per l’accertamento mirato
Significato clinico
a) Stato respiratorio:
Nell’immediato
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- frequenza, ritmo, suoni
postoperatorio
- efficacia degli sforzi
i narcotici e l’anestesia
- per tossire
causano la depressione del
sistema nervoso
e quindi ipoventilazione,
aumentando il rischio di
aspirazione
Fattori rischio per la comparsa di problemi
Dopo il risveglio lo sforzo
respiratori nel postoperatorio:
respiratorio è ridotto a causa
- fumo, obesità
del dolore e dell’immobilità.
- malattie respiratorie croniche
Questi effetti, se
- insufficienza epatica
associati a tali fattori rischio,
- immobilità
sviluppano problemi
- debilitazione, malnutrizione e
respiratori
disidratazione
b) Ferita chirurgica:
L’ingresso diretto di
- cicatrizzazione
microrganismi è reso
- infezione o ritardi di cicatrizzazione
possibile dalla
interruzione
dell’integrità cutanea.
La maggior parte delle ferite
cicatrizza per prima
intenzione entro 24 ore
c) Fonti del dolore:
Il dolore postoperatorio del
- sito chirurgico
sito chirurgico dipende
- sede del drenaggio
dalla distruzione
- flatus
di nervi e tessuti.
- malessere generale
Questo dolore va
distinto dallo stato di
malessere
dovuto anche all’immobilità e
al flatus per un intervento
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mirato
Intensità del dolore in base a una scala
Tale scala rappresenta un
che va da 0 (assenza di dolore) a 10
mezzo per valutare l’intensità
(il dolore più grave), da valutare nel
soggettiva del dolore
momento migliore, nel momento
peggiore e dopo ogni intervento volto
ad alleviarlo
Segni fisici del dolore:
A volte i pazienti sono
- aumento della frequenza cardiaca
riluttanti a chiedere
e respiratoria
antidolorifici, e manifestano
- pressione arteriosa smorfie
il dolore con segni che
- smorfie
l’infermiere deve
saper cogliere
Fattori che influenzano la tolleranza al
La tolleranza del dolore
dolore:
differisce da
- conoscenza del significato del dolore
cliente a cliente, e può variare
e sue cause
anche nello stesso cliente
- capacità di controllo
a secondo della situazione.
- livello di energie e di stress
Indica la durata e la
- background culturale
intensità del dolore che il
paziente riesce a sopportare.
d) Stato nutrizionale (entrate e peso)
Per una buona cicatrizzazione
è necessario un apporto di
vitamine, carboidrati, proteine
e sali minerali
e) Presenza di suoni intestinali, nausea
vomito e flatus
Una rapida ripresa della dieta
normale, accelera il normale
ripristino della funzionalità
intestinale compromessa dal
tipo intervento, dall’anestesia,
dal digiuno e dall’immobilità.
f) Modelli di eliminazione preoperatoria
La manipolazione chirurgica,
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e postoperatoria
lo stress, l’immobilità, effetto
Stato addominale: distensione,
dei farmaci, possono causare
suoni intestinali
un rallentamento della
peristalsi.
I modelli di eliminazione
servono per valutare la
funzionalità intestinale.
g) Capacità di apprendere le informazioni
Nel caso in cui il paziente e/o
la famiglia mostrino
difficoltà o rifiuto
nell’apprendere, si potranno
indicare altri operatori sanitari
o servizi per l’assistenza
post- dimissione
Interventi assistenziali e spiegazione scientifica
a) Auscultare i campi polmonare per rilevare diminuzione dei suoni respiratori ed
eventuale insorgenza di suoni anomali.
La diminuzione di suoni può indicare atelettasia e presenza di rantoli una
ritenzione di secrezioni
Rinforzare l’insegnamento al paziente circa la necessità:
- dei cambi di posizione frequenti ( supina- laterale, semiseduta)
- respirazione profonda ed esercizi respiratori
- esercizi arti inferiori
- uso dello pirometro incentivante
La diminuzione del sensorio ed il dolore contribuiscono a favorire
l’ipoventilazione, e quindi l’espansione polmonare. Con questi esercizi la
situazione potrebbe migliorare notevolmente
Se indicato, apportare liquidi per via orale
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Una adeguata idratazione fluidifica le secrezioni, rendendone più facile
l’espulsione, ed inoltre diminuisce la viscosità del sangue, riducendo il rischio di
coaguli
b) Monitorare rilevazione di segni di infezione della ferita:
- gonfiore e rossore
- deiscenza della ferita
- secrezioni abbondanti o purulente
- temperatura elevata
All’infiltrazione di patogeni il tessuto risponde con l’aumento di flusso ematico
e linfatico (edema, rossore, secrezione) e con la mancata epitelizzazione. I
patogeni circolanti stimolando l’ipotalamo causano l’aumento della temperatura
Monitorare il processo di cicatrizzazione:
margini della ferita intatti e ravvicinati
presenza di tessuto di granulazione
La ferita con sutura di solito guarisce per prima intenzione ed il tessuto di
granulazione non è visibile. Una ferita con ascesso o secrezione guarisce per
seconda intenzione o con granulazione (ferita più marcata). Una ferita trattata
più volte guarisce per terza intenzione (cicatrice più spessa)
Verranno adottate misure idonee per la prevenzione delle infezione:
- lavarsi le mani prima e dopo la medicazione
- indossare i guanti
- pulire accuratamente l’area circostante il drenaggio
- mantenere i tubi lontani dalla sede d’incisione
- eliminare le soluzioni per l’irrigazione inutilizzate dopo 24 ore
Tutte queste misure aiutano a prevenire l’ingresso dei microrganismi e riducono
anche il rischio di trasmettere l’infezione ad altri.
Ridurre il rischio di irritazione cutanea con sostituzione frequente delle
medicazioni ed eventuale utilizzo di sacchetti di raccolta in caso di secrezioni.
Questo per evitare che una irritazione causi infiltrazioni di microrganismi.
Insegnare ed assistere il paziente a contenere la ferita nei movimenti, nel tossire,
starnutire o vomitare, a ridurre il flatus.
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Questo per evitare deiscenze della ferita, la cui cicatrizzazione si consolida
generalmente in tre settimane
Richiedere la consulenza di un enterostomista per attuare le misure della cura
della cute.
Un infermiere esperto è richiesto per una migliore gestione di una ferita dove la
cicatrizzazione è compromessa ed in caso di presenza di una stomia.
c) Collaborare con il paziente per determinare l’efficacia degli interventi di
sollievo dal dolore, riconoscerlo ascoltando come viene riferito per poterlo
valutare e informare il paziente sul tempo di possibile durata del dolore e sui
metodi di riduzione
( contenzione della ferita, posizionamento adeguato,
distrazione, applicazione calde o fredde, rilassamento, esercizi respiratori)
Il dolore può causare una sensazione di perdita di controllo del proprio corpo e
della propria vita. Quindi un’ansia, aumentata nel caso in cui il paziente sente il
bisogno di convincere i sanitari che sta realmente provando il dolore, che
potrebbe accentuare il dolore stesso. L’infermiere preparerà il paziente
spiegandogli le sensazioni che potrà provare.
Assicurare un controllo ottimale del dolore con gli analgesici prescritti,
determinando:
- la via di somministrazione più adeguata
- la rilevazione dei parametri vitali
- che non ci siano interazioni tra gli analgesici ed altri farmaci assunti dal
paziente;
- che il paziente sia al corrente che deve richiedere l’analgesico prima che il
dolore sia intenso.
- controllo dopo mezz’ora dalla somministrazione
Informare il paziente ad espellere il flatus:
- camminare appena possibile
- cambiare posizione
Nel postoperatorio il rallentamento della peristalsi determina un accumulo di
gas. Quando i tratti intestinali non interessati si contraggono, nel tentativo di
espellere i gas, causano dolore.
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L’attività accelera la ripresa della peristalsi e quindi l’espulsione dei gas ed un
buon posizionamento aiuta la risalita dei gas per l’espulsione.
d) Informare il paziente:
- sulla necessità di un apporto di proteine, carboidrati, vitamine A- B1B12-C-D-E e niacina,calcio, rame, magnesio e zinco
- sulle possibili cause della nausea e del vomito ( effetti collaterali dei farmaci,
atto chirurgico, obesità, squilibrio elettrolitico, distensione gastrico)
La comprensione del paziente sull’importanza di una nutrizione adeguata e sulla
presenza generalmente normale di nausea e vomito , potrà ridurgli l’ansia
incoraggiandolo a rispettare le diete
Potremo ridurre la nausea ed il vomito:
- limitando l’assunzione di liquidi per via orale,
- insegnando al paziente a muoversi lentamente, a non stare disteso dopo i pasti
per almeno 2 ore ed ad effettuare esercizi respiratori e di rilassamento durante
gli episodi di nausea
- controllando la pervietà del sondino nasogastrico
- pulendo il cavo orale
- eliminando odori sgradevoli
- somministrando un antiemetico prima dei pasti su indicazione
L’ingestione di liquidi e un malfunzionamento del sondino naso gastrico
causano una distensione gastrica che può provocare la stimolazione del vomito.
Così pure i movimenti rapidi odori e visioni sgradevoli potrebbero stimolare il
centro del vomito ed un cavo orale pulito stimolare invece l’appetito e la
riduzione di gusti sgradevoli.
Le attività respiratorie possono aiutare a bloccare il centro del vomito e l’uso di
antiedemigeni a prevenire la comparsa di nausea e vomito.
e) L’infermiere dovrà accertarsi sulla presenza dei suoni intestinali, la cui presenza
indicano una ripresa di peristalsi, prima di far assumere liquidi ed avviare il
paziente verso una dieta normale.
La mancata ripresa dei suoni intestinali dopo le 6-8 ore dall’intervento, potrebbe
indicare un ileo paralitico. Mentre l’assenza di evacuazione dopo 2-3 giorni può
indicare un’occlusione. In tutti e due i casi va avvertito il medico.
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Naturalmente andranno attuati tutte le procedure che favoriscono l’eliminazione:
- mobilizzare il paziente e farlo deambulare al più presto, dato che l’attività
aumenta tonicità dei muscoli addominali e quindi la peristalsi e l’appetito
- un’adeguata dieta ricca di acqua, frutta e verdura
- riesaminare le abitudini quotidiane di eliminazione del paziente, con un orario
regolare
- assicurare al paziente un ambiente simile a quello di casa con la sua privacy, se
possibile usare il gabinetto e non la padella, e se questa viene utilizzata far
assumere una posizione corretta ( posizione di Fowler) consigliandolo di evitare
sforzi.
Per mantenere il modello intestinale e favorire una giusta consistenza delle feci
è necessario un appropriato apporto di liquidi e di fibre che stimolino la
peristalsi
Un ambiente adeguato e il rispetto della privacy possono aiutare il paziente a
rilassarsi e la posizione adeguata consente l’utilizzo della muscolatura
addominale e la forza di gravità.
f) Quando è il caso va spiegato al paziente e familiari come curare la ferita
Spiegare al paziente e familiari l’importanza di:
- evitare persone ammalate
- mantenere una dieta equilibrata ed un giusto apporto di liquidi
- somministrazione di farmaci prescritti
- riconoscere e riferire segni e sintomi di possibili complicanze ( modificazione
della ferita, temperatura elevata, debolezza ed affaticamento, problemi nella
minzione ecc.)
g) Infine l’infermiere valuterà il grado di apprendimento del paziente e dei suoi
familiari circa le informazioni fornite.
5.2 Problemi collaborativi
Obiettivo infermieristico
L’infermiere gestirà e ridurrà al minimo le complicanze postoperatorie
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Complicanze potenziali
Emorragia
Ipovolemia/shock
Eviscerazione
Deiscenza
Infezione
Ritenzione urinaria
Tromboflebite
Ileo paralitico
Interventi e spiegazione scientifica
a) Monitoraggio del paziente per rilevare segni e sintomi della emorragia e/shock:
- tachicardia con pressione arteriosa normale o diminuita
- diuresi inferiore a 30 mL/h
- stato di agitazione
- tachipnea
- polso filiforme
- presenza anomala di sangue nei drenaggi
La risposta compensatoria dell’organismo alla diminuizione del volume
circolatorio, tende ad aumentare l’ossigenazione ematica con aumento degli atti
respiratori e della frequenza cardiaca e diminuizione della circolazione
periferica.
La diminuizione dell’apporto dell’ossigeno al cervello causa una alterazione
dell’attività mentale.
b) Monitoraggio dello stato di idratazione, eseguendo un bilancio idrico dove
verranno segnalate le entrate ed uscite dei liquidi,valutando:
- apporto liquidi ( per via parenterale ed orale)
- uscita dei liquidi ( urine, drenaggi, vomito, sudorazione, feci )
La perdita dei liquidi durante l’intervento e in conseguenza del digiuno può
causare una alterazione del bilancio idrico ed una ritenzione di acqua e sodio.
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c) Controllo della ferita chirurgica per rilevare eventuale sanguinamento,
deiscenza, infezione, eviscerazione.
Questo accorgimento consente una rilevazione veloce della complicanza.
d) Insegnare al paziente a contenere la ferita quando tossisce, starnutisce e vomita.
La contensione della ferita riduce lo stress sulla ferita distribuendone la
pressione e di conseguenza allevia il dolore.
e) In caso di deiscenza ed eviscerazione:
- porre il paziente in posizione di Fowler bassa
- istruire il paziente a giacere fermo e tranquillo
- coprire i visceri che protudono con una medicazione umida e sterile
La posizione di Fowler bassa e far rimanere fermo il paziente riduce una
ulteriore protusione.
La medicazione umida aiuta a mantenere vitali i tessuti.
f) Non far assumere liquidi o alimenti fino alla comparsa dei primi segni di
peristalsi, monitorando quanto segue:
- ritorno dei borborigmi
- ripresa dell’emissione dei gas intestinali e della defecazione
- quando è il momento , iniziare a far assumere al paziente piccole dosi di liquidi
ed alimenti, controllando la risposta della persona, annotare la natura e la
quantità degli eventuali vomito e feci.
g) Monitorare il paziente per rilevare segni di ileo paralitico:
- assenza dei borborigmi
- nausea e vomito
- distensione addominale
- dolore ai movimenti e alla palpazione, tipicamente localizzato, acuto ed
intermittente
La manipolazione intraoperatoria degli organi addominali e l’anestesia riducono
gli stimoli nervosi dell’intestino, diminuendo la peristalsi con possibile comparsa
di ileo paralitico, di solito tra la terza e quinta giornata postoperatoria.
h) Monitorare il paziente per rilevare segni di infezione/sepsi:
- ipertermia
- brividi
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- malessere
- conta dei globuli bianchi elevata
- aumento della dolenza addominale
- dolenzia, arrossamento o edema della ferita
- presenza di materiale anomalo nei drenaggi
Durante l’intervento chirurgico si può verificare l’ingresso nell’organismo di
microrganismi che stimolano l’attivazione dei meccanismi. Aumentano i globuli
bianchi per distruggere gli agenti patogeni, l’ipotalamo aumenta la temperatura
corporea, i linfociti giunti nell’area della ferita causano l’arrossamento, l’edema
ed il dolore.
i) Monitorare il paziente per rilevare segni di ritenzione urinaria (distensione
vescicale) ed istruirlo a riferire eventuali sintomi (senso di fastidio alla vescica
l’incapacità ad urinare).
Il rilasciamento muscolare causato dall’anestesia coinvolge anche la vescica.
Con il ripristino del tono muscolare gli spasmi dello sfintere vescicale
ostacolano il deflusso delle urine, causando la distensione vescicale.
Se il paziente non urina entro 8-10 ore dall’intervento si procederà ad applicare
delle misure che potrebbero contribuire a far rilasciare lo sfintere urinario e
facilitare la minzione: riscaldare la padella, farlo scendere dal letto, far scorrere
l’acqua dal rubinetto, versare acqua tiepida sulla regione perineale.
Se il paziente non dovesse ancora riuscire ad urinare, seguire i protocolli per il
cateterismo vescicale estemporaneo.
Il cateterismo estemporaneo è da preferire a quello permanente perché comporta
meno rischi di infezione del tratto urinario, dovuta alla penetrazione di agenti
patogeni per via ascendente.
j) Monitorare i drenaggi:
- colore e caratteristiche del materiale presente
- quantità del materiale
Tali segni sul liquido presente nel drenaggio fungono da immediata spia in caso
di gravi problemi quali: emorragie, deiscenza dell’anastomosi, perforazione
intestinale
k) Monitorare per rilevare segni di tromboflebite.
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- segno di Homans positivo ( dolore alla dorsiflessione del piede, dovuto a
insufficienza circolatoria)
- dolenzia, calore o arrossamento del polpaccio.
Nel postoperatorio l’immobilizzazione e l’anestesia causano una diminuizione
del ritorno venoso con conseguente stasi sanguigna periferica. In più la
vasocostrizione dovuta all’ipotermia provoca un minor apporto del sangue nelle
zone periferiche. Tali fattori aumentano il rischio di tromboflebite.
Per
prevenire
questa
complicanza
si
attueranno
alcune
misure
che
contribuiscono a migliorare il ritorno venoso evitando la stasi venosa: far
eseguire al paziente esercizi agli arti inferiori, evitando sostegni o cuscini sotto
le ginocchia e gambe accavallate, non stare seduto a lungo, accelerare la
mobilizzazione facendo deambulare il paziente.
5.3 In caso di apparecchiatura di una stomia, temporanea o permanente
Diagnosi infermieristica
Rischio elevato di:
a) disturbo del concetto di se, correlato agli effetti della stomia sull’immagine
corporea e sullo stile di vita
b) alterazione del modello di sessualità, correlato a percezione di impatto
negativo della stomia sull’attrazione sessuale
c) disfunzione
sessuale,
legato
a
impotenza
secondaria
a
danno
dell’innervazione simpatica (uomo) o inadeguata lubrificazione vaginale
(donna)
d) isolamento sociale, correlato all’ansia per possibili perdite dal sacchetto o
odori
e) gestione inefficace del regime terapeutico e riabilitativo, legato ad
insufficiente conoscenza delle procedure dello stoma care e di pratiche
riabilitative (irrigazione)
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Obiettivo infermieristico:
prevenire o ridurre al minimo le alterazioni dell’immagine corporea,
facilitare la ripresa dell’attività sessuale e nel caso indirizzare il paziente alla
consulenza di altri specialisti
Interventi assistenziali e spiegazione scientifica
Superata la fase chirurgica, intrapreso l’iter riabilitativo nella gestione della
stomia e completata la terapia farmacologia e radiologica postchirurgica,
allentata quindi la tensione per la malattia presumibilmente superata, spesso
lo stomizzato si sofferma con sgomento su altri aspetti che forse sino a quel
momento aveva ignorato: l’immagine corporea e la sessualità.
L’infermiere si dovrà attivare per ridurre al minimo le alterazioni
dell’immagine corporea e le paure per l’isolamento sociale insegnando al
paziente le misure di controllo di cattivi odori e flatulenza (modificando la
dieta ed avviandolo alla pratica dell’irrigazione); come nascondere il
sacchetto sotto gli abiti; come gestire la stomia durante l’attività lavorativa,
sociale e sessuali,; dovrà coinvolgere i familiari ed indirizzare ad
Associazioni di stomizzati.
Il colloquio col paziente ed eventualmente anche con il partner , è il mezzo
più spontaneo e diretto per entrare in rapporto con l’altro. Se l’infermiere o
meglio ancora l’enterostomista, ha già ricevuto precedentemente la fiducia
dal paziente, è l’interlocutore ideale anche in questa fase, quando il concetto
di se e l’identità del proprio ego mettono in serio pericolo l’autostima.
Questa è collegata alla sessualità e non può essere distaccata dalla
consapevolezza dell’entità di genere maschile o femminile.
Ecco perché il paziente ha solo bisogno di qualcuno con cui parlare
dell’argomento, di consigli su come può nascondere il sacchetto durante
l’attività sessuale, esprimere le aspettative sulla sessualità.
Il colloquio andrà fatto rispettando la privacy, senza fare muro e senza
possibilità di interruzioni. Si consiglierà l’uso di sacchetti piccoli, copri
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stoma, fasce a vita o bustino, biancheria intima e nel caso si tratti di
disfunzioni organiche, lo si indirizzerà all’andrologo o il sessuologo.
Problemi collaborativi
Complicanze potenziali:
- precoci (1-30 giorni dopo l’intervento): edema, emorragia intra e
peristomale, ischemia e/o necrosi, dermatiti, lesioni cutanee, retrazione
stomale,
suppurazione
o
ascesso
peristomale,
complicanza
da
malposizionamento, distacco della giunzione mucocutanea
- tardive ( oltre i 30 giorni dall’intervento): ernia, fistola, prolasso, stenosi,
emorragie, follicoline, granulomi, traumi
Obiettivo infermieristico: L’infermiere gestirà e ridurrà al minimo le
complicanze stomali
Interventi e spiegazione scientifica
Monitorare:
- l’area peristomale, per rilevare eventuali alterazioni cutanee.
Una rilevazione precoce di eventuali irritazioni, ulcerazioni ed erniazioni può
prevenire gravi danni tissutali
- Colore, dimensione, protusione e forma della stomia.
Eventuali modificazioni possono indicare infiammazione, retrazione,
prolasso o edema
- Colore, quantità e consistenza del materiale emesso dalla stomia.
Eventuali modificazioni possono indicare sanguinamento o infezione.
Una diminuizione dell’emissione di materiale intestinale può indicare
ostruzione.
- Sintomi riferiti di dolore crampiforme, nausea, vomito e distensione
addominale, tali sintomi possono indicare ostruzione.
- Corretta applicazione del sacchetto di raccolta.
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Un’applicazione inadeguata del sacchetto può causare un trauma meccanico
a livello della stomia
5.4 Interventi correlati su prescrizione medica nella fase postoperatoria
Farmaci: analgesici narcotici, antiemetici
Terapia endovenosa: reintegrazione di liquidi e di elettroliti
Esami di laboratorio: emocromo completo, profilo biochimico
Terapia: dieta liquida che progredisce verso una dieta libera in base alla
tolleranza
Calze antiemboliche, cura della ferita, pirometro incentivante.
5.5 Valutazione
Dopo ogni intervento assistenziale l’infermiere ne valuterà l’efficacia e
l’apprendimento.
Il paziente dimostrerà:
- gli esercizi, la contenzione della ferita ed il regime respiratorio
- l’assenza di sintomi di complicanze, o il miglioramento e risoluzione di
queste
- la ripresa delle normali funzioni vitali, intestinali e schemi dietetici
- l’assenza o la riduzione progressiva del dolore.
- la tolleranza alle attività quotidiane ( deambulazione progressiva, attività
quotidiane)
5.6 Documentazione
Diario giornaliero: parametri vitali (temperatura, polso respiro, pressione
arteriosa), suoni respiratori, trattamenti respiratori e risposta del paziente,
bilancio idrico (entrate ed uscite dei liquidi), suoni intestinali, condizioni
della ferita, registrazione della somministrazione dei farmaci (tipo, via di
somministrazione, dosaggio e orario di tutti i farmaci prescritti),
evacuazione, deambulazione, istruzioni per la dimissione, istruzioni per il
follow-up, sintesi dei dati per la dimissione, condizioni alla dimissione
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(dolore,attività, cicatrizzazione della ferita), raggiungimento degli obiettivi
(individuali e familiari)
Note di decorso: risposta insoddisfacente ai trattamenti respiratori,
registrazione dell’educazione multidisciplinare del paziente, segni e sintomi
di infezioni, controllo insoddisfacente con le misure di sollievo dal dolore,
risultati di accertamenti o disturbi riferiti insoliti, interventi, risposta
anormale o inattesa all’aumento delle attività, stato emotivo attuale, risposta
agli interventi, colloqui, insegnamento al paziente.
5.7 Criteri di dimissione
Prima della dimissione il paziente e i familiari
- descriveranno le eventuali restrizioni di attività a domicilio
- descriveranno la gestione del dolore, della ferita chirurgica e della stomia a
domicilio
- discuteranno del fabbisogno nutritivo e di liquidi
- elencheranno i segni ed i sintomi da segnalare agli operatori sanitari
- descriveranno il follow-up necessario
- esprimeranno l’intenzione di condividere i loro sentimenti e preoccupazioni
- mostreranno un’ adeguata cura di sé, stima e sicurezza
- identificheranno le risorse e i gruppi di aiuto/supporto disponibili nella
comunità ( per esempio nel caso di stomizzati fare riferimento ad
enterostomisti, centri di riabilitazione per pazienti stomizzati, fornitori di
presidi, associazioni per la lotta contro il cancro)
- nel caso dello stomizzato, dimostreranno di conoscere metodi alternativi di
espressione sessuale.
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Conclusioni
Grandi progressi sono stati fatti nel campo chirurgico ed assistenziale.
L’incidenza di mortalità nell’occlusione intestinale descritta per la prima
volta da Ippocrate, era pari al 100%. Nel 1921, con l’introduzione
dell’infusione fisiologica, l’incidenza scende al 70 – 40 %. La situazione
migliora sempre di più con l’introduzione dell’aspirazione e dell’antibiotico
nel 1935. Sino al 1997, quando le grandi evoluzioni fatte nel campo della
chirurgia e della anestesia portano l’incidenza di mortalità al 6 – 8%.
Attraverso il percorso descritto si evince che il compito fondamentale
dell’infermiere è contribuire ad accelerare il più possibile il processo di
guarigione, cercando di ridurre al minimo, o meglio evitare, le complicanze.
Ciò è facilitato dall’utilizzo degli standard assistenziali, che aiutano
l’infermiere ad operare secondo i criteri fondati sulla evidenza scientifica, la
“ evidence based nursing ”, sulla quale già da tempo si base l’infermieristica.
Il piano di assistenza standardizzato potrebbe però far perdere di vista la
singolarità del paziente. Ma questo è un rischio da correre, per evitare rischi
maggiori nel caso in cui venissero tralasciati interventi infermieristici. La
professionalità con cui si porrà l’infermiere dinanzi al paziente, gli
permetterà di equilibrare i due estremi.
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Il piano assistenziale standardizzato è come una linea guida, che permette di
ottimizzare le risorse e ridurre gli errori, ma non esaurisce l’attività
assistenziale, che rimane innanzitutto un rapporto umano e come tale non
riducibile a qualcosa di standardizzato e prevedibile.
Il successo od il fallimento del piano assistenziale dipendono proprio dalla
capacità e dalla professionalità dell’infermiere di adattarlo alle situazioni
diverse che si presenteranno nell’iter clinico del paziente, prendendo in
considerazione parametri che riguarderanno sia la componente fisica che
psicologica e spirituale della persona, che verrà quindi vista nella sua totalità
.
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BIBLIOGRAFIA
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