IL CANCRO DEL COLON A cura di : Prof. Ettore Contessini

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IL CANCRO DEL COLON A cura di : Prof. Ettore Contessini
Società Italiana di Chirurgia Colo-Rettale
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IL CANCRO DEL COLON
A cura di : Prof. Ettore Contessini Avesani , Dr. Alberto Carrara
II Divisione Chirurgia Generale- Università degli Studi di Milano
Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli, Regina Elena
Padiglione Beretta EST - Milano
ANATOMIA DEL COLON
Il colon è una porzione dell’apparato digerente che è composto dall'esofago, dallo stomaco,
dall'intestino tenue e dal colon appunto o intestino crasso. Il colon comprende a sua volta
diversi segmenti quali il ceco, il colon ascendente, il colon trasverso , il colon discendente, il
sigma ed infine la porzione terminale, il retto, che si apre all'esterno tramite l’ano. L’apparato
digerente assorbe dagli alimenti che ingeriamo le sostanze nutritive (vitamine, minerali,
carboidrati, grassi, proteine e acqua), e trattiene i residui finché l’organismo non li espelle
all’esterno, attraverso il canale anale, come feci.
LA MALATTIA
Il cancro del colon presenta una elevata incidenza nel mondo occidentale, rappresentando la
seconda causa di morbilità e morbosità per neoplasia in ambedue i sessi sia in Europa sia negli
Stati Uniti, (il 9,4% di tutti i tumori nell'uomo e il 10,1% nelle donne). Il cancro del colon è da
ritenersi una delle maggiori cause di morte nella popolazione italiana ( insieme al cancro del
retto con 19.000 decessi e 34.000 nuovi casi all’anno è la seconda causa di morte per tumore
dopo il polmone con 30.000 decessi). Da questi dati emerge la necessità di un piano mirato di
prevenzione per diminuire l'incidenza del cancro di questo organo, soprattutto in considerazione
delle elevate possibilità di prevenirlo già nelle fasi preneoplastiche benigne e maligne, ma anche
della possibilità di eseguire una diagnosi precoce della malattia già sviluppata, ma non ancora
diffusa.
LE CAUSE CONOSCIUTE
La maggior parte dei tumori del colon deriva dalla trasformazione in senso maligno dei
cosiddetti “polipi” di natura adenomatosa o ghiandolare, ovvero di piccole escrescenze rilevate
della mucosa, di per sé benigne almeno inizialmente, dovute al proliferare delle cellule della
mucosa intestinale stessa. Il polipo può essere definito, in base alle sue caratteristiche
morfologiche, sessile (cioè con la base piatta) o peduncolato (ovvero attaccato alla parete
intestinale mediante una specie di picciuolo). Sono a rischio di malignità solo i polipi
adenomatosi: i cosiddetti polipi iperplastici (cioè caratterizzati da una mucosa a rapida
proliferazione) e quelli amartomatosi (detti anche polipi giovanili e polipi di Peutz-Jeghers)
non hanno invece potenziale maligno.
La probabilità che un adenoma del colon evolva verso una forma invasiva di cancro dipende dal
tempo che ha avuto a disposizione per crescere e per dare luogo a fenomeni di trasformazione
(displasia) e quindi in buona parte dalla dimensione che il polipo stesso ha potuto nel tempo
raggiungere: la probabilità di trovare focolai neoplastici nel contesto del polipo è minima per
dimensioni inferiori a 1 cm, modesta per dimensioni 1-2,5 cm, mentre diviene
significativamente elevata per dimensioni del polipo maggiori di 2,5 cm. Una volta
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trasformatasi in tessuto carcinomatoso, la mucosa patologica può sostituire tutto il polipo e poi
infiltrare la parete del viscere. Da ciò si può ben comprendere l’importanza di eliminare i polipi
prima che possano trasformarsi in lesioni maligne, evitando l’insorgenza della neoplasia del
colon.
E’ possibile, anche se poco frequente, che una neoplasia origini direttamente dalla mucosa senza
la preventiva crescita come polipo, ed allora apparirà come un nodulo oppure come una
ulcerazione “a coccarda” della mucosa generalmente fragile e facilmente sanguinante anche
spontaneamente.
Molte sono le cause che concorrono, cooperando tra loro, a determinare la malattia:
• Fattori nutrizionali: molti studi evidenziato che una dieta ad alto contenuto di calorie, ricca di
grassi e povera di fibre è associata a un aumentata frquenza di tumori intestinali; viceversa, diete
ricche di fibre (cioè caratterizzate da un alto consumo di frutta e vegetali), di anti-ossidanti
(vitamine), salicilati e magnesio sembrano avere un ruolo protettivo.
• Fattori genetici: si conoscono alcune malattie che, geneticamente codificate, predispongono
alla formazione di tumori intestinali: le poliposi adenomatose ereditarie (tra cui l'adenomatosi
poliposa familiare o FAP, la sindrome di Gardner e quella di Turcot) e quella che viene chiamata
carcinosi ereditaria del colon-retto su base non poliposica (detta anche HNPCC o sindrome di
Lynch). Sono malattie trasmesse da genitori portatori di specifiche alterazioni genetiche, e che
possono anche non dar luogo ad alcun sintomo. La probabilità di trasmettere alla prole il gene
alterato è del 50 per cento, indipendentemente dal sesso. La presenza invece in famiglia di un
parente affetto da neoplasia del colon deve senza dubbio far pensare ad una possibile
predisposizione genetica a sviluppare tale malattia e portare ad eseguire gli accertamenti
diagnostici necessari, in tempo utile per scoprirne i precursori benigni (il rischio di sviluppare un
tumore del colon aumenta di 2 o 3 volte nei parenti di primo grado di una persona affetta da
cancro o da polipi del grosso intestino).
• Fattori non ereditari: sono importanti l'età (l'incidenza è 10 volte superiore dopo i 60 anni
rispetto a coloro che hanno 40 anni), le malattie infiammatorie croniche intestinali (la rettocolite
ulcerosa di lunga durata soprattutto e, secondo studi recenti, anche il morbo di Crohn), una storia
clinica passata di polipi del colon o di un pregresso tumore del colon retto.
CON QUALI SINTOMI SI PUO’ PRESENTARE
I polipi, precursori benigni del carcinoma, non determinano generalmente sintomi se non
raggiungono dimensioni considerevoli così da determinare ostruzione al transito: è invece
frequente la presenza di sangue occulto nelle feci in completo benessere. La neoplasia
conclamata invece determina sintomi diversi a seconda della sede ove sia localizzata: nel colon
sinistro, ove le feci sono più consistenti, darà luogo più facilmente a disturbi ostruttivi che si
traducono in irregolarità dell’alvo, dolori che trovano sollievo con l’evacuazione o l’emissione di
gas, sanguinamento macroscopicamente evidente, calo ponderale, astenia; il progredire della
malattia può a volte portare all’occlusione intestinale . Le neoplasie localizzate nei segmenti
prossimali (cieco, colon ascendente e traverso) danno segno di sé soprattutto in seguito alle
perdite di sangue (anemizzazione) al dimagramento ed all’astenia, mentre meno frequenti sono i
disturbi ostruttivi dato che le feci in tali distretti sono generalmente più liquide . Non è
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infrequente la diagnosi di neoplasia del colon destro in seguito al reperto palpatorio di una
tumefazione addominale o dal riscontro di secondarismi epatici.
COME SI ARRIVA ALLA DIAGNOSI
Gli accertamenti diagnostici devono essere guidati dalla valorizzazione dei segni e sintomi
emergenti durante un'accurata visita clinica che comprenda anche l'esplorazione rettale
esame fisico e storia clinica: esame del corpo per verificare segni generali delle vostre
condizioni di salute, inclusa la presenza di eventuali segni di malattia, quali presenza di masse o
qualunque altra manifestazione che possa sembrare anomala. Compilazione della storia del
paziente con riferimento a malattie di cui ha sofferto e relativi trattamenti e indicazioni sulle sue
abitudini di vita;
ricerca del sangue occulto nelle feci: Il test si basa sul presupposto che le neoplasie maligne e i
polipi sanguinano più facilmente della mucosa normale, e che quindi la scoperta del sangue
occulto nelle feci porta alla diagnosi in una fase precoce della malattia. Consiste nel prelievo di
un campione fecale in almeno 3 giorni diversi, sul quale in laboratorio si possa accertare la
presenza di sangue non visibile ad occhio nudo. I falsi positivi sono spesso presenti e riferibili ad
altre fonti di stillicidio ematico che, qualora presenti, potrebbero invalidare il test (gengive,
mucosa della bocca del naso, emorroidi, ragadi) .
esplorazione rettale: il medico, dopo aver indossato un guanto sottile monouso, introdurrà
delicatamente un dito lubrificato nel retto e palperà la zona per individuare la presenza di
eventuali noduli o aree anomale ed accerterà la eventuale presenza di sangue misto alle feci o
materiale mucoso eventualmente ematico.
clisma opaco con doppio mezzo di contrasto: consiste in una serie di radiografie del colon previa
accurata toilette del viscere: il bario, un liquido radio-opaco si usa come mezzo di contrasto per
ottenere una visualizzazione radiografica dell’apparato digerente; esso, introdotto nel colon
attraverso l’ano, si fissa infatti alla parete del colon e la successiva introduzione di aria ne
distende le pareti consentendo di visualizzare con opportune rotazioni del paziente la superficie
mucosa del viscere.
retto-sigmoidoscopia e colonscopia: l’indagine endoscopica è una valutazione visiva diretta
della superficie interna del viscere eseguita con sofisticati strumenti dotati di una microtelecamera sulla estremità che, previa una adeguata pulizia del viscere, vengono introdotti
attraverso l’ano, e consentono di risalire visualizzando i vari segmenti del colon fino al cieco ed
all’ileo terminale. Si può così accertare la presenza di polipi, tumori o aree anomale: se si
individua la presenza di un polipo o di altro tessuto anomalo, l’endoscopista può eseguire un
prelievo bioptico o asportarlo e inviarlo in laboratorio per l’esame istologico al microscopio per
la conferma diagnostica.
biopsia endoscopica: consiste nel prelievo di un campione di tessuto che sarà esaminato al
microscopio per accertare l’eventuale presenza di cellule neoplastiche;
colonscopia virtuale: utilizza le immagini acquisite mediante la TAC-multistrato (tomografia
computerizzata) per ottenere informazioni sulle strutture interne del colon. Un computer elabora
le immagini per ottenere rappresentazioni dettagliate che consentano di accertare la presenza di
polipi o di altro tessuto anomalo sulla parete interna del colon. E’ un esame che può a tutt’oggi
presentare ancora una discreta percentuale di reperti falsamente positivi per polipi e quindi
spesso necessita di conferma mediante esame endoscopico diretto (colonscopia).
marcatori tumorali: Nel carcinoma colorettale il dosaggio dei marcatori tumorali (Antigene
Carcino-embrionario CEA) non ha finalità diagnostiche; la loro determinazione è comunque
opportuna prima del trattamento per poter contare su un parametro di riferimento durante il
successivo follow-up (controllo dei risultati terapeutici).
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Altre indagini completano la stadiazione della malattia :
- Ecografia Epatica Essendo il fegato il primo e principale sito metastatico ( circa il 15-20% dei
paz. al momento della prima diagnosi hanno già metastasi epatiche), l'ecografia epatica è
considerata indagine essenziale nella fase di studio pre-operatoria.
- TAC Addominopelvica: Non ha valore di accertamento diagnostico di primo livello mentre è
talora utile per una stadiazione clinica preoperatoria relativamente alla estensione locoregionale e
alla presenza di metastasi a distanza
- Radiografia del Torace: è esame indispensabile nella valutazione clinica prechirurgica
- Risonanza Magnetica Nucleare (RMN): è un esame che non utilizza, a differenza della TAC,
le radiazioni e non necessita della iniezione di mezzo di contrasto iodato in vena: si serve di un
potente campo magnetico e le immagini che ne derivano possono essere utili al chirurgo per
valutare meglio i rapporti della malattia con gli organi circostanti ai fini della strategia
chirurgica.
Per ottenere immagini più precise in alcuni casi può essere utilizzata durante l’esame la
somministrazione per via endovenosa di una sostanza non radioattiva (Gadolinio): tale sostanza,
il cui impiego è estremamente sicuro e affidabile, non è visibile direttamente, ma agisce
inducendo un cambiamento nelle proprietà magnetiche dell’acqua nei tessuti, migliorando così il
contrasto tra tessuto sano e tessuto malato migliorando le possibilità diagnostiche, soprattutto per
i tumori e per le patologie del sistema nervoso centrale.
- PET (positron emission tomography) scan: è un esame che, utilizzando basse dosi di glucosio
radioattivo, consente di misurare l’attività delle cellule nelle varie parti del corpo; le aree di
tessuto neoplastico sono generalmente metabolicamente più attive dei tessuti circostanti e quindi
risultano evidenti all’esame; frequentemente sono ben evidenti anche i polipi adenomatosi di
discrete dimensioni non ancora cancerizzati.
- PET-TAC: La possibilità di integrare la tecnica scintigrafia PET con una Tomografia
Computerizzata è una nuova modalità diagnostica che consente di combinare le informazioni di
natura metabolica fornite dalla tecnica scintigrafica (PET) con informazioni anatomiche fornite
dalla TC: con tali immagini combinate si ottiene una migliore localizzazione delle alterazioni
patologiche ed una migliore stadiazione delle lesioni neoplastiche; inoltre la combinazione delle
due tecniche consente di ridurre i falsi risultati positivi della PET differenziando gli aumenti di
attività metabolica di natura fisiologica o flogistica da quelli di natura neoplastica, risultando
particolarmente utile proprio nel controllo nel tempo dei pazienti sottoposti a terapia chirurgica
curativa per neoplasie colo-rettali.
- Scintigrafia Ossea: ha indicazioni molto selezionate (stadiazione clinica di malattia
particolarmente avanzata, sintomatologia dolorosa ossea circoscritta) Non deve essere utilizzata
come indagine di routine preoperatoria e/o nel follow-up.
- Test genetici: i test genetici disponibili permettono una definizione delle basi genetiche della
malattia, e in particolare l'identificazione dei membri della famiglia a rischio. Pertanto questi
dovrebbero essere usati per: confermare una sindrome in un individuo o una famiglia sospetta di
avere una sindrome ereditaria di cancro del colon desunta dai riscontri clinici; riscontrare le
mutazioni genetiche nei vari soggetti di una famiglia conosciuta come portatrice di una sindrome
ereditaria; determinare quale particolare individuo di una famiglia con una sindrome ereditaria
conosciuta e con una mutazione genetica sia il portatore del gene mutante.
LA TERAPIA
I polipi benigni del grosso intestino vengono asportati per via endoscopica. La rimozione deve
essere completa per consentire al Patologo una diagnosi precisa di radicalità; negli stadi A di
Dukes si considera l'intervento radicale se i margini sono sicuramente liberi da infiltrazione in
tutte le sezioni correttamente orientate. In caso di non sicura radicalità il paziente deve essere
avviato alla chirurgia convenzionale.
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La terapia del cancro del colon è essenzialmente chirurgica: ovvero si procede all’asportazione
ampia del segmento di intestino in cui è localizzato il tumore ed alla asportazione dei linfonodi
distrettuali (cioè linfonodi siti lungo le vie di drenaggio linfatico attraverso le quali una cellula
staccatasi dal tumore potrebbe “navigare” e portarsi a distanza percorrendo appunto le varie
stazioni linfonodali interposte). La continuità dell’intestino viene poi ricostruita ricongiungendo i
due capi del viscere con una sutura (anastomosi) che potrà essere effettuata con sutura manuale o
mediante l’impiego di suturatici meccaniche che utilizzano graffette metalliche.
In condizioni particolari può essere eseguita una semplice escissione locale, qualora ci si trovi di
fronte ad un tumore in stadio molto precoce (generalmente polipi cancerizzati): si esegue cioè
una polipectomia endoscopica (asportazione del polipo con ansa diatermica) oppure, se la
tecnica endoscopica non è attuabile per la sede o per le dimensioni della formazione, si può
eseguire una resezione chirurgica parziale della parete del viscere comprendente la lesione, con
una valutazione del grado di malattia mediante esame istologico intraoperatorio .
In casi di malattia avanzata, qualora l’infiltrazione dei tessuti peritumorali non consenta la
rimozione della malattia, si può eseguire un semplice by-pass intestinale suturando un segmento
a monte dell’ostacolo neoplastico con un segmento a valle per scongiurare i fenomeni occlusivi.
In condizioni particolarmente gravi potrà rendersi necessaria anche la sola colostomia o
ileostomia cioè l’abboccamento del segmento intestinale (ileo o colon ) alla cute per consentire
lo scarico delle feci che verranno raccolte da un apposito sacchetto applicato alla parete
addominale. La colostomia o l’ileostomia possono anche rendersi necessarie per proteggere una
sutura intestinale particolarmente a rischio di cedimento; tale accorgimento potrebbe essere
attuato anche nel decorso post-operatorio in caso di deiscenza (cedimento) delle suture
intestinali.
In caso di presenza di metastasi a distanza (per esempio al fegato) si potrà nel corso
dell’intervento procedere alla valutazione intraoperatoria delle lesioni con eventualmente
ecografia e biopsia mirata e, dopo conferma istologica, procedere ad asportazione delle lesioni .
In determinati casi la presenza di multipli noduli epatici ne compromette l’asportabilità pertanto
si potrà ricorrere alla terapia mediante ablazione con radiofrequenza: consiste nell’utilizzo di un
ago-elettrodo che, sotto controllo ecografico, viene introdotto al centro della lesione che viene
“riscaldata” con l’impiego di un generatore di radiofrequenze, determinando la necrosi del
tessuto neoplastico circostante.
TRATTAMENTO POST-OPERATORIO
Dopo l’intervento chirurgico lo specialista oncologo potrà ritenere opportuno attuare una
chemioterapia o radioterapia postoperatoria allo scopo di distruggere eventuali cellule
neoplastiche residue. Il trattamento che si attua dopo la chirurgia al fine di accrescere le
probabilità di guarigione si definisce “adiuvante”
Chemioterapia
La chemioterapia è la modalità terapeutica che distrugge le cellule neoplastiche attraverso la
somministrazione di farmaci, che possono essere assunti per bocca in forma di compresse,
oppure iniettati per via endovenosa o intramuscolare. In questi casi, la chemioterapia si definisce
trattamento sistemico, perché il farmaco entra nella circolazione sanguigna, si diffonde
nell’organismo e in questo modo può raggiungere e distruggere le cellule neoplastiche che si
sono diffuse a distanza.
La chemio-embolizzazione dell’arteria epatica può essere usata per trattare il tumore che si è
diffuso al fegato. Essa consiste nel posizionamento di un cateterino attraverso il ramo dell’arteria
epatica diretto alla lesione nel fegato e nella successiva somministrazione dei chemioterapici
direttamente ai vasi che irrorano la lesione risparmiando i restanti distretti corporei dagli effetti
tossici del farmaco.
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Radioterapia
La radioterapia consiste nell’applicazione di radiazioni ad alta frequenza per distruggere le
cellule neoplastiche e ridurre le dimensioni del tumore. Esistono due tipi di radioterapia:
radioterapia esterna: le radiazioni possono essere erogate da una macchina esterna
all’organismo e orientate sulla zona interessata dal tumore; oppure radioterapia interna o
intracavitaria: la sostanza radioattiva (radioisotopo) può essere immessa direttamente nella
lesione o vicino ad essa. La modalità di attuazione della radioterapia dipende dal tipo e dallo
stadio del tumore.
Terapia biologica
La terapia biologica mira a stimolare le difese naturali dell’organismo per combattere il tumore
attraverso la somministrazione di sostanze prodotte dall’organismo stesso oppure di origine
sintetica (cetuximab Erbitux®, bevacizumab Avastin®). La funzione di tali anticorpi
monoclonali è quella di legarsi ai recettori per i fattori di crescita della cellule neoplastiche
(Epidermal Growth Factor receptors) presenti sulla superficie di alcune cellule neoplastiche ed
evitare così che tali cellule crescano e si moltiplichino.
CONCLUSIONI E CONSIGLI: LA PREVENZIONE E LA DIAGNOSI PRECOCE
Senza dubbio il tumore del colon offre la possibilità di agire d’anticipo eliminando i precursori
benigni della malattia ; i polipi però, soprattutto se di piccole dimensioni, sono del tutto
asintomatici, quindi non bisogna aspettare i sintomi per convincersi a sottoporsi agli
accertamenti diagnostici.
Prima di tutto, occorre parlare con il proprio medico, per evidenziare eventuali fattori di rischio o
precedenti familiari di malattia.
Dai 45 anni in poi, un test per la ricerca di sangue occulto nelle feci (in sigla, SOF) può svelare
piccole tracce nascoste che potrebbero segnalare la presenza di un problema (attenzione: non
necessariamente un tumore), da studiare con esami più approfonditi.
Nei casi a rischio (familiarità, sintomatologia, SOF positivo) è indispensabile ricorrere alla
colonscopia. Per molti è un esame che determina apprensioni e preoccupazioni maggiori del
dovuto, ma rimane uno strumento insostituibile per prevenire, diagnosticare e tenere sotto
controllo il cancro del colon-retto. Non solo, oltre alla diagnosi, permette di individuare e di
asportare in endoscopia lesioni precancerose come i polipi, interrompendo la sequenza polipocancro". Diagnosi e terapia con un solo intervento, insomma, che può prevenire l’80 per cento
delle neoplasie.
Lo stile di vita è stato oggetto di numerosi studi evidenziando semplici norme comportamentali
che sembrano poter influire sullo sviluppo di un tumore al colon: ridurre il consumo di grassi
animali e di alcool, aumentando quello delle fibre vegetali e di frutta; aumentare l’assunzione di
magnesio (pasta, noci) e vitamina C; utilizzare antiossidanti (salicilati); praticare attività fisica.
Si ringrazia la Drssa Chiara Rocha per la versione in inglese
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