Manuale Hepatitis C - Prevenzione e terapia - 2009

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Manuale Hepatitis C - Prevenzione e terapia - 2009
Manuale
Manuale
epatite C
Prevenzione e terapia
Manuale
Prevenzione e terapia
L’essenziale in breve
Curare l’igiene generale
Le epatiti A (ed E) vengono trasmesse attraverso gli escrementi umani. Per evitare il
contagio è pertanto essenziale curare la propria igiene (servizi igienici, stoviglie, igiene
del corpo e così via). (➞ capitolo II)
«Allarme sangue!»
Il sangue può essere contagiato dal virus dell’epatite o dall’HIV e deve perciò, se possibile,
essere sempre considerato potenzialmente infetto. Bisogna pertanto prestare la massi­
ma attenzione anche alle minime tracce di sangue (anche se secche e non solo nel caso di
consumo per via endovenosa). (➞ capitolo II.1.3, scheda illustrativa)
Lavarsi le mani
Avere le mani pulite è essenziale per evitare infezioni di ogni genere. (➞ capitolo II.1)
Per consumare
droga, utilizzare sempre
materiale personale e
sterile
È necessario garantire che vi sia materiale sterile per iniezioni in quantità sufficiente
24 ore su 24. Occorre in particolare tener conto dell’ingente fabbisogno di materiale
sterile tra i consumatori di cocaina per via endovenosa. A dipendenza dei modi di consu­
mo, bisogna prestare attenzione a differenti aspetti.
Consumare per via endovenosa: fare in modo di avere sempre a disposizione materiale
sterile. ­Utilizzare una siringa e un ago personali e sterili; anche l’acqua e il cucchiaio
devono ­essere personali. Disinfettare con alcol il punto dove si intende effettuare l’inie­
zione. (➞ scheda illustrativa)
Sniffare: fare in modo di avere sempre a disposizione materiale pulito. Utilizzare una
cannuccia personale.
Fumare/respirare i vapori della sostanza (pipe ad acqua): utilizzare una cannuccia perso­
nale o, in caso di consumo comune, pulire a fondo la parte a contatto con la bocca.
(➞ capitolo II.2.4)
Tecniche di iniezione
igieniche
Lavarsi accuratamente le mani.
Utilizzare una siringa sterile munita di filtro. In caso di emergenza ricorrere eventual­
mente ad un pezzo di filtro di sigaretta. Non togliere il filtro della sigaretta con i denti,
ma con le mani lavate.
Non condividere, prestare o scambiare i filtri, nemmeno «per dare una mano».
Utilizzare un cucchiaio personale. Pulire accuratamente prima dell’uso (con acqua,
con un tampone imbevuto di disinfettante).
Utilizzare acqua sterile o, nel caso non fosse disponibile, acqua fresca direttamente
dal rubinetto.
(➞ scheda illustrativa)
Sesso sicuro
Farsi vaccinare
In caso di rapporti sessuali con penetrazione – sia vaginale sia anale – utilizzare ­sempre
un preservativo di buona qualità. Nel caso di rapporti anali, utilizzare sempre un lubri­
ficante.
Lo sperma non deve entrare in contatto con la bocca e non deve essere ingoiato.
Il sangue mestruale non deve entrare in contatto con la bocca e non deve essere
­ingoiato.
Prostituzione: utilizzare sempre e comunque il preservativo, anche in caso di sesso
orale (ciò permette di evitare in generale le malattie sessualmente trasmissibili).
Contro le epatiti A e B è possibile farsi vaccinare.
Contro l’epatite C e l’HIV non esiste nessuna vaccinazione.
(➞ capitolo I.2.7)
3
Sottoporsi
ai controlli
Capita sovente che chi abbia contratto un’infezione di epatite non se ne accorga (epati­
te asintomatica). Tanto prima un’infezione viene individuata e curata, quanto maggio­
ri sono le possibilità di guarire o di ottenere dei miglioramenti. È pertanto importante
sottoporsi a delle analisi per individuare l’epatite.
Farsi curare
Anche le persone che consumano droghe possono essere curate. (➞ capitolo III)
In questo caso una valida consulenza è di importanza fondamentale.
Attenzione: nel caso dell’epatite C è possibile un nuovo contagio anche dopo aver
già contratto la malattia.
4
PREFAZIONE
In Svizzera si stima che siano 70 000 le persone infette dal virus dell’epatite C. All’incirca
i due terzi delle nuove infezioni riguardano i consumatori di droghe per via endovenosa.
I conseguenti danni alla salute per una parte consistente della popolazione nonché il
carico finanziario per i costi sanitari e per il settore pubblico non sono sempre percepiti
dai professionisti del settore in questione.
L’Ufficio federale della sanità pubblica desidera ridurre il numero delle nuove infezioni e
facilitare l’accesso al trattamento dell’epatite C. Nel contempo, vuole apportare un
contributo che consenta di migliorare l’informazione sull’epatite, rivolta sia agli opera­
tori sia ai consumatori di droghe.
Il presente manuale, che si inserisce nella campagna di sensibilizzazione epatite C con­
cepita da Infodrog, vuole trasmettere ai collaboratori di tutti i gruppi professionali che
operano nel contesto dell’aiuto ai dipendenti, le conoscenze fondamentali sull’epatite.
L’intento è quello di permettere ai professionisti di mobilizzare le loro conoscenze
­durante le consultazioni e la presa a carico di consumatori di droghe. In tal senso, per gli
operatori del settore sono previste delle formazioni, delle informazioni complementari
nonché del materiale di prevenzione. Quest’ultimo rende possibile la conduzione di
­continue azioni di sensibilizzazione sull’epatite C, ad un costo ridotto.
Sulla base del «Manuale HepCH» (Ufficio svizzero per la riduzione dei danni nell’ambito
della droga, 2005) e del manuale tedesco «Hepatitis C und Drogengebrauch» (Aktions­
bündnis Hepatitis und Drogengebrauch, 2006), un gruppo di esperti ha discusso i più
recenti sviluppi nella prevenzione e nella terapia. Nello scopo di fornire informazioni
orientate alla pratica, i capitoli sono stati condensati e ridotti a 3 temi principali:
Epatite, Prevenzione e Terapia. Il manuale, diverse informazioni ed il materiale di pre­
venzione della campagna di sensibilizzazione possono essere consultati anche in linea
(www.hepCH.ch).
I miei sentiti ringraziamenti sono rivolti agli esperti che hanno elaborato questo
­manuale in collaborazione con Infodrog: la Dr.ssa Virginie Masserey, la Dr.ssa Catherine
Ritter, la Dr.ssa Martine Monnat, il Dr. Philip Bruggmann ed il Prof. Andreas Cerny. Desi­
dero inoltre ringraziare i professionisti dei centri d’accoglienza a bassa soglia, dei pro­
grammi di sostituzione e di distribuzione medicalizzata di eroina, delle prigioni nonché
le istituzioni ambulatoriali e residenziali per il loro lavoro quotidiano. A loro vada anche
il mio incoraggiamento ad utilizzare il manuale ed il materiale informativo e di preven­
zione perché l’epatite continui ad essere oggetto di discussione.
Ufficio federale della sanità pubblica
Divisione programmi nazionali di prevenzione
Il direttore a.i.
Dr. Martin Büechi, dipl. nat.
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INDICE
I. L’epatite
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II. Prevenzione
1.Informazioni generali
12
1.Igiene
40
Cos’è l’epatite?
1.1Riassunto
1.2 Funzione epatica
1.3 Cosa significa «epatite»?
1.4 Cause delle epatiti
1.5 Decorsi
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15
16
16
1.1 Lavarsi le mani
40
Come si può evitare la trasmissione?
1.2 Diffusione dei diversi agenti patogeni
1.3 «Allarme sangue»
1.4 Sesso sicuro
1.5Rischi
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41
41
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43
Le cinque diverse forme di epatite virale
1.6Virus dell’epatite
1.7Epatite A
1.8Epatite B
1.9Epatite C
1.10Epatite D
1.11Epatite E
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19
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25
Come reagire in caso di una situazione a rischio
1.6 Misure urgenti
1.7Altri trattamenti / profilassi
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44
44
2.Regole per il consumo
46
Coinfezioni
1.12Cosa sono le coinfezioni?
1.13Informazioni generali sulle coinfezioni
1.14Epatite A – HIV
1.15Epatite B – HIV
1.16Epatite B/D – HIV
1.17Epatite C – HIV
1.18Epatite A – epatite C
1.19Epatite B – epatite C
1.20Epatite B – epatite D
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25
26
26
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27
28
28
28
2. Consulto, accertamento
e vaccinazione
29
Farsi esaminare
2.1Informazioni generali sulle analisi dell’epatite
2.2 Chi deve sottoporsi alle analisi per le epatiti?
2.3 Cosa mostrano i risultati delle analisi?
2.4Analisi di laboratorio e analisi microscopiche
nei casi di epatite comprovata
2.5Risultati delle analisi : commenti e test
complementari
2.6 Dichiarazione obbligatoria
29
29
30
31
Farsi vaccinare
2.7Vaccinazione
2.8 La vaccinazione contro l’epatite A
2.9 La vaccinazione contro l’epatite B
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34
35
36
Gravidanza, parto e allattamento in
caso di epatite
2.10Epatite B
2.11Epatite C
37
37
37
Regole fondamentali
46
2.1Informazioni generali
46
2.2Regole per il consumo di droga per
via endovenosa
46
2.3Regole per il consumo di droga per via nasale
(inalazione di sostanze o di vapori)
47
2.4 Modalità di consumo
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2.5Eliminare il materiale del consumo
48
2.6Ridurre i rischi legati al consumo per
via endovenosa
49
2.7 Forme di consumo alternative all’iniezione
50
2.8Allegato per i centri d’accoglienza e di consulenza
(antenne) con locale per il consumo
50
3. Disposizioni legali e precauzioni
sul posto di lavoro
52
Diritto del lavoro
3.1 Disposizioni legali
52
52
Precauzioni
3.2 Profilassi post-esposizione (PEP)
3.3 Situazioni a rischio
3.4 PEP in caso di esposizione all’HIV
3.5 PEP in caso di esposizione all’epatite B
3.6 PEP in caso di esposizione all’epatite A
3.7Assicurazione infortuni
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31
33
33
III.Terapia
IV.Annessi
1. Diverse epatiti – diverse terapie
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Farsi curare
1.1Terapie delle epatiti virali
1.2Epatite A ed E
1.3Epatite B (e D) acuta
1.4Epatite B (e D) cronica
1.5Epatite C
1.6Aderenza dei consumatori di droghe
56
56
56
57
57
58
58
Trattamento medicamentoso
ed effetti collaterali
1.7Epatite B (e D) cronica
1.8Epatite C cronica
1.9Informazioni in caso di consumo
1.10Reticenze di fronte al trattamento
dell’epatite C
59
59
61
66
1.Glossario
70
2.Schede illustrative
73
Iniezione
Disinfezione
Primi soccorsi / Medicare una ferita
«Allarme sangue!»
73
74
75
76
3. numeri di telefono E Indirizzi
77
Urgenze – profilassi post-esposizione in caso di
infezione da HIV o da virus dell’epatite
Test HIV anonimi e centri di consulenza
Centri svizzeri di epatologia
Indirizzi internet
77
77
80
80
4.Autori ed esperti 81
5.Impressum 82
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I.L’epatite
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1.Informazioni generali
Cos’è l’epatite?
1.1Riassunto
12
L’epatite
L’epatite è un’infiammazione del fegato. Viene spesso chiamata ittero ma si tratta di
un errore, poiché la colorazione giallognola della pelle è solo uno dei molti sintomi della
malattia che non si manifesta per ogni epatite e si osserva anche in caso di altre malat­
tie.
Cause dell’epatite
Nei paesi industrializzati occidentali, la causa più frequente delle epatiti è l’abuso di alcol.
La seconda causa più comune è invece l’infezione da uno o più virus specifici. Le infiam­
mazioni del fegato risultano sempre più spesso dal deposito di grassi (dovuto al sovrap­
peso) e da un’alimentazione non equilibrata. Più rari sono invece i casi di epatiti dovute
ad altri microrganismi, in particolare nelle persone con un sistema immunitario indebo­
lito. Per sopravvivere, i virus dell’epatite necessitano di cellule umane del fegato.
Forme di decorso
dell’epatite virale
L’epatite acuta segue spesso il suo decorso senza presentare sintomi apparenti. Tutta­
via, può essere accompagnata da spossatezza, nausea, vomito e dolori all’addome (più
precisamente alla parte superiore destra).
L’epatite cronica non presenta sintomi specifici (salvo allo stadio della cirrosi). Segue il
suo decorso per diversi anni e può portare ad una cirrosi; il tessuto epatico necrotizzato
è sostituito progressivamente da tessuto cicatriziale (con crescente pregiudizio delle
funzioni epatiche), da cui è possibile si sviluppi un tumore (epatocarcinoma).
Una cirrosi epatica avanzata comporta un grave disturbo delle funzioni epatiche.
Rilevamento di
un’infezione virale
Nel caso di una sospetta epatite virale, il medico curante procederà innanzitutto ad un
esame generale, in seguito ad un prelievo di sangue per rilevare determinati anticorpi,
prodotti dal sistema immunitario per reagire al virus, e/o identificare determinati com­
ponenti del virus.
Chi deve sottoporsi ad
un’analisi?
I test per l’epatite vengono solitamente effettuati in caso di manifestazione di possibi­
li sintomi della malattia, quali la colorazione giallognola della pelle, stanchezza e nau­
sea. I rischi di infezione da virus dell’epatite sono particolarmente elevati tra i consuma­
tori di droghe. Quanto prima l’infezione è diagnosticata e trattata, tanto più sono
elevate le possibilità di guarigione.
Le diverse forme
dell’epatite virale
Epatite A
Trasmissione del virus: attraverso l’ingestione di acqua o alimenti contaminati con
materia fecale; contatto con persone infette (contrazione orale); rapporti sessuali
oro-anali.
Decorso: il 50–70% delle persone adulte contagiate sviluppa i sintomi della malattia
(nausea, ittero, ...). L’epatite fulminante è rara. L’infezione non diventa mai cronica e
porta sempre all’immunità a vita: questo significa che la persona non si ammalerà più
di epatite A.
Terapia: non esiste una terapia antivirale farmacologica riconosciuta.
Vaccinazione: la vaccinazione per l’epatite A e la vaccinazione combinata per le­
epatiti A e B sono sicure ed efficaci.
Epatite B
Trasmissione del virus: attraverso sangue contaminato e secrezioni genitali (rapporti
sessuali non protetti); l’uso comune di strumenti per l’iniezione tra persone che con­
sumano droga per via endovenosa; tatuaggi o l’uso comune di lame di rasoio e di
spazzolini da denti; dalla madre contagiata alla/al neonata/o (per trasmissione san­
guigna durante il parto, percutanea – attraverso ferite della pelle – o attraverso le
mucose).
Decorso: i sintomi dell’epatite B acuta (50–70% dei casi tra le persone adulte) e l’evo­
luzione verso la forma cronica dipendono dall’età al momento dell’infezione: le infe­
zioni contratte al momento della nascita evolvono spesso verso un’infezione cronica
mentre nel caso di giovani e adulti questo avviene solo nel 5–10% dei casi. L’infezione
può quindi evolvere verso la forma cronica con un conseguente rischio di cirrosi e di
tumore al fegato. Solo una guarigione completa può garantire l’immunità. L’epatite
fulminante è rara (circa 1% dei casi).
Terapia: esiste una terapia a base di iniezioni di interferone, associata o meno a far­
maci anti-virali (pastiglie). La prescrizione e l’efficacia della terapia dipendono dallo
stato del sistema immunitario.
Vaccinazione: la vaccinazione contro l’epatite B è sicura ed efficace. Sono necessarie di
solito tre iniezioni, ma due possono bastare, in funzione dell’età della/del paziente e
del tipo di vaccino.
Epatite C
Trasmissione del virus: essenzialmente attraverso sangue contaminato per trasfu­
sioni sanguigne (effettuate prima del 1990); per contrazione percutanea (attraverso
ferite della pelle) o attraverso le mucose, come ad esempio con l’uso comune di lame
di rasoio, di spazzolini da denti o di strumenti per tatuaggi.
Decorso: l’infezione da virus dell’epatite C porta raramente ad un’epatite acuta
(10–20%); questo significa che nella maggior parte dei casi essa si manifesta senza
sintomi. Nel 70–80% delle persone subentra un’infezione cronica e, entro un periodo
di tempo tra i 5 e i 50 anni (nel 5–50% dei casi), una cirrosi epatica che, a sua volta, può
sfociare in un tumore al fegato. Dopo una guarigione spontanea o in seguito ad una
terapia, una reinfezione, ossia una nuova infezione, è possibile. Si può assistere ad
un’epatite fulminante, ossia un decorso rapido fino alla perdita delle funzioni epati­
che, in caso di coinfezione con l’epatite A e l’epatite B. Queste ultime possono tutta­
via essere evitate grazie alle rispettive vaccinazioni.
Terapia: la terapia antivirale attualmente riconosciuta associa l’interferone (iniezioni
sottocutanee) e un farmaco, la Ribavirina (pastiglie). Il tasso di guarigione varia se­
condo il genotipo del virus: dal 50 al 90%.
Vaccinazione: non esiste alcuna vaccinazione.
Epatite D
Questo virus può riprodursi soltanto utilizzando il capside del virus dell’epatite B. Per que­
sto è possibile ammalarsi di epatite D solo se si è contemporaneamente contratto il virus
dell’epatite B. L’infezione può contrarsi, come nel caso dell’epatite A, per via oro-fecale,
essenzialmente attraverso alimenti e acqua potabile contaminati.
Epatite E
In Svizzera questa infezione è rara. Nei paesi industrializzati colpisce generalmente solo
le persone che hanno viaggiato in regioni a rischio (Asia, Africa). L’agente patogeno è il
13
virus dell’epatite E che si comporta analogamente a quello dell’epatite A e compor­
ta patologie simili. È trasmesso per via oro-fecale e può giungere ad un’infezione
acuta che non diventa tuttavia mai cronica.
Tabella riassuntiva
Trasmissione
Epatite A
Epatite B
Epatite C
Epatite D
orale
attraverso la cute
o le mucose
sangue contamina­
to, rapporti sessuali
non protetti, dalla
madre contagiata
alla/al neonata/o
attraverso la cute
o le mucose
sangue contamina­
to
attraverso la cute orale
o le mucose
come l’epatite A
come l’epatite B;
solo in presenza di
un’epatite B (coin­
fezione o superinfe­
zione)*
contaminazione di
acqua, alimenti e
persone con
materia fecale
Epatite E
Periodo di
incubazione
15–50 giorni
1–6 mesi
50 giorni – 6 mesi
1–6 mesi
15–50 giorni
Decorso
50–70% dei casi
sviluppa i sintomi
(nausea, ...)
varia in funzione
dell’età
per lo più senza sin­
tomi, tuttavia con
possibile evoluzione
verso la cirrosi e il
cancro al fegato
come l’epatite B
come l’epatite A;
nel caso di gestanti
può avere un decor­
so grave
Epatite acuta
sì
sì (nel 50–70% delle
infezioni contratte
in età adulta)
rara (5–10% dei casi) sì
Epatite cronica
mai
sì (70–80% dei casi)
sì (nel 5–10% delle
infezioni contratte
in età adulta, 90% in
caso di infezione
contratta alla na­
scita)
sì
mai
Reinfezione
no
no
sì
no
no
Vaccinazione
sì (2 iniezioni per
una protezione di
lunga durata)
sì (3 iniezioni per gli
adulti, 2 per i giova­
ni; protegge anche
contro l’epatite D)
no
sì (il vaccino contro sì
l’epatite B protegge
anche dall’epatite
D)
Terapia
no
interferone e altri
farmaci antivirali
efficacia variabile
(<50%)
interferone e Riba­
virina
(efficacia: 50–90%)
no
interferone e altri
farmaci antivirali
(terapia poco effica­
ce)
sì
* È possibile un’infezione contemporanea da entrambi i virus, oppure una persona che ha già contratto l’epatite B può essere
contagiata in un secondo tempo anche dall’epatite D.
Coinfezioni
14
Si parla di coinfezione quando più agenti patogeni sono attivi contemporaneamente.
Per coinfezione da HIV/HBV (e/o da HIV/HCV, e/o da HIV/HBV/HDV), si intende che una
persona è affetta sia dall’HIV sia dall’HBV e/o dall’HCV e/o dall’HDV. Si tratta di situazio­
ni che si verificano spesso, dato che l’HIV e alcuni virus dell’epatite si trasmettono per vie
simili. Si parla di coinfezioni anche quando si presentano infezioni da almeno due agen­
ti patogeni dell’epatite, ad esempio il virus dell’epatite B e il virus dell’epatite C (HBV/
HCV).
1.2 Funzione epatica
Il fegato è il più grande organo interno del corpo umano. È situato nel quadrante supe­
riore destro dell’addome, appena sotto il diaframma. È composto da un lobo epatico
sinistro e da un lobo epatico destro e pesa all’incirca 1.5–2 kg.
I problemi di fegato passano sovente inosservati, poiché questo organo è insensibile al
dolore. La membrana che lo avvolge, invece, è innervata. Nel caso di un ingrossamento,
ad esempio a causa di un’infiammazione, può subentrare un dolore dovuto alla tensio­
ne.
Il fegato è un organo doppiamente vascolarizzato. Malgrado costituisca solo il 4% della
massa corporea, è percorso dal 28% del flusso sanguigno e utilizza circa il 20% dell’ap­
porto totale di ossigeno del corpo. La circolazione proviene dai vasi che trasportano il
sangue dall’intestino e dalle arterie della circolazione generale. Dopo essere passato dal
fegato, il sangue torna nell’apparato circolatorio da dove, a partire dal cuore, viene ridi­
stribuito in tutto il corpo.
Il fegato è coinvolto in numerosi processi di trasformazione. Ad esempio, metabolizza
alcuni componenti degli alimenti (come lipidi, proteine e zuccheri) ed immagazzina im­
portanti sostanze come zuccheri, vitamine, oligoelementi e sostanze minerali.
Il fegato produce fattori di coagulazione, enzimi, ormoni e proteine, tra le quali si trova
anche l’albumina, molto importante per la regolazione della pressione osmotica ed il
trasporto delle sostanze insolubili nel plasma. Esso metabolizza inoltre la bile che,
nell’intestino, svolge un ruolo importante per digerire ed assimilare determinati ele­
menti nutritivi (soprattutto i lipidi).
Elimina le tossine (ad esempio, l’alcol) e purifica l’organismo scomponendo sostanze (ad
esempio, i medicamenti), permettendo di secernerle attraverso l’urina o la bile.
Quando è in buona salute, il fegato ha inoltre la particolare capacità di rigenerare rapi­
damente le sue cellule danneggiate o distrutte.
1.3 Cosa significa «epatite»?
«Epatite» deriva dal termine greco hêpar che significa fegato. Quando un tessuto o un
organo è infiammato, si aggiunge alla sua denominazione (che per lo più deriva dal lati­
no o dal greco) il suffisso -ite. L’infiammazione del fegato diventa quindi epatite. Questo
termine designa varie forme di infiammazione del fegato e non fornisce alcuna infor­
mazione sulla ragione dell’infiammazione. L’epatite è sovente chiamata ittero, ma a
torto, poiché la colorazione giallognola della pelle è solo uno dei molti sintomi possibili,
non si manifesta in tutti i casi di epatite ed appare anche in altre malattie.
Alcune nozioni mediche
Infezione acuta: infezione del corpo da microrganismi, con o senza sintomi.
Epatite acuta: infezione del fegato da microrganismi, con o senza sintomi.
Infezione cronica: stato che segue un’infezione, quando il microrganismo resta nel
corpo (per più di 6 mesi); con o senza sintomi.
Epatite cronica: stato che segue un’epatite acuta, quando il microrganismo resta nel
fegato; con o senza sintomi.
15
1.4 Cause delle epatiti
Nei paesi industrializzati occidentali le epatiti sono dovute soprattutto ad un consumo
eccessivo di alcol. Quest’ultimo, infatti, è essenzialmente eliminato dal fegato, sul qua­
le ha pertanto un effetto tossico diretto. I valori soglia oltre ai quali il fegato subisce un
danno si situano, nel caso di consumo regolare, per gli uomini tra i 40–60 g e per le don­
ne attorno ai 20 g di alcol puro al giorno (un bicchiere - 3 dl di birra, 1 dl di vino, 2 cl di
superalcolici – contiene in media 10 g di alcol puro).
La seconda causa più frequente dell’epatite sono le infezioni da virus specifici.
Nei paesi industrializzati, le infiammazioni del fegato sono causate sempre più frequen­
temente da fattori che non riguardano il consumo di alcol. I principali fattori di rischio
sono costituiti dal sovrappeso e da un tasso di colesterolo elevato, dovuti ad una scor­
retta alimentazione.
Più rare sono invece le epatiti che derivano dall’infezione da altri microrganismi, soprat­
tutto quando il sistema immunitario è già indebolito. È il caso, ad esempio, del citome­
galovirus (CMV), del virus di Epstein-Barr (EBV, agente patogeno della mononucleosi in­
fettiva), del virus della varicella e dell’herpes zoster (VZV) e del virus dell’herpes simplex
(HSV).
In questi casi, l’infiammazione del fegato è per lo più accompagnata da quella di altri
organi. Questa combinazione può costituire un pericolo nelle persone il cui sistema im­
munitario è indebolito (ad esempio, nel caso di persone che hanno contratto l’HIV).
Agenti patogeni come il virus della febbre gialla o quello dell’Ebola non sono diffusi alle
nostre latitudini; possono però essere contratti durante viaggi nei paesi in cui queste
malattie sono endemiche (Repubblica Democratica del Congo, Congo-Brazzaville, Su­
dan, Gabon, Costa d’Avorio o Uganda) ed assumere quindi una certa rilevanza.
Anche infiammazioni di origine batterica come la brucellosi (trasmissibile attraverso il
latte), la leptospirosi (trasmissibile attraverso l’urina dei topi) ed il tifo possono sfociare
in un’epatite.
Infine, l’epatite può essere pure provocata da parassiti (organismi monocellulari). An­
che in questo caso, di solito, vengono colpiti altri organi.
In casi rari, le epatiti possono essere una conseguenza degli effetti collaterali di alcuni
farmaci, di disturbi del metabolismo del ferro e del rame, o di processi autoimmuni.
Questi ultimi indicano in generale le malattie in occasione delle quali il sistema immuni­
tario reagisce improvvisamente ed arbitrariamente cercando di distruggere cellule
dell’organismo cui appartiene.
Questo manuale si occupa principalmente delle epatiti di origine virale.
1.5 Decorsi
16
Nel caso di infiammazioni virali del fegato bisogna sostanzialmente distinguere tra infezioni acute ed infezioni croniche.
L’epatite acuta passa sovente inosservata (forma asintomatica) o è accompagnata da
spossatezza, nausea, vomito, perdita di peso e dolori alla parte superiore destra dell’ad­
dome. Talvolta può insorgere uno stato febbrile. In un terzo dei casi può svilupparsi,
dopo all’incirca una settimana, un ittero, ossia una colorazione giallognola della sclera,
la parte bianca degli occhi (subicterus), e della pelle (icterus). Questi disturbi scompaiono
per lo più dopo un periodo di tempo compreso tra le 2 e le 6 settimane. Raramente si
giunge ad un grave pregiudizio delle funzioni epatiche con esito letale, ossia al così detto
«decorso fulminante». La colorazione giallognola della pelle è dovuta ad uno squilibrio
nell’eliminazione della bilirubina. Quest’ultima è un normale prodotto della degrada­
zione dell’emoglobina (il pigmento responsabile della colorazione rossa del sangue): il
fegato la evacua nelle feci attraverso la bile. Quando questo processo è disturbato, la
bilirubina viene in parte immagazzinata nei tessuti e si rende parzialmente visibile nella
sclera e nella pelle. Una parte viene invece secreta attraverso i reni. In questo caso l’uri­
na diventa marrone. Le feci, al contrario, si schiariscono: la bilirubina è infatti all’origine
della loro colorazione normale. Anche l’assimilazione dei grassi da parte delle cellule
dello stomaco viene disturbata, poiché vengono a mancare gli acidi biliari, componenti
importanti della bile. Questa disfunzione può causare diarrea.
Paradossalmente, in questa fase le persone colpite si sentono spesso meglio rispetto
all’inizio dell’infezione, malgrado abbiano un aspetto malato. Durante questo periodo,
anche il rischio di contagio è inferiore; questo è strettamente legato alla quantità di vi­
rus nel sangue o nelle feci.
L’epatite cronica (> 6 mesi) persiste per anni e può portare ad una cirrosi epatica; il fega­
to produce tessuto cicatriziale per sostituire i tessuti morti (con crescente pregiudizio
delle sue funzioni) o forma un tumore (epatocarcinoma).
Solo alcune infiammazioni acute del fegato sfociano in un’infezione cronica. Questo
dipende principalmente dal tipo di virus all’origine dell’infezione acuta (nelle persone
adulte si registra ad esempio una cronicità del 5–10% nel caso dell’epatite B e del 70–80%
nel caso dell’epatite C).
Decorsi cronici con eventuali conseguenze ritardate si verificano nel caso di infezioni con
virus dell’epatite B, C e D. In questo caso è molto importante evitare il più possibile in­
flussi negativi supplementari, come l’ingestione eccessiva di farmaci nocivi per il fegato
(ad esempio, il paracetamolo = Panadol) o di alcol.
Non sempre le sensazioni della/del paziente, i risultati del prelievo di sangue e lo stato
dei tessuti convergono. Nel caso, ad esempio, di epatite C cronica si può a volte rilevare
un’elevata concentrazione virale (➞ capitolo I.2.4), senza che l’esame dei tessuti prele­
vati mediante biopsia tradisca un’infezione importante del fegato. In altri casi è possi­
bile che le sensazioni della/del paziente e i risultati del prelievo di sangue siano soddisfa­
centi, mentre la cirrosi si aggrava.
Una cirrosi epatica avanzata comporta un grave pregiudizio delle funzioni del fegato e
diversi sintomi. Oltre ad una perdurante stanchezza, ad un calo di vitalità e ad una sen­
sazione di pressione e di gonfiore dell’epigastrio ed eventualmente anche ad un genera­
le prurito cutaneo, possono insorgere i seguenti sintomi:
Diminuzione della massa muscolare.
Apparizione di piccoli vasi sanguigni a forma di ragno (angioma stellare, spider naevi)
sotto la pelle, soprattutto sul torace.
Arrossamento dei palmi delle mani e delle piante dei piedi (eritema palmare e planta­
re).
Colorazione giallognola della pelle.
Femminilizzazione degli uomini. Nelle ghiandole surrenali gli uomini sintetizzano
quantità modiche di estrogeni (ormoni sessuali femminili) che, in un fegato sano,
sono rapidamente decomposti. In un fegato cirrotico che ha sviluppato tessuti cica­
triziali, questo processo è ostacolato; gradualmente si accumulano considerevoli
quantità di ormoni femminili che diventano efficaci, provocando uno sviluppo delle
ghiandole mammarie (ginecomastia), una degenerazione dei testicoli (atrofia testi­
17
colare) ed una diminuzione della villosità (alopecia). A volte possono insorgere distur­
bi dell’erezione (impotentia coeundi) e sterilità (impotentia generandi).
Disturbi del ciclo per le donne, che possono giungere fino ad una completa cessazione
delle mestruazioni (amenorrea).
«Ventre gonfio» (ascite). Siccome il flusso del sangue dalla vena porta attraverso il
fegato è fortemente ostacolato a causa dell’infiammazione e dei cambiamenti subiti
dal tessuto epatico (cirrosi), in questa zona si verifica un aumento della pressione
(ipertensione portale) che provoca un versamento di liquidi nella cavità addominale
(trasudazione). Questo processo viene favorito dalla carenza di determinate proteine
del sangue (l’albumina che, di norma, è sintetizzata in misura sufficiente da un fegato
sano). I meccanismi di regolazione ormonale tendono a sostituire i liquidi filtrati nel
sistema vascolare e mantengono l’ipertensione portale, instaurando un circolo vizio­
so. Alcuni medicamenti possono ridurre leggermente la tensione portale (determi­
nati betabloccanti e nitrati).
«Circolazione collaterale»: piccoli vasi sanguigni collegano la vena porta alla vena cava
superiore passando sotto la mucosa dell’esofago. In caso di ipertensione portale si
dilatano, provocando la formazione di varici esofagee che, se si rompono, possono
provocare emorragie letali.
Disturbi della coagulazione del sangue: il fegato malato è nell’incapacità di produrre
una quantità di fattori coagulanti sufficiente. Inoltre, l’ipertensione portale provoca
l’ingrossamento della milza con una conseguente crescente carenza di piastrine
(splenomegalia). La mancanza di fattori di coagulazione e di piastrine innalzano il ri­
schio di emorragie.
Encefalopatia epatica (malattia del cervello). Alcune persone affette da ipertensione
portale soffrono anche di disturbi psichici, poiché sviluppano la così detta encefalopa­
tia epatica. All’origine di questa patologia si trovano le sostanze tossiche assimilate
dalle cellule dello stomaco che non possono più essere trasformate dal fegato malato
oppure che finiscono direttamente nella circolazione dalla vena porta attraverso la
circolazione collaterale. L’ammoniaca, che si forma solitamente nello stomaco come
conseguenza della scomposizione di proteine da parte dei batteri gastrici, svolge un
ruolo fondamentale nell’emergenza di un’encefalopatia epatica, poiché il fegato non
riesce più a trasformarla in urea. Fonte di altri disturbi, l’eccesso di ammoniaca è an­
che all’origine dell’aumento della permeabilità dei vasi cerebrali, dai quali filtrano li­
quidi sanguigni nel tessuto del cervello. Questo processo è la principale causa di morte
improvvisa in seguito ad un collasso delle funzioni epatiche, mentre, in un decorso
cronico, porta alla morte progressiva di cellule nervose (atrofia cerebrale), con distur­
bi di rilevanza sempre maggiore: stato di eccitabilità, disorientamento, disturbi della
memoria e della concentrazione, disturbi del sonno, disturbi della motricità fine. Que­
sti ultimi si manifestano sovente a livello della scrittura, della locuzione, della motili­
tà, attraverso movimenti oculari abnormi e assenza di riflessi oculari normali. La te­
rapia di un’encefalopatia epatica, pertanto, mira innanzitutto a combattere
l’accumulo di ammoniaca. Ciò è possibile riducendo l’apporto di proteine, favorendo
una regolare evacuazione dello stomaco (ad esempio con lattulosio) e abbassando la
presenza di batteri gastrici mediante antibiotici. In caso di decorso cronico, è possibile
riscontrare qualche miglioramento; a lungo termine, la prognosi è tuttavia prevalen­
temente sfavorevole.
18
Le cinque diverse forme di epatite virale
1.6Virus dell’epatite
Di norma, i virus si attaccano solo a determinate cellule ospiti che devono presentare
una superficie tale da consentire il loro aggancio. Nel caso dei virus dell’epatite, le cellu­
le ospiti sono quelle del fegato umano. In esse si trova una sorta di serratura alla quale i
virus si adattano come delle chiavi.
Durante l’infezione, il patrimonio genetico del virus si immette nella cellula epatica, la
modifica e la «costringe» a produrre nuovi virus. A tutt’oggi non è ancora completa­
mente chiaro come funzioni il meccanismo di distruzione delle cellule epatiche da parte
degli agenti patogeni. Attualmente si conoscono abbastanza bene i virus dell’epatite A,
B, C, D e E. Questi si differenziano sotto molteplici aspetti, ad esempio la struttura ge­
netica, le vie di trasmissione, la pericolosità o le possibili terapie.
1.7Epatite A
Trasmissione del virus
Il virus dell’epatite A si trasmette per via oro-fecale. Ciò significa che il virus si trova nel­
le feci delle persone contagiate e che è possibile contrarlo per via orale, sia direttamen­
te, ad esempio attraverso pratiche sessuali oro-anali, sia attraverso alimenti, bevande
o oggetti contaminati (condivisione di giocattoli erotici, di spinelli). Durante il periodo di
incubazione (lasso di tempo tra l’infezione e la manifestazione della malattia), il virus è
rilevabile, per un breve momento, anche nel sangue. In rari casi, è pertanto possibile
una trasmissione per via sanguigna. La persona infetta è contagiosa a partire dalla se­
conda metà del periodo di incubazione (dunque già prima che la malattia si manifesti)
fino ad una settimana dopo l’apparizione dei primi sintomi.
Oggi il contagio avviene per lo più durante viaggi in paesi dove sussistono condizioni
igieniche precarie. Per questo motivo, nel caso dell’epatite A si parla anche di «epatite
da viaggio».
Decorso
Il periodo di incubazione si situa tra i 15 e i 50 giorni (in media tra i 25 e i 30). L’infezione
nel caso di bambini piccoli ha un decorso per lo più asintomatico (meno del 5% dei casi si
sviluppa in un’epatite acuta), mentre le persone adulte sviluppano sintomi nel 50–70%
dei casi (nausea, ...). Un’epatite fulminante, ossia un decorso rapido fino alla perdita
delle funzioni epatiche, è rara (0,1%); se combinata con un’altra forma di epatite può
tuttavia essere più frequente.
L’infezione non diventa mai cronica e comporta un’immunità a vita.
Diagnosi
Il rilevamento di anticorpi contro il virus dell’epatite A permette di distinguere tra un’in­
fezione recente (rilevamento di immunoglobulina M; IgM) e l’immunità dovuta ad
un’infezione guarita o ad una vaccinazione (rilevamento di immunoglobulina G; IgG).
Gli anticorpi IgM possono essere rilevati 5–10 giorni dopo l’infezione (prima dunque
dello sviluppo di sintomi) e restano nel corpo per 4–6 mesi.
Dati epidemiologici
Sulla base delle segnalazioni pervenute all’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), è
possibile affermare che fino al 2000 si sono verificati 250–350 casi di epatite A acuta
all’anno. A partire dal 2001, i casi sono scesi al di sotto dei 200 all’anno. Siccome solo
19
una parte delle persone contagiate sviluppa una forma acuta, il numero di nuove infe­
zioni per anno è da considerarsi da 2 a 4 volte maggiore del numero di casi di epatite A
acuta registrati. In passato, tra le persone più colpite si trovavano le/i consumatrici/
consumatori di droghe per via endovenosa; il loro numero è ora lievemente diminuito.
Oggi, la categoria più colpita è costituita da viaggiatori in paesi ad alto rischio (Asia,
Africa, America centrale e meridionale).
Terapia
Non esiste una terapia antivirale farmacologica riconosciuta.
Vaccinazione
Le persone vaccinate (2 dosi per la vaccinazione contro l’epatite A; 3 dosi per la vaccina­
zione combinata contro le epatiti A e B) sono protette in modo sicuro per anni, proba­
bilmente anche per decenni. La vaccinazione contro l’epatite A, introdotta nel 1992, e la
vaccinazione combinata contro le epatiti A e B, introdotta nel 1997, si sono dimostrate
molto efficaci ed affidabili. Nel caso delle persone che consumano droga si deve vaccina­
re soltanto chi è negativo al test di rilevamento degli anticorpi contro il virus dell’epatite
A. Questo vale anche per il personale che lavora a stretto contatto con i consumatori di
droghe. Oltre alla vaccinazione – denominata anche immunizzazione attiva – esiste
l’immunizzazione passiva, per la quale viene iniettato del siero (immunoglobulina) che
contiene anticorpi protettivi. L’effetto dura però soltanto pochi mesi. Nell’85% dei casi,
la somministrazione di immunoglobulina entro 2 settimane dal contatto con una per­
sona infetta può evitare il manifestarsi della malattia. La vaccinazione entro i 7 giorni
che seguono l’esposizione ha un’efficacia comparabile e viene attualmente preferita
all’iniezione di immunoglobuline.
Misure igieniche
Il rischio emerge soprattutto nel caso di viaggi a destinazione dei paesi menzionati pre­
cedentemente. Sul posto sarà pertanto indispensabile evitare il contatto con acqua
contaminata ed escrementi infetti. Si raccomanda quindi di consumare unicamente
bevande in lattina o in bottiglia, di rinunciare a cubetti di ghiaccio e gelati, di mangiare
solo frutta sbucciata di persona, di fare attenzione nel caso di insalate e frutti di mare.
È essenziale lavarsi le mani con il sapone e più accuratamente che a casa propria, in par­
ticolare dopo aver utilizzato i servizi igienici. Il virus può sopravvivere a lungo. Gli ogget­
ti e gli alimenti potenzialmente contaminati vanno disinfettati in acqua bollente (20
minuti in acqua a 85–90° o 90 secondi al vapore per gli oggetti; 4 minuti a 85–90° per gli
alimenti).
1.8Epatite B
Trasmissione del virus
20
Il virus dell’epatite B si trasmette attraverso sangue e secrezioni genitali (sperma e se­
crezioni vaginali) contaminati, soprattutto in caso di rapporti sessuali non protetti
(oro-genitali e anali), di uso comune di strumenti per l’iniezione con persone che consu­
mano droga per via endovenosa, di tatuaggi e di uso comune di lame di rasoio e di spaz­
zolini da denti. È possibile anche il passaggio dalla madre contagiata alla/al neonata/o.
Non sussiste più invece alcun pericolo nel caso di trasfusioni, visto che da decenni il san­
gue raccolto viene sottoposto a test in grado di rilevare la presenza del virus dell’epatite
B (antigeni HBs).
L’infezione da HBV presuppone che il sangue o le secrezioni genitali di una persona con­
tagiata penetrino nella circolazione sanguigna attraverso la pelle o le mucose (ad esem­
pio, per iniezione, attraverso una ferita o in seguito a contatti sessuali non protetti).
Una persona infetta è contagiosa già diverse settimane prima dell’insorgere dei sintomi
e lo resta durante tutta la durata della malattia. In caso di infezione cronica, il rischio di
trasmissione è più importante quando la viremia (moltiplicazione virale) è elevata: è il
caso delle epatiti B croniche con antigene HBe positivo. La persona è meno contagiosa
se positiva agli anticorpi HBe.
Decorso
Il periodo di incubazione si situa tra 1 e 6 mesi (in media 60–90 giorni). A dipendenza
dell’età, l’infezione comporta una sintomatologia acuta, dal grado di cronicità e dalle
conseguenze molto diverse.
Nel caso di neonate/i (trasmissione attraverso la madre) e bambine/i piccole/i, l’infezio­
ne non ha praticamente più un’evoluzione acuta; diventa tuttavia cronica nel 70–90%
dei casi. Nelle persone giovani e adulte, l’infezione porta ad un’epatite acuta nel 20–50%
dei casi e nel 5–10% diventa cronica (a dipendenza se si è verificata o meno un’evoluzio­
ne acuta). Se l’infezione dura più di 5 anni, nel 10–40% dei casi l’epatite cronica sfocia in
una cirrosi con il rischio che si possa in seguito manifestare un tumore al fegato.
Diagnosi
Esistono diverse analisi di laboratorio per il rilevamento di anticorpi, di proteine del virus
(principalmente quelle del capside, antigeni HBs) e del patrimonio genetico virale. È pos­
sibile distinguere tra infezione recente, infezione cronica e immunità. È possibile anche
stabilire se l’immunità sia stata provocata da una vaccinazione o dalla malattia. Il test
degli antigeni HBs può rilevare un’infezione a partire da 2 settimane dopo il contagio. Di
regola sono però necessarie da 5 a 9 settimane. Questo significa che l’infezione può es­
sere individuata prima dell’inizio dei sintomi; in casi rari, è possibile solo 6–9 mesi dopo.
Dati epidemiologici
Sulla base delle segnalazioni giunte all’UFSP è possibile affermare che tra il 1988 e il 1995
si sono verificati 350–500 casi di epatite B acuta all’anno. Tra gli anni 1996–2000, circa
200–250 casi annui sono stati recensiti. A partire dal 2000 si è scesi sotto i 200 casi
all’anno, di cui all’incirca il 70% sono persone di sesso maschile, per lo più tra i 25 e i 29
anni. Siccome un’evoluzione acuta ha luogo solo per una parte delle persone contagia­
te, si suppone che il numero di nuove infezioni sia sensibilmente maggiore (4–10 volte)
rispetto al numero di segnalazioni pervenute: si stima quindi che esso si situi tra 500 e
1000 casi annui.
Mentre in passato i casi di epatite B erano registrati soprattutto tra le persone che con­
sumano droga per via endovenosa, a costituire la maggiore fonte di contagio sono ora
i rapporti sessuali non protetti (eterosessuali e omosessuali). A questo proposito, si
noti che per contrarre un’infezione basta un solo rapporto sessuale. Si valuta che in
Svizzera all’incirca 20 000 persone (1 persona su 200–400 abitanti) vivano con un’epatite
B cronica; gran parte di loro non presenta sintomi apparenti. Alcune soffrono tuttavia
di cirrosi epatica o di un tumore al fegato.
Terapia
Esiste una terapia antivirale a base di interferone pegilato (iniezioni sottocutanee, una
volta alla settimana, per una durata di un anno) e a base di farmaci antivirali per via
orale. La prescrizione della terapia deve essere valutata da uno specialista (infettivolo­
go, gastroenterologo, epatologo o internista). Il trattamento richiede uno stretto mo­
nitoraggio da parte del medico. La probabilità di una guarigione completa è nettamen­
te inferiore rispetto all’epatite C: il tasso si situa intorno al 20–30%.
Nei casi in cui la guarigione completa non è raggiunta, si tenta di ridurre il tasso di viremia
nel sangue. Il processo infiammatorio ed i relativi danni del fegato possono quindi essere
arrestati. Questo scopo terapeutico è raggiunto praticamente nel 100% dei pazienti.
21
Esistono pazienti nei quali è possibile rilevare il virus dell’epatite B senza tuttavia che
manifestino alcun segno di un processo infiammatorio del fegato. Questi pazienti non
hanno dunque un’epatite B cronica ma sono considerati portatori inattivi dell’antigene
positivo dell’epatite B (HBsAg+). Generalmente, essi non seguono un trattamento me­
dicamentoso.
Grazie ai trapianti di fegato, consentiti però solo in determinati casi, esistono ora pos­
sibilità di guarigione anche nel caso di cirrosi epatiche avanzate.
22
Vaccinazione
La vaccinazione contro l’epatite B è altamente efficace e sicura (3 iniezioni per bambine/i
e adulti; 2 iniezioni per le/gli adolescenti con un dosaggio per persone adulte; 2 iniezioni
anche per le/i bambine/i con vaccino combinato A e B).
In Svizzera, la vaccinazione è raccomandata dal 1982 per tutte le persone a rischio e dal
1998 per tutte le/i giovani dagli 11 ai 15 anni.
Le persone che consumano droga dovrebbero sempre essere persuase a vaccinarsi. Tut­
tavia, siccome esse interrompono sovente consulti e trattamenti, è consigliabile som­
ministrare loro una dose di vaccinazione già alla prima visita, ancor prima di disporre dei
risultati di laboratorio. Anche se la sierologia dovesse risultare positiva, una prima vac­
cinazione non è dannosa. Meglio una vaccinazione di troppo che una di meno. Se il test
di depistaggio degli anticorpi HBc è positivo, la persona è già infetta e la vaccinazione
non è dunque necessaria. Si consiglia tuttavia di completare le analisi.
Anche il personale in contatto con consumatori di droghe dovrebbe farsi vaccinare con­
tro l’epatite B. Esistono vaccini combinati, ad esempio contro l’epatite A e l’epatite B,
ma anche vaccini combinati contro l’epatite B ed altri agenti patogeni. La somministra­
zione del vaccino e delle immunoglobuline (vaccinazione passiva e attiva) entro 24–48
ore dal contatto con sangue infetto può proteggere dalla malattia (➞ capitolo II.1.7).
Controllo delle donazioni
di sangue
Dal 1980, in Svizzera, tutte le donazioni di sangue vengono sottoposte a test per rileva­
re l’eventuale presenza di antigeni HBs. Da allora non si sono praticamente più verifica­
te infezioni dovute a trasfusioni. Il rischio residuo si situa attorno a 1:300 000, dovuto
alla così detta «finestra diagnostica» o «finestra immunologica», ossia il lasso di tempo
(alcuni giorni) che intercorre dall’infezione da HBV al momento in cui l’antigene HBs è
rintracciabile. In questo periodo, l’infezione non è ancora rintracciabile e può quindi es­
sere trasmessa, in casi rarissimi, mediante trasfusione.
Controlli per le gestanti
In Svizzera, il depistaggio mirato è consigliato dal 1985. Si raccomanda invece di sotto­
porre tutte le gestanti ai test per rilevare la presenza di antigeni HBs dal 1996. In caso di
infezione della madre, occorre vaccinare ed immunizzare passivamente le/i neonate/i
immediatamente dopo il parto.
Misure igieniche
Osservare attentamente le regole del sesso sicuro (come per la prevenzione di infezioni
da HIV); evitare le siringhe potenzialmente infette (scambio, uso in comune, sterilizza­
zione insufficiente) e le ferite con oggetti taglienti o acuminati. Queste misure valgono
in particolare nel caso di consumo di droga, ma anche di tatuaggi, piercing e iniezioni
eseguite in condizioni igieniche precarie.
Il virus può sopravvivere nell’ambiente a temperature normali per almeno una setti­
mana. Gli oggetti potenzialmente contaminati devono pertanto essere lavati con cura
e non devono essere utilizzati in comune, in particolare se vi è un pericolo di ferimento
(nel caso di oggetti acuminati o taglienti, rasoi, lime per le unghie, strumenti per la cura
delle mani, spazzolini da denti, ...).
1.9Epatite C
Trasmissione del virus
Il virus dell’epatite C viene per lo più trasmesso tramite sangue contaminato che pene­
tra attraverso una ferita della pelle o delle mucose. Nella maggior parte dei casi, il con­
tagio si verifica attraverso l’uso comune di strumenti per l’iniezione nel caso di consumo
di droga per endovena. Più raramente, anche in occasione di tatuaggi o di uso in comu­
ne di rasoi e spazzolini. La trasmissione sessuale è possibile in caso di ferite. Analoga­
mente, la trasmissione del virus dalla madre contagiata alla/al neonata/o si verifica in
caso di contatto sanguigno (probabilità di circa il 5%). In Svizzera, inoltre, non si registra
praticamente più alcuna infezione dovuta a trasfusione di sangue contaminato. Nei
paesi in via di sviluppo il rischio è invece nettamente maggiore. Il contagio è possibile da
una a più settimane precedenti l’apparizione della malattia; il rischio persiste per una
durata indeterminata nella maggioranza delle persone infette e non trattate.
Controllo delle donazioni
di sangue
Nel 1990 è stato introdotto in Svizzera il controllo della presenza di anticorpi HCV per
tutte le donazioni di sangue e per tutti gli emoderivati, e nel 1999 il depistaggio di geno­
ma virale mediante la reazione a catena della polimerasi (PCR). Attualmente, il rischio di
subire un contagio al momento di una trasfusione è di 1:1.4 milioni. In Svizzera, questo
equivale a circa un caso ogni 5–10 anni, dovuto ad una donazione avvenuta subito dopo
l’infezione, quando il test PCR è ancora negativo (finestra diagnostica).
Decorso
Il periodo di incubazione dura da 20 giorni a 6 mesi. L’infezione da HCV porta raramente
ad un’epatite acuta (nel 10–20% dei casi) ed evolve di solito senza sintomi. Conduce però
nel 70–80% dei casi ad un’infezione cronica. In un lasso di tempo compreso tra i 5 ed i 50
anni, nel 5–50% delle persone malate cronicamente porta ad una cirrosi, con un consi­
derevole rischio di sviluppare un tumore al fegato.
Diagnosi
Il sangue viene innanzitutto sottoposto ad un test di depistaggio degli anticorpi (screening). Un risultato positivo deve in seguito essere confermato da un metodo più mira­
to. La diagnosi può ritenersi comprovata solo se anche questo secondo test risulta po­
sitivo. Il test per rilevare la presenza di anticorpi è efficace entro 15 settimane (in media
7–8 settimane) dall’infezione o entro 6 settimane dal manifestarsi dei sintomi. Grazie
alla PCR, è possibile rilevare la presenza di genoma virale entro un periodo compreso tra
1 e 3 settimane dall’infezione, ossia ben prima di quanto non lo consenta il depistaggio
degli anticorpi. La PCR è generalmente effettuata in caso di sospetta infezione acuta o
cronica, anche se il test degli anticorpi è negativo. La PCR è di norma effettuata in caso
di sospetto di infezione cronica per confermare che l’infezione è attiva e, se occorre, per
determinare il genotipo.
Dati epidemiologici
I medici ed i laboratori sono tenuti a segnalare all’UFSP i casi di epatite C acuta. Sulla
base dei dati disponibili, è possibile affermare che dal 1992 al 2000 il numero di casi si è
stabilizzato tra i 50 e i 65 all’anno. A partire dal 2000, si è osservato un aumento a 80–90
casi, dovuto a nuovi criteri adottati per definire i casi acuti (sieroconversione documen­
tata). Nel 2002 si sono addirittura verificati 133 casi; questo aumento è legato, con ogni
probabilità, ad una campagna di sensibilizzazione che ha portato ad un aumento dell’at­
tività diagnostica. Nel 2003 i casi sono scesi a 90 e questa tendenza prosegue: nel 2006
sono stati infatti recensiti 65 casi.
Anche per l’epatite C si può presumere che il numero delle nuove infezioni sia molto più
elevato (5–10 volte) di quello dei casi acuti segnalati, dato che non tutte le persone con­
23
tagiate sviluppano dei sintomi. Si considera pertanto che il numero di nuove infezioni si
aggiri tra 300 e 1000 all’anno.
A partire dagli anni Ottanta, nuove infezioni sono state registrate soprattutto tra le
persone che consumano droga per via endovenosa (60–80%). Il 60% di queste sono uo­
mini, per lo più di un’età compresa tra i 25 e i 29 anni.
Molte persone presentano d’altra parte un’infezione cronica contratta in passato, in un
momento non ben determinato, mediante consumo di droga o trasfusione di sangue
prima dell’introduzione del depistaggio degli anticorpi (prima del 1990), e ciò comporta
circa 2500 nuove dichiarazioni all’anno.
Infezione cronica
Siccome l’infezione del virus dell’epatite C può perdurare senza manifestare sintomi
clinici per anni e anche decenni, solo all’incirca la metà delle 50 000–70 000 persone che
si stima siano contagiate è a conoscenza della propria malattia.
Terapia
La terapia farmacologica virale al momento riconosciuta consiste nella combinazione di
interferone pegilato e Ribavirina. Una guarigione è possibile nel 50–90% dei casi, se la tera­
pia è iniziata in maniera tempestiva e, ad ogni modo, prima che si sviluppi una cirrosi. Le
prospettive di guarigione dipendono in forte misura dall’aderenza alla terapia e dal tipo di
virus. I pazienti con il genotipo 1 e 4 devono, nel 50% dei casi, seguire un trattamento di 48
settimane. Nel caso del genotipo 2 e 3, la durata si riduce a 24 settimane ed il tasso di gua­
rigione si aggira intorno all’85%. I principali effetti collaterali della terapia sono stanchezza,
febbre, dolori muscolari e articolari, modifiche dei valori sanguigni e stati depressivi. Il trat­
tamento deve quindi essere strettamente monitorato. Come per l’epatite B, il trapianto
del fegato deve essere preso in considerazione in caso di perdita delle funzioni epatiche in
fase avanzata. Questo intervento si effettua generalmente in un centro universitario.
Attualmente anche il trapianto epatico permette di ottenere buoni risultati nel caso di
cirrosi avanzata, ma non in tutte/tutti le/i pazienti.
Vaccinazione
Non esiste nessun vaccino specifico per l’epatite C e non è neppure probabile, per quan­
to possibile prevedere, che ne venga sviluppato uno nei prossimi anni.
Misure igieniche
Evitare il contatto con oggetti che potrebbero essere contaminati (siringhe, aghi, cuc­
chiai, filtri, acqua) e che vengono impiegati in comune durante il consumo di droga,
oppure il contatto in generale con oggetti taglienti o acuminati. Ciò vale in particolare
nel caso di consumo di droga, ma anche di tatuaggi, piercing e iniezioni eseguite in con­
dizioni igieniche precarie.
Una delle misure più importanti che andrebbero osservate è fare in modo che le perso­
ne che consumano droga abbiano a disposizione una quantità sufficiente di strumenti
sterili per le loro iniezioni e che possano ottenerli gratuitamente e anonimamente 24
ore su 24. Sono ad ogni modo necessarie rigorose misure d’igiene supplementari.
La durata di vita del virus dell’epatite C nell’ambiente non è ancora conosciuta. Per que­
sto motivo, in caso di dubbio, qualsiasi oggetto deve essere considerato contaminato e
trattato di conseguenza (➞ capitolo II.2).
1.10Epatite D
24
Il virus dell’epatite D può propagarsi soltanto sfruttando il capside del virus dell’epatite
B. L’epatite D, pertanto, insorge solo in presenza di un’infezione da virus dell’epatite B.
Può comportare un’infezione più acuta o aggravare considerevolmente lo stato di salu­
te. In Svizzera, l’epatite D è rara. Tuttavia, in caso di coinfezione, assume un ruolo im­
portante. Il periodo di incubazione si situa tra 1 e 6 mesi. La vaccinazione contro l’epati­
te B protegge anche dall’epatite D.
1.11Epatite E
Il virus dell’epatite E si manifesta principalmente nel maiale. Esso si comporta in manie­
ra analoga al virus dell’epatite A e può causare lo stesso tipo di disturbi. Viene trasmes­
so per via oro-fecale. L’infezione può avere un’evoluzione acuta, senza diventare mai
cronica e può comportare delle gravi conseguenze nelle gestanti. Il periodo di incubazio­
ne varia tra le 2 e le 8 settimane.
Negli ultimi anni – in particolare nei paesi con standard igienici precari – si sono verifica­
te a livello mondiale epidemie con migliaia di malati. In Svizzera, non è obbligatorio di­
chiarare i casi di epatite E, che finora sono molto rari. Si sta attualmente sviluppando un
vaccino che potrebbe presto essere disponibile.
Altri virus epatici
I virus conosciuti attualmente permettono di chiarire soltanto l’80–90% dei casi di epa­
tite virale acuta e cronica. La ricerca a livello mondiale è attiva per trovare la soluzione
dei casi restanti. Ogni 1–2 anni viene scoperto un nuovo virus, la cui importanza resta
tuttavia marginale.
Coinfezioni
1.12 Cosa sono le coinfezioni?
Si parla di coinfezione quando più agenti patogeni sono attivi contemporaneamente.
Per coinfezione da HIV/HBV e/o da HIV/HCV, e/o da HIV/HDV, si intende che una persona
è affetta sia dall’HIV sia dall’HBV e/o dall’HCV e/o dall’HDV. La coinfezione da HIV/HCV si
verifica spesso tra i consumatori di droghe, mentre le altre più raramente.
Fondamentalmente, tutte le malattie che comportano un indebolimento del sistema
immunitario possono influenzare negativamente il decorso di una malattia infettiva.
1.13Informazioni generali sulle coinfezioni
L’HIV è il virus dell’immunodeficienza umana, responsabile dell’Aids.
Il tasso di CD4 misura il numero di linfociti CD4 nel sangue. Nel corso di un’infezione da
HIV non trattata, il numero di linfociti CD4 diminuisce costantemente. Più il tasso di
linfociti CD4 è basso, più il sistema immunitario si indebolisce.
Un’infezione da HIV non è curabile. Con le terapie antiretrovirali può – almeno in parte e
temporaneamente – essere tenuta sotto controllo, così da evitare l’avanzamento
dell’immunodeficienza. Queste terapie hanno notevolmente migliorato la qualità e le
aspettative di vita delle persone malate di Aids. Un’infezione da HIV e le relative terapie
provocano danni epatici a lungo termine: questa è la ragione per cui le malattie del fe­
25
gato, e quindi anche quelle d’origine virale, figurano tra le cause di decesso più frequen­
ti delle persone malate di Aids.
La questione delle vaccinazioni riveste un’importanza fondamentale per le persone af­
fette da HIV. Per questo viene chiesto loro di programmare le vaccinazioni precocemen­
te, mantenendole costantemente aggiornate. Se non hanno mai contratto l’epatite A
o l’epatite B, si consiglia loro la vaccinazione attiva.
Se un’infezione da HIV è accompagnata dall’immunodeficienza, le probabilità di succes­
so delle vaccinazioni sono minori, poiché il sistema non è più in grado di produrre anti­
corpi a sufficienza. Le vaccinazioni attive contro l’epatite A e B non sono controindicate
per questo tipo di pazienti poiché si tratta di virus inattivi (vaccino contro l’epatite A) o
di frammenti di virus prodotti mediante ingegneria genetica (vaccino contro l’epatite
B). Non ci sono indizi per affermare che le vaccinazioni producano più effetti collaterali
del solito o che influiscano negativamente sul decorso dell’infezione da HIV, malgrado si
sia osservata in alcuni casi una concentrazione temporanea più elevata di questo virus
nel sangue.
Tra le persone che consumano sostanze stupefacenti, la coinfezione HIV/HCV è partico­
larmente frequente. La via di trasmissione dei virus è infatti sovente la stessa, ossia
attraverso sangue contaminato. Il 90% circa delle persone che consumano sostanze
stupefacenti e nel contempo hanno contratto l’HIV è anche portatore del virus dell’epa­
tite C. Le due infezioni si condizionano a vicenda, con effetti negativi tanto sul piano del
loro decorso quanto su quello delle possibilità di cura. Una coinfezione da HIV e da epa­
tite cronica è sovente difficile da sopportare e la sua prognosi è sfavorevole. Se l’epatite
cronica non è curata, la qualità di vita ne risente enormemente. Le malattie epatiche,
inoltre, sono una delle principali cause di decesso tra le persone colpite da HIV. È pertan­
to di primaria importanza sottoporre le persone malate di epatite C a terapia il più
presto possibile rispetto al decorso della malattia.
Le persone colpite contemporaneamente da HIV e HCV sono trattate con interferone
pegilato e Ribavirina.
Questi stessi antivirali vengono utilizzati per la terapia in caso di coinfezione HIV/HBV.
1.14Epatite A – HIV
L’epatite A non diventa cronica. In caso di coinfezione da HIV, ha un’incidenza soprat­
tutto sulle persone già colpite da un’epatite cronica (pericolo di un’evoluzione fulmi­
nante). Le vie di trasmissione dell’epatite A (essenzialmente oro-fecali), inoltre, al con­
trario di quanto vale per le epatiti B e C, non sono le stesse dell’HIV. Non esiste una
terapia per l’epatite A: l’unica misura che si possa prendere è dunque vaccinare le/i pa­
zienti colpite/i da HIV contro l’epatite A.
1.15Epatite B – HIV
26
Questa coinfezione è rara tra le persone che consumano sostanze stupefacenti, poiché
l’epatite B cronica è molto meno frequente dell’epatite C cronica. Nelle persone colpite
da HIV e che presentano uno stadio avanzato di immunodeficienza è più frequente che
un’epatite B abbia un’evoluzione cronica: succede in circa il 25% dei casi.
La progressione dell’epatite B è accelerata e meno favorevole in caso di coinfezione da
HIV; il rischio di danni al fegato è maggiore che in presenza della sola epatite. A lungo
termine, le triterapie esercitano effetti nefasti sul fegato, e ciò ancor più in caso di coin­
fezione da HBV. È pertanto molto importante tenere sotto controllo il decorso dell’epa­
tite B. Alcuni farmaci destinati alle terapie combinate contro l’HIV sono anche efficaci
contro l’HBV. Una coinfezione HIV/HBV sarà trattata con farmaci efficaci contro en­
trambi i virus (3TC, FTC, tenofovir). La lamivudina (3TC), ad esempio, è utilizzata nelle
due terapie ed in particolare nel caso di pazienti che presentano una coinfezione. En­
trambi i virus, tuttavia, sono in grado di sviluppare una resistenza a questo farmaco.
Anche il tenofovir agisce contro l’HIV e l’HBV, ma per il momento è riconosciuto solo
nelle terapie contro l’HIV. Se non sono sviluppate resistenze contro questi due farmaci,
essi sono utilizzati in primo luogo nelle terapie anti HIV e nei casi di coinfezione HIV/HBV.
Lo scopo delle due terapie (anti HIV e anti HBV) è tenere sotto controllo le infezioni; la
loro durata è quindi indeterminata. Il problema principale è lo sviluppo di resistenze, in
particolare per la terapia anti HBV. Si raccomanda alle persone sieropositive che non
hanno mai contratto un’epatite B acuta o non soffrono di epatite B cronica di farsi vac­
cinare al più presto.
1.16Epatite B/D – HIV
Il decorso dell’epatite B determina quello dell’epatite D. Di conseguenza, le persone
colpite da HIV, in particolare se presentano già un’immunodeficienza, sono soggette
con più frequenza ad evoluzioni croniche dell’epatite D. L’epatite D cronica sembra ave­
re un decorso più grave nel caso di presenza concomitante dell’HIV.
1.17Epatite C – HIV
Si tratta della coinfezione più frequente tra le persone che consumano sostanze stupe­
facenti. Non appena si presenta la possibilità, occorre trattarla al più presto. Nelle per­
sone positive all’HIV, l’epatite C cronica può essere curata con interferone pegilato e
Ribavirina. La terapia dell’epatite C nelle/nei pazienti sieropositive/i è di solito più com­
plicata a causa dello sfavorevole condizionamento reciproco delle due infezioni. Rispet­
to a quanto avviene nel caso delle persone sieronegative, nelle persone sieropositive
l’epatite C acuta provoca più spesso un colorito giallognolo della pelle e l’epatite C cro­
nica evolve più rapidamente e più frequentemente verso un’insufficienza epatica. L’im­
munodeficienza favorisce infatti la distruzione delle cellule epatiche. Nell’era delle trite­
rapie, le persone che muoiono a causa di un’infezione da HIV nei paesi industrializzati
sono sempre più rare; tra di loro, una delle cause più frequenti di decesso è oggi il collas­
so epatico dovuto ad un’epatite C cronica. D’altra parte, non si sa fino a che punto l’HCV
acceleri il decorso dell’infezione da HIV. Il tasso di successo della terapia diminuisce
quando il grado di fibrosi aumenta: è pertanto estremamente importante trattare
l’epatite C il più precocemente possibile.
A seconda del genotipo, le possibilità di successo della terapia contro l’epatite C nelle
persone che presentano una coinfezione da HIV si situano tra il 40 e l’80%: sono pertan­
to leggermente inferiori ai risultati riscossi tra le persone colpite solo da HCV.
Le persone ad uno stadio avanzato di infezione da HIV presentano una concentrazione
virale più elevata rispetto alle persone sieronegative. Si deve dunque supporre che la
27
contagiosità (rischio di trasmissione) del virus dell’epatite C aumenta. D’altra parte, le
madri colpite da HCV trasmettono più sovente il virus alla/al loro neonata/o se sono
anche sieropositive (8–40%).
Nel caso delle persone colpite da HIV e che soffrono nel contempo di altri tipi di immu­
nodeficienza, un solo test negativo agli anticorpi non è sufficiente per diagnosticare
un’epatite C; nel 10% dei casi, in effetti, queste persone non producono anticorpi contro
l’HCV. Per individuare la presenza di materiale genetico del virus, occorre pertanto misu­
rare la carica virale (ricerca dell’RNA dell’HCV mediante PCR). Una terapia combinata
anti HIV permette di ridurre considerevolmente l’infezione da HIV ma non influisce sulla
concentrazione di HCV come si vorrebbe. All’inizio della terapia combinata anti HIV, si
osserva infatti talvolta un aumento dell’infezione di HCV e dell’attività infiammatoria.
(➞ capitolo I.2.4)
1.18Epatite A – epatite C
Il rischio di una coinfezione può essere affrontato con una vaccinazione attiva contro
l’epatite A. Una coinfezione HAV/HCV ha luogo quando ad un’epatite C cronica viene ad
aggiungersi un’epatite A. Il contrario non è possibile, dato che l’epatite A non segue
un’evoluzione cronica. La presenza di epatite A parallelamente all’epatite C cronica può
provocare un decorso fulminante. Non esiste una terapia specifica.
1.19Epatite B – epatite C
Nel caso delle persone affette da un’epatite C cronica a volte non è possibile individuare
il componente del capside del virus dell’epatite B (antigene HBs), anche in presenza di
un’epatite B cronica. È stata formulata l’ipotesi che l’HCV freni il propagarsi dell’HBV.
1.20Epatite B – epatite D
La coinfezione con il virus dell’epatite D può aggravare il decorso della malattia e rischia
di provocare un’evoluzione fulminante. L’infezione simultanea da entrambi i virus, tut­
tavia, diminuisce il rischio di cronicità. Se un decorso cronico dell’epatite B è però già in
atto, il virus dell’epatite D tenderà ad aggravarlo.
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2.Consulto, accertamento
e vaccinazione
Farsi esaminare
2.1Informazioni generali sulle analisi dell’epatite
La frequenza dei casi di epatite è elevata tra le persone che consumano droga. Molto
spesso la prima infezione passa inosservata e la malattia evolve senza sintomi. È per­
tanto opportuno sottoporre sistematicamente tutte le persone che consumano droga
alle analisi che consentano di rilevare infezioni da epatite A, B e C, almeno una volta
all’anno, anche in assenza di sintomi. I test permettono di identificare le differenti cate­
gorie di anticorpi.
La combinazione di questi esami consente di stabilire se:
si è in presenza di un’infezione in corso (recente o meno)
si è in presenza di un’infezione guarita
si è in presenza di un’immunità a seguito di vaccinazione (= la persona è vaccinata)
la persona non è mai stata contagiata dal/dai virus a cui si riferiscono i test effettuati
Per il depistaggio, è possibile effettuare le seguenti analisi del sangue:
rilevamento di anticorpi specifici contro i virus corrispondenti
rilevamento di virus o di loro componenti (proteine o materiale genetico)
Le analisi possono essere interpretate solo se effettuate al più presto 3 settimane dopo
l’esposizione al rischio. Se sono svolte prima di questo termine, possono condurre ad un
risultato errato.
Oltre ai test di depistaggio, i valori epatici devono essere regolarmente controllati. In
caso di valori elevati non bisogna escludere delle cause non-infettive come ad esempio
delle lesioni dovute all’alcol o a medicamenti. L’epatite virale è spesso asintomatica:
una persona può infatti essere infetta, senza tuttavia sentirsi malata.
Se vengono rilevati componenti del virus, significa che esso è attivo nell’organismo. In
questo caso la persona è contagiosa.
Test combinati per la messa in evidenza degli anticorpi e delle componenti del virus per­
mettono di trarre le seguenti conclusioni: l’infezione è stata guarita oppure vi è un’infe­
zione cronica.
La presenza di determinate forme di anticorpi nei casi di epatite A e di epatite B permet­
te di individuare un’immunità: la persona è stata infetta in passato e la malattia è stata
guarita, oppure è stata vaccinata ed ora è al riparo da infezioni future.
Nel caso dell’epatite C, anche se guarita, gli anticorpi non offrono alcuna protezione
contro una nuova infezione.
29
2.2 Chi deve sottoporsi alle analisi per le epatiti?
I seguenti sintomi e situazioni richiedono un controllo medico generale che includa le
analisi riguardanti le epatiti.
Epatite A
In caso di:
ittero, spossatezza, nausea
relazioni sessuali a rischio (in particolare relazioni oro-anali)
Il depistaggio degli anticoripi HCA è raccomandato alle persone:
che si occupano del trattamento delle acque di scarico
che hanno rapporti sessuali a rischio (in particolare oro-anali)
che consumano droghe e che sono portatori del virus dell’epatite B
con una malattia cronica del fegato (in particolare l’epatite B)
Epatite B
In caso di:
ittero, spossatezza, nausea
relazioni sessuali a rischio
disturbi non specifici, quali problemi cutanei, renali, articolari
Il depistaggio degli anticorpi dell’epatite B (screening) è inoltre raccomandato alle per­
sone:
in gravidanza
che vivono in comunione domestica (membri della famiglia, bambini) o che sono
partner sessuali di persone positive agli antigeni HBs
che, sul posto di lavoro, sono a stretto contatto con persone tossicodipendenti
che provengono da paesi dove molte persone sono portatrici di antigeni HBs
che consumano o hanno consumato droga per via endovenosa
positive all’HIV
Epatite C
In caso di:
ittero, spossatezza, nausea
Il test degli anticorpi HCV è raccomandato alle persone:
che consumano o hanno consumato droga per via endovenosa, che inalano o hanno
inalato (fumano o hanno fumato) cocaina o vapori di cocaina
che hanno subito una trasfusione di sangue prima del 1992
che hanno assunto emoderivati prima del 1987 (ad esempio, persone colpite da emo­
filia)
che accusano malattie dei reni con emodialisi (reni artificiali)
partner sessuali di persone infette dal virus dell’epatite C
la cui madre è positiva all’HCV
positive all’HIV
che esercitano una professione sanitaria e sono incorse in un contatto accidentale
con sangue (ferite da aghi o altro materiale eventualmente contaminato)
con transaminasi alte (reperti epatici abnormi)
30
2.3 Cosa mostrano i risultati delle analisi?
Epatite A
La positività agli anticorpi IgM e IgG segnala che l’infezione è acuta o è stata contrat­
ta da poco (gli IgM sono riscontrabili soltanto durante 4–6 mesi).
La negatività agli anticorpi IgM e la positività agli anticorpi IgG segnalano che l’infe­
zione è guarita o che è stata fatta una vaccinazione.
La negatività agli anticorpi IgM e la negatività IgG mostrano che non vi è stato né
contatto con il virus, né vi è una protezione in seguito ad una vaccinazione. Queste
persone dovrebbero vaccinarsi.
Epatite B
La presenza di antigeni HBs (proteine virali di superficie) indica che il virus è attivo
nell’organismo (infezione acuta o cronica); in tal caso, la presenza di antigeni HBe
senza anticorpi HBe è segno di un rischio di trasmissione elevato.
La presenza di anticorpi HBc indica che esiste o è esistita un’infezione.
La presenza di anticorpi HBs indica che l’infezione è guarita (anche in caso di positività
agli anticorpi HBc) o che vi è una risposta immunitaria ad una vaccinazione corrispon­
dente (in caso di negatività agli anticorpi HBc).
L’assenza di anticorpi HBc e di HBs significa che non vi è stato fino ad allora alcun con­
tatto con il virus e che non vi è una protezione in seguito ad una vaccinazione. In que­
sto caso, la vaccinazione è raccomandata.
Epatite C
La presenza di anticorpi HCV segnala che esiste o è esistita un’infezione (acuta, croni­
ca o guarita).
La presenza di RNA di HCV (materiale genetico del virus) segnala che il virus si trova
nell’organismo (infezione acuta o cronica).
2.4Analisi di laboratorio e analisi microscopiche nei casi di epatite comprovata
Valori del sangue e
funzioni epatiche
Oltre alla misurazione della reazione del corpo ai virus (anticorpi) e dei componenti vira­
li (antigeni), sono prescritte altre analisi che permettono di valutare il decorso dell’in­
fiammazione. L’aumento degli enzimi epatici (transaminasi/transferasi) informa sul
grado di distruzione delle cellule dovuta all’infiammazione. Si tratta essenzialmente dei
valori di ALT (alanina transaminasi; in passato detta GPT, glutammato piruvato transa­
minasi) e AST (aspartato transaminasi; in passato detta GOT, glutammico ossalacetica
transaminasi).
Le funzioni epatiche possono inoltre essere giudicate grazie ai seguenti rilevamenti: se
diminuisce l’attività di sintesi del fegato, nel plasma del sangue calano parallelamente i
valori della colinesterasi, i fattori di coagulazione e, nel caso di pregiudizio grave, anche
l’albumina (un’importante proteina del sangue). La funzionalità del sistema di coagula­
zione è valutata sulla base del tempo di protrombina (tempo di Quick, INR). Disturbi al
flusso della bile si manifestano tra l’altro sotto forma di un aumento della fosfatasi al­
calina (ALP). Nel caso di cirrosi avanzata, una diminuzione dell’attività di disintossicazio­
ne si manifesta con un aumento del tasso serico dell’ammoniaca.
31
32
Concentrazione virale o
viremia
La misurazione della concentrazione virale nel plasma sanguigno (ossia la quantità di virus
espressa in numero di copie di DNA o RNA virale per millilitro di plasma sanguigno) viene
eseguita mediante un procedimento di tecnologia genetica, chiamato reazione a catena
della polimerasi (PCR) che consiste nella moltiplicazione di frammenti di DNA o di RNA vira­
le. In base alla sequenza di acidi amminici, è possibile determinare l’agente patogeno.
La diagnostica PCR è importante anche per il controllo della terapia. Se viene impiegato
l’interferone (eventualmente combinato con un’altra sostanza), essa consente infatti
di determinare la concentrazione virale e di controllare l’efficacia della terapia.
La concentrazione virale può essere negativa in seguito ad una guarigione spontanea o
in caso di risposta positiva alla terapia.
Biopsia epatica
Se si sospetta un’epatite cronica, è possibile eseguire una biopsia epatica. Nelle persone
che non hanno disturbi di coagulazione, si procede in tal caso ad un prelievo di tessuto del
fegato per biopsia mediante un ago. L’analisi al microscopio permette in particolare di
determinare la gravità dell’infiammazione e l’estensione della fibrosi, ma anche di indivi­
duare lesioni dovute ad altre cause, come ad esempio il consumo di alcol. Prima della
biopsia epatica propriamente detta, hanno luogo un consulto medico ed un’ecografia
del fegato (apparecchio ad ultrasuoni). La mattina della biopsia è prescritto il digiuno.
Aiutandosi con l’apparecchio per l’ecografia, il medico stabilisce la traiettoria che l’ago
dovrà seguire per giungere fino al fegato. In seguito, disinfetta la pelle ed effettua
un’anestesia locale. Al momento dell’intervento, la/il paziente trattiene il fiato, così che
il fegato non si muova e resti in una posizione favorevole all’intervento. La biopsia è pra­
ticata con un sottile ago cavo, che viene introdotto nel fegato per 4–5 centimetri e che
consente di prelevare, mediante aspirazione, un piccolo campione di tessuto per l’analisi.
Di norma, questo intervento non è doloroso. In qualche raro caso, è possibile un dolore
passeggero, situato nel punto dove è stato infilato l’ago o alla spalla destra. L’intervento
dura 5 –10 minuti. In seguito, la/il paziente è tenuta/o sotto osservazione per 4 ore circa,
in modo da assicurarsi che non sopraggiunga un’emorragia (una complicazione d’altra
parte rara). Per ottenere i risultati degli esami di laboratorio, è necessario attendere dai
5 agli 8 giorni. Le analisi informano sui danni subiti dal fegato e sulle probabili cause.
Metodi diagnostici non
invasivi: Fibroscan®
Il Fibroscan® si fonda su un principio istologico: più il fegato è duro, più la fibrosi è avan­
zata. L’elasticità dell’organo può pertanto essere considerata un criterio di diagnosi.
Per misurarla, il Fibroscan® utilizza una tecnologia all’avanguardia, detta elastometria
ad impulsi. L’apparecchio emette una piccola vibrazione sulla superficie cutanea che si
propaga fino al fegato. Mediante ultrasuoni, si misura la velocità di spostamento di
questa microonda, tra 2 e 4 cm al di sotto della pelle. Quanto più rapidamente la vibra­
zione si sposta, tanto più il fegato è duro e la fibrosi è avanzata. Si tratta di un interven­
to non invasivo (poiché non implica nessun gesto chirurgico né alcun prelievo di sangue),
indolore e rapido (dura al massimo 5 minuti). È tuttavia controindicato ricorrere al
­Fibroscan® in caso di accumulazione di liquidi nella cavità addominale (ascite) o in caso di
obesità morbida che vanificherebbe qualsiasi tentativo di misurazione. Nella realtà dei
fatti, non vi è sempre una buona correlazione tra il risultato di una biopsia epatica di
buona qualità ed il risultato di un esame mediante Fibroscan®. Per il momento le/gli
specialiste/i non sono concordi. Alcune/i preconizzano piuttosto la biopsia, altre/i pre­
feriscono il Fibroscan®, a seconda dei genotipi.
Il metodo Fibroscan® è applicato alle/ai pazienti sulle/sui quali non è possibile effettuare
una biopsia e che non presentano controindicazioni (obesità con indice di massa cor­
porea > 26, ascite, fegato piccolo e anormalmente formato).
2.5Risultati delle analisi: commenti e test complementari
Epatite B
In caso di sospetta epatite B, occorre eseguire delle analisi per rilevare la presenza di
antigeni HBs, anticorpi HBs e anticorpi HBc.
Un prelievo positivo agli antigeni HBs è segno di un’epatite B acuta o cronica. La presen­
za di anticorpi HBs indica un’epatite B guarita. Gli anticorpi HBc sono sempre presenti in
caso di epatite B. Dopo la vaccinazione, gli anticorpi HBc sono negativi, mentre gli anti­
corpi HBs sono positivi. La loro quantità consente di valutare la risposta al vaccino.
Epatite C
Se il depistaggio di anticorpi HCV è positivo, occorre procedere ad una ricerca qualitativa
dell’RNA del virus. Esistono infatti 4 diversi sottogruppi (genotipi) del virus dell’epatite C;
ciò significa che il virus può presentare leggere differenze strutturali. La durata della
terapia ed il suo margine di successo dipendono dalla quantità di virus nel sangue e dal
genotipo. In base ai dati attualmente a disposizione, si considera che le opportunità di
successo delle terapie effettuate secondo gli standard più recenti si aggirano tra il 70 e
il 90% per i genotipi 2 e 3, mentre per il genotipo 1, esse oscillano tra il 50 e il 70%. Per dei
rari casi di genotipo 4, il tasso può essere poco superiore al 50%.
Epatite cronica
Nei casi di epatite cronica B o C, per le quali un trattamento non è (ancora) necessario o
non è auspicato, occorre procedere ad un controllo annuale dei valori epatici (analisi
epatiche, TP, dosaggio dell’alfa-feto proteina) e ad un’analisi del fegato mediante ul­
trasuoni o una biopsia ogni 5 anni, in particolar modo se dovessero subentrare sintomi
che fanno sospettare un’epatite avanzata o un’insufficienza epatica.
2.6 Dichiarazione obbligatoria
In base alla legge federale sulle epidemie, per numerose malattie infettive vige l’obbligo
di dichiarazione. Le segnalazioni permettono di riconoscere precocemente le malattie
epidemiche e di verificare la necessità e/o l’efficacia di misure preventive. Le epatiti A, B
e C fanno parte delle malattie che è obbligatorio dichiarare. I laboratori sono tenuti a
segnalare gli eventuali test positivi sia all’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) sia
al medico cantonale. Quest’ultimo richiederà in seguito al medico curante ulteriori
­informazioni concernenti l’infezione, in particolare sulle possibili vie di trasmissione, e
farà poi pervenire all’UFSP i dati contenuti in questa dichiarazione complementare.
Nel caso delle epatiti A, B e C, le indicazioni comprendono anche il nome e l’indirizzo
della persona che risulta positiva alle analisi. Queste informazioni sono necessarie per
permettere a laboratori, studi medici e ospedali di prendere eventuali altre misure (ri­
cerca di persone infette o esposte ecc.).
Nel caso delle epatiti B e C, le informazioni complementari fornite dai medici curanti
servono a stabilire se si tratta o meno di un’infezione recente. Non è infatti possibile
dedurlo dai semplici dati forniti dal laboratorio.
Nel caso si sospetti un contagio dovuto a trasfusioni di sangue, si richiede un’indagine re­
trospettiva (lookback) in modo da poter individuare una/un donatrice/donatore eventual­
mente infetta/o e, se del caso, distruggere donazioni di sangue o emoderivati contaminati.
Per le epatiti B e C si richiedono ulteriori analisi anche nel caso si sospetti che la trasmis­
sione abbia avuto luogo in ospedale o attraverso il personale di cura. Lo stesso vale nel
caso dell’epatite A, se vi è un sospetto di contagio attraverso acqua o alimenti contami­
nati, allo scopo di assumere, se occorre, le necessarie misure di risanamento.
33
Va verificata anche la possibilità che una vaccinazione non sia riuscita.
Possono rendersi necessarie anche misure di profilassi post-esposizione (PEP).
La dichiarazione nominativa permette inoltre di evitare di registrare più volte le stesse
persone malate croniche, se annunciate da medici diversi. Queste informazioni sono
tutelate dal segreto medico e dalla legge sulla protezione dei dati. I documenti vengono
distrutti alla fine degli accertamenti.
Farsi vaccinare
2.7Vaccinazione
Contro l’epatite A e l’epatite B è possibile una vaccinazione sia attiva che passiva; per
l’epatite C non esiste alcun vaccino.
(Per informazioni più approfondite su questo tema, in particolare per quanto riguarda
gli aspetti giuridici, capitolo II.3.1)
Nel caso della vaccinazione passiva, vengono somministrati anticorpi contro il virus
dell’epatite A o il virus dell’epatite B. Questo procedimento ha il vantaggio di offrire una
protezione immediata e di essere efficace anche in caso di profilassi post-esposizione.
La protezione dura però soltanto pochi mesi, dato che il sistema immunitario della per­
sona vaccinata non impara a produrre a sua volta anticorpi da fornire in caso di biso­
gno.
Vantaggi
Svantaggi
34
Nel caso della vaccinazione attiva, vengono iniettati i così detti antigeni, ossia elementi
costitutivi del virus prodotti mediante tecnologia genetica che incitano l’organismo a
produrre gli anticorpi necessari.
Il sistema immunitario delle persone vaccinate è in grado di produrre, se occorre, nuovi
anticorpi.
La vaccinazione non è immediatamente efficace (l’organismo ha bisogno da 2 a 3 setti­
mane per produrre gli anticorpi); deve pertanto essere effettuata entro un periodo di
tempo sufficientemente lungo prima dell’esposizione (molte persone non si preoccu­
pano di proteggersi dai rischi) e deve essere ripetuta ad intervalli regolari per poter ga­
rantire una protezione a lungo termine (due volte per l’epatite A, tre per l’epatite B).
Contro l’epatite A e l’epatite B esistono vaccini combinati. Di norma, la prima dose di
vaccino è seguita da una seconda e una terza dose, somministrate rispettivamente ad
uno e a sei mesi di distanza. Questi vaccini si sono rivelati molto efficaci (≥ 90%) e ben
tollerati. Malgrado si raccomandi una vaccinazione completa, anche una sola dose ab­
bassa già in maniera rilevante il rischio di contagio.
Alcune persone non rispondono alla vaccinazione attiva e non producono anticorpi ne­
anche dopo 3 dosi (ca. 5–10% dei casi). Si tratta delle/dei cosiddette/i non responder. Va
comunque detto che in quasi il 70% di questi casi è possibile ottenere la formazione di
anticorpi ripetendo la vaccinazione (al massimo 3 ulteriori dosi con intervalli di 3–4
mesi). Per alcune/i pazienti, solo una vaccinazione passiva garantisce una protezione
relativa. Il vaccino è iniettato nella parte superiore del braccio; alle/ai bambine/i piccole/i
nella coscia. In caso di vaccinazione simultaneamente attiva e passiva, le diverse iniezio­
ni sono distribuite tra braccio destro e braccio sinistro, coscia destra e coscia sinistra. Se
si effettua una profilassi post-esposizione (PEP), ad esempio dopo il ferimento con un
ago, occorre procedere, oltre alla vaccinazione attiva contro l’epatite B, anche a quella
passiva, nel caso la/il paziente non sia mai stata/o vaccinata/o contro l’epatite B.
Contro l’epatite C non esiste alcuna vaccinazione e neanche una PEP.
In concomitanza con la vaccinazione è opportuno osservare alcune regole di comporta­
mento che possono diminuire in maniera rilevante il rischio di contagio (➞ capitolo II).
Il vaccino non garantisce una protezione totale e nemmeno protegge da altri agenti
patogeni: le persone vaccinate non devono pertanto trascurare tutte le altre misure di
prevenzione.
Per essere esaustivi sul tema prevenzione/vaccinazione, occorre ricordare anche che
non mancano voci critiche contro queste vaccinazioni. Seguono alcune riserve avanzate
e dei relativi elementi di risposta.
Le/i non responder, che non sanno di esserlo, vivono nell’illusione di essere al riparo da
qualsiasi infezione.
Per le persone che hanno comportamenti altamente a rischio, è possibile, ad esempio,
controllare che dopo la vaccinazione abbiano effettivamente sviluppato i relativi anti­
corpi. Nel caso in cui questi manchino, si provvederà a verificare se la persona non è già
infetta. Un’infezione cronica al virus dell’epatite B può infatti essere uno dei motivi di
una mancata formazione di anticorpi dopo la vaccinazione.
La vaccinazione può indurre a trascurare le misure di protezione (la profilassi contro i
virus dell’epatite è utile anche contro l’HIV).
È importante ricordare alle persone che si fanno vaccinare contro l’epatite B che ciò non
le protegge dall’infezione da altri virus, in particolare dall’HIV, e che quindi le consuete
misure preventive rimangono necessarie e vanno sempre osservate. Il virus dell’epatite
B è molto più contagioso e diffuso tra la popolazione che l’HIV; per questo conviene
farsi vaccinare, anche quando si applicano le usuali misure prudenziali contro l’HIV.
Si sono verificati casi di sclerosi multipla in seguito ad una vaccinazione contro l’epatite B.
Casi di sclerosi multipla sono stati riscontrati in effetti in concomitanza con vaccinazioni
contro l’epatite B. Studi dettagliati hanno tuttavia permesso di escludere una relazione
di causa ed effetto tra il vaccino e questa malattia.
2.8 La vaccinazione contro l’epatite A
La vaccinazione contro
l’epatite A è raccomandata ai seguenti gruppi:
consumatori di droga
personale a stretto contatto con consumatori di droga o con persone a rischio oppu­
re con persone che provengono da zone endemiche
viaggiatori in zone endemiche (➞ lista corrispondente sul sito web www.safetravel.ch)
minorenni di paesi in cui esiste un’endemia media o elevata, che vivono in Svizzera e
tornano nel loro paese d’origine per soggiorni temporanei
uomini che hanno relazioni sessuali con uomini
persone che hanno una malattia epatica cronica (in particolare l’epatite C)
persone che presentano una coinfezione da HIV, HBV e HCV
35
Dal 1° gennaio 2008 la vaccinazione contro l’epatite A è rimborsata dall’assicurazione
obbligatoria delle cure medico-sanitarie per i gruppi a rischio (ivi compresi i bambini
provenienti da zone endemiche), eccetto per chi viaggia. I costi delle vaccinazioni per
motivi professionali sono di solito assunti dalla/dal datrice/datore di lavoro. Si racco­
manda di verificare sul registro dei medicamenti quale vaccino è effettivamente rim­
borsato dalle casse malati (nel febbraio del 2008, solo Havrix©).
2.9 La vaccinazione contro l’epatite B
Dal 1998, in Svizzera, si raccomanda di vaccinare le/gli adolescenti tra gli 11 e i 15 anni. In
questo modo la vaccinazione viene effettuata prima dell’incorrere di una possibile infe­
zione, dato che a partire dai 15 anni, età attorno alla quale inizia l’attività sessuale, il
rischio di un’infezione aumenta esponenzialmente per raggiungere il suo culmine, se­
condo i dati raccolti grazie alle segnalazioni obbligatorie, tra i 20 e i 24 anni. I dati più
recenti mostrano che questa strategia è efficace. Attualmente, infatti, i casi di epatite
B registrati tra le persone di età compresa tra i 15 e i 19 anni sono notevolmente dimi­
nuiti.
Per le altre fasce di età una vaccinazione è consigliata in casi particolari, ovvero alle per­
sone che:
lavorano nel settore sanitario, a contatto con sangue o con oggetti potenzialmente
contaminati da liquidi biologici
consumano droga
svolgono una professione in ambito sociale o carcerario o in seno alla polizia ed entra­
no sovente in contatto con persone che consumano droga
cambiano spesso partner sessuale
vivono a stretto contatto (nella stessa economia domestica) con persone portatrici di
virus (antigeni HBs) o che hanno relazioni sessuali con loro
sono originarie di regioni a rischio (Africa, Asia, Oceania, alcune regioni dell’America
meridionale) (➞ lista corrispondente sul sito web www.safetravel.ch)
viaggiano in zone endemiche, dove entrano in stretto contatto con la popolazione
(soggiorno prolungato, attività a rischio, comportamenti a rischio)
presentano un indebolimento del sistema immunitario; pazienti in emodialisi (pa­
zienti con reni artificiali), persone colpite da emofilia
soffrono di una malattia epatica cronica (in particolare epatite C)
presentano una coinfezione da HIV e HCV
La vaccinazione è rimborsata dall’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanita­
rie per tutte queste prescrizioni, salvo per chi viaggia. I costi delle vaccinazioni per moti­
vi professionali sono di solito assunti dalla/dal datrice/datore di lavoro.
36
Gravidanza, parto e allattamento
in caso di epatite
2.10Epatite B
La trasmissione del virus da una gestante affetta da epatite acuta o cronica alla/al
neonata/o può aver luogo già durante la gravidanza, ma di solito avviene durante il
parto, quando la/il piccola/o è esposta/o alle secrezioni biologiche della madre.
Il ruolo dell’allattamento materno in assenza di immunoprofilassi postnatale è contro­
verso, poiché gli studi a disposizione non sono abbastanza numerosi. Sebbene sia stato
provato che il latte materno contiene antigeni HBs, il rischio di trasmissione attraverso
il latte è considerato infimo rispetto a quello legato all’esposizione a secrezioni biologi­
che infette durante il parto.
L’infezione definitiva della/del neonata/o dipende moltissimo dalla viremia della madre
e dalla quantità di virus trasmessa. Se non si applicano misure profilattiche alla nascita,
il rischio di trasmissione si aggira tra il 70 e il 90% nel caso in cui la madre sia positiva
all’antigene HBe; il rischio diminuisce al 10–40% se la madre è positiva solo all’antigene
HBs. Il tasso di contagio si situa attorno al 60–70% in caso di epatite B acuta al termine
della gravidanza.
Il problema maggiore che si pone nel caso di neonate/i infette/i è l’elevata probabilità
che il contagio evolva verso una forma cronica di epatite (90%) che può poi degenerare
in cirrosi o tumore al fegato.
Rilevando l’antigene HBs durante l’ultimo terzo della gravidanza è possibile individuare
le madri che potrebbero trasmettere il virus. Le/i figlie/i di donne positive all’antigene
HBs vengono vaccinate/i contro l’epatite B subito dopo la nascita (entro 12 ore). La vac­
cinazione viene ripetuta una prima volta dopo 4 settimane e una seconda volta dopo 6
mesi. In questo modo la/il neonata/o ha il 95% di probabilità di non essere contagiata/o
e può essere allattata/o.
Il rischio di trasmissione alla/al neonata/o è dunque sostanzialmente più elevato per le
epatiti B che per le epatiti C. Le misure appena descritte, tuttavia, rendono possibile una
maternità senza contagio.
2.11Epatite C
La trasmissione dei virus dell’epatite C presenti nell’organismo della madre non può
essere totalmente esclusa; la sua probabilità è però ridotta (inferiore al 5%). Un’epatite
C non è pertanto una ragione per sconsigliare una maternità o per imporre alla donna,
durante la gravidanza o il parto, misure più restrittive rispetto alle consuete regole igie­
niche. Una madre infetta dal virus dell’epatite C può allattare la/il sua/o neonata/o a
condizione di non avere lesioni ai capezzoli. I dati concernenti una maggiore quantità di
virus (viremia) al momento del parto non hanno potuto essere messi in chiara relazione
con un rischio più elevato di trasmissione. Non vi è un legame tra il contagio ed il parto,
sia naturale che cesareo. Il rischio di trasmissione dell’HCV è maggiore in caso di coinfe­
zione da HIV (8–30%); si applicano le misure profilattiche raccomandate per l’HIV.
37
II. Prevenzione
39
1.Igiene
Igiene delle mani
1.1 Lavarsi le mani
Gli agenti patogeni sono sovente trasmessi dal contatto con mani non lavate. Negli
ambienti frequentati da persone che consumano droga occorre pertanto prestare
estrema attenzione all’igiene delle mani: ciò vale tanto per le persone tossicodipenden­
ti quanto per chi entra in contatto con loro. Qui di seguito sono riassunte le principali
regole di comportamento da osservare.
Perché lavarsi le mani?
Gli agenti patogeni (virus e batteri) sono piccoli ed invisibili. Alcuni possono provocare di­
sturbi come diarrea o raffreddore, ma a volte anche malattie più gravi, persino mortali.
Se si lavano con cura le mani, ci si libera della maggior parte dei batteri (assieme ad altri
germi e agenti patogeni), compresi quelli che hanno già sviluppato una resistenza agli
antibiotici.
Gli agenti patogeni penetrano nel corpo nel momento in cui ci si tocca con le mani spor­
che il naso, la bocca o ferite non rimarginate.
Il personale sanitario che lavora in studi medici, ospedali e così via è tenuto a lavarsi ac­
curatamente le mani.
Fa parte della responsabilità di ognuno attribuire all’igiene delle mani la dovuta impor­
tanza.
Quando lavarsi le mani?
prima e dopo il consumo di droga per via endovenosa
dopo ogni contatto con il proprio sangue o con quello di un’altra persona, o con su­
perfici sporche di sangue
di ritorno a casa
prima di preparare un pasto o prima di mangiare
dopo aver toccato alimenti non cotti (soprattutto pesce e carne)
dopo ogni utilizzazione dei servizi igienici; dopo qualsiasi contatto con feci proprie o
altrui
dopo un contatto ravvicinato con animali (nel caso di carezze)
prima di mettere o togliere le lenti a contatto
Per non distruggere l’acidità naturale della pelle, utilizzare un sapone non alcalino
(pH 5,5).
Come lavarsi le mani?
40
Come lavarsi le mani è altrettanto importante di quando lavarsele.
Passar brevemente le mani sotto dell’acqua corrente non basta. Occorre:
utilizzare sapone e acqua calda corrente
lavare tutta la superficie della mano, anche i polsi, i dorsi, le dita ed eventualmente
anche sotto le unghie
sfregare le mani una con l’altra per almeno 10–15 secondi
asciugare le mani solo con un asciugamano pulito; nei servizi igienici pubblici solo con
asciugamani di carta monouso; invece di strofinare è meglio tamponare la pelle, in
modo da non rovinarla
non chiudere il rubinetto (potenzialmente contaminato) direttamente con le mani
pulite, bensì con l’aiuto dell’asciugamano di carta
idratarsi le mani con una crema apposita
Come si può evitare la trasmissione?
1.2 Diffusione dei diversi agenti patogeni
La seguente tabella illustra le diverse vie di diffusione dell’HIV e dei virus dell’epatite:
Epatite
Vie di trasmissione
A
Infezione mediante contatto o sporcizia (feci)
Infezione mediante goccioline di respirazione
(tosse, starnuti)
–
Acqua e alimenti
HIV
B
C
D
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
Sperma e secrezioni vaginali
–
Saliva
–
Oggetti (strumenti per l’iniezione, cannucce)
–
–
Sangue
Mani e altri intermediari
E
( )
–
–
–
–
–
–
–
*
*
–
–
–
*
**
*Gli oggetti contaminati di recente che entrano in contatto con pelle o mucose ferite possono
trasmettere le epatiti B, C e D (siringhe, cucchiai, filtri e così via). ** Soprattutto gli aghi!
Non si sa ancora con certezza quanto a lungo possano sopravvivere gli agenti patogeni nel sangue
secco (può darsi anche qualche giorno). In caso di dubbio, il sangue secco va trattato come poten­
zialmente infetto.
(➞ scheda illustrativa «Primi soccorsi/Medicare una ferita»)
1.3 «Allarme sangue»
Alle persone che consumano droga, alle/ai loro partner, alle persone loro vicine e al per­
sonale delle istituzioni che entra in contatto con loro vanno fornite tutte le informazio­
ni concernenti le principali vie di trasmissione e le situazioni a rischio, nonché i relativi
suggerimenti per evitarle (strumenti per l’iniezione personali e sterilizzati, sesso sicuro
e così via), affinché ognuno sviluppi la necessaria consapevolezza.
Poiché nel caso di determinati virus già un’infima quantità di sangue è sufficiente per
provocare un’infezione, menzionare alcune situazioni a rischio e le relative misure di
prevenzione non basta. Le persone devono essere in grado di sviluppare una certa sen­
sibilità per questo genere di situazione ed essere sempre pronte a chiedersi in che mo­
menti della vita quotidiana possa presentarsi un possibile contatto con sangue infetto
o con oggetti sui quali siano rimasti sangue o resti di sangue – anche secco.
Attenzione quindi agli oggetti e alle situazioni seguenti:
ferite da taglio (in cucina o altrove)
ferite da aghi, lame o altri oggetti di origine sconosciuta
primi soccorsi: contatto diretto con ferite aperte (usare sempre i guanti!)
rianimazione bocca a bocca di persone con sangue da naso o ferite alla bocca
pratiche sessuali con ferite (anche minime)
morsi di persone con ferite alla bocca
41
spazzolini da denti, rasoi, lame di rasoio, forbicine o strumenti per la cura delle mani
strumenti da tatuaggio o da piercing (non sterilizzati o sterilizzati solo parzialmente)
superfici e supporti sui quali sia stato posato materiale sporco (ad esempio, tavoli,
fogli di carta)
resti di sangue che rimangono sulle dita dopo aver grattato ferite, punture di insetti,
eczemi e così via
vene già bucate toccate con dita sporche e macchiate di sangue da qualcun altro (nel
caso di aiuto per un’iniezione)
compressione del punto di iniezione con dita sporche dopo aver estratto l’ago (consi­
glio: usare un tampone sterile)
cannucce per inalare sostanze
filtri (toccati con le dita o entrati in contatto con resti di sangue)
cucchiai (sporchi, non sterilizzati o sterilizzati solo parzialmente)
resti di sangue (anche secco) su accendini, lacci emostatici, contenitori per l’acqua o
altri oggetti (ad esempio, il coltello utilizzato per ripartire la sostanza)
contenitori dai quali sia stata prelevata acqua con una siringa usata
siringhe (usate) per ripartire la sostanza
Questa lista non è completa; intende piuttosto mostrare che le situazioni a rischio in cui
si può entrare in contatto con sangue infetto sono numerose e variate.
Molte malattie sono trasmesse attraverso il sangue. Nella vita quotidiana o nella con­
vivenza con persone che consumano droga, ciò vale soprattutto per l’HIV ed i virus
dell’epatite B e dell’epatite C.
Per evitare un’infezione, è necessario saper utilizzare gli oggetti correttamente e con
accortezza.
Vita quotidiana e
convivenza con persone
malate di epatite B e/o
epatite C
Utilizzare oggetti esclusivamente personali e contraddistinguerli
con il proprio nome, soprattutto se si tratta di oggetti potenzialmente sporchi di sangue (rasoi, forbicine per le unghie, spazzolini
e così via). Prevenire ed evitare il
contatto con il sangue
Se i guanti sono entrati in
contatto con sangue, vanno
cambiati immediatamente!
((
((
((
((
42
In tutte le occasioni nelle quali
è possibile un contatto con il
sangue o con secrezioni del
corpo che contengono
sangue, è assolutamente
necessario portare guanti in
latex.
Dopo aver tolto i guanti,
lavare le mani!
Prevenire ed evitare le
ferite da aghi
Nei locali protetti o sorvegliati (locali per il consumo) vanno osservate le regole seguenti:
Non rimettere all’ago l’apposito cappuccio di plastica, ma gettare direttamente la
siringa (ago compreso!) in un recipiente previsto a questo scopo.
Regole da osservare al di fuori dei locali per il consumo:
Rimettere sempre all’ago personale appena utilizzato l’apposito cappuccio di plasti­
ca. In seguito la siringa va messa (ago compreso!) in un recipiente resistente (ad
esempio, una lattina di alluminio), che va poi gettato in un contenitore per rifiuti.
((
((
Il contenuto dei sacchi per la spazzatura non va schiacciato con
le mani bensì aiutandosi ad esempio con un manico di scopa.
Quando si trasporta a mano
un sacco per la spazzatura
bisogna tenerlo ad una certa
distanza dalle gambe.
1.4Sesso sicuro
Alcune delle regole igieniche più rilevanti riguardano il comportamento sessuale. Ricor­
diamo qui i principi del sesso sicuro:
In caso di rapporti sessuali con penetrazione – vaginale o anale – utilizzare sempre un
preservativo di buona qualità; nel caso di rapporti anali, utilizzare sempre un lubrifi­
cante.
Lo sperma non deve entrare in contatto con la bocca e non deve essere ingoiato.
Il sangue mestruale non deve entrare in contatto con la bocca e non deve essere in­
goiato.
Prostituzione: utilizzare sempre e comunque il preservativo, anche in caso di sesso
orale (prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili).
1.5Rischi
Una ferita da ago o il contatto diretto con il sangue, ad esempio con mucose o con zone
di pelle malata (eczemi, ferite e così via), può provocare un’infezione da HIV e/o da virus
dell’epatite B o dell’epatite C. Nel settore ospedaliero, il rischio di contrarre uno di questi
virus dopo una ferita da ago contaminato è:
infezione da HIV: 0.3% circa
infezione da HBV: 30–40%
infezione da HCV: 3% circa
43
Come reagire in caso di una situazione
a rischio
1.6Misure urgenti
Ferita da ago
Rimuovere completamente il corpo estraneo.
Lavare abbondantemente con acqua e sapone. Disinfettare generosamente con Be­
tadine, alcol 70% oppure alcol isopropilico (durante almeno 1 minuto).
Contatto della pelle con
sangue
Lavare abbondantemente con acqua e sapone.
Disinfettare generosamente con Betadine, alcol 70% oppure alcol isopropilico (duran­
te almeno 1 minuto).
Contatto della mucosa
nasale o boccale con
sangue
Soffiare il naso e disinfettare durante almeno 1 minuto con bastoncini di ovatta im­
bevuti di una soluzione di acqua e Betadine.
Sciacquare la bocca con una soluzione di acqua e Betadine e lasciare agire durante al­
meno 1 minuto.
Schizzi di sangue negli
occhi
Sciacquare gli occhi abbondantemente con acqua in cui è stato disciolto sale da cuci­
na, con acqua da rubinetto oppure con un altro liquido pulito (ad esempio, una be­
vanda). Idealmente in posizione orizzontale e con l’aiuto di un’altra persona.
Ferite da taglio
(➞ scheda illustrativa in annesso «Primi soccorsi/Medicare una ferita»)
1.7Altri trattamenti/profilassi
Le persone che, a causa della loro professione, entrano sovente in contatto con sangue
infetto, dovrebbero essere vaccinate contro l’epatite B e sottomettersi inoltre alla tito­
lazione degli anticorpi HBs, un esame che consente di stabilire che la vaccinazione sia
sufficiente. Ogni istituzione dovrebbe poter risalire rapidamente ai dati che concernono
le/i proprie/propri collaboratrici/collaboratori, così da non perdere inutilmente tempo
al ­momento di prendere le necessarie misure dopo un’eventuale esposizione a sangue
infetto (➞ capitolo III.3.2). Anche le persone che, a causa del loro lavoro, sono a stretto
contatto con persone a rischio di epatite A (persone che consumano droga, persone
originarie di paesi ad alta endemia) dovrebbero essere vaccinate.
Attualmente esistono farmaci efficaci per prevenire le infezioni da HIV. Questa profilas­
si, la cosiddetta profilassi post-esposizione, va messa in pratica al più presto dopo il
contatto con il sangue infetto. Le persone che non sono state sufficientemente vacci­
nate contro l’epatite B possono essere protette grazie alla somministrazione delle
­relative immunoglobuline.
In caso di:
ferita da ago
ferita da morso
contatto di pelle lesa (eczema, ferita ecc.) con sangue o secrezioni del corpo
contatto di mucose (occhi, bocca) con sangue o secrezioni del corpo
44
va contattato immediatamente il medico curante o il pronto soccorso più vicino oppure
un ambulatorio specializzato in malattie infettive, così da informarsi esattamente su
come procedere.
Anche nel caso in cui la persona esposta rinunci ad una profilassi post-esposizione per
motivi legati al diritto assicurativo va comunque contattato al più presto un medico­
per un prelievo di sangue. Le analisi vanno ripetute una volta dopo 3 mesi ed una volta
dopo 6 mesi, presso un medico di propria scelta. Durante questo periodo, la persona in
questione va considerata come potenzialmente infetta e quindi contagiosa: deve per­
tanto attenersi ai principi del sesso sicuro (➞ capitolo III).
45
2.Regole per il consumo
Regole fondamentali
2.1Informazioni generali
Rispetto all’HIV, i virus delle epatiti A, B e C sono più diffusi e resistenti (il virus dell’epa­
tite B, ad esempio, può sopravvivere diversi giorni fuori dall’organismo). Per questo mo­
tivo l’epatite è molto diffusa tra le persone che consumano droga.
Per evitare il contagio, è pertanto importantissimo, al momento del consumo di droga,
rispettare le regole igieniche fondamentali.
Le regole elencate qui di seguito sono di fondamentale importanza per le persone che
consumano droga. Solo osservandole scrupolosamente esse potranno limitare la diffu­
sione dell’epatite, dell’HIV e di altre infezioni legate alla tossicomania (➞ schede illu­
strative allegate).
2.2Regole per il consumo di droga per via endovenosa
Le seguenti regole devono essere osservate:
Ogni consumatrice/consumatore dispone di strumenti per l’iniezione (siringa, ago e
filtro) personali, nuovi e sterili; il materiale per la preparazione (recipiente per l’acqua
e cucchiaio) è stato accuratamente lavato.
Lavarsi accuratamente le mani prima e dopo ogni consumo.
In caso di frontloading, utilizzare esclusivamente strumenti per l’iniezione (siringa,
ago e filtro) personali, nuovi e sterili.
Contraddistinguere gli strumenti di ognuno, in particolare la siringa, per evitare di
utilizzare quelli di altri in caso di iniezioni ripetute o di disattenzione (sonnolenza).
Utilizzare, per ogni iniezione, strumenti personali.
Se sono finite le siringhe sterili, è meglio riutilizzare una propria siringa già usata piut­
tosto che cercare di disinfettare la siringa di un’altra persona; in tal modo è per lo
meno possibile evitare la trasmissione di virus, anche se non ci si protegge da even­
tuali infezioni batteriche (per le quali esistono tuttavia dei trattamenti).
Se la sostanza è stata acquistata da una/un nuova/o spacciatrice/spacciatore, è me­
glio iniettare dapprima la metà del preparato come test, così da evitare un’overdo­
se.
Il cucchiaio, o qualsiasi altro recipiente adibito a preparare la miscela, va pulito accuratamente. Se non sono stati lavati con cura, in caso di riutilizzazione questi oggetti
possono trasmettere batteri e virus (HIV, virus di epatiti).
Qualsiasi tipo di filtro va utilizzato una volta sola, anche in caso di consumo solitario.
Anche se un filtro contiene ancora residui di droga, non va riutilizzato in alcun caso.
Non solo perché potrebbe essere stato contaminato con virus (HIV, virus di epatiti),
ma anche perché, se conservato a temperatura ambiente, si trasforma in una vera e
propria coltura di batteri e muffe che poi, in caso di riutilizzazione, contamina la pre­
parazione e causa infezioni.
Occorre rendere attente/i le/i consumatrici/consumatori a tutti questi pericoli. Il san­
gue – anche secco, anche in infime quantità – può essere contaminato e pertanto va
sempre considerato infetto.
46
Regole da seguire prima
del consumo per via
endovenosa
Scegliere una superficie pulita e sgombra.
Preparare una pattumiera in cui gettare tamponi disinfettanti, fazzoletti usati e così
via, ed un recipiente solido e sicuro per le siringhe e gli aghi.
Lavarsi accuratamente le mani.
Utilizzare una siringa sterile munita di un filtro o, in casi estremi, di un pezzo di filtro di
sigaretta (il filtro di sigaretta non va mai staccato con i denti, bensì con le mani puli­
te)
Non condividere mai il proprio filtro – neanche «per dare una mano».
Utilizzare un cucchiaio personale dopo averlo lavato accuratamente con acqua cor­
rente e con un tampone disinfettante.
Utilizzare acqua sterile o, se non ve ne fosse, acqua fresca del rubinetto.
Per il consumo di eroina: utilizzare acido ascorbico sterile invece del succo di limone.
Controllare che l’acqua aspirata nella siringa sia sempre trasparente e non contenga
alcuna impurità.
Regole da seguire
durante il consumo per
via endovenosa
Stringere il braccio con un laccio emostatico, così da far gonfiare le vene.
Prima di iniettare la droga, disinfettare con un tampone imbevuto di alcol il punto in
cui si inserirà l’ago.
Se nella siringa entra sangue rosso chiaro, è stata toccata un’arteria. In tal caso oc­
corre ritirare l’ago e premere con forza il punto di iniezione per almeno 5 minuti.
Dopo aver posizionato l’ago correttamente, sciogliere il laccio emostatico prima di
premere il pistone della siringa.
Regole da seguire dopo il
consumo per via endovenosa
Comprimere la vena e asciugare le gocce di sangue con un tampone disinfettante
pulito.
Applicare un cerotto.
Gettare la siringa in un recipiente solido e sicuro, così da evitare che qualcun altro la
utilizzi.
Gettare i tamponi usati in un normale contenitore per i rifiuti o in un altro recipiente
adatto.
Pulire (oppure gettare) la superficie o il supporto utilizzati per iniettarsi; pulire il cuc­
chiaio.
Lavarsi accuratamente le mani.
In caso di iniezioni ripetute, non utilizzare la stessa vena.
Fondamentalmente vale la seguente regola di base: utilizzare sempre il proprio materiale di iniezione, sterile.
2.3Regole per il consumo di droga per via nasale (inalazione di sostanze o
di vapori)
Regole fondamentali
Il virus dell’epatite C si può trasmettere anche a seguito del consumo per via nasale
(inalazione di sostanze o di vapori).
Lavarsi le mani accuratamente prima e dopo ogni consumo.
Utilizzare sempre una cannuccia o un tubicino personale.
Utilizzare sempre un bocchino personale.
47
2.4Modalità di consumo
Fumare
Preferire la free base al crack !
Free-basing designa il procedimento con il quale dal cloridrato di cocaina (=cocaina in pol­
vere) si ottiene la cocaina-base (=cocaina fumabile). Si distinguono i due metodi seguenti:
1. Metodo free base:
Il cloridrato di cocaina è mescolato al bicarbonato di sodio o all’ammoniaca, con etere e
acqua. Il preparato così ottenuto viene poi riscaldato, in modo da far evaporare l’etere.
Una volta raffreddata e cristallizzata, la miscela è «lavata» con etere o cloroformio. Si ot­
tiene così la cocaina free base. Il riscaldamento dell’etere rende la miscela altamente in­
fiammabile, con rischio di violente esplosioni. Il processo di preparazione dura circa 24 ore.
2. Metodo crack:
Il cloridrato di cocaina è mescolato all’ammoniaca e all’acqua, fatto riscaldare e poi la­
sciato raffreddare. Una volta cristallizzata, questa miscela viene filtrata; si ottiene così il
crack. Questo contiene tracce di ammoniaca che aggrediscono i polmoni, già messi a
dura prova dal consumo. È pertanto preferibile fumare free base, poiché il «lavaggio» ha
eliminato ogni traccia di ammoniaca. Dato che il procedimento per ottenere la cocaina
free base è tuttavia più costoso e pericoloso, spesso le si preferisce il crack.
Attenzione ad una confusione terminologica:
il crack è sovente chiamato base o persino free base.
Sniffare
Regole da seguire prima di inalare sostanze o vapori:
Disinfettare le superfici su cui si prepareranno le strisce di sostanza.
Lavarsi accuratamente le mani.
Per inalare la sostanza o il vapore (chasing the dragon), utilizzare solo una cannuccia
personale; non condividerla con nessuno.
Non utilizzare mai banconote arrotolate al posto della cannuccia.
Attenzione: se la persona che inala una sostanza ha le mucose nasali ferite, la cannuccia
o la banconota arrotolata che utilizza può essere contaminata con sangue e di conse­
guenza con virus di epatiti (B o C) o con l’HIV. Occorre quindi sempre utilizzare una can­
nuccia personale (post-it arrotolato, tubicino di plastica…).
Fumando il crack, il calore della pipa può causare lesioni alle labbra che possono sangui­
nare e contaminare l’oggetto. Anche in questo caso occorre che ognuno utilizzi la sua
pipa personale.
2.5Eliminare il materiale del consumo
Materiale in generale
(eccetto siringhe ed
aghi)
48
Tutto il materiale utilizzato per consumare della droga va eliminato al più presto e nel
modo più sicuro.
Tamponi, filtri usati e così via vanno gettati nella spazzatura.
Strumenti per l’iniezione
Ambiente medicalizzato e locale
per il consumo
Al di fuori di locali per il consumo
sorvegliati, dopo l’iniezione
Non rimettere mai il cappuccio di plastica
sull’ago usato.
Eliminare ago e siringa sul posto, in un
recipiente infrangibile, resistente e sicuro.
Rimettere sempre il cappuccio di plastica
sull’ago usato. Se il suo stato di coscienza lo
permette, chi ha eseguito l’iniezione dovrebbe
occuparsene di persona!
Riporre l’ago con la siringa in un recipiente
resistente (ad esempio, una lattina di
alluminio), e gettarlo con la spazzatura
ordinaria.
2.6Ridurre i rischi legati al consumo per via endovenosa
Le/gli utenti tossicomani devono poter disporre 24 ore su 24 di strumenti per l’iniezione
nuovi. Occorre prevedere riserve importanti, poiché le persone che consumano droga
per via endovenosa ne hanno bisogno in grandi quantità.
Questo principio non vale solo per i locali per il consumo, ma in generale. È il solo modo
per evitare che gli strumenti per l’iniezione siano condivisi o scambiati.
((
Niente è più sicuro di aghi e siringhe nuovi. In caso di mancanza di materiale di iniezione
sterile, è necessario rinunciare al consumo.
Si raccomanda pertanto a tutte le istituzioni, ivi comprese le carceri, di mettere a disposizione delle/degli utenti materiale sufficiente.
((
Le siringhe possono
essere ottenute, anonimamente, nei seguenti
posti
In farmacia
Nei bus che distribuiscono materiale di iniezione
Nelle antenne, centri a bassa soglia
Agli automatici per siringhe (nelle grandi città)
In carcere (raramente)
Queste regole per il consumo vanno trasmesse alle/agli utenti tossicomani in modo
adeguato e attribuendo loro il giusto peso. Occorre vegliare, soprattutto, che queste
regole siano osservate anche al di fuori dei locali per il consumo (➞ scheda illustrativa
«Iniezione»).
49
2.7 Forme di consumo alternative all’iniezione
Si ricordi che esistono modi per assumere droga meno rischiosi rispetto al consumo per
via endovenosa: inalare (sostanze o vapori) o fumare.
Quando la/il consumatrice/consumatore di droga non dispone che di una siringa o
quando le vene si trovano in uno stato di deterioramento avanzato dovuto a iniezioni
ripetute, la sostanza può essere iniettata con la siringa (senza ago) direttamente nel
retto. Questo gesto si compie di solito in posizione supina, dopo aver introdotto la sirin­
ga per 1–2 cm nell’ano, dopo di che occorre restare immobili durante 2 o 3 minuti.
Le regole igieniche (lavare le mani, utilizzare una siringa personale e sterile) valgono
anche in questo caso!
2.8Allegato per i centri d’accoglienza e di consulenza (antenne) con locale per
il consumo
I centri di accoglienza e di consulenza (antenne) con locale per il consumo svolgono un ruolo
importantissimo nella profilassi delle infezioni e nella sicurezza pubblica. Qui di seguito sono
elencati gli standard che queste istituzioni, secondo l’Associazione professionale dipenden­
za («Fachverband Sucht»), sarebbero tenute a rispettare, nella misura del possibile.
Locali e infrastrutture
necessari
50
a) Locali
Le antenne dispongono degli spazi e dei locali seguenti:
ufficio per il personale/locale per il personale
locali di servizio (WC, doccia, lavanderia)
soggiorno
cucina che consenta di preparare pasti in condizioni igieniche adeguate
locale per il consumo
locale per primi soccorsi (locale medico)
area immediatamente circostante il centro e spazio per accogliere le/gli utenti
La grandezza dei singoli locali deve essere adeguata alla frequenza che ci si può attende­
re dal bacino di utenza.
b) Disposizione
Ufficio per il personale/locale per il personale
Il personale dispone di un ufficio o di un locale dotato dell’infrastruttura necessaria al
buon funzionamento del centro di accoglienza.
Locali di servizio
– Per l’igiene personale il centro dispone di servizi igienici separati donne/uomini, doc­
ce, una lavatrice, un’asciugatrice e vestiti d’occasione destinati alle/agli utenti
(mercatino interno).
–Il personale dispone di servizi igienici separati.
Soggiorno
– Offre alle/agli utenti un rifugio al riparo dagli sguardi.
– È disposto ed arredato in modo funzionale; si può lavare e riordinare con facilità.
– Le/gli utenti vi possono trovare giochi, libri, giornali.
– In certe regioni (ad esempio, in campagna) uno spazio all’aria aperta che possa
­essere tenuto sotto controllo (ad esempio, un cortile interno) può costituire un
notevole vantaggio.
Refettorio
– Consente di preparare ed offrire pasti in condizioni igieniche ineccepibili.
Locale per il consumo
– Corrisponde alle disposizioni quadro previste dalla «perizia Schultz» sulla conformità
giuridica dei locali per il consumo (dr. iur. Hans Schultz, UFSP, Berna, giugno 1989);
– Dispone di una zona di attesa sufficientemente grande (sala d’aspetto, spazio riser­
vato nel soggiorno, atrio o zona limitrofa).
– È chiaramente delimitato rispetto agli altri locali.
– È munito di acqua corrente.
Locale per primi soccorsi (locale medico)
– I servizi di cura sono offerti in un locale separato.
– Il locale medico dispone dell’infrastruttura necessaria (acqua corrente inclusa).
Area immediatamente circostante il centro e spazio per accogliere le/gli utenti
– Il personale del centro di accoglienza è responsabile delle immediate vicinanze e
dell’entrata.
– La collettività è responsabile dell’eventuale sorveglianza (ad esempio, da parte di
agenti di sicurezza) dello spazio pubblico davanti al centro di accoglienza.
Pulizia e disinfezione
Disinfettante per la pelle (leggere le istruzioni per l’uso!)
Il disinfettante per la pelle è necessario per la disinfezione igienica e chirurgica delle mani.
I dosatori vanno disposti:
vicino ai lavandini
nel locale per il consumo
nel locale medico
dietro il bancone del refettorio
vicino ai lavandini riservati al personale
Sapone liquido (per lavare le mani; leggere le istruzioni per l’uso!)
I dosatori vanno disposti in modo analogo a quelli del disinfettante per la pelle (v. sopra).
Alcol 70% (non va diluito!)
per disinfettare la maschera di respirazione artificiale (dopo ogni impiego)
per pulire lo spazio riservato allo scambio delle siringhe
nel locale per il consumo: flaconi con vaporizzatore a disposizione
– per disinfettare il cucchiaio (lasciare agire almeno 15 minuti)
– per disinfettare la pelle prima dell’iniezione
– per disinfettare il tavolo dopo l’iniezione
nel locale medico:
– per disinfettare gli strumenti
– per disinfettare il tavolo e le sedie (dopo ogni utente)
– per disinfettare apparecchi (telefono o altri)
Disinfettante per le superfici (non va diluito! Leggere le istruzioni per l’uso)
nel locale per il consumo: per la disinfezione generale (immediatamente dopo la chiu­
sura giornaliera):
– dei posti di consumo
– dei lavandini
– delle porte
nei locali di servizio (disinfezione completa)
51
3.D isposizioni legali e precauzioni
sul posto di lavoro
Diritto del lavoro
3.1 Disposizioni legali
In base all’articolo 82 della legge federale sull’assicurazione contro gli infortuni (LAINF; RS
832.20), la/il datrice/datore di lavoro è tenuta/o ad assumere tutte le misure necessarie
a prevenire gli infortuni e le malattie professionali. Nel farlo deve tener conto dell’espe­
rienza che ha potuto raccogliere fino a quel momento, delle possibilità offerte dalle ulti­
me conoscenze tecniche e della situazione particolare dell’azienda. È tenuta/o ad assu­
mersi i relativi costi, mentre le/i dipendenti sono, dal canto loro, tenute/i a collaborare.
Per quanto concerne l’epatite in particolare, ciò significa che le/i dipendenti, soprattutto se
nella loro attività lavorativa sono potenzialmente esposte/i al contatto con sangue e secre­
zioni corporee infetti, devono essere vaccinate/i contro l’epatite B. I costi della vaccinazione
sono a carico della/del datrice/datore di lavoro. Le/i dipendenti sono tenute/i a seguire le
direttive di sicurezza emanate dalla/dal datrice/datore di lavoro. Poiché si tratta di un’inie­
zione, la vaccinazione in questione ha tuttavia un carattere invasivo; essa può venire solo
consigliata, ma in nessun caso imposta. Se una/un dipendente la rifiuta, si consiglia alla/al
datrice/datore di lavoro di informarla/o nuovamente sull’utilità della misura, di destinarla/o
ad una mansione che non comporti un rischio di contagio e di documentare per iscritto il
suo rifiuto, nonostante le informazioni reiterate sui rischi in caso di mancata vaccinazione.
Le/i dipendenti non vaccinate/i sono tenute/i a sottoporsi, regolarmente e nella misura
del necessario, ad un esame medico che stabilisca se abbiano o meno contratto una ma­
lattia contagiosa, la cui trasmissione può essere evitata mediante vaccinazione.
Nel caso si sospetti un’infezione contratta sul posto di lavoro, occorre informare l’asso­
ciazione contro gli infortuni professionali che coprirà i costi di trattamento, eccezion
fatta per i casi in cui l’infezione sia stata provocata dalla persona assicurata.
Ogni istituzione deve nominare un medico al quale le/i proprie/propri dipendenti possa­
no rivolgersi nel caso in cui siano state/i esposte/i a materiale biologico potenzialmente
infetto oppure ad un rischio di infezione particolare (ferita da ago o ferita da taglio). Può
infatti rivelarsi molto utile avviare al più presto una profilassi post-esposizione (PEP) (ad
esempio, vaccinazione attiva, vaccinazione passiva o terapia medicamentosa).
Occorre redigere un protocollo il più chiaro possibile che elenchi la procedura da seguire
dopo un incidente e rivalutarlo periodicamente. Questo testo deve essere messo a di­
sposizione di tutte/i le/i dipendenti ed essere di facile accesso.
Precauzioni
3.2 Profilassi post-esposizione (PEP)
52
Le persone che, per ragioni professionali, rischiano sovente di essere esposte a sangue
infetto, dovrebbero essere vaccinate contro l’epatite B e sottomettersi alla titolazione
degli anticorpi HBs, un esame che consente di stabilire se la vaccinazione è sufficiente.
Ogni istituzione deve poter risalire rapidamente ai dati concernenti le/i sue/suoi colla­
boratrici/collaboratori, così da non perdere tempo prezioso al momento di un’eventua­
le profilassi post-esposizione.
Chi entra in contatto sul posto di lavoro con persone che consumano droga per via en­
dovenosa, dovrebbe essere vaccinato non solo contro l’epatite B, ma anche contro
l’epatite A.
Dopo un contatto con sangue infetto, bisogna avviare quanto prima le misure profilat­
tiche post-esposizione.
Attualmente esistono farmaci efficaci in grado di diminuire il rischio di infezione da HIV.
Contro l’epatite B e l’epatite A esistono vaccinazioni attive e passive. Contro l’epatite C,
invece, non esiste alcuna misura profilattica post-esposizione.
3.3Situazioni a rischio
Nel caso di qualsiasi
ferita da ago
ferita da morso
contatto di pelle malata (eczema, ferita, ...) con sangue o liquidi biologici
contatto di mucose (occhi, bocca) con sangue o liquidi biologici
va contattato immediatamente il medico curante, il pronto soccorso più vicino oppure
un ambulatorio specializzato in malattie infettive, così da informarsi esattamente su
come procedere.
Se possibile, va prelevato un campione di sangue della/del paziente entrata/o in contat­
to con la persona esposta, al fine di accertare la presenza di HIV, HCV o HBV. Di questa/o
paziente si dovrebbero inoltre registrare le generalità.
Anche nel caso in cui la persona esposta rinunci ad una profilassi post-esposizione, per
motivi di ordine assicurativo è tenuta comunque a rivolgersi al più presto ad un medico
per un prelievo di sangue. Le analisi vanno ripetute una volta dopo 3 mesi ed una volta
dopo 6 mesi, presso il medico curante, un ambulatorio specializzato in malattie infetti­
ve oppure il medico di un servizio ambulatoriale di aiuto ai tossicodipendenti (antenna).
Durante questo periodo, la persona che ha rinunciato alla profilassi post-esposizione va
considerata potenzialmente infetta e quindi contagiosa. Deve pertanto attenersi alle
regole di prevenzione di trasmissione del virus, in particolare ai principi del sesso sicuro.
Nel suo dossier andrebbe notato che è stata informata in tal senso.
3.4 PEP in caso di esposizione all’HIV
Occorre redigere un protocollo il più chiaro possibile che elenchi la procedura da seguire
dopo un incidente e rivalutarlo periodicamente. Questo testo deve essere messo a di­
sposizione di tutte/i le/i dipendenti ed essere di facile accesso. Esso comprende indica­
zioni concernenti il lavaggio e la disinfezione della zona esposta e specifica le condizioni
della profilassi medicamentosa.
Ogni istituto che si occupa di pazienti a rischio dovrebbe disporre di una riserva sufficien­
te dei farmaci profilattici raccomandati dalle/dagli esperte/i. Dato che le consegne cam­
biano in funzione dei nuovi risultati della ricerca, le indicazioni del protocollo e le riserve
di farmaci vanno adeguate periodicamente.
Se si sa che la/il paziente è portatrice/portatore di HIV, la persona esposta deve assume­
re la prima dose di farmaci al più presto, secondo le indicazioni del protocollo (ma non
oltre le 72 ore dopo l’esposizione). Se l’istituto non dispone dei farmaci necessari, occor­
53
re garantirne, ad esempio attraverso il servizio telefonico di emergenza di un ospedale
universitario, una prescrizione medica ed una somministrazione rapide non oltre le 72
ore dopo l’esposizione.
Queste misure devono essere concordate con il medico curante, con il servizio medico
d’urgenza più vicino o con il servizio di malattie infettive dell’ospedale. Anche nel caso in
cui non si sappia se la/il paziente che può aver contagiato la persona esposta sia porta­
trice/portatore di HIV o anche in caso di risultati negativi fino a quel momento, un esa­
me medico è assolutamente necessario. Solo così è possibile valutare veramente il ri­
schio di infezione. In situazione d’emergenza valga quanto segue: nell’incertezza, è
meglio assumere la prima dose di farmaci, così da guadagnar tempo per chiarire la si­
tuazione. Gli svantaggi legati agli effetti collaterali di breve durata di questi farmaci non
sono assolutamente paragonabili alle conseguenze di un’eventuale infezione da HIV.
3.5 PEP in caso di esposizione all’epatite B
Qualora la/il paziente che può aver contagiato la persona esposta sia positiva/o agli antige­
ni HBs oppure sia sconosciuta/o e probabilmente tossicodipendente (paziente a rischio):
Se la persona esposta non è vaccinata o non lo è in misura sufficiente (anticorpi
HBs<10), entro 48 ore dopo l’esposizione le va somministrata l’immunoglobulina
dell’epatite B (vaccinazione passiva). Simultaneamente, occorre avviare una vaccina­
zione attiva.
Nel caso non si conosca il suo stato vaccinale, resta comunque il tempo per eseguire
un test urgente degli anticorpi HBs. Se i relativi valori si situano tra 10 e 100, la vacci­
nazione è sufficiente. Nel caso siano superiori a 100, non è necessario prendere ulte­
riori misure, poiché l’immunizzazione è sufficiente a lungo termine.
Se la/il paziente che può aver contagiato la persona esposta è conosciuta/o, ma non
sono noti i risultati di un suo test degli antigeni HBs:
La/il paziente in questione va sottoposta/o a questo esame entro 48 ore.
3.6 PEP in caso di esposizione all’epatite A
Nel caso dell’epatite A, la vaccinazione attiva post-esposizione è possibile; va effettuata
entro 7 giorni dall’esposizione e, di norma, è molto ben tollerata.
3.7Assicurazione infortuni
Ogni ferita da ago ed ogni esposizione di mucose o pelle malata o ferita a sangue e a li­
quidi biologici vanno segnalate all’istituto di assicurazione contro gli infortuni profes­
sionali, che copre i costi dei prelievi di sangue e degli esami medici. In caso di infezione,
questi istituti offrono, sotto diversi aspetti, prestazioni migliori di quelle delle casse
malati.
La segnalazione va corredata da un dossier accurato che riunisca anche le prove (prelie­
vi di sangue) raccolte immediatamente dopo l’esposizione; a questi prelievi vanno ag­
giunti quelli che occorrerà effettuare 3 e 6 mesi dopo.
54
III. Terapia
55
1.Diverse epatiti – diverse terapie
Farsi curare
1.1Terapie delle epatiti virali
Sulla base dell’esperienza e della bibliografia scientifica è possibile affermare che la tera­
pia delle epatiti virali ha, rispetto alle/agli altre/i pazienti, le stesse possibilità di successo
nelle/nei pazienti tossicodipendenti. La terapia va tuttavia eseguita da medici o da isti­
tuzioni mediche che dispongano della necessaria esperienza sia nel settore della tossi­
codipendenza, sia in quello delle infezioni da epatite virale (équipe interdisciplinari). È
essenziale che le/i diverse/i specialiste/i coinvolte/i lavorino in stretto contatto.
Per avviare la cura farmacologica di un’epatite virale è assolutamente necessario che la/
il paziente sia stabile, tanto dal punto di vista fisico, quanto da quello sociale e psichico:
solo in questo modo è possibile garantire che non interrompa la terapia. Il rischio di una
nuova esposizione all’epatite C o a sostanze dannose per il fegato (soprattutto l’alcol) è
più elevato nelle/nei pazienti instabili. Le terapie di disintossicazione e i mesi che le se­
guono sono di norma un periodo particolarmente delicato. L’opportunità di curare
l’epatite durante queste fasi va quindi ponderata con cura. Una terapia contro l’epatite
cronica è invece maggiormente indicata durante un trattamento sostitutivo (ambula­
toriale o residenziale, eventualmente durante un soggiorno in carcere).
Nelle persone adulte, il rischio di cronicizzazione dell’epatite C si situa attorno all’80%. Se
accanto a questo dato si considera che tra le persone tossicodipendenti l’epatite C ha
un’incidenza particolarmente elevata (tra il 60 e l’80%), appare logico che la cura della
forma cronica è particolarmente importante per questa popolazione. Esiste un certo
numero di controindicazioni e di effetti collaterali. Facendo astrazione dei fattori indivi­
duali, le possibilità di successo in caso di terapia applicata correttamente si situano tra il
50% e il 90%, in funzione del genotipo del virus (➞ capitolo III.1.5). Quest’ultimo deter­
mina anche la durata del trattamento farmacologico: 24 o 48 settimane per le/i pazien­
ti negative/i all’HIV.
In caso di epatite B, il rischio di cronicizzazione è molto più debole e si aggira attorno al
10% per le persone adulte. Anche le possibilità di successo di una terapia sono minori.
Essa va ad ogni modo prescritta da specialiste/i, poiché comporta controindicazioni ed
effetti collaterali.
Dato che il virus dell’epatite D appare solo in concomitanza con il virus dell’epatite B, per
entrambi valgono le stesse prescrizioni terapeutiche.
Le epatiti A ed E guariscono sempre e non diventano mai croniche. Una terapia farma­
cologica non è pertanto necessaria.
1.2Epatite A ed E
56
Non esiste una forma cronica.
Durante la fase acuta non occorre seguire alcuna terapia antivirale. Può essere necessa­
rio curare invece eventuali sintomi (nausea ecc.), ma solo su prescrizione medica. Du­
rante questa fase, se la/il paziente si accorge di sanguinare più facilmente, ad esempio
mentre si lava i denti, deve rivolgersi al medico curante per controllare i fattori di coagu­
lazione. Dato che questi sono in parte sintetizzati dal fegato, in caso di epatite partico­
larmente forte possono venire a mancare. Di norma, non occorre modificare l’alimen­
tazione. La/il paziente dovrebbe tuttavia rinunciare a pasti pesanti e per il resto non
sforzarsi, ma mangiare solo ciò di cui ha voglia. Dopo la fase acuta, che può comportare
una spossatezza transitoria ma importante, occorre seguire un periodo di convalescen­
za. In seguito, la vita può riprendere con gli stessi ritmi. Di solito non occorre modificare
l’alimentazione e l’esercizio fisico può essere ripreso normalmente.
Se l’epatite A dovesse avere un decorso grave (epatite fulminante), può rivelarsi neces­
sario un trapianto.
1.3Epatite B (e D) acuta
La maggior parte delle/dei pazienti colpite/i in età adulta da un’infezione acuta di epa­
tite B guarisce senza sviluppare complicazioni. Per questo motivo non occorre alcuna
terapia farmacologica. Nel caso (raro) di un’epatite B con un decorso molto acuto ed un
pregiudizio considerevole delle funzioni epatiche (epatite fulminante), la/il paziente va
ricoverata/o. Talvolta è necessario procedere ad un trapianto.
1.4Epatite B (e D) cronica
Dato che il virus dell’epatite D appare solo in concomitanza con il virus dell’epatite B, per
entrambi valgono le stesse prescrizioni terapeutiche.
Per decidere se trattare o meno un’epatite B cronica, è necessario tener conto di diversi
aspetti:
l’attività virale
l’estensione dei danni al fegato
l’età della/del paziente
il probabile tasso di reazione alla terapia
gli eventuali effetti collaterali.
La terapia funziona soprattutto per le/i pazienti i cui valori epatici sono perturbati (più del
doppio della norma superiore) e il cui fegato è particolarmente colpito (fibrosi, cirrosi).
Esistono due tipi di decorso cronico:
Moltiplicazione (replica) virale importante, caratterizzata dalla presenza di determi­
nati marker (antigeni HBs positivi e antigeni HBe positivi). I danni a lungo termine e i
rischi di contagio sono maggiori;
Moltiplicazione virale più debole (antigeni HBs positivi, antigeni HBe negativi, anticor­
pi HBe positivi).
Per quanto concerne le controindicazioni e per il trattamento di pazienti tossicodipen­
denti, valgono i medesimi principi applicati alla cura di un’epatite C cronica (vedere di
seguito). La terapia da seguire è di norma: antivirale (analogo nucleosidico o nucleotidi­
co) oppure iniezioni di interferone pegilato. L’aderenza alla terapia è importantissima,
soprattutto a causa del rischio elevato di sviluppare resistenze ai farmaci antivirali, ed
alla conseguente necessità di cambiarli. La terapia può durare 6 mesi ma anche diversi
anni. Solo con l’interferone è stato possibile finora eliminare i virus mediante formazio­
ne di anticorpi HBs (sieroconversione HBs).
La terapia consente di limitare la replica virale, passando da una forma forte ad una
debole, e di ridurre l’impatto dei disturbi epatici sul sangue, ma molto raramente (7%) di
guarire l’epatite B cronica. Essa va ad ogni modo prescritta da una/uno specialista (in
epatologia o in malattie infettive).
57
Trapianto del fegato
In caso di cirrosi avanzata, il trapianto del fegato consente di ottenere buoni risultati,
ma per impedire qualsiasi ricaduta, occorre in seguito una profilassi farmacologica a
vita che associ un antivirale e un’immunizzazione passiva regolare con anticorpi
dell’epatite B.
Igiene di vita
Si raccomanda un’alimentazione equilibrata e la drastica riduzione del consumo di alcol.
Per quanto concerne l’attività fisica, non esistono limitazioni importanti; questo vale
sia per il lavoro che per lo sport. D’altro canto, non esistono elementi per poter affer­
mare che l’attività fisica abbia un influsso positivo sul decorso della malattia.
1.5Epatite C
Epatite C acuta
Di solito l’epatite C acuta viene scoperta per caso, poiché abitualmente asintomatica.
Un’epatite C acuta sintomatica guarisce spontaneamente nel 50% dei casi: ciò significa
che dopo 6 mesi non si misura più alcuna viremia (RNA dell’HCV).
Questo tasso di guarigione spontanea è inferiore nei casi di epatite C acuta asintomati­
ca (30% ca.).
L’epatite C acuta risponde molto bene alle terapie a base di interferone alfa, ma per
applicarle occorre attendere 3 mesi. Esse vanno ad ogni modo prescritte da un centro
specializzato.
Epatite C cronica
Tra le persone tossicodipendenti i decessi per malattie del fegato sono in aumento. In
questo contesto, l’epatite C ha un impatto molto forte ed è pertanto assolutamente
necessario eseguire le dovute analisi e considerare le particolarità della terapia per ogni
persona infetta.
Lo scopo principale del trattamento è eliminare il virus dell’epatite C, così da ostacolare
o arrestare il decorso dell’infezione, impedendo che diventi cronica.
In Europa occidentale predominano quattro genotipi (i genotipi 1, 2, 3 e 4). Oltre alla
carica virale, questi sottogruppi influenzano la scelta della terapia, il suo tasso di succes­
so e gli esami di controllo.
Sulla base dei dati più recenti, si può affermare che il tasso di guarigione oscilla tra il 70
e il 90% per i genotipi 2 e 3, mentre si situa attorno al 50% per il genotipo 1. Per dei rari
casi di genotipo 4, il tasso può essere poco superiore al 50%.
1.6Aderenza dei consumatori di droghe
58
Un’aderenza soddisfacente è la condizione indispensabile per avviare una terapia con­
tro l’epatite (e l’HIV). Con « aderenza » si intende l’attitudine, sia del medico sia della/del
paziente, ad impegnarsi per ottenere obiettivi terapeutici definiti di comune accordo.
Nel caso dell’epatite C, si tratta di visite di controllo regolari durante e dopo la terapia,
di iniezioni settimanali e del rispetto scrupoloso delle prescrizioni farmacologiche. In
caso di disturbi psichici o a causa dell’influsso di sostanze psicotrope, l’aderenza delle
persone tossicodipendenti può non essere ideale. Riunendo in un solo luogo il sostegno
psicosociale e l’insieme delle cure mediche, ivi comprese quelle somatiche, è possibile
migliorarla, e non solo per l’epatite C. Più il numero di studi medici nei quali deve recarsi
la/il paziente è elevato, più aumenta il rischio di visite mancate o di interruzione della
terapia. Anche un sostegno ravvicinato ed intenso può influire positivamente sull’ade­
renza.
Le terapie di sostituzione agli oppiacei garantiscono un contesto ideale per avviare un
trattamento dell’epatite C. Se si tratta di pazienti eroinomani, la terapia contro l’epati­
te C va portata avanti parallelamente, nella misura del possibile, al trattamento di so­
stituzione o al trattamento a base di eroina.
I farmaci contro l’epatite vanno consegnati in occasione della visita giornaliera per la
terapia sostitutiva. In questo modo, è possibile seguire le/i pazienti con regolarità, an­
che nel caso in cui abbiano mancato una delle visite stabilite per l’epatite C.
Durante la terapia contro l’epatite C, può rivelarsi necessario aumentare temporanea­
mente la dose di metadone o di eroina.
Una coinfezione da HIV o da virus dell’epatite B può essere trattata anche nel caso di
pazienti che si sottopongono ad una terapia di sostituzione agli oppiacei. Questi casi
sono tuttavia più complicati; le cure, che durano più a lungo, vanno affidate a centri o
studi specializzati.
Trattamento medicamentoso
ed effetti collaterali
1.7Epatite B (e D) cronica
La prescrizione di una terapia contro l’epatite B cronica deve essere demandata a centri
specializzati, poiché occorre tener conto di un gran numero di fattori.
Lo scopo del trattamento antivirale è sopprimere durevolmente il virus dell’epatite B e
normalizzare i valori epatici. Questi ultimi vanno presi in considerazione soprattutto per
scegliere il tipo di cura. Una biopsia epatica non è sempre necessaria.
Attualmente sono disponibili i seguenti medicamenti: lamivudina (Zeffix), telbivudina
(Sebivo), entecavir (Baraclude), tutti analoghi nucleosidici; adefovir (Hepsera), un analo­
go nucleotidico ed interferone pegilato (Pegasys, Pegintron).
Per quanto riguarda il decorso dell’epatite occorre distinguere tra i casi illustrati qui di
seguito.
Epatite B cronica con
antigeni HBe positivi
La presenza di antigeni HBe indica una replica virale importante. La/lo specialista (in
malattie infettive o in epatologia) decide la terapia in funzione delle transaminasi.
Esistono tre casi possibili:
Transaminasi più di 5 volte superiori alla norma più elevata, assenza di controindica­
zioni (➞ capitolo III.1.4) e aderenza probabilmente buona: interferone pegilato du­
rante più di sei mesi. Alternativa: adefovir o entecavir.
Transaminasi da 2 a 5 volte superiori alla norma più elevata: è indicata la terapia a
base di lamivudina che prosegue fino a sei mesi dopo la sieroconversione dell’antige­
ne HBe o alla comparsa di resistenze. Le alternative sono adefovir, entecavir ed inter­
ferone pegilato.
Transaminasi inferiori al doppio della norma superiore: di solito non si avvia alcuna
terapia.
59
Epatite B cronica con
antigeni HBe negativi
Per le/i pazienti con transaminasi superiori al doppio della norma più elevata si preferi­
sce la lamivudina. La terapia prosegue fino a 12 mesi dopo la scomparsa del DNA dell’HBV
o fino alla comparsa di resistenze. Le alternative sono adefovir, entecavir o interferone
pegilato.
Le/i pazienti con transaminasi più basse, di solito, non sono trattate/i.
Portatrice/portatore
inattiva/o di antigeni HBs
(antigeni HBs positivi e
anticorpi HBe positivi)
Queste/i pazienti presentano una viremia molto debole o persino negativa. Le transa­
minasi restano nei limiti della norma e dalla biopsia è possibile constatare che i danni al
fegato sono minimi. La prognosi è di solito buona e non è necessario applicare nessuna
terapia.
Terapia
Una buona aderenza è fondamentale per la riuscita della terapia, in particolare per im­
pedire la comparsa di resistenze precoci.
Interferone pegilato
L’interferone è una proteina naturale dell’organismo, in grado di attivarne il sistema di
difesa e di impedire la moltiplicazione dei virus. Esso rafforza la risposta immunitaria del
corpo. L’interferone pegilato si ottiene fissando alla molecola originaria dell’interfero­
ne una catena di polietilenglicole che ne rallenta la velocità di diffusione e di eliminazio­
ne nell’organismo, di modo che un’unica iniezione settimanale è sufficiente. La terapia
a base di interferone pegilato ha un tasso di successo superiore ed effetti collaterali
meno importanti rispetto a quella basata sull’interferone classico.
La guarigione (eradicazione virale) dell’epatite B cronica è rara (< 5%) e avviene per siero­
conversione AgHBs/anti-HBs.
È indispensabile avviare la terapia prima della comparsa di una cirrosi.
Lamivudina/adefovir/telbivudina/entecavir/tenofovir
Si tratta degli antivirali più usati; sono sostanze chimiche dalla struttura molto simile a
quella delle sequenze del materiale genetico virale. Il virus le confonde con le proprie
sequenze genetiche e, dopo averle integrate, non riesce più a moltiplicarsi. Questi far­
maci sono molto efficaci, ben tollerati e, contrariamente all’interferone, possono esse­
re somministrati sotto forma di pastiglie. Tuttavia, a causa della durata delle terapie, la
loro efficacia tende a diminuire nel corso degli anni in seguito allo sviluppo, più o meno
rapido, di resistenze specifiche. Queste dipendono, nel contempo, dal farmaco stesso e
da fattori individuali. I rischi di sviluppare una resistenza da un lato, e i vantaggi della
cura dall’altro, vanno soppesati con attenzione. In caso di resistenza, occorre avviare
terapie combinate. Si sta attualmente discutendo dell’opportunità di introdurle sin
dall’inizio (un approccio analogo a quello adottato per lottare contro l’HIV).
60
Effetti collaterali
La lamivudina è generalmente ben tollerata. L’entacavir richiede di tenere sotto con­
trollo le funzioni renali. L’adefovir può provocare sintomi gastro-intestinali (nausea,
diarrea). Per gli effetti collaterali dell’interferone, rimandiamo ai capitoli che trattano
della terapia dell’epatite C cronica.
Controlli durante la
terapia
Durante il trattamento per l’epatite B, delle analisi di laboratorio regolari sono indi­
spensabili. Un controllo trimestrale delle transaminasi in caso di un trattamento analo­
go nucleosidico/analogo nucleotidico e un controllo della viremia semestrale sono rac­
comandati.
Durante il trattamento a base di interferone pegilato, dei controlli supplementari della
formula sanguigna e dei valori del fegato devono essere effettuati regolarmente. È consi­
gliato, durante il primo mese, di sottoporsi a queste analisi ogni due settimane ed in segui­
to ogni quattro settimane. Inoltre, un controllo della tiroide è da effettuare ogni 3 mesi.
1.8Epatite C cronica
Prescrizione
La prescrizione medica di una cura contro l’epatite C è in costante evoluzione e regolar­
mente ridiscussa dalle/dagli specialiste/i. Attualmente, la prescrizione avviene di norma
alle condizioni seguenti:
1.Il virus dell’epatite C (HCV-RNA) è presente nel sangue (viremia positiva)
e si constata, indipendentemente dal grado di infiammazione associata, un danno
epatico con fibrosi portale e settale (score Metavir = F2)
oppure la viremia HCV (genotipo 2 e 3) è positiva e le transaminasi sono disturbate
oppure la/il paziente desidera curarsi
e/o la prescrizione si fonda su manifestazioni extra-epatiche (in tal caso si può ri­
nunciare alla biopsia).
2. Non vi sono controindicazioni (depressioni o psicosi non controllate; patologie pol­
monari, cardiache o neurologiche avanzate; malattie del sistema immunitario; ma­
lattie con prognosi negativa (eccetto nel caso di lunga remissione); anemia grave
(<10g/dl); indizi di disturbi epatici avanzati/non controllati; abuso etilico o consumo di
droga per via endovenosa). Se la/il paziente desidera un figlio in un futuro immediato,
occorre rinunciare a qualsiasi terapia, poiché la Ribavirina presenta un rischio di mal­
formazione fetale (si veda più avanti, Effetti collaterali). L’importanza di alcune delle
controindicazioni che sono state menzionate (anemia, abuso etilico o alcolismo, dia­
bete, consumo di droga per via endovenosa) è relativa, poiché è possibile trattarle o
stabilizzarle prima di avviare la terapia contro l’epatite C cronica (si veda più avanti,
Informazioni in caso di consumo).
3. La/il paziente condivide la decisione di avviare la terapia dopo essere stata/o
informata/o dettagliatamente sulle probabilità di successo, sui potenziali effetti col­
laterali e sul rischio, in caso di rinuncia, che la malattia abbia un decorso negativo.
4. La/il paziente aderisce alla terapia (è disposta/o a seguire il trattamento e a presen­
tarsi regolarmente alle visite di controllo) e ne approva le modalità (si veda più avanti,
Controlli medici durante la terapia e Aderenza delle persone tossicodipendenti alla
terapia). L’assunzione regolare dei farmaci nel corso dell’intera terapia (dai 6 ai 12
mesi per le/i pazienti negative/i all’HIV) è condizione indispensabile per la sua riuscita.
L’esperienza mostra che può rivelarsi difficile osservare scrupolosamente le prescri­
zioni durante un periodo così lungo. Il successo della cura dipende in larga misura
dalla relazione di fiducia che la/il paziente e la/il medico curante riescono ad instaura­
re, in particolare durante le fasi più delicate (ad esempio, quando la/il paziente desi­
dererebbe interrompere la terapia a causa della spossatezza indotta dalla stessa).
È raccomandato, se possibile, di combinare il trattamento per l’epatite C con la terapia
sostitutiva. Spesso è il caso di aumentare temporaneamente la dose di metadone o di
eroina durante la terapia. È controindicato effettuare un trattamento per l’epattie C
durante una cura di disintossicazione o durante i 6 mesi successivi a causa dei rischi ele­
vati di ricadute.
Per le persone in ambiente chiuso (istituti di cura residenziale e carceri), è possibile av­
viare un trattamento dell’epatite C. L’aderenza alla terapia è persino migliore. Vanno
61
tuttavia prese precauzioni particolari per evitare un’interruzione brusca al momento
della dimissione.
Terapia
L’epatite C cronica viene attualmente trattata con una combinazione di interferone
pegilato e di Ribavirina.
L’interferone pegilato viene somministrato una volta alla settimana per iniezione sot­
tocutanea. L’iniezione può essere effettuata dalla/dal paziente stessa/o, debitamente
istruita/o, o da una persona curante.
Il secondo farmaco, la Ribavirina, viene assunto due volte al giorno (a 12 ore di interval­
lo) sotto forma di pastiglie, durante i pasti.
Sul mercato esistono due tipi di interferone pegilato (interferone pegilato alfa2a e in­
terferone pegilato alfa2b). Per il momento, non esistono studi comparativi sui risultati
di questi due farmaci: la scelta dipende pertanto da criteri individuali, dal modo di som­
ministrazione (il tipo di siringa non è lo stesso per i due) e dai costi.
Posologia
Interferone pegilato alfa2a
genotipi 1 e 4 (durata del trattamento: 48 settimane):
– 180µg interferone pegilato alfa2a sc
– Ribavirina 5 o 6 x 200mg (secondo peso corporeo < o > 75kg)
genotipi 2 e 3 (durata del trattamento: 24 settimane):
– 180ug interferone pegilato alfa2a sc
– Ribavirina 4 o 5 x 200mg (secondo peso corporeo < o > 75kg)
Interferone pegilato alfa2b
La dose dipende dal peso corporeo:
interferone 1.5ug/kg una volta alla settimana, durante 48 settimane
Ribavirina:
< 65kg: 800mg/giorno (2 past. mattino e sera)
65–85kg:1000mg/giorno (2 past. mattino, 3 past. sera)
> 85kg: 1200mg/giorno (3 past. mattino e sera)
Genotipo 1 e 4: durata di 48 settimane
Genotipo 2 e 3: durata di 24 settimane
Gli effetti collaterali sono illustrati più avanti.
Durata della terapia
62
Il genotipo e la viremia determinano la durata della terapia che può protrarsi da 24 a 48
settimane per le persone negative all’HIV.
La carica virale (viremia, RNA dell’HCV) è misurata all’inizio del trattamento, dopo un
mese, tre mesi e alla fine (si veda più avanti, Controlli medici durante la terapia, Control­
li medici dopo la terapia). Gli esiti possibili della terapia sono tre: conclusione, interruzio­
ne per mancanza di risultati, continuazione.
Genotipi 1 e 4: di norma 48 settimane. Se la viremia non è negativa dopo 3 mesi o non
è diminuita di almeno 2 log (di almeno 100 volte), la terapia va interrotta, poiché le
probabilità di riuscita sono troppo ridotte rispetto ai rischi (effetti collaterali).
Genotipi 2 e 3: in caso di viremia debole, 24 settimane. In caso di viremia elevata e di
mancata risposta virale alla 24a settimana, la terapia dura 48 settimane.
Determinare la viremia dopo uno e tre mesi non è indispensabile, ma serve a motivare
la/il paziente che, a causa degli effetti collaterali particolarmente fastidiosi, ne ha so­
vente bisogno. Una viremia negativa già dopo un mese è infatti indizio di buone proba­
bilità di riuscita, a condizione, evidentemente, che la/il paziente osservi scrupolosamen­
te le indicazioni farmacologiche durante tutta la terapia.
Controlli medici durante
la terapia
I prelievi di sangue sono settimanali durante le prime 8 settimane; in seguito dipende
dal decorso, ma almeno una volta al mese.
Funzioni epatiche (ALT, bilirubina ecc.): ogni 2 settimane durante il primo mese ed in
seguito mensilmente.
La funzione tiroidea (dosaggio del TSH): ogni 3 mesi.
Determinazione della viremia (RNA dell’HCV): dopo un mese e dopo tre mesi e, per i
genotipi 1 e 4 un ulteriore controllo dopo 6 mesi di trattamento.
Se dopo 4 settimane, il tasso di viremia non è più significativo, una riduzione della
terapia può essere presa in considerazione.
Se dopo 12 settimane è diminuito di meno di 2 log, la terapia può essere interrotta
poiché le prospettive di guarigione sono molto ridotte.
Se dopo 24 settimane, per i genotipi 1 e 4, il trattamento va proseguito solo se HCVRNA non è più rilevabile.
Controlli medici dopo la
terapia
In caso di terapia conclusa con successo:
determinazione della viremia (RNA dell’HCV) e funzioni epatiche (ALT) 6 mesi dopo la
fine del trattamento
controllo dell’emogramma e di eventuali anomalie sanguigne (TSH) 3 e 6 mesi dopo la
fine del trattamento o fino a normalizzazione
Successo della terapia
La terapia è considerata riuscita e la/il paziente dichiarata/o guarita/o dall’epatite C
cronica se la viremia (RNA dell’HCV) resta negativa 6 mesi dopo la fine della terapia. In
quel momento, di solito, anche le transaminasi (ALT, AST) rientrano nei limiti della nor­
ma. Se queste sono anormali al momento del controllo, non significa ad ogni costo che
la terapia sia fallita, dato che su di esse agiscono anche altri fattori.
Le probabilità di successo oscillano tra il 50 e il 90% a dipendenza del genotipo; i genotipi
2 e 3 reagiscono meglio alla terapia.
Dopo una terapia riuscita (sustained response 6 mesi dopo il termine della terapia), le
possibilità di ricaduta durante i due anni successivi si situano attorno all’1–2% (late re­
lapse).
Se la terapia fallisce, resta sempre la possibilità di avviarne un’altra e la/il paziente con­
serva intatte tutte le probabilità di guarigione.
Terapie brevi
In caso di viremia negativa dopo sole quattro settimane, la terapia può essere abbrevia­
ta in alcuni casi a 16 settimane per i genotipi 2 e 3 e a 24 settimane per il genotipo 1.
Queste le condizioni necessarie: viremia debole (< 600 000 IU/ml) prima dell’inizio della
terapia, assenza di cirrosi e di diminuzione della Ribavirina nel corso della terapia, buona
aderenza. Se un trattamento si svolge senza problemi particolari, si raccomanda di se­
guire la terapia per tutta la durata prevista, poiché i risultati saranno migliori. Una tera­
pia breve va presa in considerazione solo se le condizioni appena menzionate sono date
e solo se appaiono effetti collaterali importanti.
63
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali e la loro importanza possono essere molto diversi da individuo ad
individuo. Di solito insorgono all’inizio della terapia, ossia durante le prime quattro set­
timane e sovente si riducono con il passare del tempo.
Sintomi somatici
Sindrome influenzale: appare nelle ore o nei giorni (in caso di interferone pegilato)
immediatamente seguenti l’iniezione. Sintomi: febbre, mal di testa, fatica, dolore
muscolare ed articolare. Questi sintomi possono essere combattuti con un normale
analgesico (paracetamolo, 500mg, 2–4 past./giorno).
Spossatezza: molto frequente. Può diminuire nel corso della terapia, ma scompare
solo al termine.
Nausea: sovente accusata all’inizio della terapia (Ribavirina). Se persiste, si può ricor­
rere ad un trattamento sintomatico.
Inappetenza e perdita di peso.
Diminuzione della libido.
Indebolimento o perdita dei capelli.
Disturbi cutanei: secchezza della pelle, talvolta complicata da un eczema con prurito.
Si può evitare se la/il paziente applica all’inizio della terapia ogni giorno una crema o
una lozione nutritiva. Perché questa misura abbia successo, occorre insistere sin
dall’inizio della terapia, soprattutto con i pazienti di sesso maschile che non sono abi­
tuati a questo genere di cura del corpo. Questi effetti collaterali cessano quando si
interrompe l’assunzione dei farmaci.
La terapia può riattivare una psoriasi.
Ipertiroidismo o ipotiroidismo (disturbo raro). In generale, occorre optare per un
trattamento che sia ben sopportato e non comporti controindicazioni per il prose­
guimento della terapia contro l’epatite C. Spesso si può interrompere il trattamento
qualche mese dopo la fine di quest’ultima. Dato che esso può comportare disturbi che
si ripercuotono negativamente sulla qualità di vita, è bene che il medico curante in­
formi la/il paziente, così da permetterle/gli di fare le sue scelte con consapevolezza e
di discutere, nel corso della terapia, di qualsiasi eventuale nuovo problema.
Malattie autoimmuni (rare).
La Ribavirina può provocare malformazioni fetali e modificare lo sperma. Durante il trat­
tamento e nel corso dei sei mesi seguenti, le/i pazienti devono assolutamente evitare il
concepimento. È pertanto indispensabile applicare una doppia contraccezione affidabile
durante tutta la durata della terapia e nel corso dei sei mesi che seguono la sua fine.
Sintomi ematici
64
La terapia contro l’epatite C ha effetti collaterali a livello sanguigno. Occorrono pertan­
to regolari prelievi di sangue.
Effetti dell’interferone
Leucopenia: diminuzione del numero di globuli bianchi (che intervengono nella rispo­
sta immunitaria alle infezioni).
Trombocitopenia: diminuzione dei trombociti e delle piastrine (che intervengono
nell’arresto delle emorragie). Queste diminuzioni sono legate al dosaggio dell’inter­
ferone e possono essere corrette regolandolo di conseguenza.
Effetti della Ribavirina
Calo dell’emoglobina; al di sotto di un certo limite si può giungere all’anemia. L’ane­
mia può provocare spossatezza e fatica respiratoria, soprattutto in caso di sforzo fi­
sico. Poiché questo effetto dipende dal dosaggio prescritto, a seconda dei casi, occor­
re diminuirlo.
Diminuire le dosi di interferone e/o di Ribavirina, tuttavia, può pregiudicare l’efficacia
della terapia. In alcuni casi il medico può prescrivere un trattamento che stimoli la pro­
duzione di globuli bianchi e/o di globuli rossi (EPO o eritropoietina): prima di decidersi in
questo senso, va tuttavia consultata la cassa malati per verificare la copertura dei co­
sti.
Sintomi psichici
Effetti collaterali psichici
dell’interferone
Sia durante un’infezione al virus dell’epatite C sia durante i relativi trattamenti, sussiste
il rischio di malattie psichiatriche.
Diversi studi mostrano una prevalenza elevata di disturbi depressivi (22–28% delle per­
sone infette) e di angosce (10–25%) quando la malattia non è trattata. Si osservano
spesso dei comportamenti a rischio più elevati tra le persone che manifestano i disturbi
della personalità citati precedentemente.
I diversi disturbi psichiatrici possono influenzare considerevolmente lo sviluppo e il trat­
tamento dell’epatite C. È altresì importante considerare la comorbidità psichiatrica dei
pazienti.
L’assunzione dell’interferone può avere degli effetti collaterali neuro-psichiatrici che
possono indurre una riduzione della posologia o addirittura l’interruzione della terapia.
Sbalzi di umore, instabilità emotiva e irritabilità: relativamente frequenti.
Stati depressivi: più rari. Insorgono soprattutto nelle persone predisposte. In tal caso,
può rivelarsi opportuno avviare una terapia farmacologica parallela a base di antide­
pressivi.
Disturbi del sonno
Stati d’ansia
Stati maniacali
Disturbi cognitivi (memoria, concentrazione)
Stati confusionali (raramente)
Questi effetti collaterali spiegano in parte le difficoltà incontrate dalle persone tossico­
dipendenti nell’iniziare o nel portare a termine una terapia. Se la/il paziente viene
preparata/o con chiarezza e messa/o in guardia di fronte a questi disturbi, le possibilità
di una buona aderenza alla terapia aumentano.
Le/i pazienti che soffrono di disturbi psichiatrici non controllati andrebbero seguite/i da
un’equipe pluridisciplinare, preparata in medicina delle dipendenze, malattie infettive e
epatologia.
La terapia contro l’epatite C dura a lungo e continua, sovente per mesi, dopo il termine
del trattamento antivirale. Il medico curante dovrà incontrare la/il paziente almeno
una volta al mese.
Prima di iniziare la terapia e durante il suo svolgimento è pertanto fondamentale:
Informare le/i pazienti e i loro congiunti di questi rischi, stati confusionali compresi e
rispondere alle loro domande.
In caso di sintomi depressivi, reagire rapidamente avviando un trattamento adegua­
to, spiegando che le relative prescrizioni sono dovute agli effetti collaterali dell’inter­
ferone e che, al termine della cura, non saranno più necessarie.
Proporre un trattamento antidepressivo a titolo preventivo nel caso in cui la/il
­paziente abbia già attraversato stati d’animo di questo genere, non importa se con o
senza tendenze suicide.
65
I pazienti con un’instabilità psichiatrica devono essere indirizzati presso degli specialisti
o centri competenti.
1.9Informazioni in caso di consumo
In caso di consumo di droga per via endovenosa o per via nasale esiste un rischio di
reinfezione da virus dell’epatite C. Occorre avvertire le/i pazienti e spiegare loro come
proteggersi (si veda quanto spiegato a proposito della prevenzione).
Se la persona che desidera curare la sua epatite C cronica si trova in una fase di consu­
mo attivo, è consigliabile stabilizzarla prima mediante un trattamento sostitutivo. È
inoltre importante rammentarle regolarmente le regole igieniche da osservare, poiché
anche le/i pazienti più stabilizzate/i possono sempre incappare in un consumo occasio­
nale. Sono loro, d’altra parte, che corrono i rischi maggiori, poiché se si trovano di
fronte ad una proposta imprevista non hanno probabilmente con sé strumenti sterili.
Considerati i rischi di ricaduta che la/il paziente corre al termine di un trattamento di
sostituzione, la prescrizione di una terapia contro l’epatite C deve essere ponderata
con la massima cura.
Consumo d’alcol e
terapia per l’epatite C
Durante il trattamento, il consumo d’alcol dovrebbe essere ridotto il più possibile. L’al­
col non ha un’influenza negativa diretta sull’efficacia del trattamento. Tuttavia, il con­
sumo può peggiorare l’aderenza del paziente e compromettere il prosieguo del tratta­
mento. Per le persone che non possono evitare di bere alcol durante questo periodo,
bisogna fare attenzione all’aderenza della terapia e prendere eventuali misure per mi­
gliorarla.
1.10Reticenze di fronte al trattamento dell’epatite C
66
Si dice
«Quando si è dentro fino al collo o si è sulla strada, non si può seguire alcuna terapia»
oppure: «Si può seguire una terapia solo quando si è sotto metadone (oppure se si segue un trattamento a base di eroina).»
Risposta
Un consumo regolare di droga o il fatto di «essere sulla strada» non costituisce di per
sé una controindicazione al trattamento di un’epatite cronica. Comporta però una
certa disorganizzazione esistenziale che impedisce alla persona malata, anche se mol­
to motivata, di affrontare la terapia con la dovuta costanza. I fattori decisivi sono
piuttosto la forza di volontà e la capacità di portare avanti una terapia che richiede una
buona dose di disciplina. Prima di avviare un trattamento, pertanto, occorre discutere
con la/il paziente di ogni concreto dettaglio organizzativo; di chiederle/gli quindi cosa
intende fare, ad esempio, se è in manco, senza soldi e, nel contempo, ha appuntamen­
to dal medico curante per le iniezioni o i prelievi di sangue… Occorre soprattutto pro­
porle/gli di seguire momentaneamente un trattamento sostitutivo. Le probabilità di
successo variano da un individuo all’altro e devono essere giudicate di volta in volta,
tenendo conto degli antecedenti, dal medico, dalla/dal paziente ed eventualmente da
altre persone di riferimento.
Si dice
«Gli effetti collaterali sono così devastanti che è meglio lasciare perdere.»
Risposta
Gli effetti collaterali possono variare molto da individuo a individuo e sono difficilmente
prevedibili. Vi sono casi in cui pazienti che appaiono particolarmente «fragili» riescono a
portare a termine la terapia senza particolari problemi. Al contrario, pazienti che appa­
iono robuste/i sono costrette/i a convivere con effetti collaterali particolarmente gravi,
tali da imporre l’interruzione della terapia. La maggior parte delle/dei pazienti si situa
tra questi due estremi: è vero che possono insorgere effetti collaterali, ma in molti casi
sono decisamente sopportabili e possono venir curati con farmaci specifici. Gli effetti
collaterali spariscono progressivamente al termine della terapia, mentre i sintomi di
un’epatite cronica si protraggono sovente per molti anni.
Si dice
«La terapia rende depressi.»
Risposta
Solo poche/i pazienti diventano veramente molto depresse/i durante il trattamento.
L’esperienza mostra che la maggior parte attraversa piuttosto delle fasi di instabilità
emotiva che non vanno confuse con uno stato di depressione. In realtà, la depressione
grave nel senso psichiatrico del termine è rara. In tali casi, il ricorso a farmaci antide­
pressivi si rivela sovente estremamente efficace.
Si dice
«Solo poche persone guariscono veramente.»
Risposta
Secondo il genotipo ed i farmaci prescritti, il tasso di riuscita oscilla tra il 50 e il 90%. Si
può pertanto affermare che la terapia è efficace per molte/i pazienti.
Si dice
«Nessuno ti paga la terapia.»
Risposta
I consulti medici e la maggior parte dei farmaci descritti in precedenza sono coperti dal­
la cassa malati. Il trattamento dell’epatite C è compreso nell’assicurazione obbligatoria
delle cure medico-sanitarie. I farmaci non (ancora) autorizzati ufficialmente sono forni­
ti di norma solo nell’ambito di esperimenti clinici o di programmi early access: anche in
tal caso non sono a carico della/del paziente.
67
IV. Annessi
69
1.Glossario
A
ac
anticorpo
aderenza
rispetto, sia da parte del medico che del paziente, degli obiettivi definiti
per il trattamento
allarme sangue
attenzione particolare ai possibili contatti con il sangue
ALT
transferasi alaminaminica, anche ALAT; in passato GPT (glutammato piruvato
transaminasi). Enzima del fegato; la sua concentrazione più o meno elevata
permette di valutare i danni subiti dal fegato in seguito ad un’infezione analisi
in caso di sospetta infezione
antigene (ag)
sostanza (proteina o peptide [componente delle proteine]) che porta
alla formazione di anticorpi
anti-HBc
anticorpi contro l’antigene HBc anti-HBs
anticorpi contro l’antigene HBs asintomatico
che non presenta sintomi 70
19
40
31
30
21
33
33
16
B
base
bilirubina
biopsia epatica
propriamente: cocaina base = crack normale prodotto della degradazione dell’emoglobina
prelievo di cellule del fegato in caso di sospetto di un’epatite cronica
C
CD4 cirrosi epatica
coinfezione contaminato
crack
test che misura la quota di determinati linfociti coadiuvanti (o helper) nel sangue
(in caso di HIV)
grave disturbo delle funzioni epatiche
presenza di più di un agente patogeno attivo infetto
cocaina base, ottenuta da cloridrato di cocaina (cocaina). Può essere fumata,
contiene residui di ammoniaca D
DNA
diritto del lavoro
(dall’ingl. deoxyribonucleic acid) acido desossiribonucleico; una molecola molto
grossa, portatrice dell’informazione genetica. Sulla base di questa informazione,
iscritta nel DNA sotto forma di codice genetico, vengono sintetizzate le proteine
disposizioni concernenti il lavoro
32
52
E
effetti collaterali
epatiti
esposizione
indotti dalla terapia contro l’epatite C
le 5 forme di epatite virale (med.) contatto 59
12
29
48
17
32
25
12
25
43
48
F
feci, fecale
Fibroscan
free base frontloading
fulminante
(escrementi), sostanze residue che gli organismi animali (compreso quello
umano) non riescono a sintetizzare, e che quindi espellono (escrementi e urina)
tecnica che permette di valutare l’elasticità del fegato ; costituisce
un’alternativa alla biopsia epatica
cocaina free base, ottenuta dal cloridrato di cocaina (cocaina) mediante
un dispendioso procedimento; può essere fumata condivisione di una dose di droga preparata per l’iniezione endovenosa: la droga
pronta per il consumo viene raccolta con una siringa da cui, attraverso l’apertura
superiore (cono), potrà essere attinta da altre siringhe. Notevoli rischi di infezione,
nel caso una delle siringhe utilizzate sia contaminata (med.) decorso grave rapido
G, H
genotipo
gravidanza
HAV
HAV-ac
HBe
HBe-ag
HBs-ag
HBs-ag+
HBV
HBV-DNA
HCV
HDV
HEV
HIV
sottogruppo del virus dell’epatite C
possibili vie di trasmissione
virus dell’epatite A anticorpi contro il virus dell’epatite A parte del capside (ingl. envelope) del virus dell’epatite B antigene dell’epatite B, parte del capside. Appare durante la moltiplicazione
del virus; funzione sconosciuta antigene dell’epatite B, parte della superficie (ingl. surface) del virus dell’epatite B;
è di norma il primo segno rilevabile di un’infezione di epatite B. In passato
detto anche antigene Australia (Au) oppure HAA (antigene associato all’epatite)
antigene positivo dell’epatite B; manifestazione di un’epatite B acuta
virus dell’epatite B DNA (acido desossiribonucleico) del virus dell’epatite B; il materiale genetico
del virus virus dell’epatite C
virus dell’epatite D
virus dell’epatite E
(dall’ingl. Human Immunodeficiency Virus), virus dell’AIDS 58
37
19
19
31
I
igiene delle mani
IgG o IGG
IgM o IGM
immunità incubazione
infezione
INR
interferone PEG lavarsi le mani immunoglobulina (anticorpo) di tipo G
immunoglobulina (anticorpo) di tipo M
resistenza di un organismo ad agenti patogeni, sviluppata grazie a
1. formazione di anticorpi in seguito al superamento di una malattia infettiva
2. formazione di anticorpi in seguito ad un vaccino
periodo compreso tra l’infezione e la comparsa dei primi sintomi clinici
della malattia presenza di agenti patogeni in un organismo, può anche non essere
accompagnata da sintomi (International Normalized Ratio) valore determinato dopo l’analisi di un prelievo
di sangue per controllare l’effetto di farmaci per diluire il sangue interferone pegilato; interferone accoppiato con polietilenglicole (PEG)
40
19
19
13
14
32
48
46
12
37
54
20
20
60
23
24
25
14
14
12
31
59
71
72
K, L, M,
malattia alterazione dell’integrità funzionale di un organismo, con presenza di sintomi 12
N, O
oro-fecale
(per distinguere un tipo di contagio) quando la bocca entra in contatto con residui
di escrementi
13
P
PCR
profilassi post-esposizione
reazione di polimerizzazione a catena; metodo per moltiplicare il DNA senza
utilizzare organismi viventi, come ad es. escherichia coli oppure lieviti
misure adottate in seguito ad un contatto a rischio con una persona
potenzialmente infetta
Q, R
regole per il consumo
RNA
per i consumatori di droghe
(dall’ingl. ribonucleic acid) acido ribonucleico. Acido nucleico che trasporta
l’informazione genetica dal DNA ai sistemi deputati alla sintesi delle proteine 46
S
screening
secrezioni genitali situazione a rischio
sterilità analisi sistematica per rilevare la presenza di anticorpi
liquidi secreti dalle parti genitali = sperma e secrezioni vaginali misure urgenti da applicare in seguito ad una situazione a rischio incapacità a riprodursi 23
13
44
17
T, U
terapia
transaminasi
delle epatiti enzimi del fegato, rilevati nei valori epatici
56
30
V, W, X, Y, Z
vaccinazione
virale viremia contro l’epatite relativo ad un virus
concentrazione virale nel plasma sanguigno
34
12
32
23
52
61
1
2
3.Schede illustrative
Iniezione
1
1
1
3
32
1
3
1
43
6
62
3
32
2
4
4
61
4
64
61
2
5
73
5
7
2
9
5
7
93
4
9
7
10458
10
68
Lavarsi accuratamente le mani.
Preparare un supporto pulito.
Per iniettarsi, utilizzare sempre
materiale nuovo e personale: siringa,
ago, recipiente per l’acqua, acqua,
cucchiaio, filtro, acido ascorbico
(migliore del succo di limone), alcol e
tamponi puliti, laccio emostatico,
cerotto.
Il materiale per iniettarsi non va né
passato ad altri né condiviso!
Nemmeno i filtri – nemmeno «per
dare una mano»!
Utilizzare una siringa sterile e un
filtro (in caso d’emergenza, un pezzo
di filtro di sigaretta). Non utilizzare i
denti per togliere il filtro.
Il liquido nella siringa deve essere
chiaro e pulito.
32
6
4
9
7
69
Stringere il laccio emostatico
(aspettare che le vene «escano»).
Disinfettare il punto di iniezione con
un tampone imbevuto di alcol.
4
6
9
5
7
10
9
Se nella siringa entra sangue rosso
chiaro, è stata toccata un’arteria.
Ritirare l’ago e premere con forza il
punto di iniezione durante almeno 5
minuti.
5
10
678
10
8
9
10
Nel locale per il consumo: le
siringhe usate vanno gettate
negli appositi contenitori senza
cappuccio di plastica sull’ago.
78
9
10
5
5
72
Quando l’ago è correttamente
posizionato (sangue scuro): prima di
premere il pistone della siringa,
sciogliere il laccio emostatico.
84
8
10
Dopo l’iniezione: premere la vena e
pulire le gocce di sangue con un
tampone pulito. Applicare un
cerotto.
5
7
Al di fuori di un locale per il consumo:
reincappucciare l’ago delle siringhe
usate. La siringa va posta in un
recipiente solido (ad es. una lattina
vuota) e gettata nella spazzatura.
8
10
Pulire la superficie. Le siringhe usate
(senza ago!),i tamponi, i filtri ecc.
vanno gettati nella spazzatura.
Lavarsi accuratamente le mani.
73
7
9
8
10
Disinfezione
Alc
Alc
Alc
Alc
Alc
Disinfettare cucchiaio e recipiente per l’acqua
1 1 1
1 1 1
2 2 2
2 2 2
4 4 4
4 4 4
5 5 5
5 5 5
Alc
Il cucchiaio e il recipiente per l’acqua
vanno disinfettati con tamponi
imbevuti di alcol o con uno
sbiancante (ad es. candeggina).
Asciugare con un tampone pulito
o con un fazzoletto di carta.
74
Versare molto disinfettante sul
recipiente per l’acqua e sul cucchiaio
con l’aiuto di tamponi o di fazzoletti
di carta.
Risciacquare con acqua corrente.
3 3 3
3 3 3
Lasciar agire durante almeno
5 minuti.
6 6 6
6 6 6
Asciugare nuovamente con un
tampone pulito o con un fazzoletto
di carta.
Primi soccorsi / Medicare una ferita
Paziente
Persona curante
1 1 1
1 1
1 1 1
1
Lasciar sanguinare brevemente la
ferita.
2 2 2
2 2
2 2 2
2
Lavare accuratamente le mani...
Disinfettare la ferita.
6 6 6
6 6
6 6 6
6
5
Le ferite piccole vanno protette con
un cerotto; le ferite più grandi con
una benda.
6
...e frizionarle con una soluzione
disinfettante.
4 4 4
4 4
4 4 4
42
3
7 7 7
7 7
7 7 74
7
8 8 8
8 8
8 8 8
8
Infilare guanti di latex. Se si è
entrati in contatto con il sangue:
gettare i guanti sporchi e infilarne
un nuovo paio.
5 5 5
5 5 1
5 5 5
5
3 3 3
3 3
3 3 3
3
Le gocce di sangue
cadute sul piano di lavoro
vanno pulite con una
soluzione disinfettante.
Garze, tamponi, guanti
ecc. usati e sporchi di
sangue vanno gettati
immediatamente.
7
Lavarsi accuratamente le mani...
9 9 9
9 9
9 9 9
9
8
...e frizionarle con una soluzione
disinfettante.
75
«Allarme sangue!»
Nel caso di determinati virus, un’infima quantità di sangue, anche invisibile, è sufficiente per provocare
un’infezione. Nella vita quotidiana si può entrare in contatto con sangue o oggetti sui quali vi possono
essere ancora sangue o residui di sangue (anche secchi):
Ferite da taglio in cucina o altrove
Ferite con aghi, lame o altri oggetti
non personali
Primi soccorsi: contatto diretto
con ferite aperte (suggerimento:
usare guanti!)
Superfici e supporti sui quali sia stato
posato materiale sporco (ad es.
tavoli, fogli di carta)
Contenitori dai quali sia stata
prelevata acqua con una siringa
usata
Siringhe (usate) per ripartire
la sostanza
76
Pratiche sessuali con ferite
(anche minime)
Rianimare senza maschera persone
con sangue da naso o ferite alla
bocca
Morsi di persone con ferite alla bocca
Residui di sangue che rimangono
sulle dita dopo aver grattato ferite,
punture di insetti, eczemi e così via
Toccare o farsi toccare con dita
sporche di sangue vene già bucate
Dopo aver estratto l’ago, non
premere il punto dell’iniezione con
dita sporche (utilizzare piuttosto un
batuffolo o un tampone di cotone
pulito)
Spazzolini da denti, rasoi, lame
di rasoio, forbicine o lime per le
unghie
Strumenti da tatuaggio o da piercing
(sporchi, non sterilizzati o sterilizzati
solo parzialmente)
Tubetti per inalare quando si sniffa
oppure si respirano i vapori della
sostanza
Filtri (toccati con le dita o entrati in
contatto con residui di sangue)
Cucchiai (sporchi, non sterilizzati o
sterilizzati solo parzialmente)
Residui di sangue (anche secco)
su accendini, laccio emostatico,
contenitori d’acqua o altri oggetti
(ad es. il coltello utilizzato per
ripartire la sostanza)
3.numeri di telefono e Indirizzi
Urgenze – profilassi
post-esposizione in caso
di infezione da HIV o
da virus dell’epatite
San Gallo
Kantonsspital St. Gallen
Infektiologische Sprechstunde
Rorschacher Strasse 95
9007 San Gallo
Tel. 071 494 10 28
Basilea
Universitätsspital Basel
Medizinische Poliklinik
Petersgraben 4
4031 Basilea
Tel. 061 265 50 05
www.medpol.ch
Zurigo
Universitätsspital Zürich
Klinik für Infektionskrankheiten
Rämistrasse 100
8091 Zurigo
Tel. 044 255 33 22, 044 255 25 41 oppure 044 255 88 31
Berna
Inselspital
Poliklinik für Infektiologie und Reisemedizin
Polikliniktrakt 2, Eingang 29, Stock B
3010 Berna
Tel. 031 632 27 45
Klinik Im Park
Zentrum für Infektionskrankheiten
Haus Bellaria
Bellariastrasse 38
8038 Zurigo
Tel. 044 209 20 60
Ginevra
Hôpital cantonal HUG
Service des maladies infectieuses
Rue Micheli-du-Crest 24
1211 Ginevra
Tel. 022 372 96 17
Losanna
Centre Hospitalier Universitaire Vaudois (CHUV)
Consultation ambulatoire Maladies Infectieuses
Rue de Bugnon 46
1011 Losanna
Tel. 021 314 10 06
Al di fuori degli orari d’apertura (lunedì–venerdì) :
Tel. 021 314 11 11
(chiedere del medico di guardia per il reparto infettivologia)
Lugano
Ospedale Regionale di Lugano
Servizio Malattie Infettive (SMI)
Via Tesserete 46
6900 Lugano
Tel. 091 811 60 21
Test HIV anonimi
e centri di consulenza
Argovia
Aids-Hilfe Aargau
Entfelderstrasse 17
Postfach 2140
5001 Argovia
Tel. 062 824 44 50
Tel. 062 824 30 50 (consulenza anonima)
Fax 062 824 44 09
[email protected]
www.safersex.ch
Appenzello
Fachstelle für Aids- und Sexualfragen
Tellstrasse 4
Postfach 8
9001 San Gallo
Tel. 071 223 68 08
Tel. 071 223 38 68 (consulenza)
Fax 071 223 66 07
[email protected]
www.ahsga.ch
77
Basilea
Aids Hilfe beider Basel
Clarastrasse 4
4058 Basilea
Tel. 061 685 25 00
Fax 061 685 25 01
[email protected]
www.ahbb.ch
Berna
Aids Hilfe Bern
Monbijoustrasse 32
3011 Berna
Tel. 031 390 36 36 (tedesco)
Tel. 031 390 36 38 (francese)
Fax 031 390 36 37
[email protected]
www.aids-be.ch
Friburgo
Centre Empreinte
Bd. de Pérolles 57
1700 Friburgo
Tel. 026 424 24 84
Fax 026 424 24 83
[email protected]
www.tremplin.ch
Ginevra
Dialogai
Rue de la Navigation 11–13
1211 Ginevra
Tel. 022 906 40 40
Fax 022 906 40 44
[email protected]
www.dialogai.org
Groupe Sida Genève
Rue Pierre Fatio 17
1204 Ginevra
Tel. 022 700 15 00
Fax 022 700 15 47
[email protected]
www.groupesida.ch
78
Grigioni
Aids-Hilfe Graubünden
Lürlibadstrasse 15
7000 Coira
Tel. 081 252 49 00
[email protected]
www.aidshilfe-gr.ch
Giura
Groupe Sida Jura
Route de Porrentruy 6
Case postale 459
2800 Delémont 1
Tel. 032 423 23 43
Fax 032 423 23 76
[email protected]
www.sida-ju.ch
Liechtenstein
fa6
Fachstelle für Sexualfragen und HIV-Prävention
Im Malarsch 4
Postfach 13
FL-9494 Schaan
Tel. 00423 232 05 20
Fax 00423 233 25 20
[email protected]
www.fa6.li
Lucerna
Aids-Hilfe Luzern
Museggstrasse 27
Postfach
6004 Lucerna
Tel. 041 410 69 60
Fax 041 410 68 48
[email protected]
www.aidsluzern.net
Neuchâtel
Groupe Sida Neuchâtel
Grand-Rue 18
2034 Peseux
Tel. 032 737 73 37
Fax 032 737 73 39
[email protected]
www.info-sida.ch
Sciaffusa
Aids-Hilfe Thurgau-Schaffhausen
Rathausbogen 15
8200 Sciaffusa
Tel. 052 625 93 38
Fax 052 625 93 39
[email protected]
www.aids-sh.ch
Svitto
Fachstelle für Aids-Fragen
Centralstrasse 5d
6410 Goldau
Tel. 041 859 17 27
Fax 041 859 17 29
[email protected]
www.gesundheit-schwyz.ch,
www.aids-sz.ch
San Gallo
Fachstelle für Aids- und Sexualfragen
Tellstrasse 4
Postfach 8
9001 San Gallo
Tel. 071 223 68 08
Tel. 071/223 38 68 (consulenza)
Fax 071 223 66 07
[email protected]
www.ahsga.ch
Turgovia
Aids-Hilfe Thurgau-Schaffhausen
Zeughausstrasse 16
Postfach 28
8501 Frauenfeld
Tel. 052 722 30 33
Fax 052 720 46 33
[email protected]
www.aids-tg.ch
Ticino
Aiuto Aids Ticino
Via Bagutti 2
6904 Lugano
Tel. 091 923 80 40
Tel. 091 923 17 17 (consulenza anonima)
Fax 091 923 80 41
[email protected]
www.aids-ti.ch
Vallese
Antenne Sida du Valais romand
Rue des Condémines 14
Case postale 880
1951 Sion
Tel. 027 329 04 23
Fax 027 329 04 30
[email protected]
www.sida-vs.ch
Aids-Hilfe Oberwallis
Spittelgasse 2
3930 Visp
Tel. 027 946 46 68
Fax 027 946 57 49
[email protected]
www.aids-vs.ch
Vaud
Policlinique médicale universitaire
Rue du Bugnon 44
1011 Losanna
Tel. 021 314 49 17
[email protected]
www.sida-vd.ch
Zugo
Fachstelle Aids-Hilfe Zug
Zeughausgasse 9, 6. Stock
6300 Zugo
Tel. 041 710 48 65
Fax 041 710 48 74
[email protected]
www.zug.ch/aidshilfe
Zurigo
Zürcher Aids-Hilfe
Kanzleistrasse 80
8003 Zurigo
Tel. 01 455 59 00 (consulenza telefonica lu-ve 14–17)
Fax 01 455 59 19
[email protected]
www.zah.ch
Aids-Infostelle Winterthur
Technikumstrasse 84
8401 Winterthur
Tel. 052 212 81 41
Fax 052 212 80 95
[email protected], www.aidsinfo.ch
79
Centri svizzeri
di epatologia
Basilea
Universitätsspital Basel
Abteilung für
Gastroenterologie und
Hepatologie
Petersgraben 4
4031 Basilea
Tel. 061 265 51 74
Fax 061 265 53 52
Berna
Institut f. klin. Pharmakologie
Murtenstrasse 35
3010 Berna
Tel. 031 632 31 91
Fax 031 632 49 97
Ginevra
Hôpital cantonal universitaire
Service de gastro-entérologie et d’hépatologie
Rue Micheli-du-Crest 24
1211 Ginevra 14
Tel. 022 372 93 40
Losanna
Centre hospitalier universitaire vaudois (CHUV)
Service de gastro-entérologie et d’hépatologie
Rue du Bugnon 46
1011 Losanna
Tel. 021 314 06 90
Fax 021 345 23 23
Lugano
Ospedale Regionale di Lugano
Sede Civico
via Tesserete 46
6903 Lugano
Tel. 091 811 61 11
Fax 091 811 69 90
80
Neuchâtel
Hôpital des Cadolles
Avenue des Cadolles 4
2002 Neuchâtel
Tel. 032 722 91 11
Zurigo
Klinik für Gastroenterologie und Hepatologie
Departement Innere Medizin
Universitätsspital Zürich
Rämistrasse 100
8091 Zurigo
Tel. 044 255 43 68
Indirizzi internet
www.bag.admin.ch
Ufficio federale della sanità pubblica, UFSP
www.sevhep.ch
Associazione Swiss Experts for Viral Hepatitis (SEVHep)
www.sasl.ch
Swiss association for the study of the liver
www.ssam.ch
Società Svizzera di Medicina delle Dipendenze
www.aids.ch
Aiuto Aids Svizzero
www.infodrog.ch
Centrale di coordinamento nazionale delle dipendenze
www.akzept.org
Bundesverband für akzeptierende Drogenarbeit
und humane Drogenpolitik
www.soshepatites.org
Fédération SOS-Hépatites
www.epac.it
Epac – Associazione Onlus
➞ Per ulteriori indirizzi, consultare il sito www.hepCH.ch
4.Autori ed esperti
Dr. Philip Bruggmann
ARUD Zürich Poliklinik für methadongestützte Behandlungen ZOKL 1
Sihlhallenstrasse 30
8026 Zurigo
[email protected]
Dr. ssa Virginie Masserey
Ufficio Federale della Sanità Pubblica (UFSP)
Malattie infettive, Sezione vaccinazioni
Casella postale
3003 Berna
[email protected]
Dr. ssa Martine Monnat
Centre Saint-Martin DUPA, DUMSC
Rue Saint-Martin 7
1003 Losanna
[email protected]
Dr. ssa Catherine Ritter
Chemin du Vignoble 38
1232 Confignon
[email protected]
Dr. Samuel Erny
Ufficio Federale della Sanità Pubblica (UFSP)
Malattie infettive, Sezione Aids
Casella Postale
3003 Berna
[email protected]
Prof. Dr. med. Andreas Cerny
Medicina interna, infettivologia e medicina farmaceutica FMH
Clinica Luganese, Moncucco
Centro di epatologia
Via Moncucco 10
6900 Lugano
[email protected]
81
5.Impressum
Editore
Su mandato
ed in collaborazione con
Infodrog
Centrale di coordinamento nazionale delle dipendenze
Ufficio Federale della Sanità Pubblica (UFSP)
Direzione del progetto
Peter Menzi
Aline Bernhardt Keller
Redazione
Peter Menzi
Cristina Monterrubio Leu
Maria Lucia Galgano
Rilettura
Marianne König
Bernhard Meili
Realizzazione grafica
visu’l AG, Berna
Illustrazioni
Hans Peter Wermuth, infopub Bern
Traduzione
Agata Vetterli, Ginevra
Peter Menzi
Edizione
2. edizione rielaborata e aggiornata del Manuale Hepch
Tipografia
Merkur Druck, Langenthal
ISBN
978-3-9522791-4-4
Ordinazioni
Infodrog
Eigerplatz 5 | Casella Postale 460 | 3000 Berna 14
[email protected] | www.infodrog.ch
©Infodrog 2008
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