15-21 marzo 2015 - Osservatorio di Politica Internazionale

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15-21 marzo 2015 - Osservatorio di Politica Internazionale
N°8, 15-21 MARZO 2015
ISSN: 2284-1024
I
www.bloglobal.net
BloGlobal Weekly Report
Osservatorio di Politica Internazionale (OPI)
© BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 22 marzo 2015
ISSN: 2284-1024
A cura di:
Eleonora Bacchi
Davide Borsani
Giuseppe Dentice
Danilo Giordano
Alessandro Tinti
Maria Serra
Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net
Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°8/2015 (15-21 marzo 2015), Osservatorio di Politica Internazionale (BloGlobal – Lo sguardo sul
mondo), Milano 2015, www.bloglobal.net
Photo credits: Reuters/Amir Cohen; AFP; AFP/Getty Images; RIA Novosti/Aleksey Nikolskyi; EPA; EPA/Julien
Warnard; European Union.
FOCUS
ASIA ORIENTALE ↴
I governi di Francia, Germania e Italia si sono aggiunti il 17 marzo al Regno Unito nel
comunicare la propria adesione all’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB)
in qualità di membri fondatori. Nella nota rilasciata dal Ministero del Tesoro italiano il
17 marzo viene riportato che la «nuova banca d’investimento che lavorerà con le
banche multilaterali di sviluppo e di investimento esistenti, può svolgere un ruolo di
rilievo nel finanziamento dell’ampio fabbisogno infrastrutturale dell’Asia. In questo
modo, la AIIB promuoverà lo sviluppo economico e sociale nella regione e
contribuirà alla crescita mondiale». Londra è stata la prima, il 13 marzo, a dichiarare la volontà di entrare a far parte dell’Istituto asiatico e a questi primi Paesi si
sono aggiunti inoltre Lussemburgo e Svizzera, rispettivamente il 19 e 20 marzo.
Il nuovo Istituto, fortemente voluto da Pechino, è volto a finanziare le nuove
infrastrutture, soprattutto in materie di trasporti, energia e telecomunicazioni, nella
regione dell’Asia-Pacifico, gode di un capitale di 50 miliardi di dollari (è stato
proposto dai cinesi un raddoppio del capitale a 100 miliardi) e avrà sede in Cina.
Fondato il 24 ottobre scorso a Pechino con la firma dei primi 21 membri (Cina, India,
Thailandia, Malesia, Singapore, Filippine, Pakistan, Bangladesh, Brunei, Cambogia,
Kazakhstan, Kuwait, Laos, Birmania, Mongolia, Nepal, Oman, Qatar, Sri Lanka, Uzbekistan e Vietnam), ha raggiunto nel corso dei giorni passati la quota di 33, compresi
quelli europei. Il termine ultimo stabilito per poter godere dello status di membri
fondatori sarà il 31 marzo, data oltre la quale ogni adesione darà luogo allo status di
mero “componente”. Importanti attori regionali che non hanno ancora fornito la
propria adesione all’AIIB sono Australia, Corea del Sud e Giappone. In merito
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alla prima, da Canberra il premier Tony Abbott ha dichiarato che l’Australia «ha un
grosso deficit infrastrutturale, così come l’intera regione, ed è importante fare ciò che
possiamo fare per risolvere il problema. Stiamo considerando se entrare o no
nell’AIIB». La scelta definitiva verrà comunicata infatti in seguito alla prossima riunione di gabinetto che si terrà nel corso della settimana.
Relativamente al Giappone sembra difficile che Tokyo entri nella AIIB in quanto,
oltre ad essere lo Stato con maggiore influenza nella concorrente Asian Development
Bank, ha visto un aggravarsi delle relazioni con la Cina a causa della contesa in merito
alle isole Senkaku/Diaoyu nel Mar Cinese Meridionale su cui Tokyo esercita la propria
giurisdizione ma rivendicate da Pechino. Diverse trattative hanno avuto luogo dal
2012 in poi per la creazione di un meccanismo di comunicazione marittima che possa
abbassare il livello di tensione esistente nel Mar Cinese Meridionale e scongiurare il
rischio di incidenti legati all’incremento del numero di pattuglie di controllo di entrambi gli Stati e un ultimo rilevante bilaterale si è avuto giovedì 19 marzo.
Nell’incontro che ha visto presenti il vice Ministro degli Esteri cinese Liu Jianchao e
l’omologo giapponese Shinsuke Sugiyama con le rispettive delegazioni e rappresentanti dei Ministeri della Difesa, si è discusso pertanto di tale meccanismo di comunicazione marittima ma non è stata ancora adottata una timeline da seguire al fine
dell’implementazione. La delegazione cinese inoltre, in merito al campo della difesa
ha chiesto a Tokyo di tornare verso una “pura difesa strategica difensiva” piuttosto
che ad un pacifismo proattivo, favorito dal Primo Ministro Shinzo Abe. Il Giappone da
parte sua ha sottolineato come non sia d’accordo con la scarsa trasparenza nella
gestione dell’apparato militare cinese e ha proposto l’aumento di scambi e dialoghi
per favorire la fiducia reciproca e rassicurare l’altro delle proprie intenzioni. Come
affermato da Sugiyama infatti «ci sono ancora questioni da risolvere relativamente
alla sicurezza politica reciproca. La via migliore per risolvere tali problemi è di intrattenere dialoghi diretti». Dunque, mentre Seul sta valutando positivamente l’ingresso
nella AIIB, il Giappone sembra non essere affatto intenzionato ad entrare a far parte
del nuovo Istituto cinese.
Ad opporsi fermamente alla creazione dell’AIIB e ancor più alla partecipazione a questa dei Paesi europei, sono inoltre gli Stati Uniti. Come affermato in un comunicato
del Consiglio di Sicurezza Nazionale statunitense, l’Amministrazione Obama «esprime
le proprie preoccupazioni in merito alla futura capacità dell’AIIB di rispettare gli standard ambientali e di good governance». Washington, in particolare, vede la creazione
del nuovo Istituto come fumo negli occhi per l’attività delle altre istituzioni
mondiali per lo sviluppo, quali la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e l’Asian Development Bank. In realtà già da diverso tempo Pechino
ha avanzato le proprie richieste di modifiche in seno a tali istituzioni con lo scopo di
diminuirne l’influenza americana, europea e giapponese ed aumentarne invece la
rappresentanza di Cina e India.
Le intenzioni di Pechino di rendere le Istituzioni già esistenti più conformi al nuovo
panorama economico globale, nonché più efficienti, sono tuttavia rimaste frustrate a
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causa dell’opposizione occidentale e pertanto Pechino ha iniziato nel 2013 a proporre
la creazione della nuova banca asiatica per le infrastrutture. Secondo alcuni analisti
infine la presenza di Paesi europei nel board della AIIB dovrebbe rassicurare e non
intimorire Washington in quanto sono coloro che porteranno nell’Istituto capacità di
good governance e di rispetto degli standard ambientali.
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ISRAELE ↴
Le elezioni anticipate tenute il 17 marzo scorso per il rinnovo dei 120 membri della
20esima Knesset (il Parlamento monocamerale israeliano) si sono chiuse senza
grandi colpi di scena. Infatti, nonostante i sondaggi pre-elettorali lo dessero sconfitto,
il Premier uscente Benjamin Netanyahu e il suo Likud hanno invece nuovamente
vinto migliorando globalmente il risultato rispetto alle consultazioni del
2013 (+12 seggi). Seconda piazza per la lista di centro-sinistra Zionist Union (24
seggi), del duo Herzog-Livni che ha ottenuto una buona performance, ma che forse
non sarebbe stato in grado di formare una coalizione di governo stabile.
FONTE: ATLANTE GEOPOLITICO TRECCANI 2015
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Lo spoglio ha confermato un netto successo del Likud che con 30 seggi su 120 totali
risulta essere ancora una volta il partito di maggioranza relativa. La vittoria dello
storico partito conservatore, che fu di Jabotinsky, Begin, Shamir e Sharon, è stata
soprattutto l’affermazione del suo Primo Ministro in pectore Netanyahu, che si è affermato quale unico leader capace di sopravvivere alla frammentarietà dello scenario politico israeliano. Qualora, come prevedibile, il Presidente della Repubblica
Reuven Rivlin dovesse affidargli il mandato per formare un nuovo esecutivo, Netanyahu potrebbe avere per la quarta volta in carriera l’opportunità di formare una
coalizione di governo, sempre più monocolore e spostata a destra, insieme ai
partiti radical-nazionalisti di Jewish Home (8 seggi) di Naftali Bennett e di Yisrael
Beiteinu (6 seggi) di Avigdor Liebermann.
CONFRONTO DATI ELETTORALI 2015-2013 - FONTE: HAARETZ – IL POST
Per raggiungere la soglia dei 61 seggi necessari a formare una maggioranza
in Parlamento Netanyahu dovrà scegliere accuratamente i suoi alleati tra la
destra religiosa di Shas (ultra-ortodossi sefarditi, 7 seggi) e United Torah Judaism
(UTJ, gli ultra-ortodossi ashkenaziti, 6 seggi) o la destra sociale di Kulanu (quarta
forza in Parlamento con 10 seggi), guidata dall'ex Ministro delle Telecomunicazioni
Moshe Kahlon. Questi partiti sono ad oggi i veri kingmaker di queste elezioni e molto
del futuro politico del prossimo governo dipenderà dalla capacità di quest’ultimo di
contenere/accogliere i desiderata di queste forze politiche. Per entrare nella maggioranza parlamentare, Shas e UTJ chiederanno al Premier di preservare il finanziamento di un sistema parallelo di welfare e l’esenzione fiscale, militare e lavorativa per
gli haredim. Di converso la destra moderata di Kulanu, nata da una costola del Likud,
porrà l’accento su temi politici come la disoccupazione giovanile e lo stato sociale
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sempre più sacrificato in Israele in favore di stornamenti di budget al comparto Difesa. Queste peculiarità fanno di Kulanu un partito politicamente affine a Yesh
Atid dell'ex vice Premier Yair Lapid, che ha conquistato 11 seggi (-8 rispetto al
2013) e dovrebbe rimanere all’opposizione.
Nonostante le diversità politiche e i rapporti personali deteriorati negli ultimi mesi tra
i due leader, Kahlon potrebbe accettare le avances ricevute da Netanyahu in campagna elettorale ed entrare a far parte in maniera decisiva della prossima compagine di
governo come Ministro delle Finanze.
Infine si segnalano la buona prestazione della Joint Arab List, la lista comune dei
quattro storici partiti arabi (Hadash, Balad, United Arab List, and Ta'al) che diviene la
terza forza della Knesset con 14 seggi, e l’arretramento della sinistra del Meretz, che
ha conquistato soltanto 4 seggi (2 in meno rispetto al 2013).
Queste elezioni si sono tuttavia contraddistinte rispetto alle precedenti per due
aspetti: da un lato per l’alto tasso di partecipanti alle urne (72,3%, +4,6% rispetto al 2013), configurandosi come la consultazione con la partecipazione popolare
più alta dal 1999 (78,7%); dall’altro per il maggior numero di parlamentari
donne elette (29).
Le elezioni anticipate si erano rese necessarie a seguito della decisione del Premier
Netanyahu di estromettere dal proprio esecutivo i Ministri Livni e Lapid accusati di
tramare contro il governo.
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TUNISIA ↴
Un commando armato di 5 persone ha attaccato il 18 marzo scorso il Museo
del Bardo di Tunisi, a poche centinaia di metri dal Parlamento della capitale.
Il bilancio ufficioso fornito dalle autorità locali, che comunque va aggiornandosi di ora
in ora, stima 22 morti (20 ostaggi e due terroristi) e 44 feriti. Tra le vittime si annoverano anche quattro cittadini italiani, tutti originari del Piemonte, mentre tredici rimangono i feriti ricoverati in tre diversi ospedali di Tunisi. Quanto avvenuto in questi
giorni è il peggior attentato sul suolo tunisino dall’attacco alla sinagoga elGhriba di Djerba, dell’aprile 2002, nel quale morirono 19 persone e rimasero ferite almeno una trentina.
Rimangono ancora oscuri numerosi punti di questa vicenda dall’alto valore simbolico,
a cominciare dalla rivendicazione dell’atto sino alla stessa ricostruzione dei fatti.
Secondo una versione ufficiosa, l’attacco al Bardo sarebbe stato una risposta all’uccisione di due leader jihadisti tunisini attivi in Libia (Abu Zakaria al-Tunisi e Abu
Anas al-Tunisi) e sarebbe stato rivendicato dal ramo tunisino dello Stato Islamico (IS), le Brigate Okba ibn Nafaa. Quest’ultima è un’ex formazione simpatizzante qaedista e recentemente affiliata all’IS, composta da miliziani tunisini, algerini
e forse anche libici, con alle spalle importanti esperienze jihadiste in Afghanistan,
Iraq, Siria e Libia. Okba ibn Nafaa sarebbe attiva fin dal 2013 nelle zone montagnose
di confine dello Djebel ech-Chambi, tra il governatorato algerino di el-Oued e quello
tunisino di Kasserine, territorio già numerose volte bersaglio di attentati terroristici
che hanno provocato circa una sessantina di perdite all’interno delle forze di sicurezza
e di polizia nazionali. Sempre a Kasserine vi trova rifugio Ansar al-Sharia Tunisia,
altra sigla islamista ambigua e secondo alcuni esperti in odore di terrorismo essendo
stata formalmente inserita nella black-list delle organizzazioni terroristiche nazionali
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a seguito degli omicidi politici – seppur in assenza di prove concrete di una loro plausibile colpevolezza – dei parlamentari Mohamed Brahmi e Chokri Belaid.
Secondo le prime ricostruzioni degli investigatori, gli assalitori avrebbero dapprima tentato di irrompere nella vicina sede dell’Assemblea Nazionale mentre in aula era presente per un'audizione sulla nuova legge anti-terrorismo il Ministro
della Giustizia Mohammed Salah Ben Aissa, ma qui sarebbero stati respinti dalle forze
di polizia appostate a difesa del palazzo. I terroristi avrebbero in second’ordine optato
verso il museo prendendo in ostaggio decine di persone – al momento dell’attacco
erano presenti all’incirca 200 unità –, liberate poi dalle forze speciali con uno spettacolare blitz. Nell’operazione sono stati uccisi due dei cinque assalitori e un agente di
polizia. Le autorità tunisine hanno identificato negli attentatori Jabeur Khachnaoui e Yassine Laabidi, entrambi originari di Sbetla, governatorato di Kasserine, e noti alle autorità per attività illecite di secondo piano. Altre tre persone coinvolte nell’attacco potrebbero essere in fuga.
Secondo una versione ufficiale, i due autori della strage sarebbero stati reclutati in
una moschea di Tunisi per poi raggiungere in settembre un campo d’addestramento
in Libia, presumibilmente a Derna. Questi sarebbero poi rientrati nel Paese ad Ettahir
alla fine di dicembre e avrebbero avuto l’aiuto di un complice, forse legato alle Brigate
Okba ibn Nafaa. Tuttavia proprio quest’ultimo aspetto pare non essere del tutto chiarito, così come la possibile connessione tra questo e i due malviventi tunisini, già
noti alle autorità ma senza alcuna affiliazione a cellule terroristiche. Nel frattempo, la polizia ha lanciato un giro di vite, eseguendo 20 arresti, contro tutti i possibili sospettati di essere militanti dell'IS, di avere legami con il terrorismo islamista
o, più semplicemente, di aver giocato un ruolo nell’attacco al Museo del Bardo. Sempre le autorità tunisine hanno infine spiccato un mandato di cattura internazionale
nei confronti del presunto terrorista, Maher Ben Mouldi Gaydi.
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BREVI
GRECIA, 20 MARZO ↴
È stato raggiunto a Bruxelles un primo accordo sugli
aiuti che le Istituzioni europee più il Fondo Monetario
Internazionale, la ex troika, forniranno al governo
greco per evitare ad Atene il collasso finanziario. Alla
vigilia dell’incontro straordinario cui hanno partecipato
Alexis Tsipras, François Hollande, Mario Draghi, Jean
Claude Juncker, il Presidente dell'Eurogruppo Jeroen
Dijsselbloem e Angela Merkel nella notte tra il 19 e il 20 marzo, il Cancelliere tedesco
aveva preavvisato la stampa di «non aspettarsi nessuna soluzione e nessuna svolta,
non è questa la cornice» poiché «la soluzione deve essere presa all'interno dell'Eurogruppo e così deve rimanere. Se l’euro fallisce», ha affermato la Merkel, «fallisce
l’Europa». A sua volta Tsipras si era detto d’accordo con quanto sostenuto dal Cancelliere, dichiarando in aggiunta però che «l’UE ha bisogno di una maggiore iniziativa
politica che rispetti sia la democrazia sia i Trattati, in modo da lasciarsi indietro la
crisi e andare verso la crescita». L’esito della riunione, che non ha visto tra i partecipanti l’Italia che pur è tra i principali creditori della Grecia, è stato un compromesso
temporaneo che allunga la durata degli aiuti fino a quattro mesi, consentendo ad
Atene di rifiatare. Il governo greco si è impegnato a presentare un piano sostenibile
e credibile che contenga una lista di riforme dettagliate e che andrà a sostituire il
ventaglio di provvedimenti generalisti già prospettato nel corso dei summit europei
dell’ultimo mese dal Ministro delle Finanze ellenico, Yanis Varoufakis. A margine della
riunione, la Merkel ha dichiarato che la Grecia dovrà rispettare "ogni singolo paragrafo" del testo dell’accordo, prospettando implicitamente dure reprimende in mancanza di progressi concreti.
IRAQ/SIRIA, 21 MARZO ↴
Entrata nella sua terza settimana, l’offensiva su Tikrit
condotta
dall’esercito
iracheno
e
dalle
milizie
volontarie ha subito un inaspettato rallentamento.
Nonostante
le
forze
di
Baghdad
prevalgano
nettamente sui guerriglieri dello Stato Islamico (IS)
asserragliati nei palazzi presidenziali che Saddam
Hussein fece erigere nella sua città natale, i vertici militari iracheni temporeggiano
sull’assalto decisivo. Il Ministro degli Interni Muhammad Salim al-Ghaban ha motivato
tale decisione in virtù delle necessità di proteggere la popolazione civile e di non
esporre le oltre ventimila unità impegnate nell’operazione al fuoco dei cecchini
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jihadisti e alle numerosissime trappole esplosive piazzate nel centro urbano. Tuttavia,
gli equilibrismi politici sembrano pesare ben più delle ragioni militari nel determinare
il prudente approccio adottato dalla dirigenza irachena. Il comandante dell’esercito
regolare nella provincia di Salah ad-Din, Abdul-Wahab al-Saadi, ha ammesso che la
richiesta di supporto aereo inoltrata a Baghdad non ha ricevuto ascolto per
motivazioni politiche. Il governo presieduto da Haider al-Abadi non ha chiesto il
coinvolgimento della coalizione internazionale (e delle vicine forze curde) nell’attacco
su Tikrit, laddove i partner sunniti dell’alleato statunitense guardano con sfavore al
ruolo iraniano nella direzione dell’offensiva. Hadi al-Amiri, comandante delle milizie
sciite riunite nel Fronte di Mobilitazione Popolare e vertice dell’organizzazione Badr di
cui è espressione il Ministro al-Ghaban, ha confermato che circa cento consiglieri
militari iraniani stanno partecipando alle operazioni nelle aree a maggioranza sunnita
di Salah ad-Din e Diyala. Il rilievo dei corpi paramilitari sciiti nella liberazione di Tikrit
pone al governo iracheno interrogativi operativi e politici dalla cui risoluzione in gran
parte dipende il criterio che scandirà tanto la prossima fase della campagna bellica
contro il Califfato, quanto il processo di ricostituzione nazionale del frammentato
ordine iracheno. Nello scenario siriano, l’IS è sottoposto alla pressione di molteplici
fronti di combattimento: oltre agli scontri con i Peshmerga curdi nel nord e con
l’esercito siriano regolare lungo la direttrice che congiunge Homs a Dair az-Zor, si
registrano gli attacchi nella regione di Qalamoun concertati da Jabhat al-Nusra e da
altre formazioni ribelli contro alcuni gruppi jihadisti legati al Califfato.
PAKISTAN, 15 MARZO ↴
Un attacco esplosivo è avvenuto a Lahore, città
orientale del Pakistan, dove due differenti attentatori
si sono fatti saltare in aria all’esterno di due Chiese,
causando la morte di 15 persone ed il ferimento di altre
78. L’attacco è avvenuto a Youhanabad, quartiere a
maggioranza cristiana della città di Lahore, all’esterno
di una chiesa cattolica e di una protestante, mentre numerose persone si
apprestavano ad assistere alla messa domenicale. Secondo fonti ufficiali gli
attentatori hanno provato ad entrare all’interno degli edifici, ma quando sono stati
respinti dalla polizia a presidio degli ingressi, hanno azionato le cinture esplosive che
indossavano. Subito dopo l’attacco la folla inferocita ha linciato due persone che
ritenevano in qualche modo implicate nell’attacco. L’attentato è stato rivendicato dal
gruppo Jamaat-ul-Ahrar, una costola degli estremisti islamici dei Taliban pachistani,
che ha riaffermato la volontà di proseguire la loro battaglia fino a quando il Paese
non verrà totalmente islamizzato. In realtà, negli ultimi mesi, i Taliban hanno dovuto
ridimensionare le loro attività a seguito dell’incrementarsi dell’azione delle forze di
sicurezza pachistane, e pertanto hanno cercato il riavvicinamento dei numerosi
gruppi fuoriusciti. L’attentato di Lahore è stato il peggiore attacco degli ultimi anni ai
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danni dei cristiani, dopo il doppio attentato di Peshawar del 2013 che causò la morte
di 85 persone. L’area di Youhanabad possiede una delle comunità cristiane più
numerose del Pakistan, Paese in cui i cristiani rappresentano il 2% su una popolazione
di 180 milioni di persone. La comunità cristiana pachistana, da tempo nel mirino degli
estremisti islamici, accusa il governo centrale di far poco per garantire loro la
protezione necessaria e la libertà di culto. Nei giorni successivi all’attacco numerose
sono state le manifestazioni di protesta dei cristiani presenti in tutto il Pakistan. Lo
stesso Papa Francesco, all’angelus domenicale, nell’esprimere la propria vicinanza
alle famiglie delle vittime dell’attentato di Lahore, ha sottolineato le persecuzioni a
cui sono sottoposti i cristiani in molte aree del mondo.
RUSSIA, 7 MARZO ↴
Nel primo anniversario della proclamata annessione
della Crimea alla Federazione Russa, Vladimir Putin e
il Presidente della regione separatista georgiana
dell'Ossezia del Sud, Leonid Tibilov, hanno firmato a
Mosca, a margine di un Vertice sulla sicurezza nel
Caucaso, un accordo (definito "Trattato") per il
rafforzamento delle relazioni bilaterali. Nonostante non sia contemplata l'indizione di
un referendum per aderire alla Russia, l'intesa prevede la progressiva integrazione
delle forze militari ossete in quelle russe; una maggior cooperazione in materia di
sicurezza e difesa, in ambito economico, sociale ed umanitario; la creazione di uno
spazio comune di difesa e un'unione doganale (sarà infatti possibile il passaggio lungo
il confine condiviso e verrà snellita la procedura per ottenere la cittadinanza russa),
delineando dunque un passaggio di sovranità dell'Ossezia alla Russia. Tibilov ha
difatti asserito che solo la Federazione Russa è in grado di garantire la sicurezza del
popolo e della repubblica osseta. Un accordo simile era stato siglato già lo scorso
novembre a Sochi. L'Unione Europea ha definito l'atto una chiara violazione della
sovranità territoriale della Georgia nonché del diritto internazionale, che mette a
rischio la stabilità caucasica. Continuano contemporaneamente nell'altra regione
separatista georgiana,
l'Abkhazia,
le
esercitazioni
militari
delle forze russe, così
come in Crimea (e nella
vicina
regione
Krasnodar,
di
sullo
Stretto di Kerch), in
Cecenia, nell'exclave di
Kaliningrad (dove sono
state
posizionate
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batterie di missili Iskander-M) e nella regione artica russa per testare la prontezza
operativa della Flotta Settentrionale della Marina Militare russa. Secondo alcune fonti,
nel Mar di Barents sarebbe stato tra l'altro dispiegato anche un sottomarino a
propulsione nucleare. Il Ministro della Difesa Sergej Shoigu ha dichiarato che le
operazioni coinvolgono complessivamente 76mila soldati, 10mila veicoli armati, 65
navi da guerra, 16 navi da supporto, 15 sottomarini e 200 tra aerei ed elicotteri. In
linea con il programma di esercitazioni delineato nello scorso mese di dicembre dallo
stesso Shoigu (che prevede almeno 4mila operazioni di addestramento nel 2015)
sono stati infine allertati anche tutti i corpi speciali (Spetsnaz) anche delle regioni del
Volga, degli Urali, della Siberia occidentale e della regione dell'Estremo Oriente e del
Pacifico.
STATI UNITI, 13 MARZO ↴
Il Dipartimento della Marina americana ha pubblicato
un aggiornamento della strategia navale nazionale. Il
documento ha rivisto e aggiornato quello del 2007.
L’ammiraglio
William
McQuilkin,
direttore
della
Divisione per la strategia e le politiche della Marina, ha
osservato che «il mondo è cambiato dal 2007.
Organizzazioni estremiste violenti sono cresciute.
Abbiamo continue minacce dalla Corea del Nord, dall’Iran e, come si è visto dalla
recente aggressione, dalla Russia. Ci sono anche i dubbi relativi all’ascesa della Cina.
In aggiunta, abbiamo di fronte sfide che minacciano il nostro accesso allo spazio
virtuale cibernetico e ai beni comuni globali». La strategia afferma che, per assolvere
ai propri compiti di leader mondiali, gli Stati Uniti «devono mantenere un flotta di più
di trecento navi, incluse undici portaerei, quattordici sottomarini dotati di missili
balistici e trentatré navi anfibie». Il documento contiene un’importante sezione
dedicata
alla
cybersecurity,
un
aspetto
divenuto
ormai
imprescindibile
nell’electromagnetic maneuver warfare (EMV) del Ventunesimo secolo, che lega
indissolubilmente le operazioni della Marina nello spazio geografico e in quello virtuale
determinandone l’esito. Intanto, in vista del round finale sul dossier nucleare
iraniano, il Presidente Barack Obama si è sbilanciato sulla possibilità di raggiungere
un compromesso con Teheran. Sul nucleare, ha detto, «l'Iran non ha ancora fatto
tutte le concessioni necessarie per raggiungere un accordo finale. Ma si sono mossi
e c'è una possibilità». Di parere differente l’ex capo della CIA, David Petraeus, che
ha manifestato pubblicamente tutti i suoi dubbi sull’opportunità di raggiungere un
accordo con gli iraniani. A suo giudizio, «la principale minaccia che mette in pericolo
la stabilità dell’Iraq e della regione non è lo Stato Islamico, bensì le milizie sciite, in
gran numero sostenute e guidate dall’Iran». Teheran è quindi «parte del problema,
non della soluzione».
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UCRAINA, 18 MARZO ↴
Il Presidente ucraino Petro Poroshenko ha firmato la
legge, approvata il 17 marzo dal Parlamento, sulle
modifiche della normativa che regola l'autonomia per
le regioni orientali del Paese e in particolar modo per
quelle di Donetsk e Lugansk. In particolare gli
emendamenti specificano che «l'ordine speciale del
governo locale» entrerà in vigore solo dopo che le stesse regioni del Donbass avranno
effettuato nuove elezioni locali, che queste si svolgano nel rispetto della legge ucraina
e sotto il monitoraggio internazionale. In un'altra seduta la Rada aveva inoltre
adottato una Risoluzione che definisce le regioni in questione come «territori
temporaneamente occupati». Dal punto di vista russo questa decisione mette a
rischio la tenuta degli accordi di Minsk-2, poiché non ne riconoscerebbe le controparti
firmatarie, ossia i rappresentanti della DPR e della LPR. Mentre il cessate il fuoco
continua sostanzialmente ad essere rispettato (scontri sono localizzati a nord-ovest
di Donetsk e ad est di Mariupol, intorno al villaggio di Shyrokyne, in prossimità della
costa), il Parlamento di Kiev ha inoltre approvato la mozione di Poroshenko circa la
richiesta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e al Consiglio dell'Unione
Europea dell'istituzione di una missione internazionale (di peacekeeping o di polizia)
per il mantenimento della pace nell'est. il Ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov,
ha già fatto sapere che il Cremlino si asterrà dal voto all'ONU. Gli Stati Uniti hanno
dal canto loro confermato (18 marzo), per mezzo del portavoce del Pentagono Eileen
Lainez, che dalla fine di aprile 290 paracadutisti statunitensi della 173esima Brigata
Aviotrasportata di stanza a Vicenza inizierà le operazioni di addestramento di 750
uomini della Guardia Nazionale ucraina a Yavoriv, al confine con la Polonia. 35
istruttori britannici sono già attivi a Mylolaiv, nel sud.
YEMEN, 20 MARZO ↴
È di almeno 142 morti e circa 350 feriti è il bilancio
provvisorio di un triplice attentato avvenuto nelle
strade di Sana’a. Ad essere colpite sono state tre
moschee sciite frequentate anche dai ribelli Houthi, che
dal gennaio 2015 controllano in maniera stabile la
capitale yemenita. Nelle esplosioni hanno perso la vita
la guida spirituale degli Houthi, l’Imam al-Murtada bin Zayd al-Muhatwari, mentre
due alti dirigenti del gruppo sciita, Taha al-Mutawakkil e Khalid Madani, sono rimasti
gravemente feriti. Gli attentati sono stati rivendicati dal gruppo jihadista affiliato allo
Stato Islamico (IS), Provincia di Sana’a. Al contrario, al-Qaeda nella Penisola Arabica
(AQAP), ben radicata in Yemen e anch’essa opposta agli Houthi, ha rilasciato un
comunicato che nega ogni coinvolgimento nell’accaduto e ribadisce l’adesione al
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principio di non commettere attacchi contro la popolazione civile musulmana in
mercati e luoghi di culto. Gli attentati testimoniano la precipitazione della guerra civile
yemenita in una spirale di violenza in cui si ripercuotono direttamente le dinamiche
regionali, sia sul piano della rivalità interna al campo jihadista, sia su quello della
contesa
interconfessionale,
laddove
all’appoggio
iraniano
ai
ribelli
sciiti
si
contrappone il sostegno saudita all’estremismo sunnita. Gli attentati di Sana’a
avvengono a poche ore di distanza dal raid aereo dei ribelli sciiti contro il palazzo
presidenziale di Aden, dove il Capo di Stato yemenita Abd-Rabbu Mansour Hadi ha
trovato riparo a seguito del golpe che ha sanzionato l’ascesa del movimento Houthi.
Al contempo, combattimenti tra le milizie leali a Hadi e quelle antagoniste che si
riconoscono nella leadership dell’ex Presidente Ali Abdullah Saleh, oggi alleato con i
ribelli sciiti, infuriavano nei pressi dell’aeroporto di Aden. Mentre nel sud del Paese
sono incessanti le scorrerie delle formazioni jihadiste, il 19 marzo i miliziani Houthi
hanno scagliato un attacco nella provincia petrolifera di Marib, tuttavia non riuscendo
a vincere la resistenza delle tribù sunnite. Il 18 marzo è stato assassinato Abdul
Karim al-Khaiwani, giornalista, attivista dei diritti umani e dirigente del movimento
Houthi.
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ALTRE DAL MONDO
BRASILE, 15 MARZO ↴
Oltre due milioni di manifestanti hanno affollato le principali città brasiliane per protestare contro l’esecutivo di Dilma Rousseff e il Partito dei Lavoratori, travolti dallo
scandalo Petrobras che sta portando alla luce un sistema di tangenti di cui avrebbero
beneficiato le maggiori forze politiche del Paese. A nemmeno sei mesi dall’inizio del
secondo mandato, la credibilità del governo Rousseff risulta fortemente compromessa.
EGITTO, 15-16 MARZO ↴
Il Tribunale Provinciale di Mansoura, nel delta del Nilo, ha condannato a morte 14
esponenti della confraternita dei Fratelli Musulmani, tra cui la guida spirituale Mohammed Badie, con l’accusa di aver creato una cellula jihadista pronta a colpire le
istituzioni egiziane. Intanto all’indomani della Conferenza sullo Sviluppo Economico
dell’Egitto, il Premier Ibrahim Mahlab ha annunciato il rinvio a maggio o a giugno
2015 delle elezioni parlamentari previste per il 21 marzo a causa dell’incapacità
dell’esecutivo di riuscire a colmare i vizi procedurali e normativi – nel concreto la
norma che definisce i confini delle circoscrizioni elettorali e l'articolo 3 che legifera a
riguardo – evidenziati dalla Corte Costituzionale del Cairo lo scorso 2 marzo.
INDIA, 20 MARZO ↴
È di 6 morti - 3 agenti, un civile e due attentatori - e 10 feriti il bilancio di un attentato
contro una stazione di polizia di Rajbagh, nel distretto di Kathua dello Stato indiano
di Jammu e Kashmir, al confine con il Pakistan. Si tratta del primo attentato nello
Stato federato dopo la formazione di un governo di coalizione tra il Partito del Popolo
Indiano (BJP) e il Partito Democratico del Popolo (PDP) nel mese febbraio. L'attentato
non è stato ancora rivendicato, ma le autorità indiane – che accusano il Pakistan di
sostenere i gruppi indipendentisti – hanno dichiarato il proseguimento dello Special
Powers Act che conferisce alle forze di sicurezza ampi poteri in materia di anti-terrorismo.
ITALIA, 16 MARZO ↴
L’Alto Rappresentante della Politica Estera e di Sicurezza dell'Unione Europea, Federica Mogherini, ha nominato come inviato speciale dell’UE per il Quartetto in Medio
Oriente il diplomatico italiano Fernando Gentilini. La proposta segue le polemiche sui
tabloid britannici in merito al presunto conflitto di interessi di Tony Blair, capo del
Quartetto, che avrebbe siglati importanti contratti privati con i Paesi del Golfo mentre
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svolgeva il proprio incarico. Nel frattempo, il Ministro della Difesa italiano, Roberta
Pinotti, ha informato il Parlamento che Roma ritirerà le proprie navi dalla missione
anti-pirateria nel Golfo di Aden sotto l’egida NATO, ma che resterà in quella parallela
condotta dall’UE.
LIBIA, 21 MARZO ↴
Il Generale Khalifa Haftar, Comandante unico dell'esercito fedele al governo di Tobruk, ha avviato una vasta offensiva aerea contro le postazioni delle milizie islamiche
di Fajr Libya nei villaggi intorno a Tripoli e sull'aeroporto della stessa città con lo
scopo di aprire ad un'operazione di terra che conduca alla conquista della capitale
libica. L'azione avviene nel momento in cui continua a Rabat, in Marocco, l'iniziativa
di dialogo nazionale mediata dall'inviato speciale dell'ONU Bernardino Leon. Da Caen,
in Normandia, in un Vertice "2+2" Esteri-Difesa, Italia e Francia si sono dette d'accordo ad intervenire nella crisi – con operazioni di monitoraggio del cessate il fuoco
e di addestramento delle forze di polizia e di sicurezza libiche – nel quadro di una
missione di stabilizzazione promossa dalle Nazioni Unite.
MALI, 17 MARZO ↴
Il Coordinamento dei Movimenti dell’Azawad (CMA) ha rifiutato di siglare l’accordo di
pace predisposto dalla comunità internazionale nel corso dei vertici di Algeri dei mesi
scorsi, già accettato da alcuni gruppi. I delegati del CMA ritengono che l’accordo sia
insufficiente, poiché non tiene conto delle particolarità dei movimenti dell’Azawad e
«non prende in considerazione le aspirazioni politiche profonde delle popolazioni».
NIGERIA, 20 MARZO ↴
I miliziani islamisti di Boko Haram hanno attaccato nuovamente la città di Gambaru,
strategica cittadina situata al confine con il Camerun, causando la morte di 11 persone. Gambaru è stata la prima città liberata dalla truppe del Ciad nel gennaio scorso,
dopo l’inizio delle attività congiunte degli eserciti dell’area del lago Ciad. Il 12 marzo,
su richiesta del governo nigeriano, le truppe ciadiane avevano evacuato la zona, lasciando, di fatto, la città senza alcuna protezione.
SOMALIA, 15 MARZO ↴
Un alto comandante di al-Shabaab, Adan Garar, è stato ucciso da un drone americano
nella regione di Gedo, in Somalia. Lo strike è avvenuto mentre Garar si trovava a
bordo del suo veicolo tra le città di Dinsor e Bardere. Adan Garar è ritenuto da molti
il responsabile dell’attacco al centro commerciale Westgate a Nairobi del settembre
2013, nel quale 60 persone furono uccise e più di 200 ferite.
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ANALISI E COMMENTI
LA PROIEZIONE CINESE IN ASIA CENTRALE
PAOLO BALMAS ↴
Un fattore che deve essere sempre tenuto in considerazione per l’analisi della politica
internazionale cinese consiste nel fatto che la Cina è al contempo una potenza marittima quanto continentale. Sebbene sia comune porre l’attenzione sulle proiezioni
marittime di Pechino, soprattutto in relazione alle rotte commerciali e alle dispute con
i vicini Paesi orientali con cui condivide i mari, esiste un’altra dimensione altrettanto
importante nella strategia geo-economica cinese: l’espansione a occidente, nella regione comunemente nota come Asia Centrale. L’area geografica in oggetto rappresenta prima di tutto il naturale crocevia che occupa il centro del continente euroasiatico. È un’area molto vasta con una bassa densità di popolazione, che divide la Cina
dall’Europa e dal Medio Oriente, la Russia dal subcontinente indiano. Inoltre, è particolarmente ricca di risorse strategiche (…) SEGUE >>>
I NUOVI SCENARI DELLO SPAZIO IN EUROPA
VIOLETTA ORBAN ↴
La continua evoluzione dei sistemi spaziali e delle relative tecnologie e applicazioni
rende necessario monitorare i programmi già operativi e operare scelte di lungo periodo sui progetti futuri. Il 2 dicembre 2014 si è tenuta in Lussemburgo la Conferenza
dei Ministri degli Stati membri dell’Agenzia Spaziale Europea, nota anche come Ministeriale ESA, tra i principali appuntamenti del settore in Europa. Il periodico svolgimento di questo Vertice assicura la valutazione dello stato attuale delle attività dei
Paesi partecipanti, il rinnovo delle massime cariche dell’Agenzia e la decisione in merito alle strategie, ai programmi futuri e agli impegni finanziari a medio-lungo termine. I protagonisti principali del summit sono i Ministri responsabili delle politiche
spaziali dei 20 Stati attualmente parte dell’ESA, i massimi esponenti delle agenzie
spaziali nazionali (…) SEGUE >>>
A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
C.F. 98099880787
www.bloglobal.net
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