POLITECNICO DI MILANO FACOLTÀ DEL DESIGN Corso di

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POLITECNICO DI MILANO FACOLTÀ DEL DESIGN Corso di
POLITECNICO DI MILANO
FACOLTÀ DEL DESIGN
Corso di metodi&tecniche per il progetto
Prof. Stefano Maffei
A/A 2008/09
Matteo Pastorio
734420
DEFINIZIONE
Il termine path-dependence identifica un
meccanismo evolutivo che implica che
ogni successivo atto di sviluppo di un
individuo, di una tecnologia, di una
organizzazione o istituzione sia fortemente influenzato e dipendente dal
tragitto precedentemente percorso.
GENEALOGIA
In origine la path-dependence è stata
riscontrata nell’ambito della storia naturale e della biologia, nell’analisi riguardante l’evoluzione delle specie, come un
tratto caratteristico per identificare l’
influenza che il vissuto passato di un
organismo ha sul suo comportamento
attuale.
Questo concetto è stato poi adottato e
ampiamente discusso in altri campi; a
partire dalla ricerca economica
sono stati coinvolti molti altri settori che
spaziano dallo sviluppo tecnologico, alle
dinamiche istituzionali, ai processi di
accumulazione della conoscenza.
L’immagine che si ha del presente in
ognuno di questi campi, secondo la
visione della path-dependence (che
come vedremo è però soggetta a
numerose, e talvolta controverse, teorie
ed accezioni) è quella di un presente
che esprime il portato di un percorso
evolutivo
dipanatosi
nel
tempo,
attraverso progressi ed errori, in un
legame di intima commistione.
Per avere una visione completa di quello
che rappresenta questo concetto in tutte
le sue diverse sfaccettature è utile ripercorrere la sua stessa evoluzione nel
corso del tempo intrecciando il discorso
su vari livelli, a partire dalle letterature e
ricerche svolte in ambito economico,
fino ad arrivare ad un accenno dei meccanismi di conoscenza e memoria che
consentono di affrontare il tema del
rapporto tra presente e passato in
un’ottica nuova.
AMBITO ECONOMICO
Nella letteratura economica degli ultimi
decenni il ruolo del passato è stato
ampiamente preso in considerazione
per indagare le sue interconnessioni e le
sue influenze sulle realizzazioni del
presente.
La path-dependence all’interno di
questo discorso assume particolare
rilevanza poichè si pone come un importante strumento teorico in grado di consentire una trattazione approfondita e
interdisciplinare del tema in questione.
Un apporto fondamentale al principio
della costruzione delle teorie sulla path
-dependence viene sicuramente dal
lavoro di ricerca e diffusione svolto dagli
economisti William Brian Arthur e Paul
David.
Brian Arthur è un noto economista,
studioso delle scienze della compessità,
che ha illustrato e provato in termini
matematici, osservando le dinamiche di
particolari processi detti a "rendimenti
crescenti" e a "feed-back positivo"
(Arthur 1983; Arthur 1994). Egli, con
alcune sue ricerche e teorie, ha inspirato
e contribuito a sviluppare gli studi effetuati da David Paul, che hanno preso il
nome di “teoria della dipendenza dal
percorso”.
Come detto, Arthur, che ha ricoperto e
ricopre tutt’ora importanti incarichi in
alcune importanti università e instituti di
ricerca, ha sviluppato la teoria dei “rendimenti crescenti (increasing returns) che
è decritta in modo approfondito nel libro
“Increasing Returns and Path Dependence in the Economy”.
Secondo Brian Arthur l’economia, come
ogni sistema, è pervaso da un articolato
miscuglio di retroazioni positive e negative che produce configurazioni e quindi
si struttura. Le retroazioni positive o
rendimenti crescenti possono essere
quindi attivati da qualsiasi circostanza,
anche banale, e trasformarla in qualcosa di storicamente irreversibile.
Pertanto egli afferma che gli incrementi
sono generati non dall’equilibrio di mercato o di prezzo, ma dall’instabilità . Tale
instabilità è dovuta all’interrelazione di
più variabili, apparentemente non interconnesse tra di loro, secondo la Teoria
della Complessità.
Per quanto concerne l’ambito dello
sviluppo tecnologico, Brian Arthur indica
cinque fattori che determinano la
selezione di un cammino di sviluppo di
una tecnologia:
1 - l’apprendimento mediante l’uso
(learning by use)
2 - le economie esterne di rete (network
esternalities)
3 - l’apprendimento mediante la pratica
produttiva (learning by doing)
4 - il rendimento crescente da
informazione (increasing returns)
5 - le complementarietà tecnologiche
1 - l’apprendimento mediante l’uso
(learning by use)
Più una tecnologia (o un oggetto
tecnico) è diffusa, più si impara ad utilizzarla, più è utilizzabile, più diviene
efficace e performante.
2 - le economie esterne di rete (network
esternalities)
Con questa definizione si indica
l’aumento di utilità in rapporto alla
crescita della rete di adozione di una
determinata tecnologia. Tipicamente si
applica ai grandi servizi infrastrutturali o
di telecomunicazione e agli oggetti
tecnici a loro connessi e riguarda il
processo di potenziamento che si ha
quando la diffusione raggiunge uno
status di standard de facto.
3 - l’apprendimento mediante la pratica
produttiva (learning by doing)
Esiste un rapporto tra diffusione della
tecnologia e la sua scala di produzione e
tra la sua produzione e l’apprendimento
mediante la pratica produttiva; è interessante rimarcare come la circolarità del
processo produzione-diffusione influenzi
la scelta tecnologica.
4 - il rendimento crescente da
informazione (increasing returns)
La
circolazione
dell’informazione
favorisce un’estensione della diffusione
della tecnologia.
5 - le complementarietà tecnologiche
L’affermazione di una tecnologia è
permessa o rafforzata dalla compresenza di tecnologie complementari che
completano o interagiscono tra loro.
Va inoltre sottolineato che nei processi
di sviluppo della tecnologia il fattore
tempo è un fattore decisivo che modifica
le possibilità di crescita della tecnologia
attraverso il processo di scelta degli
attori.
Quando il numero di attori che compie
una scelta in favore di uno sviluppo di
una determinata tecnologia è considerevole (molto ampio) si ha un processo di
accumulazione degli apprendimenti che
attraverso processi di retroazione
(positive feedbcks) rende la scelta
tecnologica definitiva bloccandola (lock
in).
BRIAN ARTHUR E PAUL DAVID
Tastiera QWERTY
Brian Arthur incontra Paul David, storico
dell’economia, poco dopo che si è
trasferito all’Università di Stanford
(1982-1986) nel 1982, come possiamo
leggere dalle sue stesse parole:
«A Stanford incontrai lo storico
dell'economia, Paul David. Egli era
molto in sintonia con le mie idee e per il
vero stava già elaborando per suo conto
su queste stesse direttrici da parecchio
tempo prima di conoscere me. […] Paul
era intrigato dalla prospettiva di una
teoria formale dei rendimenti crescenti e
della dipendenza dal percorso. Quali
esempi potevano essere addotti? Io
avevo raccolto articoli sulla storia della
tastiera della macchina da scrivere, e
usavo solitamente la tastiera QWERTY
come esempio nei miei articoli e presentazioni. Paul lo prese in considerazione,
come fecero diversi altri all'inizio degli
anni '80. Come critica sollevò l'obiezione
standard che se ci fosse davvero stata
una tastiera migliore, la gente oggi la
starebbe utilizzando. Io non ero
d'accordo. Abbiamo continuato le nostre
discussioni per i successivi due anni, e
nel tardo 1984 Paul cominciò a
effettuare ricerche sulla storia delle tastiere.
Il risultato, il suo paper del 1985
"Clio
and
the
Economics
of QWERTY", divenne
un classico
istantaneamente (Arthur 1994).
I due economisti hanno quindi molti
interessi di ricerca comuni al momento
del loro incontro; in particolare David è
interessato a trovare ai suoi precedenti
studi sulla dipendenza degli eventi dalla
storia un fondamento matematico, che
può essere individuato negli studi sulla
dinamica dei feed-back positivi, dei
rendimenti crescenti e dei possibili effetti
di lock-in effettuati da Arthur.
Sulla base di questa intuizione, David
decide quindi di utilizzare le basi
matematiche di Arthur per affermare di
fronte ad una platea di economisti che
la storia degli eventi passati non è
soltanto un argomento di interesse
culturale, ma contribuisce a determinare
gli stati di equilibrio
economico,
condizionando le scelte degli attori.
Egli trae quindi la storia della tastiera
QWERTY, riconoscendo in questo
oggetto di uso comune un esempio
evidente di come le decisioni originarie
sulla disposizione dei tasti delle prime
macchine da scrivere meccaniche
abbiano potuto influenzare il modo in cui
ancora oggi si scrive al personal computer, costringendoci ad
usare una
tastiera che ci sembra oggi inefficiente e
inadeguata.
Infatti, nonostante siano state elaborate
nel corso degli anni delle alternative
migliori, il costo collettivo del passaggio
ad un diverso tipo di tastiera sarebbe
troppo elevato: siamo dunque rimasti
"ancorati" a questa scelta inefficiente,
dipendente dagli accidenti della storia
passata.
“Clio and the Economics of QWERTY,
(1985)”, è il noto paper redatto da David
che illustra la storia della tastiera e le
implicazioni tratte dell’economista .
La sua presentazione e la sua successiva redazione in un articolo, hanno un
incredibile successo e clamore ed è per
questo che catturano l’attenzione di
illustri scrittori, come Jay Gould,
studioso di storia naturale, e Jared Diamond, biologo.
In particolare Gould ringrazia David
dopo aver letto il suo articolo “Understanding the Economics of QWERTY:
The Necessity of History”, pubblicato in
versione definitiva nel 1986, e scrive a
sua volta un articolo in cui si rende
emblematico l’effetto che il discorso fatto
dall’economista abbia conseguito sulle
persone che come il biologo hanno
provato sensazioni e esperienze negative con la tastiera QWERTY.
La ovvia conclusione di David è che la
tastiera QWERTY non è affato quella
migliore; egli ipotizza che possano
essere proprio gli elevati costi di
switching ad aver bloccato la colletività
su questo standard inefficiente.
Afferma quindi nuovamente che le
scelte di oggi dipendono da quelle di ieri,
dipendo quindi dal percorso:
Egli spiega poi il dominio di QWERTY in
base a tre fattori:
E' dipendente dal percorso una
sequenza di cambiamenti economici le
cui influenze di rilievo sull'eventuale
risultato possono essere desunte da
eventi temporalmente remoti, inclusi
accadimenti dominati da elementi
casuali piuttosto che da forze si stematiche. Processi stocastici come questi
non convergono automaticamente ad
una determinata distribuzione di risultati,
e vengono chiamati non ergodici.
In tali circostanze gli "accidenti della
storia" non possono essere né ignorati
ne messi in quarantena ai fini dell'analisi
economica; anzi, il processo dinamico
assume esso stesso un carattere essenzialmente storico. (David 1985).
- effetti rete indiretti (technical interrelatedness)
- economie di scala (economies of
scale)
- costi di switching (quasi-irreversibility
of investments)
Inoltre, facendo riferimento al percorso
storico di affermazione della tastiera
QWERTY, si evidenzia come uno
standard possa affermarsi sui concorrenti e a divenire universale proprio
quando le ragioni della sua superiorità
tecnica cominciano a venire meno.
David chiama “QWERTYnomics” i principi economici che spiegano l’accaduto
in dipendenza dal percorso, richiamandosi ai concetti essenziali della “network
economics”. (Shapiro e Varian 1998)
Osserva infatti che l'hardware della
macchina da scrivere richiede, per
essere utilizzato in modo ottimale, la
memorizzazione di sequenze e procedure corrette (software) da parte dei
dattilografi, generando in questo modo
degli effetti di rete indiretti: una maggiore
disponibilità di macchine da scrivere
QWERTY determina indirettamente un
più ampio mercato di dattilografi esperti,
con economie di scala "di sistema", cioè
sia dal lato della domanda che dal lato
dell'offerta.
Man mano che QWERTY diveniva dominante anche i produttori che avevano
adottato standard alternativi li hanno
abbandonati: i costi di adattamento
erano infatti bassi rispetto ai ben più alti
costi per il riaddestramento della maggioranza dei dattilografi che già usavano
"Universal".
Per questi motivi, anche quando emerse
il più efficiente standard DSK, il sistema
QWERTY era talmente diffuso da
rendere il passaggio sicuramente troppo
costoso.
In termini generali alla base della pathdependence c'è quindi l'idea che piccoli
eventi storici possano avere successive
conseguenze rilevanti, che l'azione
economica può modificare solo in
maniera limitata (David 1985; Arthur
1988).
In questo senso, la path-dependence
implica l'idea che la storia abbia
un'importanza notevole per il presente e
per il futuro: hystory matters.
Occorre tuttavia fare attenzione al fatto
che la path-dependence non sia concepita come “past-dependence”.
In questa accezione infatti si limiterebbe
ad indicare la permanenza nel presente
di alcune strutture esistenti nel passato.
Al contrario la path-dependence comporta “l’intrinseca imprevidibilità degli
effettivi esiti del cambiamento”; e questo
si deve principalmente alle assunzioni
sulle qualità degli agenti economici, che
non sono caratterizzati da comportamenti definiti da parametri, ma al
contrario da irreversibilità, inivisibilità,
razionalità limitata e conoscenza
imperfetta.
È così che l’esito dei modelli pathdependent risulta di particolare rilievo:
piccoli eventi casuali possono condurre
a situazioni di equlibri multipli, oppure di
equilibrio
inefficiente.(David
1985;
Arthur 1988).
Queste conclusioni tratte dai due economisti sono in notevole contrasto con
l’idea tradizionale che le forze del mercato raggiungano spontaneamente una
posizione di equlibrio unica ed efficiente.
LA CONTESTAZIONE DI LIEBOWITS
E MARGOLIS
Paul David è comunque cauto rispetto
alle sue premesse e afferma che la
storia di QWERTY non rappresenta una
prova empirica, ma solamente un caso
illustrativo di path-dependence:
In sé e per sé, questa mia storia sarà
semplicemente illustrativa e non stabilisce quanta parte del mondo funzioni in
questo modo. Questa è una questione
empirica aperta, ed io sarei presuntuoso
se pretendessi di averla risolta, o di
fornire indicazioni su come affrontarla.
Speriamo soltanto che il racconto possa
garbatamente provocare un divertito
interesse in coloro che si aspettano
spiegazioni sul se e il perché lo studio
della storia economica rappresenti una
necessità per gli economisti (David
1985).
Stan Liebowitz e Stephen Margolis, due
economisti della North Carolina State
University, cercano infatti di dimostrare
in “The Fable of the Keys”, in Journal of
Law and Economics" (1990) che non è
vero che QWERTY sia notevolmente
inferiore a Dvorak o ad altri sistemi alter-
nativi e di conseguenza che non sia vero
che il sistema è rimasto “bloccato” su
uno standard palesemente inefficiente,
determinato dagli “accidenti della storia”.
Liebowitz e Margolis individuano con
estrema chiarezza i seguenti punti critici
nell’analisi svolta da David:
Primo, l'affermazione che la tastiera
Dvorak sarebbe migliore è supportata
soltanto da evidenza empirica che è non
solo scarsa, ma anche sospetta.
Secondo, gli studi nella letteratura ergonomica non rilevano nessun vantaggio
significativo per la Dvorak che possa
essee considerato scientificamente
affidabile. Terzo, la competizione tra i
produttori di tastiere, da cui emerse lo
standard, fu di gran lunga più intensa di
quanto comunemente riportato. Quarto,
ci furono molte più gare pubbliche di
velocità tra dattilografi. […] Queste gare
pubbliche diedero ampia opportunità di
dimostrare la superiorità di configurazioni di tastiera alternative (Liebowitz
e Margolis 1990:8).
E ne traggono le seguenti conclusioni:
Il fatto che QWERTY è sopravvissuta a
sfide significative alle origine della storia
della dattilografia dimostra che essa è
almeno tra le più adatte, se non la più
adatta che si possa immaginare
(Liebowitz e Margolis 1990:8).
Di conseguenza non risulta essere del
tutto veritiera nemmeno l’affermazione
che “la storia conta” in economia, o
perlomeno non conta così tanto, quanto
ritengono Arthur e David.
Liebowitz e Margolis, a supporto delle
loro considerazioni, affermano infatti
che:
L'adesione ad uno standard inferiore in
presenza di uno superiore rappresenta
comunque qualche genere di perdita,
che implica una opportunità di profitto
per chiunque riesca ad escogitare un
modo di internalizzare l'esternalità e
appropriarsi di una parte del
valore
generato dal passaggio allo standard
superiore (Liebowitz e Margolis 1990:4).
Maggiore è il gap nella performance tra i
due standard, maggiori sono queste
opportunità di profitto, e più probabile
che si verifichi uno spostamento verso il
nuovo standard. Di conseguenza, un
chiaro esempio di eccesso di inerzia è
presumibilmente molto difficile da
trovare. Casi osservabili nei
quali
prevale uno standard nettamente inferiore hanno probabilmente vita breve, o
sono imposti di autorità, o sono storie
romanzate (Liebowitz e Margolis
1990:4).
Queste le conclusioni sulla loro posizione:
La nostra posizione è che i buoni
prodotti vincono. La posizione opposta
di alcuni modelli economici è che i buoni
prodotti potrebbero non vincere.
Al contrario, cattivi prodotti, prezzi
elevati, politiche di vendita a svantaggio
dei consumatori potrebbero venire
"protette" dai network effects e da altri
effetti. C'è un mondo di evidenza a supporto della nostra versione. Non c'è
nemmeno un solo esempio chiaramente
documentato a supporto della versione
opposta.
(Liebowitz
e
Margolis
1999:243).
alcune dichiarazioni fatte dalla Marina
statunitense e in seguito dalla Apple,
che dichiaravano un risparmio di tempo
dal 20 al 40 % nell’uso della tastiera
“Dvorak Simplified Keyboard (DSK)”
rispetto alla QWERTY e che David
aveva portato come supporto alla sua
presentazione.
LA POSIZIONE DI WILLIAMSON
Anche Oliver Eaton Williamson, economista statunitense, critica in parte il
concetto di path-dependence, ridimensionandone l’importanza e affermando
che in realtà la logica prevalente per
l’affermazione delle innovazioni resta
quella del “cost economizing”, su cui è
basata l’economia dei costi di
transazione.
La storia dello standard QWERTY
contro quello Dvorak è viziata e
incompleta... La conclamata superiorità
della tastiera Dvorak è sospetta. Gli
annunci più clamorosi si
devono allo stesso Dvorak e gli esperimenti meglio documentati, così come
studi recenti di ergonomia, suggeriscono
che la tastiera Dvorak goda di un vantaggio nullo o modestissimo (Liebowitz e
Margolis 1990:21).
Pur ritenendo la storia molto importante
egli afferma che tuttavia essa non può
bastare come unica determinante per la
scelta degli attori, che deve essere principalmente guidata dall’intenzione e
dall’attitudine a minimizzare i costi.
Anche Williamson ritorna sull’esempio
cardine della tastiera QWERTY e della
sua affermazione; egli prende di mira
Williamson osserva che, come sostengono Liebowitz e Margolis, queste
dichiarazioni non sono affidabili, in
quanto non posso garantire l’effettiva
veridicità dei risultati conclamati.
E pertanto trae le seguenti conclusioni:
David sostiene e io ne sono persuaso
che «ci sono molti altri casi QWERTY
nel mondo là fuori» (David 1986:37).
Una configurazione di tastiera immutata
nel tempo non mi colpisce comunque
come l'attributo più importante nello
sviluppo della scrittura meccanizzata dal
1870 al presente. Che dire dei miglioramenti nella meccanica delle tastiere?
Che cosa delle macchine da scrivere
elettriche? E i personal computer e le
stampanti laser? Perché sono prevalsi
sui vecchi sistemi a dispetto della pathdependence? Ci sono davvero state
altre
tecnologie
"strutturalmente
superiori" che sono state ignorate?
Se, con ritardi e imperfezioni, le tecnologie più efficienti hanno
regolarmente
soppiantato quelle meno efficienti,
perché questo non
dovrebbe essere
esplicitamente considerato? Forse la
risposta è che "tutti sanno" che
la
minimizzazione dei costi è il fenomeno
dominante, del quale la dipendenza dal
percorso,
la
monopolizzazione,
l'assunzione di rischi ecc.
sono
soltanto delle qualificazion particolari
(Williamson 1995:239).
Il dibattito sulla path-dependence si
inserisce quindi in un contesto più ampio
che riguarda il superamento o meno di
alcune delle limitaioni dell’economia
neoclassica, attraverso il tentativo di
creare una nuova forma della
conoscenza economica.
Da una parte abbiamo le teorie guidate
dai pensieri di Arthur e David, che
fondano l’idea della path-dependence
su
una
nuova
formalizzazione
economico-matematica di tipo dinamico,
più evoluta dei modelli statici neoclassici; dall’altra quelle di Liebowitz
e
Margolis, che, appoggiati dagli esponenti
della cosiddetta Austrian
Economics, sostengono che i modelli
matematici, anche se sofisticati, non
possono costituire una nuova conoscenza economica finché non trovano
un adeguato riscontro empirico.
AMBITO ISTITUZIONALE
NORTH
Per quanto concerne l’accezione di
path-dependence in ambito istituzionale
è interessante prendere in considerazione gli studi elaborati da Douglass C.
North, che nel suo libro “ Institutions,
Institutional Change and Economic Performance” (1990) cerca di costruire una
teoria sistematica delle istituzioni e del
mutamento dei sistemi economicosociali.
In questa trattazione si possono
individuare alcuni aspetti e meccanismi
che caratterizzano la path-dependence:
1- La scelta individuale
Le istituzioni infatti secondo North
contribuiscono a determinare le opportunità
disponibili per l’iniziativa individuale ed organizzativa.
Allo stesso tempo esiste tra istituzioni e
organizzazioni un rapporto di reciproco
interesse, che porta a far sì che si
tendano a mantenere le istituzioni
esistenti.
Con questo meccanismo può quindi
accadere che permangano e si
rafforzino
anche
istituzioni
efficienti”.(analogia all’esempio
tastiera QWERTY).
“non
della
cruciale per alcune affermate teorie economiche come “la teoria dei giochi” e “la
teoria delle aspettative razionali”.
2- Il sistema politico
Dal momento che le istituzioni sono definite all’interno del sistema politico, può
accadere che si verifichino forme di
lobby che limitino l’entità delle riforme e
che mirino a mantenere la continuità
istituzionale.
Secondo Salvatore Rizzello, professore
straoridinario di Economia Politica e di
Storia del Pensiero Economico presso la
Facoltà
di
Giurisprudenza
dell´Università del Piemonte Orientale, è
interessante notare come nella teoria
della conoscenza di Hayek, il processo
di formazione della conoscenza stessa
sia fortemente un processo pathdependent. Egli afferma che: la pathdependence
nel
processo
di
acquisizione
della
conoscenza
è evidente.
Essa è condizionata dalla storia, dalle
caratteristiche genetiche e soprattutto
sull’esperienza, cosciente e
metacosciente che ogni individuo ha acquisito e
continua ad acquisire. Ogni singola
percezione dei dati esterni dipende dalle
caratteristiche soggettive, che derivano
a loro volta da originali percorsi di
interpretazione.
3- I meccanismi dell’apprendimento
Le istituzioni non si limitano a valutare le
migliori
attività
possibili
per
il
momento,ma lo fanno anche per il futuro
e in questo modo influiscono sui sentieri
del mutamento istituzionale stesso.
4- L’importanza dei vincoli informali, dei
quadri cognitivi e della cultura
Sono tutti fattori che per North i
ntroducono un’altra possibile spiegazione
all’inerzia del mutamento
istituzionale.
AMBITO CONOSCENZA
HAYEK
La teoria della conoscenza di Hayek è
l’esempio di uno di quei concetti che
l’economia moderna prende in prestito
da altre discipline e cerca di far proprio
per elaborare nuove strade e nuovi
metodi.
In questo particolare caso si tratta del
tema dell’apprendimento, che è un tema
Per questo se il concetto di pathdependence fosse introdotto in modo
esplicito nella teoria economica si
potrebbe rileggere la teoria hayekiana in
un modo più esteso, sempre in
coerenza con le teorie cognitiviste sulla
pecezione e l’apprendimento, e conseguire risultati diversi da quelli fin qui
ottenuti dai modelli economici standard.
RICHIAMI BIBLIOGRAFICI
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TEMA CONOSCENZA
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http://www.unibs.it/online/dss/Home/Inevidenza/PaperdelDip
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om.pdf
CONTIENE
LA
STORIA
DELLA TASTIERA QWERTY
PATH DEPENDENCE
PAROLE CHIAVE
POSITIVE FEEDBACKS
PE
INCREASING RETURNS
R
C
O
R
SO
TEMPO
EQUILIBRI MULTIPLI
PATH DEPENDENCE
QWERTY
QWERTYnomics
COSTI DI SWITCHING
LOCK-IN
ECONOMY
ARTEFATTO/OGGETTO TECNICO/
INDIVIDUO TECNICO
Il percorso per ricostruire con chiarezza
le definizioni di artefatto, oggetto tecnico
e individuo tecnico si presenta lungo e
talvolta tortuoso, dal momento che molte
sono le teorie e le accezioni che si esprimono su questo elemento centrale della
socio-tecnicità.
In primo luogo è interessante inquadrare
il termine artefatto in relazione allo
sviluppo di quella che è la storia e
l’affermazione del settore del Design.
A tale scopo si possono individuare tre
fasi:
1- Fase Predisciplinare: connotata da
una doppia matrice storiografica
secondo le differenti visioni di Nikolaus
Pevsner, che accentuava gli aspetti
creativi e artistici delle individualità, e di
Siegfried Giedion, che invece concentrò
la sua indagine sulla meccanicizzazione
degli oggetti di uso comune, indagando
l’evoluzione e la forma degli artefatti
(visione
sistemico-evolutiva
della
produzione e dell’artefatto).
2- Fondazione Disciplinare: ovvero la
fase dell’affermarsi della produzione di
massa dopo la seconda guerra
mondiale, con l’apparizione delle prime
tematiche di interesse internazionale e
le prime sintesi teoriche di autori come
Tomàs Maldonado, Gillo Dorfles, Vittorio
Gregotti, Renato De Fusco.
3- Consolidamento Disciplinare: la fase
attuale, in cui il design e il suo “oggetto
di studio” assumono nuovi significati.
Ci troviamo quindi oggi nel pieno della
terza fase, detta di “consolidamento
disciplinare”.
Il disigner è ormai riconosciuto come
uno degli attori di rilievo del sistema
sociotecnico e la progettazione e lo
studio degli artefatti sono immersi
appieno in questo tipo di sistema dove
gli aspetti tecnici e gli aspetti umani e
sociali sono collegati e interconnessi tra
di loro.
Tomàs
Maldonado,
in
“Disegno
Industriale: un riesame”, si sofferma sin
dal principio su quella che è la
definizione di disegno industriale; egli
riscontra
alcune
incongruenze
nell’accezione di “oggetto industriale”,
specie in relazione ai nuovi paradigmi
introdotti nella produzione in serie.
Si sofferma dunque sulla definizione di
disegno industriale adottata dall’Icsid
(International council of societies of
industrial design) nel 1961.
La principale novità di questa
definizione sta nel fatto che il disegno
industriale non viene più descritto come
una disciplina che guarda solo ad
un’idea sul valore estetico della forma,
ma come un’attività progettuale le cui
motivazioni vanno oltre la ricerca della
forma stessa. Si propone quindi un
disegno industriale che svolge il suo
compito all’interno di un processo più
ampio e la cui finalità è la
“concretizzazione di un individuo
tecnico”.
Maldonado afferma dunque che,
secondo tale definizione, progettare la
forma significa coordinare, integrare e
articolare tutti quei fattori che, in un
modo o nell’altro, partecipano al
processo costitutivo della forma stessa.
Più precisamente si allude tanto ai fattori
relativi all’uso, alla fruizione e al
consumo individuale (o sociale) del
prodotto, quanto a quelli relativi alla sua
produzione (fattori tecnico-economici,
tecnico-costruttivi,
tecnico-sistemici,
tecnico-produttivi e tecnico-distributivi).
É utile quindi, prima di proseguire,
soffermarsi brevemente sul pensiero del
filosofo francese Gilbert Simondon.
Egli elabora una critica al principio di
individuazione, mettendo in dubbio
l’idea dell’ente individuale come termine
definitivo di un atto di individuazione
sganciato dal processo che lo ha
prodotto. Propone al contrario di non
risolvere l’essere nell’individuo, nè
l’individuo nell’essere, ma di considerarli
come elementi coesistivi, simboli l’uno
dell’altro.
La sua principale operazione teorica è
quella
di
sganciare
l’essere
dall’individuo. L’essere diviene preindividuale e l’individuazione diventa
quindi una fase di conservazione
dell’essere attraverso il divenire.
Successivamente
Simondon
pone
l’attenzione sull’ oggetto tecnico: lo
schema ilemorfico aristotelico, secondo
cui l'individuo è il risultato dell'incontro di
una forma e di una materia, risente
secondo Simondon di una pesante
ipoteca tecnica.
Secondo il filosofo infatti, di tutti gli
oggetti è proprio quello tecnico che,
prima e in modo più evidente di ogni
altro, nasce dall'incontro preordinato di
una forma e di una materia.
Egli inoltre afferma che si possa parlare
di vera individuazione anche al di fuori
del vivente (individuo tecnico), poichè
l’individuo non è più l’esito di un insieme
applicato di regole, ma la configurazione
transitoria di un processo.
Successivamente, presa coscienza
della centralità dell’artefatto nella
disciplina del Design e nei sistemi
sociotecnici, si può indagare la relazione
che intercorre tra gli artefatti e la
cognizione umana.
Alcuni recenti sviluppi nell’ambito delle
scienze cognitive effettuati da Zhang e
Norman
hanno
fornito
evidenza
empirica a sostegno della tesi che la
cognizione umana è mediata da
artefatti.
Questi risultati hanno riportato in luce le
posizioni teoriche di Lev Vygotskij, che a
inizio secolo sostenne che “non è possibile indagare l’attività cognitiva umana
senza
considerare
gli
artefatti
storicamente
e
culturalmente
determinati che la mediano in ogni sua
manifestazione.”
Secondo queste posizioni teoriche
l’attività umana e gli artefatti sono quindi
i due lati inseparabili dello stesso
fenomeno: la cognizione umana.
A supporto di questa teoria Antonio
Rizzo da un’importante definizione di
artefatto:
“Un artefatto è un oggetto progettato o
foggiato da una specifica attività umana,
che non esisteva prima di quella attività
e che non può essere compreso indipendentemente dall’attività umana nella
quale viene utilizzato e per la quale è
stato,
almeno
parzialmente,
concepito.”(Antonio Rizzo, “La natura
degli Artefatti e la loro progettazione”, in
Sistemi Intelligenti).
Egli aggiunge inoltre che questa è solo
una prima relazione tra attività umane e
artefatti: una seconda riguarda gli effetti
degli artefatti sull’attività umana nella
quale vengono utilizzati.
L’uso dell’artefatto infatti trasforma
anche l’attività per cui è stato progettato,
sia sul piano della riorganizzazione delle
modalità
percettivo-motorie
di
interazione con l’ambiente, sia per per le
modalità di pianificazione delle azioni e
delle relazioni sociali.
A questo tipo di situazione si riferiva
infatti Lev Vygotskij, che elaborò il
cosidetto “metodo genetico”, in accordo
con i principi assunti dalla scuola
storico-culturale
sovietica,
che
consisteva nello studio delle origini e
nella
storia
di
un
fenomeno,
focalizzandosi sui suoi passaggi e sulle
interconnessioni con altri fenomeni.
Lo stesso Wertsh nel 1985 affermò che
“per comprendere quindi la natura degli
artefatti dobbiamo comprendere la loro
evoluzione storica e la pratica sociale
che li resi parte dell’attività cognitiva
umana.”
“Diviene quindi chiaro che sia per gli
artefatti
cognitivi
(ad
es.
rappresentazioni) che per gli artefatti in
genere (ad es., macchine) l’attività è
l’elemento fondamentale che ne
determina la forma” e che “ in tutti i
processi di creazione di artefatti vi è
quindi un momento intermedio, quello in
cui una particolare attività diviene
l’oggetto da cristallizzare in artefatti”
conclude Rizzo.
Patrice Flichy inizia la sua trattazione
presentando alcune “teorie standard
sulla tecnica” elaborate sulla netta
separazione tra tecnica e società, o che
comunque le mettono in relazione
solamente secondo un nesso costituito
da un “rapporto deterministico”.
Egli presenta il suo approccio
all’innovazione e alla sua diffusione,
cercando di capire come “ si organizza
l’azione sociotecnologica dei diversi
attori
dell’innovazione,
soprattutto
progettisti e utenti, all’interno degli stessi
quadri di riferimento” e introducendo il
tempo come nuovo elemento da
prendere in considerazione.
Successivamente rivolge l’attenzione
agli studi di A. Leroi-Gourhan, che
appartiene a quel gruppo di studiosi che
propongono un approccio socio-tecnico
confermando la necessità di “pensare
insieme il tecnico e il sociale” e quindi
analizza il lavoro di alcuni grandi
esponenti della nuova sociologia
francese come Latour e Callon.
Egli dà quindi la sua definizione di
“oggetto tecnico”, considerandolo come
la risultante di tre dinamiche: “l’azione
degli attori, il caso e i vincoli sociotecnici”.
Afferma inoltre che “l’oggetto tecnico”
non è mai solo e riprendendo l’analisi di
Simondon, insiste sul concetto che le
macchine possiedono in qualche misura
il “progetto del fruitore”, cioè esse non
sono così aperte “da
consentire
all’utilizzatore di prolungare l’atto del
costruttore attraverso la messa a punto,
la regolazione, le riparazioni”.
La sua definizione si conclude con un
altro richiamo al pensiero simondoniano,
affermando che la definizione dell’
”oggetto tecnico” si comprende in
termini di processo di concretizzazione,
nel senso della “traduzione fisica di un
sistema intellettuale”, che ci restituisce
la complessità dell’ideazione.
Così Flichy riassume poi il discorso
Simondoniano:
Un dispositivo tecnico diviene stabile
soltanto quando il concatenamento delle
parti trova una configurazione definitiva.
Agli inizi di una innovazione ci sono
principi, schemi e descrizioni astratte del
processo. In seguito, si passerà agli
abbozzi e ai prototipi, che permetteranno di verificare le intenzioni iniziali.
Certo, l’artefatto sarà sicuramente
differente dalla sua prima versione su
carta: il confronto con la resistenza della
materia e degli oggetti modifica le idee
iniziali. Il primo oggetto secondo
Simondon, non è altro che “la traduzione
fisica di un sistema intellettuale”. In
seguito,
i
diversi
elementi
convergeranno in un “oggetto tecnico”
concreto e più compatto.
Ogni elemento è ora integrato in un
sistema che ha raggiunto una propria
coerenza. L’oggetto diventa una
“scatola nera” in grado di funzionare, per
il profano quanto per l’ingegnere, senza
che sia necessario rimembrare in continuazione l’articolazione dei diversi
sottoinsiemi. Il quadro di funzionamento
ha trovato la sua stabilità.
IL SENSO DEGLI OGGETTI TECNICI
Interessante è anche il percorso che
propone
Alvise
Mattozzi,
che
ricostruisce, attraverso la raccolta di
alcuni importanti articoli di svariati autori,
il confronto con “il senso degli oggetti
tecnici”.
Egli inizialmente definisce
gli STS
(Social Studies of Science and
Tecnology), un insieme di ricerche in
ambito specifico che hanno sviluppato
una duratura e approfondita riflessione
sugli oggetti tecnici, che spesso si è
interrogata sulla loro significazione,
coinvolgendo l’ergonomia, ma soprattutto la semiotica.
Quindi introduce l’ANT, che è uno specifico approccio agli STS, ad opera dei
sociologhi francesi Micheal Callon,
Bruno Latour e John Law, che cerca di
rendere conto della emergenza,
costituzione e stabilizzazione di oggetti
teorici, naturali o tecnici in quanto attori
reticolari, formati dalle relazioni tra
elementi eterogenei che li costituiscono.
Viene quindi definito il concetto che si
possono trovare tre orientamenti alla
significazione degli oggetti tecnici:
- inerente agli oggetti tecnici;
- trascendente gli oggetti tecnici e le
pratiche a cui essi partecipano;
- immanente agli oggetti tecnici e alle
pratiche a cui essi partecipano.
E vengono presentate le teorie di
significazione degli oggetti tecnici di
alcuni autori:
Per Dejours il significato è attribuito più
che all’ “oggetto tecnico”, all’esperienza
che gli operatori ne fanno.
Per Simondon, che si pone in una posizione intermedia tra un orientamento
immanente e uno trascendente, l’umano
è un mediatore che, per quanto riguarda
gli oggetti tecnici, coglie l’informazione
che emerge dalle forme degli oggetti
tecnici stessi in quanto significazione; in
questo modo è in grado di regolare tra
loro gli oggetti tecnici che invece
interagiscono sulla base di forme.
Per
l’ANT,
che
privilegia
un
orientamento
immanente,
la
significazione si articola in modo
congiunto con l’articolarsi delle reti di
relazioni che costituiscono il mondo, o
meglio il collettivo, inteso come l’insieme
di associazioni tra attanti umani e non
umani.
All’interno dell’ANT è particolarmente
importante il lavoro congiunto svolto da
Madeleine Akrich e Bruno Latour.
Madeline
Akrich,
secondo
le
considerazioni effettuate, dichiara che
“la significazione di un “oggetto tecnico”
dipende da come esso riorganizza
differentemente la rete di relazioni
all’interno della quale noi siamo posti e
che ci definisce”; specifica inoltre che la
significazione emerge proprio dalla
messa in relazione tra oggetti tecnici e
utenti.
Bruno Latorur completa il pensiero
dell’ANT soffermandosi
anche con
alcune
considerazioni sulle “masse
mancanti”.
Egli
presenta
alcuni
interessanti esempi al fine di dimostrare
che anche in sociologia, come in fisica,
si è alla ricerca di una “massa
mancante” e che la risposta a questa
ricerca altro non è che la presa in
considerazione delle masse nonumane.
Con esse si potrebbe infatti ad avere un
concetto di società più completo ed
equilibrato.
“...ogni qual volta desideriate sapere
cosa fa un non-umano, immaginate
semplicemente che cosa altri umani o
altri non-umani dovrebbero fare se
questo attore non fosse presente.
Questa
sostituzione
immaginaria
fornisce esattamente l’idea del ruolo, o
della funzione, di questo attore.”
STRUMENTI DI RICERCA
LEZ3_artefatto.pdf
CONCETTO DI
SOCIO-TECNICO
SISTEMA
ARTEFATTO
http://Don't_eat_the_yellow_snow.pdf
http://aperto, molteplice, continuo.doc
http://unisi.it
http://t.wikipedia.org/wiki/Artefatto
h t t p : / / M a n t o v a n i Dalla_psicologia_culturale_alla_prospet
tiva_interculturale
http://mat_bagni.pdf
http://www.nacci.altervista.org12.doc
http://www.saul.unisi.it-ArtefattiRizzo.pdf
OGGETTO TECNICO
http://books.google.com/books?id=aZQj
NOlRtsoC&dq=il+senso+degli+oggetti+t
ecnici&printsec
APPROFONDIMENTO SULLA
STORIA DELLA SCRITTURA
COMPLETO
TRATTA DIVERSI AUTORI
PROBLEMI DI
CONSULTAZIONE
(PAGINE SCARICABILI SOLO
CON SCREENSHOT)
STRUMENTI DI RICERCA
INDIVIDUO TECNICO
http://Multitudes Web - 2. Leggere
Gilbert Simondon
http://room50.blog » Storia del design,
II_ storia per la teoria (o per le teorie)
http://www.ergonomia.info/archivio/raba
rdel
http:// newMediaActivism.pp
USER CENTERED DESIGN
Lo User Centered Design è un
approccio, una filosofia progettuale
rivolta all’ideazione di prodotti e servizi
che considera gli utenti come attori
primari (centrali) all’interno del processo
(considerandone i bisogni/interessi).
L’obiettivo è di facilitare il progettista a
comprendere al meglio l’utilizzo dei
prodotti da parte degli utenti, proporre
nuove modalità per migliorare le caratteristiche del prodotto, e al tempo
stesso, migliorare l’efficienza del
processo progettuale.
Le caratteristiche corrette di un
approccio
“centrato
sull’utente”
predispongono che il processo di
sviluppo di un nuovo prodotto sia in
primo
luogo
caratterizzato
dalla
comprensione di tutte le attività che
caratterizzano l’interazione tra utente e
artefatto.
Successivamente è imprescindibile il
coinvolgimento costante degli utenti nel
percorso
progettuale,
attraverso
l’adozione
di
un
processo
iterativo(ciclico) che metta in constante
confronto le soluzioni trovate con la
verifica della loro usabiltà da parte degli
utenti stessi.
Questo tipo di approccio predilige
dunque la formazione di team di lavoro
multidisciplinari, composti anche da
ricercatori ed esperti nel campo delle
scienze sociali e cognitive, perchè essi
possano
garantire
una
corretta
comunicazione tra progettisti e utenti
finali.
Possiamo quindi affermare che nel
processo di User Centered Design
(UCD) il progetto mira alla
pianificazione, progetto e realizzazione di un
artefatto (prodotto, comunicazione,
servizio,
interfaccia)
coinvolgendo
l’utente finale.
USER CENTERED DESIGN
CASO STUDIO
“Eye Tracking: Analisi dell'interazione
con il sito www.youtube.com
OBIETTIVO: Sottolineare l’importanza
di un corretto approccio attraverso lo
User Centered Design, evidenziando le
conseguenze negative che comporta un
approccio non corretto per l’utente nel
progesso di fruzione.
NOTE: Ad oggi il sito di Youtube ha
cambiato interfaccia e non presenta più
l’errore sottolineato il questo caso
studio.
Premesso che l’immenso successo di
Youtube è indicatore di un progetto
sicuramente
molto
valido,
trovo
interessante riportare un recente studio
ad opera di Silvia Gilotta e Rafaella
Calligher che individua alcuni errori nella
interfacce del sito che determinano delle
difficoltà d’uso da parte degli utenti.
Il World Wide Web, oggi, è un mondo
senza troppi limiti, un mondo che
fornisce
grandi
possibilità
di
espressione, permettendo di essere
presenti online in svariati modi.
È un mondo che sostiene la
multimedialità, ovvero la forma di
comunicazione che più ci appartiene e
che grazie alle innovazioni tecnologiche
può essere facilmente riprodotta
attraverso i canali mediatici, come Internet, consentendo di esprimerci come ci
è più consono.
YouTube è il sito web che permette di
manipolare gli audiovisivi: si possono
cercare e fruire video di varia natura, ma
si possono anche caricare i propri video,
condividendoli e contribuendo così allo
sviluppo di YouTube stesso.
È il web 2.0, che consente di essere
presenti in modo attivo, senza più
essere solo spettatori passivi.
Sembra tutto molto bello.
Ma è davvero così?
Oppure anche YouTube, come molti altri
siti web,
mostra dei
problemi di
usabilità?
È infatti importante che, oltre a fornire le
opportunità che promette, un sito web le
renda visibili, facili da capire e da raggiungere. Tali opportunità devono
essere a portata di utente, altrimenti è
come se non ci fossero. L’interfaccia
deve quindi fornire tutte le facilitazioni
affinché
l’azione
dell’utente
sia
sostenuta e ottimizzata. Il vantaggio di
Internet è infatti indubbio, ma non
sempre concreto.
Per verificare l’effettiva usabilità del sito
YouTube, abbiamo effettuato un test con
l’eye-tracking, lo strumento che rileva i
movimenti oculari, mettendo così in
pratica quella corrente di pensiero che,
nell’analisi dell’usabilità, pone al centro
l’utente,
la
sua
esperienza,
ascoltandone la voce ma, soprattutto,
seguendone lo sguardo!
Al di là delle verbalizzazioni, di altri
strumenti come i questionari o il
cognitive walkthrough, i quali possono
risentire di alcuni bias, avere a
disposizione
i
dati
forniti
dall’eye-tracking permette di indagare
ciò che effettivamente viene guardato e
catturato dalla nostra attenzione, quindi
processato in modo consapevole.
Il setting sperimentale, altamente
ecologico, rende l’interazione naturale,
lasciando gli utenti liberi di navigare e
cercare come farebbero sul loro
computer.
Task 1: ricerca di canali
Ai soggetti coinvolti nel test è stato
chiesto di effettuare una ricerca,
partendo dalla home page.
In particolare, si è richiesto di cercare il
canale della società sportiva A.C.Milan.
Innanzitutto, si può analizzare l’impatto
visivo della home page osservare la
distribuzione delle fissazioni durante i
primi 5 secondi.
Si può notare come la maggior parte
delle risorse attentive cada esattamente
nell’area dei “Canali”, nella barra
superiore, dove è presente anche la
barra del search.
Questo è sicuramente un aspetto
positivo, in quanto significa che
l’elemento da cercare è presente sulla
home page ed è anche ben visibile.
La stessa evidenza emerge dall’analisi
di alcuni percorsi: pur effettuando
navigazioni differenti, l’area della barra
superiore è sempre osservata e vi si
concentrano la maggior parte delle
fissazioni effettuate nei primi 5 secondi.
Le difficoltà si presentano successivamente, durante la vera e propria ricerca.
Sulla home page ci sono due modi per
cercare i canali:
1. Cliccare sulla barra il tasto “Canali”
2. Scrivere direttamente il nome da
cercare e selezionare canali dal menù a
tendina a destra del box di ricerca.
Ma la differenza è solo apparente: pur
cliccando il tasto “Canali” dalla barra
menù (1), è indispensabile
anche
scegliere “Canali” dal menù a tendina
poiché
rimane
selezionato
automaticamente “Video”.
Si effettua così un passaggio inutile oltre
al fatto che l’operazione ti manda su una
pagina di dubbia appartenenza dato che
nessuna etichetta si evidenzia.
In tutti i casi è necessario scrivere nel
box e selezionare “Canali” dal menù a
tendina.
Durante il nostro test, il 60% dei soggetti
ha cercato secondo la modalità 1, il
40 % secondo la modalità 2.
Di questo 60%, la totalità ha commesso
errori nella ricerca.
Anche la metà del 40% ha sbagliato la
ricerca.
Dunque, solo il 20% del campione totale
ha portato a termine la ricerca senza
errori, scrivendo il nome e selezionando
“Canali” dal menù a tendina.
Oltre alla bassa percentuale di successo, anche i tempi e il numero delle
pagine visitate durante la ricerca
mostrano chiaramente quanto sia poco
usabile questa funzione.
In conclusione, la ricerca dei canali non
è per niente facile ed intuitiva.
Innanzitutto la maggior parte dei soggetti non sa esattamente cosa significhi
cercare canali su YouTube.
Fortunatamente il tasto “Canali” è ben
visibile
e
questo
aiuta
nell’individuazione del primo step.
Purtroppo, se da un lato l’impatto visivo
del sito web è buona, dall’altro la ricerca
vera e propria non è priva di ostacoli.
Le quattro etichette poste sulla barra
superiore, (Home page, Video, Canali,
Community) non sono ben differenziate
tra di loro, di conseguenza, durante la
ricerca, non forniscono feedback sufficientemente efficaci che aiutino l’utente
a capire dove si trova. Inoltre, il vero
passaggio discriminante è la selezione
di “Canali” dal menù a tendina a destra
del box “cerca”, che rimane automaticamente selezionato su “Video”, facendo
commettere molti errori e passaggi.
Queste difficoltà sarebbero facilmente
evitabili se si progettasse l’interfaccia in
modo usabile, coinvolgendo i soggetti
fin dalle prime stesure di prototipi.
Perchè gli occhi degli utenti non sbagliano mai.
USER DRIVEN INNOVATION
È un approccio progettuale che fa uso di
un processo di innovazione strutturato
sulle relazioni dirette con gli utenti, con
l’obiettivo di indagare e focalizzare
l’attenzione su quelle che sono le loro
vere esigenze e i loro veri bisogni.
Gli utenti diventano quindi la più importante risorsa di informazione e di
innovazione e il compito della User
Driven Innovation è quello di cercare di
sviluppare un modo più sistematico per
coinvolgere essi all’interno del processo
di ricerca e sviluppare così soluzioni che
meglio rispondano alle necessità indicate dagli utenti stessi.
Quel che distingue questo metodo di
ricerca sull’innovazione da altri è:
- a strategic focus on consumer pull (vs.
technology push); produrre quel che si
vende piuttosto che vedere quel che si è
prodotto.
- revenue-enhancing activities (vs. costcutting activities) by developing solutions that better meet consumer needs
- use of multiple skills and perspectives
in the innovation process; combinando
non solo le abilità tecniche e
economiche, ma coinvolgendo competenze di altre discipline.
- more direct involvement of the
user/consumer in the innovation
process.
- requirements for an open and
collaborative business environment; con
l’acquisizione delle grandi industrie di
strutture più flessibili, orientate anche ad
un maggiore utilizzo dell’ ”open source”
e di metodi multi-disciplinari.
Il PD è a sua volta un approccio mirato a
validare, progettare e sviluppare sistemi
e artefatti attraverso il coinvolgimento
attivo di utenti nell’intero processo
progettuale e decisionale.
Esso prevede :
- il coinvolgimento dell’utente finale in
tutte le fasi del processo progettuale.
- l’iterazione lungo tutto il processo delle
soluzioni progettuali per cui le proposte
vengono continuamente revisionate in
base
ai
feedback
ottenuti
dall’interazione tra progettisti ed utenti.
- una componente negoziale, poiché i
differenti attori partecipano al processo
con ruoli diversi in base alla varietà degli
approcci.
USER DRIVEN INNOVATION
CASO STUDIO
Intel - “Innovation Inside” - ClassmatePC
OBIETTIVO: Fornire il profilo di una
grossa compagnia che progetta e
innova secondo la metodologia UDI.
Seguire uno specifico percorso di
sviluppo di un prodotto per vedere in
quali step viene coinvolto l’utente.
Tipo di Industria:
Maggiore produttore al mondo di chip
semiconduttori.
Sede:
Santa Clara, California, USA
Capitale sociale:
USD 35.4 billion (2006)
Dipendenti:
94,100 (2006)
Strategia:
- L’obiettivo della compagnia è quello di
rimanere il principale fornitore di chip e
piattaforme per la soluzione del
business digitale mondiale.
- La strategia della compagnia si
focalizza nel considerare i bisogni dei
clienti nello sviluppo dei prodotti futuri e
delle piattaforme che svilupperanno
nuovi fattori e modelli d’uso per il business e i singoli consumatori.
- Il successo della strategia dipenderà
dalla capacità di Intel di selezionare e
incorporare le necessità di valore per il
consumatore e da una corretta
distribuzione
sul
mercato
delle
piattaforme.
Questo caso fornisce un esempio di una
compagnia che svolge il proprio commercio a livello mondiale e che è guidata
dalla tecnologia; che ha assunto con
successo e
in modo sistematico
l’approccio centrato sull’utente per
quanto riguarda i suoi processi di
innovazione.
1-Company Background and “UserDriven” Innovation alla Intel
Fondata nel 1968 da Robert Noyce e
Gordon Moore, il successo della
compagnia è dovuto principalmente
all’intuizione che il numero di transistori
su un chip si sarebbe raddoppiato una
volta ogni due anni; questo ha portato
Intel a essere oggi il principale
produttore
mondiale
di
chip
semiconduttori.
L’approccio ad un lavoro orientato
all’utente si iniziò ad avere attorno al
1992-93, quando tre persone che
possedevano un backgrund in “human
factor”, entrarono in azienda.
Nel 1995 venne introdotta la prima
tecnica-etnografica.
Nel 1996 il gruppo detto EUDC (End
User Driven Concepts) era ormai
formato.
Dopo la riorganizzazione del 2001
questo gruppo di designer specialisti
iniziò a lavorare per definire come
l’etnografia si potesse connettere con le
mappe
della
ricerca
tecnologica
“standard”. Questo lavoro portò allo
sviluppo di tre modelli circolari (di Business value, di User value e di tecnologia), che aiutarono a incorporare in
modo ancor più razionale il concetto di
“valore dell’utente” all’interno dei
processi di sviluppo.
E inoltre a questo principio formulato
dall’azienda per il proprio lavoro:
Intel’s technology is only as valuable as
the user perceives it. Therefore, the
company should start by defining what
they want to make possible (i.e. what
values they wish to address or problems
they wish to solve for their users) and
then define what piece of the solution
Intel can provide.
Nel 2004 Intel si trasformò definitivamente da una compagnia produttrice di
microprocessori ad una compagnia
produttrice di piattaforme. Questo portò
nel 2006 ad una nuova riorganizzazione
che vide la nascita di unità operative
basate su gruppi di utenti, guidate da un
certo numero di esperti in User Centered
design che avevano il compito incorporare l’approccio incentrato sull’utente in
ciascuna unità.
2- Concept Innovation
Gli obiettivi degli “esperti in user design”
all’Intel sono tutti focalizzati nel
catalizzare le nuove innovazioni.
Il People and Practices Research Group
(PAPR), che seguì all’EUDC group, si
concentra nell’esplorazione di nuove
domande e nell’identificazione di nuove
potenziali opportunità (nuovi mercati e
nuove aree di business) per la
compagnia.
Gli esperti che lavorano nelle unità si
concentrano invece sulla trasformazione
delle opportunità in nuovi valori
attraverso la collaborazione con gli
stessi esperti economici e tecnici, per
definire non solo nuovi prodotti o configurazioni, ma anche nuovi schemi
lavorativi e processi di innovazione.
Questi esperti inoltre conducono talvolta
ricerche di marketing, rivolte a definire
scenari d’uso che aiutino a rilevare i
fattori tecnici di sviluppo per alcuni
prodotti.
Il PAPR ha quindi elaborato un modello
visivo
del
“The
Three-Circle
Model”(abbreviato poi in “BUT Model”).
Il modello illustra l’importanza di
incorporare tutti e tre gli elementi
(user value, business value e
technology) all’interno del processo di
innovazione in maniera integrata.
Inoltre rende chiara la natura induttiva
dei processi, che si muovono da alti
livelli di incertezza a livelli più bassi nel
corso del tempo.
Il processo è quindi in dipendenza di un
cambiamento nel tempo: negli stadi iniziali l’obiettivo è identificare le ragioni che
fanno sì che un’idea o un prodotto falliscano; al contrario, nei passi successivi si
cerca di identificare le ragioni che ne
determinano il successo.
Come il processo si muove nel tempo,
attraverso
stati
di
esplorazione,
pianificazione,
sviluppo
e
implementazione dei mercati, i differenti
elementi assumono diversi ruoli.
Per
esempio,
nella
parte
di
esplorazione, l’etnografia e il design
hanno
un
ruolo
principale
nell’identificare i problemi e nel tradurli in
possibili opportunità che la compagnia
può analizzare.
Più tardi, nella fase di sviluppo, le
componenti tecnologiche e di business
hanno
un
ruolo
maggiormente
dominante.
3- The Innovation Process and
Business Outcome - The case of the
ClassmatePC
Per comprendere meglio come Intel
lavori secondo i metodi UDI prendiamo
in considerazione un loro esempio di
innovazione portata avanti step by step.
La descrizione sarà illustrata secondo gli
otto passi dell’ “innovation wheel”
descritta poc’anzi.
Lo sviluppo del ClassmatePC iniziò nel
2000/2001, per arrivare al lancio sul
mercato nel gennaio 2007.
The “WHAT Phase”
1.1 Opportunity Identification
Nel 2000/2001 il PAPR iniziò
un
progetto di ricerca attorno al “next billion
users of computing”. Questo progetto
durò circa 2/3 anni e fu condotto
attraverso ricerche etnografiche, identificò nell’ambito scuola/educazione un
dominio di possibile interesse per Intel.
User involvement in Opportunity
Identification?
yes
UDI Methods/Tools used in the process:
Ethnografic research
1.2 Data Collection
insieme agli utenti.
L’ unità di business sviluppa ricerche
etnografiche più mirate, che osservano i
comportamenti degli utenti.
User involvement in Consepts/Ideas?
yes
UDI Methods/Tools used in the process:
Feed forward
Informance dramas
User involvement in Data Collection?
yes
UDI Methods/Tools used in the process:
Ethnografic research
Brainstorming with user groups
1.3 Pattern Recognition
Si basa sul punto precedente e
prosegue il percorso con brainstorming
interni che coinvolgono sia gli etnografi
che i designer.
La questione chiave di questa sessione
è capire le connessioni che ci possono
essere tra il mondo dei bisogni
dell’utente e quello dell’impresa.
User involvement in Pattern Recognition?
no
UDI Methods/Tools used in the process:
Brainstorming with ethnographers and
designers
1.4 Consepts/Ideas
I concetti emersi nella Pattern
Recognition vengono discussi e rivisti
The “HOW Phase”
1.5 Conceptualization
Durante i primi quattro passi ci si è
concentrati sull’affrontare le incertezze,
ossia le ragioni di possibile fallimento di
un prodotto.
Il processo ha sì coinvolto elementi di
business e tecnologici, ma si è
concentrato primariamente nel trovare e
testare i valori importanti per gli utenti.
Una volta che un concetto è emerso ed
è stato riconosciuto coerente con
gli utenti, ci si può ora concentrare
per testare questo concetto dal punto di
vista del business e della tecnologia.
Il risultato finale sarà una “specifica
proposta di valore definita per il
prodotto”.
User involvement in Conceptualization?
yes
UDI Methods/Tools used in the process:
Market and Business research
1.6 Prototype
Il team Intel quindi sviluppò un numero
di modelli da testare con varie categorie
di utenti (studenti, genitori, insegnanti).
Esso dovette fare anche un passo
indietro al passo 3 (Pattern Recognition)
e al passo 5 (Conceptualization) per
elaborare alcune nuove interazioni con
gli utenti e per assolvere alla richiesta di
aggiungere una tastiera nel prodotto
finale, per “renderlo più coerente alle
altre cose che la compagnia produce”.
User involvement in Prototype?
no
UDI Methods/Tools used in the process:
Internally-developed prototypes
1.7 Test
I test ebbero un’estensione abbastanza
ridotta; furono principalmente focalizzati
sulla
tecnologia
piuttosto
che
sull’usabilità.
User involvement in Test?
no
UDI Methods/Tools used in the process:
Internally-developed prototypes
1.8 Implementation
Il ClassmatePC venne lanciato sul
mercato nel Gennaio 2007; questo
necessitò che Intel entrasse in un nuovo
mercato e sviluppasse una nuova
strategia per la vendita del prodotto.
User involvement in Implementation?
no
UDI Methods/Tools used in the process:
None
Sin dal suo lancio il team di sviluppo del
prodotto è tornato ai processi precedenti
nel percorso di innovazione per
incorporare nuove informazioni derivati
dall’utilizzo del prodotto da parte degli
utenti.
In questa seconda fase di sviluppo gli
utenti vengono coinvolti attraverso
interviste e lavoro in gruppi specifici.
User involvement in Test(2)I?
yes
UDI Methods/Tools used in the process
Focus groups
Interviews
STRUMENTI DI RICERCA
lez5_User centered design.pdf
USER CENTERED DESIGN
http://en.wikipedia.org/wiki/Usercentered_design
http://Usabile.it_ Card sorting per lo
User-Centered Design
UCD-CASO STUDIO
http://Analisi dell'interazione con il sito
www.youtube.com | UserMatter(s).com
USERMATTER.COM
http://Eye Tracking_ campi applicativi |
UserMatter(s).com
USER DRIVEN INNOVATION
http://hovedrapport_engelsk.pdf
http://innovationzen.com/blog/2006/10/
07/user-driven-innovation/
UDI-CASO STUDIO
http://final_report_udi_context_and_cas
es_in_the_nordic_region_web.pdf
AMPIA PRESENTAZIONE DI
CASI STUDIO
METODOLOGIE PROGETTUALI
CREATIVE
CASO STUDIO
Prendi a casa uno studente
LUOGO:
Milano, Italy
PROMOTORE:
MeglioMilano
COME FUNZIONA
MeglioMilano (che è un'associazione
senza fini di lucro fondata nel 1988 allo
scopo di predisporre progetti e
sperimentazioni legati al miglioramento
della "qualità della vita", sia nel contesto
complessivo urbano, sia in aree
specifiche) ha realizzato che le persone
anziane potessero aiutare gli studenti
con alcune sistemazioni a basso costo
in cambio di un piccolo aiuto casalingo.
Questa campagna generò una grande
quantità di offerte da parte delle persone
che avevano nelle proprie abitazioni una
stanza libera e anche molti studenti
risposero alle richieste.
Uno psicologo ebbe il compito di visitare
le case e per intervistare sia i giovani
che gli anziani e fare i corretti
accoppiamenti.
MeglioMilano tiene ancor oggi tutti gli
attori del processo impeganti nel fornire
feedback settimanali e offre a entrambe
le parti assistenza legale e di uno
psicologo gratuita; inoltre organizza
incontri mensili tra tutti i fruitori del
servizio.
CONTESTO
Le grandi città europee come Milano
hanno un enorme numero di richieste
per le sistemazioni per studenti; nel
2003 all’incirca 20 000 posti furono
richiesti in città.
Un numero di persone anziane allo
stesso tempo vive sola e cerca aiuto per
svolgere le piccole faccende quotidiane.
Inoltre i prezzi per l’affitto a Milano sono
tra i più costosi d’Italia e questo
costringe gli studenti a vivere in comuni
vicini o ha cercare dei college.
Dal momento che le università di Milano
non offrono soluzioni a questi problemi,
spesso gli studenti decidono di andare a
studiare da altre parti e Milano subisce
una perdita sia culturale che economica.
RISCONTRI
PER LA SOCIETÀ
Mettendo in contatto le persone anziane
con i giovani studenti in cerca di alloggio
si cerca di risolvere i problemi di ambo le
parti.
Allo stesso tempo si hanno effetti positivi
anche dal punto di vista della
comunicazione tra generazioni diverse.
Esitono invece due tipi di problemi principali:
- talvolta gli anziani cercano di far
svolgere agli studenti i compiti di un
aiutante domestico;
- le persone anziane cercano
maggiormente
studentesse
che
studenti.
PER L’AMBIENTE
La riduzione del numero di studenti
pendolari può potenzialmente aiutare a
ridurre il traffico e l’inquinamento.
Inoltre il fatto che le case siano occupate
da più persone fa sì che se ne faccia un
uso più efficiente.
ECONOMIA
Ci sono dei chiari benefici economici per
entrambi i fruitori del servizio.
Gli anziani hanno un aiuto finanziario e
pratico; gli studenti hanno accesso
a alloggi a basso costo.
METODOLOGIE PROGETTUALI
CREATIVE
CASO STUDIO
Andiamo a scuola da soli Walking Bus
LUOGO:
Milano, Italy
PROMOTORE:
Gruppi di insegnanti e genitori
COME FUNZIONA
Il Walking Bus rende possibile ai
bambini l’andare e il tornare da scuola
camminando all’interno di un gruppo e
quindi in sicurezza, sotto la supervisione
di alcuni adulti.
Sono stati creati dei “percorsi sicuri” che
diventato percorsi divertenti che i
bambini compiono ogni giorno.
Essi hanno la possibilità di incontrare i
loro amici, di parlare e giocare e di
condividere esperienze anche fuori da
scuola.
Gradualmente questo contribuisce a
formare dei ragazzi indipendenti e con
personalità.
Il cammino quotidiano è inoltre un buon
esercizio.
Il servizio inoltre contribuisce a lasciare
tempo libero ai genitori, a mettere in
contatto persone che abitano nello
stesso quartiere, ma soprattutto ad
aumentare la sicurezza delle strade per
tutti i bambini.
CONTESTO
Walking Bus a Milano è un’iniziativa
guidata da alcuni insegnanti di scuola,
che pensarono di migliorare la salute e il
benessere dei ragazzi.
A Milano va sottolineato che una buona
parte dell’alto livello di inquinamento è
dovuta anche al movimento effettuato
per portare e andare a prendere i
bambini nelle scuole.
STATO
Il progetto pilota iniziò nel 2000 e si
portò a termine nel 2004.
Attualmente il progetto viene portato
avanti da volontari come nonni, genitori,
insegnanti.
Il sistema è basato su un’idea originaria
proposta negli Stati Uniti e in UK, che si
trovarono e si trovano ad affrontare
problemi simili a quelli di Milano oggi.
Nel 2007 sono stati stimati milioni di
bambini, genitori e comunità impegnati
in 42 paesi per l’Iternational Walk to
School Month.
Lo scopo delle camminate varia da
comunità a comunità; alcune camminate
servono per rendere le strade più sicure,
altre per promuovere attività salutari,
altre ancora per conservare l’ambiente.
RISCONTRI
PER LA SOCIETÀ
Camminare per andare a scuola
significa che le persone non devono
usare la macchina; questo riduce
il traffico, gli incidenti e l’inquinamento e
diminuisce la congestione sui mezzi di
trasporto pubblici.
Su un livello sociale il sistema
contribuisce a ricreare il “senso di
vicinato”, che nel tempo si è andato
perdendo nelle grandi città.
AMBIENTE
Questo sistema riduce come già detto il
traffico, l’inquinamento vicino alle scuole
e rende le strade più piacevoli da vivere.
ECONOMIA
Il servizio lascia ai genitori dl tempo
libero per svolgere altre attività e fa
risparmiare soldi in benzina.
Padova, ITALY
Ottawa, CANADA
Alexandria, USA
Frisco, USA
Alexandria, USA
Madison, USA
METODOLOGIE PROGETTUALI
CREATIVE
CASO STUDIO
Cyclo-Pouce
LUOGO:
Paris, France
PROMOTORE:
Sedici appasionati di biciclette
COME FUNZIONA
Cyclo -Pouce consegna
prodotti a
domicilio mediante l’uso della bicicletta
alle persone disabili, agli anziani e alle
compagnie locali.
Offre inoltre opportunità di Bike
Recycling, di riparazione e di affitto di
biciclette
alle
persone
e
alle
associazioni locali.
Il suo scopo principale è quello di
migliorare il benessere di vita dei
cittadini: “la vita è più della in bicicletta”.
Inoltre, in collaborazione con Jet
Handicap Evasion, sviluppa una nuova
bicicletta per trasportare le persone
disabili.
CONTESTO
Oggi Cyclo-Pouce ha base a Parigi, in
un inutilizzato deposito ferroviario che
venne dato all’associazione nel 2000.
Al tempo non c’era nè luce nè acqua
disponibile.
CP propone l’uso di biciclette in città,
vedendole come un modo di integrare le
persone con l‘aspetto urbano.
Essi “assumono” anche biciclette
vecchie e inutilizzabili e le rimettono in
uso.
STATO
CP venne sviluppato dieci anni fa da 16
persone che condividevano la passione
per la bicicletta.
Lo scopo fu quello di creare un servizio
che potesse fare dell’uso delle biciclette
un mezzo per aiutare le persone con
problemi sociali e fisici.
CP impiegò 4 anni a svilupparsi,
studiando quali fossero le necessità di
progetto e affrontando una serie di
problemi burocratici; infine partì nel
2000.
Nel futuro CP vorrebbe allargare i suoi
servizi ad altre zone della Francia.
Si aspetta inoltre di creare un legame
ancor più forte con le associazioni per
disabili,
che
aumenterebbe
la
conoscenza da parte degli utenti dei
servizi svolti.
Il numero di persone che fanno uso di
CP è in crescita, anche grazie all’ampia
quantità di servizi offerti, alle attitudini
professionali e open-minded.
Essa è ben organizzata con impiegati,
schede di lavoro, orari ecc..ma vorrebbe
crescere in modo ancor più rapido; per
questo sarebbero necessari investimenti
maggiori e una promozione su più larga
scala.
RISCONTRI
PER LA SOCIETÀ
CP ha sviluppato molte attività con le
scuole e le associazioni sociali,
promuovendo la bicicletta come un
metodo complementare di trasporto
urbano. Essa inoltre assume persone
anche con difficili trascorsi.
AMBIENTE
CP ha ovviamente una stretta
connessione
con
l’ambiente,
proponendo e facilitando la diminuzione
dell’inquinamento attraverso un metodo
di mobilità alternativo.
CP inoltre ricicla biciclette, le ripara e le
mette a disposizione di chiunque, specialmente le scuole.
ECONOMIA
I soldi guadagnati da CP vengono
principalmente impiegati per comprare
nuovo materiale e biciclette e per
pagare i costi di affitto e le spese.
L’attività più redditizia è il noleggio, poi
la riparazione e quindi la vendita di
prodotti.
I profitti permettono a CP di sviluppare
anche nuovi prodotti per i disabili, che
sono costosi in quanto prototipi.
STRUMENTI DI RICERCA
lez4_creatività.pdf
CASO STUDIO
Prendi a casa uno studente
http://www.sustainableeveryday.net/main/?page_id=19.
http://www.meglio.milano.it/pratiche_stu
denti.htm
CASO STUDIO Walking Bus
http://www.sustainableeveryday.net/main/?page_id=19.
http://www.falacosagiusta.org/milano/ho
me.php
http://fa-la-cosa-giusta-cartella
stampa.doc
http://www.iwalktoschool.org/
http://www.iwalktoschool.org/photos/ind
ex.htm
CASO STUDIO Cyclo-Pouce
http://www.sustainableeveryday.net/main/?page_id=19.
http://ateliercfd.org/projets/quaiLoire/Vie
Quartier/CycloPouce.html
DESIGN A SCALA TERRITOIALE/
DESIGN
Nel momento in cui si parla di design a
scala territoriale, è opportuno svolgere
alcune riflessioni in primo luogo intorno
a quello che è l’oggetto di progetto.
In questo ambito l’attività del design
infatti non si rivolge più ad un singolo
attore (utente o impresa), ma bensì ad
un contesto (territorio), cercando di
valorizzarne l’insieme delle risorse che
lo caratterizzano.
Questo implica quindi che il progetto
non sia più mirato esclusivamente alla
produzione di artefatti fisici, ma anche a
quella di artefatti di natura immateriale.
Nella progettazione legata al territorio
assumono di conseguenza grande
importanza gli aspetti di natura umana e
sociale, per il naturale coinvolgimento di
individui, istituzioni e imprese.
Per capire come l’azione di design
possa
essere
efficace
nelle
trasformazioni del sistema di risorse del
territorio, va introdotto il concetto di
design community.
DESIGN COMMUNITY
“Con il termine design community ci si
riferisce al gruppo di soggetti che,
agendo sul territorio, condividono un
dominio
comune
di
interesse
(la realizzazione del progetto), attività e
obiettivi, e un repertorio di pratiche
(linguaggi, strumenti, esperienze...).
Riferendosi al modello di Wenger
(1998), la design community è
considerata come una comunità di
pratica fondata sul progetto”.
L’esistenza di una design community è
quindi fondamentale per l’identificazione
a livello locale di obiettivi strategici e per
utilizzare strumenti specifici di design in
modo da sviluppare e materializzare le
soluzioni progettuali.
Anche il design a suo modo si deve
quindi adattare a questo contesto locale
attraverso l’adozione di un metodo
specifico: “il progettista deve in primo
luogo rilevare, interpretare e tracciare le
peculiarità territoriali per interpretarle
attraverso una visione di progetto che
proietti e integri il sistema di risorse
rispetto ad una dimensione sistemica di
azione”.
DESIGN A SCALA TERRITORIALE/
DESIGN
Nel momento in cui si parla di design a
scala territoriale, è opportuno svolgere
alcune riflessioni in primo luogo intorno
a quello che è l’oggetto di progetto.
In questo ambito l’attività del design
infatti non si rivolge più ad un singolo
attore (utente o impresa), ma bensì ad
un contesto (territorio), cercando di
valorizzarne l’insieme delle risorse che
lo caratterizzano.
Questo implica quindi che il progetto
non sia più mirato esclusivamente alla
produzione di artefatti fisici, ma anche a
quella di artefatti di natura immateriale.
Nella progettazione legata al territorio
assumono di conseguenza grande
importanza gli aspetti di natura umana e
sociale, per il naturale coinvolgimento di
individui, istituzioni e imprese.
Per capire come l’azione di design
possa
essere
efficace
nelle
trasformazioni del sistema di risorse del
territorio, va introdotto il concetto di
design community.
DESIGN COMMUNITY
“Con il termine design community ci si
riferisce al gruppo di soggetti che,
agendo sul territorio, condividono un
dominio
comune
di
interesse
(la realizzazione del progetto), attività e
obiettivi, e un repertorio di pratiche
(linguaggi, strumenti, esperienze...).
Riferendosi al modello di Wenger
(1998), la design community è
considerata come una comunità di
pratica fondata sul progetto”.
riferisce alle differenti scale di intervento
possibili per il design.
L’esistenza di una design community è
quindi fondamentale per l’identificazione
a livello locale di obiettivi strategici e per
utilizzare strumenti specifici di design in
modo da sviluppare e materializzare le
soluzioni progettuali.
3 - la condizione di situatività, in
relazione proprio al contesto in cui il
design si trova ad operare.
Anche il design a suo modo si deve
quindi adattare a questo contesto locale
attraverso l’adozione di un metodo
specifico: “il progettista deve in primo
luogo rilevare, interpretare e tracciare le
peculiarità territoriali per interpretarle
attraverso una visione di progetto che
proietti e integri il sistema di risorse
rispetto ad una dimensione sistemica di
azione”.
STRUMENTI
Di conseguenza è necessario definire
con chiarezza quelli che sono gli
strumenti che permettono al designer di
interpretare questo nuovo oggetto, che
differisce dai classici artefatti idustriali.
Sicuramente è possibile delineare
alcune caratteristiche che il design per il
territorio deve tener presente:
1 - la condizione multi-attore, che pone
l’accento sulla pluralità delle entità
coinvolte e sulla peculiarità delle loro
competenze.
2 - la condizione multi-livello, che si
4 - la condizione path dependency, che
mette in relazione la dipendenza
dell’azione di design dalla storia del
progetto.
ME.DESIGN/LIVELLI
All’inizio di ogni progetto a scala
territoriale è quindi indispensabile
l’abilitazione di una design community .
Dall’interpretazione delle attività di
ricerca ME.Design (un progetto di
ricerca fondativa sui territori del
Mediterraneo che ha coinvolto università
e attori locali in progetti per il territorio) si
sono riscontrati tre livelli possibili di
attivazione:
1 - Costruzione del sistema (di competenze, di relazioni)
In questo livello l’azione del designer si
concentra sulla costruzione della rete di
attori coinvolta nel processo di design,
cercando di porre le basi per un
linguaggio comune e per un sistema
comunicativo e organizzativo che possa
aumentare la fiducia e il consenso tra i
soggetti coinvolti.
2 - Definizione della strategia di progetto
In questo secondo livello il designer
contribuisce a definire le linee guida del
progetto che permettono di individuare
le aree d’azione per le soluzioni
progettuali concrete.
3 - Definizione del sistema-prodotto
territoriale
In quest’ultimo livello il designer opera
per definire il progetto concreto per il
territorio, facendo uso di metodi e
strumenti appropriati.
ME.DESIGN/BOTTOM UP
Sempre dalla ricerca ME.Design
emergono importanti caratteristiche sul
tipo di approccio che il design deve
avere; esso deve essere un approccio
bottom-up che, a partire dal basso,
necessita di coinvolgere differenti attori
e competenze nel progetto.(come i ricercatori, i cittadini, le amministrazioni, le
imprese ecc..).
RICERCA-FORZA
La ricerca in questo contesto si
configura perciò come ricerca-azione
(action research), termine coniato dallo
psicologo Kurt Lewin per indicare un
metodo sistematico di indagine rivolto a
gruppi di persone coinvolti in modo
diretto in un processo sociale di cambiamento.
La
caratteristica
principale
della
ricerca-azione è quella di essere una
metodologia di lavoro mirata a oltrepassare il distacco tra riflessione teorica e
applicazione pratica; essa può essere
rappresentata attraverso un processo
ciclico contraddistinto dall’iterazione
delle
fasi
riguardanti
l’indagine,
l’elaborazione dei dati e la verifica dei
risultati ottenuti.
Il processo,che assume la forma di una
spirale, è caratterizzato da alcune
macro-fasi:
- identificazione del problema principale
(delineare il campo di azione);
- raccolta dei dati (informazioni utili alla
ricerca);
- analisi ed interpretazione dei dati
(rielaborazione e sintesi dei dati);
- azione (applicazione del piano
d’azione);
- valutazione (verifica e controllo del
piano e degli strumenti).
Esistono poi alcuni elementi significativi
che posso descrivere l’approccio della
ricerca-azione:
- legame teoria-pratica: gli strumenti
teorici sono verificati attraverso la
pratica, ed è attraverso l’azione sul
campo che emergono ulteriori riflessioni
di carattere teorico.
- collaborazione e partecipazione: il
processo di ricerca-azione si caratterizza per la
multidisciplinarietà e
l’interdisciplinarietà delle azioni.
In esso sono coinvolti differenti soggetti,
portatori di interesse rispetto al
problema in analisi e rappresentanti di
categorie differenti. L’azione è dunque di
natura
co-operativa
in
cui
le
competenze esterne (dei ricercatori) si
sommano e si confrontano con il punto
di vista di chi ha specifiche conoscenze
rispetto alla problematica in esame.
- apprendimento riflessivo: il rapporto
dialettico e continuo tra attività di ricerca
e sperimentazione sul campo caratterizza l’intero processo. La dimensione
riflessiva è infatti correlata alla natura
ciclica del processo di ricerca-azione.
In conclusione possiamo affermare che
l’approccio della ricerca-azione applicato ai contesti territoriali permette di:
- acquisire ed avere accesso alla
conoscenza
- coinvolgere differenti competenze
- favorire un processo di sviluppo sostenibile
- favorire il processo comunicativo e di
apprendimento
- permettere un monitoraggio continuo
DESIGN A SCALA TERRITORIALE
CASO STUDIO
Design Nokia in Bangalore
OBIETTIVO: Rendere tangibile la
connessione che esiste tra l’innovazione
territoriale (seppur di larga scala in
questo caso) e il processo di
innovazione globale.
Sottolineare il ruolo di coordinazione del
design in questo tipo di ricerca.
Il nuovo studio di design della Nokia in
Bangalore,
India,
implementerà
approcci di co-creazione e di tipo
etnografico per esplorare nuove idee di
design per il mercato indiano della
telefonia mobile del mercato indiano.
Lo studio in India è uno dei quattro studi
satellite che Nokia vuole avviare nei
prossimi 12 mesi. Questi studi satellite
collaboreranno con i designer locali e
con le università per giungere ad una
migliore comprensione delle sfumature
culturali rilevanti per il design dei
telefonini. Il prossimo centro ad essere
inauguratosarà quello di Rio de Janeiro,
Brasile.
Il focus dello studio è la “co-creation,” o
design collaborativo, che vedrà coinvolti
i designer di Nokia, designer locali ed
utenti di cellulari. Lo studio è situato
presso la Srishti School of Art, Design
and Technology in Bangalore, dove gli
studenti dell’istituto, i designer di Nokia e
designer esterni lavoreranno insieme.
I designer dello studio non lavoreranno
solo sulle aree del design industriale e
delle interfacce utenti, ma condurranno
anche ricerche etnografiche per comprendere maggiormente le persone e le
loro
esperienze,
afferma
Hannu
Nieminen, capo dell’area insight ed
innovazione della Nokia Design.
Un team di top designer di Nokia
coinvolgerà gli studenti della Srishti
nello studio dell’utilizzo di internet sul
telefono cellulare e le sue implicazioni
per il design e le funzioni della prossima
generazione di prodotti.
Il comunicato segue una collaborazione
tra Srishti e Nokia del 2006 su Only
Planet, il programma internazionale di
Nokia Design per studenti, che ha avuto
inizio lo scorso anno in occasione della
Doors 8 conference in Nuova Deli.
“Il nostro intero processo di design è
influenzato dal consumatore e il suo
comportamento - come vogliono che
appaia, funzioni e si adatti alla loro vita il
loro cellulare. Noi adottiamo un
approccio umano al design in un
industria che tende a concentrarsi solo
nello sfruttare la tecnologia. Stiamo
creando prodotti di moda che funzionino
proprio come vuole la gente.
Su questa combinazione si centra il
nostro lavoro di design e brand”, dice
Jan Blom, Direttore del gruppo di Design
Nokia presso Bangalore.
Lo studio di Bangalore “riflette lo stato
dell’India come una delle città più
ferventi per il
design”, secondo il
Principale Designer della Nokia, Alastair
Curtis.
“Lo studio di Bangalore si centrerà su
una gamma di temi e trend del design,
tra cui:
percezioni visuali: ricerca dei colori
chiave e delle tendenze dei
materiali
in India ed il loro significato culturale;
mobilità Internet: capire come la gente in
India stia accedendo ad Iternet via cellulare, come e perchè stanno usando
questo, il suo impatto sui comportamenti
e la cultura, e come possiamo
indentificare questi ed altri segnali che ci
aiuteranno a creare dei dispositivi di
rilievo e convincenti disegnati per
utilizzare Internet e persino per le
applicazioni sociali - come può essere
utilizzato il design di cellulari per
affrontare le problematichè delle aree
più rurali dell’India, come per esempio
l’accesso a materiale di educazione.”
Le aree da tenere d’occhio, secondo
l’artefice, sono le nuove forme, materiali
e caratteristiche, creando nuove forme
di interazione tra la gente ed il proprio
dispositivo, rendere l’esperienza internet
su cellulare competente, ed un’adozione
più ampia dei contenuti multi-media.
“Il design di cellulari è una area
affascinante e dinamica. Il design sarà
molto più basato sull’esperienza che la
gente vuole dal proprio dispositivo -
quello che loro vogliono che faccia e
come deve partecipare alla loro vita quotidiana. Dato che non tutti mirano alla
stessa esperienza, ci sarà un certo
numero di trend diversi”, dice Blom.
DESIGN A SCALA TERRITORIALE
CASO STUDIO
Net Map di Eva Schiffer
Istituzione: International Food Policy
Research Institute
Anno: 2007
URL:
http://netmap.wordpress.com/about/
OBIETTIVO: Evidenziare l’importanza
della crazione di una design community
per avere e raggiungere un obiettivo
condiviso.
Net-Map is an interview-based mapping
tool that helps people understand,
visualize,
discuss,
and
improve
situations in which many different actors
influence outcomes.
By creating Influence Network Maps,
individuals and groups can clarify their
own view of a situation, foster
discussion, and develop a strategic
approach to their networking activities.
More specifically, Net-Map helps players
to determine what actors are involved in
a given network, how they are linked,
how influential they are, and what their
goals are.
The tool is extremely low-tech and lowcost and can be used when working with
rural community members with low
formal education as well as with policy
makers, or international development
actors.
To grasp the simplicity of the tool, here's
the list of equipment needed: Large
sheets of paper for the network map
(one per interview), felt pens for drawing
links (different colors according to different links), adhesive paper as actor
cards, flat round stackable discs for
building influence-towers
(e.g. checker’s pieces, bicycle spare
parts), and finally, actor figurines
(different board game figures, optional
but especially useful when working with
illiterate interviewees).
What's fascinating about this modest
model is the awareness that Social
Network Analysis (SNA) doesn't necessarily need to involve expensive hightech tools, that can be difficult to
implement and use.
Now the project is in action, for example,
in Ghana and Chile.
DESIGN A SCALA TERRITORIALE
CASO STUDIO
Disegnare le città/il caso Roma
di Antonio Romano
OBIETTIVO: illustrare un progetto
multidisciplinare che riguarda un’area
urbana
Inarea, come network, ha firmato
nell’ambito
dell’identità
territoriale
diversi progetti.
Inarea Francoforte ha realizzato nel
2000 un complesso intervento per
l’identità del Land dell’Assia (Hessen). I
nostri partner parigini di Seenk hanno
invece operato il restyling dell’identità
urbana di Le Havre. I nostri partner svedesi, Dolhem Design, hanno progettato
il sistema di identità dell’ufficio per il
turismo della Città di Stoccolma. Inarea
Rio ha firmato un intervento di marketing
territoriale per lo Stato di Rio de Janeiro.
In Italia abbiamo realizzato, oltre agli
interventi sulla città di Milano e di Roma,
anche un progetto di marketing
territoriale per la Provincia di Siena, che
porta il nome di “Terre di Siena”.
Milano e Roma, pur con molte differenze
contenute nei rispettivi bandi di gara,
sono state da noi affrontate con un
analogo approccio concettuale.
Quello per Milano era un appalto concorso, incentrato su un “Programma di
immagine coordinata e d’uso dello
stemma comunale”.
Il bando stilato dal Comune di Roma
prevedeva invece l’elaborazione di una
“Proposta per un format comune alle
campagne di comunicazione e per
l’immagine
coordinata
Amministrazione Comunale”.
dell’
La prospettiva adottata nei progetti di
identità territoriale fa riferimento al
seguente assunto: un territorio (sia esso
città, regione, nazione) non è un
semplice agglomerato di case, uffici,
strade, industrie, semafori, automezzi
ecc. È soprattutto un concetto
“identitario”, uno spazio allo stesso
tempo fisico e simbolico, in grado di generare senso di appartenenza nelle
persone che ci vivono e attrazione per le
altre.
Un territorio, quindi, dovrà imparare a
farsi scegliere investendo su di un chiaro
connotato di identità, in grado di
superare luoghi comuni e stereotipi, per
comunicare la propria unicità, i propri
valori, le proprie eccellenze e la propria
idea di sviluppo.
Questa logica trova nel progetto
sviluppato per il Comune di Roma un
caso
paradigmatico,
sia
rispetto
all’estensione
dell’intervento,
sia,
soprattutto, per l’approccio messo in
campo.
Il percorso metodologico, elaborato
attraverso fasi successive, tra loro strettamente collegate, ha visto il censimento, l’organizzazione e la definizione
logica degli elementi di realtà,
reputazione e aspirazione dell’universo
Roma. Questi infatti costituiscono il
background necessario per poter
costruire una nuova “architettura narrativa”,
espressa
in
termini
di
linguaggio visivo e non solo. Un tale
approccio consente di configurare le
direttrici strategiche da seguire e,
di conseguenza, di ordinare secondo
categorie logiche l’azione di design.
Il concept strategico che ha poi guidato il
progetto è stato quello di restituire
visibilità
a
questo
patrimonio
straordinario,
esaltando
(ed
arricchendo) il potere evocativo della
semplice parola “Roma” rispetto ad un
pubblico costituito, nei fatti, dal mondo
intero.
Dal concept al progetto
Per tradurre questo indirizzo in termini di
linguaggio visivo, è stato operato un
lavoro di recupero filologico sulla
simbologia
araldica
della
città,
rispettando le regole dello statuto e
sottolineando al contempo la titolarità
della parola “Roma”, anche attraverso
una connotazione tipografica, con la
creazione di un logotipo ad hoc.
L’organizzazione spaziale dei due
elementi base di identità (il logotipo
Roma e lo stemma) è ottenuta
attraverso la giustapposizione, secondo
proporzioni
definite:
questa
configurazione costituisce a tutti gli
effetti il vero e proprio marchio della città
e definisce la griglia organizzativa.
In tutte le comunicazioni, logotipo e
stemma sono inscritti in una bacchetta di
colore rosso porpora, che può essere
inserita e ordinata con differenti
collocazioni spaziali, divenendo un forte
elemento di caratterizzazione.
Questo
risponde
efficacemente
all’esigenza di proporre un modello
costante e ricorrente di identità,
trasformando la matrice culturale ed
evocativa del brand in matrice
organizzativa dello spazio. L’obiettivo è
di rendere le comunicazioni del Comune
“leggibili”, prima ancora dei contenuti di
cui sono portatrici.
Dal progetto-Roma al sistema-Roma
In questo contesto, si inscrivono gli interventi sulle utilities urbane (Ama, per
l’ambiente; Atac, Metro, Trambus per la
mobilità) e sui servizi (l’agenzia del
Comune per le entrate locali, Roma
Entrate), mirati ad estendere il sistemaRoma
a
tutti
gli
ambiti
di
servizio/contatto con i cittadini e, più in
generale, con le varie categorie di pubblico della Capitale, con l’obiettivo di
favorire la riconoscibilità e, quindi,
migliorare il dialogo.
È da sottolineare il fatto che ogni intervento ha rappresentato un fattore di
continuità, contribuendo a definire e
“specificare” ulteriormente il sistemaRoma.
Il modo di proporsi e di rappresentarsi,
attraverso la leva dell’identità posta in
essere nel 2004, diventa così
testimonianza autentica di una rinnovata
progettualità, di cui il brand è
ambasciatore, e chiave di lettura di tutto
il sistema-Roma.
STRUMENTI DI RICERCA
lez6_MetodiRicerca1.pdf
http://it.wikipedia.org/wiki/Glocalizzazio
ne
http://www.nicomay.it/ita/territorio/territo
rio
http://www.designfocus.it/directory/
http://__ DESIGNfocus | Osservatorio
sul Design _ MILANO __
http://http://www.mi.camcom.it/upload/fil
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http://www.sistemadesignitalia.it/
Art.2.04. Sistema Design Italia
Magazine N 02/2005
Risorse locali e comunità di progetto.
Il designer come abilitatore di apprendimento per le azioni di sviluppo
territoriale
Di Stefano Maffei e Beatrice Villari
Art.2.11.Sistema Design Italia
Magazine N 02/2005
L’approccio di ricerca ME.Design.
Una ricerca-azione del design per valorizzare i sistemi di risorse
locali
Di Beatrice Villari
STRUMENTI DI RICERCA
CASO STUDIO
Design Nokia in Bangalore
http://www.experientia.com/it/blog/il-mio
cellulare- e-me
http://http://www.experientia.com/it/blog/
http://www.experientia.com/it/blog/ilr u o l o - c e n t r a l e - d e l l a - co-creazione-e-delletnografia-al-nuovostudio-di-design-di-nokia-in-bangalore/
CASO STUDIO
Net Map
http://www.visualcomplexity.com/vc/
ATTRAVERSO
DELICIOUS.COM
http://www.visualcomplexity.com/vc/proj
ect_details.cfm?id=644&index=644&do
main=
http://netmap.files.wordpress.com
http://www.flickr.com/photos/19176170
@N03/
CASO STUDIO
Disegnare le città/il caso Roma
http://sdz.aiap.it/notizie/10390#top
http://equa.it
IMMAGINI