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INFORMAZIONI
TURISTICHE
Un viaggio alla scoperta della
Val Pellice e dei suoi dintorni
Ai Fontana Bed&Breakfast—Informazioni turistiche
Copyright © 2016 Bed&Breakfast “Ai Fontana”
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SOMMARIO
LA VAL PELLICE.....................................................................................................................5
COSA VISITARE..................................................................................................................9
COSA MANGIARE.......................................................................................................... 12
VAL CHISONE, VAL GERMANASCA E VAL SUSA ...................................... 15
COSA VISITARE................................................................................................................16
COSA MANGIARE.........................................................................................................20
VALLE PO................................................................................................................................. 23
TORINO..................................................................................................................................... 27
COSA MANGIARE.......................................................................................................... 31
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Il Giardino Botanico Alpino
“Bruno Peyronel” a Bobbio
Pellice.
LA VAL PELLICE
Quando si parla della Val Pellice non si può non parlare dei Valdesi, uno dei più importanti movimenti ereticali del Medioevo,
che ha rappresentato fino al XIX secolo l’unica chiesa riformata
protestante presente in Italia ed ha segnato indelebilmente la
storia della valle.
I valdesi, o “poveri di Cristo” come si definivano, si costituirono
alla fine del XII secolo a Lione, al seguito di un mercante di nome
Valdo che si impegnò a vivere la povertà evangelica. Il movimento, scomunicato, giunse nell’area alpina agli inizi del XIII secolo
ad opera di missionari provenienti dalla Lombardia, l’area di sua
maggior diffusione. Per tutto il Medioevo questi cristiani eretici,
dispersi in Europa, furono costretti a vivere in modo clandestino
la loro fede basata sulla povertà e sulla lettura del Vangelo. Ma, a
differenza di quanto accadde in altre regioni d’Europa, qui il movimento Valdese fu così forte che non lo si poté cancellare, e la
popolazione difese la sua libertà con la forza. Anche la crociata
condotta dagli Acaia nel 1480 si scontrò con una resistenza tenace e fallì. L’avvento della Riforma protestante segnò il cambiamento. I valdesi vi aderirono nel 1532 e da movimento evangelico
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clandestino diventarono così chiesa organizzata con predicatori,
locali di culto e organizzazione propria. La valle entrò così nella
storia europea, diventando un luogo di riferimento per tutto il
protestantesimo piemontese. Ma la sua posizione di frontiera fra
il Queyras e la Val Chisone (che erano e sono protestanti) e il Piemonte cattolico, fece sì che lo scontro fra riforma e controriforma
avesse particolare violenza: per oltre 150 anni le autorità ducali
cercarono, infatti, di ricondurre la popolazione valdese alla fede
cattolica, senza risultato.
Negli anni 1560, sotto Emanuele Filiberto, si ebbe il primo scontro al termine del quale i valdesi ottenettero dal Duca il diritto di
professare a certe condizioni il loro culto nell’area dei comuni di
Rorà, Bobbio, Villar, Angrogna e sulle alture di Torre Pellice, oltre a
Santa Margherita e sulla collina di San Giovanni. All’attacco delle
truppe franco-piemontesi del 1655 opposero, capeggiati da Giosuè Gianavello, una resistenza disperata con una guerra partigiana da manuale. Nel 1689, dopo il massacro e l’esilio, rientrarono
in patria con una marcia diventata celebre negli annali militari,
conosciuta come il “Glorioso Rimpatrio”.
Fino al 1848, con la sola eccezione degli anni di libertà sotto il governo di Napoleone, essi vissero nella valle ghettizzati come gli
ebrei nelle città, e come loro privati di tutti i diritti civili e politici. Solo con l’editto del 17 febbraio 1848 furono parificati agli altri
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sudditi piemontesi, acquisendo il diritto di circolare nello Stato,
frequentare le scuole e adire alle cariche pubbliche.
Nel XIX secolo la valle vide realizzarsi una profonda trasformazione socio-economica, con il conseguente affermarsi del mondo
valdese. Le sue istituzioni culturali (collegio, casa editrice, giornali,
società storica) assistenziali (ospedali, orfanotrofi, asili) fanno di
Torre Pellice la piccola capitale delle valli valdesi. Particolarmente significativo sarà l’impegno della comunità valdese nel campo
scolastico, con la creazione di una rete di scuole popolari.
Il territorio valligiano fu anche zona strategica di passaggio e di
conquista di diverse invasioni francesi, diede i natali a importanti
signorie feudali e, non ultimo, sviluppò una fiorente economia e
una profonda cultura transfrontaliera.
Anche oggi la montagna ha un ruolo centrale soprattutto grazie all’attività di produzione agricola che ha contribuito alla salvaguardia dell’ambiente ed al mantenimento di una situazione
ecologicamente in equilibrio.
Ma la storia nella Val Pellice è ben più antica.
Si hanno prove che la Valle sia stata popolata da alcune tribù a
partire dal neolitico, grazie al ritrovamento di incisioni rupestri, di
arnesi da caccia (asce e coltelli soprattutto) e di cocci di ceramiche di quel periodo.
I Romani hanno conosciuto queste popolazioni, genericamente
chiamate “liguri”, verso il I secolo a.C., quando erano già mescolate ai Celti (o Galli) provenienti dal Nord e arrivati sin qui grazie ai
numerosi passi alpini. L’occupazione romana si completa nel primo secolo, senza lasciare troppe tracce della loro permanenza.
Infatti, ciò che interessava i Romani era esclusivamente assicurarsi i transiti alpini verso la Gallia, attraverso i colli del Moncenisio
e del Monginevro.
Negli ultimi decenni dell’impero romano, mentre il Piemonte veniva percorso dai barbari, la Val Pellice godeva invece di una certa autonomia barcamenandosi fra il pericolo franco e la minaccia bizantina, fino alla fine del regno gotico (555) e fino ad oltre la
venuta dei Longobardi.
A fronte: Il monumento di Sibaud a Bobbio
Pellice e il falò del 17 febbraio.
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Quando, nel 774, i Franchi abbatterono definitivamente i Longobardi, Carlo Magno, diventato signore delle “Alpes Cotiae”, la inserì nell’ordinamento del Comitato di Torino.
Nel IX secolo piombava sulla Valle il flagello dei Saraceni. La loro
cacciata definitiva avvenne verso il 985, lasciando le vallate alpine spopolate e disorganizzate. Alla fine di questo periodo vengono ricostruiti i grandi monasteri con vaste proprietà, risorti il
più delle volte sulle fondamenta di quelli distrutti dalle scorrerie
precedenti.
Alle famiglie signorili che avevano collaborato alla cacciata dei
Saraceni, furono assegnate in premio dei feudi, tanto che l’undicesimo secolo può segnare l’inizio della storia della feudalità
nella Valle.
Verso la fine del Settecento la Rivoluzione francese, unitamente al periodo napoleonico, portò aria di libertà anche nella Valle. Spazzati via gli ultimi privilegi feudali, ridisegnati i compiti
amministrativi in cui per la prima volta anche i Valdesi venivano
considerati cittadini, ci si apprestò a costruire una nuova società
basata sui diritti e doveri dei singoli. Ma dopo la caduta di Napoleone, il ritorno dei Savoia negli antichi possedimenti (1815) segnò
la perdita dei diritti conquistati.
Fino al 1848, la valle, come il resto dello stato sardo, non avrebbe
più goduto di libertà costituzionali, né i valdesi partecipato alla
vita pubblica. Da quella data in poi, le vicende della valle seguirono le tappe delle battaglie risorgimentali, le varie guerre di indipendenza e di conquista dell’unificazione italiana. Fino alle pagine più difficili e drammatiche della nostra storia contemporanea.
La Resistenza al nazifascismo fu una di quelle. Pressoché tutta la
popolazione della valle si schierò solidale con le bande partigiane locali e visse con loro i rastrellamenti e le ritorsioni fasciste e
naziste.
Il dopoguerra, per certi aspetti fu tutt’altro che facile: l’economia degli anni cinquanta non era ricchissima, la popolazione si
barcamenava tra la fabbrica e la campagna, con la conseguente
migrazione verso la città. La rinascita della Fiat a Torino e di numerosi altri colossi industriali, segnò con probabilità l’inizio di un
processo di emigrazione verso la pianura e di sradicamento, portando alla perdita della consapevolezza di avere e difendere un’identità collettiva legata alla solidarietà e alla conflittualità della
vita paesana in valle.
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COSA VISITARE
Ecomuseo Feltrificio Crumière di Villar Pellice
È situato nella vecchia sede in pietra del feltrificio Crumière, fabbrica tessile nata nel 1904 ad opera del francese Eugenio Crumière. Il museo ospita le antiche macchine per la produzione di
feltro e la storia che da oltre un secolo segna Villar Pellice.
Museo Valdese di Torre Pellice
È il capofila della serie di una decina di musei sparsi nelle Valli
Valdesi che si occupa di ricostruire la storia valdese dal Medioevo
fino ai giorni nostri. È suddiviso in due sezioni, una storica dove è
possibile apprendere le vicende del movimento religioso, e una
etnografica che riproduce fedelmente gli stilemi della vita nelle
valli nell’ottocento e novecento.
Il museo organizza inoltre numerose visite a i maggiori luoghi di
interesse segnati dalla religione Valdese.
In alto: facciata del Museo Valdese di
Torre Pellice.
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Conca del Prà
Dopo avere raggiunto con l’auto in 20 minuti l’ultima borgata di
Bobbio Pellice, Villanova, si parcheggia la macchina e si comincia
la salita che conduce alla Conca del Prà, una piccola Valle, se così
può essere definita. La leggenda narra che un tempo si trattasse
di un grande lago naturale che poi si aprì e la porzione di roccia
che lo chiudeva rotolò sino a valle, dando vita alla nota Rocca di
Cavour.
La Conca del Prà si trova a 1732 metri s.l.m., al fondo di essa nasce
il torrente Pellice e ospita il Rifugio Willy Jervis.
Numerosi sono i sentieri che permettono di raggiungere le cime
delle montagne.
Il Colle della Croce, si raggiunge in un paio di ore e conduce direttamente al confine con la Francia, oltre il quale discendendo
lungo il versante francese si incontra presto il paese di Abries Ristolas.
Il Colle dell’Urina, si inerpica parallelamente al Colle della Croce e
regala bellissime viste.
Il Colle del Barant mette invece in comunicazione la Conca del
Prà con la Comba dei Carbonieri e attraversa il Giardino Botanico Bruno Peyronel che si estende per poco più di un ettaro, oasi
incontaminata per oltre 300 specie di flora e varie specie faunistiche. Tramite il Colle del Barant, percorribile anche in mountain
bike, è possibile salire dalla Conca del Prà fino a raggiungere il
valico per poi scendere al Pis della Rossa, a 1753 metri s.l.m. dove
si trova il Rifugio Barbara Lowrie.
Infine, il sentiero che conduce al Rifugio Granero a quota 2377
metri s.l.m. richiede un po’ di allenamento in più, ma lo sforzo
sarà abbondantemente ripagato: la schiera di laghetti alpini, il
Passo Sellerie, il Monte Granero, il Monte Manzol e l’imponente
Monviso sono tutti li per farsi ammirare in tutta la loro bellezza.
Percorso GTA
Il percorso GTA (Grande Traversata delle Alpi) è un itinerario
escursionistico che unisce tutto l’arco alpino occidentale del Piemonte.
Il percorso, nato verso la fine degli anni ’70, ha lo scopo di privilegiare i luoghi meno conosciuti dal turismo di montagna è suddiviso in 55 tappe della durata da cinque a otto ore di marcia.
Solitamente alla fine di ogni tappa vi è una apposita struttura ricettiva (posto tappa GTA) oppure un rifugio.
Il sentiero si snoda dai monti di Domodossola fino alle Alpi liguri
per una lunghezza complessiva di circa 1.000 km ed è marcato
con un segno a tre bande Rosso-Bianco-Rosso con la scritta gta
nel centro. In alcuni tratti il percorso si sovrappone a quello della
Via Alpina, progetto internazionale volto a creare una serie di itinerari escursionistici che percorrono l’intero arco delle Alpi, attraversando otto paesi europei.
Il progetto, come il GTA, è stato ideato dall’associazione francese
Grande Traversée des Alpes ed è nato ufficialmente nel 1999. Ad
oggi sono stati tracciati 5 itinerari, per un totale di circa 350 tappe
ed oltre 5000 km di sentieri.
Grazie a questi due sistemi di segnalazione dei sentieri, sono
molti gli itinerari che si possono programmare e praticare: verso
nord, si sconfina nelle Val Chisone e Val Germanasca fino a raggiungere la Val Susa, mentre spostandosi a sud si attraversano la
Val Po e la Val Varaita fino ad arrivare in Val Maira e oltre.
La Conca del Pra.
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COSA MANGIARE
La gastronomia della Val Pellice è stata segnata dalle vicissitudini storiche che la hanno contraddistinta: il popolo che la abita è
stato costretto a vivere per lungo tempo con la valigia in mano, in
povertà e a un’altitudine notevole. Per questo, la cosa più importante è forse l’approccio che la popolazione della Valle ha verso il
cibo, mai considerato tramite di ostentazione ma grande rispetto verso quanto la natura mette a disposizione ogni giorno.
Sono due i prodotti più rappresentativi della Valle, entrambi “Presidi” Slow Food e inseriti all’interno del “Paniere dei prodotti della
Provincia di Torino”: la Mustardela e il Saras del fèn.
La mustardela è un tipico sanguinaccio insaccato prodotto un
tempo in tutte le case con il sangue e le parti meno nobili del
maiale aggiungendo spezie, porri, cipolle. Oggi, è possibile reperirla nelle migliori macellerie della zona. Viene solitamente consumata calda, accompagnata con patate lesse o polenta.
Il Saras del Fèn invece è una ricotta che viene prodotta solitamente in estate durante il periodo di permanenza in alpeggio e
stagionata per un periodo di circa 30 giorni avvolta nell’intreccio
verde e sottile dei fili di Festuca.
La Supa Barbetta è invece un piatto antico dal forte valore simbolico, un piatto che accomuna i commensali per la sacralità del
pane, liturgia presente in tutte le religioni. Ogni anno, il 17 febbraio, è festa grande in tutta le valli valdesi per ricordare la conquista dei diritti civili firmata da Carlo Alberto nel 1848 dopo una
lunga storia di persecuzioni, guerre e coraggiosa clandestinità
sui monti. La notizia, giunta improvvisamente il 16 febbraio dopo
secoli di repressioni sanguinose, scatenò forte entusiasmo tra la
popolazione. I barbet, (da barba, che in piemontese significa zio,
l’appellativo dei predicatori itineranti che giravano a due a due
per l’assistenza spirituale nelle famiglie) accesero enormi falò sulle montagne per festeggiare la libertà. In tutte le Valli Valdesi, la
festa per ricordare l’emancipazione è un momento di affratellamento anche a tavola: indossati gli antichi costumi della valle, la
gente si ritrova davanti a questo piatto, la tradizionale zuppa di
pane, brodo e toma fresca. Il piatto è di facilissima esecuzione,
perché a base di semplici fette di pane raffermo cotte a lungo in
buon brodo di carne fino al raggiungimento della giusta omogeneità senza mai rimestare: a fine cottura infatti, pane e grissini
devono rimanere intatti.
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VAL CHISONE,
VAL GERMANASCA
E VAL SUSA
Adiacente alla Val Pellice, la Val Chisone è sicuramente la patria
degli sport invernali: nel 2006 infatti, è stata la protagonista dei
XX Giochi Olimpici Invernali di Torino.
Il comprensorio sciistico della Via Lattea che comprende numerosi comuni italiani (Sestriere, Sauze d’Oulx, Oulx, Sansicario, Cesana, Pragelato, Claviere) e uno francese (Montgenèvre), è il più
grande dell’Italia occidentale con i suoi 400 km di piste di cui 120
coperte da innevamento artificiale.
D’inverno la Val Chisone è quindi la patria degli sport su neve
mentre d’estate diventa il luogo ideale per praticare trekking,
golf, downhill e altri numerosi sport a cavallo di moto o mountain bike.
Non bisogna dimenticare Prali, in Val Germanasca, piccola ma
non per questo meno importante stazione sciistica in inverno e
bike park di notevole importanza durante la bella stagione.
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COSA VISITARE
Forte di Fenestrelle
Situato nella vicina Val Chisone, rappresenta la fortezza più
grande d’Europa, seconda al mondo solo dopo la Muraglia Cinese. Una splendida opera di sbarramento in pietra che occupa
1.300.000 mq di superficie che si inerpica per 3 km sul costone
dell’Orsiera per un dislivello di 635 metri. Non si tratta di una fortificazione unica, ma di un insieme di più forti (forte Carlo Alberto,
San Carlo, Tre Denti, Delle Valli), polveriere, magazzini, ridotte e
possenti cannoniere, uniti da una scala coperta che conta 4000
gradini.
Voluto dal primo Re di Sardegna dopo il trattato di Utretch del
1713, il Forte non venne mai coinvolto in battaglia, ma venne prevalentemente usato come deterrente alle invasioni francesi e
successivamente come prigione di Stato e politica. La sua funzione di grande reclusorio militare continua fino al 1920, incarcerando più di 400 uomini per reati commessi in guerra, mentre
durante la seconda guerra mondiale viene usato come deposito
per l’artiglieria e teatro di alcuni scontri con i Partigiani. Infine, alla
fine degli anni ’40 viene definitivamente abbandonato, salvo poi
essere ripreso e restaurato per fini turistici all’inizio degli anni ’90,
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dal 1999 è il simbolo della Regione Piemonte.
Parco Naturale Orsiera Rocciavrè
Si tratta di un parco naturale a cavallo tra la vicina Val Chisone e
le Val Susa e Val Sangone, ricoprendo un’area di quasi 11.000 ha.
Gli itinerari sono quasi tutti piuttosto facili, percorribile esclusivamente a piedi e con una durata dalle 2 ore alle 3 ore e mezza.
Strada dell’Assietta
Sempre in Val Chisone, un’altra meraviglia immersa della natura: la strada dell’Assietta e del Colle delle Finestre si snodano per
oltre 60 km all’altezza di oltre 2000 metri s.l.m. lungo il costone dell’Assietta. Attraversando una porzione del Parco Naturale Orsiera Rocciavrè e permettendo, nelle giornate con un cielo perfettamente limpido di godere del panorama sulla pianura,
le strade sono percorribili a piedi, in mountain bike, a cavallo o,
quando consentito, in moto o fuoristrada.
La strada attraversa inoltre il Parco Naturale Regionale Gran Bosco di Salbertrand e lungo tutta la sua lunghezza è possibili inA fronte: il Forte di Fenestrelle.
Sopra: il Parco Naturale Orsiera-Rocciavré
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L’altopiano dei Tredici Laghi.
contrare numerose fortezze, testimonianza di una fitta attività
militare nel ‘700 e ‘800.
Scopriminiera
Un’esperienza forse più unica che rara: scendere nelle viscere
della montagna con caschetto e torcia all’interno delle storiche
miniere di talco di Prali, nella vicina Val Germanasca: questo è
Scopriminiera. Un Ecomuseo Regionale delle miniere e della Val
Germanasca, nato per evitare che il ricco patrimonio di oltre 200
anni di storia andasse perso.
Altopiano dei Tredici Laghi
L’altopiano dei Tredici Laghi si trova in Val Germanasca ad una
quota che varia dai 2300 ai 2550 metri e prende il nome dai vari
piccoli specchi d’acqua che lo caratterizzano.
L’altopiano è una conca delimitata su tre lati da una serie di rilievi montuosi ed è accessibile a piedi arrivando da Prali seguendo
una mulattiera oppure prendendo la seggiovia che parte sempre
dal centro abitato del paese. Una volta arrivati all’altopiano, numerosi sentieri si possono intraprendere, tra cui anche uno che
passando per il Colle Giulian porta in Val Pellice.
Forte di Exilles
Situata in Val Susa, un’altra fortezza degna di nota è quella di
Exilles, accomunata a quella di Fenestrelle per la storia molto travagliata e l’uso che ne è stato fatto. Molto meno imponente del
Forte di Fenestrelle, sorprende comunque per la posizione ardua
e allo stesso tempo strategica su cui è costruito.
Sacra di San Michele
La sacra di San Michele è un complesso architettonico posto sulla sommità del monte Pirchiriano, e domina l’imbocco della Val
Susa. Monumento simbolo del Piemonte è una delle più imponenti architetture religiose di questo territorio alpino, via di transito per i pellegrini tra Italia e Francia.
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COSA MANGIARE
La cucina di queste valli è molto simile a quella della Val Pellice:
ritroviamo infatti la supa barbetta e altri numerosi piatti molto
semplici a base di patate come le cagliette, le Glôre di patate e
i pilot.
Il Plaisentif invece è un toma prodotta negli alpeggi dell’alta Val
Chisone e Val Susa. Questo formaggio viene prodotto dal latte delle mucche alla prima salita all’alpeggio che si alimentano
esclusivamente della flora locale ricca di fiori ed aromi. Viene anche chiamato formaggio delle viole perché l’erba del primo alpeggio coincide con l’epoca della fioritura delle viole. Dopo una
stagionatura di almeno 60 giorni è pronto per la commercializzazione, che avviene solo ed esclusivamente a partire dalla Rievocazione Storica di Poggio Oddone - Terra di Confine e Fiera del
Plaisentif che si tiene a Perosa Argentina la 3ª domenica di settembre di ogni anno. Solo le tome marchiate possono denominarsi del marchio registrato Plaisentif.
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VALLE PO
La Val Po si trova a sud della Val Pellice anche se questa valle non
è particolarmente lunga e non ospita centri abitati di particolare
rilievo, ha una certa importanza e notorietà in quanto dalle sue
montagne nasce il fiume che ha dato il nome, il Po per l’appunto.
Questo corso d’acqua lungo 652km è il più lungo e il più importante d’Italia e nasce ai piedi del Monviso, nell’altopiano chiamato Pian del Re, nome che deriva dall’epoca in cui Francesco I di
Francia si accampò con l’esercito impegnato nell’invasione del
Ducato si Savoia. Il Pian del Re è anche una riserva naturale gestita dal Parco del Po Cuneese con un’estensione di 465 ettari.
Il Monviso, con i suoi 3842 metri slm è la montagna più alta delle
Alpi Cozie. Noto anche con il nome di Re di Pietra, questa cima è
ben visibile dalla pianura Padana occidentale anche a molti chilometri di distanza per via della sua forma piramidale e la sua altezza di oltre 500 metri superiore ai picchi circostanti.
Dal 29 maggio 2013 il Monviso è diventato patrimonio dell’Unesco come riserva della biosfera transfrontaliera con la Francia
mentre il 15 ottobre 2014, dopo vari anni di ristrutturazioni è stato
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riaperto il Buco di Viso, primo traforo alpino della storia costruito
nel 1480 per opera del Marchese di Saluzzo Ludovico II al fine di
collegare Italia e Francia e facilitare i commerci transfrontalieri.
In questi ultimi anni si è diffusa l’usanza tra gli alpinisti e gli amanti del trekking di compiere il giro intorno al Monviso pernottando
alcune notti nei vari rifugi costruiti ai suoi piedi. È un modo particolarmente suggestivo di apprezzare tutta la sua grandezza e
maestosità da angolature molto differenti.
La cucina della Val Po è molto semplice e anch’essa legata alla
tradizione contadina e ai prodotti locali. Troviamo quindi la Gallina Bianca di Saluzzo, la Trota Fario, il Saras, il Nostrale e la Paglierina, i Ramassin, le mele e l’uva Pelaverga.
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TORINO
Situata a circa 60 km da Villar Pellice, si trova la città di Torino che
nel lontano 1861 fu la prima capitale d’Italia.
Ricca di storia e cultura, Torino è la città più importante del Piemonte sia per il patrimonio storico che per quello industriale: numerose sono le piazze da visitare, a partire dalla centralissima
Piazza Castello, fulcro principale della vita a Torino. Al suo centro
si trova l’antico Palazzo Madama, un tempo sede della dinastia
Sabauda ma che oggi ospita il Museo di Arte Antica. Sempre da
qui partono le quattro vie principali della città: Via Roma, Via Po’,
Via Pietro Micca e Via Garibaldi, tutte molto importanti per il ruolo che svolgono nella vita quotidiana.
Da non perdere assolutamente la Mole Antonelliana, monumento simbolo di Torino eretto nel 1863 e che ospita oggi il Museo Nazionale del Cinema.
Il Parco del Valentino, situato sulle sponde del Po ospita il Castello che porta il medesimo nome ed è l’area verde più importante di Torino. Interamente percorribile, ha ospitato in passato
numerose manifestazioni e mostre sia nazionali che internazio27
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nali; al suo interno si trovano anche una ricostruzione di un Borgo Medievale, realizzata nel 1884 in occasione dell’Esposizione
Generale Italiana. Il complesso ospita tutt’oggi mostre temporanee, il giardino roccioso, il roseto e la Fontana dei Dodici Mesi, in
stile Rococò.
Altri due musei degni di visita sono sicuramente il Museo Egizio,
secondo al mondo per importanza solo dopo Il Cairo, che da oltre 200 anni ospita numerosi reperti e ricostruzioni appartenenti
all’antica civiltà, e il rinnovato Museo dell’automobile che ospita
più di 200 modelli che hanno segnato la storia della “geniale creazione”, come venne definita all’epoca.
Appena fuori da Torino, si trovano il Martini Visitor Center, museo aperto nel 1961 in occasione dei primi 100 anni di Unità d’Italia e dedicato alla storia dell’enologia, e lo Juventus Stadium,
inaugurato a settembre 2011 arricchendosi del museo dedicato
alla Juventus e delle visite guidate all’interno dell’impianto sportivo.
Poco fuori città, si trovano ancora alcuni tra i più importanti palazzi da visitare: la Basilica di Superga, chiesa che si erge sul più
alto dei colli di Torino che domina la città, ospita alcune tombe
reali dei Savoia e l’unica collezione al mondo di ritratti di tutti i
pontefici della storia; La Reggia di Venaria, è un vero complesso
residenziale nonché una delle più grandi regge sabaude, con i
famosi giardini che ospitano numerose sculture, la Reggia di Diana, le scuderie, le due torri e anche una chiesa. Ultima nell’elenco
ma non per importanza, la Palazzina di Caccia di Stupinigi, residenza estiva dedicata alle battute di caccia.
E per chi desidera un po’ di vita mondana? Quasi d’obbligo è l’aperitivo in Piazza Vittorio Veneto, una delle più grandi d’Europa,
dove è possibile gustare ottimi cocktail sempre alla moda in uno
dei tanti locali con ampi dehors estivi.
Borgo San Salvario è un quartiere storico situato tra la stazione
di Porta Nuova e il Parco del Valentino che negli anni si è anche
distinto per la cultura multietnica. Qui infatti, si trovano ristoranti
multietnici, pub, rhumerie, bistrot e ristoranti di ogni genere.
Il Quadrilatero Romano infine, sorge non molto lontano da Piazza Castello e qui si trovano numerosi ristorantini etnici, cocktail
bar e vinerie, che con la loro atmosfera musicale e a volte leggermente retrò regalano piacevoli serate in tutta tranquillità.
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Dall'alto: La Basilica di Superga;
il Castello del Valentino;
il Museo Egizio; Piazza Castello.
COSA MANGIARE
La cucina torinese è ricca ed elaborata ma ciononostante è profondamente radicata nel territorio, in quanto nasce da un connubio fra la sua origine contadina e le esigenze raffinate della Corte
sabauda, entrambe aperte, oltretutto, alle influenze della cucina
francese.
Tra i piatti principali da gustare è doveroso segnalare la carne
all’Albese, la battuta di fassone, il vitello tonnato, i tomini, le acciughe e la lingua al verde, i voul au vent e i flan di verdure per
quanto riguarda gli antipasti, mentre tra i primi non bisogna perdere gli agnolotti, gli agnolotti del plin e i tajarin. Grande scelta
anche per i secondi: fritto misto alla piemontese, bollito misto,
brasato al Barolo, cacciagione e finanziera, meglio se accompagnati da funghi porcini trifolati e zucchine in carpione.
Per terminare dolcemente l’ampio menu piemontese segnaliamo infine gli amaretti, i marrons glacés, il bonet, la panna cotta, i
baci di dama, il bicerin e lo zabaione con i savoiardi.
Ultimi ma non meno importanti ricordiamo la biova, il classico
pane rotondo torinese, i grissini stirati e i grissini rubatà (arrotolati) e la bagna cauda, salsa tipica piemontese a base di olio, acciughe e aglio.
Torino è anche un importante centro europeo per la produzione di cioccolato. Infatti, proprio in questa città alla fine del XVIII
secolo venne inventato il sistema per rendere il cioccolato solido
e non consumarlo solo come bevanda calda, a tal punto che gli
svizzeri vennero nella capitale del Regno Sabaudo per imparare
il mestiere. Il Gianduiotto, è il cioccolatino simbolo di Torino ed è
stato inventato dalla Caffarel di Borgo San Donato per la prima
volta nel 1865.
A Torino infine, è nata una delle tendenze che negli ultimi anni
ha conquistato tutto il Nord Italia ma che in questa città è in uso
da molto tempo: l’aperitivo.
L’aperitivo è un momento, un rito a cui dedicare pochi minuti come diverse ore, tanto da poter diventare il sostituto di una
cena vera e propria e deve la sua origine alla cosiddetta merenda sinoira, abitudine tradizionale piemontese che consiste in un
pasto del tardo pomeriggio a base di salumi e formaggi, consumato durante le partite a carte o al ritorno da un’escursione in
montagna, il tutto accompagnato da vino rosso.
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L’aperitivo ha poi avuto modo di diffondersi anche grazie ad Antonio Benedetto Carpano che nel 1786 inventò il vermouth, bevanda a base di vino bianco o rosso conciato con erbe e spezie e
al tramezzino, nato per la prima volta al Caffè Mulassano di Piazza Castello nel 1925.
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Potete trovare ulteriori informazioni presso la
nostra struttura: abbiamo materiale informativo
a disposizione dei nostri clienti.
www.aifontana.com
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