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LA NEWSLETTER MENSILE DELLA BIBLIOTECA PROVINCIALE PASQUALE ALBINO DI CAMPOBASSO
NEWSLETTER BIBLIOTECA
Dicembre 2013 - numero 23
CHIUDIAMO IL 2013 CON UN NUMERO SPECIALE DELLA NOSTRA NEWSLETTER
DEDICATO INTERAMENTE ALLE IMPRESSIONI E ALLE RIFLESSIONI DEGLI
STUDENTI PRESENTI ALLA CONFERENZA FINALE DEL CICLO D'APPUNTAMENTI
ORGANIZZATI IN BIBLIOTECA SUI FENOMENI MIGRATORI.
I CINQUANT'ANNI DELLA REGIONE MOLISE: RIFLESSIONI E
PROSPETTIVE FUTURE AL TERMINE DEL CICLO D'INCONTRI
ORGANIZZATO DALLA BIBLIOTECA "P. ALBINO"
In occasione del cinquantesimo anniversario
dell’istituzione della Regione Molise, la Biblioteca
Albino e il Centro studi sulle migrazioni hanno
organizzato un ciclo di incontri per riflettere sulla
storica ricorrenza regionale adottando un particolare
punto di vista, quello legato alla specializzazione
scientifica del Centro studi. Ciò per rifuggire dalla facile
celebrazione e per prendere maggiormente coscienza
della storia regionale recente, in tal modo aiutando un
processo di analisi e riflessione ineludibile per
immaginare e mettere in campo un possibile progetto di futuro per il Molise.
Alla piena riuscita dell’iniziativa, oltre agli enti promotori, hanno collaborato molte
istituzioni culturali, tanti studiosi e moltissimi cittadini interessati ai temi trattati.
Il percorso tracciato dall’iniziativa è partito aprendo lo sguardo al fenomeno
dell’immigrazione nazionale e molisana. Alla presentazione del Dossier statistico 2013
intitolato Dalle discriminazioni ai diritti curata da Norberto Lombardi, hanno fatto da
contrappunto gli interveti dei rappresentanti della Caritas di Campobasso (A. Magliocca),
dell’Associazione Dalla parte degli ultimi (L. Costa), del Vice presidente della Regione
Molise (M. Petraroria) e del vescovo di Campobasso (p. G. Bregantini). Ma, di grande
interesse, per il valore e per la testimoninanza diretta, è stato anche l’intervento di D.
Iordachioia, vice presidente dell’associazione Primo marzo, fra le prime e più importanti
associazioni di immigrati in Molise.
I seguenti due incontri sono stati dedicati all’emigrazione dei molisani nella seconda
metà del Novecento verso due delle mete maggiormente significative, il Venezuela e la
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Germania. I flussi e gli insediamenti presso tali mete sono state oggetto di apposite
ricerche commissionate dal Centro, pubblicate nella collana dei Quaderni del Centro; si
tratta dei volumi, distribuiti ai presenti, intitolati La presenza dei molisani in Venezuela di
Michele Castelli, già ordinario di Linguistica e dialettologia (italiano-spagnolo) presso la
Universidad central de Venezuela (Caracas), presentato da Giovanni Mascia, e Molisani
in Germania. Ricerca sugli emigrati “invisibili” realizzata da Antonio Fanelli, Alessandra
Fratejacci, Frank Heins, presentato dal primo degli autori, a cui è seguita una intensa
testimonianza di d. A. Pezzotta, parroco di Montecilfone e di alcuni emigrati in Germania
appartenenti a tale comunità.
La messa a fuoco sui due fenomeni di emigrazione regionali è stata inquadrata in uno
scenario di più ampio respiro tracciato da M. Colucci del Cnr, che ha illustrato le Linee di
evoluzione dei movimenti migratori tra seconda metà del Novecento e nuovo secolo, da
Gino Massullo, direttore di Glocale. Rivista molisana di storia e scienze sociali, che ha
descritto la mutazione Dalla tradizionale emigrazione alla mobilità e da Cristiano
Pesaresi, dell’Università “La Sapienza” di Roma, che ha analizzato i temi della Caduta
demografica, mobilità interna, emigrazione nel Molise.
Un profondo interesse ha suscitato, infine, l’ultimo incontro dedicato a La mobilità dei
giovani molisani durante il quale sono stati presentati i risultati della ricerca condotta da
Massimiliano Crisci, Corrado Bonifazi, Frank Heins, Mattia Vitiello, Maria G. Caruso del
CNR-IRPPS (Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto di ricerche sulla popolazione e
le politiche sociali) su Le migrazioni temporanee per lavoro dei molisani diplomati e
laureati ed è stata presentata un’ampia rassegna mondiale di scienziati molisani a cura
di C. De Lisio.
Alla presentazione dei dati quantitativi e qualitativi è stata affiancata una serie di
testimonianze di giovani molisani. Sono intervenuti Salvatore Buontempo ricercatore
presso l’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) - Sezione di Napoli e il CERN
(European Laboratory for Particle Physics), Department PH; Mauro Alfonso, Direttore
Generale per l’Europa di Dagong Europe Credit Rating; Sandra D'Agostino dell’ISFOL Responsabile Struttura "Metodologie e Strumenti per le Competenze e le Transizioni";
Marinda Scasserra, responsabile marketing e mercato estero del Pastificio Colavita;
Anna Maria Cacchione, Profesora interina titular Dipartimento filologia italiana Università Complutense di Madrid.
Ai lavori hanno partecipato attivamente anche le classi quinte (sez. C e H) guidate
dalle prof.sse Bibiana Chierchia e Paola De Tata del Liceo scientifico Romita e la classe
V E, guidata dal prof. Antonio Pinelli del Liceo linguistico Galanti di Campobasso. Alcuni
studenti hanno rappresentato il loro punto di vista e proposto alcune riflessioni su un
fenomeno che coinvolge in pieno i progetti di vita della generazione a cui appartengono.
A questi interventi è dedicato lo spazio della newsletter di dicembre della Biblioteca
Albino.
La giornata di studi del 5 dicembre si è conclusa con una tavola rotonda alla quale
hanno preso parte studiosi delle tematiche trattate e rappresentati di Regione Molise,
Provincia di Campobasso, Università del Molise, Arcidiocesi di Campobasso-Bojano,
Camera di Commercio.
Il ciclo di incontri ha contribuito a ravvivare l’attenzione su questioni e problemi, locali e
globali allo stesso tempo, spesso sottovalutati, o peggio, rimossi che, però, incidono
fortemente sulla realtà contemporanea e sulla vita futura dei giovani molisani e non solo.
A tale obiettivo mirava la Biblioteca Albino e il Centro studi sulle migrazioni: il bilancio
finale è sicuramente positivo.
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Vincenzo Lombardi - Direttore Biblioteca Provinciale di Campobasso "P. Albino"
IPOTESI MIGRANTI ATTORNO A "IO"
Ipotizziamo esista un certo Io.
Io è in procinto di diplomarsi e ha l’arduo compito di
decidere cosa fare del suo futuro.
Ipotizziamo anche che il padre di Io sia avvocato; lui
vorrebbe che il figlio seguisse le proprie orme per poi
prendere le redini del suo studio legale, anche piuttosto
redditizio.
Io vuole però fare l’astronomo, ama le stelle da quando
era bambino. Si pensi che in una gita elementare al
planetario, pur di non andar via, si era nascosto tra le seggiole e la maestra dovette
cercarlo per ore. Il fatto è che aveva visto una stellina, non ricordava il nome, ma gli
sembrava quella che una volta aveva visto con la mamma lì alla fine del mare, e sperava
che restando ancora avrebbe potuto rivederla. La maestra a quel tempo gli aveva
spiegato che quelle che avevano appena guardato erano solo delle lucine, ma
certamente, se avesse voluto, da grande avrebbe potuto studiare il cielo e chissà,
magari l’avrebbe ritrovata quella stellina che la sua mamma gli ebbe donato in quella
notte d’estate.
Io e la sua famiglia abitano in una cittadella piccina piccina. Non è che non vi sia una
università, ma come la cittadina anch’essa è assai piccina e le uniche stelle che da li
potrebbe studiare sono quelle della bandiera che sventola orgogliosa sulla facciata
dell’edificio.
Probabilmente Io potrebbe cercare una cittadella meno piccina con un’università meno
piccina dove magari abbia la possibilità di studiare per poi cercare la sua stellina.
Ipotizziamo, dunque, che il papà di Io lasci che il figlio insegua la sua strada,e
immaginiamo pure che Io riesca a laurearsi con il migliore dei risultati. Siamo certi che a
questo punto Io abbia certamente un impiego nel suo settore?
Potrebbe essere tanto fortunato da trovarlo, ma se così non fosse?
beh potrebbe certamente:
a) tornare nella sua cittadina piccina picciò presso lo studio legale del papà dove
certamente ricoprirebbe un ottimo ruolo e dal cui impiego ricaverebbe non poco
guadagno;
b) proiettarsi verso quello che è il resto del mondo perché, che so, magari in Nuova
Zelanda hanno bisogno di astronomi.
Problema risolto, in tal caso, anche se secondo la prima ipotesi il povero Io con la tanto
sudata laurea potrebbe semplicemente soffiarcisi il naso, per quel che gli serve.
Ipotizziamo ora, già che ci si trova, che Io non sia più il figlio di un affermato avvocato
avente un prestigioso studio legale nella sua piccola cittadella. Immaginiamo che il
giovane abbia per padre un semplice artigiano.
Il resto della storia è il medesimo: Io vuole sempre fare l’astronomo, perché
appassionato di stelle sin da bambino, come già illustrato. Abita sempre in quella
cittadina troppo piccina perché oltre alle facoltà fin troppo usuali, l’università possa
accogliere l’astronomia.
Probabilmente la soluzione sarebbe cercarsi, sempre, quella fantomatica città un po’
meno piccina dove trovare la strada da percorrere per raggiungere la realizzazione del
suo sogno.
A questo punto prego, diamo nuovamente spazio all’immaginazione:
Ipotizziamo che il padre di Io decidesse di tirare ulteriormente la cinghia per mandarlo
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Chissàddove a studiare quelle fottute stelle. Io riesce a laurearsi con i migliori voti pure
nei tempi. Se
a) trova piuttosto presto un impiego: eccellente! I sacrifici del padre nonché i suoi sono
molto più che ripagati.
b) non trova un impiego. A questo punto si dispiegano due ulteriori strade:
1) ritorna sui suoi passi e magari ripiega su qualcos’altro nella sua vita;
2) prova ad aprirsi al mondo.
Ma se Io non potesse ‘’aprirsi al mondo’’?
Ipotizziamo anche che magari il padre di Io con la morte nel cuore si veda costretto a
negare al figlioletto la possibilità di provare a seguire il suo sogno, perché magari i costi
per mantenerlo Chissàddove non può sostenerli con uno stipendio medio.
Cosa potrebbe fare allora Io?
Certamente ripiegherebbe su qualcos’altro, ma non sarebbe anche questa una specie di
fuga di cervello?
Fuga come perdita. Perdita, perché magari Io sarebbe potuto essere il più brillante degli
astronomi, o anche Tu la migliore dei medici, ma per una ragione o per un’altra non
sono riusciti a conseguire i propri sogni
Allora mi domando è proprio opportuno parlare di fuga di cervelli, o sarebbe più
opportuno dire che per ciò che riguarda l’apertura ai giovani si ha il “braccino corto”?
Fate un po’ voi.
VALENTINA VISCONTI - Liceo Scientifico “A. Romita” di Campobasso
FLASH SUL CONVEGNO "LE MIGRAZIONI TEMPORANEE PER LAVORO
DEI MOLISANI DIPLOMATI E LAUREATI"
"Il direttore della Biblioteca “Albino” V. Lombardi apre i
lavori di migrazioni temporanee"
"Primo intervento del Professore De Lisio"
"Il ricercatore F. Heins presenta e analizza i dati dei
laureati e diplomati molisani, illustrando la prima parte
della ricerca CNR sulle migrazioni temporanee"
“Il percorso di migrazioni temporanee inizia spesso per
lavoro” lo dice M. Crisci
"Nel periodo 2009/2012 sono stati 4000 ogni anno i molisani migranti temporanei"
"Le caratteristiche dei migranti molisani non sono cambiate molto dal passato"
"Vengono raccontante esperienze e speranze di studio e lavoro fuori dal Molise con
l’intervento di alcuni ospiti della giornata"
Sono proprio tali migrazioni temporanee ad essere l’oggetto di studio della ricerca
portata avanti dall’ IRPPS-CNR finanziata dalla stessa Regione Molise.
Finalmente anche il piccolo mondo del Molise sembra essere ripescato, per così dire,
dalla grande scatola degli anonimati. Viene messa in luce una problematica che da
sempre ha colpito tale territorio e non solo; il problema dell’assenza del corso
universitario verso cui si è orientati e l’assenza di nuovi posti di lavoro spinge diplomati e
laureati a sfuggire a questo “piccolo” inconveniente che sbarra le prospettive di vita di
ognuno.
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Un altro fattore fondamentale che spinge alle cosiddette “fughe di cervello” potrebbe
essere l’aprirsi di questi stessi cervelli a spiragli di società più all’avanguardia, non che il
Molise non lo sia, ma più semplicemente questa sua intenzione di essere al passo coi
tempi non viene colta dai più in quanto questa regione non riesce ancora ad essere
ammaliatore di chi, pertanto, decide di “fuggire”.
E questa fuga il più delle volte non trova riscontri con un ritorno nel “Vecchio” Molise,
anzi, la decisione dei “fuggitivi” di restare nella città dove si sono trasferiti non ha a che
fare solo con la speranza di trovare migliori offerte professionali ma “..è motivata anche e
soprattutto dalla qualità della vita offerta da un contesto sociale e culturale ritenuto più
stimolante per favorire una crescita come individuo” – Pensiero tratto dalla pagina Le
migrazioni temporanee.
Il lavoro infatti è più uno strumento per la propria realizzazione personale che un fine a
sé. Esso garantisce piena libertà ad una persona che sa fare della propria professione
non un obbligo ma un dovere.
APPELLO: Vengono aperte migliaia di porte nuove ma la porta principale d’emergenza
a questo fenomeno delle “migrazioni temporanee” ancora non viene del tutto aperta,
probabilmente per le difficoltà che esso stesso presenta. Dunque si può sperare,
almeno in parte, che saranno questi stessi “fuggitivi” non a sviare ma piuttosto a
sbloccare questa emergenza trovandone, una volta che avranno appreso dalla loro
esperienza personale, nuove possibilità d’uscita.
PAOLA CORNACCHIONE - Liceo Scientifico “A. Romita” di Campobasso
PAROLE PER IMMAGINI
Mio padre mi raccomanda di mandargli un
messaggio appena passato il check-in, mia madre
mi manda uno sguardo a metà tra il “ma chi te lo fa
fare?” e il “Buona fortuna”.
Cammino, giro l'angolo e capisco che la mia
avventura è cominciata, il mio primo viaggio
all'estero da solo. Non c'è nessuno con me, e questo
non so se mi rasserena o mi preoccupa. Poi, da
buon simpaticone, mi scatto una foto e la invio ad
amici e parenti. Comincio così. Riguardo un'ultima
volta il mio biglietto dell'areo. “Eindhoven”.
Questa estate sono stato in Olanda, ad Utrecht (vicino Eindhoven..) per frequentare un
corso presso la Summer School della Utrecht University. Il corso era incentrato sul video
giornalismo, l'ultima frontiera dell'informazione, capace di riassumere in un'unica figura
polifunzionale il vecchio cameraman e l'intrepido giornalista. Il corso era principalmente
sulle modalità di utilizzo di una video camera professionale che ci è stata messa a
disposizione ad inizio settimana. La durata era di due settimane, in cui ho lavorato tanto
e imparato molte cose riguardo il video making, cioè riguardo la capacità di realizzare
video. Il tutto su uno sfondo culturale variegato e stimolante. Chiaramente, il corso era
tenuto in inglese e i partecipanti erano tutti stranieri, eccetto un giornalista italiano, un
ragazzo di Firenze.
C'era una esperta di migrazioni tedesca, una reporter brasiliana, un olandese che
frequentava il bachelor in filosofia, due rifugiati politici provenienti uno dalla Somalia e
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uno dal Pakistan. E' facile capire quanto un'esperienza di questo genere sia stata
interessante da un punto di vista umano oltre che strettamente tecnico. Essere a
contatto con ragazzi molto più grandi (ero il più piccolo del gruppo e forse dell'intera
struttura), per giunta di altre nazioni, è stato stimolante e sicuramente fuori dalla
quotidianità. Le nostre lezioni si tenevano fuori Utrecht, nel Media Park olandese, in un
paesino di nome Hilversum che racchiudeva al suo interno tutte le strutture legate alla
radio e alla televisione olandesi.
Abbiamo inoltre visto una serie di video da tutto il mondo e discusso le tematiche
insieme, di solito legate a problemi internazionali di attualità. Si cercava di esprimere la
propria opinione e di dare costantemente il proprio contributo per la riuscita del corso.
Avevo il compito di produrre un breve video alla fine del corso su una “story” a piacere
che dovevo trovare per le strade di Utrecht e io scelsi di lavorare su un uomo italiano
emigrato 40 anni fa, che lavora in un piccolo chiosco vendendo pizza e panini.
Al di là del contenuto del corso, un altro aspetto che tengo a sottolineare di
un'esperienza di questo genere è indubbiamente quello di aver vissuto da solo per due
settimane.
Le cose al mio arrivo erano diverse da come le avevo immaginate, in realtà avevo una
cameretta nella periferia di Utrecht e dovevo gestirmi da me per quanto riguarda il
mangiare e l'organizzazione della giornata. Questa grande autonomia all'inizio è stata
destabilizzante, ma fortunatamente sono riuscito a cavarmela ed ammetto che è stato
divertente affrontare tante difficoltà. Sono venuto a contatto con centinaia di persone di
tutti i tipi e ho anche passato tante ore da solo. Non è stato facile, perché mi sono
trovato di fronte a una serie di problemi che ho dovuto risolvere da solo, perché non
c'era nessuno che si occupava di me. Questa è stata forse la lezione più grande, capire
che in caso di necessità si è pronti a superare i propri limiti adattandosi.
Sono venuto a contatto con l'università su internet, cercando sul web come fare
un'esperienza estiva in Olanda. I corsi organizzati erano tutti davvero interessanti, ma
alla fine ho optato per il video giornalismo. Ad essere sincero, il mio primo obiettivo non
era quello, appunto, di svolgere il corso, ma era avere modo di fare un'esperienza di
questo genere, anche per parlare un po' di inglese e capire in cosa potesse consistere
un'esperienza universitaria all'estero.
Ho avuto modo di vedere l'organizzazione di quel paese, il modo con cui le persone si
rapportavano, gli stili di vita, le loro concezioni. Sono abituato a viaggiare, ma questa
volta è stato diverso sia perché ero solo e sia perché mi trovavo a vivere per due
settimane in uno stesso posto. Non ero nel clima di una vacanza e, ad essere sincero, io
non mi sono divertito, ma ciò non significa che non sia stato interessante o formativo. E'
stato bello lavorare con ragazzi stranieri, particolarmente con i due rifugiati che
raccontavano la mancanza di libertà nei loro paesi. Inoltre, nella struttura dove lavoravo,
al piano di sopra, c'era una redazione giornalistica che ospitava giornalisti di tutti i paesi
in cui c'erano problemi legati al “freedom of speech” (la libertà di parola).
Vi racconto un segreto: mi sembra che quelle due settimane siano state una parte di vita
che nessuno saprà mai, come un sogno che gli altri non vedono e per quanto tu possa
raccontarlo lascerai sempre qualcosa. Credo che ricorderò questo viaggio a lungo,
anche perchè adesso, per la gioia di mia madre, ho “imparato a cucinare”.
ALESSANDRO COLOCCIA - Liceo Scientifico “A. Romita” di Campobasso
LA MIGRAZIONE COME UN'OPPORTUNITA' DI CRESCITA PERSONALE E
PROFESSIONALE
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Mi chiamo Sara Quaranta e frequento l’ultimo anno del
Liceo Linguistico Giuseppe Maria Galanti. Ho scelto il liceo
linguistico perché mi piacciono le lingue, certo, ma anche
perché sin dall’inizio ho messo in conto di andare all’estero
a lavorare dopo gli studi: come molti della mia età, infatti,
temo di avere poche possibilità, qui in Italia, di trovare un
impiego, ma soprattutto di realizzare le mie aspirazioni.
A scuola abbiamo studiato e anche approfondito,
attraverso alcuni progetti, la storia dell’emigrazione italiana del passato. Sono rimasta
colpita dal fatto che ancora negli anni sessanta del 1900, quando nelle nostre zone si
chiedeva ai ragazzi cosa volessero fare da grandi, spesso rispondevano che sarebbero
andati all’estero a cercare fortuna. Credo che noi giovani di oggi stiamo rivivendo la
stessa situazione. Certo non partiamo con la valigia di cartone e non portiamo con noi
solo le braccia, abbiamo una cultura e, spero una preparazione, insomma, come si dice
oggi, portiamo all’estero il nostro cervello, ma in fin dei conti la vicenda è la stessa di
quella dei nostri nonni e bisnonni.
Facendo un sondaggio nella mia classe, é venuto fuori che la maggior parte delle
ragazze e dei ragazzi dopo il liceo conta di lavorare all'estero, qualcuno addirittura
vorrebbe anche ultimare gli studi in qualche altra nazione, perché si ritiene che “fuori” ci
siano più offerte formative. Inoltre tanti affermano che a differenza di quanto avviene in
Italia, dove le persone vengono assunte soprattutto grazie a conoscenze o parentele
importanti, in altri paesi europei e non, si faccia riferimento prima di tutto ai meriti e alle
capacità che si dimostrano. Pochi si dicono convinti di voler rimanere, di voler comunque
provare qui e magari dare un contributo per cambiare le cose e risollevare la situazione
del nostro paese, anche perché si dice che "é troppo semplice fuggire dal problema,
bisogna affrontarlo e cercare di risolverlo e non bisogna privare la nazione di forze
giovani che potrebbero arricchirla". Per una scelta simile però credo che ci voglia molto
coraggio.
A volte sento dire che la migrazione è una opportunità di crescita e non un problema,
sicuramente è vero, ma è anche vero che a molti giovani piacerebbe costruire il proprio
futuro in Italia e andare all’estero per piacere e curiosità intellettuale, insomma per
ampliare i propri orizzonti culturali, non per necessità.
D’altra parte penso che sia sbagliato parlare, in riferimento ad oggi, di una nuova
emigrazione che riguarda solo i giovani che in Italia non intravedono un futuro possibile.
Io vivo a Boiano e so che nella mia cittadina, ma anche nei paesi limitrofi, molte persone,
anche avanti negli anni, si sono trasferiti all’estero in cerca di condizioni di vita più sicure;
a volte sono interi nuclei familiari a farlo.
So, ad esempio, che una meta molto gettonata è al momento l’Australia. Io spero di
rimanere in Europa e magari, più avanti, di ritornare in Italia.
SARA QUARANTA - Liceo Linguistico Giuseppe Maria Galanti di Campobasso
OLTRE I CONFINI DEL FUTURO
Durante l’incontro del 5 dicembre, svoltosi all’interno
della Biblioteca Provinciale di Campobasso “P. Albino”,
siamo stati coinvolti a un’interessante illustrazione dei
risultati dei dati per ciò che riguarda le migrazioni
temporanee per studio e lavoro dei molisani diplomati e
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laureati in virtù
CNR-IRPPS.
delle
ricerche
condotte
dal
In linea generale, secondo la mia opinione i vari
studiosi e le persone del settore ci hanno fornito
un’enorme quanto impressionante quantità di dati e delle percentuali che fanno riflettere
non soltanto sulla situazione della regione Molise, ma anche sulle opportunità offerte
dalle altre regioni.
Inoltre ho considerato opportuna la presentazione del professore De Lisio in quanto
attraverso lo scorrimento delle varie immagini delle persone che, spostandosi fuori dal
Molise, hanno dato buon frutto delle loro capacità distinguendosi in attività e impieghi di
portata significativa, ci si è resi conto che l’impegno, la dedizione, la volontà di realizzare
qualcosa e la passione, se accostati diventano il fondamento del proprio futuro.
Personalmente ritengo che l’esposizione di ciò sia stato efficace e che sia servito a
spronare anche i più incerti a non limitarsi al proprio spazio ma ad osare a fare qualche
passo in più, letteralmente parlando.
Riferendoci ai numeri delle statistiche e dei sondaggi esposti e commentati
rispettivamente dagli studiosi M. Crisci, F. Heins e M. Vitiello, sono rimasta stupefatta di
scoprire le così alte percentuali delle migrazioni che si riferiscono in particolar modo alla
fascia d’età compresa tra i 20 e i 40 anni, di ciò che per l’appunto rappresenta la forzalavoro richiesta in uno stato. Da ciò ne deriva l’impossibilità da parte loro di trovare
impieghi adatti alla loro professione o meramente una retribuzione giusta che innalzi il
loro tenore di vita. Dunque viene risentita una forte necessità di “spiegare le ali” e di
orientarsi temporaneamente e non verso regioni interessate alla loro funzione e
produttività, in un rapporto equo di beneficio e utilità.
Per ciò che riguarda i migranti definitivi che, integrandosi all’interno di realtà diverse si
stanziano inizialmente per un periodo di prova per poi trovarsi una collocazione
permanente, sostengo fermamente ma non polemicamente che abbandonando i propri
affetti e famigliari abbiano sì scelto in maniera egoista ma pur sempre col pensiero che
restando fermi entro i propri confini non avrebbero avuto la soddisfazione di godere di
servizi e strutture totalmente assenti o quantitativamente inferiori rispetto alla
destinazione preferita. Il problema quindi risiede proprio in ciò ma trovare una soluzione
non sarebbe del tutto complicato valutando le varie soluzioni alla “diaspora molisana”
tuttora in atto.
Infine posso aggiungere che ciò che maggiormente mi ha impressionato è stato il
racconto della studentessa di giurisprudenza di cui ne ho apprezzato la scelta di optare
per una sede universitaria fuori regione seppure esistesse la possibilità di frequentare la
facoltà prescelta all’interno della propria città. In particolare, del discorso sono rimasta a
dir poco ammagliata del suo messaggio vale a dire del fatto che le persone debbano
conoscere realtà diverse, per meglio dire per aver modo di confrontarsi e immagazzinare
sempre più elementi nel proprio bagaglio culturale. Entrare in contatto con mentalità
assai diverse e sperimentare i modi di fare di un’esistenza a sé sconosciuta permette di
aprire i propri orizzonti e limiti entro confini impensabili fino ad allora. Per le suddette
ragioni è importante riconoscere il vantaggio che un mondo ignaro offre all’individuo: di
formazione e arricchimento culturale.
In conclusione, ho reputato quest’incontro fondamentale e divulgativo nello stesso
tempo, in primis per l’argomento affrontato e per il fatto che si rivolge a noi della nuova
generazione, e quindi per averci dato una prospettiva in più da cui guardare in quanto il
futuro inizia a costruirsi proprio in questo istante, anche con il supporto di consigli e
delucidazioni a partire da esperienze di incontri del genere.
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BIANCA TULBURE - Liceo Scientifico “A. Romita” di Campobasso
Biblioteca provinciale "Pasquale Albino"
Via D'Amato - 86100 Campobasso
Ingresso per il pubblico: via Garibaldi
Telefono 0874/69354 - fax 0874/401511
web site: www.provincia.campobasso.it/biblioteca
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