rosso sbarre - Il Giornale D`Italia
Transcript
rosso sbarre - Il Giornale D`Italia
Anno IV - Numero 267 - Giovedì 12 novembre 2015 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 L’inchiesta Il vertice Morta anziana De Luca “concusso” dal giudice di Napoli Flussi migratori, l’Europa vacilla Un’altra vittima dei furti in casa Vignola a pag. 2 a pag. 5 Fruch a pag. 10 SCANDALI OVUNQUE: IL PD DI RENZI PIENO DI INDAGATI E IMPUTATI ECCELLENTI. ORMAI DA OGNI PARTE D'ITALIA EMERGE IL MALAFFARE di Francesco Storace atteo Renzi ha inventato una nuova moda, il rosso sbarre che fa tanto Pd. Evoca la galera, anche se in questo caso non si tratta di galeotti. Però qualche birbantello in casa ce l’ha e stavolta non ci riferiamo a papà Tiziano, che alla fine della fiera sarà ricordato come un bonaccione che ha tirato su un po’ di contributi e come un bravo genitore ha pensato anche alla pensioncina del figliolo. No, la casa macchiata è quella politica, questo gigante chiamato Partito Democratico che si sta sforzando come non mai di favorire l’ascesa di quegli avversari politici che si ostinano a non entrare nel prossimo partito della nazione di lotta e di galera. La questione morale si è fermata alle invocazioni di Enrico Berlinguer. Poi, il patto degenere col malaffare ha contaminato la sinistra e oggi quello che è ancora il primo partito italiano è chiamato in ogni angolo del Belpaese a fare i conti con la giustizia. O anche con i manicomi, se solo pensiamo al governo regionale siciliano di Rosario Crocetta, sempre più boccheggiante quanto a salassi finanziari nelle casse dell’istituzione. In un paese serio, un partito come il Pd rischierebbe quanto meno l’incriminazione per associazione M della Campania, Vincenzo De Luca. A giudizio è chiamata la ex sottosegretaria alla cultura, Barracciu, per la solita storia di fondi regionali - nel suo caso della Sardegna - utilizzati per finalità improprie al punto da far scattare l’imputazione di peculato. Va a processo a febbraio Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto di Zingaretti nel Lazio, per la gara Cup che piaceva tanto a mafia capitale. È dovuto andare a casa anzitempo Ignazio Marino, per la nota storia di scontrini e libagioni a spese del contribuente romano. E, ancora più grave, va sotto accusa per una bruttissima storia di tangenti all’Anas un altro ex sottosegretario, Luigi Meduri. Sono solo i casi ultimi, quelli che vengono alla mente, mentre ancora attendiamo di sapere che cosa ne sarà di Marco Di Stefano, deputato del Pd accusato pure lui di tangenti per l’affare Lazioservice, le cui carte giudiziarie non si capisce quale direzione abbiano imboccato. Da questo quadretto si capisce bene il motivo per cui il movimento Cinque stelle tallona il Pd: Renzi e soci, con i loro atteggiamenti, sono i migliori alleati di Beppe Grillo. Anche perché i compagni della furteria non possono prendersela nemmeno con gli alleati più compromessi di Ncd: e come fai a rimproverargli i Castiglione e gli Azzollini se hai la casa piena di Bassotti? ROSSO SBARRE La questione morale si abbatte sul Partito democratico che diventa oggettivamente il migliore alleato del movimento di Beppe Grillo a delinquere e i suoi elettori chiamati a processo per favoreggiamento. Da ogni ente in cui c’entri la mano pubblica - e la manina piddina si annida praticamente ovunque - emerge il tanfo della corruzione, del malaffare. LA CORTE DEI CONTI: BRUCIATO UN MILIARDO E MEZZO Renzi non può giocare a fare l’indiano, il suo è il partito di gran lunga più coinvolto. Si intrecciano nella gestione spericolata del potere di casa Pd episodi enormi e fatti minori, ma tutti incommensurabilmente gravi e indicatori di una tendenza ad approfittarsi del denaro pubblico senza alcuno scrupolo. A cui si uniscono atteggiamenti di assoluta arroganza, altrettanto censurabili persino sul profilo penale. Basti pensare alla scudisciata inflitta al governatore NON SI PLACA LA POLEMICA SU LIBRI E ‘CORVI’. E FINISCE NEI GUAI ANCHE L’ABATE EMERITO DI MONTECASSINO Vatileaks, indagati i due giornalisti di Igor Traboni ianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, i giornalisti autori rispettivamente dei libri “Via crucis” e “Avarizia”, sono ufficialmente indagati nell'ambito dell'inchiesta vaticana sulla fuga di documenti riservati della Santa Sede, alcuni dei quali sarebbero finiti per l’appunto nei volumi. L'Autorità giudiziaria vaticana, dopo quella sui due presunti ‘corvi’ che avrebbero fornito materiale riservato, ha ora aperto un'indagine in merito alla diffusione del documento riguardante in particolare l'Apsa, ovvero l'organismo vaticano competente per l'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica. Il portavoce vaticano padre Lombardi ha fato riferimento a notizie dei giorni scorsi “che riferiscono in maniera parziale e imprecisa il contenuto di un documento confidenziale, ipotizzando che in passato l'Apsa sia stata strumentalizzata per un'attività finanziaria illecita. L'Autorità G FUMO DI SICILIA a pag. 2 giudiziaria vaticana ha aperto un'indagine in merito alla diffusione del documento. L'Apsa ha sempre collaborato con gli organi competenti, non è sotto indagine e continua a svolgere la propria attività nel rispetto della normativa vigente". Emiliano Fittipaldi non si dice preoccupato: “Non mi risultano rogatorie internazionali – ha dichiarato a Vatican Insider - il che significa che siamo indagati dal Vaticano. Io non ho nulla da temere, non una riga del mio libro è stata smentita. Quando si fa il mestiere del giornalista investigativo e si criticano e si svelano aspetti che un potere vorrebbe tenere nascosti, situazioni come queste vanno messe in conto”. Ma intanto ieri un’altra ‘bomba’ ha interessato la Chiesa: l’abate emerito di Montecassino, dom Pietro Vittorelli, è accusato di essersi impossessato di ben 500mila euro del fondo dell’allora Diocesi (sciolta un anno fa da Papa Francesco) con l’aiuto del fratello, intermediario finanziario. E su questo difficile momento della Chiesa italiana, è tornato mons. Nunzio Galantino, segretario della Cei, il ‘parlamentino’ dei vescovi: “Non è vittimismo dire che una Chiesa credibile fa paura e dunque si cerca di screditarla. Abbiamo a che fare con una Chiesa più credibile e ad alcuni questo non piace perché si sentono messi in discussione”. Altri servizi a pagina 4 2 Giovedì 12 novembre 2015 ATTuALITA’ INCREDIBILE LO SCENARIO IPOTIZZATO, SULLO SFONDO DELLA BATTAGLIA SUGLI EFFETTI DELLA LEGGE SEVERINO La parabola De Luca finisce tra i veleni I pm di Roma: minacciato dal magistrato che doveva decidere della sua decadenza. In cambio voleva un alto incarico per il marito nella sanità regionale. Il governatore: “Sono parte lesa”. Ma è accusato di concussione di Robert Vignola a Legge Severino che diventa merce di scambio per una nomina importante. Un giudice del tribunale di Napoli, che deve decidere se lasciare o meno in sella il governatore di una regione importante come la Campania, che minaccia sfaceli qualora il marito non sarà assunto. E un intreccio che arriva a mettere con le spalle al L muro un presidente ricattabile, attraverso i suoi stessi uffici. È l’incredibile quadro che emerge dall’inchiesta che ieri è esplosa con una deflagrazione paragonabile solo all’ultima eruzione del Vesuvio. Il perno è ancora lui, Vincenzo De Luca. Che risulta indagato per concussione insieme ad altre sei persone, tra cui una giudice del Tribunale di Napoli, Anna Scognamiglio, al marito di lei Guglielmo Manna, manager dell’azienda ospedaliera Santobono, e all’ex capo della segreteria del governatore, Carmelo Mastursi, dimessosi qualche giorno fa, con l’approssimarsi di minacciosissime nubi nere sull’inimitabile orizzonte del Golfo di Napoli. Mastursi e il giudice Scognamiglio, relatrice dell’ordinanza con cui lo scorso luglio era stato accolto il ricorso di De Luca contro la sospensione prevista dalla legge Severino, sono al centro di una inchiesta della Procura di Roma per i reati di rivelazioni di segreto d’ufficio e induzione alla corruzione. E De Luca (l’unico che non è stato oggetto di perquisizione il 19 ottobre scorso) sarebbe il concusso, secondo il quadro disegnato dai magistrati. Andando nel dettaglio De Luca, tramite Giuseppe Vetrano (ex coordinatore delle liste a sostegno) e Carmelo Mastursi (già capo della segreteria ed assistente del governatore) sarebbe stato minacciato dal magistrato del tribunale civile di Napoli, Anna Scognamiglio, che era giudice relatore nella fase di merito del ricorso avviato dal governatore contro il provvedimento di sospensione in base alla legge Severino. La Scognamiglio, sempre secondo gli inquirenti, “abusando della sua qualità e dei poteri decisionali nella suddetta controversia giudiziaria, in concorso con il coniuge Guglielmo Manna e con gli intermediari Giorgio Poziello e Gianfranco Brancaccio, minacciando De Luca, per il tramite di Vetrano e Mastursi di una decisione a lui sfavorevole da parte del tribunale con conseguente perdita della carica ricoperta, inducevano il medesimo a promettere a Manna la nomina ad una importante carica dirigenziale nella sanità campana”. Il governatore ha reagito con una drammatica conferenza stampa: d’altronde ci è abituato, sin dai tempi in cui da sindaco di Salerno cominciò ad avere i primi guai giudiziari. Van- tandosi che “il controllo di legalità per le persone perbene è un vantaggio non un fastidio, invito la magistratura ad andare avanti, con estremo vigore e in tempi rapidi. I cittadini italiani hanno diritto a essere rappresentati dalle persone perbene”, per poi dichiararsi “parte lesa in questa vicenda, io e l’istituzione che rappresento”, non senza a sua volta minacciare querele “nei confronti di chiunque oserà nei prossimi giorni gettare ombre sui nostri comportamenti”. Chissà, sarà anche per questo che dal Pd non si levano voci (la linea ufficiale è quella del garantismo, della magistratura faccia il suo corso e via dicendo), mentre altissime sono quelle dei fuoriusciti: con D’Attorre, fresco aderente a Sinistra Italiana, tra i tanti a chiedere una riflessione al suo ex partito. Il ministro alla Giustizia Andrea Orlando riesce almeno a dire di essere preoccupato. E ancora i Cinque Stelle del consiglio regionale campano a preparare la mozione di sfiducia. Film già visti. Peraltro un comico secondo Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra e vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, affonda il coltello nella piaga: “Renzi e De Luca si scuseranno con la Bindi? Si restituirà il maltolto a Stefano Caldoro? Ponete fine alla commedia di un Governatore abusivo”. IL BILANCIO È FUORI CONTROLLO. CROCETTA E I SUOI SPERANO ORMAI SOLO NELL’AIUTO DI ROMA La Corte dei Conti lancia l’allarme Sicilia n Sicilia è meglio farsi il segno della croce. Anzi, della Crocetta. Perché da quando l’ex sindaco di Gela ha posato le sue terga sul posto da governatore, il buco nei conti pubblici ha raggiunto la cifra monstre di un miliardo e mezzo. Non lo dicono i suoi oppositori. Lo certifica la Corte dei Conti, in una allarmata relazione alla commissione bilancio dell’Ars. “Si sottopongono alla responsabile attenzione dell’Assemblea le preoccupate considerazioni della Corte relativamente all'esito della chiusura dei conti dell’esercizio finanziario 2015”, ha cominciato il presidente delle sezioni riunite in sede di con- I trollo della Corte dei conti, Maurizio Graffeo, nel corso dell’audizione di ieri. “Su tale problematica - ha aggiunto Graffeo in data 6 ottobre le Sezioni riunite hanno proceduto ad una specifica audizione dei vertici istituzionali e dirigenziali degli assessorati regionali dell’economia e della salute, nonché delle Autorità di gestione dei programmi operativi dei fondi comunitari. In quella sede è emersa una forte criticità della situazione finanziaria della Regione a causa anche dell’andamento delle entrate tributarie che a fine esercizio subirebbero una contrazione di importo compreso tra i 400 e i 500 milioni”. E mezzo miliardo è servito. Ma non finisce qui: i magistrati contabili hanno anche espresso grande preoccupazione sull’utilizzo dei Fondi europei: “Allo stato attuale - si legge nella relazione di Graffeo - la chiusura dei programmi risulta fortemente compromessa: infatti il concorso alla finanza pubblica è fissato in complessivi 1.287 milioni di euro, di cui 613,2 milioni posti a carico del bilancio regionale e 673,5 milioni a carico delle risorse in conto capitale del Fondo di sviluppo e coesione: in assenza della adozione e pubblicazione della relativa delibera Cipe, la struttura di gestione dell’Agenzia delle entrate ha iniziato a trattenere, unilateralmente e per l’intero importo, le entrate erariali di spettanza regionale, privando conseguentemente la Regione della liquidità necessaria per far fronte alla chiusura del programma comunitario e ai pagamenti alle Pubbliche amministrazioni”. Un disastro. E lo sguardo sulla sanità peggiora ulteriormente la percezione, perché “il complessivo quadro finanziario delle aziende sanitarie non mostra gli elementi di stabilità e sostenibilità finanziaria che emergono dalla lettura del Def”. E poi altre obiezioni, sollevate sui precari, sui debiti sanitari che “arrivano a 224 milioni annui e vincoleranno l’Isola fino al 2045. Si tratta, nella sostanza, di uno spostamento sulle future generazioni degli attuali oneri della gestione corrente del servizio sanitario regionale. Il bilancio regionale - si legge nella relazione - non è in grado, allo stato, di sostenere l'ascesa sanitaria per la parte di rispettiva competenza”. La difesa dell’assessore regionale all’Economia, Alessandro Baccei, è flebile come quella di un pugile suonato. Il blocco della spesa per il 2015 è confermato, annuncia “ altre misure per limitare al massimo le minori entrate”, rimanda al 30 aprile del 2016 l’approvazione della prossima manovra finanziaria. Campando d’inerzia, in attesa dell’aiuto di Roma: “Pensiamo di preparare un bilancio con le sole spese obbligatorie portando avanti intanto la negoziazione con lo Stato”, ammette l’assessore di Crocetta. Sancendo una volta per tutte il doloroso fallimento di un governo regionale incapace di credere nel territorio, come in se stesso. R.V. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore L’INCHIESTA SULLA GARA CUP IN REGIONE LAZIO: L’EX CAPO DI GABINETTO DI ZINGARETTI ALLA SBARRA Venafro a giudizio immediato i potrebbe chiamare Mafia CUPitale il filone d’inchiesta che arriverà a processo il prossimo febbraio. Alla sbarra, con rito immediato, ci sarà anche Maurizio Venafro, ex capo di Gabinetto del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Ma a giudizio è finito pure Mario Monge, dirigente della cooperativa Sol.Co, già presente nelle pieghe del filone principale sul Mondo di mezzo. Tanto Venafro quanto Monge sono ac- S cusati di turbativa d’asta. La Procura contesta ai due indagati presunti illeciti legati all’assegnazione, nel 2014, dell’appalto del servizio Recup, campo di una furibonda battaglia ingaggiata dal vicepresidente del consiglio regionale Francesco Storace (La Destra), fino alla sospensione ordinata dopo gli sviluppi dell’inchiesta su Mafia Capitale. Nel rinviare a giudizio Venafro e Monge, il gup Giorgianni ha ammesso come parti civili la Regione Lazio, la coope- rativa Capodarco e la Assoconsum. Venafro, per il quale già era stato chiesto il rinvio a giudizio, ha sollecitato il giudizio immediato. Il gup Giovanni Giorgianni ha accolto la richiesta e ha fissato l’udienza per il prossimo 17 febbraio. Per Monge il rinvio a giudizio è stato disposto con il rito ordinario. Il processo si svolgerà davanti ai giudici della seconda sezione penale, quindi in maniera parallela al maxiprocesso (già in corso) su Mafia capitale. R.V. Roberto Buonasorte Capo Redattore Igor Traboni Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Giovedì 12 novembre 2015 ATTUALITA’ DALLA CONSULTA ARRIVA UN’ALTRA BOCCIATURA, STAVOLTA PARZIALE, DELLA DISCUSSA LEGGE 40 Fecondazione assistita, selezionare embrioni per evitare malattie genetiche non è reato Resta il divieto della soppressione dei feti, l’ultimo paletto da abbattere per sopperire alle carenze di questa norma di Marco Zappa econdazione assistita, arriva un’altra parziale bocciatura per la Legge 40. La Corte Costituzionale lo mette nero su bianco: selezionare embrioni per evitare malattie genetiche non è reato. I giudici della Consulta, attraverso una sentenza che farà parlare a lungo di sé, hanno messo ancora un timbro importante su una vicenda che tiene banco da anni. Dichiarando illegittimo l’articolo della discussa norma in cui si contempla, “come ipotesi di reato”, la pratica di non impiantare embrioni affetti da malattie trasmissibili e nello specifico le patologie rispondenti ai criteri di gravità previsti dalla legge 194 sull’aborto. Ritenendo dunque fondata una delle questioni sollevate dal tribunale di Napoli in merito a un verdetto emesso dalla stessa Corte nei mesi scorsi, in cui è stata “cassata” la Legge 40 nella parte in cui non consentiva il ricorso alle tecniche di procreazione assistita a quelle coppie fertili portatrici, però, di malattie genetiche. Un dispositivo importante con i magistrati che hanno giudicato “non fondata” la questione relativa alla F soppressione degli embrioni. La norma vieta e sanziona penalmente questa condotta, pure se riferita agli embrioni che, a seguito di diagnosi preimpianto, risultano affetti da grave malattia genetica. Ci sono voluti oltre dieci anni di ricorsi ai tribunali, di bocciature e riscritture, ma dalla sentenza “sto- rica” del giugno 2014 da parte della Consulta, che ha dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa (smantellando di fatto l’ultimo pezzetto di puzzle rimasto intatto della legge 40), il vento sembra essere cambiato. Resta il rammarico per una norma davvero assurda che per anni ha costretto, chi poteva economicamente permetterselo, a viaggi oltreconfine per aggirarne i divieti. Con donne “obbligate” a sottoporsi a interventi invasivi per via del paradossale veto relativo alla produzione di più di tre embrioni. Paletti su paletti, praticamente cascati uno dopo l’altro. Ne resta uno, davvero fondamentale e immotivato. Quello appunto riguardante il divieto di diagnosi preimpianto (già bocciato recentemente dai giudici), che ha visto tantissime coppie costrette a ricorrere all’aborto per malformazioni del feto. Serve dunque un’ultima, importante e immutabile modifica per sopperire alle carenze della Legge 40, che continua a far discutere. Tempo al tempo. Da parte della Consulta è arrivata ancora una bocciatura, non definitiva. Ma comunque significativa. NUOVO PIANO INDUSTRIALE: OLTRE 540 RINUNCE IN PIÙ RISPETTO A QUELLE CONCORDATE NEL 2014 CON I SINDACATI. PAGANO I DIPENDENTI Le sforbiciate di UniCredit: 6.900 tagli in Italia Prevista anche la chiusura di ottocento filiali tra il Belpaese, Germania e Austria n bagno di sangue. Il nuovo piano industriale di UniCredit al 2018 varato dal consiglio d’amministrazione prevede 18.200 tagli al personale contro gli 8.500 ipotizzati nei mesi scorsi. E la chiusura di 800 filiali in Germania, Austria e Italia. Con gli esuberi che nel nostro paese riguarderanno 6.900 lavoratori: 5.800 nella banca commerciale e 1.100 nel corporate. Ben 540 dipendenti in più, per la maggior parte dirigenti, rispetto U a quelli concordati nel marzo 2014 tra i sindacati e lo storico gruppo con un prospetto che prevedeva 5.100 allontanamenti (di cui 2.400 già avvenuti e altri 2.700 da effettuare). Un numero spropositato che se così fosse violerebbe la parola data e romperebbe gli accordi raggiunti in passato. Con promesse non mantenute e strette di mano venute meno. Con le riduzioni di personale, che comunque dovrebbero costare oltre 1 miliardo, l’istituto otterrà un contenimento dei costi per 1,6 miliardi di euro e punta a rilanciare così la redditività, con un obiettivo di utile netto a fine piano di 5,3 mld. Anche sulla pelle dei lavoratori. “Abbiamo approvato un progetto rigoroso, serio – le parole dell’amministratore delegato dell’istituto Federico Ghizzoni – soprattutto realistico. Perché si basa su azioni che dipendono dalle nostre scelte manageriali”. Sforbiciate continue e infinite. Dal 2008 sono oltre 47.000 i posti persi dai dipendenti. Lo scorso marzo Ghizzoni aveva ipotizzato un taglio di personale di 8.500 unità per tutto il gruppo, non solo nel nostro paese. Un dato che è dunque più che raddoppiato e che dimostra come la matematica per qualcuno sia ancora una opinione. Intanto l’utile netto dei primi nove mesi del 2015 è sceso a 1,541 mld (-16,1%). E nel solo terzo trimestre a 507 milioni (-29,8%). Un calo significativo, evidente, rispetto allo stesso periodo del 2014. Ma comunque inferiore alle attese degli analisti visto che sul dato pesano pure i 400 milioni di componenti straordinarie relative a nuovi oneri sistemici. Tra chiusura di filiali e tagli di oltre 18.000 posti (che include la ridu- zione di 6.000 lavoratori relativi alla cessione della controllata in Ucraina e alla joint venture tra Pioneer e Santander), UniCredit volta pagina. Con un piano sì ambizioso, ma allo stesso tempo doM.Z. loroso. LE PERPLESSITÀ DI MARONI SUGLI ANNUNCI (PARZIALI) DEL PREMIER RENZI Anche il dopo-Expo nasce tra i dubbi Expo? Una rampa di lancio, senza dubbio. Per le eccellenze italiane lo è stata nella parte iniziale. Per cavallette ed altre prelibatezze che l’Ue, in una salda alleanza con i radical chic terzomondisti e l’Oms, vuol rifilarci lo è stata nella parte finale. E nel post-mortem lo è per le balle, forse spaziali, sicuramente tecnologiche. Chiedere al “propulsore” Matteo Renzi. Vuol farne lo “Humane Technopole 2040”, a dispetto del suo inglese (e non sappiamo se si debba dire, almeno, duemilaquaranta o ci si debba pure sforzare a far sfoggio di un twentyforty, tanto per abolire direttamente L’ l’italiano dal futuro di Rho-Pero). Vaneggiando di milioni da investire. Al che c’è un governatore, leghista un po’ sui generis, che alza la manina e chiede: posso intervenire? È Roberto Maroni. Che solleva qualche umile obiezione, avendo la Lombardia appena schivato gli effetti negativi di quello che, a tutti gli effetti, ormai suona come un flop, per quanto mascherato. Sul territorio le buone ricadute l’esposizione universale le ha anche avute, ma il presidente della regione Lombardia adesso ci va coi piedi di piombo. “Chi deve governare il dopo Expo? Io sono per il gioco di squadra. Chi governa il dopo Expo deve essere una squadra, formata da Regione Lombardia, Comune di Milano e Governo. Intanto spero che il Governo entri in Arexpo, spero che decidano già venerdì (domani per chi legge, ndr). Poi per la figura apicale io ho già detto che voglio un super manager”. Non Giuseppe Sala, che da uomo di fiducia della Moratti è tentato di diventare l’aspirante sindaco milanese per conto Renzi. Maroni, che nel verde leghista veste una delle tonalità più sbiadite presenti nel pantone in possesso del leader Salvini, accenna appena a questa triste circostanza. “Non è un mistero che avessi chiesto diversi mesi fa a Beppe Sala di continuare l’esperienza fatta come commissario Expo, gestendo anche il dopo Expo ma lui mi ha risposto che aveva altri programmi. Comunque io voglio una figura come la sua, un super manager che abbia il suo profilo, indipendentemente dal colore politico”. Il colore politico interessa poco. Quello dei soldi pure: basta però che ci siano, avverte Maroni. Che si dice rassicurato dal fatto che il governo non sta comunue lavorando solo al Tecnopolo, ma si punta sul naso gli occhiali colorati per vederci chiaro. confermerà che quello. Perché dice il gover- natore, per per il progetto complessivo “non bastano i soldi” annunciati dal premier. “Mi restano due dubbi. Il primo è che 150 milioni all’anno sono per l’Istituto italiano di tecnologia di Genova. Voglio capire se ci sarà l’intervento di Cassa depositi e prestiti. Il se- condo è che se Iit viene a Milano a dire alle nostre università come si fa ricerca, questo no”. Questione poi corretta in corso d’opera dai galoppini governativi. Fatto sta che il nodo del dopoExpo resta ancora tutto da scioR.V. gliere. 4 Giovedì 12 novembre 2015 ATTUALITA’ NEL MIRINO DELLA PROCURA DI ROMA: AVREBBE RUBATO E RICICLATO I SOLDI DESTINATI ALLA CARITÀ Indagato l’Abate emerito di Montecassino Il monaco, ora “in congedo”, si sarebbe avvalso dell’aiuto del fratello, intermediario finanziario UN ANNO FA L’ACCORPAMENTO CON SORA E intanto Papa Francesco ha “tagliato” anche la diocesi sattamente da un anno (ottobre 2014) Montecassino non è più Diocesi, ma è stata di fatto inglobata a quella di Sora. Un provvedimento che in qualche modo, almeno nominalmente, si ricollega proprio a dom Vittorelli: nel nominare il nuovo abate Donato Ogliari, al posto di dom Pietro Vittorelli, Papa Francesco ha infatti deciso - in graduale applicazione di un motu proprio di Paolo VI che recepiva le indicazioni del Concilio Vaticano II una "nuova configurazione territoriale della circoscrizione ecclesiastica" dell'abbazia. E così Montecassino ha perso la cosiddetta potestà diocesana, con il trasferimento di tutte e 53 le parrocchie, fedeli, clero e seminaristi sotto la giurisdizione della diocesi di Sora-Aquino-Pontecorvo, divenuta ora Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, guidata da monsignor Gerardo Antonazzo, pugliese, che risiede però a Sora e non nella più E di Marco Zappa opo i casi di pedofilia, le indagini, le inchieste e gli arresti sulla presunta fuga di notizie con i “corvi” accusati di infestare le sacre mura, le carte sullo Ior e quelle case per saune, hotel e centri di massaggi, un altro scandalo giudiziario scuote il Vaticano e la chiesa cattolica. E racconta di denaro destinato a finalità di culto e a opere caritatevoli che secondo D la procura di Roma, sarebbe finito nelle tasche dell’Abate emerito di Montecassino Pietro Vittorelli. Per questo motivo la Guardia di Finanza gli ha sequestrato– su disposizione del gip Vilma Passamonti - più di 500 mila euro. La somma di cui il prelato si sarebbe impossessato prelevandola dai conti dell’abbazia – ritenuta una delle più ricche d’Italia – ai quali, secondo i pm capitolini, Vittorelli aveva accesso illimitato. Soldi che “Sua Eccellenza” avrebbe riciclato in varie tranche attraverso i conti gestiti dal fratello Massimo (anche lui indagato), intermediario finanziario. Con i “piccioli” che poi sarebbero tornati nella disponibilità del religioso benedettino. Appropriazione indebita e truffa, queste le gravissime ipotesi di reato. Pietro Vittorelli (53 anni) fu nominato 191° abate dell’Abbazia da Papa Ratzinger nel 2007 e, proprio come Benedetto XVI, nel 2013 fu costretto a lasciare l’incarico per motivi di salute. Nel 2012 venne colpito da una grave crisi cardiaca che gli comportò anche una lunga degenza e terapia riabilitativa e quindi la richiesta di un lungo periodo di riposo e cure. Dai veleni del Vaticano, tra immobili usati come centri a luci rosse grande Cassino. Una diocesi che ora abbraccia gran parte della provincia di Frosinone (dove insistono anche le diocesi del Capoluogo ciociaro e quella di Anagni-Alatri), con 235 mila abitanti, 60 Comuni (alcun anche in provincia dell’Aquila) e 144 parrocchie. Un provvedimento che un anno fa destò proteste soprattutto tra i fedeli del Cassinate, ma neanche poi così vibrate come si poteva immaginare. "Per il bene della vita religiosa – aveva detto un anno fa il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, a spegnere quelle polemiche - il Concilio ha voluto che l'abate non dovesse fare il vescovo e potesse pertanto occuparsi dell'abbazia. Queste indicazioni sono state poi riprese da Paolo VI nel motu proprio Catholica Ecclesia" del 1976. In Italia, tuttavia, a causa di "accordi concordatari e tradizione", questa novità è stata "apIg.Tr. plicata gradualmente". con affitti a prezzi di favore concessi a personaggi amici della Curia, con migliaia di nomi eccellenti annotati negli elenchi trafugati dai corvi, ai soldi destinati alla carità – per la procura di Roma - “rubati e riciclati da Vittorelli”. ECCO CHI È PIETRO VITTORELLI: LA LAUREA IN MEDICINA, I PRETI SPOSTATI, IL RIFUGIO CONCESSO A MARRAZZO Dalla vocazione tardiva alle amicizie politiche fino alle dimissioni: l’intensa vita del “dom” asta un rapido giro di telefonate e scambi di mail altrettanto veloci con amici di Cassino, “di Chiesa” e no, per avere il responso pressoché unanime: ce lo aspettavamo. Insomma, nella cittadina ai piedi dell’Abbazia, in tanti davano per scontato che prima o poi Pietro Vittorelli sarebbe tornato agli onori delle cronache non propriamente ecclesiastiche. Cronache, queste ultime, che invece lo avevano visto protagonista nell’ottobre del 2007, quando il capitolo dell’Abbazia a lo elegge Abate, il 191° della storia a partire da Benedetto da Norcia. Una ‘carriera ecclesiastica’ relativamente fulminea quella di Vittorelli: nato nel vicino paese di San Vittore del Lazio, era entrato come postulante (sorprendendo i tanti che non avevano intravisto tracce di vocazione nella sua vita fino ad allora abbastanza brillante) a Montecassino a 27 anni, dopo una laurea in Medicina, con tanto di iscrizione all’Albo provinciale dei medici chirurghi e la nomina, nel 2003 da parte della Regione Lazio, a membro del comitato provinciale di bioe- B tica dell'Asl di Frosinone. Vittorelli raccoglie un’eredità non facile, dovendo succedere a don Bernardo D’Onorio, nel frattempo – anche in quel caso un po’ a sorpresa – spostato nella vicina e meno imporrtante diocesi di Gaeta. L’inizio del giovane dom (è l’appellativo riservato ai monaci benedettini, da ‘dominus’, diversamente dal ‘don’ dei preti diocesani) è caratterizzato da una serie di iniziative che fanno parlare, allora in positivo. Come quella di una sorta di richiesta “di mobilità” ai parroci della sua Diocesi perché non restino attaccati ad un posto. Il trascorrere degli anni, però, inizia a far serpeggiare un po’ di malumore nei fedeli, tra alcuni dei suoi stessi preti, soprattutto in relazione a ‘mezze voci’ sull’amministrazione dei tanti beni dell’Abbazia, mentre i cronisti locali notano – e annotano – le frequentazioni mondane dell’Abate e quelle più prettamente politiche, in una terra ancora fortemente ancorata al post-Dc, poi tradotta nel nascente Pd, e che qui trova spazio soprattutto nell’eterna diatriba tra Francesco Scalia, Dom Vittorelli con John e Alan Elkann oggi senatore e già presidente della provincia di Frosinone, e Francesco De Angelis, già eurodeputato, ma entrambi frequentati dall’Abate. A Cassino è anche tutto un rincorrersi di indiscrezioni circa l’impegno pre-elettorale di Vittorelli, nelle varie competizioni locali amministrative fino alle Regionali, per questo o quel candidato di centro-sinistra. A Montecassino, intanto, salgono un po’ tutti, a quanto pare attratti anche dalla figura di questi giovane Abate: Papa Ratzinger lo fa per alcune giornate di full immersion nella cultura monastica del ‘suo’ Benedetto.. E a Montecassino, il Papa emerito sarebbe voluto tornare dopo l’elezione di Bergoglio, come rivelato a suo tempo dal Giornale d’Italia, sconsigliato però e alla fine convinto soprattutto dal protocollo vaticano. Dal sacro al profano, a Montecassino – presente ancora dom Vittorelli - salì e restò diverse settimane Piero Marrazzo, appena finito nella bufera dello scandalo trans e dimessosi da presidente della Regione Lazio. Qualche mese dopo (novembre 2013), intervistato su Rai Uno da Mara Venier, è Mar- razzo a raccontare di quel suo ritiro in una cella dell’Abbazia, ringraziando “l’amico Vittorelli per la vicinanza” e consegnandogli una lettera ‘di pentimento’ da recapitare ai vertici romani della Chiesa Ma intanto, nel giugno 2013 Papa Francesco aveva accettato la rinuncia al governo pastorale dell'Abbazia, presentata dal Padre Abate , intenzionato a dedicarsi “alla piena riabilitazione del mio stato di salute”, dopo che un anno prima era stato colpito da un serio problema cardiaco. Un anno di ‘indulto e di esclaustrazione’, lo definisce la Chiesa, terminato il quale (giugno 2014) in realtà Vittoreli non torna monaco, ma neppure scioglie i voti: la Chiesa dà facolta di altri due anni ‘di congedo’, al termine dei quali però non c’è alternativa: o dentro o fuori. Periodo che scadrà a giugno 2016 per la scelta definitiva, ma che questo evento giudiziario potrebbe ora accelerare. Nel frattempo, ha fato rumore la ricomparsa, poco più di un mese fa, di Vittorelli – a tutti gli effetti ancora dom perché ‘Abate emerito’ – come relatore ad un convegno organizzato a Fiuggi da Forza Italia sul tema "Le radici cristiane dell'Europa". Ma già un paio di volte prima era stato notato in pubblico, compresa una cena tra imprenditori, ex politici e aspiranti politici a Casalvieri, sempre in Ciociaria. Anche in quell’occasione dom Vittorelli ha rassicurato tutte sulla sue condizioni di salute, ma senza aggiungere una parola sul suo ‘futuro’ ecclesiastico. Figuriamoci far balenare qualcosa sul terremoto giudiziario che stava per scoppiare. Igor Traboni 5 Giovedì 12 novembre 2015 ESTERI MENTRE LA SLOVENIA ALZA L’ENNESIMO MURO, È PARTITO IL VERTICE DI MALTA L’Europa vacilla sotto la pressione dei migranti L’accoglienza diventa un rompicapo per la Merkel. Ennesimo naufragio in Turchia: 14 i morti L’INCHIESTA di Robert Vignola orti e fili spinati, con lo sfondo assai inquietante di una crisi politica che rischia di travolgere addirittura Angela Merkel su questo delicato tema. Il vertice di due giorni iniziato ieri a Malta tra governi europei e africani sui migranti non si è certo aperto sotto i migliori auspici Renzi parla di giusta occasione per l’Italia per “ritrovare il proprio ruolo nel Mediterraneo”, ma la verità è che dopo anni passati a imbarcare immigrati il ruolo del nostro Paese è davvero diventato marginale. Tutto ruota una volta di più attorno alla Germania. Con la sua decisione di revocare la sospensione al Trattato di Dublino, la Merkel ha probabilmente cercato di uscire dall’impasse nella quale è caduto. Ma la natura della maggioranza che la sostiene, la collaudatissima Grosse Koalition, rischia davvero di crearle problemi non più riducibili. La bavarese Csu, il partito-gemello della Cdu della Cancelliera, vorrebbe la chiusura totale davanti all’enorme massa affluita attraverso i confini nelle ultime settimane. Gioca una sponda fondamentale in tal senso il potente ministro delle Finanze, Wolfgang Shchaeble. La Spd, invece, punta i piedi dall’altra parte e incoraggia l’accoglienza indiscriminata, mettendo anche in discussione quei centri di identificazione che il governo tedesco vorrebbe varare per porre un freno all’invasione (osteggiata da manifestazioni di piazza sempre più partecipate) e respingere i migranti economici, quantificati in almeno un terzo di coloro che arrivano Dieselgate: fari puntati anche su marchi italiani M in Germania. Trovare il giusto mezzo è pressoché impossibile, al momento si inseguono soluzioni parziali: come quella di rispedire ai mittenti, cioè ai Paesi europei di primo arrivo, quanti hanno presentato domanda d’asilo dopo il 21 ottobre. E da questa misura è stata però esclusa la Grecia. Indovini l’ottimista Renzi, allora, a chi toccherà raccattare la massa che sarà considerata “in più” da Berlino. Lo ha già capito l’Ungheria, che al governo ha un pessimista (verso le scelte europee) come Orbàn. Pare averlo compreso pure la Slovenia, cui forse l’Italia deve un ringraziamento per quel muro di filo spinato che sta erigendo al suo confine con la Croazia. Per averlo fatto per primo, il governo magiaro si è dovuto sorbire l’indignazione a comando delle grandi testate continentali, assolute portatrici del pensiero unico e del politicamente corretto. Poi però è stato imitato dai suoi vicini, ultima in ordine di tempo Lubiana. La convinzione che serpeggia è che tra le ragioni di questa decisione ci sia anche il timore che a un certo punto l’Austria o la Germania possano limitare sensibilmente il numero dei migranti che sono disposte ad accogliere, o addirittura disporre la chiusura dei propri confini, e che la Slovenia vuole assicurarsi di essere in grado di fare lo stesso. Non accadesse, per il confinante Friuli-Venezia Giulia sarebbe l’assalto. Intanto il flusso sulla rotta balcanica non s’interrompe e continua lo stillicidio di notizie su morti e naufragi. Un’imbarcazione che cercava di raggiungere l’isola greca di Lesbo si è rovesciata: a bordo c’erano quaranta immigrati, 27 dei quali salvati da un natante della guardia costiera turca. Ben 14 invece i morti recuperati, di cui sette bambini. L’imbarcazione era partita dalla provincia turca di Canakkale: ha iniziato a incamerare acqua poco dopo la partenza, ma gli occupanti hanno deciso di proseguire fino a quando non è avvenuto il rovesciamento al largo di Ayvacik. O cchio al tubo di scappamento: il Dieselgate potrebbe avere dimensioni ancora più grandi di quelle accertate sinora. Non solo Volkswagen, ma anche altre imprese automobilistiche avrebbero infatti violato i valori delle emissioni Co2: è quanto ha rivelato l’ufficio federale tedesco per la motorizzazione (Kba), riferendo di test eseguiti su veicoli di altre case produttrici. L’ente non ha ancora divulgato i nomi delle ditte. Dall'esplosione del dieselgate, il Kba sta verificando le emissioni di circa 50 modelli di diverse case automobilistiche: fra le altre Bmw, Ford, Mercedes-Benz, Alfa Romeo, Dacia, Hyundai e Mazda. TEL AVIV SI SCAGLIA CONTRO LA DECISIONE DI TRACCIARE ANCHE I PRODOTTI DELLE COLONIE NEI TERRITORI OCCUPATI Ue-Israele: rissa per questioni di etichetta E tichette: valgono per tutti? Sì. Ma rischiano di diventare un assist per discriminazioni? Pure. Della seconda parte del ragionamento sono convinte le autorità israeliane: che però cozzano con la prima parte del ragionamento, che rappresenta un caposaldo delle leggi europee a difesa delle popolazioni (caposaldo, peraltro, da rinforzare visto che l’obbligo è aggirato da alcune grandi imprese a danno, guarda caso, dei prodotti made in Italy). Fatto sta che la questione ha sollevato un burrascoso incidente diplomatico. All’origine c’è la decisione di Bruxelles di contrassegnare in modo specifico i prodotti che provengono dalle colonie ebraiche nei Territori occupati: Israele s’è infuriata, minacciando “implicazioni” nei rapporti con l’ue e arrivando addirittura a convocarne l’ambasciatore. “Ci rammarichiamo che l'ue abbia scelto, per ragioni politiche, di compiere un passo così discriminatorio ed eccezionale, ispirato dai movimenti di boicottaggio, specialmente in un momento in cui Israele sta affrontando un’ondata di terrorismo contro i suoi cittadini”, ha messo nero su bianco il ministero degli Esteri israeliano. Si tratta di “una questione tecnica e non politica”, ha replicato il commissario europeo per l’euro,Valdis Dombrovskis, aggiungendo che “l’ue non sostiene in alcun modo boicottaggi o sanzioni verso Israele”. La decisione della Commissione europea si inquadra nel principio di armonizzazione normativa europea, ha spiegato Dombrovskis, sottolineando che le regole esistenti prevedono l’obbligo di indicazione d’origine per il cibo. A dimostrazione che non si tratta di un’istigazione al boicottaggio, ha proseguito il commissario, vi è il non mutato trattamento delle merci made in Israel che continueranno a godere di tariffe agevolate in base all’accordo di associazione. Del resto, già Gran Bretagna, Belgio e Danimarca hanno adottato un’etichettatura ad hoc per i prodotti delle colonie. E ancora, a sollecitare l’apposizione del marchio anche ai prodotti provenienti dagli insediamenti ebraici erano stati, ad aprile, 16 paesi membri fra cui l’Italia. Il provvedimento è stato d’altronde soltanto abbozzato: e nella prima fase riguarderà il settore alimentare e altre industrie. Di che fetta di mercato si parla? Presto detto: le stile parlano di prodotti per 50 milioni di dollari l’anno, cifra irrisoria rispetto ai circa 30 miliardi annuali di esportazioni di beni e servizi da Israele verso l’unione Europea. Ma rassicurazioni e trattamenti di favore ad Israele non bastano. Il ministero degli Esteri dello Stato ebraico parla di scelta che “rafforzerà gli elementi radicali che negano il diritto di esistere d’Israele” ed è intervenuto persino il ministro della Giustizia israeliano, Ayelet Shaked, accusando di ipocrisia gli europei. R.V. 6 Giovedì 12 novembre 2015 ESTERI AL VIA LA LUNGA CAMPAGNA ELETTORALE PER IL BALLOTTAGGIO TRA SCIOLI E MACRI Per l’Argentina è il momento della scelta Una sfida tra “italiani” dall’esito quanto mai incerto, dopo le sorprese del primo turno di Igor Traboni i avvicina il ‘giorno del giudizio’ per l’Argentina e proprio in queste ultime ore, in vista dell’appuntamento per il ballottaggio delle presidenziali fissato per il 22 novembre prossimo, è di fatto ricominciata la sfida tra Daniel Scioli, candidato più vicino alla Kirchner e il conservatore Mauricio Macri, entrambi di chiare origini italiane. Una sfida soprattutto mediatica, per cercare di convincere gli argentini ad andare alle urne e poi credere nella bontà dell’uno o dell’altro programma di governo. "So che alcuni sono arrabbiati. Ma non credo che siano arrabbiati per l'indennità universale per i loro figli, né per i quaderni che ogni studente riceve nelle scuole, ne'' per le case del Pro.cre.ar o per aver recuperato la Ypf (la compagnia petrolifera tornata di recente statale)" ha affermato ad esempio Scioli in uno dei tanti spot pubblicitari. Uno spot, secondo alcuni osservatori la cui analisi è stata ripresa in Italia dall’agenzia Dire-Misna, che ha riportato alla mente quello utilizzato da Carlos Menem una dozzina di anni fa, durante la sua campagna per le elezioni del 2003, in cui finì per ritirarsi a favore di CONTRARI I RIVOLUZIONARI FARC Colombia: non decolla il negoziato per la pace S a meno innocua e la meno propizia fra tutte le iniziative che, in materia di pace, transitano al Congresso: così le Forze armate rivoluzionarie della Colombia, le terribili Farc, hanno definito il cosiddetto ''referendum della pace'', la consultazione popolare che il parlamento discute, su proposta del governo. In una nota emessa dall'Avana, sede del negoziato di pace con l'esecutivo del presidente Juan Manuel Santos, e ripresa dall’agenzia Dire, l'iniziativa del governo è giudicata "strana ed esotica": la guerriglia ritiene che non otterrà l'obiettivo di raccogliere il beneplacito della popolazione colombiana sull'accordo finale per mettere fine a oltre mezzo secolo di guerra interna, atteso nei prossimi mesi. L Nestor Kirchner. E Macrì non resta certo a guardare ma, dal canto suo, ha voluto condividere gli spazi con María Eugenia Vidal, governatrice eletta della provincia di Buenos Aires: un nome che si è così pian piano consolidato fra quelli più forti nell'alleanza di opposizione Cambiemos, dopo aver sconfitto il ''kirchnerismo'' nel prin- cipale distretto elettorale del paese. La campagna elettorale in Argentina andrà avanti fino all'inizio del silenzio pre-elettorale, fissato per venerdì 20 novembre. Nel primo turno del 25 ottobre, Macri e Scioli sono per l’appunto arrivati al ballottaggio e, un po’ a sorpresa rispetto alle previsioni della vigilia, il candidato del governo aveva ottenuto soltanto due punti percentuali e mezzo in più sul rivale, aprendo la strada al primo ballottaggio di sempre per le presidenziali nella storia del paese latino-americano. Quel ballottaggio che invece Pur riconoscendo il valore del referendum come mezzo per la partecipazione popolare, i ribelli lo interpretano come "uno strumento che meramente si limita ad accettare o respingere una politica ufficiale" e, in ultima analisi, "tempo sprecato". Sta di fatto che Santos appare del tutto deciso a sollecitare i presidenti di Camera e Senato affinché il disegno di legge proceda celermente. era stato solo sfiorato in occasione del duello fra Menem e Kirchner, in cui il primo si fece poi da parte, prevedendo – almeno in base a tutti i sondaggi effettuati tra gli argentini – una pesante sconfitta. ITALIA ESCLUSA DA AFFARI PER 5 MILIARDI DI DOLLARI L’India mette a posto le ferrovie affidandosi a francesi e americani a compagnia francese Alstom ha ottenuto un contratto del valore di ben 2,8 miliardi di dollari da parte del governo indiano per interventi di miglioramento nella disastrata ed obsoleta rete ferroviaria interna del Paese asiatico. Secondo la stampa indiana, che ha ripreso e diffuso la notizia, nel piano di riammodernamento ferroviario rientra anche la costruzione di un polo industriale nello stato orientale di Bihar, e la fornitura di 800 locomotive per il trasporto di merci pesanti. Il progetto varato intende modernizzare la rete di strada ferrata risalente oramai all’epoca del colonialismo britannico, e che risulta fondamentale per la mobilità di uno degli Stati più vasti e popolosi al mondo. La statunitense General Electrics L ha invece ottenuto l'appalto del governo per la fornitura di mille locomotive diesel, per un totale di 2,6 miliardi di dollari, da consegnare nell'arco di 11 anni. Questo significherà per l'India "un enorme balzo in avanti", secondo le parole del Primo ministro Narendra Modi, che ha inoltre assicurato che le nuove locomotive "permetteranno un enorme risparmio in carburante" e presenteranno "le più avanzate tecnologie". Il governo ha inoltre permesso agli investitori stranieri di entrare nel settore delle ferrovie al 100%. La firma dei contratti avverrà entro la fine del mese. E l’Italia? Esclusa da questa grossa opportunità imprenditoriale. Evidentemente per gli indiani restiamo quelli da sbertucciare con la vicenda dei Marò. 7 Giovedì 12 novembre 2015 STORIA “GL'ITALIANI ERANO PORTATI A DIMINUIRE IL LORO PASSATO ED IL LORO PRESENTE E AD ELEVARE NEL CIELO DEI MITI OGNI MEDIOCRE VALORE DEGLI STRANIERI” Fascismo e orgoglio patrio “Guardare la nostra storia per cercarvi tutto il più alto valore spirituale da affermare di fronte a noi stessi come la testimonianza del nostro dovere, e di fronte al mondo come la testimonianza del nostro diritto” di Emma Moriconi N ella scorsa puntata avevamo cominciato a parlare di orgoglio nazionale. Siamo sempre sul testo di Balbino Giuliano, che è in questi giorni al centro della nostra analisi perché fornisce spunti di riflessione interessanti anche perché venne pubblicato nel 1932, e dunque si tratta di uno spicchio di quell'epoca, rende perfettamente quella atmosfera e, soprattutto - come dicevamo ieri -, non è inficiato dalle vicende successive: è una fotografia, in sintesi, di quel momento preciso. Non può non appassionarci. Vediamo cosa scrive Giuliano: "Per compiere l'opera bisognava educare gl'Italiani alla consapevolezza chiara e sicura di questo intimo amor di devozione, che era sorto nella coscienza della nazione: bisognava esaltare negl'Italiani la consapevolezza del valore della loro tradizione nazionale, e non solo nella ebbrezza degli entusiasmi, ma anche nella sua razionalità concreta. Non si vuol dire certo che negl'Italiani, prima del Fascismo, mancasse l'amore della Patria, ma troppo spesso, come nelle competizioni politiche così anche nelle questioni colturali, l'amore di Patria era viziato da uno strano bisogno di umiltà, per cui gl'Italiani erano portati a diminuire il loro passato ed il loro presente e ad elevare nel cielo dei miti ogni mediocre valore degli stranieri. Questo abito mentale era così radicato, che ancora oggi noi possiamo trovare degl'Italiani che hanno quasi uno strano timore di passare per arretrati mostrando un sentimento d'orgoglio cos' della gloria d'un tempo come del presente progresso. Il Fascismo ha subito cominciato a dissipare questi timori e questi miti fatti di snobismo sciocco, e bisogna proseguire ancora quest'opera di rieducazione. Dobbiamo con antica signorilità latina ammirare ciò che gli altri popoli hanno fatto di grande ma dobbiamo guardare la nostra storia passata e presente per cercarvi tutto il più alto valore spirituale da affermare di fronte a noi stessi come la testimonianza del nostro dovere, e di fronte al mondo come la testimonianza del nostro diritto". Ciò che scrive Giuliano è estremamente interessante. E, oltretutto, incredibilmente attuale. Dopo il 1945 è arrivato, in Italia, il mito americano. Ed ecco che ormai da settant'anni non si fa che emularlo. Tutto ciò che ha un suono anglofono sembra più accattivante, vuoi mettere "week-end", invece che "fine settimana"? e vuoi mettere il panino di Mc Donald's invece che l'osteria? Ciò che è ame- ricaneggiante "è figo", ciò che è italiano "è burino". Meglio le patatine fritte e la coca cola della porchetta di Ariccia con un buon bicchiere di rosso. Meglio un "Big Mc" di un panino con la mortadella. Natu- ralmente la valutazione che il cibo italiano è il migliore del mondo (e gli aspetti legati alla salute, oltre quelli culturali e legati alle tradizioni, non sono certo secondari) passa in secondo piano rispetto a ciò che "va di moda". E insieme all'alimentazione c'è la lingua italiana, che sembra una cosa brutta al punto che si sa benissimo come si scrive "greetings" ma si sbagliano i congiuntivi con la frequenza del battito cardiaco. A seguire c'è l'abbigliamento, ci sono gli accessori, i film, le serie TV, i libri, eccetera eccetera eccetera. Ora, c'è da dire che gli americani alcune cosine sanno farle decisamente meglio di noi. È incredibile come nel cinema, per esempio, siano molti piani sopra di noi, pur essendo, noi, quelli che hanno avuto Cinecittà. Cose che accadono quando invece di tenere preziosamente custoditi i beni che la storia ci ha lasciati, si permette che tutto venga deturpato e offeso. Su certe cose, però, sarebbero gli americani che dovrebbero imparare da noi, e non poco. Ecco, dice Balbino Giuliano: "Dobbiamo con antica signorilità latina ammirare ciò che gli altri popoli hanno fatto di grande, ma dobbiamo guardare la nostra storia passata e presente per cercarvi tutto il più alto valore spirituale da affermare di fronte a noi stessi come la testimonianza del nostro dovere, e di fronte al mondo come la testimo- nianza del nostro diritto". In queste tre righe sono contenuti molti concetti interessanti: apprezzare gli altri per ciò che hanno fatto di grande, ma non dimenticare che la nostra storia è ricchissima di grandezza, e non vale certo di meno, anzi. Questa sudditanza psicologica, che Giuliano rileva nel suo scritto relativamente al periodo antecedente l'affermazione del Fascismo, esiste anche oggi. Spesso è inconsapevole, è una tendenza quasi automatica. Eppure una riflessione in tal senso andrebbe fatta, anche perché ci consentirebbe forse di ritrovare quella dignità nazionale e quel senso di orgoglio che è evaporato nel corso del tempo. Sperando sempre nei ricorsi della storia, non è escluso che possa tornare, e c'è da augurarselo. Ancora una riflessione di una certa rilevanza espressa da Giuliano è il voler ricondurre nell'ambito "interno" il concetto di dovere e in quello pubblico, invece, il concetto di "diritto". Non è cosa da poco, è orgoglio nazionale, per il quale i nostri doveri è necessario che siano riconosciuti da noi stessi, mentre i diritti sono quanto dobbiamo rivendicare nei confronti del resto del mondo, secondo il principio sacrosanto che gli Italiani devono essere uniti e solidali tra loro, consci dei propri doveri e del fatto che devono far valere i propri diritti. Questo voler porre due piani per i due concetti, uno interno e l'altro esterno, è estremamente interessante. UN NUOVO LEGITTIMISMO FONDATO SULL'INTIMO CONSENSO SPIRITUALE DELLA NAZIONE ED UNA NUOVA FORZA CONSERVATRICE PRONTA AD OGNI ARDITO PROGRESSO Quando un Ministro di Dio benedisse i gagliardetti “Per questo santo fine non sdegnava affatto giovarsi del valore sacro, che discende dalla tradizione religiosa cattolica e trovare punti d'accordo concreti colla Chiesa” D opo queste considerazioni procediamo con la nostra lettura, ecco cosa scrive ancora Giuliano: "Per rinsaldare meglio le fondamenta dello Stato, il Governo ha cercato riconsacrare agli occhi della nazione tutti gl'istituti e valori tradizionali, che il processo critico aveva sconsacrato, e che possono ravvivare nell'anima umana il senso della società, e l'amore dei suoi santi ordinamenti. Ha cercato innanzitutto di rafforzare il culto della famiglia, il fondamentale istituto sociale, nel quale l'uomo trova l'ambiente in cui esplicare quell'intimo impulso d'amore e di dovere che è alla radice della sua coscienza ed è condizione prima al vivere civile. E non ha temuto affatto di restituire al popolo il senso religioso della vita. Prima ancora di giungere al potere, il Fascismo aveva apertamente affermato il più alto rispetto per la religione ed era anzi sceso in campo a difendere le cerimonie religiose dalle turpi offese della folla sovversiva. E giunto al potere ha cercato di fare dell'idea religiosa una forza di rigenerazione umana. Naturalmente, col senso storico che è proprio del pensiero italiano, ha immediatamente compreso che era vana la speranza di risvegliare nell'anima del nostro popolo il senso religioso della vita senza ricongiungersi alla tradizione religiosa cattolica, essenzialmente latina, rappresentante della più alta parola che sia mai scesa sulla terra. Ecco perché nel momento della lotta antibolscevica il Fascismo non solo aveva difeso le cerimonie religiose dagl'insulti sovversivi e aveva chiamato il Ministro di Dio a benedire i suoi gagliardetti, ma ora giunto al potere introduceva l'insegnamento religioso nelle scuole elementari e medie, e si accingeva decisamente a comporre il dissidio aperto fra lo Stato e la Chiesa il 20 settembre del 1870 coll'occupazione di Roma". Passaggio anche quest'ultimo molto interessante, che va a toccare uno degli argomenti che abbiamo spesso trattato: la spiritualità, la religione, cosa di non poco conto. E quanto scrive Giuliano non fa che fornire una conferma a ciò che abbiamo più volte ribadito sul tema. Quindi, avendo già diffusamente trattato l'argomento, procediamo: "L'Italia - dice ancora - per conquistare la sua libertà nazionale aveva dovuto fare non solo la guerra contro lo straniero, ma anche compiere un vero e proprio atto rivoluzionario. Aveva dovuto abbattere piccoli Stati in cui l'Italia era divisa ed aveva dovuto rivoltarsi contro l'antica concezione del legittimismo assolutistico su cui era fondato il loro diritto, rappresentato e difeso dall'Impero austriaco", e così di seguito illustra la situazione del nostro territorio, e una passeggiata nella storia non fa mai male. Tuttavia per quanto ci riguarda in questa sede sorvoleremo su questo riepilogo - che comunque Giuliano fa in maniera appropriata - circa il conflitto tra la Chiesa e l'Italia, per giungere a come il Fascismo riuscì a sanarlo: "Il Fascismo - scrive Giuliano - mirava e mira a creare un nuovo legittimismo fondato sull'intimo consenso spirituale della nazione ed una nuova forza conservatrice pronta ad ogni ardito progresso: ed ha mostrato che per questo santo fine non sdegnava affatto giovarsi del valore sacro, che discende dalla tradizione religiosa cattolica e trovare punti d'accordo concreti colla Chiesa". un ragionamento che proseguiremo nella puntata di domani. [email protected] 8 Giovedì 12 novembre 2015 DA ROMA E DAL LAZIO IL TAR DEL LAZIO BOCCIA IL DECRETO DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI Una figuraccia Scozzese per Renzi Il penultimo assessore al Bilancio di Marino fu nominato commissario al debito appena un mese dalle dimissioni. Tutto ebbe inizio nel 2010 n altro colpo da ko per Matteo Renzi. Il Tar del Lazio ha annullato il decreto della presidenza del consiglio dei ministri del 27 agosto 2015 con cui è stata nominata Sivia Scozzese a commissario straordinario per il Governo per la gestione del piano di Roma Capitale. L’ex assessore alle Finanze della giunta Marino, subentrata a Daniela Morgante, si era dimessa lo scorso luglio dopo un anno e tre mesi di mandato, in contrasto con l’ex sindaco che aveva annunciato, insieme ad Matteo Orfini, di aprire la tanto attesa fase due. Sostituita dal renziano Marco Causi, il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, la nominò commissario appena un mese dopo. Due settimane fa è stato dato il benservito a Ignazio Marino, ieri invece è arrivata la sentenza della magistratura amministrativa. L’annullamento del decreto è stato deciso dalla I sezione presieduta da Giulia Ferrari pronunciandosi su un ricorso presentato da Domenico Oriani contro il decreto del IL CROLLO U Villa San Pietro: un operaio è grave G Governo del 4 gennaio 2011, con il quale il Presidente del Consiglio dei Ministri aveva revocato la nomina dello stesso Oriani a Commissario del Governo per la gestione del piano di rientro del Comune di Roma, sostituendolo con il dottor Massimo Varazzani, nonché di ogni altro atto antecedente, contemporaneo, successivo e connesso. Contro tale atto Oriani aveva presentato ricorso al Tar, ricorso che era stato accolto. Tuttavia, poco dopo la pubblicazione di tale sentenza il decreto milleproroghe specificava i compiti del Commissario di Governo per Roma Capitale. Quindi “dopo aver dato atto del precedente decreto annullato da questo Tar, chiariva che doveva ritenersi conclusa la fase procedimentale per la quale si erano ritenute appropriate le qualità del dottor Oriani” disponendone la revoca. Tutto ha inizio con un ricorso presentato da Domenico Oriani, magistrato della Corte dei Conti, subentrato nel maggio 2010 all’allora sin- daco di Roma, Gianni Alemanno nella gestione commissariale, che impugnò il decreto con il quale il governo Berlusconi aveva poi affidato quell’incarico a Massimo Varazzani, il commissario governativo al debito del Comune di Roma accumulato fino al 2008. Correva l’anno 2010. L’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, affidò l’incarico di commissario a Varazzani, reduce dalla Cassa depositi e prestiti, revocando la nomina di Oriani. Nel gennaio 2015, però, Va- LA LEADER DI FDI PUNTA I PIEDI PER ROMA Meloni:“Marchini non è spendibile” iorgia Meloni ha le idee chiarissime. Non solo sul futuro del centrodestra, ma anche del Campidoglio. Chi vorrà avere Fratelli d’Italia, secondo i sondaggisti primo partito del centrodestra in città, al proprio fianco, non dovrà imporre nessuna candidatura per il futuro sindaco di Roma. Nemmeno Alfio Marchini, che “significa spaccare il centrodestra, perché FdI Marchini non lo può sostenere, per esempio”. E’ il minimo comune denominatore ribadito dalla leader di Fratelli d’Italia ai radiomicrofoni di Radio 24, che non si è nascosta dietro un dito: “Francamente mi è dispiaciuto” G ravissimo incidente all’ospedale Villa San Pietro a Roma dove ieri mattina è ceduto un muro in un’ala in ristrutturazione. Il crollo si è verificato intorno alle 9 nella zona del nosocomio di Roma Nord, chiusa al pubblico, in cui stavano lavorando cinque operai di una ditta appaltatrice, due dei quali sono rimasti feriti, uno in modo grave. Ad avere la peggio è stato un albanese, gravemente ferito, estratto da sotto l’impalcatura dai vigili del fuoco, sopraggiunti subito dopo insieme alla polizia. La corsa in sala operatoria dell’ospedale dove è stato sot- che Silvio Berlusconi abbia indicato Marchini come possibile candidato sindaco in una recente intervista a La Repubblica. “Io penso - ha aggiunto l’ex ministro della Gioventù, tra i nomi in lizza e con un alto gradimento nella Capitale - che il centrodestra non debba andare in ordine sparso a Roma quando si può vincere e restituire dignità a questa città, ma anche dare una spallata decisiva al governo nazionale”. Alla domanda se fosse lei la candidata al Campidoglio del centrodestra, Meloni ha risposto così: “Ma no, non si è ancora parlato realmente di cosa fare a Roma e neanche nelle altre im- portanti città in cui si vota”. Stuzzicata dal conduttore Giovanni Minoli sui sondaggi favorevoli a Marchini, Meloni ha tirato fuori il proprio carattere, negando di aver paura dell’imprenditore: “No, il tema non è che mi fa paura, il tema è che non penso sia un candidato spendibile per la nostra area politica, per chi vuole costruire una discontinuità”. E su un ipotetico appoggio dell’ingegnere ha detto: “Non mi aspetto di essere appoggiata da Marchini, soprattutto diciamo in un primo turno. Penso che Marchini non rinuncerà alla sua candidatura, indipendentemente da chi lo sostiene”. Sottolineando sulla confusione politica che ruota intorno all’imprenditore: “La cosa che non torna è che un giorno è sostenuto dal centrodestra, un giorno dal centrosinistra, un giorno dice che non vuole la politica, perché la sua candidatura è in campo indipendentemente da chi lo sostiene. Immagino che rimarrà in campo, ecco”. “La prima cosa che serve a Roma sia decoro e attenzione per le periferie”, ha concluso Meloni su eventuale suo impegno da sindaco. razzani viene rimosso dall’incarico da Matteo Renzi. Quindi il posto resta vacante fino allo scorso agosto quando il governo PdNcd-Sc nomina Silvia Scozzese “alla luce del fatto che la norma sulla base della quale era stato nominato, nel gennaio 2011, il Com- toposto a un delicato intervento chirurgico. C’è la massima riservatezza. Da quanto è trapelato, le condizioni dell’uomo sarebbero gravi. Ferito lievemente, per fortuna, l’altro operaio travolto dal crollo, un italiano di 56 anni, anche lui medicato nel medesimo nosocomio in cui è avvenuto l’incidente. Gli agenti di polizia del commissariato Ponte Milvio e gli ispettori del lavoro della Asl hanno effettuato i dovuti accertamenti di rito per ricostruire l’accaduto. Sono stati ascoltati i testimoni. Le indagini sono in corso per comprendere le cause del crollo. missario uscente, è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale”. Fino alla sentenza di ieri. La magistratura amministrativa getta il piano di rientro nel caos aprendo così una fase di stallo nel Comune di Roma. Giuseppe Sarra COMUNALI, STATO CONFUSIONALE NELLA NUOVA FORMAZIONE Sinistra italiana, è già divisa onfusione in Sinistra italiana, la nuova formazione che racchiude dalla componente di Stefano Fassina fino a Sel. In cui è emersa la litigiosità che ha sempre contraddistinto la sinistra, fortemente divisa sul futuro di Roma. In molti si interrogano quale sarebbe la strada migliore da intraprendere, almeno per tamponare l’emorragia elettorale, ampiamente prevista, dopo il fallimento di Ignazio Marino, criticato duramente da Sel, salvo poi tornare sui suoi passi proprio nelle fasi concitanti della sfiducia. C’è chi vorrebbe aprire gli orizzonti a un candidato sindaco addirittura del Movimento cinque C stelle, come proposto da Fassina. C’è chi, invece, non ne vuole sapere, manifestando la propria contrarietà a mezzo stampa, a partire da Zaccagnini (Sel), parlamentare vendoliano, bollando i 5 Stelle come un movimento ricco di destrosità, soprattutto nella Città Eterna. Un clima tutt’altro che sereno ed entusiasmante, malgrado Sinistra italiana sia ancora in una fase embrionale. Ci ha pensato Paolo Cento, segretario romano di Sel, a mettere altra carne sul fuoco. “Proponiamo al Movimento cinque stelle un patto preventivo per evitare che le destre vadano al governo”, ha chiarito durante la presentazione di “Roma Day”, la campagna d’ascolto promossa da Sel. Uno status confusionale che potrebbe contagiare anche la Regione Lazio, da via Cristoforo Colombo alla Pisana. Una spaccatura potrebbe aprirsi nella maggioranza di Nicola Zingaretti, in particolare se il centrosinistra dovesse andare diviso alle prossime comunali, sin qui compatta ma frastornata da Mafia capitale. Il futuro dell’amministrazione regione dipenderà anche dalla fase dibattimentale del processo, anche alla luce del rinvio a giudizio di Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto di Nicola Zingaretti, accusato di turbativa d’asta nel garone del Recup. 9 Giovedì 12 novembre 2015 ECONOMIA RAFFORZATA LA PREVENZIONE PER TUTELARE UNO DEI PRODOTTI PIÙ PROLIFICI DELL’AGROALIMENTARE “Costa meno di 6 euro? Non è olio” Le associazioni di categoria si schierano con la Procura di Torino, da cui è partita l’indagine sul presunto extravergine a maxi-inchiesta della Procura di Torino sull’olio extravergine di oliva, che ha travolto ben sette aziende di fama nazionale e mondiale, rimette al centro dell’opinione pubblica uno dei prodotti trainanti del Made in Italy, vittima di tantissime imitazioni, che necessità degli anticorpi per delucidare i dubbi dei consumatori restii, frenati anche dallo scandalo scoppiato dell’altro ieri. A tal proposito è stato alzato il livello di attenzione con le campagne di prevenzione, che assicurano un marchio di medio-alto livello e le diverse varietà sul mercato. Un’indagine sostenuta dalle associazioni di categoria, secondo le quali rafforza l’immagine del vero prodotto italiano grazie anche alla legge Mongiello, meglio conosciuta come salva olio, che dà agli inquirenti e agli investigatori gli strumenti necessari per “indagare contro chi danneggia l’economia di uno dei settori più importanti dell’agroalimentare italiano”, è la posizione del Consorzio olivicolo italiano. Come uscire dall’impasse recuperando gli italiani diffidenti a comprare l’olio italiano? Innanzitutto, è il consiglio della Coldiretti, se si vuole acquistare un buon extravergine italiano bisogna fare attenzione ai prodotti venduti a meno di 6-7 euro al litro che non coprono neanche i costi di produzione. Peraltro, ricorda l’associazione, il L valore aumenta a seconda delle diverse provenienze territoriali e consiglia di guardare la scadenza e preferire l’extravergine nuovo guardando l’annata di produzione che molti indicano volontariamente in etichetta. Occhi vigili anche sui prodotti a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane. Una serie di consigli vitali per acquistare un buon prodotto al market, qualora non si avesse la possibilità di comprarlo a km zero. Occorre prestare attenzione sui marchi dello scorso anno, spesso ancora in commercio. Un periodo nero per l’olio italiano e per il Made in Italy con la produzione che è crollata al minimo storico di 300mila tonnellate; favorendo indirettamente le importazioni, utilizzate spesso per miscelare quello nostrano, cresciute addirittura a 666mila tonnellate di olio di oliva e sansa, con un +38% che sale fino al 748% per le materie prime catapultate dalla Tunisia. Che risulta tra i Paesi leader del settore, in cui sono state investite importanti ri- sorse in questi anni anche dagli imprenditori italiani, deindustrializzando gran parte delle storiche aziende presenti sulla Penisola, utili in molti casi solo per l’etichettatura. La campagna del 2015 ha registrato un trend fortemente positivo rispetto alla magra del 2014. Quest’anno - precisa la Coldiretti il raccolto in Italia è buono con un aumento stimato in oltre il 30% della produzione di olio rispetto al 2014, con una qualità ottima per l’andamento climatico favorevole. Rispetto allo scorso anno - continua - la produzione 2015 dovrebbe ri- IL SONETTO L’AZIENDA ITALIANA CONFERMA LA LEADERSHIP A LIVELLO MONDIALE Luxottica conquista l’America uxottica apre gli orizzonti. La più grande produttrice mondiale di lenti e montature ramificherà la propria rete anche negli Stati Uniti grazie all’accordo siglato con la Macy’s, una catena della grande distribuzione americana fondata nel 1858. Un patto in esclusiva per introdurre nei prossimi tre anni fino a 500 negozi LensCrafters nei grandi magazzini L d’Oltreoceano. In virtù dell’intesa, LensCrafters, catena di ottica di riferimento in Nord America, opererà in esclusiva all’interno di Macy’s e sarà la prima ad espandersi in una delle più importanti insegne americane di grandi magazzini. A sua volta, Macy’s sarà l’unico department store negli Stati Uniti ad ospitare al suo interno negozi LensCrafters. Il primo negozio sarà inaugurato ad aprile 2016, fino a raggiungere un centinaio di nuovi punti entro il 31 dicembre dello stesso anno. “Siamo entusiasti di poter accogliere LensCrafters all’interno dei negozi Macy’s e di sviluppare ulteriormente la collaborazione di successo con Luxottica”, ha commentato Jeff Gennette, presidente di Macy’s, Inc. “LensCrafters ci aiuterà a garantire ai nostri consuma- tori un’esperienza di acquisto unica. La salute degli occhi rimane un fattore critico per il benessere individuale, e la disponibilità di dottori all’interno dei negozi, il servizio personalizzato e l’ampio assortimento di prodotti di tendenza si sposano alla perfezione con le peculiarità del modello Macy’s. Come già avvenuto per Sunglass Hut, LensCrafters migliorerà la produttività dei nostri punti salire a circa 400mila tonnellate, pur rimanendo sotto la media storica (intorno alle 500mila tonnellate). In compenso - rileva l’associazione - la qualità delle olive è ottima grazie anche al caldo che ha limitato gli attacchi della mosca olearia. Occorre tutelare un prodotto di eccellenza e di fama mondiale con un fatturato stimato in 2 miliardi di euro e con un impiego di manodopera di 50 milioni, conseguente alle circa 250 milioni di piante su 1,2 milioni di ettari coltivati. Marco Compagnoni vendita e il posizionamento di Macy’s come destinazione ideale per lo shopping”, ha proseguito. Luxottica conferma la leadership del gruppo nel panorama mondiale. “La collaborazione di successo che lega Macy’s e Luxottica nasce dalla comune volontà di offrire ai clienti i prodotti della migliore qualità, dalla passione condivisa per la moda e lo stile, e dalla gestione di un ampio portafoglio marchi capace di incontrare i gusti dei consumatori”, ha spiegato Adil Khan, amministratore delegato Mercati di Luxottica Group. “Il retail ottico in Nord America ha un grande potenziale di crescita e siamo convinti che questo accordo rappresenti un investimento di lungo termine sulla salute e sulla valorizzazione degli occhi dei nostri consumatori”, è l’auspicio dell’ad, mentre soffermandosi sulla nuova partnership il manager ha rivolto parole altrettante positive: “Macy’s ha clienti molto sofisticati e attenti: offriremo loro un servizio in linea con gli elevati standard di qualità e l’esperienza unica di acquisto distintivi dei negozi LensCrafters”. Er poro tartassato Vabbe’… demo fa’ i bravi cittadini, paga’ tutte le tasse che dovemo puro si li servizzi n’i vedemo.... semo bravi si damo li quatrini. Vabbe’... demo fa’ i bravi cittadini perché c’avemo chi c’arippresenta e che nun ce sia chi se spaventa perché so’ bravi, nun so’ regazzini! Vabbe’ ... demo fa’ i bravi cittadini, lavora’, esse de fed’e d’umiltà arispettann’a spesa d’i quatrini. Vabbe’... demo fa’ i bravi cittadini, ma si ce paghen’i buffi a l’Unità permetti... che me gir’i gabbadini! GRM 10 8 Giovedì 12 novembre 2015 DALL’ITALIA FERRARA - RICOVERATA IN GRAVISSIME CONDIZIONI È DECEDUTA DOPO CINQUE GIORNI DI AGONIA Massacrata dai ladri, è morta Cloe Govoni Venerdì scorso l’84enne è stata aggredita e picchiata da due romeni per un bottino di trecento euro. Con lei anche la nuora, ancora ricoverata, che aveva lanciato l’allarme di Barbara Fruch on ce l’ha fatta Cloe Govoni. L’84enne massacrata in casa, insieme alla nuora, da due ladri romeni di 22 e 26 anni, venerdì scorso a Renazzo di Cento, nel Ferrarese, è morta dopo cinque giorni di agonia. Alle 2.40 della notte tra martedì e mercoledì è spirata. L'anziana era ricoverata da venerdì all’ospedale Sant’Anna di Cona, dove era arrivata già in condizioni disperate per un grave trauma cranico e la rottura dell’aorta dopo il pestaggio con calci e pugni da parte dei malviventi. Inutili i due interventi chirurgici a cui è stata sottoposta nel tentativo di ridurre la gravissima emorragia cerebrale. Migliorano invece le condizioni della nuora, Maria Humeniuc, 53enne romena, con lei in casa al momento dell’irruzione dei banditi. La donna è ricoverata all’ospedale Maggiore di Bologna e per i medici è fuori pericolo. Era stata proprio lei, nonostante le ferite, a dare l’allarme con il cellulare dopo che i malviventi se ne erano andati. Si aggrava ora la posizione di Constantin Grumeza, 22 anni, e Leonard Veissel, 26, arrestati dai carabinieri di Cento poche ore dopo l’aggressione. L’accusa di tentato omicidio, infatti, passerà a omicidio volontario (ad entrambi viene inoltre contestata la rapina aggravata). N Florin Grumeza e Leonard Veissel (foto dal web) I due erano stati catturati e arrestati a poche ore l’uno dall’altro, uno a Castelfranco Emilia (nel Modenese), l’altro a Crespellano (nel Bolognese). Una delle chiavi di volta dell’indagine è stata l’Audi A6 (bianca, gialla e nera, e con targa tedesca) che nei giorni precedenti l’aggressione era stata notata transitare più volte nei pressi della casa presa di mira e da numerosi residenti anche nel centro del paese. Il mezzo era stato anche intercettato e controllato il giorno prima della tragedia e i due occuparti erano stati identificati. Risalire ai due, dopo l’aggressione, non è stato dunque difficile. «Non volevamo commettere tutto questo, abbiamo perso la testa davanti a tutto quel sangue, non lo faremo più e ci dispiace» hanno spiegato i due durante l’interrogatorio davanti al gip per poi accusarsi l’uno con l’altro con chi ha picchiato di più. Lunedì si era tenuta l'udienza di convalida che ha confermato entrambi gli arresti. Intanto i carabinieri hanno ritrovato i gioielli, rivenduti a un Compro Oro. LE REAZIONI DELLA POLITICA VEDONO COMPATTO IL CENTRODESTRA “L’ennesima vittima di Stato” Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia uniti nella battaglia: chiedono norme adeguate per la legittima difesa e pene più severe per i malviventi ennesima vittima di Stato. Così il centrodestra commenta la morte di Cloe Govoni reclamando “norme adeguate per la legittima difesa” e “pene severe” per gli autori della rapina. Dalla Lega a Forza Italia fino Fratelli d’Italia, il mondo politico insorge a poche ore dalla notizia. Inevitabile le correlazione, ormai nota, tra emergenza sicurezza e immigrazione incontrollata. La Lega - «La morte di Cloe è morte di Stato e pesa come un macigno sulla coscienza sporca della sinistra italiana - ha dichiarato il capogruppo leghista in Regione Emilia Romagna e segretario Lega Nord Ferrara Alan Fabbri - che ha votato indulti, ha sostenuto Caino e mai Abele, si è dimenticata delle vittime. È ora di far valere la certezza della pena. Quante morti sta aspettando questa sinistra imbelle? Il buonismo a marca Pd sta seminando vittime Cloe, dopo Pierluigi Tartari, è la seconda vittima in poche settimane nello stesso territorio. E mentre il crimine aggredisce le nostre città ci sono esponenti Pd che arrivano a proporre l'abolizione del carcere: il segno di un partito che vive fuori dal mondo, che è ‘drogato’ di palazzo e che ha dimenticato quel che accade nella vita reale. Ora Alfano si svegli, mandi rinforzi, e il governo chieda scusa e si dia una mossa: stop immigrazione selvaggia, basta buonismi che uccidono». E il deputato della Lega Nord Gianluca Pini chiede al premier Matteo Renzi un risarcimento per i famigliari della vittima. «I confini vanno chiusi e gli ingressi nel Paese devono essere controllati. Un governo che ha fino ad oggi L’ consentito l’accesso a delinquenti di ogni risma e provenienza deve risarcire le vittime» afferma Pini, che incalza «un governo che non è capace di difendere i confini e tutelare la sicurezza pubblica non merita solo di andare a casa, merita di pagare per le sue colpe. E di pagare due volte, perché pluri-recidivo». Dallo stesso partito arrivano le dichiarazioni di Roberto Calderoli. «Buttiamo via la chiave della cella per sempre, queste persone non devono più uscire dal carcere ma non solo, vanno sottoposte al regime detentivo stabilito per i boss mafiosi: applichiamo il 41 bis anche per questi assassini così efferati». Forza Italia - «Nell’esprimere cordoglio per questo ulteriore lutto causato dalla criminalità di provenienza straniera, ribadiamo che servono norme adeguate per la legittima difesa - dichiara il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia - Si continuano a contestare coloro che, armi in pugno, difendono la propria casa. ma cosa dovrebbero fare? Questo assalto criminale è connesso al dilagare dell'immigrazione clandestina. Il governo Renzi non ha fatto altro che trasportare per mesi e mesi migliaia di clandestini con navi militari nel nostro paese». A commentare l’accaduto è anche Daniela Santanchè. «Se la giustizia ha ancora un senso in questo Paese, questi due delinquenti vanno puniti severamente: serve l’ergastolo. È inammissibile perdere la vita in casa propria. E ancora più assurdo è che qualcuno pensi a limitare il diritto alla legittima difesa». Fratelli d’Italia - «Mi auguro che questi due assassini marciscano in galera - ha scritto su facebook il presidente di Fdi Giorgia Meloni Al governo e al Parlamento chiedo di non lasciare sola la famiglia Govoni e di approvare tempestivamente la proposta di legge di Fratelli d’Italia che modifica il codice penale in materia di legittima difesa. Perché quanto accaduto a Renazzo dimostra che la difesa è sempre legittima, soprattutto dentro casa propria». Ad intervenire è anche Paolo Spath di Fratelli d'Italia in consiglio comunale a Ferrara, che ricorda un’altra vittima. «Un altro omicidio, a meno di due mesi da quello di Pierluigi Tartari ad Aguacello, nel nostro territorio a seguito di furti in abitazione che stanno aumentando di giorno in giorno: non c’è più sicurezza nelle nostre case. È una vera e propria emergenza, che sta colpendo il nostro territorio ferrarese ma che si configura in modo indiscutibile una problematica in nazionale: dobbiamo attendere altre morti? Noi chiediamo azioni forti: più agenti, risorse per il comparto sicurezza e più prevenzione, pene certe ed esemplari per i criminali, legittima difesa per le vittime, sempre». Il Pd scansa le accuse - Ad intervenire è anche il Pd, per mano del segretario provinciale Luigi Vitellio, che lascia scivolare le accuse che arrivano da vari esponenti del centrodestra: “Nel silenzio di rispetto e cordoglio con cui ci stringiamo ai famigliari per una situazione di questa portata smisurata chiediamo risposta di umana pietà a chi crede nel valore dell’umana esistenza, e di istituzionale difesa B.F. allo Stato”. Sono in corso accertamenti sulle modalità di acquisto. Per poche centinaia di euro hanno derubato e ridotto in fin di vita le loro vittime. Non volevano, dicono. Ma pare difficile pensare ad un raptus quando per con un bottino di appena 300 euro, tra contanti e alcuni gioielli di poco valore, hanno massacrato di botte ben due donne. Tra cui l’anziana, una 84enne indifesa, che non ha opposto resistenza. Non poteva. Nonostante questo l’hanno ammazzata di botte: senza umanità (ed è proprio l’umanità ciò che ci dovrebbe differenziare dalle bestie). Lei impietrita non ha fatto nulla. Non ne aveva le forze, a differenza di Francesco Sicignano, che, come si ricorderà, a Vaprio D’Adda, ha sparato contro un ladro (e per questo si trova accusato di omicidio volontario) oppure del ‘povero’ Ermes Mattielli che ha aperto il fuoco contro due malviventi (è morto d’infarto dopo esser stato condannato per omicidio). Se avesse avuto la forza di reagire anche Cloe a pagare forse non sarebbe stata un’innocente, ma un colpevole. E su questo si dovrebbero interrogare i soliti buonisti che si sono scagliati contro i proprietari di abitazioni. Cittadini che non hanno pensato due volte prima di reagire. Hanno sbagliato perché non sono stati prima massacrati di botte? Almeno si sono salvati la pelle. Cloe non ha avuto questa fortuna. IN BREVE VIBO VALENTIA, 79ENNE MALMENATA DAI BANDITI Aggredita e picchiata durante una rapina compiuta da due persone nella sua abitazione a Dinami, nel Vibonese. Vittima una donna di 79 anni. Nella tarda serata di martedì i due rapinatori sono entrati in casa ed hanno legato la donna ad una sedia e poi l'hanno picchiata per farsi consegnare il denaro. Alla risposta della vittima che ha detto di non avere soldi in casa, i due ladri l’hanno aggredita, provocandole ferite ed escoriazioni. Poi sono fuggiti. La donna è riuscita a liberarsi ed ha lanciato l’allarme. Trasferita in ospedale a Vibo Valentia i sanitari le hanno riscontrato ferite guaribili in 15 giorni. Indagini sull’accaduto sono state avviate dai Carabinieri della Compagnia di Serra San Bruno. COLPI NELLE CASE: ARRESTI IN CAMPANIA Ci sono anche i due presunti complici della brutale rapina nella quale a Licola di Pozzuoli, nel novembre 2011, morì Antonietta Gigante, di 76 anni, tra le persone arrestate ieri dai Carabinieri di Casal di Principe. Nove le persone raggiunte da un'ordinanza di custodia cautelare per associazione per delinquere specializzata in furti e rapine in Campania. L’indagine è scattata proprio in seguito ad un’altra attività investigativa durante la quale gli stessi militari di Casal di Principe e quelli della Compagnia di Pozzuoli ave- vano individuato e tratto in arresto i colpevoli di due rapine in abitazione commesse il 12 ed il 19 novembre 2011. Durante la rapina del 19 novembre, in particolare, la 76enne Antonietta Gigante aveva perso la vita a seguito dell’aggressione subita. Ai due presunti complici, già detenuti, l’ordinanza è stata notificata in carcere. Gli altri sette sono stati presi durante il blitz scattato all’alba. Le indagini, eseguite tra novembre 2012 e maggio 2013, hanno consentito di scoprire due gruppi criminali dediti ai furti e alla rapine. Otto gli episodi contestati, a vario titolo, agli indagati. Presi di mira abitazioni private, sale scommesse, tabaccherie, salumerie bar e sale giochi. Il bottino ammonta a qualche decina di migliaia di euro. FURTO CON STUPRO, UN FERMO A BRINDISI Avrebbe prima compiuto una rapina ai danni di una coppietta di Brindisi e poi violentato la donna in presenza del compagno. Con queste accuse un uomo di 50 anni, di Brindisi, Teodoro Polito, è stato fermato dalla polizia su disposizione del pm. I fatti risalgono alla fine di settembre quando le vittime hanno denunciato l’accaduto. Durante le perquisizioni in casa del 50enne sono stati trovati indumenti riconosciuti dalla coppia che ha identificato l’uomo anche dalle sue fattezze fisiche e dal timbro della voce. Sono in corso accertamenti su casi analoghi che si sono verificati nei mesi scorsi. 11 Giovedì 12 novembre 2015 DALL’ITALIA CONTINUANO LE INDAGINI SULLA TRAGEDIA DI ANCONA Tagliata e la fidanzata hanno agito insieme Confermato il fermo del 18enne accusato dell’omicidio della madre della ragazza e del ferimento del padre. Disposto il trasferimento in carcere anche per la giovane ntonio Tagliata e la fidanzatina sedicenne hanno agito insieme. Per la procura e il Gip del tribunale dei minori non ci sarebbero dubbi: entrambi i ragazzi avrebbero di fatto concorso ad uccidere la madre di lei, Roberta Pierini, e a ridurre in fin di vita il padre, Fabio Giacconi, con otto colpi di pistola. A Convalidato il fermo per Antonio Tagliata – Antonio Tagliata resta in cella. Lo ha disposto ieri il giudice per le indagini preliminari Paola Mureddu che, dopo cinque ore di interrogatorio nel carcere di Camerino, ha convalidato il fermo del 18enne. Il Gip si è riservato la decisione sulla misura cautelare. Prima dell'interrogatorio il ragazzo ha accusato un lieve malore (soffre di crisi di panico), come era già accaduto il 7 novembre, quando era stato portato nella caserma dei carabinieri di Ancona a poche ore dal delitto. Come riferito dal difensore Luca Bartolini il giovane ha ribadito la versione dei fatti resa davanti al pm nel primo interrogatorio. “Sono stato io a sparare” ha detto spiegando che il biglietto autoaccusatorio in cui confessa l’omicidio di Roberta Pierini e Fabio Giacconi (sequestrato dai carabinieri nella sua abitazione di Ancona) era un tentativo di proteggere il padre, Carlo, che in passato ha avuto problemi con la giustizia. Antonio, ha spiegato il legale, “chiede della fidanzata, cerca di proteggerla, e racconta come si sono svolte le cose dal suo punto di vista”. Sabato il ragazzo aveva detto che era stata la fidanzata a dirgli “spara, spara”, una circostanza invece smentita dalla minore. Il giovane, che martedì ha incontrato il vescovo di Camerino Francesco Brugnaro, cappellano della struttura di reclusione, è sorvegliato a vista, nel timore che possa compiere atti autolesionistici. In carcere anche la 16enne – Convalidato il fermo anche per la 16enne figlia delle vittime che, come disposto dal magistrato, verrà portata in un carcere minorile. L'accusa è di concorso nell’omicidio della madre e nel ferimento del padre e porto abusivo d’arma. Il giudice ha anche nominato un tutore esterno per la giovane, che non sarà dunque uno dei suoi familiari. L’esigenza cautelare a cui fa riferimento il giudice Paola Mureddu è, come spiegato dal procuratore dei minori Giovanna Lebboroni, la “pericolosità sociale” legata ad un “elevato rischio di reiterazione di reati della stessa specie per cui si procede”. Le strategie difensive – Si apre un solco profondo fra le strategie difensive e i sentimenti dei due. Antonio la accusa, “è stata lei a spingermi”. Lei, delusa da quel tradimento, ma senza lacrime, dice al giudice “non è vero, non gli ho detto spara, spara”. La sedicenne, assistita dagli avvocati Paolo Sfrappini e Augusto La Morgia, ha raccontato per tre ore la propria verità su quegli attimi tremendi. In udienza la ragazza è apparsa “pro- vata”, ma decisa nel ribadire la propria versione dei fatti: doveva esserci solo un chiarimento fra Antonio, lei e i genitori, che osteggiavano quel rapporto. “Pensavo che fosse una pistola giocattolo, e non è vero che ho detto spara” ha detto. Ora (non può navigare in internet, guardare la tv o leggere i giornali), non chiede più di Antonio ma soltanto del padre, ignorandone però le condizioni disperate. Intanto emergono altri particolari sul difficile rapporto tra la sedicenne e i genitori. La relazione con Antonio e il tentativo di convivenza a casa di lui avevano reso ancora più teso il clima. Tanto da spingere la ragazza, il 28 ottobre scorso, a recarsi dai carabinieri di Brecce Bianche per chiedere ‘aiuto’ per quei genitori ritenuti opprimenti, da cui si voleva allontanare per tornare a vivere con la fa- miglia del fidanzato. Un rapporto culminato in tragedia. A fare fuoco sabato scorso è stato Antonio Tagliata, con una pistola calibro 9x21 (arma che sostiene di averla comprata qualche giorno prima del delitto in piazza Cavour da un albanese, insieme ai tre caricatori e alle 86 pallottole, per 450 euro). Ma dalle indagini della procura emerge che entrambi i ragazzi avrebbero di fatto concorso ad uccidere. Giovanna Lebboroni, procuratore dei minori, non esita a parlare di “esecuzione” ripercorrendo i momenti del delitto, dall’arrivo dei fidanzati sotto casa alla fuga insieme. I fidanzati arrivano sotto la palazzina, lui le mostra la pistola e i caricatori che ha portato con sé (lei afferma di aver pensato che fosse un’arma giocattolo ma non viene ritenuta credibile dal giudice); salgono insieme in casa e, CERRO MAGGIORE (MILANO) TORINO Esplode una palazzina: muore un’anziana n morto e tre feriti gravi. È il bilancio di un esplosione, che ha provocato il crollo di una villetta, avvenuta ieri pomeriggio in una palazzina a Cerro Maggiore, nella frazione di Cantalupo, in provincia di Milano. A causare la tragedia sarebbe stata una fuga di gas. Alcuni operai del gas infatti, dopo una segnalazione martedì sera per via di una strana puzza, stavano intervenendo per dei lavori ulteriori agli impianti quando per cause ancora da accertare è saltato tutto in aria. U Da quanto riferiscono i carabinieri, la vittima, Virginia B., 80 anni, abitava nell’abitazione coinvolta dalla fuga di gas che ha generato il violentissimo scoppio avvenuto intorno alle 16. Feriti i due tecnici del gas, che risultano gravemente ustionati, e un vicino di casa. Mobilitati decine di mezzi dei vigili del fuoco carabinieri, polizia locale e protezione civile. Sul posto anche i cani da macerie. Oltre alle vittime non ci sarebbero altre persone coinvolte. È quanto emerge dagli accertamenti dei vigili del fuoco di dopo un breve intervallo di tempo e senza che siano stati trovati segni di colluttazione, Tagliata esplode i colpi in serie senza che la fidanzata agisca in alcun modo per “dissociarsi” dall’”esecuzione capitale dei genitori”. Infine, la ragazza scappa con il fidanzato, senza soccorrere madre e padre. Ma sul diciottenne, specifica il procuratore, pesa la confessione “preventiva”, il biglietto trovatogli in casa, da cui si evince che quantomeno per lui si tratterebbe di un “dolo non d’impeto”. Oltre al breve intervallo tra l’arrivo in casa e gli spari, c’è anche la sequenza dei colpi a rafforzare la tesi dell’accusa: prima Tagliata si sarebbe “concentrato” sulla donna e poi sul marito, senza sparare a caso, e che la ragazza si opponesse. La Pierini, secondo l’autopsia, è stata raggiunta da tre colpi, uno mortale alla regione parietale destra, uno al fianco destro e uno di striscio al braccio sinistro. È caduta a terra ed è morta subito. Restano gravi e stabili invece le condizioni cliniche del marito Fabio Giacconi, sottufficiale dell'Aeronautica ricoverato in prognosi riservata nella Clinica di rianimazione dell'Ospedale di Ancona. Una tragedia, secondo i Carabinieri, non casuale, ma ben pianificata, che richiama alla mente la strage compiuta dai fidanzatini Omar ed Erika alcuni anni addietro. A morire, in quel caso, furono Susy Cassini, 45 anni e di Gianluca De Nardo, 12, madre e fratello di Erika. Barbara Fruch Milano e Varese, che hanno scavato sotto le macerie della casa e hanno condotto le ricerche anche con l'aiuto di cani per verificare la presenza di eventuali feriti. “C'era stato un allarme, ma sembrava rientrato” ha detto il sindaco di Cerro Maggiore, Teresina Rossetti. Dopo i lavori per la posa della fibra ottica, gli abitanti della zona avevano segnalato martedì un intenso odore di gas. Dalle prime ipotesi sarebbero stati questi scavi a creare il danno alle tubature che avrebbero portato allo scoppio. Caduta dalla nave, scagiona il compagno on si voleva suicidare. Ma non la voleva neppure uccidere il suo compagno. Resta dunque un mistero su quel volo di 35 metri avvenuto lo scorso 19 luglio quando si trovava a bordo della Costa Fortuna per una vacanza nei fiordi norvegesi. Laura Flora Stuardo, torinese 53enne, è stata recuperata in stato di coma. Gli inquirenti avevano pensato a un tentativo di suicidio. Ma quando si è svegliata, ha dichiarato di non ricordare nulla dell’accaduto, ma di non aver mai pensato di togliersi la vita. A finire nell’occhio del ciclone N era stato anche il compagno, che ora viene però scagionato dalla stessa 53enne. «Non volevo suicidarmi né mi ha spinto Gianni, spero col tempo di poter ricordare – racconta la donna uscita dal coma – La mia memoria si ferma al giorno precedente, quando ero sul ponte a fotografare le cascate. Poi il buio: il resto me l’hanno raccontato. Per esempio, che quella mattina sono andata dal parrucchiere è un episodio che ho scoperto dal mio compagno. Al momento posso solo dire che credo al mio compagno, non ricordo il litigio prima della ca- duta di cui parla il personale della nave. Non penso che potrebbe mai fare una cosa tremenda come buttarmi in acqua. E non capisco perché, se non ho cercato di suicidarmi, si debba sospettare di Gianni». L’uomo, però, è attualmente indagato per maltrattamenti e tentato omicidio e la Stuardo ammette: «Abbiamo avuto cinque o sei litigi violenti. Gianni era disperato per motivi professionali e familiari. Io cercavo di aiutarlo. È stato violento, ma, ogni volta, l’ho denunciato, anche se poi ho ritirato le querele. Ora siamo innamoratissimi». 12 Giovedì 12 novembre 2015 CULTURA & SOCIETÀ AL PALAZZO DEI DIAMANTI, UNA MOSTRA RICORDA IL MAESTRO A CENTO ANNI DA QUANDO DIPINSE I SUOI CAPOLAVORI NELLA CITTÀ ESTENSE Metafisica e avanguardie, De Chirico a Ferrara di Emma Moriconi appuntamento con De Chirico è a Ferrara, a Palazzo dei Diamanti, in Corso Ercole I d'Este n. 21. Si tratta di una mostra che ricorda il Maestro a cento anni da quando creò i suoi capolavori metafisici nella città estense, che è organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalla Staatsgalerie di Stoccarda in collaborazione con l’Archivio dell’Arte Metafisica. L'esposizione è curata da Paolo Baldacci e Gerd Roos e - dice il comunicato dedicato all'evento - "celebra questa importante stagione dell’arte italiana e documenta la profonda influenza che queste opere ebbero su Carlo Carrà e Giorgio Morandi, e poco dopo sulle avanguardie europee del dadaismo, del surrealismo e della Nuova oggettività". Riepilogando le vicende del tempo, quando l’Italia entrò nella prima guerra mondiale, de Chirico e suo fratello Alberto Savinio lasciarono Parigi per arruolarsi. Alla fine di giugno 1915 vennero assegnati al 27° reggimento di fanteria di Ferrara. "Il soggiorno nella città emiliana dice ancora l'organizzazione - determina cambiamenti profondi, tanto nella pittura di Giorgio e nei temi ispiratori dei suoi quadri quanto nelle creazioni di Alberto, che a Ferrara abbandona decisamente la musica per dedicarsi solo alla scrittura. Travolto da un’ondata di romantica commozione di fronte alla bellezza della città e al ritmo sospeso della sua vita, de Chirico la rende protagonista di alcuni dei suoi dipinti L’ più famosi, nei quali il Castello Estense o le grandi piazze deserte e senza tempo svolgono un ruolo di magica affabulazione (I progetti della fanciulla, 1915, Il grande metafisico, 1917, Le Muse inquietanti, 1918)". Estremamente suggestiva la descrizione dell'atmosfera: "Nella pittura ferrarese - dice infatti ancora il comunicato dedicato all'evento stanze segrete dalle prospettive vertiginose fanno da sfondo agli oggetti più strani o più comuni che l’artista individuava nelle sue esplorazioni tra i vicoli del ghetto, e su pavimenti in fuga verso l’orizzonte, tra rosse quinte teatrali che mimano edifici del Rinascimento, sciolgono il loro canto malinconico i grandi manichini senza volto (Il Trovatore, 1917, Ettore e Andromaca, 1917). Le tele si accendono di un cromatismo intenso, dai vani delle finestre si intravedono scorci di architetture, i quadri nel quadro propongono l’eterna sfida tra realtà e illusione, e gli agglomerati di scatole con carte geografiche mute, biscotti, strumenti da disegno e di misurazione, anticipano le accumulazioni scultoree dadaiste: oggetti isolati dal loro contesto e riassemblati per evocare nuovi significati e suscitare nello spettatore un senso di straniamento". Si tratta della prima mostra dedicata all’indagine e all’approfondimento delle peculiarità artistiche e culturali di questo periodo. Un periodo decisamente cruciale per l’arte italiana ed europea. Ed è estremamente suggestivo pensare che parliamo dei capolavori dipinti da De Chirico e Carrà nel 1917 a Villa del Seminario. I due in- fatti si ritrovarono ricoverati insieme in questa struttura, che è un ospedale psichiatrico militare per la cura delle nevrosi di guerra. Quelle opere sono il risultato dell'intenso sodalizio di lavoro che i due artisti condivisero in quel particolarissimo frangente. Si potranno ammirare gli originali dei grandi manichini di Giorgio de Chirico del 1917-18 insieme alla serie quasi completa delle opere metafisiche di Carrà: Il gentiluomo briaco, Composizione TA, Penelope, Natura morta con la squadra, La camera incantata, Solitudine, Madre e figlio, Il dio ermafrodito, L’ovale delle apparizioni, Il cavaliere dello spirito occidentale, Il figlio del costruttore. c'è poi Giorgio Morandi, con le tele realizzate tra il 1916 e il 1919: dalla famosa “natura morta rosa” fino a quelle coi busti di manichino e con i vasi sul tavolo rotondo del 1919. Presente, con poche ma significative opere, anche Filippo de Pisis, il primo e più fedele compagno ferrarese di de Chirico (Natura morta accidentale, 1919-20, I pesci sacri, 1926, Natura morta con gli occhi, 1923). Oltre settanta le opere proposte, provenienti dai principali musei e collezioni di tutto il mondo, il cui fulcro sono tele realizzate da de Chirico negli anni ferraresi. Scandita in sezioni cronologico-tematiche, la rassegna è arricchita da una selezione di dipinti, ready made, acquerelli, disegni, collage e fotografie degli artisti che si ispirarono al maestro italiano. Con il biglietto d’ingresso all’esposizione di Palazzo dei Diamanti, sarà possibile accedere gratuitamente alla mostra "Il manichino e i suoi paesaggi" presso la Palazzina Marfisa d’Este e alla mostra site specific di Mustafa Sabbagh, ispirata all’opera di Alberto Savinio, al Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara. Si comincia il 14 novembre, la mostra sarà aperta fino al 28 febbraio 2016. LE CREATURE SOPRANNATURALI SONO SPESSO PROTAGONISTE DELLE STORIE CHE APPASSIONANO GIOVANI E GIOVANISSIMI Tutti pazzi per le serie Tv Da Supernatural a Teen Wolf passando per Flash, Arrow e Game of Thrones ante sono le serie televisive che in questi ultimi anni (dal 2005 circa) ci hanno appassionato molto; stiamo parlando di programmi come “Trono di Spade”, “Supernatural”; “Teen Wolf” e tante atre ancora. Gli appuntamenti più attesi per il nuovo anno sono sicuramente “Trono di Spade”, il quale darà inizio alla “sesta avventura” della sua storia televisiva; sesta stagione che, però, non avrà inizio prima di maggio, in quanto l’HBO (casa che produce e distribuisce la serie) ha già in programma di mandare in onda almeno altre tre programmi in aprile (mese nel quale è consuetudine mandare in onda “Game of Thrones”); ma non finisce qui la lista degli “appuntamenti da non perdere”. Difatti, il catalogo delle esposizioni non si chiude unicamente ai “Sette Regni”, perché in proposito alle serie più attese ci sono anche altri incontri ai quali non si può mancare; stiamo parlando di serie come “Arrow” e “The Flash”, che ci hanno appassionato molto e, allo stesso tempo, lasciato con il fiato sospeso. “The Flash”, in particolar modo, rispetto ad T “Arrow” in quanto la stagione appena conclusa di quest’ultima non ha lasciato troppe vicende in sospeso. “The Flash” invece ci ha lasciati un po' di attesa: la stagione si è infatti conclusa con Barry, travestito da “Flash”, che usa la sua supervelocità nel tentativo di richiudere il portale generatosi a causa dell’utilizzo dell’acceleratore di particelle; nulla è certo e nulla è escluso su quello che potrebbe accadere, ed è anche per questo che si attende l’inizio della nuova stagione. Questa, però, non è iniziata in ottobre, come da tradizione, perché si è avuto qualche problema con l’ufficializzazione della data di uscita del programma in Italia, problemi che poi si sono risolti. Così la data individuata per l'uscita delle due nuove stagioni di “The Flash” ed “Arrow” è stata formalizzata. Sarà a febbraio 2016. Se invece si vuole andare ancor di più sul soprannaturale abbiamo, appunto, “Supernatural” e “Teen Wolf”. “Supernatural” è una serie televisiva che racconta le vicende di moltissime creature soprannaturali, ci sono licantropi, fantasmi, spettri, vampiri, wendigo e molte altre; una serie televisiva che ha attirato moltissimi, sia più grandi che piccini, in quanto è una serie che tratta tali argomenti non facendoli apparire troppo “pesanti” e, di conseguenza, consente la visione ad un pubblico molto vasto. “Teen Wolf”, invece, è una serie televisiva che attrae maggiormente un pubblico di età compresa tra i 10 ed i 17 , anche se piace anche ai più grandi; è una serie “specializzata” in licantropia che narra le storie di ragazzi che hanno ricevuto il morso dall’ “alfa” e, grazie ad esso, riescono a sviluppare dei poteri soprannaturali. Essi sono differenti l’uno dall’altro: una volta ricevuto “il morso”, ci si trasforma nella “creatura” rappresentata maggiormente dall' “io interiore” di ciascuno. La storia narra le avventure di Scott, Stiles ed i loro amici; i casi e le vicissitudini in cui si viene a trovare il “branco” di Scott sono collegati l’uno all’altro in base ad una storia che procede in parallelo e che si snoda sulla quotidianità che un adolescente, appunto “Teen”, si vede costretto ad affrontare. Vale a dire amici, amori adolescenziali, famiglie che non riescono a pagare i debiti e quant’altro; più recente sarà invece l’appuntamento con la quinta stagione di “Teen Wolf” che farà il suo debutto in Italia il 30 novembre con la puntata “Creatures of the night” (“Creature della notte”). Come già detto, tanti sono gli appuntamenti televisivi per il prossimo anno; da non perdere assolutamente, se siete appassionati di Serie TV. Marco Buonasorte