Sfoglia gli articoli del 14 Settembre 2012
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Rassegna del 14/09/2012 INDICE RASSEGNA STAMPA Rassegna del 14/09/2012 MONDO UNIVERSITARIO Espresso 20/09/12 P. 30 I nuovi emigranti Fabrizio Gatti 1 Espresso 20/09/12 P. 61 Rettori per sempre Roberta Carlini 7 Sette 14/09/12 P. 44 Le imprese vanno a caccia dell'italo-straniero Edoardo Vigna 8 Europa 14/09/12 P. 7 Università, questi concorsi non la salveranno Luciano Modica 10 Stampa 14/09/12 P. 27 Il modo sbagliato per valutare i futuri prof Carlo Rimini 11 Mondo 21/09/12 P. 20 Corsi in inglese contro la Costituzione? Fabio Sottocomola 12 Famiglia Cristiana 16/09/12 P. 39 L'università non più lontana da casa Silvia Guzzetti 13 Mondo 21/09/12 P. 62 Rebus Cattolica, che farà Ornaghi? Italia Oggi 14/09/12 P. 31 Ingegneri in carriera. Ma proletari Italia Oggi 14/09/12 P. 31 Patto fra generazioni da rinnovare 17 Italia Oggi 14/09/12 P. 19 Università Vita-Salute San Raffaele, il futuro dei laureati in filosofia è nella comunicazione. 18 Qn 14/09/12 P. 14 Doppio impiego perche' viene permesso? 19 Sette 14/09/12 P. 120 Il nano-futuro degli oggetti Sara Gandolfi 20 Espresso 20/09/12 P. 96 Denise Pardo 22 Espresso 20/09/12 P. 108 Assedio all'Alzheimer Letizia Gabaglio 24 Espresso 20/09/12 P. 110 Voglio un braccio nuovo Paola Emilia Cicerone 26 Espresso 20/09/12 P. 16 Maxi ateneo per Aosta 27 Mondo 21/09/12 P. 54 Il futuro in mostra parte dalla ricerca 28 Repubblica 14/09/12 P. 34 I farmaci oncologici in Toscana sono gratis Tirreno 14/09/12 P. 11 Ticket di 10 euro anche senza cd Come è bello il mio cervello 14 Simona D'Alessio 15 SANITÀ Indice Rassegna Stampa Luigi Marroni 30 31 Pagina I NUOVI EMIGRANTI Giovani, con diploma o laurea, che in Italia non hanno futuro. Così partono, dal Varesotto o dal Salento. E vanno all'estero a fare i camerieri, i muratori, i lavapiatti. Proprio come un secolo fa. Ecco le loro storie DI FABRIZIO GATTI FOTO DI E. CREMASCHI E S. MAGNABOSCO PER L' ESPRESSO e ne vanno i figli nati negli anni Ottanta. Se ne va la generazione concepita durante il secondo boom economico. Il tempo in cui l'Italia si è riscattata dal suo 15 passato di povertà. Il decen- nio ricordato per la Coppa dei mondo in Spagna, la vittoria sul terrorismo, la fine della Guerra fredda. Partono soprattutto loro. Quelli che adesso hanno più di vent'anni e non superano i trenta. E l'eredità peggiore, la più odiosa che ci lasciano dieci anni quasi ininterrotti di Berlusconi, di liberismo sfrenato, di globalizzazione senza regole. La nuova emigrazione. Storie contemporanee di valigie e delusione. «Stavo inviando l'ultimo di una quantità incredibile di curriculum all'ennesima azienda grafica che non si è mai presa la briga di rispondere. In quel preciso momento», racconta Marco Benaia, 27 anni, diploma di perito in arti grafiche e cameriere precario a Berlino, «ho deciso che fosse meglio andarmene». Non è la fuga dei cervelli. Dei ricercatori che fuori confine inseguono la loro alta Mondo Universitario qualifica. Questo è l'esodo dei laureati e dei diplomati che all'estero vanno a fare i muratori, i baristi, i lavapiatti. Laureati e diplomati che nella spietata gerarchia dei lavori di fortuna spesso vengono all'ultimo posto dopo turchi, arabi e ci- nesi. Non si parte per realizzare il proprio curriculum. Vanno per necessità. Per disperazione. Perché dopo annidi disoccupazione odi contratti saltuari a 300 curo al mese, non c'è alternativa. E non si fanno i bagagli soltanto nei paesi del Sud. Pagina 1 VERENA DA VARESE: HO RINUNCIATO In tanti partono dal Nord. Marco Benaia è cresciuto a Saronno, provincia di Varese, la città del premier Mario Monti. La terra dove la Lega ha costruito il suo consenso contro gli stranieri. Immaginate se adesso in Germania e Mondo Universitario in Svizzera, le principali mete dell'esodo, qualche Umberto Bossi locale giudicasse i nostri emigranti un pericolo per le tradizioni, un'invasione da respingere. Ecco le storie. Raccolte con le stesse domande che soltanto nel 2009 'TE- A TROVARE UN LAVORO NEL CAMPO DEI MIEI STUDI. IN GERMANIA FACCIO LA BARISTA MA NON MI SENTO FALLITA Pagina 2 spresso" aveva rivolto ai ragazzi africani che affollavano Agadez e la rotta dei Sahara verso l'Europa. Ai coetanei che nel 2006 subivano le violenze dei caporali nei campi di pomodoro in Puglia. Ai sopravvissuti che nel 2005 si calpestavano nel centro di detenzione a Lampedusa. II vento è girato. Non soltanto per Grecia e Spagna. Anche in Italia. E la sconfitta più amara è che ora a quelle identiche domande rispondono i nostri figli. Perché sei partito? Cosa stavi facendo nel momento in cui hai deciso di andartene? Cosa ti aspetti? È un'emigrazione meno misera e drammatica di quella affrontata dai loro nonni. Come Arialdo Bulfon, partito da Peonis in Friuli nel 1931 a 11 anni. Prima l'Algeria, con il padre muratore. E dopo la guerra la Svizzera, stuccatore a Turbenthal. O come Salvatore Cucinelli salito in Belgio da Gagliano del Capo, Salento. E morto a 30 anni nell'incendio della miniera di Marcinelle, l'8 agosto 1956. Adesso si progetta l'uscita con un occhio a Facebook. II passaparola corre tra i post degli amici. Sulle pagine degli espatriati, come il blog "Italiani in Germania". E sui siti specializzati in offerte di lavoro all'estero. Il viaggio non dura più nottate insonni in treno. Ci sono le compagnie low cost. Poche decine di euro e due ore di volo. Se finalmente considerassimo l'Unione europea un unico Stato, forse non dovremmo definirla emigrazione. Sarebbe semplice mobilità interna. Nessuno negli Usa chiamerebbe emigrante un ragazzo dell'Arizona traslocato in New jersey. Gli Stati Uniti però parlano la stessa lingua, sventolano la stessa bandiera, sono una nazione. Noi no. Un italiano finito in Germania partecipa al prodotto interno lordo tedesco. Mondo Universitario Sottrae le sue conoscenze, il diploma, la laurea all'Italia che ha speso risorse per la sua formazione. E l'ha lasciato senza futuro. Sono le conseguenze delle cifre diffuse in queste settimane. I numeri aggiornati della recessione. Un milione e mezzo di posti di lavoro persi tra gli under 35 negli ultimi cinque anni. Un tasso di disoccupazione del 35 per cento tra ì giovani fino ai 24 anni. L'aumento degli italiani iscritti all'Agenzia del lavoro tedesca: dai 189 mila del 2011 ai quasi 233 mila dei maggio 2012. Un record in termini assoluti che mette la presenza italiana in Germania davanti a Grecia, Portogallo e Spagna. La vita dell'emigrante nell'epoca di Facebook sembra più facile rispetto a sessant'anni fa. Internet aiuta a tenere i contatti, a non perdersi. Ma dentro, nell'animo, lo strappo è altrettanto forte. Espatriare per necessità significa come allora archiviare le proprie ambizioni, i propri luoghi, gli affetti. Saronno è a mezz'ora dal centro di Milano. L'ex triangolo industriale . Da qui non si era mai partiti. Nemmeno dopo le devastazioni della Seconda guerra mondiale. C'erano le fabbriche da riaprire. II dolciario. Il tessile. La meccanica. Qui gli emigranti una volta si fermavano. Ma peggio della guerra han fatto le delocalizzazioni dell'ultimo decennio. Marco Benaia a Berlino è arrivato nel gennaio 2011. Il papà a Saronno fa l'elettricista. La mamma lavora come colf. La sorella studia scenografia all'Accademia di Brera. «Ho scelto la Germania», racconta Marco, «perché sono sempre stato affascinato dalla storia della seconda metà del'900. Ma soprattutto perché a Berlino si respira un'aria di libertà che da altre parti non ho trovato». La casa: «Un appartamento in condivisione con una ragazza spagnola e una tedesca: 250 euro di affitto per una stanza, a due passi dal centro». Aspettative: «Nonostante le difficoltà, da Berlino non ho intenzione di andarmene». Paga: «Nell'ultimo lavoro da cameriere, 1500 curo al mese. La Pagina 3 Venticinque anni, l'età della fuga MXñ ENSA ESS La ripresa dell'emigrazione italiana è nelle cifre . La Bundesagentur für Arbeit , l'agenzia federale per il lavoro , pochi giorni fa ha fatto sapere che tra il 2009 e il 2011 i lavoratori italiani in Germania sono aumentati dei 6,3 per cento . Una crescita simile a quella dei greci , saliti dei 6,4 per cento. Ma per quanto riguarda la regolarizzazione degli emigranti italiani, secondo l'agenzia tedesca , dal 2011 al maggio 2012 si è passati da 189.300 a 232.800 persone, quasi un 23 per cento in più. Significa che molti connazionali già in Germania hanno stabilizzato la loro posizione . Altre mete sono la Svizzera e il Regno Unito, dove spesso i nuovi espatriati seguono i contatti di loro parenti o conoscenti arrivati nei decenni passati . Il censimento del numero di emigranti per lavoro e delle loro destinazioni non è semplice poiché la maggior parte dei ragazzi aspetta mesi o anni prima di registrarsi all'anagrafe degli italiani residenti all'estero . Oppure non lo fa del tutto. Un contributo l'ha dato una ricerca demografica di Emilio Zagheni per il Max Plank Instítut. L'indagine ha calcolato l'età e i flussi di emigrazione usando le informazioni estratte dal database del servizio email di Yahoo! . «Per L' Italia abbiamo notato una crescita della mobilità verso l'estero tra il 2009 e il 2011», spiega Zagheni : «La crescita è stata più marcata per le donne che per gli uomini . L'età in cui la mobilità è più elevata è intorno ai 25 anni . Pensiamo che la crescita di mobilità più elevata per le donne sia attribuibile al fatto che i livelli di istruzione per loro siano più elevati che quelli dei giovani uomini in Italia. Questa è però solo un'ipotesi. Ora stiamo lavorando a una nuova pubblicazione in cui stimiamo i flussi da singolo paese a singolo paese ». La conseguenza è l'invecchiamento dell'età media nei piccoli comuni , come Gagliano del Capo, nel Salento: «Avevamo un tessuto produttivo tessile, calzaturiero », dice il sindaco , Antonio Buccarello, «ma ancor prima della crisi le imprese hanno chiuso. Le commesse che arrivavano qui sono finite In Albania, Romania e ora in Cina . A parte il turismo, il nostro tessuto produttivo Silvia Cerami è completamente saltato ». MA~. ERO STUFO DI ~DARE CURRICULUM INVANO, BFJtLJNO HO CAMBIATO TANII LAVORI MA CI RIMARRO mia prima offerta, proprio come grafico», ricorda, « la ricevo da un ragazzo turco. Colloquio in inglese. Promessa di 500 euro al mese più 50 per ogni lavoro portato a termine. Dopo un mese di decine di lavo- medica. Non mi sento realizzato, ma mi ritengo fortunato. E questo mi basta per poter continuare a lavare piatti fino all'inizio dell'estate 2011, quando capisco che le mie conoscenze del tedesco sono abbastanza buone per cercare altro». Ë questione di settimane, continua: «Trovo quello che fa per me. Un sito Internet appena nato che vende abbigliamento d'alta moda. I miei due capi sono nati nel 1985, come me. Siamo più di quindici, italiani, spagnoli, tedeschi. E sembra che tutto vada per il verso giusto. Fino a quando devo fare i conti con la realtà ri portati a termine, SEBASTIANO BONI (34 ANNI) GRAFIC non vedo il becco di DESIGNER, ANNA PALMER (30) un quattrino. A par- FOTOGRAFA, OLIVIA GRANDI (27) SIRIO MAGNABOSCO te qualche spicciolo ARCHITETTO, (32) FOTOGRAFO. SOPRA: MARCO che mi viene dato BENAIA (27), GRAFICO, E A SINISTRA, per mangiare al fast ZEF COLACI (29) APPENA EMIGRATO food. E quando lo faccio presente ai miei nuovi amici stra- delle start-up, aziende che tentano di nieri, loro non sembrano affatto sorpre- inserirsi nel mercato digitale. Noi eravasi. Lavorare per i turchi? Ahah , ridono, mo una start-up. Una fredda mattina di lo sanno tutti che non pagano ». Il lavoro dicembre il finanziatore dei progetto, che successivo di Marco è in un ristorante probabilmente aveva il fondoschiena al italiano: « Aiuto cuoco. Mi viene fatto un caldo negli Usa o in Canada, ci fa sapere contratto con tanto di assicurazione che non elargirà mai più un solo euro. Mondo Universitario Una settimana prima di Natale ci ritroviamo disoccupati. Si ricomincia tutto daccapo». Niente lavoro per mesi. E siamo al 2012. «In un giorno solo invio qualcosa come 70 curriculum.Tra i pochi che rispondono c'è un arabo proprietario di una piccola tipografia nel quartiere con il più alto livello di immigrati. Al telefono mi ispira fiducia. Pochi giorni dopo inizio di nuovo a essere me stesso. Grafico in terra straniera, in una tipografia che pubblica un mensile in arabo e tedesco. Dopo quasi due mesi non ho ancora ricevuto una paga e quando lo faccio presente ai miei nuovi amici stranieri, loro non sembrano affatto sorpresi. Lavorare per gli arabi? Ahah, ridono ancora, lo sanno tutti che non pagano. Mi rimanevano poco più di cento euro in tasca. No, non ho avuto il coraggio di chiedere soldi ai miei genitori. Anche loro fanno fatica». Si ricomincia: «Vado a servire ai tavoli di una vera trattoria italiana, gestita da una simpatica famiglia di genovesi. Sfortuna vuole che Pagina 4 t ,`ti., . ' A CAGLIANO DEL CAPO IL PAESE Si SVUOTA. I GIOVANI PARTONO PER LA SCOME I LORO NONNI: "C'ERA PETIIVA" SOLO PRECARIATO, FUORI ABBIAMO UNA questa coppia di genovesi, dopo vent'anni, si sia stancata della Germania e presto chiuda il ristorante. In ogni caso non lascerò questa città». Anche Verena Tonelli, 30 anni, laurea in istituzioni e politiche dei diritti umani, da Saronno è emigrata a Berlino. Fa la barista. Papà architetto. Mamma pensionata. Fratello iscritto a ingegneria. Abita in condivisione: «Come quando ero studentessa a Padova. Ma senza un lavoro ben retribuito e un conto in banca, è complicato dimostrare di poter pagare l'affitto. Per questo ho dovuto cambiare sette case in meno di due anni». Nel bar di Berlino, Verena lavora con un contratto minijob: «400 euro mensili per 10 ore a settimana. La maggior parte di bar e ristoranti», spiega, «preferiscono stipulare questo tipo di contratto, e avere più dipendenti, poiché garantisce poche spese per il datore di lavoro. Al momento della mia scelta di lasciare l'Italia ero laureata da un anno e mezzo e lavoravo come cameriera in un ristorante». Perché Berlino? «La Germania non mi attirava», risponde Verena Tonelli: «Berlino è stata una scelta alla cieca. Non è una città ricca. Ma è ancora la città del possibile. Dove vivere tranquillamente a basse spese, dove si respirano libertà e apertura mentale. La ricerca di un lavoro nel mio campo di studi è passata in secondo piano. Ma questo non mi fa sentire di aver fallito. No, non ho mai pensato di ritornare in Italia». Da Saronno se n'è andato Alessandro Milani,30 anni, laurea in scienze dei beni culturali e master, assunto per 1500 euro al mese a Nîmes in Francia, in una compagnia di teatro di strada: «Dovrei occuparmi della produzione degli spettacoli. Ma considerate le ristrette economie, mi ritrovo a fare un po' di tutto. Dalle paghe al l'amministrazione» . E come una volta si parte dal Sud. L'8 agosto Angela lovinelli, 24 anni, è arrivata da Napoli a Londra in vacanza. Con lei il papà, la mamma e il fratello, 16 anni. Cosa succede lo racconta il padre in una lettera a "Repubblica": «E entra- ta in un Internet point, ha stampato un curriculum e lo ha consegnato alla National Gallery. Il giorno dopo ha sostenuto un colloquio e la sua vacanza si è subìto trasformata in lavoro, essendo stata assunta in servizio lunedì 13 agosto dalla multinazionale che gestisce le audioguide. Increduli io e mia moglie non sapevamo se gioire o temere di non vederla più tanto spesso». Altra storia, Flavia Gazineo, 31 anni, di Laino Borgo, Cosenza. Laurea in diagnostica e restauro dei beni culturali. A lungo disoccupata nell'Italia dell'arte. Da gennaio vive a Malta dove per mille auro al mese sta restaurando la cattedrale di San Giovanni alla Valletta. In questa fuga di giovani i paesi più piccoli, da Nord a Sud, si stanno riducendo a un mondo di soli vecchi. Uno di questi è Gagliano del Capo. Ultimo comune del Salento o primo d'Europa, dipende se lo guardi da terra o dal mare: 5.365 abitanti e altri 1.577 iscritti all'Aire, l'anagrafe degli italiani all'estero. Da gennaio sono espatriati in sette: Austria, Svizzera e Germania. Altri 32 se ne sono andati nel Nord Italia. Quarantasette sono morti. E soltanto 26 sono nati. Saldo demografico negativo anche nel 2011: 11 all'estero, 44 al Nord, 64 morti e 43 nati. E nel 2010: 14 all'estero, 28 al Nord, 44 morti e 35 nati. II falso mito del miracolo pugliese a Gagliano e dintorni svanisce con la fine della stagione turistica. Arrigo Colaci, 61 anni, autista di pullman, emigrante rientrato, e la moglie Vittoria, 57 anni, nel giro di pochi anni hanno visto partire tutti e tre i figli. L'ultimo è Zef, 29 anni, laurea in scienze motorie a Urbino nel 2006. E da allora lavori precari: insegnante a progetto nelle elementari, allenatore di calcio, mezza giornata da barista d'estate. Zef ha comprato un biglietto scontato, 95 euro. Volo Brindisi-Mal pensa perla sera del 14 settembre. Poi in auto fino a Bellinzona, Svizzera. Un anno fa è emigrata lì con il marito e i figli la sorella Lucia, 30 anni, diplomata in chimica. Il primo ad arrivare in A FIANCO: ALESSIO MURA (25 ANNI) BARISTA. SOTTO DA SINISTRA: MARCO GHIDELLI (32), NICOLA LOCATELLI (32) E BARBARA GHIZZI (31) DAVANTI ALLA LIBRERIA CHE HANNO APERTO A BERLINO; FABRIZIO SELVAGGI (31); UN PARCO DELLA CAPITALE TEDESCA. SOTTO: ANNA PALMER (30) FOTOGRAFA Canton Ticino, cinque anni fa, il fratello Rocco, 23 anni, l'unico in famiglia che non ha finito gli studi. «Mio padre era contrario. Se non studi, gli diceva, non vai da nessuna parte. Invece Rocco è stato il primo a sistemarsi», commenta Zef: «Emigrare è una presa di coscienza volontaria. A maggio ho deciso. Faccio la stagione al bar e vado via. Ti porta a partire la prospettiva di una sicurezza economica. Ma anche previdenziale, ora che per la nostra generazione in Italia la pensione non ci sarà più. No, non lascio nessuna fidanzata. Senza lavoro, chi la mantiene la fidanzata? I miei sono felici che parta. Il mio sogno da bambino era rimanere a Gagliano. E una volta, con 34 11~so 120 settembre 2012 Mondo Universitario Pagina 5 una laurea rimanevi. Ma negli ultimi due anni anche chi ha un titolo di studio deve andar fuori». Zef dice che porterà con sé tre album di fotografie: «Le foto mie da piccolo, quelle con gli amici e la famiglia». A Bellinzona lo aspetta un colloquio per un posto da barista: «Dovrei anche studiare e fare due anni di abilitazione all'insegnamento. Il mio obiettivo è sempre insegnare ginnastica». Altri di Gagliano li hanno presi nei cantieri. Suo fratello Rocco, per esempio. O Fausto Profico, 24 anni, che nel Salento lavorava in un cementificio a 28 euro al giorno, 600 al mese. «In Svizzera si guadagna molto di più», dice Profico, «e lo stipendio è sicuro». Rocco e Fausto fanno gli stuccatori. Lo stesso lavoro di molti emigranti di allora. Quando mezza Italia partiva. Dalla Puglia al Friuli, che ancora non era il ricco Nord-Est. Stuccatori come Arialdo Bulfon, tornato a 40 anni da Berna alla provincia di Udine. Una copia del "Martin Eden" di Jack London e gli arnesi del mestiere chiusi in valigia. Lo riportarono a casa in ambulanza. A sue spese. Giusto in tempo per farlo morire nelle braccia di sua moglie Lina che lo aspettava a Peonia. Un lento addio, mano nella mano. Si era ammalato ai reni, Arialdo Bulfon. E alla Svizzera non serviva più. hanno collaborato Silvia Certuni e Stefano Vergine 20 settembre 2012 1 1£spresso 135 Mondo Universitario Pagina 6 POLTRONE ROVENTI Retto sem pre ri Il loro mandato è scaduto ma resistono grazie a un codicillo della riforma Gelmini e al sostegno del nuovo ministro. E nelle università è rivolta non se ne vogliono andare. Non si parla di figli eterni adolescenti, o di politici attaccati alla poltrona, ma di stimati accadeE mici sulla soglia di una rispettabile vecchiaia. Una ventina di rettori di altrettante università, scaduti o in scadenza, aggrappati a un codicillo che gli permette di restare per un altro anno in carica. Con la benedizione del meritocratico ministro Profumo. Ma la vicenda sta scatenando la guerra, metaforica e giudiziaria, in molti atenei: da Torino a Messina, da Parma a Viterbo. Dove centinaia di docenti non ci stanno e chiedono ai Magnifici di farsi da parte. Per loro, l'ultima doccia fredda è arrivata da Parma. Dove il Tar ha dato ragione al rettore Gìno Ferretti, e congelato le elezioni per sostituirlo sulla poltrona che occupa dal lontano 2000. Il mandato di Ferretti, scaduto nel giugno 2011, era già stato prorogato di un anno in virtù di un comma della riforma Geltnini, che prevedeva che i rettori in carica al momento dell'adozione dei nuovi statuti potessero restare per altri dodici mesi. Una norma di transizione, per accompagnare il passaggio dal vecchio al nuovo. Che però è stata interpretata da Ferretti, così come da molti dei suoi colleghi, in modo estensivo: agganciando alla prima proroga, dal 2011 al2012, una seconda aggiuntina,di un altro anno. Tutto si gioca sull'interpretazione del concetto di "adozione dello statuto", dilatata dai rettori resistenti fino alla fine del lungo iter di approvazione, dopo i passaggi ministeriali, le modifiche e l'ultimo bollo. Così si apre per i Magnifici scaduti la pos- Mondo Universitario IL RETTORE DELL'UNIVERSITÀ DI PARMA GINO FERRETTI. A SINISTRA: FEDERICO PIZZAROTTI E, SOTTO, VITTORIO GRILLI CON LA EX MOGLIE LISA LOWENSTEIN sibilità cui chiedere una proroga-bis, e si permette anche a quelli che scadono nel 2012 di allungarsi il mandato di un anno. Ma la vicenda ha fatto infuriare molti, nel mondo universitario. Così, negli ultimi mesi è nato un movimento "no-proroga rettori", al quale hanno aderito centinaia di docenti. I prof hanno raccolto firme, dato battaglia, preparato ricorsi. Qualcuno lo hanno vinto, come nel caso di Perugia, che ha bocciato la proroga dei rettore Bistoni (al tredicesimo anno). Altri li hanno persi, come a L'Aquila e Parma. Altrove hanno ottenuto una vittoria "politica", con i Magnifici che dì loro spontanea volontà hanno rinunciato alla proroga-bis: come a Chieti, a Reggio Calabria, alla Statale di Milano. Ma nella maggioranza degli atenei i rettori si accingono a usare tutto l'anno-bis. Spalleggiati da un alleato potente: il ministro,che ha avallato la loro interpretazione dei codicillo Gelmini, dicendo: vale il momento dell'adozione "definitiva" dello statuto, per poter dare "piena attuazione" alla riforma. Così ovunque, nelle cause giudiziarie in corso, il ministero si è schierato a difesa dei rettori. Non la pensano così i numerosi prof in rivolta. Come il giurista torinese Raffaele Caterina, uno dei protagonisti della battaglia che nell'ateneo di Torino oppone il senato accademico, che ha chiesto che le elezioni siano indette rapidamente, al rettore Pellizzetti, che intende restare lì fino a settembre 2013: « Sarà pure una piccola vicenda, ma mi pare embleinatica dell'andazzo di un intero paese», commenta Caterina, secondo cui il problema è anche nel fatto che i ministri si confrontano quasi esclusivamente con i rettori, ignorando il resto dell'università. Ne sa qualcosa Francesca Petrocchi, prima firmataria dell'appello no-proroga e docente all'università della Tuscia, dove "governa" dal 1999 Marco Mancini,che incidentalmente è anche a capo della Conferenza dei rettori: «La legge parla chiaro, siamo contro un'interpretazione capziosa, furbesca, che ha l'unico scopo di far restare Roberta Carlini tutto proprio così com 'è». Pagina 7 In tutti i settori, la carica delle "seconde generazioni" Le Imprese vanno a cacca deli' Per muoversi sui mercati esteri e su quelli "etnici" interni, le aziende hanno bisogno di : cinesi, albanesi o indiani laureati nelle università italiane. Ma inserirli non è facile: cose è nata una start-up di Edoardorgna / illustrazione di BeppeGiacobbe ercasi laureato/a in ingegneria meccanica o elettronica, area tecnicocommerciale, per potenziamento filiale cinese. Si valutano candidati madrelingua". "Cerchiamo laureati in economia e commercio di origine e/o cultura indiana". La bacheca virtuale non lascia spazio a equivoci. «E vero, siamo alla ricerca di giovani multiculturali: per le aziende italiane che puntano all'internazionalizzazione, ma anche per quelle, italiane o straniere, che desiderano esplorare il mercato interno utilizzando il valore in più che possono dare, in un team, competenze provenienti dalle comunità d'immigrazione». BonBoard è nata da poco a Milano («La città italiana con il livello professionale più importante per gli immigrati»), con cinque soci, una squadra di 6 persone e un advisory board che sfoggia nomi prestigiosi come Innocenzo Cipolletta (che ne è il presidente), Marcello Messori, Angelo Tantazzi. «La scintilla è scattata con la suggestione di una socia, Aude Pouplier», continua a spiegare Stefania Celsi, tra i fondatori e amministratore unico, ex partner del colosso della consulenza direzionale Accenture. «Francese, nei suoi anni di lavoro in giro per il mondo ha visto sul campo e toccato con mano quanto fosse importante l'apporto di colleghi con una doppia cultura». Quella d'origine e quella locale, d'adozione "migratoria". Ed effettivamente, quante volte capita di vedere, a ogni livello, nei team delle società anglosassoni, soci e collaboratori di sangue cinese, indiano, bengalese o variamente arabo. Cosa in Italia ancora poco comune. Un grosso limite per le nostre imprese con aspirazioni internazionali. «Nonostante una lunga storia di flussi, in entrata e in uscita, il Mondo Universitario nostro Paese non ha mai fatto una vera riflessione sull'opportunità di mettere a frutto i talenti e le risorse migratorie». Quello che intende fare la nuova start-up, composta da un gruppo proveniente dalla consulenza manageriale e dalla formazione e selezione delle risorse umane, creando un ponte qualificato tra il bisogno degli imprenditori e la disponibilità dei giovani, «selezionando questi ultimi per arricchire le capacità dei primi per affrontare i mercati». E questo vale innanzitutto per le piccole e medie imprese che devono gestire il processo di espansione all'estero, necessario spesso per sopravvivere. «Andare in India avendo integrato nel team risorse biculturali italo-indiane è un'arma in più forte. Ma la regola vale anche per le grandi aziende, dal settore bancario a quello della grande distribuzione, che devono spesso affrontare l'innovazione dell'offerta etnica in Italia: se hanno componenti interne speci- Per una squadra multietnica Innocenzo Cipolletta, presidente dell'advisory board di BonBoard, la start-up milanese che si propone per selezionare talenti multiculturali e inserirli nei team aziendali. fiche, dal campo del marketing a quello del customer care, possono lavorare meglio con quel nuovo segmento di popolazione di 4,5 milioni di migranti, che rappresentano l'usi del Pil italiano, con un reddito dichiarato medio di 12.500 euro l'anno», dice ancora Celsi. Numeri importanti, finora sottovalutati, dagli sportelli del credito agli scaffali dei supermercati, dove ancora latitano o quasi piatti precotti al curry o gli ingredienti per un buon cous-cous. È la forza del "Fattore M', come multiculturalità. «In Italia siamo arrivati a Seconde Generazioni di immigrati che hanno fatto percorsi di studi completi di ottimo livello. Sono italo-cinesi, italo-albanesi, italo-nordafricani che, a prescindere dalla preparazione, hanno qualcosa in più da offrire, oltre alla semplice lingua d'origine: un bagaglio di conoscenza, esperienza, sensibilità e consuetudini della propria cultura». C'è già chi sta percorrendo la strada della selezione di questo personale. «Nellltalia del NordEst, diversi imprenditori nel mondo del manifatturiero e delle costruzioni hanno scovato e coltivato ottimi ragazzi per il processo di internazionalizzazione. Anche il cambio generazionale alla guida nelle imprese ha portato al vertice giovani aperti al tema. Ma non è ancora una pratica diffusa». Diciamo pure che è sporadica e spesso casuale, per quanto in molti casi fortunata. Trovare le risorse umane multiculturali giuste non è sempre facile. Soprattutto di questi tempi, in cui ogni euro speso è pesato e ripesato. E soprattutto per un'impresa mediopiccola. «Al di là dei meccanismi di sourcing tradizionali, che fanno venire a galla le competenze attraverso le università», continua Celsi, «noi abbiamo sviluppato un network di contatti con le comunità di immigrati sia online attraverso i social network - sia offline, Pagina 8 raz i •?;{ s...,.. r}ns. ,v!r.r.!i?r :.:.: [,cic :vc •;:c::_ WWM ........... .,.::., ... Universitari stranieri Gli studenti di nazionalità non italiana negli atenei italiani (3,6% dei totale). i Universitari albanesi Laureati stranieri Sono i primi stranieri negli atenei italiani, davanti a cinesi, romeni e greci. Il numero di chi finisce gli studi: facoltà prevalenti, medicina ed economia. con più di 30o associazioni, come quella degli ingegneri nordafricani». Proprio la comunità proveniente dall'Africa che va da Marrakech al Cairo, precisa, è la più attiva e organizzata. Una sorpresa, ma non troppo, considerato che quella egiziana è l'emigrazione più remota, per esempio, in una città come Milano. «Sono in grado di mettere bene a frutto la propria biculturalità, per esempio dal punto di vista di comunicazione e web. In termini di laureati, anche gli albanesi sono un numero significativo. E se la presenza storica forte è nel campo della medicina, si stanno rafforzando nelle facoltà di ingegneria ed economia. C'è poi la componente cinese che sta diventando importante a cominciare dai bacini di Firenze, Prato, Milano e Roma». Le aziende, dall'altra parte, oggi cercano ingegneri per fare affari in Cina, oltre che giovani con competenze Mondo Universitario 2.0 informatiche-consulenziali per svariati mercati. Senza contare esigenze particolari per nuovi business in Paesi del Centro Africa come il Mozambico. «Il valore in più di BonBoard», spiega Innocenzo Cipolletta, presidente dell'Università di Trento e di Ubs Italia sim, in passato anche al vertice delle Ferrovie dello Stato, «sta anche nel coniugare la ricerca di questi talenti con progetti di riorganizzazione delle imprese che permettano loro di accettare e recepire le diversità culturali. Solo così le nostre aziende potranno interpretare - in modo competitivo - i mercati esteri e quelli "etnici" interni che «Ci sono etnie già avanti: come i i assai organizzati nella comunicazione» stanno nascendo. Introdurre elementi di diversità in azienda significa creare disturbo: saperlo trasformare in una potenzialità è la sfida nel momento in cui tutti i Paesi hanno componenti culturali differenti e mercati in cui non si parla un'unica lingua e non si fa riferimento tutti agli stessi principi». Quindi la start-up accompagna l'inserimento di queste figure multiculturali, insegnando la gestione dei nuovi team con gli stranieri (un po' come una squadra di calcio di oggi...). Le piccole e medie imprese sono pronte al salto? «Dal punto di vista culturale c'è interesse. Che poi si trasformi per tutti in interesse operativo, è presto per dirlo. Oggi, comunque, le aziende avvertono l'esigenza di avere a disposizione subito questa risorsa, in modo che la persona mantenga la propria specificità per parlare con gli altri soggetti, ma sia anche in grado di interagire con i colleghi. I Paesi con molte grandi aziende -come Francia e Germania - hanno affrontato prima il passaggio, contagiando le loro piccole imprese. Noi, che abbiamo una struttura industriale con una più forte presenza delle pmi, siamo un po' indietro. Ma sono sempre di più gli imprenditori che mi dicono: vorrei cogliere un'opportunità di business in quel Paese, ma chi ci mando?». © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina 9 Università, questi concorsi non la salveranno LUCIANO MODICA criteri e i parametri per valutare i curricula dei candi- ' concorsi universitari sono un argomento maledetto: piace troppo ai professori universitari e disgusta tutti gli altri. Un argomento su cui si discute da sempre e per il quale non esistono soluzioni perfette. Un argomento fonte di molti scandali, anche se di impatto effettivo minore di quanto si voglia far credere. Un argomento comunque importante perché regola lo sviluppo della ricerca e l'emergere dei migliori talenti. Sono molti anni che i concorsi universitari sono andati in tilt. Dopo diciannove anni di rari e criticati (all'epoca) concorsi nazionali, dopo otto anni di frequenti e criticati concorsi locali, la legge Moratti del 2005 aveva introdotto nuove procedure. Mala fretta con cui furono emanati i decreti applicativi all'approssimarsi delle elezioni politiche del 2006 fece sì che questi risultassero tecnicamente inapplicabili. Così, dopo due anni di blocco, una legge del governo Prodi riaprì temporaneamente i concorsi locali per il solo 2008. Ne è seguito, dal 2009, un nuovo blocco che si sarebbe dovuto sciogliere con l'applicazione della legge Gelmini del dicembre 2010. Però, a due anni di distanza, siamo ancora nelle fasi preliminari e quindi, in sostanza, da sette anni il sistema del reclutamento e delle promozioni è entrato in crisi, con gravi conseguenze sul mondo universitario delle quali al suo esterno nessuno sembra rendersi davvero conto. L'effetto più perverso è che molti giovani e brillanti ricercatori italiani, in assenza di prospettive certe, hanno accettato proposte di assunzione di università straniere. Ma non è l'unico. Il nuovo sistema della legge Gelmini, che segue peraltro proposte avanzate dagli esperti sin dal 2004, ha spezzato la procedura del reclutamento e delle promozioni in due fasi. La prima nazionale, che porta al conseguimento di uri abilitazione scientifica (a numero aperto); la seconda locale, riservata ai soli abilitati, che permette ad un ateneo, dopo una selezione competitiva, di reclutare un nuovo professore. Attualmente è aperto il primo bando per il conseguimento dell'abilitazione nazionale ma nuvole nere si addensano già sul suo futuro. Fioccano gli interventi critici sulla stampa e sui siti specializzati (uno di questi ha raggiunto il milione di accessi in soli dieci mesi di vita), come non mancano le prese di distanza degli organi rappresentativi universitari e anche i ricorsi ai tribunali amministrativi proposti da autorevoli giuristi. L'argomento del contendere è, in fondo, uno solo. Nel giugno scorso un decreto ministeriale ha fissato, su indicazione dell'Agenzia nazionale di valutazione universitaria (Anvur), i parametri sono ampiamente condivisibili, al di là di questioni di dettaglio, e costituiscono una profonda e interessante analisi dei numerosi e disparati fattori che contribuiscono a delineare la qualità scientifica di un docente universitario. In un punto il decreto ha però voluto strafare, introducendo alcuni indicatori qualiquantitativi di tipo sostanzialmente bibliometrico, per i quali sembra che occorra superare alcune soglie numeriche (le famose mediane) per essere ammessi rispettivamente all'abilitazione o al sorteggio perle commissioni giudicatrici. Sembra? Il punto è proprio questo. Il decreto, il cui testo non fa onore agli estensori tanto è intricato, in un comma afferma che possono essere abilitati esclusivamente i candidati che superano le soglie numeriche previste, in un altro che le commissioni possono utilizzare criteri diversi. Tutti gli indicatori bibliometrici sono interessanti ma presentano forti limiti di descrittività, documentate da miriadi di analisi pubblicate sulle riviste specializzate, tanto che in nessun paese sono utilizzati in modo automatico e vincolante per reclutare o promuovere i docenti. Speriamo che l'Italia non si lanci incautamente nell'essere il primo a farlo, perché le conseguenze potrebbero essere addirittura disastrose per il futuro dell'università, come è stato ripetutamente segnalato da alcuni tra i più validi intellettuali italiani di varie discipline. Recentemente i componenti del consiglio direttivo dell'Anvur hanno diffuso l'idea che il superamento delle mediane non sia in realtà prescrittivo. Ma, in temi di diritto, il decreto ministeriale prevale evidentemente su ogni altra pur autorevole considerazione. Avanzo allora una modesta proposta al ministro Profumo: intervenga autorevolmente e chiarisca una volta per tutte, meglio se con un provvedimento normativo erga omnes, che il superamento delle mediane è uno dei fattori di cui le commissioni dovranno tener conto e non la condizione necessaria per conseguire l'abilitazione. È forse il modo migliore per salvare l'intera procedura dell'abilitazione, per rimettere in moto il sistema concorsuale bloccato, per garantire parità di trattamento contro ogni gattopardismo universitario, per raccogliere con saggezza le critiche motivate riguardanti i parametri bibliometrici. Ma soprattutto è il modo migliore per salvaguardare l'irriducibile e positiva complessità della mappa dei saperi nelle università e quindi la sopravvivenza di intere nicchie disciplinari di grande prestigio internazionale e valore culturale, anche quando fanno capo a piccole comunità o si caratterizzano per approcci innovativi o interdisciplinari. Mondo Universitario dati e la qualificazione dei commissari. Questi criteri e Pagina 10 IL MODO SBAGLIATO PAR VALUTARE I FUTURI PROF CARLO RINnNI* S i è rimessa in moto la macchina dei concorsi per professore universitario. È una buona notizia, ma ieri il Cun (Consiglio Universitario Nazionale) ha presentato una mozione in cui chiede che il ministro dell'Istruzione intervenga per garantire «trasparenza in merito alle procedure». È un segno forte del fatto che qualche cosa non sta funzionando nel modo giusto. Il Cun chiede anche al ministro di «voler autorevolmente intervenire affinché sia chiaramente stabilito... se il superamento dei valori mediani degli indicatori quantitativi abbia o meno natura vincolante ai fini del conseguimento dell'abilitazione». Ad una prima lettura non si capisce nulla: solo che è in atto un oscuro confronto fra gli organi amministrativi che stanno definendo le regole della procedura e il Cun. Un contrasto che preoccupa perché dall'applicazione di queste norme dipende la scelta di coloro che educheranno le prossime generazioni di studenti italiani, dipende la qualità della nostra futura ricerca scientifica. La riforma Gelmini ha previsto che il reclutamento avvenga con una procedura che si articola in due fasi: un ricercatore diventa professore se vince un concorso bandito localmente da ciascuna università, ma al concorso possono partecipare solo candidati che siano stati preventivamente dichiarati idonei da una commissione nazionale. Il 22 luglio scorso è stata indetta la procedura per il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale e durante l'estate il ministero e lAgenzia nazionale di valutazione del sistema universitario (Anvur) hanno prodotto la normativa destinata a regolare i lavori della commissione nazionale per il conferimento delle idoneità. A giugno il mi- Mondo Universitario nistero ha definito gli «indicatori di attività scientifica» ed ha affermato che la commissione dovrà «misurare l'impatto della produzione scientifica del candidato». Questa frase nasconde una scelta filosofica: la ricerca scientifica è una quantità suscettibile di essere misurata. Ma come si misura la quantità della ricerca? La norma fondamentale del decreto di giugno afferma che «l'abilitazione può essere attribuita esclusivamente ai candidati i cui indicatori dell'importanza e dell'impatto della produzione scientifica complessiva presentino i valori richiesti». E quali sono questi valori? Il parametro fondamentale è la «mediana», cioè la media della produttività scientifica di coloro che sono già professori. Il candidato a conseguire l'abilitazione deve avere prodotto pubblicazioni superiori alla media, altrimenti è escluso. Le pubblicazioni - almeno nel calcolo di uno degli indicatori - sono valutate per il loro numero. Ciò significa che, per partecipare alla procedura di valutazione nazionale, bisogna avere scritto un certo numero di libri, oppure un certo numero di articoli pubblicati su riviste scientifiche. Non conta la serietà dell'editore e la diffusione dell'articolo o del libro e neppure conta il numero di pagine che lo studioso ha scritto: tre libri di cento pagine ciascuno che nessuno ha letto consentono di partecipare alla selezione; un libro di mille pagine che ha dato un contributo decisivo alla ricerca in un certo settore scientifico invece non basta. Il senso dell'interrogazione del Cun al ministro è dunque questo: possibile che il sistema sia così stolto? Conosco un giovane studioso italiano che, nel giugno scorso, ha saputo che un'importante università canadese aveva bandito un concorso per un professore nella sua materia. Ha mandato per posta la domanda e l'elenco delle sue pubblicazioni. Dopo qualche settimana è stato contattato: i professori del dipartimento che aveva bandito il concorso volevano conoscerlo, assieme ad alcuni degli altri candidati. Hanno passato assieme una giornata, confrontando le rispettive esigenze e discutendo dei loro progetti di ricerca. Lo studioso italiano è stato scelto, come spesso succede, perché ha una preparazione eccellente (l'Italia ha speso molti denari per formarlo!). Prenderà servizio a ottobre: i suoi colleghi italiani intanto aspettavano che l'Anvur calcolasse le mediane. Ecco perché i cervelli italiani fuggono. *Ordinario di diritto privato nell'Università di Milano twitter: @carlorimini Pagina 11 Politecnico di Milano Ricorso al Tar dei docenti pro-italiano Corsi .in inglese contro la Costituzione? A Milano, il Politecnico in versione only speak english rischia di rimanere sulla carta. La Corte costituzionale, infatti, potrebbe dire la sua a proposito dei corsi di laurea dai quali è bandita la lingua italiana. Una schiera di cento professori si oppone alle decisioni già assunte dai vertici dell'università. Qui, a partire dal 2014, per le lauree magistrali (il cosiddetto +2) e i dottorati di ricerca è prevista l'introduzione dell'inglese come «lingua ufficiale dell'ateneo». Insomma, non solo per alcune lezioni o seminari. L'idioma più parlato al mondo diventerà lessico esclusivo per tutti gli insegnamenti, in nome di una preparazione più internazionale degli studenti, come ha sempre sostenuto il rettore Giovanni Azzone. Attorno al tema si sono appassionati intellettuali, economisti, persino l'Accademia della Crusca ha tenuto un convegno. Adesso si muovono i docenti: vogliono che sia la Consulta a pronunciarsi sulla legittimità di tale scelta. In contrasto, a loro parere, con alcune disposizioni costituzionali sulla tutela dell'italiano come patrimonio culturale della nazione. Inoltre, sarebbe violata la libertà di insegnamento e il diritto all'istruzione. A sollevare i dubbi di costituzionalità dovrà essere il Tar Lombardia a cui i professori sono ricorsi (l'udienza è prevista per mercoledì 19) affinché sia annullata una delibera dei Senato accademico. «AI Tribunale regionale chiediamo che la questione venga rimessa alla Consulta», afferma Maria Agostina Cabiddu, avvocato con cattedra al Politecnico, «visto che una parte della legge di Mariastella Gelmini sembra permettere che ci siano interi corsi in lingua straniera». Più che internazionalizzare la scuola questo, a parere dei legale che rappresenta i cento accademici, «finirà soltanto per inglesizzare l'ateneo». Una strada sulla quale erano già andate alcune università in Svezia e Finlandia. «Adesso stanno tornando indietro: la loro lingua rischia di diventare un idioma provinciale», sostiene Cabiddu. Un eventuale pronunciamento della Corte sulla materia potrebbe avere conseguenze clamorose, costringendo università famose (e sempre più spesso anche scuole superiori) a rivedere i propri disegni in chiave internazionale. Fabio Sottocomola Mondo Universitario Pagina 12 ATTUALITA Per gli inglesi è sempre stato un normale rito di passaggio mandare i figli a studiare lontano da casa. Oggi molti scelgono di restare in famiglia. L'università? Non più lontana da casa L ra un rito di passaggio scontato nella cultura inglese, come quello del tè alle cinque. Raggiunti 118 anni e l'età per l'università, i figli facevano domanda in tre atenei per garantirsi l'ingresso in almeno uno e i genitori controllavano che ci fossero sufficienti chilometri di distanza perché la prole non venisse tentata di rientrare ogni fine settimana. Alzarsi per tempo al mattino, cucinare da soli, far tornare i conti del budget stabilito da papà e mamma, lavare e stirare i vestiti, pulire la camera e la cucina del pensionato, e oltre a studiare naturalmente. «Questo è quello che ho imparato abitando lontano. Ho scelto la facoltà di Fisica guardando la qualità del corso, ma mi sono anche assicurato che l'università, quella di Manchester, nel Nord dell'Inghilterra, si trovasse ad almeno 160 chilometri di distanza dai miei genitori che abitavano nel Sud, a Paignton», spiega Patrick Webb, 46 anni, manager di tecnologia in un centro di ricerca. Allora, nel 1985, era lo Stato a pagare le tasse dell'università e anche una borsa di studio con la quale gli studenti vivevano. Soldi degli studenti inglesi studia vicino a casa per risparmiare. Era l'8% nel 1984 delle ragazze italiane e il 31,3% dei ragazzi rientrano in famiglia alla fine di un periodo di studio Mondo Universitario legati al livello di reddito familiare, certo, ma garantiti comunque alle classi medie, già più che benestanti. Oggi è tutto diverso. Per guadagnarsi una laurea gli studenti devono pagare almneno 10.800 euro all'anno in tasse universitarie, oltre a 125 euro alla settimana per una camera, cifra che non comprende pasti, viaggi e altri extra. Si può fare un prestito che verrà restituito una volta ottenuto uno stipendio ragionevole, ma migliaia di studenti preferiscono vivere con mamma e papà per evitare di accumulare una montagna di debiti. Secondo le ultime cifre pubblicate dall'Higher education funding council for England, il più importante ente per la distribuzione di fondi alle università inglesi, il 23 per cento degli studenti oggi in Gran Bretagna decide di trascorrere a casa il primo anno di università per risparmiare. Nel 2010 oltre 310 mila studenti al primo anno, il 19 per cento del totale, hanno deciso di studiare vicino a casa. Erano soltanto V8 per cento nel 1984. Secondo un sondaggio della banca HSBC, oltre un quarto dei genitori vuole chiedere ai figli di stare a casa durante gli anni universitari per contenere i costi. 1 giovani universitari inglesi stanno seguendo le orme dei loro colleghi nel resto SILVIA GuzzETTI d'Europa. Pagina 13 Rebus Cattolica, che farà Ornaghi? All'istituto Toniolo, l'ente che sta un piano sopra l'università Cattolica e la controlla, aspettano entro poche settimane le dimissioni da rettore di Lorenzo Ornaghi. La voce non è nuova: girava già prima dell'estate, poi nulla era accaduto. Eppure, ieri come oggi c'è chi intravede già un possibile successore nella Mondo Universitario persona di Michele Lenoci, un filosofo allievo dell'ex magnifico Adriano Bausola e gradito alle gerarchie ecclesiastiche. Insomma, un candidato con le carte in regola. Però, fino a quando l'attuale ministro dei Beni culturali non lascerà la poltrona di Largo Gemelli (è in aspettativa) non potrà neppure partire il lungo percorso, che coinvolge tra l'altro 14 facoltà e migliaia di docenti, per dare al più grande centro culturale cattolico d'Europa un nuovo capo entro novembre, in concomitanza con l'avvio dell'anno accademico. Ornaghi sembra avere scelto la politica quale campo in cui stare nel futuro ma l'incertezza è tanta, dal destino dei governo alla data delle elezioni. Dunque, meglio stare fermi che sbagliare le mosse. Ma può la Cattolica avviarsi a un secondo anno senza una guida forte? II vicario Franco Anelli, insigne giurista, non ha fatto scelte strategiche per l'ateneo. E sembra propenso a non trascurare la propria attività professionale, come dimostra l'incarico da super partes nella querelle della quotata Camfin che contrappone Marco Tronchetti Provera alla famiglia genovese Malacalza. La verità, fanno notare in Cattolica, è che c'è bisogno di una governance forte, dal momento che vanno affrontati grossi problemi. Il primo si chiama Policlinico Gemelli a Roma con un bilancio (2011) in rosso per cento milioni ed enormi debiti con le banche. Per sbrogliare la matassa non basta che il direttore amministrativo Marco Elefanti stia in pianta stabile nella Capitale più che a Milano. Il rischio che il buco nel bilancio si traferisca all'ateneo appare sempre più concreto. Pagina 14 La presidente Irutreassa illustra le novità in vista della eonvoc,avione della Redditi bassi che devono fare i conti con la riforma delle pensioni da Rimini SIMONA D'ALESSIO n futuro ricco di opportunità ma anche di incognite per i giovani ingegneri: da un lato, infatti, un ventaglio di possibilità di carriera (in Italia e all'estero) legate al progresso tecnologico, dall'altro ci si ritrova con dei redditi (ancora troppo) bassi. Al quinto anno di attività, i liberi professionisti under35 non raggiungono i 26 mila euro lordi annui, e nel Sud del paese un giovane ha entrate in media inferiori di oltre 8 mila e 100 euro, pari al 62% dei guadagni di un collega del Nord, secondo Inarcassa, l'ente previdenziale di categoria. Cifre messe in luce dalla presidente, Paola Muratorio, al 57° congresso del Cni a Rimini, che poi si sofferma su un'altra questione delicatissima: le modifiche ai regolamenti pensionistici per raggiungere la sostenibilità dei bilanci a 50 anni e, annuncia in un colloquio con Italia Oggi, «proprio oggi (ieri per chi legge) consegnate al ministero del welfare insieme al bilancio tecnico» come stabilito dalla legge 214/2011. E che la stessa Muratorio illustrerà di persona al ministro del lavoro Elsa Fornero il 19 settembre, come da convocazione arrivata ieri. Domanda. Quali sono le novità della riforma di Inarcassa? Risposta. La prima, fondamentale notizia è che non ci sono aumenti della contribuzione, rispetto alle norme del 2008. L'aliquota soggettiva rimane al 14,50%: abbiamo voluto verificare se questa percentuale fosse sufficiente a centrare, con altri ritocchi, il traguardo di una sostenibilità non più a 30, ma a 50 anni, e dagli studi degli attuari e degli esperti abbiamo ottenuto un riscontro positivo. E, a questo punto, ci siamo concentrati sulle ulteriori Mondo Universitario Anni di atti professionale Numero di iscritti (al netto delle cancellazioni) REDDITI MEDI LORDI NETTI M F 1° anno 2.546 921 3.467 11.139 9.531 10.712 8.584 7.519 8.301 2° anno 2.348 776 3.124 17.682 14.718 16.946 12.889 10.952 12.427 3° anno 2.523 746 3.269 21.321 16.456 20.211 15.169 12.103 14.473 4° anno 2.538 722 3.260 23.950 19.240 22.907 16.816 13.865 16.163 5° anno 2.405 600 3.005 26.584 20.794 25.428 18.467 14.839 17.742 misure, senza eliminare nessuna delle forme di solidarietà che oggi Inarcassa assicura, e inseguendo l'obiettivo di un'equità fra le generazioni. Ecco perché definisco il nostro im sistema contributivo «ad hoc», perché abbiamo scelto di non appiattirci sulle disposizioni della legge 335/1995, confezionando un modello destinato alla nostra platea. D. Il contributo soggettivo, in capo al professionista , dunque, non aumenta. E quello integrativo a carico del cliente? R. E al 4% e ci rimarrà. Tuttavia, abbiamo deciso di servirci del meccanismo consentito dalla legge Lo Presti (133/2011, dal nome del parlamentare che l'ha depositata, Nino Lo Presti di Fli, ndr) per la retrocessione di parte dell'aliquota: ciò avverrà in misura inversamente proporzionale agli anni di calcolo retributivo della pensione, ossia per chi ha meno di 10 anni di anzianità retributiva ci sarà un arretramento della quota del 2ç%, Totale REDDITI MEDI M F Totale per chi ha da 10 a 20 anni sarà dell'1 ,759, per chi ha da 20 a 30 anni dell'1,50%, infine chi ha più di 30 anni vedrà la percentuale fissata all'l%. D. Crescerà, invece, di un anno l'età pensionabile. R. Sì, la categoria ha una soglia fissata a 65 anni, valida sia per gli uomini, sia per le donne. L'aumento, che scatterà dal 2013, sarà di un anno, però si verificherà gra- M F Totale dualmente, ossia ogni anno ieta salirà di tre mesi. Inoltre, i coefficienti per il calcolo dell'assegno seguiranno un criterio che non è più quello dell'anzianità, bensì quello dell'anno di nascita del professionista. D. Perché? Pagina 15 R. Le nostre stime indicano che avremo una flessibilità in uscita dai 63 ai 70 anni, pertanto ci è sembrato assurdo penalizzare chi va in pensione più tardi, a parità di anno di nascita. L'aspettativa di vita è, infatti, indifferente, e va garantito a chi rimane più tempo in attività il diritto a ritrovarsi con una prestazione previdenziale maggiore. Altra caratteristica interessante è che la rivalutazione dei contributi ci sarà non secondo l'andamento del prodotto interno lordo italiano, adesso è all'1,517t, ma secondo la crescita di Inarcassa, attestata attualmente sul 3,8%, un dato desunto dal monte dei redditi professionali. E, nel contempo, l'aspettativa di vita prevista, ai fini del computo pensionistico, degli iscritti sarà superiore di 2-3 anni a quella media nazionale. D. Lei non manca di esprimere, in più occasioni, la sua preoccupazione per la crisi occupazionale e i suoi riflessi sui giovani. Come pensa giudicheranno la riforma? i R. So già, dai numerosi incontri tenuti in varie parti d'Italia negli ultimi mesi, che il testo è condiviso. E, a questo proposito, c'è un'altra misura importante, ovvero il mantenimento dei 5 anni di agevolazione per i giovani: al 30° anno di iscrizione alla cassa saranno, infatti, accreditati loro, con origine dal momento in cui avrebbero dovuto pagare, i contributi interi. Pensando sempre alle categorie più svantaggiate, abbiamo introdotto la pensione minima, seguendo i parametri Isee, e definendo che l'assegno non potrà essere superiore alla media dei redditi prodotti durante vita lavorativa. E, infine, c'è la chance della pensione volontaria: chi può e desidera migliorare la propria posizione può farlo con un versamento dell'8,5%. Mondo Universitario Pagina 16 . Patto fra generaz i oni da rinnovare Massa : non manca la preoccupazione per il futuro li ordini professionali devono rivestire «un ruolo di cerniera fra le istituzioni e rl cittadino, nonché di accompagnamento dei più giovani nella ricerca di nuove soluzioni lavorative». Gianni Massa, classe 1965, da vicepresidente del Cni confida nel decollo di un «patto intergenerazionale nel quale, anche sotto il profilo pensionistico, prevalga la solidarietà verso le nuove leve della professione». Do da.. Lei in le istanze giovanili al Cui. Quali caratteristiche riscontra negli under45? Risposta. Non manca, purtroppo, la fondata preoccupazione per il domani. Sarebbe opportuno discutere sulla flessibilità del nostro lavoro: è corretto pensare alla libera professione come a una serie di esperienze diverse da coltivare, non lo è, invece, trovarsi di fronte al fenomeno delle cosiddette finte partite Iva che ti obbligano a iscriverti al nostro ente di previdenza, Inarcassa, senza però, poi, riuscire a pagare i contributi perché il reddito non è congruo. Mondo Universitario D. Quali sono i suoi suggerimenti? R. Spesso mi trovo a confronto con ragazzi che chiedono il lavoro fisso, ai quali rispondo che devono, invece, percorrere altre strade: la professione che hanno scelto è e deve essere elastica. Magari, in futuro troveranno formule più stabili, però è giusto non demonizzino l'attività flessibile. C'è altro da demonizzare... D. A che cosa si riferisce? R. Alla frequente circostanza che quando noi professionisti partecipiamo all'assegnazione degli appalti troviamo come concorrenti docenti o, addirittura, dipartimenti delle università. La Costituzione stabilisce che gli atenei debbano promuovere lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica, perciò ritrovarli a partecipare alle gare al ribasso, per ragioni di mero carattere economico, mi fa pensare che tradiscano la missione di trasmettere passione nella materia. Io mi sentivo ingegnere ancor prima di conseguire il titolo: è ciò che dovrebbero instillare i professori nei propri studenti. Pagina 17 Università Vita-Salute San Raffaele, il futuro dei laureati in filosofia è nella comunicazione. Il futuro dei laureati in filosofia è nella comunicazione, almeno secondo l'Università Vita-Salute San Raffaele dove il 6% dei laureati in filosofia viene assunto per occuparsi di marketing, comunicazione epr, un altro 6% negli uffici stampa, un 6% in audiovideo-cinema. Si arriva al 9% nel giornalismo e nell'editoria. Intanto la facoltà dell'Università Vita-Salute San Raffaele compie dieci anni martedì prossimo. Il preside di facoltà I Iichele Di Francesco sarà, per l'occasione, il moderatore di una tavola rotonda su {«Pensare il futuro, il ruolo della filosofia» con Emanuele Severino, Giovanni Reale, Roberta de Monticelli e Diego Fusaro. Sarà presentato poi il «Certamen filosofico San Raffaele», una sorta di gran premio della filosofia che assegnerà tre borse di studio. Mondo Universitario Pagina 18 Opinionista lettore Via mai[ DOPPIO IMPIEGO PERCHE' VIE PERMESSO? TO al numero chiuso alle Facoltà di Medicina, emerge istantaneamente una palese contraddizione: gran parte dei medici che lavorano in una struttura pubblica, svolgono anche attività da libero professionista. Mi chiedo allora a cosa serve limitare il numero dei medici, se poi in tanti fanno il doppio lavoro. Non sarebbe meglio togliere la possibilità ai medici dipendenti di poterlo fare, aprendo la strada ad altri? L'INIQUITÁ della norma vale anche per altri settori pubblici: si pensi ai prq fessoci di ruolo (medie, superiori, università), che svolgono attività libero professionale, oppure ai tanti che, con l'autorizzazione del proprio superiore (Asl Comuni, ecc.) svolgono tale attività in aggiunta allo stipendio che hanno. Ovviamente facendo anche concorrenza «sleale» a praticare prezzi più bassi. Ne conosco tanti che hannofatto carte false per vincere un concorso, in modo da poter, fare anche la libera professione... Esempio eclatante è quello emerso durante gli ultimi scandali degli appalti, dove ad uno degli arrestati, già dipendente della Provincia, erano stati conferiti (prima del suo pensionamento) ruoli da professionista, sia al cantiere delle Leopoldine, che per i mondiali di ciclismo del2013. Era opportuno consentire questi incarichi? Insomma, a chi tanto a chi niente. Mondo Universitario Pagina 19 Come la scienza ci cambia la vita nano- fu t uro d eglI L'ultima frontiera della ricerca punta su prodotti "intelligenti" microscopiche. Come fosse Lego di Sara Gandolfi / Foto di Fulvia Farassino rattacieli autopulenti, banconote impermeabili, spugne mangiapetrolio calamitate negli oceani. Il futuro abita già i laboratori dell'Istituto italiano di tecnologia (Iit) a Genova, centro di ricerca d'eccellenza dove la fisica greca Athanassia Athanassiou e il suo team stanno mettendo a punto alcuni dei nanomateriali che presto rivoluzioneranno il nostro vivere quotidiano. In molti paragonano il boom del nanotech a ciò che l'Information technology e lo sviluppo dei computer sono stati negli Anni 8o-go. «Le nanoscienze ci permettono di scomporre e ricostruire il mondo in nanometri, la misura degli atomi e delle molecole, e dunque la dimensione della natura», spiega Umberto Veronesi, che alla "Nanoscience society" ha voluto dedicare l'ottava Conferenza mondiale sul Futuro della Scienza. «Per dare un'idea delle grandezze, una cellula misura 5 micron, dunque 5.ooo nanometri. Le possibilità che si aprono davanti a noi sono infinite, come infinite sono le forme e le combinazioni della natura». «Vai all'inizio della materia e poi la ricrei come vuoi tu, su misura. Come faresti coni mattoncini del Lego», spiega Athanassia Athanassiou. La missione del suo laboratorio, "Smart Materials", è di creare materiali intelligenti per i prodotti più svariati. «La corretta combinazione di polimeri con nanofiller specifici può portare allo sviluppo di materiali con proprietà su misura per una vasta gamma di applicazioni, come l'imballaggio alimentare, i sensori, i rivestimenti protettivi per l'edilizia o le schiume a uso ambientale. Il mio gruppo sta testando una serie di materiali creati inserendo su basi polimeriche, ossia di plastica, delle nanoparticelle sviluppate in laboratorio, con diverse funzionalità. Possono essere particelle di metallo, come l'argento, che ha forti proprietà antibatteriche, o ossidi come quello di titanio, che assorbe i raggi ultravioletti». Il team degli "Smart materials", per esempio, fobici e autopulenti per proteggere le superfici. Le applicazioni pratiche, per il prossimo futuro, si sprecano, dai pavimenti ai coating per gli edifici. Pensate alle vetrate o alle pareti dei grattacieli: basterà l'acqua piovana per ripulirli. Una rivoluzione tecnologica che però richiede molta cautela. «La sicurezza è uno dei problemi fondamentali nell'applicazione di queste nanotecnologie», ammette la ricercatrice. «Per esempio, l'argento è un materiale biocompatibile ma quando è di dimensioni molto piccole può entrare nelle cellule e ancora non sappiamo quali legami crea con le molecole all'interno del nostro organismo. Sono ancora necessarie molte ricerche in campo tossicologico, ma in commercio già si trovano cosmetici con ossidi di titanio e dentifrici con nanoparticelle antibatteriche di argento. Anche per i bambini. Io ai miei figli non li farei usare». O RIPRODUZIONE RISERVATA riesce a cambiare le proprietà di fibre naturali come la carta. «Possiamo impregnare qualsiasi tipo di carta dentro una soluzione speciale: un monomero di plastica si polimerizza intorno a ogni singola fibra di cellulosa separatamente; al tatto resta una carta, ma dopo il procedimento diventa totalmente idrofobica». Una "carta di plastica" su cui si può scrivere e stampare, ma che non si scioglie in acqua. Ideale per le banconote del futuro. Il trattamento si può applicare anche sul cotone o la lana, per la produzione di vestiti hi-tech, resistenti all'umidità. Altro settore di punta del nanotech è quello ambientale. «Possiamo produrre spugne per ripulire il mare dalle chiazze di petrolio e, inserendo delle nanoparticelle magnetiche, le spugne possono poi essere spostate dalle barche con grandi calamite, senza toccarle». Altrettanto importante potrà rivelarsi il nanotech nell'edilizia d'ultima generazione. Per esempio, utilizzando rivestimenti superidro- Mondo Universitario Pagina 20 ClNi IN C`(3RSFa ;1I ,I,'ISTITIJ`I'O ITtI,LAIvC3 I3I `(FCNflI,íIGt,1.I7I. GIkz1OY;# Di carta impermeabile, magari con l'aggiunta di nanoparticelle d'argento, antibatteriche. 0 con nanomagneti e particelle fluo, a prova di falsario. Le particelle idrofobiche rendono impermeabili le fibre naturali (carta, cotone, lana). Tra le idee, giacche a vento di carta, usa-e getta, per gli stadi. Il nanotrattamento idrofobico permette di tenere in archivio i documenti per tempi lunghissimi, evitando umidità e batteri. A base di schiuma di poliuretano e nanoparticelle di teflon, idrofobiche e oleofile, "catturano' benzina e petrolio in mare. In sperimentazione cerotti "intelligenti" con nanoparticelle antibatteriche e curative su basi naturali, a base di cellulosa o alginati. Sulle vetrate idrofobiche (e anti-Uv) l'acqua, subito respinta, porta via con sé anche la sporcizia depositata sulla superficie. Al Si potranno ideare "coating" superidrofobici per edifici: per esempio, pareti di grattacieli lavabili, senza detergenti, solo con acqua piovana. Con basi e nanoparticelle biocompatibili si possono produrre pellicole igieniche per strumenti medici o per alimenti. I materiali autopulenti possono semplificare la manutenzione dei pannelli solari, i cui circuiti s'inceppano con i depositi di sporcizia. Sono già in commercio cosmetici con elementi nanotech, anti-Uv o antibatterici. Ma perla Athanassiou serve "più ricerca tossicologica". Ospite la greca Athanassiou Athanassia Athanassiou, senior researcher all'Istituto italiano di tecnologia, parteciperà alla Conferenza "The Future of Science che si terra a Venezia dal 16 al 18 settembre, promossa dalle Fondazioni Umberto Veronesi, Giorgio Cini e Silvio Tronchetti Provera. Mondo Universitario Pagina 21 Come è bello il mio CERVELLO U lasci „DS -i :_-Z !9 DI DENISE PARDO è un rapporto che ha intrigato universalmente esperti di storia dell'arte e studiosi del cervello, un mistero culturale che ora, anche grazie al progresso scientifico e tecnico - microscopi e risonanze magnetiche sempre più sofisticate - si va via via dipanando. E il legame tra cervello ed estetica, la relazione tra cervello e percezione della bellezza, e tra cervello e la sua influenza sull'artista. «Un esempio? Il nesso tra la malattia mentale di Vincent Van Gogh e la sua crescente passione per i colori forti e caldi», spiega Giulio Maira, uno dei neurochirurghi più famosi al mondo, direttore dell'Istituto di Neurochirurgia del Policlinico Gemelli di Roma. II fascino del rapporto tra cervello ed estetica è il paradigma della passione di una vita dì questo famoso medico di 68 anni, consulente della Città del Vaticano e spesso indicato come "il chirurgo del papa". Un rapporto così articolato da poter essere anche rovesciato: il cervello non solo produce bellezza spiega Maira ma c'è bellezza nella sua stessa conformazione: «Ora che gli strumenti di analisi scientifica sono diventati più perfezionati, ci permettono di scoprire nel corso di un'indagine tecnica immagini che sembrano davvero dei quadri e che mostrano paesaggi di coralli appoggiati agli scogli su un fondale marino, meravigliosi alberi innevati sotto la luna». Mondo Universitario Novemila interventi chirurgici al suo attivo, 45 mila visite mediche, senza contare le centinaia di operazioni e consulti in giro per il mondo, Maira racconta il lungo viaggio all'interno del cervello e il ruolo nell'interpretazione del bello. Al tema ha anche dedicato una tavola rotonda della sua associazioneAthena onlus (nata per sostenere la ricerca su gravi malattie neurologiche): "The beautiful brain" il titolo, e non poteva che essere questo, sull'incontro tra scienza e filosofia, tra il seme della creazione e il segno della sua estetica. Com'è complesso il cervello («Consta di circa 30 miliardi di neuroni capaci di realizzare milioni di miliardi di connessioni») spiega il professore che ha speso l'esistenza a studiare, salvare, medicare la centrale operativa dell'essere umano dove «l'arte rappresenta una testimonianza preziosa del suo funzionamento, e in ultima istanza, dell'uomo». molte funzioni cerebrali, le funzioni visive, quelle acustiche, la memoria, la capacità di apprendimento, le aree coinvolte nella regolazione degli stati emotivi, i mediatori chimici del piacere o della paura. Qualche anno fa è stato Servir Zeki, professore di neurobiologia all'University College di Londra (al quale Maira ha conferito il premio Roma) a fondare la neuroestetica, studio scientifico delle basi neurologiche coinvolte nella creazione e nella contemplazione di un'opera d'arte (tra le sue varie pubblicazioni anche un libro scritto insieme al pittore Balthus). «È proprio grazie agli esperimenti condotti da Zeki e dal suo collega Hideata Kawabata su persone sottoposte a risonanza magnetica», spiega Maira,«che si è dimostrato in che modo durante la visione di quadri descritti come Allora la domanda è: se un'opera d'arte ci appare bella e ci emoziona, fino a che punto questo è dovuto a meccanismi universali propri della visione, e in che misura è determinato invece dalle acquisizioni del nostro cervello? «La percezione non è un processo passivo: è il sistema nervoso che costruisce ciò che vediamo, ed è il cervello che attribuisce un significato ai segnali che riceve per permetterci di acquisire nuove conoscenze e fare nuove esperienze». Infatti l'esperienza estetica che si realizza nel creare o nell'essere spettatore di un'opera d'arte coinvolge verosimilmente Pagina 22 dall'alto a sinistra e in basso a destra, tipica di chi è mancino.Così sia l'acquisizione dell'informazione visiva sia la sua elaborazione possono essere alterate da cause patologiche. Come nei quadri di Claude Monet dove l'evoluzione del modo di raffigurare la luce dipende dall'avanzare della sua cataratta. Come le modificazioni dei toni nei quadri senili diTiziano e Rembrandt: sono chiaramente riferibili ad alterazioni del sistema visivo. «In un certo senso l'arte può diventare lo specchio di come funziona il cervello in generale, ma anche di quello di un pittore con la stia cultura, le sue malattie, le sue menomazioni». GIULIO MAIRA. NELLE ALTRE DUE FOTO: CERVELLO E CERVELLETTO AL MICROSCOPIO belli si attivi un'area della corteccia orbitofrontale mediale, nota per il suo coinvolgimento nei meccanismi di ricompensa» (in pratica, i centri nervosi del piacere finale). «La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le contempla»: Maira cita il filosofo scozzese David Hume ricordando che il cervello riceve informazioni dall'esterno tramite i sensi. Ma che, in contemporanea, le interpreta basandosi su informazioni già presenti nella memoria. «Quando guardiamo un quadro noi inseriamo un'esperienza visiva in un contesto cerebrale. Acquisiamo una conoscenza e la elaboriamo in funzione di altre conoscenze antecedenti. L'arte rappresenta una delle più raffinate modalità di acquisizione di conoscenze. Vedere è il risultato di una trasformazione del mondo esterno Mondo Universitario in un nostro mondo percettivo in cui giocano un ruolo importante la nostra precedente conoscenza, la nostra cultura e persino il nostro stato d'animo». Naturalmente nell'esperienza estetica, bisogna sempre considerare la compartecipazione di due aspetti, uno congenito e uno acquisito. Come spiega il neurochirurgo: «La capacità di registrare la bellezza è una caratteristica ereditata del cervello, ma nel corso della nostra vita quello che percepiamo come bello può variare a seconda del contesto, delle mode, ed è quindi sempre condizionato dalla cultura e quindi mutevole nel tempo». A volte, l'influenza del funzionamento del cervello sul modo d'esprimersi dell'artista è stato straordinariamente evidente. In alcuni ritratti a matita di Leonardo da Vinci il tratteggiato ha quell'inclinazione, Pure gli artisti,Maira continua il racconto, hanno subìto il fascino del cervello tanto da farne l'oggetto di studi, per esempio i disegni anatomici di Leonardo, perfino quando le dissezioni del corpo umano non erano permesse. Non solo. Nel 1990 un articolo del neurologo Frank Meshberger stilla prestigiosa rivista scientifica " fournal of American Medical Association" arriva a sostenere che l'affresco "La Creazione di Adamo", figura centrale della volta della Cappella Sistina, affidata da papa Giulio H nel 1508 al pennello di Michelangelo, riproduca l'immagine del cervello tonano. «Apparendo come una nuvola che avvolge Dio per segnalare che Dio ha voluto trasmettere all'uomo la capacità cognitiva, vista come il più straordinario dono fatto all'umanità». Un dono strutturalmente bello per la complessità delle funzioni che svolge e per la sua stessa conformazione: « La neurochirurgia usa i microscopi, i laser, i rnicronavigatori che ci fanno entrare nei meandri del cervello. Si perde così la connotazione della fredda anatomia a fronte di particolari di aree cerebrali dalla bellezza e dalla suggestione tali da superare i dipinti dell'astrattismo o i più bei paesaggi in natura», rivela Maira che ha un sogno, potenziare così tanto ricerca e prevenzione per arrivare perfino ad eliminare la neurochirurgia. «Si spalancano davanti ai nostri occhi orizzonti notturni rischiarati dalla luna, strie luminose, una rete d'oro in un fondo marino, fuochi d'artificio contro un cielo scuro: rappresentano l'organizzazione delle nostre strutture neuronali. Ci sono anche fiamme giallee campi fioriti: sono le sequenze cellulari dell'ippocampo e del cervelletto». Come è bello il cervello! ■ Pagina 23 Assedio aH'ALZHEIMER Colpisce milioni di persone. E non c'è una cura. Ma metodi diagnostici avanzati e nuove terapie promettono di bloccare il morbo DI LETIZIA GABAGLIO Alzheimer è un male sottile e devastante: il declino delle funzioni del cervello avviene lentamente, e quando i sintomi si fanno evidenti gli strumenti a disposizione per rallentarne l'avanzata sono pochi, se non nessuno. Ed è una bomba ad orologeria se si pensa che questa malattia interessa in Italia 600 mila persone, 10 milioni in Europa e 25 in tutto il mondo, destinate a raddoppiare entro il 2030 quando soltanto nel Vecchio Continente vivranno circa 14 milioni di malati; e a crescere ancora, tanto che nel 2050 si stima che soffriranno di una qualche forma di demenza più di 115 milioni di persone. E il fatto, drammatico, èche una cura ancora non c'è. Ma le speranze, invece, ci sono. Ne è convinto Paolo Maria Rossini, ordinario di Clinica Neurologica all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, che da 15 anni studia, insieme ai ricercatori del dipartimento di Fisiologia della Sapienza Università di Roma e dell'Università di Foggia, le oscillazioni prodotte dai neuroni di una parte poste- i riore del cervello, i lobi occipitali: il cosiddetto ritmo alfa. Secondo il neurologo, infatti, si tratta di una misura accurata della salute cerebrale e può essere quindi usata come campanello d'allarme che segnali quale persona sia a rischio di sviluppare nel giro di pochi anni la malattia. Stop ai farmaci inutili Una ricerca italiana propone un nuovo metodo per valutare l'efficacia di una terapia contro l 'Alzheimer. Secondo uno studio realizzato dagli psicologi dell'Università di Milano-Bicocca - con l'Ospedale Niguarda e ('Università di Pavia - una risonanza magnetica potrebbe essere sufficiente per identificare i pazienti che non traggono vantaggio dagli inibitori dell'acetilcolinesterasi , il principio attivo di molti farmaci utilizzati per ritardare il declino cognitivo . I ricercatori hanno scoperto che questi pazienti mostrano una significativa atrofia in alcune aree cerebrali , i nuclei profondi del cervello colinergici e i fasci di sostanza bianca circostanti . Lo studio, pubblicato sul "Behavioral Neurology ", mostra che dopo soli nove mesi di terapia , una risonanza magnetica permette dì selezionare i pazienti che traggono vantaggio dal farmaco. È un passo importante verso un protocollo di valutazione di efficacia che permetterà di evitare l'uso indiscriminato di farmaci che possono avere pesanti effetti collaterali. Paola Emilia Cicerone Mondo Universitario Pagina 24 Agire prima che colpisca NEL CERVELLO E NEL GENOMA SI ANO SCOPRIRE DEI CAMPANEW D'ALLARME CHE V RIVELANO lk RISCHIO COSI Si PUÒ GIOCARE D'ANTICIPO ' I I/ _ . E, se è vero che l'Alzheimer interessa principalmente le persone anziane, ci sono sempre più prove del fatto che la demenza inizi prima dei 65 anni, dopo questa età la probabilità di svilupparla raddoppia ogni cinque anni. «E come se i neuroni nel cervello facessero delle continue riunioni di condominio», spiega Rossini: «A seconda di quello che c'è da fare, cioè del compito che dobbiamo svolgere, si riuniscono formando legami di volta in volta diversi. E lo fanno nel giro di frazioni di secondo. Il ritmo alfa ci racconta tutto questo». E quella che si chiama plasticità neuronale, che l'Alzheimer spegne gradualmente a causa dell'accumulo di un prodotto di scarto, l'amiloide, e della crescita di processi di infiammazione. «Quando avremo i farmaci dovremo decidere a chi somministrarli, e dovremo farlo prima che i sintomi siano evidenti, così da aumentare la loro effica- Mondo Universitario Fermare la malattia di Alzheimer prima che si manifesti è un obiettivo davvero ambizioso, dal momento che, a oggi, non esiste una cura efficace neppure per quando essa ha già iniziato a devastare il cervello. Ma le cose potrebbero cambiare, se le tre sperimentazioni cliniche che stanno per essere avviate porteranno a risultati concreti. Oltre alle forme legate all'invecchiamento, esistono altre, rare ed ereditarie, forme della malattia che colpiscono i membri delle famiglie che hanno due geni mutati e iniziano a perdere le funzioni cognitive già attorno ai 40 anni. Queste famiglie sono circa 500 in tutto il mondo, e molte di esse parteciperanno a uno dei tre progetti avviati per verificare se si può controllare la malattia neutralizzando nelle persone che hanno i geni mutati la proteina chiamata beta amiloide, che nei malati tende a formare aggregati e dannegiare le cellule nervose. IL PRIMO STUDIO ( CHIAMATO API) coinvolgerà 300 colombiani appartenenti a famiglie nelle quali qualcuno è stato colpito da Alzheimer giovanile; 100 di queste persone saranno selezionate in base al fatto di essere o meno portatori della mutazione del gene Psen1. Ad alcuni di loro sarà somministrato un farmaco (l'anticorpo monoclonale crenezumab) capace di neutralizzare la beta amiloide, agli altri un placebo. Da qui a cinque anni si saprà se ha avuto successo. PER IL SECONDO STUDIO (CHIAMATO DIAN ), sono stati invece reclutati 240 americani di famiglie colpite dalla malattia, 60 dei quali con uno dei tre geni mutati. Nei primi due anni i partecipanti riceveranno una terapia anti beta amiloide. IL TERZO STUDIO , CHIAMATO A4 , punta invece sulle forme non ereditarie e coinvolgerà 500 persone colpite da un accumulo di beta amiloide (ma con nessun segno di demenza) e 500 persone sane. Nei primi tre anni sarà verificata soprattutto la situazione cognitiva delle persone in terapia con farmaci che non si sono mostrati efficaci in caso di demenza, ma che potrebbero avere un ruolo nelle fasi asintomatiche, il bapineuzumab e il solanezumab. Nel loro insieme, i tre studi dovranno poi fornire la risposta più attesa. quella sull'effettivo ruolo della beta amiloide, che ancora oggi, a causa dei dati contraddittori ottenuti negli ultimi anni, divide gli esperti. Agnese Codignola A SINISTRA: ILLUSTRAZIONE DEI SEGNALI TRA SINAPSI NEL CERVELLO. IN ALTO: PAOLO MARIA ROSSINI. SOTTO: PAZIENTI IN UNA RESIDENZA PER MALATI DI ALZHEIMER cia », spiega il neurologo. E partita così, in tutto il mondo, la caccia a un esame che sia affidabile, non invasivo - si deve fare a persone che stanno ancora bene - ma soprattutto economico, visti i tempi dì magra,e disponibile in tutti i centri. I risultati di più di 35 studi condotti negli ultimi anni, che Rossini ha presentato al congresso Afar (Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca) che si è tenuto a Brescia dal 10 al 12 settembre, dimostrano che questo strumento c'è: è l'analisi del ritmo alfa attraverso elettroencefalogramma. «Nel corso degli anni abbiamo potuto raccogliere una grande mole di dati che indica come la diminuzione del ritmo alfa sia legata allo sviluppo della malattia, un andamento che ci dice qualcosa anche su quando la patologia si manifesterà: più rapido è il declino delle oscillazioni, più celere è l'esordio dei sintomi», spiega I ancora il neurologo. Una relazione tro- vata in più dell'80 per cento dei casi. «La tecnica che abbiamo sviluppato è molto sofisticata, nia si basa sull'encefalogramma e su strumenti Web facilmente accessibili ai centri clinici che dovrebbero solo essere messi in rete per centralizzare poi l'analisi dei risultati», conclude Rossini.: «In questo modo, con circa 20 euro a persona - tanto costa il test - si potrà garantire un esame predittivo importante». La faccenda dei costi è un tenia cruciale, visto che oggi circa due terzi dei malati vive in Paesi a medio o basso reddito, dove si pensa si registrerà il più alto numero di nuovi casi. E visto, anche, che sia nei Paesi europei che del nord America i costi sono altissimi: in totale per le demenze sono stati investiti miliardi di dollari nel 2010, dove circa il 70 per cento della spesa avviene nei Paesi dell'Europa occidentale e del Nord America. ■ Pagina 25 Neurochirurgia Voglio un braccio nuovo Un intervento di neurochirurgia ha aperto una nuova strada per la cura delle paralisi degli arti. Lo hanno effettuato i chirurghi della Washington University School of Medicine di St. Louis che sono riusciti a restituire il parziale uso delle mani a un uomo di 71 anni, paralizzato dopo un incidente di auto. Utilizzando per la prima volta una tecnica innovativa che consiste nell'effettuare una sorta di by pass utilizzando un nervo che si trova al di sopra dell'area paralizzata - in questo caso il nervo brachiale - per collegarlo a un nervo paralizzato, in questo caso il nervo interosseo anteriore che controlla alcuni movimenti delle mani. Obiettivo dell'intervento - descritto in un articolo Mondo Universitario apparso sul " f ournal of Neurosurgery" - è quello di utilizzare il nervo sano per riattivare la funzione di quello che non riceve più impulsi dal cervello a causa della lesione del midollo spinale all'altezza della vertebra cervicale C7. Secondo i chirurghi americani, è la prima volta che un intervento di questo genere è stato realizzato con successo. E anche se il paziente dovrà sottoporsi a una lunga riabilitazione la nuova tecnica sembra destinata a garantire una migliore qualità di vita ai pazienti delle metodiche di trapianto finora usate, oltre a permettere di intervenire anche anni dopo il trauma che ha causato la paralisi Paola Emilia Cicerone Pagina 26 MAXI ATENEO PER AOSTA Quanto costa la formazione universitaria in Valle d'Aosta al tempi della spending review? 154 milioni e 555 mila euro. A tanto, infatti, ammonta l'investimento programmato per la realizzazione del nuovo campus . Una spesa eccessiva, secondo il Pd della Vallée, che ha presentato un'analisi dei costi. «Siamo favorevoli alla nuova Università, ma non in questi termini«, dice Giuseppe Rollandin, che ha curato lo studio assieme a Emilio Zambon : « II progetto è sovradimensionato rispetto alle esigenze F. L. del territorio ». Mondo Universitario Pagina 27 i'R`E.ND g;=C3j'Ct=1 A Bolzano il Festival dell ' Innovazione IL FUTURO IN MOSTRA PARTE DALLA RICERCA S e il futuro del pianeta si gioca sullo sviluppo responsabile e sostenibile, capace di coniugare crescita e occupazione, competitività e qualità di vita, uno degli strumenti fondamentali per realizzare questa trasformazione è l'innovazione. A patto che si traduca in idee, prodotti e servizi. E l'Alto Adige, che nel tempo si è guadagnato un posto di nicchia molto interessante nell'economia l'innovazione con la tradizione, per esaltare le caratteristiche del territorio. Un esempio viene dal settore vitivinicolo, dal supporto fornito dal centro di sperimentazione agraria e forestale di Laimburg, che ha trasformato la produzione altoatesina. In 20 anni si è passati da coltivazioni di grandi quantità, ma di bassa qualità, all'esatto contrario. E questo grazie alla continua ricerca e L'assessore Roberto Bizzo: «È una vetrina per le aziende locali e serve a promuovere un cambio culturale per essere più competitivi» delle energie pulite, vuole dimostrare di che cosa è capace. Così la prima edizione del Innovation Festival Bolzano-Bozen, promosso dalla giunta provinciale, è dedicata alle Nuove Energie. «Il Festival nasce dall'esigenza di mettere insieme manifestazioni dedicate a diversi temi e aprire il territorio al confronto con un panorama più ampio, internazionale», spiega l'assessore all'Innovazione della Provincia autonoma di Bolzano, Roberto Bizzo. Domanda. Innovazione nei fatti e non solo a parole. Come si traduce in maniera concreta? Risposta. Nel coniugare Mondo Universitario al trasferimento tecnologico alle aziende. D. Un altro esempio? R. Il tema del risparmio energetico in edilizia, che ruota intorno a un sistema, battezzato Casa ClimaKlimahaus, messo a punto nella nostra provincia, che è conosciuto ovunque. Inoltre, già da tempo nel nostro territorio si adottano tecniche di sfruttamento intelligente delle risorse del suolo. Poi c'è il segmento delle tecnologie alpine che va dalle costruzioni in legno all'abbigliamento per la montagna e, infine, la mobilità. Tutto questo è legato da un comune denominatore, la sostenibilità, perché siamo riusciti ad affiancare l'innovazione in campo turistico, agricolo ed energetico con il rispetto dell'ambiente. D. Certo, trovare le risorse per investire di questi tempi non è facile. R. Ma è proprio in questi momenti che è necessario investire in innovazione. Il Festival è una vetrina per le aziende locali e serve a promuovere un cambio culturale per essere sempre più competitivi. Degli 850 mila euro stanziati, circa 400 sono messi a disposizione dalla Provincia e il resto degli sponsor, ma contiamo di abbassare la spesa a 750 mila. D. Già, ma anche governare l'innovazione oltre la crisi non è altrettanto semplice. R. Abbiamo ridotto i contributi a pioggia al minimo e spinto il sistema dei bandi e dei fondi di rotazione per stimolare le aziende a competere su progetti che possano coinvolgere anche le piccole realtà. Il tessuto produttivo dell'Alto Adige è composto da 14 mila aziende di cui il 90% con meno di cinque addetti, ma tutte legate a beni di nicchia con elevato contenuto economico e tecnico. L'idea è aiutarle a fare sempre meglio ciò che sanno fare. Il collegamento con altre realtà imprenditoriali, con le università e i centri di ricerca è fondamentale, e il Tis serve anche a questo. Inoltre, siamo stati i primi in Europa a lanciare un bando di pre-commercial public procurement (Pcp). D. Come funziona? R. Si appalta la realizzazione di un oggetto o di un servizio che ancora non esiste sul mercato, e Pagina 28 DA RIFKIN A BERNABE 1 Nuove Energie II festival prevede un programma fittissimo di incontri, workshop e dibattiti, 50 eventi che dal 27 al 29 settembre animeranno il centro storico di Bolzano. Tre giorni dedicati alle energie rinnovabili, ai sistemi di nuova generazione per garantire una maggiore efficienza energetica e alla relazione tra sostenibilità ambientale e innovazione, perché anche gli aspetti etici dello sviluppo e della tecnologia sono indispensabili per garantire alle generazioni che verranno una crescita migliore di quella che si prospetta attualmente. Tra i relatori, sono quasi cento, i ministri Profumo e Clini, imprenditori del calibro di Emma Marcegalia e Franco Bernabè, economisti e studiosi di fama mondiale come Jeremy Rifkin (3), e premi Nobel come Rigoberta Menchù (5). Sostenibilità ambientale e informatica Corrado Clini (1), ministro dell'Ambiente, parlerà di sostenibilità, informatica e ricerca: elementi imprescindibili per la competitività della realtà imprenditoriale italiana. Nel suo intervento affronterà tematiche come la riduzione degli spostamenti, il miglioramento della velocità della trasmissione delle informazioni e le opportunità di sviluppo per quelle città e quelle società che avranno a cuore l'efficienza in un quadro di normalità umana e sociale. Energia : le sfide per il 2050 In un sistema basato sulle energie rinnovabili, la questione dell'accumulo di energia riveste un'importanza centrale, infatti uno dei limiti attuali è la scarsa capacità di stoccaggio e il costo elevato. La chiave del successo dunque risiede in un aumento della velocità dell'innovazione. Johann - Dietrich Wörner (2), presidente del Centro tedesco per l'aeronautica e l'astronautica, che da anni si occupa di ricerca energetica, illustrerà a che punto sono arrivati. 2050 : Ricercatori per il futuro Ulrich Eberl (6), uno dei più affermati giornalisti scientifici e tecnici della Germania e responsabile della comunicazione istituzionale della multinazionale Siemens. Nei suoi articoli analizza il futuro che ci aspetta partendo dai trend tecnologici e a Bolzano descriverà il ruolo della ricerca nei prossimi decenni. Se nel 2050 le città avranno un numero di abitanti pari a quello che oggi popola la Terra, e gli anziani supereranno per numero giovani e bambini, cosa bisogna fare oggi per arrivare preparati al domani? La fame di energia può affamare l'umanità? E realmente possibile trovare un equilibrio tra ecologia e produzione energetica? Il premio Nobel per la Pace, Rigoberta Menchù, non ha dubbi: il rapporto tra queste due grandezze sarà elemento cruciale per lo sviluppo dei popoli. L'incontro sarà un momento di riflessione, fondamentale per un futuro pacifico e condiviso delle nazioni. Quando la logica incontra l 'etica I due ministri della Ricerca e dell'Istruzione italiano e austriaco, Francesco Profumo e Karlheinz Töchterle (4), affronteranno una delle principali sfide per rafforzare la competitività dei Paesi delle economie avanzate: come trasferire le conoscenze della ricerca al mondo imprenditoriale. Perché solo una collaborazione continua e un intreccio tra le competenze accademiche e quelle aziendali può consentire di trasformare gli avanzamenti scientifici in nuovi prodotti e servizi. La terza rivoluzione industriale Internet e le fonti rinnovabili rappresentano le basi per la terza rivoluzione industriale. Che porterà a una trasformazione delle tradizionali forme di potere in una nuova configurazione dei rapporti umani basati sulla collaborazione. Come si ripercuoterà sulla gestione dell'economia e del mondo degli affari, sull'organizzazione dei governi, sull'educazione dei figli e dei giovani, sul nuovo modo in cui organizzeremo la nostra vita sociale, lo spiegherà il guru dell'economia all'idrogeno Jeremy Rifkin. ALLA MANIFESTAZIONE ATESINA SONO PREVISTI INCONTRI, WORKSHOP E DIBATTITI: 50 EVENTI CHE DAL 27 AL 29 SETTEMBRE ANIMERANNO IL CENTRO STORICO DI BOLZANO SU ARGOMENTI COME ENERGIE RINNOVABILI, EFFICIENZA, SCIENZA E SVILUPPO vince chi presenta il prototipo più innovativo. Ne sponsorizziamo l'industrializzazione e, quando l'azienda lo immette sul mercato, per i primi cinque anni conferisce all'ente pubblico delle royalties. È un sistema per stimolare le aziende a fare ricerca e investire nell'innovazione, ma non focalizzato solo sul prezzo di mercato, bensì pensato per generare un'idea, un nuovo prodotto. Nel nostro caso, in particolare, si tratta di un sistema hitech per l'automazione della gestione Mondo Universitario dei farmaci oncologici nel trattamento del paziente, realizzato dall'azienda Health Robotics in collaborazione con il reparto di oncologia ed ematologia dell'ospedale di Bolzano. La ricerca usa risorse economiche per produrre idee, l'innovazione usa quelle idee per produrre altre risorse economiche. D. C'è il rischio di una competizione con il Festival di Trento? R. Al contrario, siamo complementari e non a caso le due manifestazioni si svolgono in due periodi diversi, che preludono a un rilancio dall'uno all'altro evento. Di fatto, i curatori trentini ci hanno aiutato molto nell'organizzazione con suggerimenti e consigli maturati dalla loro esperienza. In fondo, economia e innovazione hanno molti punti in comune, nonostante seguano vie e strategie diverse per il raggiungimento di un unico obiettivo: la prosperità e la crescita di un territorio. Info: www.innovationfestival.bz.it Pagina 29 I farmaci oncologici in Toscana sono gratis ............................................................................ Luigi Marroni assessore salute Toscana HO letto nella vostra rubrica la lettera della signora Michaelles a proposito del ticket sugli antidolorifici per i pazienti oncologici. Prima di tutto vorrei scusarmi con la signora, se c'è stato un difetto di comunicazione. E poi vorrei chiarire come stanno effettivamente le cose. Premesso che il ticket sui farmaci è nazionale (poiapplicatoinmaniera diversa dalle varie Regioni, ma comunque nazionale), in Toscana il ticket si applica sulla farmaceutica convenzionata: se un paziente va a comprare il medicinale in farmacia, paga il ticket. Ma la scelta della Toscana è stata quella di salvaguardare i pazienti oncologici. La terapia del dolore in oncologia è rivolta a quei pazienti che si suppone siano seguiti dalle strutture pubbliche. In questo caso, il paziente non deve acquistare il farmaco in farmacia, malo riceve direttamente, e gratuitamente, dal centro oncologico che lo segue. La signora ci faccia sapere a qualeAsl appartiene, e le faremo portare i farmaci a casa, gratuitamente. Sanità Pagina 30 CRITICHE DA SEL E VERDI Ticket di 10 curo anche senza c Si deve pagare pure se non viene consegnato il referto digitale 1 FIRENZE «Con una certa sorpresa abbiamo dovuto constatare in questi giorni che il contributo di 10 euro, finalizzato alla digitalizzazione delle procedure di diagnostica per immagini, non è dovuto esclusivamente da parte di quei pazienti che, dopo l'esame, ricevono il supporto digitale, ovvero il dvd, ma da tutti. Questo contrasta con quello che ci aveva assicurato in sede di riunione di maggioranza, a fine luglio, il presidente Rossi». Ad affermarlo è il consigliere regionale del Gruppo misto (in quota Sel) Mauro Romanelli, spiegando che in Toscana tutti coloro che effet- tuano una prestazione diagnostica devono pagare il contributo di 10 euro anche se non ricevono il referto su cd. «È vero - aggiunge - che la giunta ha approntato tutta una serie di esenzioni, anche a seguito di nostre sollecitazioni, ma riteniamo che a questi debbano aggiungersi i codici verdi bianchi e rossi dei pronto soccorsi e i redditi esenti dagli altri ticket, ovvero sotto i 36 mila euro annui». Secondo Ronianelli «il contributo deve essere dovuto solo da chi riceve il dvd e non da chi non lo riceve». Critiche al provvedimento della Regione giungono anche dalla consigliera regionale Monica Sgherri, che ha chiesto di «legare il contributo alla consegna eventuale del supporto digitale e allargare le esenzioni (sulle prestazioni al pronto soccorso, per quelle di prevenzione e screening e sulle patologie esenti per disposizioni normative nazionali, come le patologie tumorali) o ridurne drasticamente il costo, perché non si configuri come una sorta di ulteriore ticket». Sgherri ha spiegato che «la compartecipazione doveva essere legata alla consegna del cd, ma un ticket di l0 euro è pesante, così come il rischio di avere pazienti costretti a pagare più tributi. I toscani devono tollerare ticket per prestazioni effettivamente erogate». - --------------------- n. ,. Sanità Pagina 31