Sfoglia gli articoli del 14 Settembre 2012

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Sfoglia gli articoli del 14 Settembre 2012
Rassegna del 14/09/2012
INDICE RASSEGNA STAMPA
Rassegna del 14/09/2012
MONDO UNIVERSITARIO
Espresso
20/09/12 P. 30
I nuovi emigranti
Fabrizio Gatti
1
Espresso
20/09/12 P. 61
Rettori per sempre
Roberta Carlini
7
Sette
14/09/12 P. 44
Le imprese vanno a caccia dell'italo-straniero
Edoardo Vigna
8
Europa
14/09/12 P. 7
Università, questi concorsi non la salveranno
Luciano Modica
10
Stampa
14/09/12 P. 27
Il modo sbagliato per valutare i futuri prof
Carlo Rimini
11
Mondo
21/09/12 P. 20
Corsi in inglese contro la Costituzione?
Fabio Sottocomola
12
Famiglia Cristiana
16/09/12 P. 39
L'università non più lontana da casa
Silvia Guzzetti
13
Mondo
21/09/12 P. 62
Rebus Cattolica, che farà Ornaghi?
Italia Oggi
14/09/12 P. 31
Ingegneri in carriera. Ma proletari
Italia Oggi
14/09/12 P. 31
Patto fra generazioni da rinnovare
17
Italia Oggi
14/09/12 P. 19
Università Vita-Salute San Raffaele, il futuro dei laureati in filosofia è nella comunicazione.
18
Qn
14/09/12 P. 14
Doppio impiego perche' viene permesso?
19
Sette
14/09/12 P. 120 Il nano-futuro degli oggetti
Sara Gandolfi
20
Espresso
20/09/12 P. 96
Denise Pardo
22
Espresso
20/09/12 P. 108 Assedio all'Alzheimer
Letizia Gabaglio
24
Espresso
20/09/12 P. 110 Voglio un braccio nuovo
Paola Emilia
Cicerone
26
Espresso
20/09/12 P. 16
Maxi ateneo per Aosta
27
Mondo
21/09/12 P. 54
Il futuro in mostra parte dalla ricerca
28
Repubblica
14/09/12 P. 34
I farmaci oncologici in Toscana sono gratis
Tirreno
14/09/12 P. 11
Ticket di 10 euro anche senza cd
Come è bello il mio cervello
14
Simona D'Alessio
15
SANITÀ
Indice Rassegna Stampa
Luigi Marroni
30
31
Pagina I
NUOVI
EMIGRANTI
Giovani, con diploma o laurea,
che in Italia non hanno futuro.
Così partono, dal Varesotto o
dal Salento. E vanno all'estero
a fare i camerieri, i muratori,
i lavapiatti. Proprio come
un secolo fa. Ecco le loro storie
DI FABRIZIO GATTI
FOTO DI E. CREMASCHI E S. MAGNABOSCO PER L' ESPRESSO
e ne vanno i figli nati negli
anni Ottanta. Se ne va la
generazione concepita durante il secondo boom economico. Il tempo in cui l'Italia si è riscattata dal suo
15 passato di povertà. Il decen-
nio ricordato per la Coppa dei mondo in
Spagna, la vittoria sul terrorismo, la fine
della Guerra fredda. Partono soprattutto
loro. Quelli che adesso hanno più di
vent'anni e non superano i trenta. E l'eredità peggiore, la più odiosa che ci lasciano dieci anni quasi ininterrotti di
Berlusconi, di liberismo sfrenato, di globalizzazione senza regole. La nuova emigrazione. Storie contemporanee di valigie e delusione. «Stavo inviando l'ultimo
di una quantità incredibile di curriculum
all'ennesima azienda grafica che non si è
mai presa la briga di rispondere. In quel
preciso momento», racconta Marco Benaia, 27 anni, diploma di perito in arti
grafiche e cameriere precario a Berlino,
«ho deciso che fosse meglio andarmene».
Non è la fuga dei cervelli. Dei ricercatori
che fuori confine inseguono la loro alta
Mondo Universitario
qualifica. Questo è l'esodo dei laureati e
dei diplomati che all'estero vanno a fare
i muratori, i baristi, i lavapiatti. Laureati
e diplomati che nella spietata gerarchia
dei lavori di fortuna spesso vengono
all'ultimo posto dopo turchi, arabi e ci-
nesi. Non si parte per realizzare il proprio
curriculum. Vanno per necessità. Per disperazione. Perché dopo annidi disoccupazione odi contratti saltuari a 300 curo
al mese, non c'è alternativa. E non si
fanno i bagagli soltanto nei paesi del Sud.
Pagina 1
VERENA DA VARESE:
HO RINUNCIATO
In tanti partono dal Nord. Marco Benaia è cresciuto a Saronno, provincia di
Varese, la città del premier Mario Monti.
La terra dove la Lega ha costruito il suo
consenso contro gli stranieri.
Immaginate se adesso in Germania e
Mondo Universitario
in Svizzera, le principali mete dell'esodo,
qualche Umberto Bossi locale giudicasse
i nostri emigranti un pericolo per le tradizioni, un'invasione da respingere.
Ecco le storie. Raccolte con le stesse
domande che soltanto nel 2009 'TE-
A TROVARE UN
LAVORO NEL CAMPO
DEI MIEI STUDI. IN
GERMANIA FACCIO
LA BARISTA MA NON
MI SENTO FALLITA
Pagina 2
spresso" aveva rivolto ai ragazzi africani che affollavano Agadez e la rotta dei
Sahara verso l'Europa. Ai coetanei che
nel 2006 subivano le violenze dei caporali nei campi di pomodoro in Puglia. Ai
sopravvissuti che nel 2005 si calpestavano nel centro di detenzione a Lampedusa. II vento è girato. Non soltanto per
Grecia e Spagna. Anche in Italia. E la
sconfitta più amara è che ora a quelle
identiche domande rispondono i nostri
figli. Perché sei partito? Cosa stavi facendo nel momento in cui hai deciso di
andartene? Cosa ti aspetti?
È un'emigrazione meno misera e
drammatica di quella affrontata dai loro
nonni. Come Arialdo Bulfon, partito da
Peonis in Friuli nel 1931 a 11 anni. Prima
l'Algeria, con il padre muratore. E dopo
la guerra la Svizzera, stuccatore a Turbenthal. O come Salvatore Cucinelli salito in Belgio da Gagliano del Capo, Salento. E morto a 30 anni nell'incendio
della miniera di Marcinelle, l'8 agosto
1956. Adesso si progetta l'uscita con un
occhio a Facebook. II passaparola corre
tra i post degli amici. Sulle pagine degli
espatriati, come il blog "Italiani in Germania". E sui siti specializzati in offerte
di lavoro all'estero. Il viaggio non dura
più nottate insonni in treno. Ci sono le
compagnie low cost. Poche decine di
euro e due ore di volo. Se finalmente
considerassimo l'Unione europea un
unico Stato, forse non dovremmo definirla emigrazione. Sarebbe semplice mobilità interna. Nessuno negli Usa chiamerebbe emigrante un ragazzo dell'Arizona
traslocato in New jersey. Gli Stati Uniti
però parlano la stessa lingua, sventolano
la stessa bandiera, sono una nazione. Noi
no. Un italiano finito in Germania partecipa al prodotto interno lordo tedesco.
Mondo Universitario
Sottrae le sue conoscenze, il diploma, la
laurea all'Italia che ha speso risorse per
la sua formazione. E l'ha lasciato senza
futuro. Sono le conseguenze delle cifre
diffuse in queste settimane. I numeri aggiornati della recessione. Un milione e
mezzo di posti di lavoro persi tra gli
under 35 negli ultimi cinque anni. Un
tasso di disoccupazione del 35 per cento
tra ì giovani fino ai 24 anni. L'aumento
degli italiani iscritti all'Agenzia del lavoro tedesca: dai 189 mila del 2011 ai
quasi 233 mila dei maggio 2012. Un record in termini assoluti che mette la
presenza italiana in Germania davanti a
Grecia, Portogallo e Spagna.
La vita dell'emigrante nell'epoca di
Facebook sembra più facile rispetto a
sessant'anni fa. Internet aiuta a tenere i
contatti, a non perdersi. Ma dentro,
nell'animo, lo strappo è altrettanto forte.
Espatriare per necessità significa come
allora archiviare le proprie ambizioni, i
propri luoghi, gli affetti. Saronno è a
mezz'ora dal centro di Milano. L'ex
triangolo industriale . Da qui non si era
mai partiti. Nemmeno dopo le devastazioni della Seconda guerra mondiale.
C'erano le fabbriche da riaprire. II dolciario. Il tessile. La meccanica. Qui gli
emigranti una volta si fermavano. Ma
peggio della guerra han fatto le delocalizzazioni dell'ultimo decennio. Marco
Benaia a Berlino è arrivato nel gennaio
2011. Il papà a Saronno fa l'elettricista.
La mamma lavora come colf. La sorella
studia scenografia all'Accademia di Brera. «Ho scelto la Germania», racconta
Marco, «perché sono sempre stato affascinato dalla storia della seconda metà
del'900. Ma soprattutto perché a Berlino
si respira un'aria di libertà che da altre
parti non ho trovato». La casa: «Un appartamento in condivisione con una ragazza spagnola e una tedesca: 250 euro
di affitto per una stanza, a due passi dal
centro». Aspettative: «Nonostante le
difficoltà, da Berlino non ho intenzione
di andarmene». Paga: «Nell'ultimo lavoro da cameriere, 1500 curo al mese. La
Pagina 3
Venticinque anni, l'età della fuga
MXñ ENSA
ESS
La ripresa dell'emigrazione italiana è nelle cifre . La Bundesagentur für Arbeit , l'agenzia
federale per il lavoro , pochi giorni fa ha fatto sapere che tra il 2009 e il 2011 i lavoratori
italiani in Germania sono aumentati dei 6,3 per cento . Una crescita simile a quella dei
greci , saliti dei 6,4 per cento. Ma per quanto riguarda la regolarizzazione degli emigranti
italiani, secondo l'agenzia tedesca , dal 2011 al maggio 2012 si è passati da 189.300
a 232.800 persone, quasi un 23 per cento in più. Significa che molti connazionali già in
Germania hanno stabilizzato la loro posizione . Altre mete sono la Svizzera e il Regno Unito,
dove spesso i nuovi espatriati seguono i contatti di loro parenti o conoscenti arrivati nei
decenni passati . Il censimento del numero di emigranti per lavoro e delle loro destinazioni
non è semplice poiché la maggior parte dei ragazzi aspetta mesi o anni prima di registrarsi
all'anagrafe degli italiani residenti all'estero . Oppure non lo fa del tutto.
Un contributo l'ha dato una ricerca demografica di Emilio Zagheni per il Max Plank
Instítut. L'indagine ha calcolato l'età e i flussi di emigrazione usando le informazioni
estratte dal database del servizio email di Yahoo! . «Per L' Italia abbiamo notato una
crescita della mobilità verso l'estero tra il 2009 e il 2011», spiega Zagheni : «La crescita
è stata più marcata per le donne che per gli uomini . L'età in cui la mobilità è più elevata
è intorno ai 25 anni . Pensiamo che la crescita di mobilità più elevata per le donne sia
attribuibile al fatto che i livelli di istruzione per loro siano più elevati che quelli dei giovani
uomini in Italia. Questa è però solo un'ipotesi. Ora stiamo lavorando a una nuova
pubblicazione in cui stimiamo i flussi da singolo paese a singolo paese ». La conseguenza
è l'invecchiamento dell'età media nei piccoli comuni , come Gagliano del Capo, nel Salento:
«Avevamo un tessuto produttivo tessile, calzaturiero », dice il sindaco , Antonio Buccarello,
«ma ancor prima della crisi le imprese hanno chiuso. Le commesse che arrivavano qui sono
finite In Albania, Romania e ora in Cina . A parte il turismo, il nostro tessuto produttivo
Silvia Cerami
è completamente saltato ».
MA~. ERO STUFO DI ~DARE CURRICULUM INVANO,
BFJtLJNO HO CAMBIATO TANII LAVORI MA CI RIMARRO
mia prima offerta,
proprio come grafico», ricorda, « la ricevo da un ragazzo
turco. Colloquio in
inglese. Promessa di
500 euro al mese
più 50 per ogni lavoro portato a termine. Dopo un mese di decine di lavo-
medica. Non mi sento realizzato, ma mi ritengo fortunato. E
questo mi basta per poter continuare a lavare piatti fino all'inizio dell'estate 2011, quando
capisco che le mie conoscenze
del tedesco sono abbastanza
buone per cercare altro». Ë questione di settimane, continua:
«Trovo quello che fa per me. Un
sito Internet appena nato che
vende abbigliamento d'alta moda. I miei due capi sono nati nel
1985, come me. Siamo più di
quindici, italiani, spagnoli, tedeschi. E sembra che tutto vada per
il verso giusto. Fino a quando
devo fare i conti con la realtà
ri portati a termine, SEBASTIANO BONI (34 ANNI) GRAFIC
non vedo il becco di DESIGNER, ANNA PALMER (30)
un quattrino. A par- FOTOGRAFA, OLIVIA GRANDI (27)
SIRIO MAGNABOSCO
te qualche spicciolo ARCHITETTO,
(32) FOTOGRAFO. SOPRA: MARCO
che mi viene dato BENAIA (27), GRAFICO, E A SINISTRA,
per mangiare al fast ZEF COLACI (29) APPENA EMIGRATO
food. E quando lo
faccio presente ai miei nuovi amici stra- delle start-up, aziende che tentano di
nieri, loro non sembrano affatto sorpre- inserirsi nel mercato digitale. Noi eravasi. Lavorare per i turchi? Ahah , ridono, mo una start-up. Una fredda mattina di
lo sanno tutti che non pagano ». Il lavoro dicembre il finanziatore dei progetto, che
successivo di Marco è in un ristorante probabilmente aveva il fondoschiena al
italiano: « Aiuto cuoco. Mi viene fatto un caldo negli Usa o in Canada, ci fa sapere
contratto con tanto di assicurazione che non elargirà mai più un solo euro.
Mondo Universitario
Una settimana prima di Natale ci ritroviamo disoccupati. Si ricomincia tutto
daccapo». Niente lavoro per mesi. E
siamo al 2012. «In un giorno solo invio
qualcosa come 70 curriculum.Tra i pochi
che rispondono c'è un arabo proprietario di una piccola tipografia nel quartiere con il più alto livello di immigrati. Al
telefono mi ispira fiducia. Pochi giorni
dopo inizio di nuovo a essere me stesso.
Grafico in terra straniera, in una tipografia che pubblica un mensile in arabo e
tedesco. Dopo quasi due mesi non ho
ancora ricevuto una paga e quando lo
faccio presente ai miei nuovi amici stranieri, loro non sembrano affatto sorpresi. Lavorare per gli arabi? Ahah, ridono
ancora, lo sanno tutti che non pagano.
Mi rimanevano poco più di cento euro
in tasca. No, non ho avuto il coraggio di
chiedere soldi ai miei genitori. Anche
loro fanno fatica». Si ricomincia: «Vado
a servire ai tavoli di una vera trattoria
italiana, gestita da una simpatica famiglia di genovesi. Sfortuna vuole che
Pagina 4
t ,`ti., . '
A CAGLIANO DEL CAPO IL PAESE Si SVUOTA. I GIOVANI
PARTONO PER LA SCOME I LORO NONNI: "C'ERA
PETIIVA"
SOLO PRECARIATO, FUORI ABBIAMO UNA
questa coppia di genovesi, dopo vent'anni, si sia stancata della Germania e presto
chiuda il ristorante. In ogni caso non
lascerò questa città».
Anche Verena Tonelli, 30 anni, laurea
in istituzioni e politiche dei diritti umani,
da Saronno è emigrata a Berlino. Fa la
barista. Papà architetto. Mamma pensionata. Fratello iscritto a ingegneria. Abita
in condivisione: «Come quando ero
studentessa a Padova. Ma senza un lavoro ben retribuito e un conto in banca, è
complicato dimostrare di poter pagare
l'affitto. Per questo ho dovuto cambiare
sette case in meno di due anni». Nel bar
di Berlino, Verena lavora con un contratto minijob: «400 euro mensili per 10 ore
a settimana. La maggior parte di bar e
ristoranti», spiega, «preferiscono stipulare questo tipo di contratto, e avere più
dipendenti, poiché garantisce poche spese per il datore di lavoro. Al momento
della mia scelta di lasciare l'Italia ero
laureata da un anno e mezzo e lavoravo
come cameriera in un ristorante». Perché
Berlino? «La Germania non mi attirava», risponde Verena Tonelli: «Berlino è
stata una scelta alla cieca. Non è una
città ricca. Ma è ancora la città del possibile. Dove vivere tranquillamente a
basse spese, dove si respirano libertà e
apertura mentale. La ricerca di un lavoro
nel mio campo di studi è passata in secondo piano. Ma questo non mi fa sentire di aver fallito. No, non ho mai pensato di ritornare in Italia». Da Saronno
se n'è andato Alessandro Milani,30 anni,
laurea in scienze dei beni culturali e master, assunto per 1500 euro al mese a
Nîmes in Francia, in una compagnia di
teatro di strada: «Dovrei occuparmi
della produzione degli spettacoli. Ma
considerate le ristrette economie, mi ritrovo a fare un po' di tutto. Dalle paghe
al l'amministrazione» .
E come una volta si parte dal Sud. L'8
agosto Angela lovinelli, 24 anni, è arrivata da Napoli a Londra in vacanza. Con
lei il papà, la mamma e il fratello, 16
anni. Cosa succede lo racconta il padre
in una lettera a "Repubblica": «E entra-
ta in un Internet point, ha stampato un
curriculum e lo ha consegnato alla National Gallery. Il giorno dopo ha sostenuto un colloquio e la sua vacanza si è
subìto trasformata in lavoro, essendo
stata assunta in servizio lunedì 13 agosto
dalla multinazionale che gestisce le audioguide. Increduli io e mia moglie non
sapevamo se gioire o temere di non vederla più tanto spesso». Altra storia,
Flavia Gazineo, 31 anni, di Laino Borgo,
Cosenza. Laurea in diagnostica e restauro dei beni culturali. A lungo disoccupata nell'Italia dell'arte. Da gennaio vive a
Malta dove per mille auro al mese sta
restaurando la cattedrale di San Giovanni alla Valletta.
In questa fuga di giovani i paesi più
piccoli, da Nord a Sud, si stanno riducendo a un mondo di soli vecchi. Uno di
questi è Gagliano del Capo. Ultimo comune del Salento o primo d'Europa, dipende se lo guardi da terra o dal mare:
5.365 abitanti e altri 1.577 iscritti all'Aire, l'anagrafe degli italiani all'estero. Da
gennaio sono espatriati in sette: Austria,
Svizzera e Germania. Altri 32 se ne sono
andati nel Nord Italia. Quarantasette
sono morti. E soltanto 26 sono nati.
Saldo demografico negativo anche nel
2011: 11 all'estero, 44 al Nord, 64 morti e 43 nati. E nel 2010: 14 all'estero, 28
al Nord, 44 morti e 35 nati.
II falso mito del miracolo pugliese a
Gagliano e dintorni svanisce con la fine
della stagione turistica. Arrigo Colaci,
61 anni, autista di pullman, emigrante
rientrato, e la moglie Vittoria, 57 anni,
nel giro di pochi anni hanno visto partire tutti e tre i figli. L'ultimo è Zef, 29
anni, laurea in scienze motorie a Urbino
nel 2006. E da allora lavori precari: insegnante a progetto nelle elementari,
allenatore di calcio, mezza giornata da
barista d'estate. Zef ha comprato un
biglietto scontato, 95 euro. Volo Brindisi-Mal pensa perla sera del 14 settembre.
Poi in auto fino a Bellinzona, Svizzera.
Un anno fa è emigrata lì con il marito e
i figli la sorella Lucia, 30 anni, diplomata in chimica. Il primo ad arrivare in
A FIANCO: ALESSIO MURA (25 ANNI)
BARISTA. SOTTO DA SINISTRA:
MARCO GHIDELLI (32), NICOLA
LOCATELLI (32) E BARBARA GHIZZI
(31) DAVANTI ALLA LIBRERIA CHE
HANNO APERTO A BERLINO;
FABRIZIO SELVAGGI (31); UN PARCO
DELLA CAPITALE TEDESCA. SOTTO:
ANNA PALMER (30) FOTOGRAFA
Canton Ticino, cinque anni fa, il fratello
Rocco, 23 anni, l'unico in famiglia che
non ha finito gli studi. «Mio padre era
contrario. Se non studi, gli diceva, non
vai da nessuna parte. Invece Rocco è
stato il primo a sistemarsi», commenta
Zef: «Emigrare è una presa di coscienza
volontaria. A maggio ho deciso. Faccio
la stagione al bar e vado via. Ti porta a
partire la prospettiva di una sicurezza
economica. Ma anche previdenziale, ora
che per la nostra generazione in Italia la
pensione non ci sarà più. No, non lascio
nessuna fidanzata. Senza lavoro, chi la
mantiene la fidanzata? I miei sono felici
che parta. Il mio sogno da bambino era
rimanere a Gagliano. E una volta, con
34 11~so 120 settembre 2012
Mondo Universitario
Pagina 5
una laurea rimanevi. Ma negli ultimi due
anni anche chi ha un titolo di studio
deve andar fuori». Zef dice che porterà
con sé tre album di fotografie: «Le foto
mie da piccolo, quelle con gli amici e la
famiglia». A Bellinzona lo aspetta un
colloquio per un posto da barista: «Dovrei anche studiare e fare due anni di
abilitazione all'insegnamento. Il mio
obiettivo è sempre insegnare ginnastica». Altri di Gagliano li hanno presi nei
cantieri. Suo fratello Rocco, per esempio. O Fausto Profico, 24 anni, che nel
Salento lavorava in un cementificio a 28
euro al giorno, 600 al mese. «In Svizzera
si guadagna molto di più», dice Profico,
«e lo stipendio è sicuro». Rocco e Fausto
fanno gli stuccatori. Lo stesso lavoro di
molti emigranti di allora. Quando mezza Italia partiva. Dalla Puglia al Friuli,
che ancora non era il ricco Nord-Est.
Stuccatori come Arialdo Bulfon, tornato
a 40 anni da Berna alla provincia di
Udine. Una copia del "Martin Eden" di
Jack London e gli arnesi del mestiere
chiusi in valigia. Lo riportarono a casa
in ambulanza. A sue spese. Giusto in
tempo per farlo morire nelle braccia di
sua moglie Lina che lo aspettava a Peonia. Un lento addio, mano nella mano. Si
era ammalato ai reni, Arialdo Bulfon. E
alla Svizzera non serviva più.
hanno collaborato Silvia Certuni
e Stefano Vergine
20 settembre 2012 1 1£spresso 135
Mondo Universitario
Pagina 6
POLTRONE ROVENTI
Retto
sem pre
ri
Il loro mandato è scaduto ma
resistono grazie a un codicillo
della riforma Gelmini e al
sostegno del nuovo ministro.
E nelle università è rivolta
non se ne vogliono andare. Non
si parla di figli eterni adolescenti, o di politici attaccati alla
poltrona, ma di stimati accadeE mici sulla soglia di una rispettabile vecchiaia. Una ventina di rettori di
altrettante università, scaduti o in scadenza, aggrappati a un codicillo che gli permette di restare per un altro anno in carica.
Con la benedizione del meritocratico ministro Profumo. Ma la vicenda sta scatenando la guerra, metaforica e giudiziaria,
in molti atenei: da Torino a Messina, da
Parma a Viterbo. Dove centinaia di docenti non ci stanno e chiedono ai Magnifici di
farsi da parte. Per loro, l'ultima doccia
fredda è arrivata da Parma. Dove il Tar ha
dato ragione al rettore Gìno Ferretti, e
congelato le elezioni per sostituirlo sulla
poltrona che occupa dal lontano 2000. Il
mandato di Ferretti, scaduto nel giugno
2011, era già stato prorogato di un anno in
virtù di un comma della riforma Geltnini,
che prevedeva che i rettori in carica al momento dell'adozione dei nuovi statuti potessero restare per altri dodici mesi. Una
norma di transizione, per accompagnare il
passaggio dal vecchio al nuovo. Che però è
stata interpretata da Ferretti, così come da
molti dei suoi colleghi, in modo estensivo:
agganciando alla prima proroga, dal 2011
al2012, una seconda aggiuntina,di un altro
anno. Tutto si gioca sull'interpretazione del
concetto di "adozione dello statuto", dilatata dai rettori resistenti fino alla fine del
lungo iter di approvazione, dopo i passaggi
ministeriali, le modifiche e l'ultimo bollo.
Così si apre per i Magnifici scaduti la pos-
Mondo Universitario
IL RETTORE
DELL'UNIVERSITÀ
DI PARMA
GINO FERRETTI.
A SINISTRA:
FEDERICO
PIZZAROTTI E,
SOTTO, VITTORIO
GRILLI CON LA EX
MOGLIE LISA
LOWENSTEIN
sibilità cui chiedere una proroga-bis, e si
permette anche a quelli che scadono nel
2012 di allungarsi il mandato di un anno.
Ma la vicenda ha fatto infuriare molti, nel
mondo universitario. Così, negli ultimi
mesi è nato un movimento "no-proroga
rettori", al quale hanno aderito centinaia di
docenti. I prof hanno raccolto firme, dato
battaglia, preparato ricorsi. Qualcuno lo
hanno vinto, come nel caso di Perugia, che
ha bocciato la proroga dei rettore Bistoni
(al tredicesimo anno). Altri li hanno persi,
come a L'Aquila e Parma. Altrove hanno
ottenuto una vittoria "politica", con i Magnifici che dì loro spontanea volontà hanno
rinunciato alla proroga-bis: come a Chieti,
a Reggio Calabria, alla Statale di Milano.
Ma nella maggioranza degli atenei i rettori si accingono a usare tutto l'anno-bis.
Spalleggiati da un alleato potente: il ministro,che ha avallato la loro interpretazione
dei codicillo Gelmini, dicendo: vale il momento dell'adozione "definitiva" dello
statuto, per poter dare "piena attuazione"
alla riforma. Così ovunque, nelle cause
giudiziarie in corso, il ministero si è schierato a difesa dei rettori.
Non la pensano così i numerosi prof in rivolta. Come il giurista torinese Raffaele Caterina, uno dei protagonisti della battaglia che
nell'ateneo di Torino oppone il senato accademico, che ha chiesto che le elezioni siano
indette rapidamente, al rettore Pellizzetti, che
intende restare lì fino a settembre 2013: « Sarà
pure una piccola vicenda, ma mi pare embleinatica dell'andazzo di un intero paese»,
commenta Caterina, secondo cui il problema
è anche nel fatto che i ministri si confrontano
quasi esclusivamente con i rettori, ignorando
il resto dell'università. Ne sa qualcosa Francesca Petrocchi, prima firmataria dell'appello
no-proroga e docente all'università della Tuscia, dove "governa" dal 1999 Marco Mancini,che incidentalmente è anche a capo della
Conferenza dei rettori: «La legge parla chiaro,
siamo contro un'interpretazione capziosa,
furbesca, che ha l'unico scopo di far restare
Roberta Carlini
tutto proprio così com 'è».
Pagina 7
In tutti i settori, la carica delle "seconde generazioni"
Le Imprese vanno a cacca
deli'
Per muoversi sui mercati esteri e su quelli "etnici" interni, le aziende hanno
bisogno di
: cinesi, albanesi o indiani laureati
nelle università italiane. Ma inserirli non è facile: cose è nata una start-up
di Edoardorgna / illustrazione di BeppeGiacobbe
ercasi laureato/a in ingegneria meccanica o
elettronica, area tecnicocommerciale, per potenziamento filiale cinese. Si valutano candidati madrelingua". "Cerchiamo laureati
in economia e commercio di origine e/o
cultura indiana". La bacheca virtuale non
lascia spazio a equivoci. «E vero, siamo
alla ricerca di giovani multiculturali: per le
aziende italiane che puntano all'internazionalizzazione, ma anche per quelle, italiane
o straniere, che desiderano esplorare il
mercato interno utilizzando il valore in più
che possono dare, in un team, competenze
provenienti dalle comunità d'immigrazione». BonBoard è nata da poco a Milano («La
città italiana con il livello professionale più
importante per gli immigrati»), con cinque
soci, una squadra di 6 persone e un advisory board che sfoggia nomi prestigiosi come
Innocenzo Cipolletta (che ne è il presidente), Marcello Messori, Angelo Tantazzi. «La
scintilla è scattata con la suggestione di
una socia, Aude Pouplier», continua a
spiegare Stefania Celsi, tra i fondatori
e amministratore unico, ex partner del
colosso della consulenza direzionale
Accenture. «Francese, nei suoi anni di
lavoro in giro per il mondo ha visto sul
campo e toccato con mano quanto fosse importante l'apporto di colleghi con
una doppia cultura». Quella d'origine e
quella locale, d'adozione "migratoria".
Ed
effettivamente, quante volte capita di
vedere, a ogni livello, nei team delle
società anglosassoni, soci e collaboratori di sangue cinese, indiano, bengalese o variamente arabo. Cosa in Italia
ancora poco comune. Un grosso limite
per le nostre imprese con aspirazioni
internazionali. «Nonostante una lunga
storia di flussi, in entrata e in uscita, il
Mondo Universitario
nostro Paese non ha mai fatto una vera riflessione sull'opportunità di mettere a frutto
i talenti e le risorse migratorie». Quello che
intende fare la nuova start-up, composta da
un gruppo proveniente dalla consulenza
manageriale e dalla formazione e selezione delle risorse umane, creando un ponte
qualificato tra il bisogno degli imprenditori
e la disponibilità dei giovani, «selezionando
questi ultimi per arricchire le capacità dei
primi per affrontare i mercati».
E questo vale innanzitutto per
le piccole e medie imprese che devono gestire il processo di espansione all'estero, necessario spesso per sopravvivere. «Andare
in India avendo integrato nel team risorse
biculturali italo-indiane è un'arma in più
forte. Ma la regola vale anche per le grandi
aziende, dal settore bancario a quello della
grande distribuzione, che devono spesso affrontare l'innovazione dell'offerta etnica in
Italia: se hanno componenti interne speci-
Per una squadra multietnica
Innocenzo Cipolletta, presidente dell'advisory
board di BonBoard, la start-up milanese
che si propone per selezionare talenti
multiculturali e inserirli nei team aziendali.
fiche, dal campo del marketing a quello del
customer care, possono lavorare meglio con
quel nuovo segmento di popolazione di 4,5
milioni di migranti, che rappresentano l'usi
del Pil italiano, con un reddito dichiarato
medio di 12.500 euro l'anno», dice ancora
Celsi. Numeri importanti, finora sottovalutati, dagli sportelli del credito agli scaffali
dei supermercati, dove ancora latitano o
quasi piatti precotti al curry o gli ingredienti
per un buon cous-cous.
È la forza del "Fattore M', come multiculturalità. «In Italia siamo arrivati a Seconde
Generazioni di immigrati che hanno fatto
percorsi di studi completi di ottimo livello.
Sono italo-cinesi, italo-albanesi, italo-nordafricani che, a prescindere dalla preparazione, hanno qualcosa in più da offrire, oltre
alla semplice lingua d'origine: un bagaglio
di conoscenza, esperienza, sensibilità e
consuetudini della propria cultura». C'è già
chi sta percorrendo la strada della selezione
di questo personale. «Nellltalia del NordEst, diversi imprenditori nel mondo
del manifatturiero e delle costruzioni
hanno scovato e coltivato ottimi ragazzi per il processo di internazionalizzazione. Anche il cambio generazionale
alla guida nelle imprese ha portato al
vertice giovani aperti al tema. Ma non è
ancora una pratica diffusa».
Diciamo pure che è sporadica e spesso casuale, per quanto in molti casi
fortunata. Trovare le risorse umane
multiculturali giuste non è sempre facile. Soprattutto di questi tempi, in cui
ogni euro speso è pesato e ripesato. E
soprattutto per un'impresa mediopiccola. «Al di là dei meccanismi di
sourcing tradizionali, che fanno venire
a galla le competenze attraverso le università», continua Celsi, «noi abbiamo
sviluppato un network di contatti con
le comunità di immigrati sia online attraverso i social network - sia offline,
Pagina 8
raz
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Universitari stranieri
Gli studenti di nazionalità
non italiana negli atenei
italiani (3,6% dei totale).
i
Universitari albanesi
Laureati stranieri
Sono i primi stranieri negli
atenei italiani, davanti a
cinesi, romeni e greci.
Il numero di chi finisce gli
studi: facoltà prevalenti,
medicina ed economia.
con più di 30o associazioni, come quella degli ingegneri nordafricani».
Proprio la comunità proveniente dall'Africa
che va da Marrakech al Cairo, precisa, è la
più attiva e organizzata. Una sorpresa, ma
non troppo, considerato che quella egiziana è l'emigrazione più remota, per esempio,
in una città come Milano. «Sono in grado
di mettere bene a frutto la propria biculturalità, per esempio dal punto di vista di comunicazione e web. In termini di laureati,
anche gli albanesi sono un numero significativo. E se la presenza storica forte è nel
campo della medicina, si stanno rafforzando nelle facoltà di ingegneria ed economia.
C'è poi la componente cinese che sta diventando importante a cominciare dai bacini di
Firenze, Prato, Milano e Roma».
Le aziende, dall'altra parte, oggi cercano ingegneri per fare affari
in Cina, oltre che giovani con competenze
Mondo Universitario
2.0 informatiche-consulenziali per svariati
mercati. Senza contare esigenze particolari
per nuovi business in Paesi del Centro Africa come il Mozambico. «Il valore in più di
BonBoard», spiega Innocenzo Cipolletta,
presidente dell'Università di Trento e di Ubs
Italia sim, in passato anche al vertice delle
Ferrovie dello Stato, «sta anche nel coniugare la ricerca di questi talenti con progetti di
riorganizzazione delle imprese che permettano loro di accettare e recepire le diversità
culturali. Solo così le nostre aziende potranno interpretare - in modo competitivo - i
mercati esteri e quelli "etnici" interni che
«Ci sono etnie già avanti:
come i
i
assai organizzati
nella comunicazione»
stanno nascendo. Introdurre elementi di diversità in azienda significa creare disturbo:
saperlo trasformare in una potenzialità è la
sfida nel momento in cui tutti i Paesi hanno
componenti culturali differenti e mercati in
cui non si parla un'unica lingua e non si fa
riferimento tutti agli stessi principi».
Quindi la start-up accompagna l'inserimento di queste figure multiculturali, insegnando la gestione dei nuovi team con gli
stranieri (un po' come una squadra di calcio
di oggi...). Le piccole e medie imprese sono
pronte al salto? «Dal punto di vista culturale
c'è interesse. Che poi si trasformi per tutti
in interesse operativo, è presto per dirlo.
Oggi, comunque, le aziende avvertono l'esigenza di avere a disposizione subito questa
risorsa, in modo che la persona mantenga
la propria specificità per parlare con gli altri
soggetti, ma sia anche in grado di interagire con i colleghi. I Paesi con molte grandi
aziende -come Francia e Germania - hanno
affrontato prima il passaggio, contagiando
le loro piccole imprese. Noi, che abbiamo
una struttura industriale con una più forte
presenza delle pmi, siamo un po' indietro.
Ma sono sempre di più gli imprenditori che
mi dicono: vorrei cogliere un'opportunità di
business in quel Paese, ma chi ci mando?».
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Pagina 9
Università, questi concorsi non la salveranno
LUCIANO
MODICA
criteri e i parametri per valutare i curricula dei candi-
' concorsi universitari sono un argomento maledetto:
piace troppo ai professori universitari e disgusta
tutti gli altri. Un argomento su cui si discute da sempre
e per il quale non esistono soluzioni perfette. Un argomento fonte di molti scandali, anche se di impatto effettivo minore di quanto si voglia far credere. Un argomento comunque importante perché regola lo sviluppo
della ricerca e l'emergere dei migliori talenti.
Sono molti anni che i concorsi universitari sono
andati in tilt. Dopo diciannove anni di rari e criticati
(all'epoca) concorsi nazionali, dopo otto anni di frequenti e criticati concorsi locali, la legge Moratti del
2005 aveva introdotto nuove procedure. Mala fretta con
cui furono emanati i decreti applicativi all'approssimarsi delle elezioni politiche del 2006 fece sì che questi
risultassero tecnicamente inapplicabili. Così, dopo due
anni di blocco, una legge del governo Prodi riaprì temporaneamente i concorsi locali per il solo 2008. Ne è
seguito, dal 2009, un nuovo blocco che si sarebbe dovuto sciogliere con l'applicazione della legge Gelmini
del dicembre 2010. Però, a due anni di distanza, siamo
ancora nelle fasi preliminari e quindi, in sostanza, da
sette anni il sistema del reclutamento e delle promozioni è entrato in crisi, con gravi conseguenze sul
mondo universitario delle quali al suo esterno nessuno
sembra rendersi davvero conto. L'effetto più perverso
è che molti giovani e brillanti ricercatori italiani, in
assenza di prospettive certe, hanno accettato proposte
di assunzione di università straniere. Ma non è l'unico.
Il nuovo sistema della legge Gelmini, che segue
peraltro proposte avanzate dagli esperti sin dal 2004,
ha spezzato la procedura del reclutamento e delle promozioni in due fasi. La prima nazionale, che porta al
conseguimento di uri abilitazione scientifica (a numero
aperto); la seconda locale, riservata ai soli abilitati, che
permette ad un ateneo, dopo una selezione competitiva, di reclutare un nuovo professore. Attualmente è
aperto il primo bando per il conseguimento dell'abilitazione nazionale ma nuvole nere si addensano già sul
suo futuro. Fioccano gli interventi critici sulla stampa
e sui siti specializzati (uno di questi ha raggiunto il
milione di accessi in soli dieci mesi di vita), come non
mancano le prese di distanza degli organi rappresentativi universitari e anche i ricorsi ai tribunali amministrativi proposti da autorevoli giuristi. L'argomento del
contendere è, in fondo, uno solo. Nel giugno scorso un
decreto ministeriale ha fissato, su indicazione dell'Agenzia nazionale di valutazione universitaria (Anvur), i
parametri sono ampiamente condivisibili, al di là di
questioni di dettaglio, e costituiscono una profonda e
interessante analisi dei numerosi e disparati fattori che
contribuiscono a delineare la qualità scientifica di un
docente universitario. In un punto il decreto ha però
voluto strafare, introducendo alcuni indicatori qualiquantitativi di tipo sostanzialmente bibliometrico, per
i quali sembra che occorra superare alcune soglie numeriche (le famose mediane) per essere ammessi rispettivamente all'abilitazione o al sorteggio perle commissioni giudicatrici. Sembra? Il punto è proprio questo. Il decreto, il cui testo non fa onore agli estensori
tanto è intricato, in un comma afferma che possono
essere abilitati esclusivamente i candidati che superano
le soglie numeriche previste, in un altro che le commissioni possono utilizzare criteri diversi.
Tutti gli indicatori bibliometrici sono interessanti
ma presentano forti limiti di descrittività, documentate da miriadi di analisi pubblicate sulle riviste specializzate, tanto che in nessun paese sono utilizzati in
modo automatico e vincolante per reclutare o promuovere i docenti. Speriamo che l'Italia non si lanci incautamente nell'essere il primo a farlo, perché le conseguenze potrebbero essere addirittura disastrose per il
futuro dell'università, come è stato ripetutamente segnalato da alcuni tra i più validi intellettuali italiani di
varie discipline. Recentemente i componenti del consiglio direttivo dell'Anvur hanno diffuso l'idea che il
superamento delle mediane non sia in realtà prescrittivo. Ma, in temi di diritto, il decreto ministeriale prevale evidentemente su ogni altra pur autorevole considerazione. Avanzo allora una modesta proposta al
ministro Profumo: intervenga autorevolmente e chiarisca una volta per tutte, meglio se con un provvedimento normativo erga omnes, che il superamento delle
mediane è uno dei fattori di cui le commissioni dovranno tener conto e non la condizione necessaria per
conseguire l'abilitazione. È forse il modo migliore per
salvare l'intera procedura dell'abilitazione, per rimettere in moto il sistema concorsuale bloccato, per garantire parità di trattamento contro ogni gattopardismo
universitario, per raccogliere con saggezza le critiche
motivate riguardanti i parametri bibliometrici. Ma soprattutto è il modo migliore per salvaguardare l'irriducibile e positiva complessità della mappa dei saperi
nelle università e quindi la sopravvivenza di intere
nicchie disciplinari di grande prestigio internazionale
e valore culturale, anche quando fanno capo a piccole
comunità o si caratterizzano per approcci innovativi o
interdisciplinari.
Mondo Universitario
dati e la qualificazione dei commissari. Questi criteri e
Pagina 10
IL MODO SBAGLIATO
PAR VALUTARE I FUTURI PROF
CARLO RINnNI*
S
i è rimessa in moto la macchina dei
concorsi per professore universitario. È una buona notizia, ma ieri il
Cun (Consiglio Universitario Nazionale) ha presentato una mozione in
cui chiede che il ministro dell'Istruzione intervenga per garantire «trasparenza in merito alle procedure». È un segno forte del fatto che
qualche cosa non sta funzionando nel modo
giusto. Il Cun chiede anche al ministro di «voler autorevolmente intervenire affinché sia
chiaramente stabilito... se il superamento dei
valori mediani degli indicatori quantitativi abbia o meno natura vincolante ai fini del conseguimento dell'abilitazione». Ad una prima lettura non si capisce nulla: solo che è in atto un
oscuro confronto fra gli organi amministrativi
che stanno definendo le regole della procedura e
il Cun. Un contrasto che preoccupa perché dall'applicazione di queste norme dipende la scelta
di coloro che educheranno le prossime generazioni di studenti italiani, dipende la qualità della
nostra futura ricerca scientifica.
La riforma Gelmini ha previsto che il reclutamento avvenga con una procedura che si articola
in due fasi: un ricercatore diventa professore se
vince un concorso bandito localmente da ciascuna università, ma al concorso possono partecipare solo candidati che siano stati preventivamente
dichiarati idonei da una commissione nazionale.
Il 22 luglio scorso è stata indetta la procedura per
il conseguimento dell'abilitazione scientifica nazionale e durante l'estate il ministero e lAgenzia
nazionale di valutazione del sistema universitario (Anvur) hanno prodotto la normativa destinata a regolare i lavori della commissione nazionale
per il conferimento delle idoneità. A giugno il mi-
Mondo Universitario
nistero ha definito gli «indicatori di attività scientifica» ed ha affermato che la commissione dovrà
«misurare l'impatto della produzione scientifica
del candidato». Questa frase nasconde una scelta
filosofica: la ricerca scientifica è una quantità suscettibile di essere misurata. Ma come si misura
la quantità della ricerca? La norma fondamentale
del decreto di giugno afferma che «l'abilitazione
può essere attribuita esclusivamente ai candidati
i cui indicatori dell'importanza e dell'impatto della produzione scientifica complessiva presentino
i valori richiesti». E quali sono questi valori? Il
parametro fondamentale è la «mediana», cioè la
media della produttività scientifica di coloro che
sono già professori. Il candidato a conseguire
l'abilitazione deve avere prodotto pubblicazioni
superiori alla media, altrimenti è escluso. Le pubblicazioni - almeno nel calcolo di uno degli indicatori - sono valutate per il loro numero. Ciò significa che, per partecipare alla procedura di valutazione nazionale, bisogna avere scritto un certo
numero di libri, oppure un certo numero di articoli pubblicati su riviste scientifiche. Non conta la
serietà dell'editore e la diffusione dell'articolo o
del libro e neppure conta il numero di pagine che
lo studioso ha scritto: tre libri di cento pagine ciascuno che nessuno ha letto consentono di partecipare alla selezione; un libro di mille pagine che
ha dato un contributo decisivo alla ricerca in un
certo settore scientifico invece non basta. Il senso
dell'interrogazione del Cun al ministro è dunque
questo: possibile che il sistema sia così stolto?
Conosco un giovane studioso italiano che, nel
giugno scorso, ha saputo che un'importante università canadese aveva bandito un concorso per
un professore nella sua materia. Ha mandato per
posta la domanda e l'elenco delle sue pubblicazioni. Dopo qualche settimana è stato contattato: i
professori del dipartimento che aveva bandito il
concorso volevano conoscerlo, assieme ad alcuni
degli altri candidati. Hanno passato assieme una
giornata, confrontando le rispettive esigenze e discutendo dei loro progetti di ricerca. Lo studioso
italiano è stato scelto, come spesso succede, perché ha una preparazione eccellente (l'Italia ha
speso molti denari per formarlo!). Prenderà servizio a ottobre: i suoi colleghi italiani intanto
aspettavano che l'Anvur calcolasse le mediane.
Ecco perché i cervelli italiani fuggono.
*Ordinario di diritto privato
nell'Università di Milano
twitter: @carlorimini
Pagina 11
Politecnico di Milano Ricorso al Tar dei docenti pro-italiano
Corsi .in inglese contro la Costituzione?
A Milano, il Politecnico in versione only speak english rischia di rimanere sulla carta.
La Corte costituzionale, infatti, potrebbe dire la sua a proposito dei corsi di laurea
dai quali è bandita la lingua italiana. Una schiera di cento professori si oppone alle
decisioni già assunte dai vertici dell'università. Qui, a partire dal 2014, per le lauree
magistrali (il cosiddetto +2) e i dottorati di ricerca è prevista l'introduzione dell'inglese
come «lingua ufficiale dell'ateneo». Insomma, non solo per alcune lezioni o seminari.
L'idioma più parlato al mondo diventerà lessico esclusivo per tutti gli insegnamenti,
in nome di una preparazione più internazionale degli studenti, come ha sempre
sostenuto il rettore Giovanni Azzone. Attorno al tema si sono appassionati intellettuali,
economisti, persino l'Accademia della Crusca ha tenuto un convegno. Adesso si
muovono i docenti: vogliono che sia la Consulta a pronunciarsi sulla legittimità di tale
scelta. In contrasto, a loro parere, con alcune disposizioni costituzionali sulla tutela
dell'italiano come patrimonio culturale della nazione. Inoltre, sarebbe violata la libertà
di insegnamento e il diritto all'istruzione. A sollevare i dubbi di costituzionalità dovrà
essere il Tar Lombardia a cui i professori sono ricorsi (l'udienza è prevista per mercoledì
19) affinché sia annullata una delibera dei Senato accademico. «AI Tribunale regionale
chiediamo che la questione venga rimessa alla Consulta», afferma Maria Agostina
Cabiddu, avvocato con cattedra al Politecnico, «visto che una parte della legge di
Mariastella Gelmini sembra permettere che ci siano interi corsi in lingua straniera». Più
che internazionalizzare la scuola questo, a parere dei legale che rappresenta i cento
accademici, «finirà soltanto per inglesizzare l'ateneo». Una strada sulla quale erano già
andate alcune università in Svezia e Finlandia. «Adesso stanno tornando indietro: la
loro lingua rischia di diventare un idioma provinciale», sostiene Cabiddu. Un eventuale
pronunciamento della Corte sulla materia potrebbe avere conseguenze clamorose,
costringendo università famose (e sempre più spesso anche scuole superiori) a rivedere
i propri disegni in chiave internazionale.
Fabio Sottocomola
Mondo Universitario
Pagina 12
ATTUALITA
Per gli inglesi
è sempre stato
un normale rito
di passaggio
mandare
i figli a studiare
lontano da casa. Oggi
molti scelgono
di restare in famiglia.
L'università?
Non più lontana da casa
L
ra un rito di passaggio scontato nella
cultura inglese, come quello del tè alle
cinque. Raggiunti 118 anni e l'età per
l'università, i figli facevano domanda in tre
atenei per garantirsi l'ingresso in almeno
uno e i genitori controllavano che ci fossero
sufficienti chilometri di distanza perché la
prole non venisse tentata di rientrare ogni fine settimana.
Alzarsi per tempo al mattino, cucinare da
soli, far tornare i conti del budget stabilito
da papà e mamma, lavare e stirare i vestiti,
pulire la camera e la cucina del pensionato,
e
oltre a studiare naturalmente.
«Questo è quello che ho imparato abitando lontano. Ho scelto la facoltà di Fisica guardando la qualità del corso, ma mi
sono anche assicurato che l'università,
quella di Manchester, nel Nord dell'Inghilterra, si trovasse ad almeno 160 chilometri di distanza dai miei genitori che abitavano nel Sud, a Paignton», spiega Patrick
Webb, 46 anni, manager di tecnologia in
un centro di ricerca.
Allora, nel 1985, era lo Stato a pagare le tasse dell'università e anche una borsa di studio con la quale gli studenti vivevano. Soldi
degli studenti inglesi
studia vicino a casa
per risparmiare.
Era l'8% nel 1984
delle ragazze italiane e il
31,3% dei ragazzi rientrano
in famiglia alla fine
di un periodo di studio
Mondo Universitario
legati al livello di reddito familiare, certo,
ma garantiti comunque alle classi medie, già
più che benestanti.
Oggi è tutto diverso. Per guadagnarsi
una laurea gli studenti devono pagare almneno 10.800 euro all'anno in tasse universitarie, oltre a 125 euro alla settimana per una
camera, cifra che non comprende pasti,
viaggi e altri extra.
Si può fare un prestito che verrà restituito
una volta ottenuto uno stipendio ragionevole, ma migliaia di studenti preferiscono vivere con mamma e papà per evitare di accumulare una montagna di debiti.
Secondo le ultime cifre pubblicate dall'Higher education funding council for England,
il più importante ente per la distribuzione di
fondi alle università inglesi, il 23 per cento
degli studenti oggi in Gran Bretagna decide
di trascorrere a casa il primo anno di università per risparmiare.
Nel 2010 oltre 310 mila studenti al primo anno, il 19 per cento del totale, hanno
deciso di studiare vicino a casa. Erano soltanto V8 per cento nel 1984. Secondo un
sondaggio della banca HSBC, oltre un quarto dei genitori vuole chiedere ai figli di stare a casa durante gli anni universitari per
contenere i costi.
1 giovani universitari inglesi stanno seguendo le orme dei loro colleghi nel resto
SILVIA GuzzETTI
d'Europa.
Pagina 13
Rebus Cattolica,
che farà Ornaghi?
All'istituto Toniolo, l'ente che sta un piano
sopra l'università Cattolica e la controlla,
aspettano entro poche settimane le dimissioni
da rettore di Lorenzo Ornaghi. La voce non è
nuova: girava già prima dell'estate, poi nulla
era accaduto. Eppure, ieri come oggi c'è chi
intravede già un possibile successore nella
Mondo Universitario
persona di Michele Lenoci, un filosofo allievo
dell'ex magnifico Adriano Bausola e gradito
alle gerarchie ecclesiastiche. Insomma, un
candidato con le carte in regola. Però, fino a
quando l'attuale ministro dei Beni culturali non
lascerà la poltrona di Largo Gemelli (è in
aspettativa) non potrà neppure partire il lungo
percorso, che coinvolge tra l'altro 14 facoltà e
migliaia di docenti, per dare al più grande
centro culturale cattolico d'Europa un nuovo
capo entro novembre, in concomitanza con
l'avvio dell'anno accademico. Ornaghi sembra
avere scelto la politica quale campo in cui
stare nel futuro ma l'incertezza è tanta, dal
destino dei governo alla data delle elezioni.
Dunque, meglio stare fermi che sbagliare le
mosse. Ma può la Cattolica avviarsi a un
secondo anno senza una guida forte? II
vicario Franco Anelli, insigne giurista, non ha
fatto scelte strategiche per l'ateneo. E sembra
propenso a non trascurare la propria attività
professionale, come dimostra l'incarico da
super partes nella querelle della quotata
Camfin che contrappone Marco Tronchetti
Provera alla famiglia genovese Malacalza. La
verità, fanno notare in Cattolica, è che c'è
bisogno di una governance forte, dal
momento che vanno affrontati grossi
problemi. Il primo si chiama Policlinico Gemelli
a Roma con un bilancio (2011) in rosso per
cento milioni ed enormi debiti con le banche.
Per sbrogliare la matassa non basta che il
direttore amministrativo Marco Elefanti stia in
pianta stabile nella Capitale più che a Milano.
Il rischio che il buco nel bilancio si traferisca
all'ateneo appare sempre più concreto.
Pagina 14
La presidente Irutreassa illustra le novità in vista della eonvoc,avione della
Redditi bassi che devono fare i conti con la riforma delle pensioni
da Rimini
SIMONA D'ALESSIO
n futuro ricco di opportunità ma anche di incognite per i giovani ingegneri: da un lato, infatti,
un ventaglio di possibilità di carriera (in Italia e all'estero) legate
al progresso tecnologico, dall'altro
ci si ritrova con dei redditi (ancora troppo) bassi. Al quinto anno
di attività, i liberi professionisti
under35 non raggiungono i 26
mila euro lordi annui, e nel Sud
del paese un giovane ha entrate
in media inferiori di oltre 8 mila e
100 euro, pari al 62% dei guadagni di un collega del Nord, secondo Inarcassa, l'ente previdenziale
di categoria. Cifre messe in luce
dalla presidente, Paola Muratorio,
al 57° congresso del Cni a Rimini, che poi si sofferma su un'altra
questione delicatissima: le modifiche ai regolamenti pensionistici
per raggiungere la sostenibilità
dei bilanci a 50 anni e, annuncia in
un colloquio con Italia Oggi, «proprio oggi (ieri per chi legge) consegnate al ministero del welfare
insieme al bilancio tecnico» come
stabilito dalla legge 214/2011. E
che la stessa Muratorio illustrerà
di persona al ministro del lavoro
Elsa Fornero il 19 settembre, come
da convocazione arrivata ieri.
Domanda. Quali sono le novità
della riforma di Inarcassa?
Risposta. La prima, fondamentale notizia è che non ci sono aumenti della contribuzione, rispetto alle norme del 2008. L'aliquota
soggettiva rimane al 14,50%: abbiamo voluto verificare se questa
percentuale fosse sufficiente a
centrare, con altri ritocchi, il traguardo di una sostenibilità non
più a 30, ma a 50 anni, e dagli
studi degli attuari e degli esperti abbiamo ottenuto un riscontro
positivo. E, a questo punto, ci
siamo concentrati sulle ulteriori
Mondo Universitario
Anni di atti
professionale
Numero di iscritti
(al netto delle cancellazioni)
REDDITI MEDI
LORDI
NETTI
M
F
1° anno
2.546
921
3.467
11.139
9.531
10.712
8.584
7.519
8.301
2° anno
2.348
776
3.124
17.682
14.718
16.946
12.889
10.952
12.427
3° anno
2.523
746
3.269
21.321
16.456
20.211
15.169
12.103
14.473
4° anno
2.538
722
3.260
23.950
19.240
22.907
16.816
13.865
16.163
5° anno
2.405
600
3.005
26.584
20.794
25.428
18.467
14.839
17.742
misure, senza eliminare nessuna
delle forme di solidarietà che oggi
Inarcassa assicura, e inseguendo
l'obiettivo di un'equità fra le generazioni. Ecco perché definisco
il nostro im sistema contributivo
«ad hoc», perché abbiamo scelto di
non appiattirci sulle disposizioni
della legge 335/1995, confezionando un modello destinato alla
nostra platea.
D. Il contributo soggettivo, in
capo al professionista , dunque,
non aumenta. E quello integrativo a carico del cliente?
R. E al 4% e ci rimarrà. Tuttavia, abbiamo deciso di servirci del
meccanismo consentito dalla legge
Lo Presti (133/2011, dal nome del
parlamentare che l'ha depositata,
Nino Lo Presti di Fli, ndr) per la
retrocessione di parte dell'aliquota: ciò avverrà in misura inversamente proporzionale agli anni di
calcolo retributivo della pensione,
ossia per chi ha meno di 10 anni
di anzianità retributiva ci sarà un
arretramento della quota del 2ç%,
Totale
REDDITI MEDI
M
F
Totale
per chi ha da 10 a 20 anni sarà
dell'1 ,759, per chi ha da 20 a 30
anni dell'1,50%, infine chi ha
più di 30 anni vedrà la percentuale fissata all'l%.
D. Crescerà, invece, di
un anno l'età pensionabile.
R. Sì, la categoria ha
una soglia fissata a 65
anni, valida sia per gli
uomini, sia per le donne.
L'aumento, che scatterà
dal 2013, sarà di un
anno, però si verificherà gra-
M
F
Totale
dualmente, ossia ogni anno ieta
salirà di tre mesi. Inoltre, i coefficienti per il
calcolo dell'assegno
seguiranno un criterio che non è più
quello dell'anzianità, bensì quello
dell'anno di nascita del professionista.
D. Perché?
Pagina 15
R. Le nostre stime indicano che
avremo una flessibilità in uscita
dai 63 ai 70 anni, pertanto ci è
sembrato assurdo penalizzare chi
va in pensione più tardi, a parità
di anno di nascita. L'aspettativa
di vita è, infatti, indifferente, e va
garantito a chi rimane più tempo
in attività il diritto a ritrovarsi
con una prestazione previdenziale
maggiore. Altra caratteristica interessante è che la rivalutazione
dei contributi ci sarà non secondo
l'andamento del prodotto interno
lordo italiano, adesso è all'1,517t,
ma secondo la crescita di Inarcassa, attestata attualmente sul
3,8%, un dato desunto dal monte
dei redditi professionali. E, nel
contempo, l'aspettativa di vita
prevista, ai fini del computo pensionistico, degli iscritti sarà superiore di 2-3 anni a quella media
nazionale.
D. Lei non manca di esprimere, in più occasioni, la sua preoccupazione per la crisi occupazionale e i suoi riflessi sui giovani.
Come pensa giudicheranno la
riforma?
i
R. So già, dai numerosi incontri tenuti in varie parti d'Italia
negli ultimi mesi, che il testo è
condiviso. E, a questo proposito,
c'è un'altra misura importante,
ovvero il mantenimento dei 5 anni
di agevolazione per i giovani: al
30° anno di iscrizione alla cassa
saranno, infatti, accreditati loro,
con origine dal momento in cui
avrebbero dovuto pagare, i contributi interi. Pensando sempre
alle categorie più svantaggiate,
abbiamo introdotto la pensione
minima, seguendo i parametri
Isee, e definendo che l'assegno non
potrà essere superiore alla media
dei redditi prodotti durante vita
lavorativa. E, infine, c'è la chance
della pensione volontaria: chi può
e desidera migliorare la propria
posizione può farlo con un versamento dell'8,5%.
Mondo Universitario
Pagina 16
.
Patto fra generaz i oni da rinnovare
Massa : non manca la preoccupazione per il futuro
li ordini professionali devono rivestire
«un ruolo di cerniera fra le istituzioni e
rl cittadino, nonché di accompagnamento dei più giovani nella ricerca di nuove
soluzioni lavorative». Gianni Massa, classe 1965,
da vicepresidente del Cni confida nel decollo di un
«patto intergenerazionale nel quale, anche sotto il
profilo pensionistico, prevalga la solidarietà verso
le nuove leve della professione».
Do
da.. Lei in
le istanze giovanili al Cui.
Quali caratteristiche riscontra negli under45?
Risposta. Non manca, purtroppo, la fondata
preoccupazione per il domani. Sarebbe opportuno
discutere sulla flessibilità del nostro lavoro: è corretto pensare alla libera professione come a una
serie di esperienze diverse da coltivare, non lo è,
invece, trovarsi di fronte al fenomeno delle cosiddette finte partite Iva che ti obbligano a iscriverti
al nostro ente di previdenza, Inarcassa, senza però,
poi, riuscire a pagare i contributi perché il reddito
non è congruo.
Mondo Universitario
D. Quali sono i suoi suggerimenti?
R. Spesso mi trovo a confronto con ragazzi che
chiedono il lavoro fisso, ai quali rispondo che devono, invece, percorrere altre strade: la professione
che hanno scelto è e deve essere elastica. Magari, in
futuro troveranno formule più stabili, però è giusto
non demonizzino l'attività flessibile. C'è altro da
demonizzare...
D. A che cosa si riferisce?
R. Alla frequente circostanza che quando noi
professionisti partecipiamo all'assegnazione degli
appalti troviamo come concorrenti docenti o, addirittura, dipartimenti delle università. La Costituzione stabilisce che gli atenei debbano promuovere
lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica, perciò ritrovarli a partecipare alle gare al ribasso, per
ragioni di mero carattere economico, mi fa pensare
che tradiscano la missione di trasmettere passione
nella materia. Io mi sentivo ingegnere ancor prima
di conseguire il titolo: è ciò che dovrebbero instillare i professori nei propri studenti.
Pagina 17
Università Vita-Salute San Raffaele, il
futuro dei laureati in filosofia è nella
comunicazione. Il futuro dei laureati in filosofia è nella comunicazione, almeno secondo
l'Università Vita-Salute San Raffaele dove il
6% dei laureati in filosofia viene assunto per
occuparsi di marketing, comunicazione epr, un
altro 6% negli uffici stampa, un 6% in audiovideo-cinema. Si arriva al 9% nel giornalismo
e nell'editoria. Intanto la facoltà dell'Università Vita-Salute San Raffaele compie dieci
anni martedì prossimo. Il preside di facoltà
I Iichele Di Francesco sarà, per l'occasione, il
moderatore di una tavola rotonda su {«Pensare
il futuro, il ruolo della filosofia» con Emanuele
Severino, Giovanni Reale, Roberta de Monticelli e Diego Fusaro. Sarà presentato poi il
«Certamen filosofico San Raffaele», una sorta
di gran premio della filosofia che assegnerà tre
borse di studio.
Mondo Universitario
Pagina 18
Opinionista
lettore
Via mai[
DOPPIO IMPIEGO
PERCHE' VIE
PERMESSO?
TO al numero chiuso alle Facoltà di
Medicina, emerge istantaneamente una palese contraddizione: gran parte
dei medici che lavorano in
una struttura pubblica,
svolgono anche attività da
libero professionista. Mi
chiedo allora a cosa serve
limitare il numero dei medici, se poi in tanti fanno il
doppio lavoro. Non sarebbe meglio togliere la possibilità ai medici dipendenti
di poterlo fare, aprendo la
strada ad altri?
L'INIQUITÁ della norma vale anche per altri settori
pubblici: si pensi ai prq fessoci di ruolo (medie, superiori, università), che svolgono attività libero professionale, oppure ai tanti
che, con l'autorizzazione
del proprio superiore (Asl
Comuni, ecc.) svolgono tale attività in aggiunta allo
stipendio che hanno. Ovviamente facendo anche
concorrenza «sleale» a
praticare prezzi più bassi.
Ne conosco tanti che hannofatto carte false per vincere un concorso, in modo
da poter, fare anche la libera professione... Esempio
eclatante è quello emerso
durante gli ultimi scandali
degli appalti, dove ad uno
degli arrestati, già dipendente della Provincia, erano stati conferiti (prima
del suo pensionamento)
ruoli da professionista, sia
al cantiere delle Leopoldine, che per i mondiali di ciclismo del2013. Era opportuno consentire questi incarichi? Insomma, a chi
tanto a chi niente.
Mondo Universitario
Pagina 19
Come la scienza ci cambia la vita
nano- fu t uro
d eglI
L'ultima frontiera della ricerca punta su
prodotti "intelligenti"
microscopiche. Come fosse Lego
di Sara Gandolfi / Foto di Fulvia Farassino
rattacieli autopulenti, banconote
impermeabili, spugne mangiapetrolio calamitate negli oceani.
Il futuro abita già i laboratori
dell'Istituto italiano di tecnologia (Iit) a Genova, centro di ricerca d'eccellenza dove la fisica
greca Athanassia Athanassiou e il suo team
stanno mettendo a punto alcuni dei nanomateriali che presto rivoluzioneranno il nostro
vivere quotidiano.
In molti paragonano il boom del nanotech a
ciò che l'Information technology e lo sviluppo dei computer sono stati negli Anni 8o-go.
«Le nanoscienze ci permettono di scomporre
e ricostruire il mondo in nanometri, la misura degli atomi e delle molecole, e dunque la
dimensione della natura», spiega Umberto
Veronesi, che alla "Nanoscience society" ha
voluto dedicare l'ottava Conferenza mondiale sul Futuro della Scienza. «Per dare un'idea
delle grandezze, una cellula misura 5 micron,
dunque 5.ooo nanometri. Le possibilità che
si aprono davanti a noi sono infinite, come
infinite sono le forme e le combinazioni della
natura».
«Vai all'inizio della materia e poi la ricrei come
vuoi tu, su misura. Come faresti coni mattoncini del Lego», spiega Athanassia Athanassiou. La missione del suo laboratorio, "Smart
Materials", è di creare materiali intelligenti
per i prodotti più svariati. «La corretta combinazione di polimeri con nanofiller specifici può portare allo sviluppo di materiali con
proprietà su misura per una vasta gamma di
applicazioni, come l'imballaggio alimentare,
i sensori, i rivestimenti protettivi per l'edilizia
o le schiume a uso ambientale. Il mio gruppo
sta testando una serie di materiali creati inserendo su basi polimeriche, ossia di plastica,
delle nanoparticelle sviluppate in laboratorio, con diverse funzionalità. Possono essere
particelle di metallo, come l'argento, che ha
forti proprietà antibatteriche, o ossidi come
quello di titanio, che assorbe i raggi ultravioletti».
Il team degli "Smart materials", per esempio,
fobici e autopulenti per proteggere le superfici. Le applicazioni pratiche, per il prossimo
futuro, si sprecano, dai pavimenti ai coating
per gli edifici. Pensate alle vetrate o alle pareti dei grattacieli: basterà l'acqua piovana per
ripulirli.
Una rivoluzione tecnologica che però richiede molta cautela. «La sicurezza è uno dei
problemi fondamentali nell'applicazione di
queste nanotecnologie», ammette la ricercatrice. «Per esempio, l'argento è un materiale
biocompatibile ma quando è di dimensioni
molto piccole può entrare nelle cellule e ancora non sappiamo quali legami crea con le
molecole all'interno del nostro organismo.
Sono ancora necessarie molte ricerche in
campo tossicologico, ma in commercio già si
trovano cosmetici con ossidi di titanio e dentifrici con nanoparticelle antibatteriche di
argento. Anche per i bambini. Io ai miei figli
non li farei usare».
O RIPRODUZIONE RISERVATA
riesce a cambiare le proprietà di fibre naturali come la carta. «Possiamo impregnare
qualsiasi tipo di carta dentro una soluzione
speciale: un monomero di plastica si polimerizza intorno a ogni singola fibra di cellulosa
separatamente; al tatto resta una carta, ma
dopo il procedimento diventa totalmente
idrofobica». Una "carta di plastica" su cui si
può scrivere e stampare, ma che non si scioglie in acqua. Ideale per le banconote del futuro. Il trattamento si può applicare anche sul
cotone o la lana, per la produzione di vestiti
hi-tech, resistenti all'umidità.
Altro settore di punta del nanotech è quello
ambientale. «Possiamo produrre spugne per
ripulire il mare dalle chiazze di petrolio e,
inserendo delle nanoparticelle magnetiche,
le spugne possono poi essere spostate dalle
barche con grandi calamite, senza toccarle».
Altrettanto importante potrà rivelarsi il nanotech nell'edilizia d'ultima generazione. Per
esempio, utilizzando rivestimenti superidro-
Mondo Universitario
Pagina 20
ClNi IN C`(3RSFa ;1I ,I,'ISTITIJ`I'O ITtI,LAIvC3 I3I `(FCNflI,íIGt,1.I7I. GIkz1OY;#
Di carta impermeabile,
magari con l'aggiunta di
nanoparticelle d'argento,
antibatteriche. 0 con
nanomagneti e particelle
fluo, a prova di falsario.
Le particelle idrofobiche
rendono impermeabili
le fibre naturali (carta,
cotone, lana). Tra le idee,
giacche a vento di carta,
usa-e getta, per gli stadi.
Il nanotrattamento
idrofobico permette
di tenere in archivio i
documenti per tempi
lunghissimi, evitando
umidità e batteri.
A base di schiuma
di poliuretano e
nanoparticelle di teflon,
idrofobiche e oleofile,
"catturano' benzina e
petrolio in mare.
In sperimentazione
cerotti "intelligenti"
con nanoparticelle
antibatteriche e curative
su basi naturali, a base
di cellulosa o alginati.
Sulle vetrate idrofobiche
(e anti-Uv) l'acqua,
subito respinta, porta
via con sé anche la
sporcizia depositata
sulla superficie.
Al
Si potranno ideare
"coating" superidrofobici
per edifici: per esempio,
pareti di grattacieli
lavabili, senza detergenti,
solo con acqua piovana.
Con basi e nanoparticelle
biocompatibili si
possono produrre
pellicole igieniche per
strumenti medici
o per alimenti.
I materiali autopulenti
possono semplificare
la manutenzione dei
pannelli solari, i cui
circuiti s'inceppano con i
depositi di sporcizia.
Sono già in commercio
cosmetici con elementi
nanotech, anti-Uv o
antibatterici. Ma perla
Athanassiou serve "più
ricerca tossicologica".
Ospite la greca
Athanassiou
Athanassia Athanassiou,
senior researcher
all'Istituto italiano di
tecnologia, parteciperà
alla Conferenza "The
Future of Science che si
terra a Venezia dal 16 al
18 settembre, promossa
dalle Fondazioni
Umberto Veronesi,
Giorgio Cini e Silvio
Tronchetti Provera.
Mondo Universitario
Pagina 21
Come è bello il mio
CERVELLO
U lasci
„DS -i :_-Z
!9
DI DENISE PARDO
è un rapporto che ha intrigato universalmente
esperti di storia dell'arte e
studiosi del cervello, un
mistero culturale che ora,
anche grazie al progresso scientifico e
tecnico - microscopi e risonanze magnetiche sempre più sofisticate - si va via via
dipanando. E il legame tra cervello ed
estetica, la relazione tra cervello e percezione della bellezza, e tra cervello e la sua
influenza sull'artista. «Un esempio? Il
nesso tra la malattia mentale di Vincent
Van Gogh e la sua crescente passione per i
colori forti e caldi», spiega Giulio Maira,
uno dei neurochirurghi più famosi al mondo, direttore dell'Istituto di Neurochirurgia del Policlinico Gemelli di Roma.
II fascino del rapporto tra cervello ed
estetica è il paradigma della passione di
una vita dì questo famoso medico di 68
anni, consulente della Città del Vaticano e
spesso indicato come "il chirurgo del papa". Un rapporto così articolato da poter
essere anche rovesciato: il cervello non
solo produce bellezza spiega Maira ma
c'è bellezza nella sua stessa conformazione: «Ora che gli strumenti di analisi scientifica sono diventati più perfezionati, ci
permettono di scoprire nel corso di un'indagine tecnica immagini che sembrano
davvero dei quadri e che mostrano paesaggi di coralli appoggiati agli scogli su
un fondale marino, meravigliosi alberi
innevati sotto la luna».
Mondo Universitario
Novemila interventi chirurgici al suo attivo, 45 mila visite mediche, senza contare
le centinaia di operazioni e consulti in giro
per il mondo, Maira racconta il lungo viaggio all'interno del cervello e il ruolo nell'interpretazione del bello. Al tema ha anche
dedicato una tavola rotonda della sua associazioneAthena onlus (nata per sostenere la
ricerca su gravi malattie neurologiche):
"The beautiful brain" il titolo, e non poteva
che essere questo, sull'incontro tra scienza
e filosofia, tra il seme della creazione e il
segno della sua estetica. Com'è complesso
il cervello («Consta di circa 30 miliardi di
neuroni capaci di realizzare milioni di miliardi di connessioni») spiega il professore
che ha speso l'esistenza a studiare, salvare,
medicare la centrale operativa dell'essere
umano dove «l'arte rappresenta una testimonianza preziosa del suo funzionamento,
e in ultima istanza, dell'uomo».
molte funzioni cerebrali, le funzioni visive,
quelle acustiche, la memoria, la capacità di
apprendimento, le aree coinvolte nella
regolazione degli stati emotivi, i mediatori
chimici del piacere o della paura. Qualche
anno fa è stato Servir Zeki, professore di
neurobiologia all'University College di
Londra (al quale Maira ha conferito il
premio Roma) a fondare la neuroestetica,
studio scientifico delle basi neurologiche
coinvolte nella creazione e nella contemplazione di un'opera d'arte (tra le sue varie
pubblicazioni anche un libro scritto insieme al pittore Balthus). «È proprio grazie
agli esperimenti condotti da Zeki e dal suo
collega Hideata Kawabata su persone
sottoposte a risonanza magnetica», spiega
Maira,«che si è dimostrato in che modo
durante la visione di quadri descritti come
Allora la domanda è: se un'opera d'arte
ci appare bella e ci emoziona, fino a che
punto questo è dovuto a meccanismi universali propri della visione, e in che misura
è determinato invece dalle acquisizioni del
nostro cervello? «La percezione non è un
processo passivo: è il sistema nervoso che
costruisce ciò che vediamo, ed è il cervello
che attribuisce un significato ai segnali che
riceve per permetterci di acquisire nuove
conoscenze e fare nuove esperienze».
Infatti l'esperienza estetica che si realizza nel creare o nell'essere spettatore di
un'opera d'arte coinvolge verosimilmente
Pagina 22
dall'alto a sinistra e in basso a destra, tipica di chi è mancino.Così sia l'acquisizione dell'informazione visiva sia la sua
elaborazione possono essere alterate da
cause patologiche. Come nei quadri di
Claude Monet dove l'evoluzione del
modo di raffigurare la luce dipende
dall'avanzare della sua cataratta. Come
le modificazioni dei toni nei quadri senili
diTiziano e Rembrandt: sono chiaramente riferibili ad alterazioni del sistema visivo. «In un certo senso l'arte può diventare lo specchio di come funziona il cervello in generale, ma anche di quello di
un pittore con la stia cultura, le sue malattie, le sue menomazioni».
GIULIO MAIRA. NELLE ALTRE DUE FOTO:
CERVELLO E CERVELLETTO AL
MICROSCOPIO
belli si attivi un'area della corteccia orbitofrontale mediale, nota per il suo coinvolgimento nei meccanismi di ricompensa» (in
pratica, i centri nervosi del piacere finale).
«La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le contempla»: Maira cita il filosofo scozzese David Hume ricordando
che il cervello riceve informazioni dall'esterno tramite i sensi. Ma che, in contemporanea, le interpreta basandosi su informazioni già presenti nella memoria.
«Quando guardiamo un quadro noi inseriamo un'esperienza visiva in un contesto
cerebrale. Acquisiamo una conoscenza e
la elaboriamo in funzione di altre conoscenze antecedenti. L'arte rappresenta
una delle più raffinate modalità di acquisizione di conoscenze. Vedere è il risultato
di una trasformazione del mondo esterno
Mondo Universitario
in un nostro mondo percettivo in cui
giocano un ruolo importante la nostra
precedente conoscenza, la nostra cultura
e persino il nostro stato d'animo».
Naturalmente nell'esperienza estetica, bisogna sempre considerare la compartecipazione di due aspetti, uno congenito e uno
acquisito. Come spiega il neurochirurgo: «La
capacità di registrare la bellezza è una caratteristica ereditata del cervello, ma nel corso
della nostra vita quello che percepiamo come
bello può variare a seconda del contesto,
delle mode, ed è quindi sempre condizionato
dalla cultura e quindi mutevole nel tempo».
A volte, l'influenza del funzionamento
del cervello sul modo d'esprimersi dell'artista è stato straordinariamente evidente.
In alcuni ritratti a matita di Leonardo da
Vinci il tratteggiato ha quell'inclinazione,
Pure gli artisti,Maira continua il racconto, hanno subìto il fascino del cervello
tanto da farne l'oggetto di studi, per esempio i disegni anatomici di Leonardo, perfino quando le dissezioni del corpo umano
non erano permesse. Non solo. Nel 1990
un articolo del neurologo Frank Meshberger stilla prestigiosa rivista scientifica
" fournal of American Medical Association" arriva a sostenere che l'affresco "La
Creazione di Adamo", figura centrale
della volta della Cappella Sistina, affidata
da papa Giulio H nel 1508 al pennello di
Michelangelo, riproduca l'immagine del
cervello tonano. «Apparendo come una
nuvola che avvolge Dio per segnalare che
Dio ha voluto trasmettere all'uomo la capacità cognitiva, vista come il più straordinario dono fatto all'umanità».
Un dono strutturalmente bello per la
complessità delle funzioni che svolge e per
la sua stessa conformazione: « La neurochirurgia usa i microscopi, i laser, i rnicronavigatori che ci fanno entrare nei meandri del
cervello. Si perde così la connotazione della
fredda anatomia a fronte di particolari di
aree cerebrali dalla bellezza e dalla suggestione tali da superare i dipinti dell'astrattismo o i più bei paesaggi in natura», rivela
Maira che ha un sogno, potenziare così
tanto ricerca e prevenzione per arrivare
perfino ad eliminare la neurochirurgia. «Si
spalancano davanti ai nostri occhi orizzonti notturni rischiarati dalla luna, strie luminose, una rete d'oro in un fondo marino,
fuochi d'artificio contro un cielo scuro:
rappresentano l'organizzazione delle nostre strutture neuronali. Ci sono anche
fiamme giallee campi fioriti: sono le sequenze cellulari dell'ippocampo e del cervelletto». Come è bello il cervello! ■
Pagina 23
Assedio aH'ALZHEIMER
Colpisce milioni di
persone. E non c'è
una cura. Ma metodi
diagnostici avanzati
e nuove terapie
promettono di
bloccare il morbo
DI LETIZIA GABAGLIO
Alzheimer è un male sottile
e devastante: il declino delle
funzioni del cervello avviene
lentamente, e quando i sintomi si fanno evidenti gli
strumenti a disposizione per rallentarne
l'avanzata sono pochi, se non nessuno.
Ed è una bomba ad orologeria se si pensa
che questa malattia interessa in Italia 600
mila persone, 10 milioni in Europa e 25
in tutto il mondo, destinate a raddoppiare entro il 2030 quando soltanto nel
Vecchio Continente vivranno circa 14
milioni di malati; e a crescere ancora,
tanto che nel 2050 si stima che soffriranno di una qualche forma di demenza più
di 115 milioni di persone. E il fatto, drammatico, èche una cura ancora non c'è. Ma
le speranze, invece, ci sono.
Ne è convinto Paolo Maria Rossini,
ordinario di Clinica Neurologica all'Università Cattolica del Sacro Cuore di
Roma, che da 15 anni studia, insieme ai
ricercatori del dipartimento di Fisiologia della Sapienza Università di Roma e
dell'Università di Foggia, le oscillazioni
prodotte dai neuroni di una parte poste- i
riore del cervello, i lobi occipitali: il
cosiddetto ritmo alfa. Secondo il neurologo, infatti, si tratta di una misura accurata della salute cerebrale e può essere quindi usata come campanello d'allarme che segnali quale persona sia a
rischio di sviluppare nel giro di pochi
anni la malattia.
Stop ai farmaci inutili
Una ricerca italiana propone un nuovo metodo per valutare l'efficacia di una terapia
contro l 'Alzheimer. Secondo uno studio realizzato dagli psicologi dell'Università
di Milano-Bicocca - con l'Ospedale Niguarda e ('Università di Pavia - una risonanza
magnetica potrebbe essere sufficiente per identificare i pazienti che non traggono
vantaggio dagli inibitori dell'acetilcolinesterasi , il principio attivo di molti farmaci
utilizzati per ritardare il declino cognitivo . I ricercatori hanno scoperto che questi
pazienti mostrano una significativa atrofia in alcune aree cerebrali , i nuclei profondi
del cervello colinergici e i fasci di sostanza bianca circostanti . Lo studio, pubblicato
sul "Behavioral Neurology ", mostra che dopo soli nove mesi di terapia , una risonanza
magnetica permette dì selezionare i pazienti che traggono vantaggio dal farmaco. È
un passo importante verso un protocollo di valutazione di efficacia che permetterà di
evitare l'uso indiscriminato di farmaci che possono avere pesanti effetti collaterali.
Paola Emilia Cicerone
Mondo Universitario
Pagina 24
Agire prima che colpisca
NEL CERVELLO
E NEL GENOMA
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SCOPRIRE DEI
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D'ALLARME CHE
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RISCHIO COSI
Si PUÒ GIOCARE
D'ANTICIPO
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E, se è vero che l'Alzheimer interessa
principalmente le persone anziane, ci
sono sempre più prove del fatto che la
demenza inizi prima dei 65 anni, dopo
questa età la probabilità di svilupparla
raddoppia ogni cinque anni.
«E come se i neuroni nel cervello facessero delle continue riunioni di condominio», spiega Rossini: «A seconda
di quello che c'è da fare, cioè del compito che dobbiamo svolgere, si riuniscono formando legami di volta in volta
diversi. E lo fanno nel giro di frazioni di
secondo. Il ritmo alfa ci racconta tutto
questo». E quella che si chiama plasticità neuronale, che l'Alzheimer spegne
gradualmente a causa dell'accumulo di
un prodotto di scarto, l'amiloide, e della crescita di processi di infiammazione.
«Quando avremo i farmaci dovremo
decidere a chi somministrarli, e dovremo farlo prima che i sintomi siano evidenti, così da aumentare la loro effica-
Mondo Universitario
Fermare la malattia di Alzheimer prima che si manifesti è un obiettivo davvero ambizioso,
dal momento che, a oggi, non esiste una cura efficace neppure per quando essa ha già
iniziato a devastare il cervello. Ma le cose potrebbero cambiare, se le tre sperimentazioni
cliniche che stanno per essere avviate porteranno a risultati concreti.
Oltre alle forme legate all'invecchiamento, esistono altre, rare ed ereditarie, forme
della malattia che colpiscono i membri delle famiglie che hanno due geni mutati e
iniziano a perdere le funzioni cognitive già attorno ai 40 anni. Queste famiglie sono
circa 500 in tutto il mondo, e molte di esse parteciperanno a uno dei tre progetti avviati
per verificare se si può controllare la malattia neutralizzando nelle persone che hanno
i geni mutati la proteina chiamata beta amiloide, che nei malati tende a formare
aggregati e dannegiare le cellule nervose.
IL PRIMO STUDIO ( CHIAMATO API) coinvolgerà 300 colombiani appartenenti a famiglie
nelle quali qualcuno è stato colpito da Alzheimer giovanile; 100 di queste persone saranno
selezionate in base al fatto di essere o meno portatori della mutazione del gene Psen1.
Ad alcuni di loro sarà somministrato un farmaco (l'anticorpo monoclonale crenezumab)
capace di neutralizzare la beta amiloide, agli altri un placebo. Da qui a cinque anni
si saprà se ha avuto successo.
PER IL SECONDO STUDIO (CHIAMATO DIAN ), sono stati invece reclutati 240 americani
di famiglie colpite dalla malattia, 60 dei quali con uno dei tre geni mutati. Nei primi due
anni i partecipanti riceveranno una terapia anti beta amiloide.
IL TERZO STUDIO , CHIAMATO A4 , punta invece sulle forme non ereditarie e coinvolgerà
500 persone colpite da un accumulo di beta amiloide (ma con nessun segno di demenza)
e 500 persone sane. Nei primi tre anni sarà verificata soprattutto la situazione cognitiva
delle persone in terapia con farmaci che non si sono mostrati efficaci in caso di demenza,
ma che potrebbero avere un ruolo nelle fasi asintomatiche, il bapineuzumab e il
solanezumab. Nel loro insieme, i tre studi dovranno poi fornire la risposta più attesa.
quella sull'effettivo ruolo della beta amiloide, che ancora oggi, a causa dei dati
contraddittori ottenuti negli ultimi anni, divide gli esperti.
Agnese Codignola
A SINISTRA: ILLUSTRAZIONE DEI SEGNALI TRA SINAPSI NEL CERVELLO. IN ALTO:
PAOLO MARIA ROSSINI. SOTTO: PAZIENTI IN UNA RESIDENZA PER MALATI DI ALZHEIMER
cia », spiega il neurologo. E partita così,
in tutto il mondo, la caccia a un esame
che sia affidabile, non invasivo - si deve
fare a persone che stanno ancora bene
- ma soprattutto economico, visti i tempi dì magra,e disponibile in tutti i centri.
I risultati di più di 35 studi condotti
negli ultimi anni, che Rossini ha presentato al congresso Afar (Associazione
Fatebenefratelli per la Ricerca) che si è
tenuto a Brescia dal 10 al 12 settembre,
dimostrano che questo strumento c'è: è
l'analisi del ritmo alfa attraverso elettroencefalogramma. «Nel corso degli
anni abbiamo potuto raccogliere una
grande mole di dati che indica come la
diminuzione del ritmo alfa sia legata
allo sviluppo della malattia, un andamento che ci dice qualcosa anche su
quando la patologia si manifesterà: più
rapido è il declino delle oscillazioni, più
celere è l'esordio dei sintomi», spiega
I ancora il neurologo. Una relazione tro-
vata in più dell'80 per cento dei casi. «La
tecnica che abbiamo sviluppato è molto
sofisticata, nia si basa sull'encefalogramma e su strumenti Web facilmente
accessibili ai centri clinici che dovrebbero solo essere messi in rete per centralizzare poi l'analisi dei risultati», conclude Rossini.: «In questo modo, con
circa 20 euro a persona - tanto costa il
test - si potrà garantire un esame predittivo importante».
La faccenda dei costi è un tenia cruciale, visto che oggi circa due terzi dei
malati vive in Paesi a medio o basso
reddito, dove si pensa si registrerà il più
alto numero di nuovi casi. E visto, anche, che sia nei Paesi europei che del
nord America i costi sono altissimi: in
totale per le demenze sono stati investiti miliardi di dollari nel 2010, dove
circa il 70 per cento della spesa avviene
nei Paesi dell'Europa occidentale e del
Nord America. ■
Pagina 25
Neurochirurgia
Voglio un braccio nuovo
Un intervento di neurochirurgia ha
aperto una nuova strada per la cura
delle paralisi degli arti. Lo hanno effettuato i chirurghi della Washington University School of Medicine di St. Louis
che sono riusciti a restituire il parziale
uso delle mani a un uomo di 71 anni,
paralizzato dopo un incidente di auto.
Utilizzando per la prima volta una tecnica innovativa che consiste nell'effettuare una sorta di by pass utilizzando
un nervo che si trova al di sopra dell'area paralizzata - in questo caso il nervo
brachiale - per collegarlo a un nervo
paralizzato, in questo caso il nervo interosseo anteriore che controlla alcuni
movimenti delle mani. Obiettivo
dell'intervento - descritto in un articolo
Mondo Universitario
apparso sul " f ournal of Neurosurgery"
- è quello di utilizzare il nervo sano per
riattivare la funzione di quello che non
riceve più impulsi dal cervello a causa
della lesione del midollo spinale all'altezza della vertebra cervicale C7. Secondo i chirurghi americani, è la prima
volta che un intervento di questo genere è stato realizzato con successo. E
anche se il paziente dovrà sottoporsi a
una lunga riabilitazione la nuova tecnica sembra destinata a garantire una
migliore qualità di vita ai pazienti
delle metodiche di trapianto finora
usate, oltre a permettere di intervenire
anche anni dopo il trauma che ha causato la paralisi
Paola Emilia Cicerone
Pagina 26
MAXI ATENEO
PER AOSTA
Quanto costa la formazione
universitaria in Valle d'Aosta
al tempi della spending
review? 154 milioni e 555
mila euro. A tanto, infatti,
ammonta l'investimento
programmato per la
realizzazione del nuovo
campus . Una spesa
eccessiva, secondo
il Pd della Vallée, che ha
presentato un'analisi dei
costi. «Siamo favorevoli alla
nuova Università, ma non
in questi termini«, dice
Giuseppe Rollandin, che ha
curato lo studio assieme a
Emilio Zambon : « II progetto
è sovradimensionato
rispetto alle esigenze
F. L.
del territorio ».
Mondo Universitario
Pagina 27
i'R`E.ND g;=C3j'Ct=1
A Bolzano il Festival dell ' Innovazione
IL FUTURO IN MOSTRA
PARTE DALLA RICERCA
S
e il futuro del pianeta si gioca
sullo sviluppo responsabile e
sostenibile, capace di coniugare
crescita e occupazione, competitività e
qualità di vita, uno degli strumenti
fondamentali per realizzare questa
trasformazione è l'innovazione. A
patto che si traduca in idee, prodotti e
servizi. E l'Alto Adige, che nel tempo
si è guadagnato un posto di nicchia
molto interessante nell'economia
l'innovazione con la tradizione,
per esaltare le caratteristiche del
territorio. Un esempio viene dal
settore vitivinicolo, dal supporto
fornito dal centro di sperimentazione
agraria e forestale di Laimburg, che ha
trasformato la produzione altoatesina.
In 20 anni si è passati da coltivazioni
di grandi quantità, ma di bassa qualità,
all'esatto contrario. E questo grazie
alla continua ricerca e
L'assessore Roberto Bizzo: «È una vetrina
per le aziende locali e serve a promuovere
un cambio culturale per essere più competitivi»
delle energie pulite, vuole dimostrare
di che cosa è capace. Così la prima
edizione del Innovation Festival
Bolzano-Bozen, promosso dalla
giunta provinciale, è dedicata alle
Nuove Energie. «Il Festival nasce
dall'esigenza di mettere insieme
manifestazioni dedicate a diversi temi
e aprire il territorio al confronto con
un panorama più ampio,
internazionale», spiega l'assessore
all'Innovazione della Provincia
autonoma di Bolzano, Roberto Bizzo.
Domanda. Innovazione nei fatti e
non solo a parole. Come si traduce
in maniera concreta?
Risposta. Nel coniugare
Mondo Universitario
al trasferimento tecnologico alle
aziende.
D. Un altro esempio?
R. Il tema del risparmio energetico
in edilizia, che ruota intorno a un
sistema, battezzato Casa ClimaKlimahaus, messo a punto nella
nostra provincia, che è conosciuto
ovunque. Inoltre, già da tempo nel
nostro territorio si adottano tecniche
di sfruttamento intelligente delle
risorse del suolo. Poi c'è il segmento
delle tecnologie alpine che va dalle
costruzioni in legno all'abbigliamento
per la montagna e, infine, la mobilità.
Tutto questo è legato da un comune
denominatore, la sostenibilità,
perché siamo riusciti ad affiancare
l'innovazione in campo turistico,
agricolo ed energetico con il rispetto
dell'ambiente.
D. Certo, trovare le risorse per
investire di questi tempi non è
facile.
R. Ma è proprio in questi momenti
che è necessario investire in
innovazione. Il Festival è una vetrina
per le aziende locali e serve a
promuovere un cambio culturale per
essere sempre più competitivi. Degli
850 mila euro stanziati, circa 400 sono
messi a disposizione dalla Provincia e
il resto degli sponsor, ma contiamo di
abbassare la spesa a 750 mila.
D. Già, ma anche governare
l'innovazione oltre la crisi non è
altrettanto semplice.
R. Abbiamo ridotto i contributi a
pioggia al minimo e spinto il sistema
dei bandi e dei fondi di rotazione
per stimolare le aziende a competere
su progetti che possano coinvolgere
anche le piccole realtà. Il tessuto
produttivo dell'Alto Adige è composto
da 14 mila aziende di cui il 90% con
meno di cinque addetti, ma tutte legate
a beni di nicchia con elevato contenuto
economico e tecnico. L'idea è aiutarle
a fare sempre meglio ciò che sanno
fare. Il collegamento con altre realtà
imprenditoriali, con le università e
i centri di ricerca è fondamentale, e
il Tis serve anche a questo. Inoltre,
siamo stati i primi in Europa a lanciare
un bando di pre-commercial public
procurement (Pcp).
D. Come funziona?
R. Si appalta la realizzazione di
un oggetto o di un servizio che
ancora non esiste sul mercato, e
Pagina 28
DA RIFKIN A BERNABE
1
Nuove Energie II festival
prevede un programma
fittissimo di incontri,
workshop e dibattiti, 50
eventi che dal 27 al 29
settembre animeranno il
centro storico di Bolzano.
Tre giorni dedicati alle
energie rinnovabili,
ai sistemi di nuova
generazione per garantire
una maggiore efficienza
energetica e alla relazione
tra sostenibilità ambientale
e innovazione, perché
anche gli aspetti etici dello
sviluppo e della tecnologia
sono indispensabili per
garantire alle generazioni
che verranno una crescita
migliore di quella che si
prospetta attualmente. Tra
i relatori, sono quasi cento,
i ministri Profumo e Clini,
imprenditori del calibro
di Emma Marcegalia
e Franco Bernabè,
economisti e studiosi
di fama mondiale come
Jeremy Rifkin (3), e premi
Nobel come Rigoberta
Menchù (5).
Sostenibilità ambientale
e informatica Corrado
Clini (1), ministro
dell'Ambiente, parlerà di
sostenibilità, informatica
e ricerca: elementi
imprescindibili per la
competitività della realtà
imprenditoriale italiana. Nel
suo intervento affronterà
tematiche come
la riduzione
degli spostamenti,
il miglioramento
della velocità della
trasmissione delle
informazioni e le
opportunità di sviluppo per
quelle città e quelle società
che avranno a cuore
l'efficienza in un quadro di
normalità umana e sociale.
Energia : le sfide per
il 2050 In un sistema
basato sulle energie
rinnovabili, la questione
dell'accumulo di energia
riveste un'importanza
centrale, infatti uno dei
limiti attuali è la scarsa
capacità di stoccaggio e
il costo elevato. La chiave
del successo dunque
risiede in un aumento della
velocità dell'innovazione.
Johann - Dietrich Wörner
(2), presidente del Centro
tedesco per l'aeronautica
e l'astronautica, che da
anni si occupa di ricerca
energetica, illustrerà a che
punto sono arrivati.
2050 : Ricercatori per
il futuro Ulrich Eberl
(6), uno dei più affermati
giornalisti scientifici e
tecnici della Germania
e responsabile della
comunicazione istituzionale
della multinazionale
Siemens. Nei suoi articoli
analizza il futuro che ci
aspetta partendo dai trend
tecnologici e a Bolzano
descriverà il ruolo della
ricerca nei prossimi
decenni. Se nel 2050 le
città avranno un numero di
abitanti pari a quello che
oggi popola la Terra, e gli
anziani supereranno per
numero giovani e bambini,
cosa bisogna fare
oggi per arrivare preparati
al domani?
La fame di energia può
affamare l'umanità? E
realmente possibile trovare
un equilibrio tra ecologia
e produzione energetica?
Il premio Nobel per la
Pace, Rigoberta Menchù,
non ha dubbi: il rapporto
tra queste due grandezze
sarà elemento cruciale
per lo sviluppo dei
popoli. L'incontro sarà un
momento di riflessione,
fondamentale per un futuro
pacifico e condiviso delle
nazioni.
Quando la logica
incontra l 'etica I due
ministri della Ricerca
e dell'Istruzione
italiano e austriaco,
Francesco Profumo
e Karlheinz Töchterle
(4), affronteranno una
delle principali sfide per
rafforzare la competitività
dei Paesi delle economie
avanzate: come trasferire
le conoscenze della ricerca
al mondo imprenditoriale.
Perché solo una
collaborazione continua
e un intreccio tra le
competenze accademiche
e quelle aziendali può
consentire di trasformare
gli avanzamenti scientifici
in nuovi prodotti e servizi.
La terza rivoluzione
industriale Internet
e le fonti rinnovabili
rappresentano le basi
per la terza rivoluzione
industriale. Che porterà
a una trasformazione
delle tradizionali forme
di potere in una nuova
configurazione dei
rapporti umani basati
sulla collaborazione.
Come si ripercuoterà sulla
gestione dell'economia
e del mondo degli affari,
sull'organizzazione dei
governi, sull'educazione
dei figli e dei giovani,
sul nuovo modo in cui
organizzeremo la nostra
vita sociale, lo spiegherà
il guru dell'economia
all'idrogeno Jeremy Rifkin.
ALLA MANIFESTAZIONE ATESINA SONO PREVISTI INCONTRI, WORKSHOP E DIBATTITI: 50 EVENTI CHE DAL 27 AL 29 SETTEMBRE
ANIMERANNO IL CENTRO STORICO DI BOLZANO SU ARGOMENTI COME ENERGIE RINNOVABILI, EFFICIENZA, SCIENZA E SVILUPPO
vince chi presenta il prototipo più
innovativo. Ne sponsorizziamo
l'industrializzazione e, quando
l'azienda lo immette sul mercato, per
i primi cinque anni conferisce all'ente
pubblico delle royalties. È un sistema
per stimolare le aziende a fare ricerca
e investire nell'innovazione, ma non
focalizzato solo sul prezzo di mercato,
bensì pensato per generare un'idea,
un nuovo prodotto. Nel nostro caso, in
particolare, si tratta di un sistema hitech per l'automazione della gestione
Mondo Universitario
dei farmaci oncologici nel trattamento
del paziente, realizzato dall'azienda
Health Robotics in collaborazione con
il reparto di oncologia ed ematologia
dell'ospedale di Bolzano. La ricerca
usa risorse economiche per produrre
idee, l'innovazione usa quelle idee per
produrre altre risorse economiche.
D. C'è il rischio di una competizione
con il Festival di Trento?
R. Al contrario, siamo complementari
e non a caso le due manifestazioni
si svolgono in due periodi diversi,
che preludono a un rilancio dall'uno
all'altro evento. Di fatto, i curatori
trentini ci hanno aiutato molto
nell'organizzazione con suggerimenti
e consigli maturati dalla loro
esperienza. In fondo, economia e
innovazione hanno molti punti in
comune, nonostante seguano vie e
strategie diverse per il raggiungimento
di un unico obiettivo: la prosperità e la
crescita di un territorio.
Info: www.innovationfestival.bz.it
Pagina 29
I farmaci oncologici
in Toscana sono gratis
............................................................................
Luigi Marroni
assessore salute Toscana
HO letto nella vostra rubrica la
lettera della signora Michaelles
a proposito del ticket sugli antidolorifici per i pazienti oncologici. Prima di tutto vorrei scusarmi con la signora, se c'è stato
un difetto di comunicazione. E
poi vorrei chiarire come stanno
effettivamente le cose. Premesso che il ticket sui farmaci è nazionale (poiapplicatoinmaniera diversa dalle varie Regioni,
ma comunque nazionale), in
Toscana il ticket si applica sulla
farmaceutica convenzionata:
se un paziente va a comprare il
medicinale in farmacia, paga il
ticket. Ma la scelta della Toscana è stata quella di salvaguardare i pazienti oncologici. La terapia del dolore in oncologia è rivolta a quei pazienti che si suppone siano seguiti dalle strutture pubbliche. In questo caso, il
paziente non deve acquistare il
farmaco in farmacia, malo riceve direttamente, e gratuitamente, dal centro oncologico
che lo segue. La signora ci faccia
sapere a qualeAsl appartiene, e
le faremo portare i farmaci a casa, gratuitamente.
Sanità
Pagina 30
CRITICHE DA SEL E VERDI
Ticket di 10 curo anche senza c
Si deve pagare pure se non viene consegnato il referto digitale
1 FIRENZE
«Con una certa sorpresa abbiamo dovuto constatare in questi giorni che il contributo di
10 euro, finalizzato alla digitalizzazione delle procedure di
diagnostica per immagini,
non è dovuto esclusivamente
da parte di quei pazienti che,
dopo l'esame, ricevono il supporto digitale, ovvero il dvd,
ma da tutti. Questo contrasta
con quello che ci aveva assicurato in sede di riunione di maggioranza, a fine luglio, il presidente Rossi». Ad affermarlo è il
consigliere regionale del Gruppo misto (in quota Sel) Mauro
Romanelli, spiegando che in
Toscana tutti coloro che effet-
tuano una prestazione diagnostica devono pagare il contributo di 10 euro anche se non
ricevono il referto su cd. «È vero - aggiunge - che la giunta ha
approntato tutta una serie di
esenzioni, anche a seguito di
nostre sollecitazioni, ma riteniamo che a questi debbano
aggiungersi i codici verdi bianchi e rossi dei pronto soccorsi
e i redditi esenti dagli altri ticket, ovvero sotto i 36 mila euro
annui». Secondo Ronianelli «il
contributo deve essere dovuto
solo da chi riceve il dvd e non
da chi non lo riceve».
Critiche al provvedimento
della Regione giungono anche
dalla consigliera regionale Monica Sgherri, che ha chiesto di
«legare il contributo alla consegna eventuale del supporto digitale e allargare le esenzioni
(sulle prestazioni al pronto
soccorso, per quelle di prevenzione e screening e sulle patologie esenti per disposizioni
normative nazionali, come le
patologie tumorali) o ridurne
drasticamente il costo, perché
non si configuri come una sorta di ulteriore ticket».
Sgherri ha spiegato che «la
compartecipazione doveva essere legata alla consegna del
cd, ma un ticket di l0 euro è
pesante, così come il rischio di
avere pazienti costretti a pagare più tributi. I toscani devono
tollerare ticket per prestazioni
effettivamente erogate».
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Sanità
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