Oltre il confine primi capitoli

Transcript

Oltre il confine primi capitoli
!
Ilenia Bellezza
!
!
!
!
!
!
!
!
!
Oltre il confine
!
OLTRE IL CONFINE
!
Autore: Ilenia Bellezza
© 2013 - Ilenia Bellezza
Immagine di copertina: creatio.it
ISBN: 978-88-91123-51-0
!
www.ileniabellezza.it
!
© Tutti i diritti riservati all’Autrice.
Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il
preventivo assenso dell’Autrice.
!
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi, ed eventi narrati sono il frutto della
fantasia dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.
!
!
!
!
A Fabio, mio marito
Padrone del mio cuore
!
!
!
!
!
!
!
!
ragione della mia vita
Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti
dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai
innocente.
!
William Shakespeare
!
!
I
!
!
!
Ho sempre fantasticato sul mio futuro, pur non
avendo le idee chiare. Mi piace pensarmi diversa
da ora, più sicura, più saggia, più consapevole di
quello che vorrei fare o raggiungere nella vita.
Sono convinta che sia la chiave per essere veramente felici e in pochi possono dire di esserlo.
Guardo i miei genitori seduti in macchina di
fronte a me e la mente mi riporta a quando avevo
solo sei anni. L’immagine è sempre la stessa,
siamo in viaggio per raggiungere mia nonna Ginevra a Como. Mia madre legge il giornale ad alta
voce mentre mio padre ascolta attentamente ogni
singola parola, come se pendesse dalle sue labbra. Questa per me è l’espressione della felicità.
«Sabrina… siamo quasi arrivati.»
Mi fa l'occhiolino mio padre dallo specchietto
retrovisore.
Non ci abbiamo messo molto, abitiamo a Milano a un’ora di macchina da Como ma, anche se i
chilometri che dividono queste due città sono pochi, vi è un abisso tra l’una e l’altra.
Considero Como il mio rifugio, la pantofola
comoda da mettere appena sento il bisogno di rilassarmi. L’azzurro del lago, il verde dei boschi, la
brezza leggera dei monti hanno sempre cullato la
mia mente da sognatrice. Un vero angolo di paradiso che mi ha sempre permesso di ampliare la
mente con una spinta in più che rende tutto quasi
vero e raggiungibile.
Anche se gli anni passano e crescendo molte
cose cambiano, io non ho mai smesso di sognare
ad occhi aperti, ma oggi, oltre a sognare, mi batte
anche forte il cuore. È da diverse estati che sono
lontana da Como, più o meno da quando ho iniziato il liceo. E in questi anni la nonna ha trovato
un’altra sistemazione con lavoro compreso. Non
so bene come sia andata, ma Flora, un'amica
d’infanzia di mia madre, era alla ricerca di una
persona affidabile che la aiutasse nella gestione
di una proprietà di famiglia. Una villa, poco lontano dal centro di Cernobbio.
Penso che la scelta sia caduta su mia nonna
perché Flora in gioventù era molto amica con mia
madre. Ma dopo che i miei genitori si sono sposati e nello stesso anno trasferiti a Milano, si sono
perse di vista.
Quando i miei, insieme alla nonna, hanno deciso di intraprendere un viaggio in America, si è
posto il problema di chi potesse sostituirla. Considerando che Flora contava su di un aiuto per
alcune serate di beneficenza, senza indugiare mi
sono fatta avanti. Questo lavoro mi permetterà di
pagarmi da sola le spese per la vacanza a Londra
che vorrei fare con la mia amica Samantha. Una
scelta condivisa solo in parte dai miei genitori.
Nonostante sia una persona riflessiva e piuttosto diffidente, hanno sempre paura che prenda
delle strade sbagliate. Temono che cambi, che mi
allontani da loro, ma li amo così tanto che il solo
pensiero mi fa sorridere. Credo sia normale per
ogni genitore alle prese con i cambiamenti nella
vita dei propri figli. Ma io ho bisogno di questo
spazio, di fare nuove esperienze, ne sento la necessità, ed è il momento giusto. Mi sono diplomata da poco al Liceo Scientifico e per la prima volta
dopo anni ho di fronte un’estate senza pensieri.
Mi sono sempre dedicata agli studi tralasciando
ogni tipo di distrazione per raggiungere il mio
obiettivo: l’Università di Medicina e Chirurgia di
Pavia. Ma negli ultimi giorni, calata la tensione
degli esami, ho iniziato ad avere dei dubbi. Non
so il perché, forse il lungo percorso universitario,
l’impegno economico per i miei genitori o probabilmente il semplice bisogno di staccare la spina,
e Como aggiunto alla compagnia di Samantha è il
mio toccasana.
È esattamente un anno che non la vedo e, anche se ci sentiamo sempre, non è esattamente la
stessa cosa abitando in due città diverse. La nostra amicizia risale alle prime estati che passavo a
Como e, nonostante sia più grande di me di tre
anni, abbiamo un rapporto unico. Mi capisce, mi
ascolta ma soprattutto mi consiglia e l’idea di poter vivere un periodo così lungo, qui e vicino a lei,
mi fa emozionare. Come da piccola alla Vigilia di
Natale, quando sotto l’albero c’era un regalo
enorme che non vedevo l’ora di aprire. Ma questa
volta posso dire che una sorpresa così grande
proprio non la immaginavo...
Oltrepassiamo il cancello di ingresso percorrendo il viale che affianca un giardino con alberi
di acero, siepi e fiori di un rosa acceso che spicca
dal verde intenso del prato. La villa è imponente,
una struttura del Settecento di un bianco angelico con ampie finestre.
Parcheggiamo la macchina e con soggezione
scendiamo.
«Sabrina!»
Sento la voce di mia nonna, mi giro e la vedo
venirmi incontro attraversando il cortile. Indossa
il suo completo preferito tinta ghiaccio e mi rivolge un sorriso acceso di una dolcezza che raramente si dimentica.
«Ciao nonna!»
Che bello vederla, abbracciarla e sentire il suo
profumo.
«Tesoro, quanto mi sei mancata» dice stringendomi forte.
«Anche tu.»
«Fatti guardare» si scosta tenendomi ferma
per le spalle. «Come ti sei fatta bella.»
«Sono sempre io.»
La ragazza semplice della porta accanto.
«Quanto mi piacciono i tuoi capelli biondi. Assomigli a tua madre quando aveva la tua età.»
Ci assomigliamo davvero molto, spesso ci
scambiano per sorelle, ma io mi vedo così diversa. Lei è molto più femminile, più donna. Mentre
io invece passo il tempo sempre immersa nei libri.
«Lisa, finalmente siete arrivati.»
Sento una voce femminile alle nostre spalle. Mi
scosto da mia nonna e vedo finalmente Flora.
Una donna bellissima dai lunghi capelli neri e occhi verdi. Non riesco a smettere di guardare le
sue mani che si muovono come in una danza. Le
unghie laccate di rosso, come il colore del suo
rossetto. Una donna raffinata che non si risparmia in abbracci. Sta tenendo stretta da così a lungo mia madre che rimaniamo tutti in silenzio,
quasi a contemplare questa immagine.
«Come sono contenta di avervi qui» si guarda
attorno e per la prima volta incrocio i suoi occhi.
«Tu devi essere Sabrina, tua nonna mi ha parlato
tanto di te.»
Allungo una mano per presentarmi ma lei anticipa i miei movimenti abbracciandomi. Mi paralizzo.
Dopo alcuni secondi si scosta per guardarmi.
«Hai degli occhi stupendi... verde smeraldo...
chissà a quanti ragazzi farai girare la testa.»
Io far girare la testa? Mi viene quasi da ridere.
«Non credo tu sia cosciente della tua bellezza»
mi accarezza il viso teneramente in risposta alla
mia espressione incredula.
Arrossisco.
«Venite vi offro un caffè, credo che abbiate ancora qualche minuto prima di andar via» dice
Flora lasciandomi andare.
«Molto volentieri» risponde mio padre educato.
Si incamminano davanti a me, ed io rimango
ferma per alcuni secondi mentre vedo mia nonna
avvicinarsi e prendermi sotto braccio. È entusiasta di mostrarmi dove vive, mentre io confusa,
sto ancora cercando di capire in cosa mi sia cacciata.
Ci spalanca la porta una cameriera dai capelli
rossi e dal viso paffutello, vestita con una divisa
azzurra ed un grembiule bianco ricamato.
«Rosi, ci accomodiamo nel salotto» l’avvisa
Flora.
«Sì, signora» risponde servizievole.
Appena entrata rimango basita. Vedo cameriere ovunque, tutte vestite uguali, indaffarate a pulire e a lucidare con estrema diligenza. Un’enorme scala di marmo bianco riflette la luce dell’ingresso, rendendo l’ambiente molto luminoso.
Entriamo in sala, una stanza grande quasi
quanto casa mia. Mi accomodo di fianco ai miei
genitori su di un lussuoso divano color panna,
Flora e mia nonna sulle poltrone accanto. Arriva
Rosi a passo spedito appoggiando sul tavolino un
vassoio con le tazzine da caffè ed un piatto colmo
di pasticcini che, solo a vederli, fanno venire
l’acquolina in bocca. Furtiva mi guardo attorno.
Mi incanto nell’osservare l’arredamento moderno. I mobili, dai colori chiari e dalle linee essenziali, sono in perfetto contrasto con il parquet in
wengè scuro.
Due grandi lampadari dominano sulla stanza.
Tende in tessuto pregiato incorniciano le ampie
finestre. Vedo un tavolo in cristallo alla mia sinistra e di fronte un camino in marmo bianco che
ha mantenuto la sua antica bellezza. Un gusto
davvero impeccabile e giovanile. Molto giovanile.
Non me lo aspettavo.
«Sono proprio contenta Lisa che ci siamo riviste dopo così tanti anni.»
«Sì, anche io Flora, mi fa piacere trovarti
bene.»
«È grazie a tua madre, mi ha tolto molti pensieri da quando è qui. Ma non parliamo di me ditemi di voi» cambia discorso, «Riccardo, quanto
pensate di stare via?» chiede a mio padre mentre
gli porge la tazzina di caffè.
«Più o meno due mesi, il viaggio che vogliamo
fare è abbastanza impegnativo, considerando che
Lisa vuole avere anche il tempo di fare un po’ di
shopping. Conosci meglio di me i vizi delle donne» borbotta come al solito.
«Eccome se li conosco e non si può negarle un
simile piacere.»
«Lo so bene» sbuffa sapendo di non avere altra
scelta.
Mia madre non tornerà mai a casa a mani vuote ed io sono contenta visto che una buona parte
di quello che comprerà andrà a me. Abbiamo gusti simili, forse è il vantaggio di assomigliarci così
tanto e non solo fisicamente.
«Sono davvero contenta di averti qui Sabrina.
Come avrai notato al momento è tutto sottosopra
in vista della serata di beneficenza, un evento a
cui tengo in modo particolare e questa villa si
presta benissimo per l’occasione.»
«Capisco» dico nell’intento di darmi un tono,
anche se in realtà capisco ben poco, non so cosa
mi aspetti e non voglio far trapelare la mia insicurezza.
«Abbiamo assunto uno staff eccezionale. Avrai
modo di conoscerlo nei prossimi giorni. Ti ho riservato una stanza nella villa. Ho pensato che
fosse la scelta migliore visto l’enorme lavoro che
abbiamo da fare.»
Alle sue parole mia nonna la guarda accigliata.
Non si pronuncia, ma capisco che c’è qualcosa
che non le torna.
«Ho preferito così Ginevra. La tua dependance
non verrà utilizzata. Penso che Lisa sia più contenta di saperla qui piuttosto che sola alle porte
della proprietà» sorride ma senza coinvolgere gli
occhi che rimangono vigili e attenti.
«Certo... sicuramente... grazie Flora» risponde
mia madre titubante vedendo l’espressione non
molto convinta di mia nonna.
«Spero che non interferisca con le regole della
casa. Nemmeno la servitù alloggia nella villa, rimarrebbe comunque sola» interviene mia nonna
dopo un lungo silenzio.
Perché sola, Flora non abita qui? Non capisco.
«No, non sarà sola, ho chiesto a Rosi e ad altre
due cameriere di fermarsi.»
«Non credo sia una buona idea, ho ricevuto
ordini ben precisi sull’amministrazione della casa
e…»
«Ginevra non intendo discutere con te di questo» dice con calma prendendo un profondo re
spiro. «Mi occuperò io della gestione della casa in
tua assenza e per quanto mi riguarda le regole si
possono accantonare, viste le circostanze. E poi
non vedo perché non farlo, sono felice di poterla
ospitare. Sarà un’ulteriore ricompensa per l’aiuto
che mi darà» dice lanciandomi uno sguardo.
Accidenti! È una donna che sa il fatto suo. Ha
ammutolito mia nonna in due secondi. Deve piacerle il controllo perché mi dà la sensazione di essere una perfezionista. Mia madre, palesemente
più tranquilla, sorride compiaciuta di sapermi
nelle sue mani. Vorrei potermi sentire anch’io
così rilassata.
Tra una chiacchiera e l’altra il tempo è volato e
senza accorgercene è giunto per loro il momento
di partire, l’aereo per Chicago li sta aspettando.
Usciamo in cortile.
Mio padre mi abbraccia protettivo, solleticandomi la guancia con la barba.
«Mi raccomando Sabrina, sii giudiziosa come
sempre.»
«Non sto andando in guerra, fino a prova contraria chi andrà in giro per il mondo siete voi» rispondo ironica per sdrammatizzare.
«Hai capito cosa intendo.»
«Lo so papà! State tranquilli e divertitevi.»
Non c’è nulla di cui preoccuparsi, più al sicuro
di così c’è solo la prigione.
Mia madre si avvicina. «Tieni sempre il telefono con te, se non posso chiamarti ti mando una email o un messaggio. Okay?»
«Certo.»
So già che mi mancherà da morire.
«Mi raccomando, per qualsiasi cosa chiamaci.
Non mi fare stare in pensiero» mi guarda apprensiva.
«Non ti preoccupare, è l’ultima cosa che
voglio.»
«Ti voglio bene» mormora.
Io mi sciolgo e l’abbraccio.
«Ti voglio bene anch’io» la stringo forte e appena sento l’emozione prendere il sopravvento la
lascio andare. Non voglio mettermi a piangere.
«State tranquilli, è in ottime mani» si fa avanti
Flora.
«Lo sappiamo bene» risponde mia madre,
convinta più di quanto non fosse all’inizio. Ma chi
mi sorprende è mia nonna che pensierosa continua a non dire nulla. Forse ha paura che, alloggiando nella villa, ficchi il naso in cose che non
mi riguardano.
«Stai tranquilla nonna, mi limiterò a stare nel
mio spazio.»
«Lo so… lo so» e mi accarezza il viso con occhi
dolci. «Non ho dubbi su questo. Sei una cara ragazza ma mi raccomando stai attenta.»
«Non ti preoccupare.»
Spero di averla convinta, perché non ho intenzione di creare problemi o rischiare di farle perdere il lavoro.
Salgono in macchina. Sento una stretta al cuore nel vederli andar via. È la prima volta che ci
separiamo per un periodo così lungo e, anche se
mi rifugerò nell’amicizia di Samantha, sarò comunque sola. È una sfida con me stessa che sento
il bisogno di affrontare.
Li seguo con lo sguardo fino al cancello. Mi
sbraccio per salutarli e mentre lo faccio noto una
piccola dependance alle porte della proprietà.
Forse è lì che alloggiava mia nonna ed effettivamente è isolata. Non credo mi sarebbe piaciuto.
«Vieni Sabrina, ti mostro la tua stanza.»
Prima di salire ne approfitta e mi fa fare un
giro panoramico della villa. Passiamo dal salone
principale e, attraverso una porta finestra, sbuchiamo nel giardino sul retro.
«Qui è dove allestiremo i tavoli per la cena»
spiega Flora.
«È molto… spazioso» riesco solo a dire, colpita
dalla piscina di trenta metri e dall’immenso parco
circondato da fiori e aceri.
«È l’ideale visto il numero degli invitati. Dai
miei calcoli dovremo utilizzare quindici tavoli rotondi da otto posti. Li farò sistemare attorno alla
piscina» fa qualche passo avanti. «Lì, ho pensato
di mettere il palco» e indica l’angolo destro del
giardino.
«Il palco?»
«Sì, presenterò il progetto di beneficenza con
un video e una serie dettagliata di foto. È necessario dare una visione precisa di cosa andremo a
realizzare.»
«Capisco.»
Non ho capito un bel niente ma a forza di dirlo
finisce che me ne convinco.
Rientriamo in sala.
«Da questa parte c’è la cucina.»
La seguo come un’ombra. Per me la cucina è
un territorio estraneo sotto ogni punto di vista. A
parte il caffè non so prepararmi nemmeno un
uovo. Dovrei mettermi di impegno ma ogni volta
che provo a tagliuzzare delle verdure finisco per
affettare anche le mie dita e non credo siano un
ingrediente segreto.
«Che meraviglia» mormoro.
Mi aspettavo di trovare una cucina professionale di un ristorante, tutta in acciaio, invece anche qui la modernità non manca. I tratti decisi e i
colori scuri delle ante mi fanno pensare a un gusto maschile. C’è un’isola al centro della stanza,
con sgabelli neri e un piano di lavoro a specchio,
che sembra disorientare non solo me ma anche le
cameriere. Si aggirano smarrite, cercando il necessario per preparare la cena. Non devo essere la
sola a entrare per la prima volta in questa cucina.
«Lasciamole lavorare» dice Flora invitandomi
a seguirla fuori dalla stanza.
Proseguiamo con il giro. Mi mostra altri due
salotti molto più piccoli della sala principale che
a confronto sembra una pista di pattinaggio. Saliamo al primo piano in direzione della mia stanza. È la prima porta a destra del lungo corridoio.
Provo un certo sollievo nell’essere così vicina
alle scale. Nel caso tentassi di evadere dalla prigione a cinque stelle, non perderei troppo tempo
a raggiungere la porta per uscire. Il pensiero mi
fa sorridere.
Per fortuna Flora non mi sta guardando. Penserebbe che ho qualche rotella fuori posto, e sinceramente sono io la prima a dubitare di me stessa. Come ho potuto pensare di sostituire mia
nonna?
«Spero che la camera ti piaccia» dice Flora
aprendomi la porta.
Camera?! Questa dalle mie parti è più un mini
appartamento.
Due ampie finestre illuminano gradevolmente
l'ambiente. Vicino a un mobile bar in legno scuro
trovo un divano tortora e una poltrona girevole
grigio perla. Alle mie spalle un letto a baldacchino, nero dalle linee essenziali, affianca un armadio a muro. Il bagno, l'unica porta alla sinistra
della stanza, colpisce per il grande specchio dalla
cornice dorata e per l'ampio piano in marmo
bianco con mobiletti in tinta. Ci sono una vasca
idromassaggio e una doccia angolare. Potrei
tranquillamente rimanere in questa camera per
due mesi senza uscire. Ripensandoci non sarà
così difficile restare qui.
«È stupenda» sorrido timidamente.
«Bene, devo fare delle telefonate, sistemati
pure. Se hai bisogno di me, mi trovi in salotto»
mi avvisa Flora prima di uscire dalla stanza.
Mi guardo attorno ancora incredula, mi sembra impossibile che sia tutto per me. Trattengo
un urlo di gioia e mi getto sul letto. I cuscini sono
soffici e il materasso matrimoniale una vera go-
duria. Certo che ritornare nella mia cameretta
sarà un trauma, ma poco importa, ora sono qui e
me la godo.
!
!
!
!
II
!
!
!
!
La giornata inizia molto presto alla villa. C’è un
gran movimento e una marea di lavoro da fare.
Sono passati ormai tre giorni dal mio arrivo e
non ho ancora trovato il tempo di vedere Samantha. Però stasera, finalmente, andremo a mangiare una pizza. Mi passa a prendere per le 20:00,
giusto in tempo per fare un inventario dettagliato
con la fiorista. Non immaginavo il lavoro minuzioso dietro a un evento del genere. La mia agenda, che saggiamente mi ha regalato Flora, è piena
di appuntamenti che si accavallano all'ultimo
minuto. Ma la cosa più incredibile di tutto questo, è che mi piace. Sì, io Sabrina Baldi, la disorganizzata per eccellenza, provo piacere nel programmare ogni ora della mia giornata. A saperlo
avrei spinto i miei a fare il viaggio un anno fa,
questa attenta pianificazione mi sarebbe servita
per l’ultimo anno di scuola.
Comunque ora in salotto mi sta aspettando
Flora insieme a Lidia, la proprietaria del catering,
per scegliere le tovaglie e dare un’ultima occhiata
al menù. Sono ansiosa di vedere l’anteprima e
mentre faccio mente locale sulle cose da fare,
scendo dalle scale e involontariamente sbatto addosso a Rosi.
«Mi scusi signorina!» mi dice con voce ansiosa
e tremolante.
«No scusami tu Rosi, non ti avevo vista. Va tutto bene?»
È piuttosto agitata.
«Devo correre a preparare la stanza. Il signore… il signore è tornato.»
«Quale signore?»
«Devo andare prima che salga.»
«Certo vai pure.»
Neanche il tempo di dirglielo e mi supera salendo velocemente gli ultimi gradini. Diffidente
scendo al piano terra. Mi guardo attorno come
per paura di vedermi qualcuno alle spalle. C’è
uno strano silenzio. Mi avvicino al salone principale e tutto tace. Penso che non ci sia nessuno invece…
«Si può sapere dove sei finito?»
Sento la voce minacciosa di Flora. Una cameriera a passo spedito mi supera e per poco non
urto anche lei. Si precipita nel salone.
«Dov’è Sabrina?» domanda Flora alla cameriera.
Prendo coraggio e mi faccio avanti. «Sono
qui.»
La prima persona che vedo è Lidia seduta sul
divano con un’espressione persa e adorante. Fissa qualcosa o qualcuno dalla parte opposta della
stanza.
«Sabrina scusami, puoi continuare tu con Lidia? Io vi raggiungo.»
Perplessa annuisco. Sto morendo dalla curiosità di voltarmi per seguire gli occhi di Lidia, credo
di avere il famoso ‘signore’ alle spalle. Lidia si
alza e, prima che possa anche solo provare a girarmi, raccoglie le sue cose e velocemente esce
dalla stanza.
Ci accomodiamo in un’altra sala. Cerco di mantenere la concentrazione sul campionario che Lidia, molto gentilmente, mi sta mostrando, ma
non riesco a fare a meno di pensare a chi avevo
alle spalle.
Passano un paio d’ore, che mi sembrano un’eternità, senza concludere nulla. Dobbiamo aspettare Flora per le decisioni finali ma non si è ancora fatta vedere. Mi sto preoccupando e, con la
scusa di andare a prendere da bere, controllo.
La cucina è adiacente alla sala. Mi incammino
evitando di fare il minimo rumore. Passo di fronte alla porta. È socchiusa. Rallento e allungando
l’occhio intravedo la punta delle scarpe di Flora
vicino al tavolino, probabilmente sono seduti.
Non si sente nulla. Proseguo ed entro in cucina,
prendo il vassoio con due bicchieri d’acqua e ripasso, questa volta senza far troppo caso a quello
che succede, ma proprio in quel momento sento
una voce maschile tuonare.
«Che cosa?»
Sobbalzo per lo spavento, rovesciando l’acqua
dai bicchieri.
«Stai calmo! Non tollero i tuoi toni!»
«E io non tollero che ti appropri delle mie
cose!» continua lui sbraitando.
«Ora la chiamo.»
Sento i tacchi di Flora rumoreggiare alla mie
spalle. Quando mi giro è già di fronte a me. Il
cuore mi batte all’impazzata.
«Bene Sabrina, sei qui, scusami ma avrei bisogno di te.»
È talmente agitata da non vedere che il vassoio
che ho in mano è pieno d’acqua. Mi spinge per
entrare in salotto. Cerco di protestare, ma prima
di formulare la frase mi vedo portar via il vassoio
da Rosi, sbucata da non so dove.
Di sobbalzo mi ritrovo nella sala con una strana sensazione di ansia. Velocemente mi guardo
attorno. La stanza sembra vuota, ma vedo un
gomito appoggiato al bracciolo della poltrona di
fronte. Flora ferma al mio fianco mi tiene per le
spalle. Valuto velocemente la distanza tra noi e la
poltrona. Più o meno cinque metri. Spero che sia
sufficiente per darmela a gambe.
«Sabrina, ti presento mio nipote Aleksander
Savi.»
Suo nipote? Alle sue parole, lui non si alza
nemmeno.
«Dov’è Ginevra?» chiede ignorandomi e per
quanto sia infastidita dal suo atteggiamento, non
posso che essere sorpresa dal tono dolce con il
quale ha pronunciato il nome di mia nonna.
«È partita con sua figlia per una vacanza.»
«E perché io non sono stato informato?» dice
alzando il tono della voce.
«Perché sei sparito di nuovo, Aleksander» lo
rimprovera.
«Bene, ora sono qui e non voglio nessuno tra i
piedi, mandala via.»
Si alza dalla poltrona e finalmente riesco a vederlo. Sempre girato di spalle va verso il tavolino
per versarsi da bere, indossa una maglietta grigia
e un paio di jeans scuri che sottolineano un fisico
atletico e slanciato.
«Lei non va da nessuna parte. Rimarrà qui fino
a quando sua nonna non tornerà.»
Si blocca e lentamente si gira verso di me. «Sua
nonna?» sussurra guardandomi, e io in quell’attimo rimango folgorata dai suoi occhi azzurri e
dalla sua incredibile bellezza. Ha un viso marcato
e splendidi capelli castani portati con cura. Non
credo di aver mai visto nessuno di più bello.
Sbatto le palpebre diverse volte prima di rendermi conto di aver catturato la sua attenzione.
«Sì, è la nipote di Ginevra.»
A malapena sento le parole di Flora. Il cuore
mi batte frenetico nel petto.
«In questa casa ci sono delle regole. Regole ben
precise e mi fa specie che Ginevra abbia permesso alla nipote di stare qui» lancia un’occhiata
fulminea a Flora.
«Infatti lei non voleva. Sono stata io, mi è sembrato più educato farla restare in villa piuttosto
che segregarla nella dependance.»
Quindi questa è casa sua?
«Segregarla nella dependance. Non sia mai»
dice con voce sprezzante posando il bicchiere sul
tavolino. «La prossima volta abbi il buon gusto di
rispettare le mie regole» e nervoso esce dalla
stanza.
Tanto bello quanto arrogante, non c’è che dire.
«Perdonalo Sabrina, è un ragazzo difficile» e si
passa una mano sulla fronte per sorreggere i suoi
pensieri.
«Va tutto bene» mento.
La verità è che non va bene per niente. Non mi
sono mai sentita così fuori posto in vita mia.
«Vedrai che non gli darai fastidio. Le vostre
camere sono distanti, non lo sentirai nemmeno.»
«Flora, per evitare disagi, posso stare da un’amica» dico veloce pensando all’unica soluzione
possibile, perché la dependance è fuori discussione più dello stare qui. «Si chiama Samantha,
abita a Como, ci vediamo proprio stasera e…»
Appena elabora le mie parole mi blocca, forse
non mi stava ascoltando.
«Assolutamente non se ne parla Sabrina! Non
ho nessuna intenzione di mandarti a casa di persone che non conosco per colpa di mio nipote» e
scatta come morsa da una zanzara.
«Non sarebbero estranei.»
«Non se ne parla.»
«Ma Flora, io non sapevo che questa fosse la
casa di tuo nipote, mia nonna non mi ha detto
nulla, è imbarazzante e mi sentirei a disagio
qui…»
Una sagoma alle mie spalle la distrae. Forse è
Rosi. Mi giro e trovo Aleksander. Una morsa allo
stomaco. Ha sentito tutto e dall’espressione dei
suoi occhi mi sembra offeso. Cosa pretende che lo
ringrazi per il cortese benvenuto?
«Volevo informare la mia ospite che sto per
uscire, sicuramente questo la tranquillizzerà»
sottolinea con arroganza.
Sposto subito lo sguardo impacciata. Ma nel
distogliere gli occhi, riesco a trovare il coraggio di
rispondergli.
«Dopo il caloroso benvenuto sfido chiunque a
rimanere tranquillo.»
Cala il silenzio. Flora spiazzata mi osserva con
uno strano luccichio di compiacimento negli occhi. Aleksander non risponde e quando raccolgo
il coraggio necessario per guardarlo e misurare
la sua collera, mi stupisco nel vedere sulle sue
labbra un accenno di sorriso.
Lo sto divertendo? Come… Com’è possibile che
lo diverta? Probabilmente mi sta prendendo in
giro e gli riesce bene visto che non so più cosa
pensare. Abbasso di nuovo lo sguardo.
Entra una cameriera. «Signora Flora mi scusi
ma Lidia chiede di lei.»
Oh no! Non andartene.
«Scusatemi» ed esce, lasciandomi sola con
Aleksander.
E adesso cosa faccio. Cosa gli dico? Fisso impacciata la punta dei miei piedi.
«Gradirei essere guardato. Fino a prova contraria sei in casa mia.»
Cosa? Proprio lui parla.
«Detto dalla stessa persona che non si è alzata
quando ci hanno presentati, ha un po’ del ridicolo» e incrocio i suoi occhi.
All’istante scivolo in uno scambio di sguardi.
Le sue labbra si piegano in un sorriso audace, affascinante. Come un felino si fa avanti lentamente, esaminandomi da una distanza di sicurezza
che si fa sempre più corta. I capelli gli cadono
sulla fronte lasciando piccoli spazi fulminei ai
suoi occhi azzurri. Le labbra deliziosamente disegnate, armoniose e perfette, il mento marcato e
mascolino. Come sono arrivata ad analizzare il
suo viso? Sono infastidita e riesce comunque a
catturarmi. Lo ammetto. Sì, sei bello ma non abbocco.
Incrocia le braccia, fermandosi a un metro da
me. Oddio… Flora… dove sei? Neanche il tempo
di pensarlo ed eccola di ritorno.
«Scusatemi ma…»
Si blocca in mezzo alla sala. Pensava di trovarci
a metri di distanza invece a malapena riesco a
vederla sovrastata dalla figura di Aleksander.
«Stavate facendo conoscenza?» la sua voce è
dubbiosa.
Aleksander si gira verso di lei. «Sì, conoscenza.
Sei arrivata giusto in tempo. Devo andare.»
Senza aggiungere altro esce lasciando una leggera scia di profumo inebriante alle sue spalle.
«Aspetta Aleksander...»
Ma è troppo tardi. Dopo alcuni secondi sentiamo il motore di un’auto percorrere il viale.
«Ho bisogno di sedermi» mormoro accomodandomi sul divano.
Flora mi raggiunge. Sono stravolta e indebolita
da questo faccia a faccia.
«Non ti preoccupare Sabrina, continua con il
nostro lavoro, a mio nipote ci penserò io.»
La guardo perplessa. «Non voglio sembrare irriconoscente ma dopo tutto questa è casa sua, e
io sono un’intrusa.»
«No affatto, sono io che ti ho chiesto di rimanere e sinceramente Sabrina i capricci di mio nipote possono attendere. Se devo considerare cosa
ho fatto per questa casa, è più mia che sua. Quindi non ti sentire un’intrusa.»
Non so cosa rispondere.
«Vedrai andrà tutto bene. Questo disagio passerà appena vi conoscerete meglio.»
Conoscerlo meglio? Mi vuole morta? A malapena reggerei un minuto.
«Si è fatto tardi, sono quasi le 19:00. Sbaglio o
stasera devi uscire?» dice guardando l’orologio al
polso.
«Sì, infatti… fra un po’ arriva Samantha» la
mia voce risuona debole e impacciata.
«Vai allora e divertiti» mi sorride forse nell’intento di incoraggiarmi, ma io non contraccambio.
Non riesco a trovare nulla per cui essere allegra. Grazie a questa scaramuccia famigliare, abbiamo rimandato l’incontro con la fiorista per
domani mattina alle nove e quindi non posso
permettermi di stare un po’ di più con Samantha.
E dire che ne avevo proprio bisogno dopo l’incontro con Aleksander.
!
!
!
!
!
!
III
!
!
!
!
Sono in piedi fuori in giardino che attendo
l’arrivo di Samantha. Guardo l’orologio che segna
le 20:18. I piedi battono per terra a ritmo della
mia impazienza.
Due fanali, puntati verso la villa, mi fanno sperare che sia lei, ma la macchina, un istante dopo,
prosegue lungo la strada. Prendo il cellulare per
chiamarla ma sento un colpo di clacson. Un braccio si sporge dal finestrino seguito da una testa
piena di riccioli castano scuro. È Samantha che
mi saluta. Mi sono sempre piaciuti i suo capelli
voluminosi, così diversi dai miei lisci e biondi.
Corro fuori dal cancello e salgo sulla Fiat 500
azzurro chiaro, che i suoi le hanno regalato per il
diploma. Una macchina comoda soprattutto per i
parcheggi, che sono proprio il suo punto debole.
«Ciao Sabrina!» urla di gioia.
«Ciao!» mi getto nel suo abbraccio.
«Non ci credo ancora che tu sia qui!»
«Nemmeno io.»
«Ho un sacco di cose da raccontarti» mi fa
l’occhiolino e mette la prima.
Sfrecciamo verso il ristorante e iniziamo a parlare con molta naturalezza, come se ci vedessimo
tutti i giorni, invece è passato un anno dall’ultima
volta che è venuta a trovarmi a Milano. Il rapporto che abbiamo è unico proprio per la distanza
che non ha mai intaccato la nostra amicizia. Sono
così felice di essere con lei che mi pento di non
aver organizzato prima questa serata.
Da quando sono salita in macchina ha iniziato
a raccontarmi le ultime cose successe in questi
giorni. Per riassumerle basta dire ‘Tommaso’, un
ragazzo che ha conosciuto la scorsa estate in un
locale della zona. Lavorava come barista per guadagnare un po’ di soldi per una vacanza a Ibiza. È
successo tutto molto velocemente, tanto che ha
deciso di seguirlo. Sono tornati innamoratissimi
e da allora stanno pianificando il futuro insieme.
Invidio la sua sicurezza, ha così le idee chiare, a
differenza mia che sono piena di dubbi.
«Sei così silenziosa, non mi racconti nulla?» mi
guarda con i suoi grandi occhi marroni.
«Non volevo interromperti.»
«Hai ragione, parlo sempre troppo. Dai, dimmi
qualcosa di te. Come va alla villa?»
Alla sua domanda sospiro pesantemente.
«Brutto segno. Cosa succede?»
Abbassa il volume della radio.
«Sinceramente non lo so» giocherello pensierosa con la cerniera della borsa. «Stasera è arrivato all’improvviso il nipote di Flora. Ha detto a
sua zia che non mi vuole fra i piedi. Sarà difficile
far passare due mesi.»
«Che cafone. Ma come si è permesso?»
«Vorrei saperlo anch’io.»
Dopo qualche minuto di silenzio riparte alla
carica. «Vieni a stare da me» la sua non è una
domanda.
«Flora non vuole, devo per forza stare lì.»
«È carino almeno?» mi chiede con un sorriso
malizioso.
Scoppio a ridere, è più forte di lei. Ogni volta
che c’è di mezzo un ragazzo mi chiede sempre se
è carino e io le rispondo di rimando che non l’ho
notato, ma questa volta è diverso.
«Molto» e arrossisco.
«Molto?» chiede sbalordita.
«Sì, molto» giro gli occhi consapevole di aver
innescato una bomba. «Solo perché è carino non
significa che mi piaccia» e così preciso subito
come stanno le cose.
«Hai detto molto, è diverso da carino.»
«Peccato che sia anche particolarmente antipatico e sgarbato. Messi sulla bilancia il molto pesa
come un pugno di briciole.»
Per fortuna in pizzeria i discorsi prendono una
piega più spensierata, anche se l’argomento ‘ragazzi’ rimane sempre in agguato.
Raccontando della serata di beneficenza precipitiamo su un argomento delicato per Samantha.
Il matrimonio. Si vogliono sposare il prossimo
anno. Non le ho mai detto quello che penso su
questo argomento, non voglio condizionarla e poi
chi sono io per dirle che sta correndo? Quindi mi
limito ad assecondarla. È così felice ogni volta
che parla di lui che mi intenerisce.
«Oh no! Sono già le undici» borbotto guardando il cellulare.
«Devi già andare?»
«Purtroppo sì, domani mi devo alzare presto.»
«Va bene dai, ci rifacciamo appena sarai più
libera.»
Spero presto...
Mi riaccompagna alla villa e la saluto con la
promessa di non far passare altri tre giorni prima
di rivederla.
Mentre cammino lungo il cortile, le scrivo un
messaggio per ringraziarla della serata. Quando
alzo gli occhi sulla villa però rimango sorpresa
nel vedere molte luci accese. Passo dopo passo mi
avvicino e, oltre alle luci, noto sagome distinte attraverso le tende del salone. Di fronte alla porta
di ingresso perdo alcuni secondi nel cercare le
chiavi, ma Rosi mi anticipa aprendomi la porta.
«Bentornata signorina.»
«Grazie Rosi.»
Entro osservando le dinamiche da lontano e
quando mi giro per chiederle spiegazioni lei non
c’è già più. Si muovono così veloci le cameriere da
pensare che utilizzino porte nascoste.
Ansiosa mi avvicino per capire in che cosa mi
stia cacciando. Da quando è arrivato Aleksander
questa casa ha perso la sua tranquillità.
«Devi parlare con noi prima di tutto, siamo la
tua famiglia.»
Sento la voce di Flora, per fortuna è ancora qui.
Decido di salutare prima di andare in camera.
Faccio per bussare e mi blocco sentendo Aleksander. «Non ho niente da dire. Ormai dovreste
esserci abituati.»
«Aleksander sei il solo erede di questa famiglia, hai delle responsabilità. Non comportarti
come tuo padre per favore.»
«Non osare nominare mio padre!»
I toni si scaldano.
«Aleksander calmati! Non siamo venuti qui per
litigare» si innalza una voce maschile.
«Siete venuti qui per ficcare il naso.»
«Siamo venuti qui per parlare del tuo futuro»
ribatte l’uomo.
«Della mia vita decido da solo.»
«E dell’azienda cosa ci dici? La getterai al vento come stai gettando la tua vita?» di nuovo Flora.
«Tu non sai un bel nulla di me» ruggisce.
«Non usare quel tono con tua zia.»
«Voi non usate quel tono con me. Non sono più
un bambino e troppo spesso ve lo dimenticate.
Mi credete uno stupido ma lo so che la serata di
beneficenza è solo una scusa per curiosare.»
«No, non è così» si affretta Flora.
«Allora perché qui? Sentivi la mancanza di
questa casa? Forse non l’hai sfruttata abbastanza
quando ne hai avuto l’occasione?»
«Sono qui perché speravo di coinvolgerti ma tu
come al solito mi hai ignorata. Questa casa è
l’ultimo appiglio che mi è rimasto per avere un
contatto con te, per sapere se stai bene e…» la sua
voce si affievolisce. «Se mi comporto così è solo
perché ho paura, non vogliamo rischiare di perderti come…»
«Come chi?» grida Aleksander e io dallo spavento spingo involontariamente la porta facendola spalancare.
Pietrificata rimango ferma sul ciglio con un’espressione afflitta e colpevole. «Bu-buona sera…
scusatemi non volevo interrompervi» dico osservando un uomo con una folta barba e capelli brizzolati camminare pensieroso per la stanza. Indossa un elegante completo grigio scuro, con cravatta nera e scarpe in tinta.
«Sabrina entra pure.»
Si alza Flora dalla poltrona venendomi incontro. Aleksander è seduto sul divano immerso nei
suoi pensieri. I gomiti appoggiati alle gambe, le
mani unite vicino alla bocca, ma quando sente il
mio nome il suo sguardo si proietta su di me.
«Stavo andando a dormire, volevo solo salutare. Non vorrei…»
«Niente affatto» dice Flora avvicinandosi al
mio fianco. «Stai davvero molto bene vestita così.
Questo colore ti dona.»
«Ah! Grazie» rispondo osservandomi.
Mi sono solo messa i tacchi e un vestito verde
acqua che ho comprato principalmente perché mi
piaceva il colore. Non mi è parso così di effetto,
ma forse mi sbaglio.
«Vieni, ti presento mio marito Victor Savi.»
Mi avvicino per presentarmi e quando incrocio
i suoi occhi rimango colpita dall’incredibile somiglianza con quelli di Aleksander. I capelli scuri e
il profilo del viso invece sono diversi. Probabilmente il padre di Aleksander è suo fratello, visto
anche il cognome che porta.
Lui mi osserva scrutandomi attentamente. È
un uomo tutto di un pezzo, con una certa rigidità
che si percepisce solo guardandolo. Non mi sembra particolarmente simpatico ma del resto
nemmeno suo nipote, forse una qualità in comune agli uomini di questa famiglia.
«Sabrina Baldi» e gli stringo la mano con energia.
La stretta di mano dice molto di una persona e
io non voglio sembrare una ragazza senza spina
dorsale. Lui continua a guardarmi e dopo alcuni
istanti mi sorride garbatamente senza lasciarsi
andare a considerazioni. Un uomo di poche parole.
«Sabrina è la nipote di Ginevra» precisa Flora.
Questa frase sembra ogni volta una rivelazione
per loro. Quando sanno che sono sua nipote mi
guardano con occhi diversi, meno sospettosi direi, come se si aspettassero chissà cosa dalle persone estranee a questa casa.
Insistono perché mi accomodi sul divano vicino ad Aleksander. Lo guardo e il morso allo stomaco riprende a torturarmi. Sono con le spalle al
muro e fingendomi disinvolta mi siedo accanto a
lui. Evito di rivolgergli lo sguardo perché questo
significherebbe parlargli e non saprei cosa dirgli.
Aleksander rimane silenzioso mentre scambio
qualche battuta con Flora e Victor, seduti sulla
poltrona di fronte a noi. Ma quando lo vedo alzarsi, perdo subito la concentrazione e inizio a
osservarlo. Si sta versando da bere dal tavolino di
fronte.
Ha braccia muscolose, schiena larga, un fisico
proporzionato e non gonfiato da ore estenuanti di
palestra. Ha più le linee di un modello da coper-
tina e credo che non ci sia nulla di più sexy. Non
riesco a fare a meno di guardarlo. Bisogna ammettere che è davvero bello. Chi riuscirebbe a resistergli? Per fortuna è scorbutico, non so come
mi comporterei se fosse anche solo vagamente
piacevole.
Sospiro e sposto lo sguardo da lui, fingendo di
ascoltare la conversazione, quando Aleksander
mi rivolge la parola. «Vuoi qualcosa da bere?»
dice piano con voce profonda e seducente.
Ammutolita, guardo il mio bicchiere che effettivamente è vuoto e prima di sembrare un’impacciata rispondo «Sì, grazie» con un filo di voce.
Allungo il braccio per porgerglielo. Si gira verso di me, si avvicina e nel prendere il bicchiere
afferra anche la mia mano. Un contatto di pochi
secondi che mi attraversa il corpo come una scarica elettrica. Istintiva alzo lo sguardo e alla vista
dei suoi occhi azzurri i miei pensieri si sfaldano.
Prende il bicchiere, lo appoggia sul tavolino, e
mentre versa il cocktail preparato da Rosi, mi
lancia una lunga occhiata attraverso le folte ciglia. Ho la bocca completamente asciutta.
Come un falco pronto a studiare la sua prossima preda, ritorna da me. Mi irrigidisco pronta al
contatto, ma quando le sue dita mi accarezzano la
mano, un'altra scarica elettrica mi coglie comunque impreparata.
«Scusami la domanda Sabrina, ma sono troppo
curiosa. Hai il ragazzo?»
Grazie Flora, tempismo perfetto! Avvampo di
rossore. Tutti rimangono in attesa di una mia risposta che arriva lenta e imbarazzata.
«No... non ho il ragazzo.»
«Scusami, ma mi riesce difficile crederlo, sei
così bella. Probabilmente avrai molti corteggiatori ma nessuno abbastanza abile. Io alla tua età
avevo lo stesso problema. Tanta scelta ma nessuno che ne valesse la pena.»
«Per fortuna che hai conosciuto me» interviene Victor.
«Non mi far pensare a quando ti ho conosciuto, eri tutt’altro che interessante, direi piuttosto
presuntuoso.»
«Perché sapevo di piacerti» conclude semplicemente come se la cosa fosse chiara a lui quanto
a lei e in effetti deve essere così, perché si osservano, scambiandosi sguardi che fanno intendere
che tra loro c’è ancora la scintilla della complicità.
Mi colpisce la loro intesa e involontariamente
mi giro verso Aleksander. Quando si accorge che
lo sto guardando, lui regge il mio sguardo, senza
battere ciglio, mentre io arrossisco e abbasso gli
occhi di nuovo.
«Diciamo che mi piacevano i tuoi occhi azzurri
Victor ma nulla di più. Non eri il mio tipo, ma ti
ho concesso ugualmente l’onore di uscire con
me.»
Riprendo ad ascoltarli, obbligandomi a concentrarmi su di loro.
«Comunque il punto è che la nostra Sabrina è
libera, bisogna trovarle un ragazzo all’altezza.»
«Non è necessario» la blocco subito ma non
sembra ascoltarmi.
«Ti presenterò degli ottimi partiti alla cena di
beneficenza.»
Sta parlando seriamente?
«Ti ringrazio ma non sono alla ricerca di nessuno in questo momento, sto bene così» sospiro
nervosa.
«Sei difficile di gusti?» insiste.
Come posso uscire da questa situazione?
«Andiamo Flora, probabilmente non ha mai
visto un ragazzo abbastanza carino da farle girare
la testa.»
Mi sento punzecchiare dalla frase di Victor,
forse si è accorto che guardavo Aleksander così
nell’intento di difendermi alzo le mie barriere.
«Veramente sono interessata più alla sostanza
che alla forma, perché la bellezza perde velocemente il suo fascino» rispondo a tono.
«Ben detto!» esclama Flora. «Tua nonna aveva
ragione, sei una ragazza giudiziosa» dice soddisfatta ma io non volevo impressionarla.
«Sono una ragazza come le altre» rispondo veloce. Questa situazione inizia a infastidirmi.
«Sabrina, ti posso assicurare che molte lasciano da parte la sostanza per il piacere della forma»
continua lei, «e sentire una giovane donna parla-
re così mi fa capire quanto tu sia ponderata. Una
rara combinazione, bella e saggia.»
«Non saprei» alzo le spalle.
«Beh, a sentirti parlare sembrerebbe proprio
così, giusto Aleksander? Sei tu l’esperto in tema
di ragazze, illuminaci» dice Victor lanciandogli
uno sguardo.
«Certi discorsi mi annoiano e dovresti saperlo»
risponde freddamente.
«Lo sappiamo bene, nostro nipote non si deve
sforzare per avere una ragazza. Gli basta uno
schiocco di dita Sabrina, fai attenzione, magari
funziona anche con te.»
«Victor! Ma cosa stai dicendo?» lo ammonisce
Flora.
«La verità!»
«Scusati subito con Sabrina. Lo pretendo Victor.»
«Non è necessario» mormoro.
«Invece sì» interviene Aleksander.
«No… davvero non mi sono offesa» lo osservo
intimidita mentre lui mi scruta con attenzione.
«Be' è stato offensivo per me» mormora mentre in sottofondo Flora e Victor continuano a discutere.
La stanza improvvisamente mi sembra divisa
in due. Da una parte gli animi bollenti di due coniugi e dall’altra gli sguardi silenziosi di due ragazzi che si osservano. Non so se sia la sua vicinanza a darmi alla testa o il cocktail che ho appena bevuto.
«È meglio che vada» mormoro alzandomi in
piedi.
Ho bisogno di aria fresca e possibilmente di
una doccia ghiacciata.
«Ti accompagno» dice lui alzandosi a sua volta.
«No... non è necessario» mi affretto.
«Insisto» mi fissa.
Sento franare la terra sotto i piedi.
«Sarebbe meglio non lasciarli soli, chissà cosa
potrebbero combinare» provo a sdrammatizzare
ma non credo che la battuta sia riuscita. Lui mi
guarda impassibile.
«Conosco la strada... grazie» e abbasso gli occhi per l’ennesima volta.
«Sabrina te ne stai andando?»
«Sì, Flora, si è fatto tardi.»
«Certo, vai pure. Ti abbiamo trattenuta anche
fin troppo. Buona notte e scusaci ancora.»
«Buona notte.»
Con garbo esco dalla stanza senza far trapelare
il mio imbarazzo e senza più concedere sguardi
ad Aleksander. Velocemente risalgo in camera
mia. Entro dentro e do due giri di chiave. Non è
mia abitudine chiudermi in camera ma qualcosa
mi ha spinto a farlo. Mi getto sul letto e affondo il
viso tra i cuscini di raso azzurro.
Quel ragazzo… Dio quanto è bello. Voleva accompagnarmi in camera e gli ho detto di no. Per
fortuna gli ho detto di no.
Mi giro a pancia in su prendendo un profondo
respiro.
«Aleksander Savi» mormoro ripensando ai
suoi occhi ipnotici e alle sue labbra carnose.
«Cosa mi stai facendo? Prima sei scortese, poi mi
cerchi con gli occhi… quegli occhi...» abbraccio
un cuscino rotolandomi su un fianco. Nessuno mi
ha mai guardata in quel modo. Ho la testa annebbiata dalla sua immagine. Allora esiste il colpo di fulmine? Perché credo che mi sia appena
successo. Se mi sentisse Samantha so già cosa direbbe: "Sabrina che perde la testa per un ragazzo,
finalmente qualcuno ha ascoltato le mie preghiere". Peccato che sarà solo una fantasia. Uno come
lui non aspetta di certo me e sarebbe saggio toglierselo subito dalla testa.
«Aleksander Savi...» Solo a pronunciare il suo
nome mi vengono i brividi.
!
!
!
!
!
!
!
!
!
!
!
Per saperne di più visita il sito:
!
www.ileniabellezza.it
!
scoprirai tutti i libri della trilogia Oltre il confine disponibili in
eBook e cartaceo