Cantates arcadiennes, de Rome à Naples

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Cantates arcadiennes, de Rome à Naples
CHRISTOPHE
ROUSSET
Saison
Saison 2015 | 2016
2012 | 2013
Cantates arcadiennes,
de Rome à Naples
Textes du programme
Ann Hallenberg Mezzo-soprano
Gilone Gaubert-Jacques, Jivka Kaltcheva Violons
Emmanuel Gaubert-Jacques Violoncelle
Les Talens Lyriques
Christophe Rousset Direction
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Alessandro Scarlatti
L’Orfeo
Sinfonia
Programme
Alessandro Scarlatti (1660 - 1725)
L’Orfeo – cantate (ca. 1700-1702)
Arcangelo Corelli (1653 - 1713)
Sonate da chiesa en ré mineur op. 3 n° 5 (1689)
Nicola Fago (1677–1745)
Steso tra fiori – cantate (sd)
Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
Sonate en ré mineur op. 1 n°12 « La Follia », RV 63 (1705)
Georg Friedrich Hændel (1685 - 1759)
Notte placida e cheta (HWV 142) – cantate (sd)
Recitativo
Dall’oscura magion dell’arsa Dite
dell’estinta Euridice
seco portava Orfeo l’ombra adorata.
Ma l’amante infelice
l’empia legge obliata
che dal nume infernal gli fu prescritta,
prima d’uscir dall’infocata soglia
alla bell’ombra afflitta
incauto volse l’amoroso sguardo;
ed oh, con qual tormento, ahi, con qual doglia
sparir la vidde l’amoroso Trace.
Quindi pronto ai lamenti al moto tardo,
perduta la speranza
di riveder mai più lo spirto amante
lungi n’andò da la tartarea stanza;
e poiché il crudo fato
due volte gl’involò l’amato bene,
così a sfogar ei prese
del suo dolente cor l’acerbe pene.
Aria
Chi, chi m’invola la cara Euridice,
chi l’alma dal core,
chi il core dal sen?
Se mirarla già più non mi lice,
d’eterno dolore
m’uccida il velen.
Recitativo
Ma di chi mi querelo,
se delle mie sventure autor son io?
Ah che l’ardente brama il mio desio
mentre anelante affretto
per riveder le tue sembianze amate,
consorte sventurata,
mi diviser da te, l’alma dal petto.
Oh più crudel di quante fur vicende,
dolce occasione ingrata
se amor mi noce e la pietà m’offende,
e mirando il mio bene in strane guise
son più crudel dell’aspe che l’uccise.
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Aria
Se mirando, occhi perversi,
tor la vita voi sapete,
gl’empi guardi in me conversi
perché ancor non m’uccidete?
Meco voi pietosi tanto
vedo ben ch’esser non lice,
che saria pietoso vanto
dar la morte a un infelice.
Recitativo
Or poiché mi tradir gl’occhi tiranni,
Voi, labra mie canore,
col musico valore
al dolce suon de la concorde Lira,
Voi raddolcite i miei crudeli affanni.
Aria
Sordo il tronco, e grave il sasso
corse al suon de’ dolci carmi.
Fermò il passo belva rigida e feroce;
l’onda lubrica e veloce
giacque immota ad ascoltarmi.
Lasciò Cerbero i latrati
in sentir le voci ignote.
De’ dannati
cessò il pianto, e il duolo eterno;
si placò tutto l’inferno
al tenor de le mie note.
Recitativo
Ah, voi m’abbandonate,
musici spirti, e indarno
chieggio da voi le meraviglie usate.
Aria
Il vanto del canto
mi toglie il dolor.
La pena raffrena
gl’accenti potenti
e atroce la voce
mi chiude nel cor.
Recitativo
Così dicendo, il gran cantor dell’Ebro
tornar volea di Pluto al cieco regno,
ma a l’ardito disegno
crudel s’oppose e ai musici lamenti
sordo il nocchier de le perdute genti.
Filli, tu che pietosa
ascoltasti d’Orfeo
l’istoria lagrimosa,
che per un sguardo d’ogni suo ben fu privo,
perché non hai pietà de’ danni miei
s’ancor io per mirarti il cor perdei?
Aria
Sì, pietà de’ miei martiri,
habbi, o Cara, un sol momento.
Georg Friedrich HÄNDEL
Le mie voci, il dolor mio,
gl’amorosi miei sospiri
fan palese il mio desio
e desio morir contento.
Notte placida e cheta
Antonio VIVALDI
Perché son molli i prati
Aria
Perché son molli
i prati e i colli
del pianto mio
quell’agnellette
schivan l’erbette
quasi ricolme
di rio veleno.
E quelle fonti
ch’escon da’ monti
con chiare vene,
perché son piene
delle mie lagrime,
ninfe e pastori
nei loro umori
più non vi bagnano
il piede e il seno.
Recitativo
Dunque, già ch’il mio duolo
è giunto a tal ch’infesta ogni bel loco
ove infelice io poso,
fra scoscesi dirupi, antri profondi,
mestissimi recessi e spaventose
inospiti boscaglie
ove vestigio uman orme non stampa,
disperato n’andròn e al luttuoso
canto d’upupe e gufi,
all’orrendo rimbombo
di ferini ululati, unito al fischio
di velenosi serpi, a cui sovente
dall’oscure caverne
disperata risponde Eco dolente,
trarrò mia vita in un continuo pianto.
Così gli aprici colli e i prati ameni,
pastor, ninfe e armenti,
più turbati non fian da’ miei tormenti.
Aria
Le fresche violette
e le vezzose erbette
in voi fioriscano,
liete gioscano
al moi partir.
So che tra lor diranno:
« Lungi sarem d’affanno
se quel partì da noi
che coi lamenti suoi
sempre ne fe’ languir. »
Recitativo
Notte placida e cheta,
Che col tuo fosco ammanto
Porgi grato riposo al mio dolore,
Deh! Se potessi almeno
Col tuo grato sopore
Far ch’in sogno vedessi del idol mio l’idea,
Tutta in gioia cangiata ed in sorriso:
Proverebbe il mio core un paradiso.
Aria
Zeffiretti, deh venite,
Sol da voi porger si ponno
Nel mio sen con dolce sonno
Mormorando aure gradite.
E allor poi dirò contento:
Vagheggiando di mia Fille
Non severe le pupille:
Pur felice hebbi un momento.
Recitativo
Momento fortunato
In cui l’alma s’avviva
Quando di vita priva
Potea restar, da tante cure e tante;
E se in sogno godrò quel solo istante
Vivrò sempre quel fui,
Fedel amante.
Aria
Per un istante
Se in sogno, amore, mi fai gioir,
sempre costante
T’offrisco il core sino al morir.
Accompagnato
Ma già sento che spande
Sabbie placide e chete
Cortese sonno e le pupille aggrava.
Questo misero core
Tu lo soccorri, amore;
Fa ch’io pur giunga
A quel che tanto agogno
Vientene amore,
I rai già chiudo e sogno.
Aria
Luci belle, vaghe stelle,
pur vi miro placidette,
Vezzosette verso me.
Son felice, se mi lice
Io sperare al mio amor
Grata mercè.
Accompagnato
Oh delizie d’Amor satie mie voglie
Saranno al fin. Se in mar placido e cheto
Di gioie e di piacer;
Ma .... chi indiscreto
Mi rompe il sonno
Ed ogni ben mio toglie?
Ah, conosca il mortale.
Aria
Che non si dà
Qua giù pace gradita,
Se non alro che un sogno è la sua vita.
A un giust’affetto
Questa mercede non puoi negar
E un sol diletto
A intatta fede si può donar.
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