Diario di Viaggio in Tibet

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Diario di Viaggio in Tibet
Diario di Viaggio in Tibet
Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo”
Il Tibet, o meglio lo Xizang, come lo chiamano i cinesi, è
sempre stato per me un luogo mitico, il misterioso “tetto del
mondo”, la meta più desiderata, il paese dei miracoli, del dio
vivente, della magia più fantasiosa, per cui, anche se tutti mi
avevano detto che stava un po’ diventando simile al resto
della Cina, tanto che la mentalità della gente veniva
riformata dai quadri e dai tecnici provenienti dal Sichuan o
da altre parti della Cina….la mia aspettativa è sempre stata
altissima.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo”
Quando poi ho iniziato a vedere l’aspra severità delle montagne, il paesaggio
impervio e brullo, i gelidi fiumiciattoli, i piccoli villaggi tibetani sotto un cielo
terso e limpido, le lunghe corde con le bandierine di preghiera sventolare al
vento… mi sono sentita veramente felice.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
L’arrivo a Lhasa è stato però fisicamente un po’ difficoltoso a causa
dell’altitudine, (ben 3700 metri) e della stanchezza accumulata nel viaggio,
ma l’emozione di vedere non mi ha fermato e… dopo un breve riposo abbiamo
fatto, con il gruppo, una tranquilla passeggiata al Norbulingka, il palazzo
d’estate del Dalai Lama.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
Il Noburlinga è un vasto
complesso formato da basse
costruzioni, padiglioni, templi,
giardini e boschetti… il tutto
voluto dal VII Dalai Lama,
tanto che la sua costruzione
risale al 1735.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
Per nostra fortuna, in questo
periodo era in corso una festa
in onore di Buddha. La guida
inoltre ci ha raccontato che in
questa occasione tutti i parchi
di Lhasa ed in particolare il
Norbulingka, sono affollati di
gente che fa il picnic, accampata
in tendopoli.
Ed in effetti era bello vederli
allegri e chiassosi chiacchierare
tra loro, suonare musica e cantare…
divertirsi pregando e ringraziando
la divinità per il dono di esistere.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
Dopo un altro breve, necessario riposo per assuefarsi all’altitudine, siamo
andati al Jokhang, l’edificio religioso più venerato del Tibet, il cuore della
città di Lhasa, quello che viene chiamato, la cattedrale del buddhismo
tibetano.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
Dopo aver percorso il
perimetro esterno del
Jokhang, come fanno
tutti i fedeli tibetani,
siamo entrati nel cortile
del tempio, dove le pietre
del selciato sono state
consumate da secoli di
devozione..
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L’atmosfera era buia,
impregnata dell’odore acre del
burro di Yak delle candele.
La gente accendeva ceri e
soprattutto si prostrava a terra
con una devozione che ci
commuoveva.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
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Il Jokhang è uno dei templi costruiti dal re Songtsen Gampo,
per ospitare le statue di Buddha che le sue due mogli
straniere, una cinese e l’altra nepalese, avevano portato in
Tibet dalle loro terre. La leggenda dice che il re lanciò in
aria il suo anello promettendo di costruire un tempio in
qualsiasi luogo fosse caduto.
L’anello cadde in un lago e colpì una roccia, dove
miracolosamente, apparve uno stupa bianco in segno di buon
auspicio. Per le fondamenta, furono poste, attraverso il lago,
delle lunghe travi, ma il progetto si rivelò un fallimento..
allora il lago venne riempito con della terra portata da capre
e sopra vi fu edificato il Jokhang che poi, nel corso dei
secoli, subì ulteriori rimaneggiamenti, ma sempre legati alla
struttura iniziale che non cambiò mai.
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L’interno del tempio mi è apparso quasi spettrale, come ho accennato prima,
buio, in legno riccamente decorato, un po’ pesante.. con una miriade di altari
e altarini con Buddha dorati. Ciò che però mi ha colpito di più è la vita al suo
interno.. le persone che hanno fatto di questa struttura il loro luogo di
ritrovo, di rifugio..
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Sul tetto poi del Jokhar, la vista è straordinaria, spazia sia sui vasti tetti
dorati dello stesso edificio, sia sul Barkhor, la piazza della città, sia sui
monti in lontananza, sia infine sul suggestivo Potala.. tutto è spettacolo!
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
E lo spettacolo continua tra la folla nella piazza coloratissima del Barkhor,
nella parte vecchia di Lhasa, un quadrilatero cosparso di bancarelle, da cui
si diramano piccole viuzze caratteristiche che circondano il Jokhang.
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Per i tibetani il Barkhor è il luogo di incontro più frequentato, ed è stato un
vero piacere, per noi, unirci alla folla locale, sentirci accettati con simpatia,
quasi facessimo parte della loro cultura.
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A onore del vero bisogna anche dire che abbiamo notato con occhi un po’
nostalgici come molte venditrici avessero abbandonato le ricche stoffe
dell’artigianato nazionale, per i tessuti artificiali fabbricati a Shangai, o
ancora gli utensili di rame sbalzato, di legno scolpito o di cuoio intrecciato,
tipici tibetani, sostituiti da oggetti di plastica dai colori chiassosi che tanto
piacciono ai cinesi!..
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Il mattino dopo, con il fiatone e gambe tremolanti siamo saliti al Potala, l’antico
palazzo governativo del Dalai Lama, la meraviglia architettonica costruita sul
fianco della rossa collina, visibile da tutte le direzioni.
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Originariamente era un semplice padiglione dedicato alla
preghiera, costruito dal re Songtden Gampo nel VII secolo,
dopo il suo matrimonio con la principessa Wen Chang della
famiglia imperiale cinese dei Tang… il palazzo venne
distrutto nel IX secolo da un incendio, ma fu ricostruito dal
V Dalai Lama e poi divenne nel 1645, residenza invernale del
capo religioso del Buddhismo.
Ci è apparso subito come un’enorme costruzione in pietra,
terra e legno, alta ben 1187 metri, una “Versailles in
verticale”, divisa in due settori: il Palazzo Rosso e il Palazzo
Bianco… comunque tutto il complesso è vastissimo, 1000
stanze, 10.000 cappelle, 200.000 statue e poi corridoi,
terrazzi, mausolei, biblioteche, officine…
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Noi abbiamo continuato a salire, con tanta aspettativa nell’animo, respirando
a pieni polmoni, l’aria frizzante del mattino, salivamo insieme alla gente
locale, ed eravamo stupiti proprio di questo enorme afflusso, già di prima
mattina.
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Non appena abbiamo varcato la soglia, dove ci guardavano minacciosi i due
mostruosi guardiani...
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...e siamo entrati nel Palazzo
Rosso, che ospita tutto
l’apparato religioso (mentre
il Palazzo Bianco è quello più
propriamente amministrativo
e governativo), subito ci siamo
sentiti mancare il respiro,
credevamo di soffocare, tale
era forte l’odore del burro di
Yak.. poi pian piano ci siamo
abituati.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
Abbiamo attraversato bui
corridoi, affollati, tanto che
ci spingevamo l’un l’altro,
respirando quell’aria mefitica
di cui Cinesi e Tibetani erano
impregnati.
Che fatica passare da una
stanza all’altra, da una
cappella all’altra, salire i
gradini dei vari piani, che mi
davano l’idea di veri e propri
labirinti.. per fortuna ogni
tanto qualche terrazzo ci
dava la possibilità di un
respiro senza tanfo!
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Durante la nostra esplorazione devo però dire che il fascino dei Buddha
dorati, dei Mandala tridimensionali, delle cappelle decorate finemente,
delle stesse stanze dove viveva il Dalai Lama, ricche di oro e tappeti.. è
sempre stato grande. Peccato solo l’atmosfera quasi buia, con poche
finestre, certamente per mantenere il calore anche nella stagione più
fredda!
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Nel pomeriggio ci siamo spostati a 5 Km da Lhasa per andare a visitare il
Monastero di Sera o meglio il Monastero della Siepe di Rose.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” -Lhasa
Fondato nel 1400 circa da
Jamchen Cioje, un discepolo
diretto dal Lama Tzong Khapa, il
monastero deve la sua
importanza al fatto di essere
non solo un collegio dove
imparare o trasmettere una
conoscenza intellettuale, ma
anche un luogo dove è possibile
insegnare metodi di meditazione
e sviluppo della mente, come
pure la loro applicazione pratica.
L’atmosfera di questo villaggio
monastero, che comprende vari
collegi, mi è piaciuta molto.
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Nel collegio di Sera Je, che è il più grande, prima di accedere alla sala
principale del tempio, siamo entrati nel cortile dei dibattiti, dove gruppi di
monaci si interrogavano sui Tantra, più precisamente uno interrogava e l’altro
rispondeva. Ciò che è stato per noi interessante e caratteristico è stato il
continuo battimano che il monaco interrogato faceva per sottolineare i punti
essenziali.
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La nostra guida ha aggiunto che spesso anche l’interrogante batteva le mani
in modo plateale, per intralciare l’attenzione dell’esaminando e valutare così
la sua concentrazione. Devo dire che ad un osservatore esterno tutto questo
spettacolo dava l’idea che, in fondo, i monaci si divertivano in questa
pantomima e l’imparare diventava così una specie di gioco!
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Entrati poi nel tempio, lo
abbiamo trovato un po’
trasandato, disordinato e
quasi abbandonato, ma
abbiamo perlustrato ogni
angolo: il calderone puzzolente
del burro di Yak...
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...ci siamo quasi spaventati a contatto con la divinità di Mahakala, il nero
signore della saggezza trascendente, grande protettore contro le forze
negative..
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Siamo poi saliti, attraverso scale impervie e mal ridotte,
sulla terrazza ed abbiamo cercato di abbracciare dall’alto
tutto il complesso monastico.
Ovviamente dove ci saremmo aspettati di trovare la magia
del soprannaturale, le espressioni del potere psichico dei
saggi, il misticismo che avevamo captato sia nei monasteri
Buthanesi sia in quelli del Ladakh, ci siamo dovuti
accontentare di vecchi Lama solitari e giovani monaci,
sempre di meno, con chiare fattezze cinesi.
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Il nostro viaggio doveva continuare attraverso l’altopiano,
per cui il giorno dopo, di buon mattino, siamo saliti su una
moderna jeep e lasciata Lhasa, ci siamo diretti, attraverso
un sentiero sterrato, verso le montagne.
Il sole splendeva luminoso nel cielo costellato di nubi piccole
e grasse, simili a pennellate di bianco su una tavolozza blu
oltremare.
La nostra jeep viaggiava sbuffando mentre i paesaggi
spettacolari che scorrevano davanti ai nostri occhi ci
impedivano di avvertire buche e scossoni del suolo
dissestato.
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Abbiamo attraversato villaggi dove i tibetani ci guardavano sorridenti, ma
con una certa timida curiosità.. quando ci fermavamo una folla di bambini
cinguettanti e qualche donna ci venivano vicino, ci guardavano aspettando in
silenzio di ricevere qualcosa, una caramella, un oggetto anche di non valore..
solo per il piacere di avere un dono da noi!
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Siamo così arrivati al Lago Yamdrok Tso, spettacolare, immenso che
serpeggiava ramificandosi nella valle, tale da lasciare senza parole.
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Eravamo a 4488 metri di altitudine e dall’alto, circondati da monti
ancora più alti, respirando quell’aria frizzante, rarefatta e incontaminata,
ci sentivamo in Paradiso.
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Qui i colori si sprecavano, ogni tanto all’azzurro del lago si
contrapponevano anse di verde, tappezzate di fiori gialli e se
alzavamo lo sguardo vedevamo il bianco dei ghiacciai
incombere su di noi.
Il vento era forte, direi irrequieto, tale da appiattire l’erba
dei prati, come se fosse la mano di un fantasma invisibile,
roteando poi verso di noi e sfiorando, con un gelo pungente, il
nostro viso… ma il piacere di camminare senza quasi sentire
il proprio peso, con il cuore che accelerava i suoi battiti ci ha
portati, piano piano al passo Komba-Là a 4974 metri di
altitudine..
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Risaliti poi in jeep, lungo il percorso ci siamo fermati spesso dato che ci
affascinavano i Chorten isolati e un po’ in rovina e le case in pietra, abbandonate
o rifugio per i pastori.. ci siamo fermati anche nei piccoli villaggi con le case in
pietra povere, ma abbellite con rudimentali decorazioni alle finestre, magari
anche con delle corna di Yak sulla porta d’ingresso, come benvenuto.
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Viaggiando tra questa natura che diventava sempre più aspra siamo arrivati ai
piedi di un ghiacciaio a ben 5000 metri, abbiamo toccato la neve che scendeva
fino al letto di un fiume.. poi ha iniziato a scendere una fitta pioggerellina che ci
ha fatto risalire velocemente sulla jeep e dirigerci verso la cittadina di Gyantse.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Gyantse
Da lontano abbiamo subito visto l’imponente costruzione del Forte, lo Dzong
del XIV secolo, di un certo effetto scenografico, simile al Potala di Lhasa,
posto su una collina, pronto a dominare la città.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Gyantse
Dopo aver trascorso una notte gelida in un albergo tibetano, il giorno dopo, a
Gyantse eravamo desiderosi di trascorrere una giornata dedicata interamente
all’arte e alla cultura buddhista, visitando prima il Monastero di Pelchor Chode
e poi il Kumbum, il monumentale Stupa.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Gyantse
Visitare il Monastero di Pelchor Chode è stato come entrare in tunnel bui, tetri,
trasudanti fredda umidità.. per fortuna la guida previdente ci aveva muniti di
piccole torce elettriche che ci hanno dato la possibilità di vedere, nelle varie
stanze, le raffigurazioni del Buddha e dei vari Lama, affrescati alle pareti.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Gyantse
È stato un percorso quasi al
buio, vivacizzato però oltre che
dalle nostre torce , anche dalle
candele accese e dalle
decorazioni in burro di Yak che,
come al solito, emanavano un
tanfo poco piacevole.. ma ormai
eravamo abituati anche a quello!
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Gyantse
Sono rimasta comunque
veramente impressionata dalla
bellezza e dalla ricchezza delle
varie statue di Buddha nelle
cappelle votive..
Questo monastero inoltre,
fatto unico nel Tibet, accoglie
monaci appartenenti a ordini
diversi della religione Buddhista,
ci sono berretti gialli e rossi, cioè
monaci seguaci della dottrina
del Piccolo Veicolo o del Grande
Veicolo, Hinayana e Mahayana..
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Gyantse
Dopo il Monastero siamo andati al Kumbum, lo stupa monumentale posto su
quattro piani simmetrici, sormontato da una cupola d’oro che s’innalzava come
una corona su quattro paia d’occhi, ciascuno dei quali guardava serenamente
verso uno dei punti cardinali.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Gyantse
Se vogliamo ricordare qualche
numero che mi ha impressionato,
possiamo dire che il Kumbum
raccoglie 112 cappelle, con
27.000 immagini, espressione
dell’arte Newari, in cui l’originale
dottrina buddhista si fonda con
le credenze magiche tantriche
originarie dell’India.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Gyantse
Per salire i quattro piani, esaminando, di volta in volta le varie cappelle ad
ogni piano, abbiamo dovuto mettere a dura prova la resistenza delle nostre
gambe e la capacità del nostro fiato.. le scale di legno infatti erano strette
e ripide e le varie cappelle non avevano sempre dipinti murali ben conservati,
ma le statue erano invece bellissime.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Gyantse
Gradino dopo gradino, ansimanti siamo finalmente giunti alla terrazza del tetto,
accanto agli occhi severi, ma comprensivi del Buddha, dove la vista sulla città,
dominata dal forte, sul monastero sottostante e sulle varie aride montagne in
lontananza, era eccezionale e ci ripagava ampiamente della fatica della salita.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo”
Ma il tempo stringeva ed il nostro soggiorno in questa
cittadina era terminato. Dopo pranzo siamo partiti alla volta di
Shigatse, la seconda città per importanza del Tibet.
Il percorso, sempre su strada sterrata, polverosa e
dissestata, è durato più di tre ore e forse la stanchezza di
vedere troppo aveva momentaneamente rallentato il nostro
entusiasmo, guardavamo le brulle montagne attorno a noi come
fosse un paesaggio comune, a cui ci eravamo ormai assuefatti…
i poveri villaggi, gli stupa isolati e ammaccati dal tempo.. tutto
accompagnava il nostro cammino e devo dire che nello scorrere
monotono di un ambiente che avevamo più che assimilato, io mi
sono anche stranamente assopita.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Verso Shigatse
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Shigatse
L’arrivo a Shigatse è stato poi, un po’ sconvolgente perché
siamo venuti a contatto con lo spaccato di vita cittadina
che sta occidentalizzandosi: barbecue lungo la strada con
tavolini dove si frigge e si mangia...
...addirittura un Karaoke all’aperto con cinesi e tibetani che
si esibivano con molta serietà ed infine una serie di “case
di piacere” a luci rosse che ci hanno non poco sconvolto…
...e poi qui tutti suonavano il clacson senza alcun motivo,
suonavano per puro piacere e anche se le auto erano poche,
lo strombazzare era veramente assordante e fastidioso.
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Ecco perché è stato con vero piacere che, il giorno dopo, abbiamo caricato
armi e bagagli sulla nostra jeep, divenuta una specie di casa-mobile, e ci
siamo allontanati da questa città, verso il più interessante Monastero di
Thasilhunpo un luogo che sarebbe stato veramente suggestivo se non fosse
stato contaminato dall’influenza cinese.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo”
Ricordo che mi ha colpito l’ingresso imponente e anche più prosaicamente, la
miriade di cani che circolavano intorno tranquillamente, mentre altri se ne
stavano sdraiati o ammassati per terra. La guida ci ha allora detto che erano
la reincarnazione di monaci che avevano tenuto una condotta di vita disdicevole
e non avevano seguito la dottrina di Buddha.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo”
Comunque il Monastero di
Tashilhunpo risale al 1447 e
per volontà del Dalai Lama
divenne la sede di un’importante
discendenza, quella dei Panchen
Lama.
Il titolo di Panchen vuol dire
“grande studioso” e fu
storicamente attribuito a tutti
gli abati del Monastero ed è
tuttora la figura, seconda per
importanza, dopo quella del
Dalai Lama.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo”
Siamo dunque entrati nel vasto complesso monastico, e abbiamo visitato le
varie sale, le viuzze, soprattutto le fumanti cucine che sembravano fornaci
infernali, degne del Ciclope Polifemo, i bianchi edifici, gli Stupa e sarebbe
veramente difficile ricordare tutto quello che abbiamo visto..
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...è però rimasta viva l’impressione d’insieme, con le bianche case dei monaci e
quelle rosse delle cappelle monastiche...
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo”
Peccato che in questo bel
Monastero si sia avvertita,
come avevo accennato prima,
la mano cinese su tutto: si è
pagato all’ingresso, si è pagato
per fare foto all’interno, una
cifra per ogni cappella e in
più il monaco ci ha spiegato
che i soldi non andavano al
Monastero, ma al governo...
un vero ingresso del nuovo
business cinese!
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Abbiamo poi lasciato il
Monastero di Tashilhumpo con
molta malinconia… il viaggio sul
“tetto del mondo” era giunto
nella sua fase finale e il piccolo
gruppo, ormai affiatato, sulla via
del ritorno a Lhasa non perdeva
occasione di richiedere continue
soste, per vedere ancora, per
fotografare i fiumi limacciosi, per
non dimenticare quei luoghi che
tanto sentivamo nostri...
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...allora i monti, la strada a buche, il freddo aumentato dal vento…
tutto diventava bello.
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Ci siamo fermati lungo i torrenti ed abbiamo ammirato persino, come
se non li avessimo mai visti, i piccoli, efficienti mulini ad acqua.
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Ci siamo anche fermati, più volte a salutare i piccoli tibetani che si
affollavano attorno alle nostre jeep e senza alcuna malizia sorridevano
felici davanti al dono di qualche caramella.
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo” - Lhasa
Ma ormai nonostante le soste eravamo arrivati a Lhasa ed abbiamo rivisto la
capitale del Tibet con occhi nuovi, abbiamo risentito storie già conosciute,
ormai parte integrante del nostro bagaglio culturale e non solo… abbiamo
rivisto il maestoso Potala simbolo di questo sofferto paese e abbiamo capito
che il Tibet con la sua gente ci era veramente entrato nel cuore ed io spero
anche a chi legge questo diario di viaggio!
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Avventura ed emozione sul “Tetto del Mondo”
C’è una bella poesia di Kahlil Gigran, un poeta che io amo, che meglio della
sottoscritta, riesce a comunicare una grande verità:
“Potrete innalzarvi con la fantasia fino alle nubi,
e considerarne la sommità,
potreste varcare il vasto oceano e mille altri luoghi,
ma io vi dico che quando salutate la beltà dell’Aurora
e la indicate al vostro vicino,
varcate un oceano più vasto!”
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Dal Tibet con un sorriso