l`evoluzione politica, programmatica ed ideale nel
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l`evoluzione politica, programmatica ed ideale nel
Jacopo Perazzoli Università degli Studi del Piemonte Orientale L'EVOLUZIONE POLITICA, PROGRAMMATICA ED IDEALE NEL SOCIALISMO EUROPEO DEGLI ANNI CINQUANTA. I CASI DEL PSI, DELLA SPD E DEL LABOUR PARTY L'inquadramento storico, le motivazioni di fondo della ricerca e l'approccio metodologico Chiunque voglia avvicinarsi alla ricostruzione comparata della vicenda politica di PSI, SPD e Labour Party non può fare a meno di partire da una constatazione di fondo: durante gli anni Cinquanta queste tre forze politiche rimasero costantemente relegate sui banchi dell'opposizione. I cittadini europei preferivano infatti affidare le loro sorti ai conservatori che, in base ad una più netta accettazione del capitalismo di stampo statunitense, parevano essere più adeguati a governare il ritrovato benessere economico favorito dallo European Recovery Program,1 ossia quello strumento concepito dagli USA per garantire le necessarie assicurazioni di crescita, senza le quali «i paesi europei avrebbero potuto benissimo voltare le spalle alla soluzione liberista». 2 Anche se Hannah Arendt aveva sostenuto che l'economia del secondo dopoguerra fosse diventata «un'economia di spreco in cui le cose [dovevano] essere divorate ed eliminate con la stessa rapidità con cui [erano] state prodotte»,3 le nuove condizioni economiche dell'Europa occidentale, innegabilmente favorite dall'adozione del Piano Marshall, venivano apprezzate dalla maggior parte dei cittadini. In una società in cui un'ampia maggioranza della gente ne era priva, una nuova forma di potere, aperta a tutti, stava infatti emergendo con tutta la sua forza: «il potere di scegliere e comprare una quantità sempre crescente di beni di consumo». 4 Di fronte a questa realtà, i socialisti europei, se volevano diventare appetibili, per un elettorato che prediligeva i conservatori, Cfr. L. Niethammer, La nascita e la caduta delle prospettive socialiste nell'Europa del secondo dopoguerra, in Il Piano Marshall e l'Europa, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 1983, pp. 101-108. 2 R. L. Filippelli, Il piano Marshall e la ricostruzione postbellica in V. Castronovo (a cura di), Storia dell’economia mondiale: 5. La modernizzazione e i problemi del sottosviluppo, Laterza, Roma-Bari, 2000, p. 28. 3 H. Arendt, Vita activa. La condizione umana, Bompiani, Milano, 1991 (ed. originale The Human Condition, The University of Chicago, 1958), p. 95. 4 D. Sassoon, Cento anni di socialismo: la sinistra nell'Europa occidentale del 20 secolo, Editori Riuniti, Roma, 1997 (ed. originale One Hundred Years of Socialism: the West European Left in the twentieth century, I. B. Tauris, New York, 1996), p. 223. 1 1 e, al tempo stesso, assicurarsi i voti dei consumatori appena investiti del nuovo potere figlio del libero mercato, non potevano né ignorare né tanto meno censurare i nuovi sviluppi della società europea. Per i socialisti era dunque diventato necessario privarsi di alcuni degli aspetti principali del loro passato radicalismo e accettare il sistema capitalistico degli anni Cinquanta, indipendentemente dalle terminologie adottate di «economia mista», «economia sociale di mercato» oppure «nuovo capitalismo». La revisione politico-programmatica, che contraddistinse il cursus durante questo decennio non soltanto dei socialdemocratici tedeschi e dei laburisti inglesi, ma anche dei socialisti italiani, permette di chiarire come la modernizzazione della tradizione socialista sia effettivamente avvenuta in questo decennio e non soltanto negli anni Ottanta o Novanta del Novecento. 5 All'interno del suddetto quadro argomentativo si inserisce la ricerca qui presentata che trova le sue radici in quattro motivazioni di fondo. Al primo posto, anche se questo particolare aspetto verrà approfondito più avanti, è doveroso menzionare la debolezza delle storiografie nazionali nella lettura comparata delle esperienze del socialismo europeo in quanto esse sono connotate principalmente da una visione eccessivamente nazionale. In second'ordine, si intende evidenziare come il rinnovamento delle piattaforme programmatiche e delle proposte politiche fossero un fenomeno continentale tipico degli anni Cinquanta: a fronte delle profonde trasformazioni intervenute nell'assetto socio-economico del mondo occidentale, il nuovo corso revisionista caratterizzò alcuni dei più importanti partiti socialisti europei, ma non la loro totalità. Da ciò se ne deduce che volersi concentrare esclusivamente su socialdemocratici tedeschi, socialisti italiani e laburisti inglesi, escludendo, per esempio, la SFIO francese, non rappresenti affatto una scelta casuale: dallo studio del materiale pubblicistico prodotto dalle forze politiche in questione è emerso come PSI, SPD e Labour fossero effettivamente coinvolti in una profonda revisione delle reciproche dottrine, mentre i socialisti francesi di Guy Mollet, che già si differenziavano per aver gestito direttamente il potere in questo decennio, 6 rimasero curiosamente attaccati ad una rigida ideologia marxista. 7 Conseguente a questa è la terza ragione: chiarire come la rotta verso la trasformazione in «catch-all parties»8 dei tre soggetti politici studiati non fu intrapresa soltanto dalla SPD e dal Labour Party, ma anche da una forza soltanto apparentemente estranea all'alveo del socialismo occidentale come il PSI. Il quarto motivo è rappresentato dall'intenzione di dar vita ad un'indagine sul network esistente tra i massimi dirigenti dei socialisti italiani, dei socialdemocratici tedeschi e dei laburisti Cfr. D. Sassoon, op. cit., p. 274 Cfr. A. Bergounioux, G. Grunberg, L'ambition et le remords. Les socialistes français et le pouvoir (1905-2005), Fayard, Paris, 2005, pp. 155-191. 7 Cfr. D. Sassoon, op. cit., p. 311 e sg. 8 Cfr. O. Kirchheimer, La trasformazione dei sistemi partitici dell'Europa occidentale in G. Sivini (a cura di), Sociologia dei partiti politici, Il Mulino, Bologna, 1971, p. 185. 5 6 2 inglesi, al fine di capire se tale rete relazionale abbia contribuito alla succitata trasformazione politico-programmatica e, in caso positivo, in quale misura vi abbia preso parte. Si tratta di un approccio metodologico innovativo che non è stato adeguatamente utilizzato: al di là del saggio La svolta autonomista del PSI vista oltremanica: il partito laburista, il Foreign Office e il centrosinistra di Ilaria Favretto («Italia contemporanea», n. 202, marzo 1996) e del volume Gli Stati Uniti e l'apertura a sinistra di Leopoldo Nuti (Laterza, Roma-Bari, 1999), non vi è traccia di alcun network studies nella storiografia italiana sul socialismo europeo degli anni Cinquanta. In ultimo, è obbligatoria un'ulteriore precisazione: si tratterà di dar vita ad un confronto strutturato tematicamente, nel corso del quale verranno prese in considerazione delle problematiche specifiche, come la produzione industriale, le relazioni internazionali, le politiche sociali e il revisionismo che, in base allo spoglio delle fonti, erano le questioni maggiormente presenti nei rispettivi dibattiti. Dal contesto socio-economico al revisionismo del PSI: alcune brevi e doverose puntualizzazioni Al fine di non correre il rischio di generare alcune astrazioni che potrebbero rendere meno solido l'intero impianto della dissertazione finale, ritengo sia importante chiarire quattro questioni di fondo emerse nel seminario nazionale dottorandi SISSCO nel corso del quale questo paper è stato presentato: il contesto socio-economico in cui agivano le tre forze politiche, le differenze presenti nella revisione programmatica da loro teorizzata, l'esclusione dal gruppo d'indagine dei socialisti francesi e, infine, la sostanziale assonanza tra le riflessioni di Henri De Man e le teorie revisioniste degli anni Cinquanta. Nei confronti del primo aspetto vi è da osservare che il capitalismo del secondo dopoguerra non poteva essere considerato «puro», quindi totalmente senza regole, dal momento che si trattava, in realtà, di un capitalismo statalizzato, in cui la parte pubblica giocava, nolens volens, un ruolo essenziale. D'altronde, nelle pagine di Eclisse della socialdemocrazia, Giuseppe Berta, richiamandosi alle puntuali analisi di Joseph Schumpeter, aveva potuto affermare come, proprio nel corso del secondo dopoguerra, il capitalismo si fosse allontanato dal laissez-faire tipico di fine Ottocento ed inizio Novecento. Si era di fronte, nei fatti, ad un «capitalismo laburista» che aveva «interiorizzato elementi di una regolazione socialista dell'economia e della società». 9 Un'altra osservazione – ed ecco l'esigenza di una seconda puntualizzazione – è relativa al fatto che socialisti italiani, socialdemocratici tedeschi e laburisti inglesi guardassero a differenti 9 G. Berta, Eclisse della socialdemocrazia, Il Mulino, Bologna, 2009, p. 13. 3 modelli di revisione ideale. Mentre gli ultimi due partiti, si è sostenuto, guardavano con interesse alle esperienze delle socialdemocrazie nordiche, il PSI cercava una propria via autonoma per aprirsi la strada del governo. Fosse vera, questa interpretazione non soltanto smentirebbe un filone sempre più rilevante all'interno della storiografia inerente al socialismo europeo, ma continuerebbe a dare linfa all'errata considerazione secondo cui l'evoluzione del partito di Nenni sarebbe stata influenzata da una sostanziale «devianza». Al contrario si ritiene che il cosiddetto «ideologismo dimostrativo» e la retorica anti-capitalista con cui il PSI dipinse le sue riforme furono ben presenti nella maggioranza delle forze dell'Internazionale socialista che, pur muovendosi sulla base di una politica revisionista, rinunciarono totalmente ad un'ipotesi di alternativa al sistema. 10 Un tratto comune del revisionismo di quella stagione fu che, per dirla ancora con Berta, che i nuovi programmi degli innovatori non rinunciarono mai ad un rapporto dialettico con il capitalismo, tentando, per di più, di dar vita, se non ad una sua alternativa, per lo meno ad una sua profonda trasformazione attraverso l'inserimento «nelle sue tendenze di fondo [di] elementi ispirati a una logica diversa». 11 Sempre di natura teorica sono le motivazioni che hanno pesato nell'esclusione della SFIO dal tentativo comparativo qui presentato. Benché i socialisti francesi fossero parte a pieno titolo dell'Internazionale socialista,12 il dibattito ideale tra i seguaci di Mollet, vero e proprio leader insostituibile di questa stagione, non si contraddistinse per alcuna vitalità e, come sottolineato da Sassoon, «a differenza del partito laburista o della SPD, essa non aveva posizioni chiaramente delineate, espresse in programmi o documenti».13 Anche se gli organismi dirigenziali favorirono e sostennero il progetto di Jules Moch di costituire un «Gruppo di studio della dottrina» per mettere il partito al passo con i cambiamenti sociali, non emerse alcun progetto degno di nota sulla falsariga di quanto teorizzato da Crosland e da Gaitskell, per quanto riguardava il Labour, da Eichler e da Deist, per quanto concerneva la Socialdemocrazia tedesca. Una sostanziale rinuncia all'elaborazione teorica che nel 1958, una volta tornato De Gaulle sulla ribalta politica francese, avrebbe favorito l'avvicinamento della SFIO con il generale, velocizzando il processo di sparizione del partito di Mollet. In conclusione, per puntualizzare il quarto aspetto, vi è da affermare innanzitutto che la revisione dottrinale sorta all'interno del socialismo europeo non era, però, un tentativo ex novo perché nel passato più o meno recente della vicenda storica del movimento operaio avevano preso piede diversi tentativi modernizzatori. Panaccione, anche se con un'enfasi forse causata al clima Cfr. I. Favretto, Alle radici della svolta autonomista. PSI e Labour Party, due vicende parallele (1956-1970), Carocci, Roma, 2003, p. 16. 11 G. Berta, op. cit., p. 23. 12 A conferma di ciò si sottolinea la missione di Pierre Commin in Italia, incaricata proprio dai massimi dirigenti dell'Internazionale, volta a favorire la riunificazione tra PSI e PSDI tra l'estate e l'autunno del 1956. 13 D. Sassoon, op. cit., p. 311. 10 4 culturale radicale del 1969, non a torto sostenne che «le strutture essenziali del revisionismo sono sempre le stesse e il moderno revisionismo, con tutte le sue premesse di creatività, non è altro che una variante dell'antico».14 Oltre che con le analogie con quanto teorizzato da Eduard Berstein nella sua vastissima produzione intellettuale a cavallo tra XIX e XX secolo, 15 che però non trovò grande seguito tra le varie forze socialiste, 16 la modernizzazione del secondo dopoguerra può sembrare coincidere con un ritorno alle idee di Henri De Man che strutturò organicamente nel volume Il superamento del marxismo. La ragione di fondo sta nel fatto che, proprio come l'esponente del partito operaio belga (POB), i revisionisti di seconda generazione ritenevano centrale il superamento della lezione di Marx per poter passare, citando un'espressione proprio di De Man, «dalla riforma alla rivoluzione»,17 ovvero rendere effettiva l'adesione alla prassi riformista e, di conseguenza, alle regole dello stato democratico. Non differentemente da quanto accaduto con Bernstein, De Man andò incontro alle critiche dei marxisti ortodossi come Karl Kautsky ed Emile Vandervelde che, anche in questo caso, rappresentarono un sostanziale diniego nei confronti dei progetti revisionisti. Tuttavia, a mio modo di vedere, più che di un ritorno a De Man, di conseguenza, si potrebbe parlare di una sua attuazione. La collocazione della tesi di dottorato all'interno della storiografia di riferimento La storiografia di riferimento è fortemente influenzata dal carattere nazionale e, di conseguenza, ha prestato scarsa attenzione al contesto europeo nel quale queste tre forze politiche si muovevano e si rinnovavano. Vi è infatti un'interessante somiglianza nelle riflessioni storiche relative a PSI, SPD e Labour Party: considerare il proprio oggetto di studio come una sorta di eccezionalità o, al contrario ma con gli stessi effetti, di normalità che, proprio in base a queste condizioni, non sarebbe confrontabile con quanto accaduto negli altri Paesi. A questo riguardo, la letteratura esistente sul Partito socialista italiano è quanto mai A. Panaccione, Introduzione in K. Kautsky, La via al potere. Considerazioni politiche sulla maturazione della rivoluzione, Laterza, Bari, 1969 (ed. originale Der Weg zur Macht. Politische Betrachtungen über das Hineinwachsen in die Revolution, Buchhandlung Vorwärts, Berlin, 1909), p. XIX. 15 Quali esempi si possono citare tanto E. Bernstein, I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia, Laterza, Bari 1968 (ed. originale Die Voraussetzungen des Sozialismus und die Aufgaben der Sozialdemokratie, Dietz, Stuttgart, 1899), quanto Zur Geschichte und Theorie des Sozialismus, Akademischer für soziale Wissenschaften, Berlin, Bern, 1901. 16 Di conseguenza si può affermare che, per lo meno da un punto di vista politico, non poteva esservi differenza più grande tra primo e secondo revisionismo. Se la pressoché totalità dei partiti della Seconda Internazionale sconfessarono, eccezion fatta per i laburisti, i principi bernsteiniani, le forze politiche dell'Internazionale risorta a Francoforte sul Meno nel 1951 abbracciarono, più o meno convintamente, la revisione teorica. In chiave politica, dunque, la differenza era notevole e, tra le altre cose, evidenziava come le forze politiche dell'epoca precedente al 1914, nonostante una prassi riformista, fosse prevalente un'inclinazione teorica radicale di matrice profondamente marxista. 17 H. De Man, Il superamento del marxismo, vol. II, Laterza, Bari, 1929 (ed. originale Zur Psychologie des Sozialismus, Diedrichs, Jena, 1926), p. 39. 14 5 significativa. Basandosi sulla categoria interpretativa delle cosiddette «peculiarità italiane», la riflessione sulla storia del PSI di questo periodo si è svolta in una prospettiva prevalentemente italocentrica. Per di più, con l'eccezione di pochi studi meritori, 18 si è sempre mostrata scarsamente interessata ai rapporti che i socialisti italiani intrattennero con le altre formazioni socialiste del Vecchio Continente negli anni precedenti alla svolta del MIDAS del 1976 e non ha mai tentato una comparazione tra le proposte politiche maturate nella corrente autonomista e quanto elaborato dagli altri socialisti europei nel medesimo periodo. Anche quanto prodotto dalla storiografia relativa alla SPD è fortemente influenzato dalla cosiddetta «Sonderweg» tedesca. La storia della Socialdemocrazia negli anni Cinquanta è stata spiegata come una conseguenza della particolare realtà politica della Germania dopo la seconda guerra mondiale, dominata dai cristiano-democratici di Konrad Adenauer, in cui, questa è la tesi maggiormente diffusa, se la SPD avesse voluto avere qualche chance di vittoria, sarebbe dovuta diventare «la migliore CDU di tutti i tempi». 19 Di conseguenza risultano tutt'oggi assenti dei lavori di carattere comparativo o di network attraverso i quali cercare di interpretare l'evoluzione di questa forza politica nel corso degli anni Cinquanta. In seguito, vi è da osservare che anche la letteratura sul partito laburista ha messo in mostra un chiaro fattore nazionale. A mio modo di vedere, ciò è fortemente dipeso dal senso di estraneità che ha contraddistinto i laburisti rispetto ai loro omologhi continentali, laddove, a fronte di una connotazione in senso ideologico e dogmatico del socialismo di questi ultimi, il pensiero del Labour si sarebbe caratterizzato per un maggiore pragmatismo. Del resto, come annotò Ilaria Favretto, «una tanto ingiustificata quanto diffusa disattenzione per possibili analogie fra la storia laburista e quella degli altri partiti dell'Internazionale socialista ha prodotto spesso narrazioni che, troppo interne alla storia del partito, non hanno saputo cogliere la dimensione europea di certi sviluppi». 20 Alla luce di queste osservazioni, si può sostenere che la tesi di dottorato qui presentata ha l'obiettivo ambizioso di porre rimedio al vacuum storiografico, dando vita ad una contestualizzazione in chiave continentale della vicenda storica dei socialisti italiani, dei socialdemocratici tedeschi e dei laburisti inglesi nel corso degli anni Cinquanta. Cfr. I. Favretto, Alle radici della svolta autonomista. PSI e Labour Party, due vicende parallele (1956-1970), (Carocci, Roma, 2003); A. Varsori, Il Labour Party e la crisi del socialismo italiano (1947-1948), in I socialisti e l'Europa (Franco Angeli, Milano, 1989); L. Paggi (a cura di), Americanismo e riformismo. La socialdemocrazia europea nell'economia mondiale aperta (Einaudi, Torino, 1989). 19 F. Walter, Die SPD. Biographie einer Partei, Rowohlt Taschenbuch-Verl., Reinbek, 2009, p. 77. 20 I. Favretto, Alle radici della svolta autonomista. PSI e Labour Party, due vicende parallele (1956-1970), cit., p. 18. 18 6 Una panoramica delle fonti bibliografiche Le storiografie nazionali hanno dedicato ampio spazio alla ricostruzione delle vicende storiche dei partiti di estrazione socialista e, ancor più nello specifico, agli anni Cinquanta. È doveroso affermare che, per ragioni di spazio, ci si addentrerà nella non semplice opera di definizione di un quadro generale che tenga presente le opere più rilevanti nella contestualizzazione della tesi di dottorato qui presentata. Volendo partire dalla grande tematica del socialismo europeo nella complessa stagione che va dalle fasi iniziali del secondo dopoguerra ai primi anni Sessanta, non si può fare a meno di osservare come larga parte della letteratura «comparata» sia in realtà composta da volumi collettanei che, essendo in realtà per lo più raccolte di saggi sui singoli casi nazionali, non offrono reali intuizioni comparative.21 Per completezza della ricostruzione proposta e per la lunghezza dell'arco cronologico toccato, Cento anni di socialismo. La sinistra nell'Europa occidentale del XX Secolo di Donald Sassoon rappresenta un volume di fatto imprescindibile. Sassoon analizzò in chiave concretamente comparata la sinistra continentale, partendo dalle sue origini, che lo studioso inglese fece coincidere con gli ultimi anni del XIX secolo, per arrivare agli anni Novanta del Novecento, facendo emergere due importanti spunti. In primo luogo, il confronto tra il primo revisionismo di Eduard Bernstein con quello degli anni Cinquanta; 22 in second'ordine la centralità dei cosiddetti Fifties per l'intero movimento socialista, anche se, a suo dire, all'ondata revisionista si poteva addurre la responsabilità di non essere mai riuscita a «capire la differenza tra l'annacquamento del socialismo tradizionale e l'individuazione di un nuovo impianto ideale», poiché, «incapaci di arrivare a quest'ultima, si accontentarono della prima». 23 In ugual modo, anche se dedicati esclusivamente allo sviluppo dei partiti socialdemocratici e socialisti dal 1945 ai giorni più contemporanei, sono A History of Social Democracy in Postwar Europe di Stephen Padgett e William E. Paterson e In the Name of Social Democracy. The Great Transformation: 1945 to the Present di Gerassimos Moschonas. Si tratta di due testi concepiti con approcci metodologi differenti, più attento alle questioni organizzative e alla vita interna dei partiti il lavoro di Padgett e Paterson,24 più interessato agli aspetti teorici e alle rivisitazioni ideologiche il libro di Moschonas,25 che però non rinunciano allo strumento della comparazione. Si indicano, ad esempio, Rosso chiaro: i partiti socialisti dell’Europa occidentale di Sergio Turone (Ferro, Milano, 1965) e Mito e politica. Il socialismo europeo dall'ideologia alla democrazia sociale curato da Mario Telò (Franco Angeli, Milano, 1994). 22 Cfr. D. Sassoon, op. cit., p. 276. 23 Entrambe le citazioni sono state tratte da Ivi, p. 314. 24 Cfr. S.Padgett, W. E. Paterson, A History of Social Democracy in Postwar Europe, Longman, London-New York, 1991, pp. 66-126. 25 Cfr. G. Moschonas, In the Name of Social Democracy. The Great Transformation: 1945 to the Present Verso, London21 7 La storiografia italiana ha prodotto delle analisi quanto mai puntuali sul PSI dal 1945 al 1992. Un inquadramento generale, ma non superficiale, è fornito da Storia del PSI. III. Dal dopoguerra a oggi di Maurizio Degl'Innocenti che, sulla base della massima secondo cui «la storia di un partito, profondamente radicato e diffuso in tutto il paese, è un po' l'autobiografia di una nazione»,26 ha ripercorso la vicenda dei socialisti dalla stagione della Resistenza fino alle ultime fasi della segreteria di Bettino Craxi attraverso una struttura capitolare tematico-temporale. Dodici anni prima rispetto al volume di Degl'Innocenti era uscita la collana, curata da Giovanni Sabbatucci, Storia del socialismo italiano, al cui interno si trovano due sezioni di grande interesse ai fini della tesi qui presentata. La prima, intitolata Gli anni del frontismo (1948-1955) e redatta da Pasquale Amato, affronta l'iter del partito di Nenni dal Fronte democratico popolare del 1948 fino all'apertura del «dialogo con i cattolici» del 1955, concentrandosi con particolare attenzione sul lascito organizzativo della stagione frontista e sul fermento culturale in seno al mondo socialista verso la metà degli anni Cinquanta.27 La seconda, denominata L'autonomia socialista e il centro-sinistra (1956-1968) e scritta a quattro mani da Valerio Evangelisti e Salvatore Sechi, si sofferma sul rientro del PSI, avvenuto nel corso degli anni Sessanta, nella maggioranza dei governi comunque a guida democristiana e approfondisce ampiamente la riscoperta dell'autonomia socialista in seguito ai fatti di carattere internazionale del 1956. 28 All'interno della storiografia di più recente fattura sono apparsi dei tentativi di riconsiderare gli anni Cinquanta del PSI non più come degli anni bui e ancora segnati dalla stagione frontista, tendenza abbastanza diffusa in alcuni lavori anche negli anni più recenti, 29 bensì come un periodo in cui il partito di Nenni stava iniziando a mutare pelle in vista dell'arrivo nella cosiddetta “stanza dei bottoni” con la costituzione della maggioranza di centro-sinistra. Il partito al bivio. Il PSI dall'opposizione al governo (1953-1963) di Gianluca Scroccu, che l'autore ha realizzato mediante una minuziosa ricerca sulle fonti primarie e su quelle giornalistiche, rientra perfettamente in questa categoria. Il volume di Scroccu, oltre ad una dettagliata ricostruzione delle mutazioni politiche, organizzative e teoriche effettuate dal partito di Nenni, si caratterizza anche per un tentativo di rilettura comparata tra il rinnovamento della propria tradizione attuato dalla Socialdemocrazia tedesca e gli analoghi tentativi messi in campo dal PSI, evidenziando tutte le difficoltà incontrate da New York, 2001, pp. 13-73 e 213-249. 26 M. Degl'Innocenti, Storia del PSI. III. Dal dopoguerra a oggi, Laterza, Roma-Bari, 1993, p. XI. 27 Cfr. P. Amato, Gli anni del frontismo (1948-1955), in G. Sabbatucci (a cura di), Storia del socialismo italiano, Il Poligono, Roma, 1981, pp. 349-403. 28 Cfr. V. Evangelisti, S. Sechi, L'autonomia socialista e il centro-sinistra (1956-1968), in Ivi, pp. 3-79. 29 Cfr. S. Di Scala Da Nenni a Craxi: il socialismo italiano visto dagli U.S.A. (Sugarco, Milano, 1991); A. Spiri (a cura di), Bettino Craxi, il riformismo e la sinistra italiana (Marsilio, Venezia, 2010); L. Covatta, Menscevichi. I riformisti nella storia dell'Italia repubblicana (Marsilio, Venezia, 2005). 8 via del Corso.30 Si inserisce sempre nel medesimo gruppo, benché dedicato invece agli aspetti internazionali della storia socialista del secondo dopoguerra, il libro di Giovanni Scirocco Politique d'abord. Il PSI, la guerra fredda e la politica internazionale (1948-1957) che ha il merito principale di occuparsi «in maniera organica ed approfondita della politica internazionale del partito in un arco di tempo […] ampio».31 Scirocco non sviscera soltanto i passaggi che portarono dall'accettazione del ruolo guida di Mosca e dell'Unione Sovietica all'approvazione, seppur in chiave difensiva, del Patto Atlantico,32 ma, grazie ad un sapiente utilizzo delle fonti disponibili, ha cercato di evidenziare i fatti che portarono alla svolta autonomista tra il 1956 e il 1957, prestando anche attenzione alla ricerca del dialogo, da parte di via del Corso, con le organizzazioni del socialismo occidentale. 33 Sul versante della Socialdemocrazia tedesca l'opera che costituisce una sorta di enciclopedia storica del partito è Kleine Geschichte der SPD 1848-2002 di Heinrich Potthoff e Susanne Miller che, come è intuibile dal titolo, ripercorre, fino alla più stretta attualità, la storia del partito. 34 Ugualmente dedicato alla totalità della storia socialdemocratica, anche se maggiormente concentrato sugli aspetti organizzativi è il volume pubblicato nel 1992 da Peter Losche e Franz Walter, Die SPD. Klassenpartei. Volkspartei. Quotenpartei, nel quale si mette in luce come la trasformazione sia in realtà coincisa con la «massimizzazione» della presenza del partito nella società. A detta degli autori ciò che balzava all'occhio nello sforzo prodotto dalla SPD non era in primis il mutamento dottrinale, bensì la trasformazione da Klassenpartei, ovvero partito di classe, a Volkspartei, ossia partito di tutto il popolo. Per di più nella seconda parte del libro, dedicata al periodo dal 1945 agli anni Ottanta, si interpreta Bad Godesberg come uno scontro generazionale a due livelli: nel primo tra il gruppo dirigente formatosi nel dopoguerra intorno a Kurt Schumacher, con una solida visione marxista del mondo, e quelli che potevano essere considerati i giovani socialisti di Weimar; nel secondo tra i giovani socialisti di Weimar, ora ascesi ai vertici del partito e promotori del suo rinnovamento, ed i giovani socialisti dell'epoca di Bad Godesberg, molto attenti all'ondata di radicalismo che investì la società tedesca negli anni Sessanta. 35 Se, dunque, il volume di Losche e Walter ha preso in considerazione gli aspetti marcatamente politologici, Der Weg zur Staatspartei. Programmatik, praktische Politik und Organisation der deutschen Sozialdemokratie 1945-1965 di Kurt Klotzbach ha analizzato in modo Cfr. G. Scroccu, Il partito al bivio. Il PSI dall'opposizione al governo (1953-1963), Carocci, Roma, 2011, pp. 185186. 31 A. Canavero, Prefazione in G. Scirocco, Politique d'abord. Il PSI, la guerra fredda e la politica internazionale (19481957), Unicopli, Milano, 2010, p. 7 32 Cfr. G. Scirocco, op. cit., pp. 45-161. 33 Cfr. Ivi, pp. 247-264. 34 Cfr. H. Potthoff, S. Miller, Kleine Geschichte der SPD 1848-2002, Dietz, Bonn, 2002. 35 Cfr. P. Losche, F. Walter, Die SPD. Klassenpartei. Volkspartei. Quotenpartei, Wissenschaftliche BuchGesellschaft, Darmstadt, 1992, pp. 110-119. 30 9 approfondito la modernizzazione della tradizione socialista effettuata dalla SPD tra la conclusione del secondo conflitto mondiale e gli anni successivi a Bad Godesberg. Realizzato grazie ad uno studio mirabile della documentazione primaria e ad un'attenzione certosina nei confronti di ogni fase vissuta dal partito, il volume si basa sulla tesi secondo cui la storia della SPD nel secondo dopoguerra sia stata la storia di uno sforzo di trasformazione proteso al raggiungimento di una condizione di piena ammissione all'interno del sistema politico della Repubblica federale, fino al punto di diventare una concreta alternativa al governo conservatore della CDU/CSU. In sostanza, nella visione dell'autore, Bad Godesberg non rappresenta affatto un episodio estemporaneo, ma è il risultato di una lunga incubazione nel mondo socialdemocratico, dato che le sue origini sono individuate nella costituzione delle commissioni programmatiche, che avvenne in seguito alla sconfitta elettorale del 6 settembre 1953. 36 Uno dei meriti maggiori del lavoro di Klotzbach è di offrire una serie di spunti che sono stati poi colti negli anni successivi. All'obiettiva centralità conferita a Willi Eichler nella riformulazione della dottrina socialdemocratica è corrisposta, nel 2013, la pubblicazione di Vordenker der »ethischen Revolution«. Willi Eichler und das Godesberger Programm der SPD, il primo studio organico non tanto sulla figura di Eichler, ma sul ruolo da lui giocato nella rielaborazione teorica sfociata a Bad Godesberg nel novembre del 1959, così come sull'influenza che il filosofo Leonard Nelson, teorico del «socialismo etico», ebbe sulle teorie eichleriane. 37 Un'altra opera chiaramente influenzata da Der Weg zur Staatspartei è Die Entwicklung des Godesberger Programms und die Rolle Erich Ollenhauers di Masaaki Yasuno: oltre a sottolineare l'importanza di Ollenhauer nella riforma organizzativa della SPD avvenuta dopo il 1957, questo saggio mette ben in evidenza la centralità dell'azione dell'allora presidente socialdemocratico volta a favorire la stesura di una nuova versione della piattaforma programmatica dato che la prima era stata sostanzialmente rigettata dal Congresso di Stoccarda del maggio 1958.38 La letteratura sull'intera vicenda storica del partito laburista inglese è logicamente copiosa, ma il volume A History of the British Labour Party di Andrew Thorpe è essenziale per delineare da un punto di vista scientifico e non agiografico il percorso complessivo del laburismo britannico. Oltre a contenere un'appendice con i risultati elettorali dal 1900 al 2005, 39 questo volume ricostruisce in modo approfondito il periodo dei governi di Clement Attlee (1945-1951) e i tredici Cfr. K. Klotzbach, Der Weg zur Staatspartei. Programmatik, praktische Politik und Organisation der deutschen Sozialdemokratie 1945-1965, Dietz, Bonn, 1996, pp. 449-454. 37 Cfr. E. Harder, Vordenker der »ethischen Revolution«. Willi Eichler und das Godesberger Programm der SPD, Dietz, Bonn, 2013, pp. 161-169. 38 Cfr. M. Yasuno, Die Entwicklung des Godesberger Programms und die Rolle Erich Ollenhauers, Friedrich Ebert Stiftung, Bonn, 2010, pp. 28-46. 39 Cfr. A. Thorpe, A History of the British Labour Party, Palgrave Macmillan, Basingstoke, 2008, pp. 298-317. 36 10 anni successivi nei quali il Labour fu percorso dall'ondata revisionista. 40 Dedicato esclusivamente alla storia laburista dopo la vittoria elettorale del '45 è invece il libro The Labour Party since 1945 di Erich Shaw che interpreta la stagione del revisionismo laburista come il periodo di affermazione di una socialdemocrazia di stampo keynesiano. Nello specifico Shaw ipotizzava la sostituzione dei principi tradizionali della dottrina socialista, che interpretava il capitalismo come «un sistema endemicamente instabile», con una visione mutuata dagli insegnamenti di Keynes. Il futuro governo laburista, «utilizzando politiche fiscali e monetarie keynesiane, avrebbe (potuto) fissare il livello della domanda ad una quota sufficiente per mantenere costante la crescita, il pieno impiego e degli accettabili standard di vita».41 Va comunque segnalato che la storiografia britannica si è a fondo interessata della revisione teorico-programmatica attuata dal Labour nel corso dei Fifities. Verso la metà degli anni Novanta, quando si stava affermando il nuovo corso laburista guidato da Tony Blair, si è registrato un picco dell'attenzione, come dimostrano, tra gli altri, il libro Remaking the Labour Party. From Gaitskell to Blair di Tudor Jones e il volume Intellectuals and Socialism. “Social Democrats” and the Labour Party di Radhika Desai. Se quest'ultimo lavoro è maggiormente incentrato sui tratti teorici del revisionismo, sui suoi valori di riferimento nonché sull'ambiente in cui sorse, 42 Remaking the Labour Party è una puntuale descrizione dell'intero corso revisionista che, secondo l'autore, avviatosi con Gaitskell, trovò la sua più completa realizzazione con Blair, poiché quest'ultimo riuscì dove Gaitskell aveva fallito, ossia nel superamento di Clause IV, il punto dello statuto del partito che prevedeva la nazionalizzazione dei mezzi di produzione. 43 Questa rapida panoramica sugli studi dedicati al Labour non potrebbe essere ritenuta esaustiva se non si menzionasse alcun lavoro dedicato alla sinistra guidata, nel periodo indagato dalla tesi qui esposta, da Aneurin Bevan. Centrale, in questo senso, è Bevanism. Labour's High Tide di Mark Jenkins, che, partendo dall'humus culturale in cui videro la luce le teorie bevaniane, sottolinea i tratti fondamentali della politica di Bevan come, ad esempio, il neutralismo, la contrarietà al riarmo atomico della Gran Bretagna e una sostanziale opposizione all'accettazione del sistema capitalista. In altre parole, Bevanism. Labour's High Tide è una puntuale ricostruzione dell'evoluzione della minoranza di Bevan in seno al Labour, della quale l'autore non manca di individuare i collegamenti internazionali. 44 Al di là di quanto illustrato, vi sono altre due tipologie di lavori che non possono essere Cfr. Ivi, pp. 120-163. Entrambe le citazioni sono state tratte da E. Shaw, The Labour Party since 1945, Blackwell, London, 1996, p. 52. 42 Cfr. R. Desai, Intellectuals and Socialism. “Social Democrats” and the Labour Party, Lawrence & Wishart, London, 1994, pp. 34-98. 43 Cfr. T. Jones, Remaking the Labour Party. From Gaitskell to Blair, Routledge, London-New York, 1996, pp. 131-148. 44 Cfr. M. Jekins, Bevanism. Labour's High Tide, Spokesman, Nottingham, 1979, pp. 248-271. 40 41 11 omessi né in ottica comparata né in chiave relazionale. La prima è rappresentata dai resoconti congressuali e dai documenti programmatici editi direttamente dagli stessi partiti, come Protokoll der Verhandlungen des Außerordentlichen Parteitages der Sozialdemokratischen Partei Deutschlands vom 13.-15. November 1959 in Bad Godesberg o The Future Labour offers to You, oppure curati da chi fu direttamente incaricato dalla forza politica in questione, come Il partito socialista italiano nei suoi congressi, 1942-1955. La seconda, al contrario, racchiude al suo interno le opere dedicate ai massimi dirigenti politici protagonisti durante gli anni Cinquanta, siano esse di natura biografica o memorialistica. Di conseguenza, possono far parte di questo gruppo Pietro Nenni di Giuseppe Tamburrano (Laterza, Roma-Bari, 1986) e Lettere a Marta: ricordi e riflessioni di Antonio Giolitti (Il Mulino, Bologna, 1992), Carlo Schmid (1896-1979). Eine Biographie di Petra Weber (Beck, München, 1996) ed Erinnerungen di Willy Brandt (Propyläen, Frankfurt am Main, 1990), Hugh Gaitskell di Philip Maynard Williams (Cape, London, 1979) e The Time of My Life di Denis Healey (Penguin Books, London, 1990). Le fonti a stampa e il loro utilizzo Prima di addentrarsi nella spiegazione del materiale utilizzato, si ritiene doveroso fornire una precisazione di metodo ed una di carattere temporale. Da un punto di vista metodologico, benché in sede storiografica siano apparse delle critiche nei confronti dell'utilizzo della stampa di partito come fonte esauriente,45 si ritiene che, come ha osservato Ennio Di Nolfo, «la stampa di partito, al di là della più o meno puntigliosa ricerca delle contraddizioni di circostanza, offre un'immagine in termini generali “coerente” con la linea politica di questo partito». 46 La seconda puntualizzazione è di natura temporale: è opportuno sottolineare che si sono presi in considerazione i numeri dei giornali dal 1953 al 1963, due annate che racchiudono un arco di tempo centrale nella vicenda storica di queste tre forze politiche. Infatti, all'interno del periodo citato, il PSI da partito sostanzialmente filo-sovietico, come effettivamente era prima della proposta politica dell'«alternativa socialista» lanciata da Nenni dal palco del XXX Congresso nazionale di Milano del gennaio del '53, si trasformò in una forza di governo che, proprio nel dicembre del '63, faceva il suo ingresso nella compagine governativa guidata da Aldo Moro. Dal canto loro, la SPD e il Labour Party, nel medesimo periodo, avevano messo in campo un processo di auto-revisione delle basi teoriche che avrebbe loro consentito di ritornare, nel caso dei laburisti inglesi, o di accedervi per la prima volta, nel caso dei socialdemocratici tedeschi, al governo dei rispettivi Paesi. 45 46 Cfr. S. Galante, La politica del PCI e il Patto Atlantico. «Rinascita 1946-49», Marsilio Editori, Padova, 1973, p. 10. E. Di Nolfo, Prefazione, in D. Ardia, Il Partito Socialista e il Patto Atlantico, Franco Angeli, Milano, 1976, p. 7. 12 Per quanto concerne il PSI, un ruolo centrale nell'illustrarne le scelte politiche era senz'altro giocato dagli editoriali, dalle sezioni di politica interna e di politica estera dell'«Avanti!», che è stato analizzato dal 1953 al 1963.47 Ugualmente fondamentali si sono rivelati tre periodici come «Mondo Operaio», «Problemi del socialismo» e «Critica Sociale». Il primo, sorto ufficialmente in base all'intenzione di Nenni di «dare alla classe lavoratrice italiana e agli studiosi di politica estera una rivista seria nella documentazione [e] agguerrita nella lotta per la pace», 48 divenne ben presto la rivista in cui non soltanto autorevoli esponenti del gruppo dirigente tratteggiavano le proprie future mosse politiche oppure si dedicavano al commento dei fatti politici di più stretta attualità, ma in cui si analizzava l'evoluzione dei partiti socialisti occidentali. Mentre «Mondo Operaio», grazie al consolidamento della posizione di Nenni alla guida del partito, divenne de facto il periodico ufficiale di via del Corso,49 «Problemi del socialismo», la rivista voluta e fondata da Lelio Basso, e il periodico di turatiana memoria «Critica Sociale», benché non propriamente riconducibile in senso stretto al PSI, rappresentavano due fazioni diametralmente opposte del panorama socialista italiano e, proprio per questo, rilevanti. Anche se da sponde differenti, questi due periodici, oltre a pubblicare delle riflessioni su come si sarebbe dovuta evolvere da punto di vista teorico la dottrina socialista negli anni Cinquanta, misero in mostra una comune attenzione nei confronti di quanto accadeva in seno alla SPD e al Labour, sconfessando dunque il principio secondo cui il socialismo italiano non fosse interessato in alcun modo ai dibattiti che connotavano il movimento operaio europeo. Sul versante della Socialdemocrazia tedesca si è rivelato di basilare interesse lo studio del «Vorwärts» così come della «Neue Gesellschaft». Quest'ultimo, voluto da alcuni componenti del gruppo dei «riformisti» che si era venuto a formare nella SPD fin dal 1952, 50 costituiva un tentativo di riavviare la discussione tra le fila socialdemocratiche in seguito alla sconfitta nelle elezioni federali del 6 settembre 1953, quando il partito di Erich Ollenhauer si era fermato al 28,8% mentre i cristiano-democratici di Konrad Adenauer avevano raggiunto quota 45,2%. Quanto contenuto dalla «Neue Gesellschaft», soprattutto tra il 1954 e il 1959, era lo specchio del dibattito teorico e politico che stava caratterizzando la SPD di quegli anni. Sempre su questo periodico trovavano poi spazio sia le nuove posizioni in politica estera, che attraverso gli scritti di Fritz Erler da neutrale si stava evolvendo in chiave neo-atlantica, sia la volontà di sviluppare ed ampliare il Welfare State, vero Il 1953 di fatto coincise con la scelta del PSI di presentarsi nuovamente autonomo alle elezioni politiche del 7 giugno dopo la stagione del Fronte Democratico Popolare con il PCI. Al contrario il 1963 rappresentò l'anno in cui i socialisti, grazie all'ingresso nell'esecutivo di Aldo Moro, tornarono al governo. 48 Citazione tratta da G. Scirocco, op. cit., p. 45. 49 L'arteria nel centro di Roma dove si trovava la sede del partito di Nenni. 50 In questa corrente figuravano personalità autorevoli come Willy Brandt, Wilhelm Kaisen, Heinrich Kopf, August Zinn, Ernst Reuter, Carlo Schmid, Willi Eichler, Gerhard Weisser, Waldemar von Knoeringen e Max Brauer. Informazioni tratte da M. S. Handler, Socialist Split in West Germany, «New York Times», 11 novembre 1957. 47 13 tratto peculiare della SPD post Bad Godesberg. 51 Se l'analisi dei contenuti della «Neue Gesellschaft» ha permesso di fare chiarezza sull'evoluzione politico-programmatica, lo spoglio del «Vorwärts», il settimanale ufficiale del partito fondato nel 1876 da Wilhelm Liebknecht, ha reso possibile l'approfondimento del modus operandi nel breve periodo: in altri termini, si è trattato di uno strumento essenziale nel ricostruire la vicenda politica della SPD negli anni Cinquanta. Il medesimo metodo d'indagine è stato utilizzato per i periodici del Labour Party, anche se si ritiene doverosa una precisazione: se nel novero dei giornali attinenti al PSI e alla SPD vi erano i fogli ufficiali e quelli riconducibili all'area di riferimento del partito stesso, per quanto concerne l'area laburista non esistevano dei giornali ufficialmente riconosciuti dagli organi dirigenti, ma soltanto pubblicazioni vicine all'area del partito cui si richiamavano. A conferma di ciò, per approfondire la rivisitazione della dottrina socialista, le politiche industriali ed economiche, le proposte di politica estera, così come i commenti che i cosiddetti «Gaitskellites» 52 riservavano alle altre due forze politiche, si è rivelato fondamentale lo studio delle annate dal 1955 al 1961 del «Socialist Commentary», la rivista più vicina a Gaitskell diretta da Rita Hinden. Ugualmente importante, anche se dal ben differente tono politico, era senz'altro il giornale della sinistra «New Statesman and Nation», le cui firme più autorevoli erano Kingsley Martin e Richard Crossman. Oltre alla rivisitazione critica delle proposte politiche della destra revisionista e ad un sostanziale «pacifismo terzaforzista» in politica estera, grazie all'interesse di Crossman nei confronti del PSI, la rivista diede con continuità ampio spazio non soltanto ad una cronaca delle vicende dei socialisti italiani, ma pubblicò delle traduzioni degli articoli di Nenni riguardanti soprattutto tematiche di natura internazionale. Il quadro non sarebbe tuttavia completo se si fosse omessa l'analisi delle annate dal 1953 al 1961 del «Tribune», il periodico che poteva essere considerato la cassa di risonanza di Aneurin Bevan, il leader della minoranza radicale di Transport House.53 Si è trattato di un'indagine indispensabile per mettere a fuoco l'azione dei bevaniani che, come si cercherà di illustrare nel corso della tesi, aveva molti punti di contatto sia con quanto sostenuto dai socialisti italiani a livello teorico e in politica estera, sia con la contrarietà dei socialdemocratici tedeschi nei confronti di qualsiasi piano attinente alla proliferazione degli armamenti atomici. Le fonti d'archivio e il loro utilizzo L'impiego esclusivo del materiale pubblicistico avrebbe forse permesso la stesura di un Cfr. G. E. Rusconi, Prefazione in F. Traldi, Verso Bad Godesberg. La socialdemocrazia e le scienze sociali di fronte alla nuova società tedesca (1945-1963), Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 10 e sg. 52 Questo era il termine con cui venivano indicati i revisionisti tra le fila laburiste. Cfr. S. Haseler, The Gaitskellites: revisionism in the British Labour Party: 1951-1964, Macmillan, London, 1969. 53 L'allora sede nazionale del partito laburista. 51 14 lavoro comparativo, ma molto difficilmente si sarebbe potuto concepire una puntuale descrizione del network tra PSI, SPD e Labour Party e della circolazione di idee tra i massimi esponenti di questi partiti senza aver effettuato una dettagliata analisi delle fonti primarie che è stata impostata su quattro direttrici divergenti. La prima, attraverso lo spoglio dei faldoni di Riccardo Lombardi, di Raniero Panzieri e di Antonio Giolitti, conservati rispettivamente presso la Fondazione di Studi Storici Filippo Turati, la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e la Fondazione Lelio e Lisli Basso, ha chiarito il percorso politico del PSI. Oltre a questo aspetto, lo studio della serie «carteggi» del Fondo di Pietro Nenni presso l'Archivio Centrale dello Stato ha messo in luce due elementi consequenziali: in primis, i socialisti, grazie al lavoro di intermediari come Dino Gentili e Giorgio Fenoaltea, mantennero comunque viva la loro rete relazionale con la sinistra laburista di Crossman e Bevan anche durante i primissimi anni Cinquanta; in secundis, la volontà nenniana di allargare tale rete anche alla maggioranza di Transport House, come dimostrato dai faldoni di Hugh Gaitskell e di Morgan Phillips. Sempre in chiave di network è stato essenziale lo spoglio della serie «corrispondenza» di Lelio Basso presso l'omonima fondazione poiché sono emerse le sue connessioni con il mondo socialdemocratico tedesco. La seconda ha invece cercato di ripercorrere la traiettoria politico-programmatica laburista, resa possibile dallo studio di alcuni faldoni dell'archivio di Richard Crossman presso il Modern Records Centre e dell'archivio di Hugh Gaitskell presso i National Archives. Dallo spoglio di quest'ultimo archivio, a conferma dei tentativi nenniani precedentemente citati, è emersa la rete relazionale tra il Labour e il PSI, che da parte laburista era intessuta da emissari come Alfred Robens e Guy Hannaford. Ma la ricostruzione del rapporto tra il partito italiano e quello inglese sarebbe stata impossibile senza l'analisi della serie «Italy 1942-1968» contenuta nel fondo «International Department LP/ID» dell'archivio del Labour Party. In ultimo, tanto i faldoni di Gaitskell quanto la serie «Germany 1941-1967» del già menzionato fondo «International Department LP/ID» ha consentito di evidenziare il network esistente tra la Socialdemocrazia tedesca e il Labour britannico e, in particolare, lo scambio delle rispettive proposte di natura politico-programmatica. La vicenda politica della SPD e la sua revisione programmatica sono emerse – ed ecco la terza direttrice d'azione – dallo studio dei documenti di Willi Eichler, Gerhard Weisser, Fritz Erler, Heinrich Deist e da quanto conservato nel fondo di Erich Ollenhauer della Fondazione Friedrich Ebert. Oltre a queste tematiche, il fondo del presidente socialdemocratico contiene la corrispondenza di quest'ultimo con i massimi dirigenti del laburismo britannico di quel periodo. La rete relazionale fra queste due forze politiche, di per sé normale poiché entrambi i partiti erano 15 membri autorevoli dell'Internazionale socialista, riaffiora con chiarezza dal materiale del fondo «Abteilung Internationale Beziehungen», in cui si intravede il ruolo centrale giocato in questa partita da Heinz Putzrath, il responsabile del dipartimento internazionale dei socialdemocratici. Sempre in questa serie così come nei faldoni di Carlo Schmid e Rolf Reventlow sono stati individuati dei documenti che evidenziano un elemento ben più sorprendente: i socialisti italiani, in seguito alle elezioni del 1953, cercarono di dar vita ad uno scambio di idee con la SPD, un tentativo che, rimasto sotto traccia per tutto il decennio, si sarebbe poi concretizzato con il 1959 e l'arrivo al settore internazionale di via del Corso di figure come Lombardi e Paolo Vittorelli. 54 In ultimo, si è ritenuto essenziale analizzare diversi faldoni dell'archivio dell'Internazionale socialista contenuto nell'International Institute of Social History. In questa sede, il cui archivio è poco utilizzato dalla storiografia di settore, sono stati reperiti i verbali delle riunioni dell'organizzazione, in cui i partiti aderenti si confrontavano sulle questioni maggiormente centrali (nel decennio studiato lo erano senz'altro le problematiche di carattere internazionale così come il problema del riarmo) e mettevano in mostra i rapporti fra di loro intercorrenti. La struttura della tesi di dottorato e il suo indice La tesi avrà un'ossatura di cinque capitoli che, oltre ad una panoramica sul contesto storiografico di riferimento, cercheranno di fare luce sulle seguenti quattro macro-tematiche: il rinnovamento della dottrina socialista, le questioni di carattere internazionale, la posizione di PSI, SPD e Labour Party di fronte ai cambiamenti del mondo industriale e, in ultimo, le loro politiche sociali. In base a questa considerazione complessiva, il lavoro verrà così strutturato: Introduzione I. PSI, Socialdemocrazia tedesca e Labour Party inglese negli anni Cinquanta: una panoramica tra storiografia e contesto storico 1) Il carattere nazionale delle storiografie sul socialismo europeo del secondo dopoguerra 2) Una ricostruzione comparata dell'azione di PSI, SPD e Labour nei primi anni Cinquanta 3) Come circolavano le idee in questa stagione? Un'indagine sulle figure che agirono da intermediari 54 Cfr. M. Degl'Innocenti, Storia del PSI dal dopoguerra a oggi, Laterza, Roma, 1993, p. 260. 16 II. Il revisionismo socialista 1) Brevi cenni al primo revisionismo 2) Il «nuovo revisionismo» e i suoi tratti fondamentali 3) Il rinnovamento dei laburisti inglesi e dei socialdemocratici tedeschi: tra comparazione e network 4) L'incoerenza del PSI: spostamento verso il centro e linguaggio di sinistra 5) I critici del revisionismo III. Il dibattito sulle problematiche di carattere internazionale: assonanze e divergenze tra i tre partiti 1) Socialisti italiani, socialdemocratici tedeschi e laburisti inglesi e la discussione sulla riunificazione della Germania 2) Il disarmo come modus operandi socialista in politica estera? 3) La propensione al «neutralismo terza-forzista» del socialismo europeo durante i Fifties 4) PSI, SPD e Labour Party e il «drammatico 1956» 5) La svolta dopo lo shock: via del Corso e la conclamata ricerca dell'Occidente IV. PSI, SPD e Labour di fronte ai nuovi processi di produzione industriale 1) Come rapportarsi con l'automazione industriale? Spunti per un approccio comparato 2) Socialdemocratici tedeschi e laburisti inglesi nei confronti dei mutamenti della classe operaia: tra attenzione reciproca e circolazione di idee 3) Da cosa nasce cosa: i tre partiti e la «ceti-medizzazione» dell'elettorato tradizionale V. «Meta del socialismo è il solo benessere?» Socialisti italiani, socialdemocratici tedeschi e laburisti inglesi e le discussioni sul Welfare state 1) Le politiche sociali di SPD e Labour a confronto 2) Il Welfare state e il PSI: un'azione assimilabile con la tradizione socialista occidentale 3) Un possibile confronto tra i contrari nelle tre forze politiche del rapporto tra dottrina socialista e stato sociale Conclusioni 17