vedi

Transcript

vedi
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BERGAMO
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere
LA MEMORIA NELLA NARRATIVA DI ANTONIO
MUÑOZ MOLINA
Relatore:
Ch.ma Prof.ssa Margherita BERNARD
Correlatore:
Ch.mo Prof. Gabriele MORELLI
Tesi di Laurea di:
Stefania Mazzoleni
Matr. N. 12691. W
Anno Accademico 1998/1999
1
Indice
1. QUADRO STORICO E LETTERARIO DI UN’EPOCA ....... 4
1.1. PROFILO STORICO ........................................................................ 4
1.2. PROFILO LETTERARIO.................................................................. 9
1.2.1. Letteratura e autori degli anni cinquanta............................ 9
1.2.2. Letteratura e autori degli anni sessanta ............................ 12
1.2.3. Letteratura e autori degli anni settanta ............................. 13
1.2.4. Letteratura e autori dagli anni ottanta ad oggi ................. 15
2. ANTONIO MUÑOZ MOLINA ................................................ 22
2.1. LA VITA ...................................................................................... 22
2.2. LE OPERE ................................................................................... 25
3. LA MEMORIA NELLA NARRATIVA DI ANTONIO
MUÑOZ MOLINA..................................................................... 63
3.1. LA MEMORIA .............................................................................. 63
3.1.1. La memoria tramandata..................................................... 64
3.1.2. La musica ........................................................................... 69
3.1.3. La storia e i luoghi di memoria.......................................... 75
3.1.4. Gli oggetti........................................................................... 87
CONCLUSIONE ............................................................................. 109
BIBLIOGRAFIA............................................................................. 112
2
3
1. Quadro storico e letterario di un’epoca
1.1. Profilo storico
Dal 1939 al 1975 la realtà spagnola è condizionata dal risultato della
guerra civile che durò dal 1936 al 1939 e che oppose la repubblica spagnola
governata dalle sinistre coalizzate nel fronte Popolare, alle forze insurrezionali
della destra.
Durante il regime di Francisco Franco che dura quarant’anni, c’è una
repressione sanguinosa della popolazione economicamente più debole, sono anni
di censura che influiscono sull’economia, la politica e la cultura.
Il generale Francisco Franco (1892-1975) rimane al governo dal 1939
(anno in cui assume la guida dello Stato con il titolo di Generalissimo) al 1975
(anno della sua morte). Egli assume le cariche di primo ministro e di comandante
in capo dell’esercito, instaurando un regime filo-fascista.
Gli strascichi del conflitto sono pesanti: 400.000 repubblicani sono
costretti all’esilio, più di un milione di oppositori al regime trascorrono la vita in
prigione o nei campi di lavoro, altri sono giustiziati.
Durante la guerra civile Francisco Franco riceve il pieno appoggio della
Germania nazista e dell’Italia fascista ma, allo scoppio della seconda guerra
mondiale, la Spagna non si unisce ai paesi dell’Asse (Germania, Italia, Giappone)
e vista la debole condizione economica, politica e sociale in cui versa il paese il
Generalissimo dichiara la neutralità della Spagna concordando con Hitler e
Mussolini una strategia di collaborazione. Alla fine del conflitto c’è il timore, da
parte della classe dirigente, che i vincitori impongano allo stato la restaurazione
della democrazia liberale, ma non è così, Franco con l’avvento della “guerra
fredda”1 si dichiara anticomunista e abbandona la linea fascista.
1
Conflitto che dalla seconda metà del 1945 ha visto protagonisti gli USA e l’URSS, usciti dalla
seconda guerra mondiale come le sole due superpotenze. Il conflitto non è sfociato in uno scontro
armato bensì in uno stato di continua tensione economica e diplomatica tra gli stati che
costituivano i blocchi formatisi attorno alle due potenze. La durezza del confronto nasce
dall’inconciliabilità delle ideologie poste alla base dei due sistemi politico-economici.
4
Con questa presa di posizione il “caudillo”2 può continuare a governare
ma il paese versa in gravi condizioni economiche, (fame, razionamento del
cibo…) e anche le vie di comunicazioni subiscono degli enormi danni.
Nel 1950 c’è la svolta con la revoca, da parte dell’O.N.U, delle misure
restrittive economiche e politiche adottate contro il regime franchista. Nel 1957
salgono al potere i tecnocrati e quello stesso anno Franco affida parte
dell’amministrazione all’ammiraglio Luis Carrero Blanco, ucciso durante un
attentato nel 1973, e ai funzionari religiosi dell’Opus Dei3.
Sulle idee e sulle decisioni del dittatore pesano, soprattutto, la sua
professione militare, il suo paternalismo sociale e la sfiducia nel parlamento. Il
regime basa la sua propaganda sui miti nazionalistici: la sostenuta lotta eroica del
popolo lungo la sua storia, la tendenza all’unità e centralizzazione, la fede
cattolica come anima e sostegno della nazione.
Tutto questo è battezzato nazionalcattolicesimo perché la chiesa trae
beneficio dai buoni rapporti instaurati con la dittatura.
Gli Stati Uniti contribuiscono al recupero economico con aiuti finanziari;
nel 1959 il governo spagnolo pubblica un programma di stabilizzazione elaborato
dai ministri Ullastres e Navarro Rubio, con il quale cerca di introdurre il paese
negli organismi economici internazionali. Le basi di questo piano sono le
seguenti: svalutazione della peseta, restrizione della spesa pubblica e privata,
liberalizzazione del commercio estero.
Il decennio degli anni ‘60 è il più espansivo della storia della Spagna. Tre
fattori influiscono maggiormente: i forti investimenti stranieri (attratti dal basso
salario e dalla sicurezza che offre il regime), l’affluenza del turismo e
l’emigrazione dei lavoratori nel resto d’Europa.
2
Termine che indica il leader indiscusso di una formazione politica o di un regime autoritario,
perlopiù con connotazioni militari. Il titolo fu adottato da Franco dopo il successo conseguito nella
guerra civile spagnola.
3
Organizzazione cattolica di orientamento tradizionalista, fondato, nel 1928 dallo spagnolo José
María Escrivá de Balaguer. L’organizzazione gestisce direttamente numerose istituzioni
economiche e culturali. Essa suscita diffidenza relativamente alla presunta influenza politica che
alcuni membri avrebbero. Si ricorda, a questo proposito, l’appartenenza di alcuni ministri del
governo di Franco.
5
Il 1967 e il 1968 sono anni di tensione politico-sociale, un particolare
accenno merita le agitazioni degli indipendentisti baschi dell’ETA4 che cercano di
ottenere l’autonomia amministrativa. Sono di questi anni le esplosioni di proteste
studentesche e popolari a Barcellona e Madrid.
In questi anni di crisi nasce la “legge organica dello stato” proposta dal
capo di Stato e approvata con referendum nel 1966. Questa legge definisce la
Spagna regno e il caudillo, pur mantenendo il ruolo di capo di stato a vita, designa
come suo successore il principe Juan Carlos di Borbone, l’attuale re di Spagna
(nipote di Alfonso XIII). Egli sale al trono nel 1975 alla morte di Franco con il
nome di Juan Carlos I. Il nuovo candidato a governare è stato scelto per la sua
appartenenza al ramo borbonico che ha regnato in Spagna fino al 1931.
Il generalissimo predispone una serie di riforme istituzionali che, alla sua
morte, garantiranno un passaggio senza scosse ad un sistema di governo
tendenzialmente democratico.
Nel 1973 ci sono due avvenimenti che colpiscono la Spagna: la crisi del
petrolio e l’assassinio di Carrero Blanco, uomo di fiducia di Franco. Il nuovo capo
dell’esecutivo, Carlos Arías Navarro, annuncia un programma di riforme, tra cui
la libera associazione politica, proibita fin dal 1939.
I falangisti5 estremisti cercano di boicottare la linea politica di Arías, ma la
morte di Franco ferma il tentativo di svolta reazionaria. Nel 1975 con la morte del
generalissimo si prospetta per la Spagna l’inizio di una nuova epoca.6
4
Il termine significa “patria basca e libertà”. Il movimento è sorto nel 1959 con lo scopo di
costituire i territori baschi, della Spagna del nord, in stato sovrano e indipendente. Dopo il ritorno
della democrazia l’ETA, pur fiancheggiata dal partito politico legale Herri Batasuna, ha continuato
a perseguire i propri obiettivi attraverso azioni terroristiche, che hanno segnato il crescente
isolamento tra le stesse forze nazionaliste basche dopo la riforma costituzionale del 1979 che ha
concesso l’autonomia al paese basco.
5
Appartenenti alla Falange Nazionalista, movimento politico di ispirazione fascista, fondato a
Madrid nel 1933 da José Antonio Primo de Rivera. Il movimento esaltava lo stato forte e
prendendo a modello la dittatura di Benito Mussolini in Italia, rifiutava la repubblica, il
multipartitismo, il capitalismo, il marxismo, (in particolare la lotta di classe), teorizzando un
regime corporativo in cui il governo mediasse i diversi interessi economici e sociali. Nel corso
della guerra civile i suoi appartenenti sostennero il generale Francisco Franco.
6
Cfr. Octavio Paz, “La busqueda del presente”, a cura di Francisco Rico, Historia y crítica de la
literatura española IX “los nuevos nombres 1975-1990”, vol. 9, Darío Villanueva, Crítica,
Barcelona, 1992, pp. 40-72.
6
Juan
Carlos
salito
al
trono
favorisce
un
processo
di
piena
democratizzazione, ma interessi più forti giocano contro i cambiamenti.
Nel 1976 il re affida il governo nelle mani di Adolfo Suárez il quale attua
con successo una riforma politica che ha come scopo di smantellare l’apparato
franchista e governare la Spagna con un sistema simile a quello utilizzato dalle
monarchie democratiche europee.
Il processo di democratizzazione inizia con la legalizzazione dei partiti
politici e prosegue con le elezioni del 1977 terminate con la vittoria dell’U.C.D
(Unión del Centro Democratico) La democratizzazione delle istituzioni, iniziata
nel 1975 dopo la morte del dittatore, porta all’elaborazione della Costituzione,
approvata con referendum nel dicembre del 1978
Il patto della Moncloa (1977) stipulato dai principali partiti e sindacati,
permette di realizzare un piano di stabilizzazione con la creazione rapida di
infrastrutture, dalla ristrutturazione delle città alla creazione di scuole, e
un’intensificazione e modernizzazione della rete viaria.
Nel 1978 è approvata la Costituzione attraverso un referendum che
definisce la Spagna una monarchia parlamentare. Nelle elezioni del 1979 trionfa
nuovamente l’U.C.D, tuttavia, in quelle municipali dello stesso anno, i partiti
nazionalisti e di sinistra ottengono il controllo delle principali popolazioni.
Nel 1981 Suárez, a causa della crisi economica crescente e della
frammentazione tra coloro che lo hanno sostenuto, consegna le dimissioni ed è
sostituito da Leopoldo Calvo Sotelo, il cui programma consiste nella lotta al
terrorismo. Quello stesso anno, il 23 febbraio, un distaccamento di duecento
guardie civili occupa il Congresso e fa prigionieri alcuni deputati, ma il tentativo
di golpe è sventato dall’intervento del re che richiama i militari insorti ai loro
doveri di fedeltà verso la nazione.
Nel 1982 sono indette le elezioni da cui esce vincitore il P.S.O.E (Partido
Socialista Obrero Español), di Felipe Gonzáles Márquez mentre un altro partito l’
A.P (Alianza Popular) diventa la seconda forza politica del paese.
Il governo socialista promulga una serie di riforme per combattere la grave
crisi economica non dimenticando il terrorismo e le questioni sociali.
7
Per quanto riguarda la crisi economica il governo ottiene ottimi risultati
soprattutto nel combattere l’inflazione, inizia la riconversione dell’industria
siderurgica, che provoca contrasti con i lavoratori del settore.
Con l’entrata della Spagna nella NATO e nella CEE, nel decennio 19801990, ci sono stati dei grandi cambiamenti sul piano politico-economico
internazionale che hanno portato allo sviluppo crescente del paese. Nei primi anni
novanta alcuni scandali hanno minato l’affidabilità del P.S.O.E che alle elezioni
del 1996 è sconfitto dal P.P.E (Partido Popular Español) di Aznar.7
7
Cfr. Ramón Tamames, La España alternativa, Madrid, Espasa Calpe, 1993, pp. 79-115.
8
1.2. Profilo letterario
1.2.1. Letteratura e autori degli anni cinquanta
Due opere, La familia de Pascual Duarte (1942) di Camilo José Cela e
Nada (1944) di Carmen Laforet, rappresentano l’inizio della rinascita del romanzo
spagnolo del dopoguerra. Queste due opere fecero parlare e servirono da stimolo
ai giovani scrittori. La familia de Pascual Duarte inaugurò il chiamato
tremendismo, un realismo che si caratterizzava per la violenza e la crudezza degli
episodi descritti.
Nada è, invece, il primo romanzo in Spagna dove si riflette sulle
conseguenze della guerra civile. Il libro impressiona per la rivelazione
dell'assoluto vuoto spirituale e morale di una gioventù che ha perso la fede in ogni
classe di valori. In queste due opere il realismo significa diverse cose: una
comprensione della realtà sociale di quegli anni, e anche una descrizione delle
relazioni che esistono tra i romanzieri creatori e la realtà oggettiva, sociale e
politica. Gli scrittori cominciano a riflettere il clima di oppressione e di
desolazione nel quale vivono, e scelgono di esprimersi attraverso una modalità
realista.8
Il neorealismo ha influenzato la maggior parte degli scrittori degli anni
cinquanta e degli anni sessanta. In proposito è stato pubblicato un articolo da José
María Castellet9, e un libro da Manuel García Viñó10. Una frase di Juan Arbò “la
volontà di vivere sotto la brutalità della vita”11 esprime il significato filosofico del
neorealismo in Spagna.
A partire da questa decade abbiamo in Spagna opere con caratteristiche
comuni; gli autori scrivono romanzi che parlano della vita collettiva di sfere
sociali depresse, per esempio la dura esistenza che il contadino spagnolo conduce
nei paesi aridi in cui vive e i sobborghi delle città sono descritti nella loro
crudezza e miseria. Gli scrittori vogliono mostrare al lettore l’esistenza di queste
8
Cfr. Juan Ignacio Ferreras, La novela en el siglo XX (desde 1939), Madrid, Taurus, 1988, p. 18.
José María Castellet, “Veinte años de novela española (1942-1962) ”, in Cuadernos americanos,
1963 (gennaio-febbraio), pp. 290-295.
10
Manuel García Viñó, Novela española actual, Madrid, Guadarrama, 1967.
9
9
persone, attraverso un romanzo che assomigli ad un documentario o ad un
reportage giornalistico. La novità risiede nel modo in cui il narratore manipola la
materia letteraria utilizzando una frase corta, una sintassi semplice, il verbo
all’indicativo e l’uso, come nel cinema, del montaggio.
I temi fondamentali delle opere di questo periodo sono la solitudine
sociale, la guerra come ricordo e le sue conseguenze. I personaggi di questi
romanzi sono contadini o cittadini alla ricerca della propria identità.12
Nella decade 1950-1960 nasce, nelle aule universitarie, una nuova
generazione di scrittori che si divide in due gruppi; il primo è composto dai
rinnovatori puri della tecnica romanzesca, o se si vuole del realismo tradizionale,
il secondo invece va verso una tendenza che si libera del realismo rinnovato e
restaurato per materializzarsi in un autentico e nuovo romanzo. Ognuno di questi
scrittori apporta, con le sue tecniche personali e la sua visione romanzesca del
mondo, dei rinnovamenti.
Luis Romero ottiene il premio Nadal e ha successo con il romanzo La
noria (1952). In questo romanzo ci sono molti personaggi che sfilano per le
pagine dell’opera con l’intento di mostrarci la fauna di una città.
Nel 1954 sono pubblicati alcuni romanzi che rispecchiano appieno questa
tendenza neorealista: El fulgor y la sangre di Ignacio Aldecoa, Los bravos di
Jesús Fernández Santos, Juegos de manos di Juan Goytisolo.
Grande innovatore stilistico del realismo è Ignacio Aldecoa. Lo
caratterizzano due tratti: la simpatia umana che traspare dai suoi racconti e il
dominio del linguaggio. Egli ha alcune caratteristiche comuni a Baroja come la
preoccupazione sociale, la predilezione per gli umili e per le trilogie.
El fulgor y la sangre (1954) è un romanzo dove è rilevante l’angoscia delle
spose di alcune guardie civili che sono in attesa di sapere qual è lo sposo ucciso da
un gitano. Nel secondo romanzo Con el viento solano (1956) ricrea la vita degli
zingari ed è scoperto l’assassino della guardia civile morta nel primo romanzo.
11
Sebastían Juan Arbò, Relatos del Delta, Barcelona, Mateu, 1965, p. 165.
Cfr. María Dolores Asís Garrote, “ Antonio Muñoz Molina, Premio Nacional de Literatura y de
la Crítica 1988”, in Última hora de la novela en España, Madrid, Eudema, 1990, pp. 27-33.
12
10
Una prosa laboriosa, ricca e una costruzione organizzata sono le tre
caratteristiche di questi romanzi. Postuma è stata pubblicata una raccolta di suoi
racconti intitolata Cuentos Completos (1973).
Un altro autore è Jésus Fernández Santos che, nella sua prima opera Los
bravos (1954), descrive un popolo delle montagne dove i protagonisti sembrano
diluirsi in un universo chiuso nel quale il problema principale è la lotta per la
sopravvivenza.
In En la hoguera (1957) c’è il predominio del dialogo sulla narrazione,
l’autore con continui dislocamenti ci conduce da una vita all’altra, in un mondo di
seduzione, violenze, meschinità e, soprattutto, solitudine spirituale e pensieri di
morte. I temi principali delle sue opere sono: il reportage sociale, la critica della
borghesia e la descrizione di poveri contadini, vittime di situazioni ingiuste.
Juan Goytisolo si situa in un primo momento tra i rinnovatori del realismo,
lui stesso chiama i suoi primi romanzi opere “del realismo poetico” ed esse
appaiono già con una certa carica di critica sociale. In Juego de manos (1954)
l’autore presenta una gioventù cinica, anarchica e amorale dove alcuni giovani
ribelli cercano di uscire dalla monotonia, commettendo un omicidio per vendicarsi
della società di cui si sentono vittime. Fiestas (1958), El Circo (1957) e La resaca
(1958) sono tre romanzi classificati dall’autore con il verso machadiano “el
mañana efímero” e hanno le caratteristiche del romanzo sociale.
Nel 1956 il romanzo El Jarama, di Rafaél Sánchez Ferlosio, ha molto
successo. Con questo libro l’autore crea una nuova tecnica neorealista,
oggettivista, è la bibbia spagnola del realismo oggettivo. Sánchez Ferlosio cerca
di costruire un universo a partire da una supposta libertà concessa ai suoi
personaggi; questi si muovono e parlano, si parlano e muovono, ma non dicono
niente di importante. Il romanzo è importante per la letteratura spagnola del
dopoguerra perché mostra un’indiscussa abilità tecnica dello scrittore.
La scrittrice Carmen Martín Gaite inizia a pubblicare nel 1955 El
balneario, nel 1958 scrive uno dei suoi più bei romanzi, Entre visillos, che
rappresenta la visione interiorizzata dell'universo di alcuni giovani di provincia
che contemplano il mondo esterno attraverso le tende delle finestre, sentono la
11
minaccia della solitudine e, soprattutto, del celibato. L’autrice si interessa degli
effetti che l’esterno provoca alla personalità dei suoi personaggi e vuole
decentrare la relazione universo-protagonista e approfondire il mondo interiore del
protagonista.13
1.2.2. Letteratura e autori degli anni sessanta
Il nuovo romanzo inizia negli anni sessanta dopo il restauro e il
rinnovamento del realismo. Tale realismo, che chiede omologazioni e paralleli tra
realtà oggettiva e universo romanzesco, entra in crisi in questa decade.
Negli anni ‘60 molti scrittori realisti tradizionali e, soprattutto, sociali
abbandonano il realismo e iniziano a scrivere seguendo gli orientamenti degli
scrittori chiamati rinnovatori intellettuali.14
Con Tiempo de silencio (1962), Luis Martín Santos unisce tutte le
tendenze romanzesche del dopoguerra ma, allo stesso tempo, sembra non
appartenere a nessuna particolare tendenza e inaugura il cosiddetto romanzo
sperimentale. Da notare in questo romanzo la sovrapposizione di varie strutture
narrative, alcune digressioni storiche, il cambio di tono e stile secondo le necessità
della storia. L’autore sembra passare da un mondo all’altro, da una struttura ad
un'altra senza problemi e quello che vuole raccontare non è la storia di un singolo,
ma dell’umanità. Caratteristiche di questo romanzo sono: la visione acuta e
pessimista della realtà, la sensibilità della memoria e il suo potere analitico, la
critica di una determinata società e dell’umanità.
Tiempo de silencio rompe in modo definitivo con qualsiasi forma di
realismo e con ogni tipo di intellettualismo della decade precedente; si può parlare
di romanzo aperto per la comparsa di tecniche combinate, del trionfo
dell’immaginazione e della riflessione.15 L’impatto del nuovo romanzo è sentito
anche da scrittori come Cela che con Visperas, festividad y octava de San Camilo
de 1936 en Madrid (1963) rompe, in parte, con il passato, mentre Gonzalo
13
Cfr. Juan Ignacio Ferreras, La novela en el siglo XX (desde 1939), Madrid, Taurus, pp. 46-62.
Ibídem, p. 73.
15
Ibídem, pp. 79-80.
14
12
Torrente Ballester si dimentica del realismo e cerca con Don Juan e Off-Side
(1969) un indirizzo più intellettuale.
Miguel Delibes è un classico per la visione personale e caratteristica della
vita umana i cui eroi sono degli individualisti. Per quanto riguarda lo stile, la
prima epoca è caratterizzata da una narrazione tradizionale di tipo realista
attraversata da una tendenza all’introspezione, dove c’è un personaggio
protagonista e solitario. Ad essa appartengono La sombra del ciprés es alargada,
Aún es día e Mi idolatrado hijo Sisí:
La seconda punta ad una semplicità più moderna dove predomina un
sentimento di solidarietà umana, tutto questo è presente in El camino.
Il realismo di Delibes con Cinco horas con Mario (1966), sopravvive ma
la struttura è rinnovata completamente.16
Da questo momento il nuovo romanzo non è obbligato a fare riferimento
alla realtà oggettiva e le sue principali caratteristiche sono: l’intento di
rinnovamento tematico, l’assimilazione di tecniche narrative moderne (monologo
interiore, ricorso al nuovo romanzo francese) e il linguaggio neobarocco. In questi
anni si ode la voce dei critici contro il neorealismo accusato di mancanza di
immaginazione e di ambizione.
Le nuove tendenze in parte derivano dalle tendenze precedenti, quelle nate
dal dopoguerra, e in parte sono la negazione di queste o la loro rielaborazione.
Esse si possono suddividere in: romanzo metafisico, sperimentale, etico, realismo
magico e romanzo di fantascienza, della guerra e dopoguerra, del discorso
ludico, storico, erotico, di suspense.
1.2.3. Letteratura e autori degli anni settanta
Il cambiamento avvenuto negli anni sessanta e l’apparizione di un nuovo
romanzo, hanno aperto nuove prospettive agli autori degli anni settanta. In questi
anni il realismo tradizionale e rinnovato apparso nella decade precedente non
scompare, ma non è più predominante. Gli autori di questo periodo vogliono
16
Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., p. 59.
13
perfezionare l’opera dal punto di vista dello stile e della tecnica più che riflettere
la realtà.
Autori consacrati come Miguel Delibes e Carmen Martín Gaite cercano di
arricchire la loro tecnica romanzesca. Carmen Martín Gaite, autrice di un mondo
intimista e quasi lirico cerca con il suo romanzo El cuarto de atrás (1978) una
nuova visione del realismo. L’opera, scritta in prima persona, narra la visita di un
misterioso personaggio di fronte al quale la scrittrice si confessa cercando di fare
un suo autoritratto tra intimista e realista.
In questo periodo la struttura realista è impiegata in romanzi che
raccontano il passato come La guerra de nuestros antepasados di Delibes o
Retahílas di Martín Gaite. In questa decade l’apparizione del romanzo
sperimentale non ha analogie con quello sperimentale o naturalista del XIX
secolo. Nel romanzo sperimentale il testo diventa, a volte, un puro documento di
testimonianza della fantasia di un autore.
Alcuni autori di questa decade hanno influenzato la letteratura attuale tra
questi figura Gonzalo Torrente Ballester che, con il romanzo La Saga/Fuga de JB.
(1972), apre un nuovo capitolo per il romanzo spagnolo.
Si tratta di un romanzo di epopea la cui struttura si costruisce su uno
schema musicale. Nella sua opera ritroviamo, oltre al senso ludico, la riflessione.
L’autore si confronta con la realtà attraverso l’uso della ragione e della fantasia.
L’opera segna l’inizio della rivendicazione della fantasia nel romanzo spagnolo e
la critica agli eccessi del romanzo sperimentale. Oltre a Saga/Fuga pubblica altri
libri tra cui Fragmentos de Apocalipsís (1977), La isla de los jacintos cortados
(1981), Dafne y ensueños (1982) e nel 1988 riceve il premio Planeta per Filomeno
a mi pesar. 17
Juan Marsé, premio Planeta con La muchacha de las bragas de oro (1978),
appartiene a quel gruppo di giovani scrittori che cercano un superamento della
narrativa spagnola dal punto di vista delle tecniche adottate con una visione critica
della realtà. La sua carriera narrativa inizia nel 1965 con Ultimas tardes con
17
Cfr. Ibídem, p. 188.
14
Teresa a cui fa seguito La oscura historia de la prima Montse (1970) e Si te dicen
que caí (1973).18
1.2.4. Letteratura e autori dagli anni ottanta ad oggi
In questi anni abbiamo un ritorno al realismo con l’inclinazione verso temi
storici, grazie ai quali gli autori cercano di ricreare, mediante la fantasia, tempi e
avvenimenti passati, costruendo il racconto su fatti recenti e documentati.
Tra gli anni ottanta e novanta c’è il rifiorire del romanzo storico in Spagna.
Si può parlare di due tendenze all’interno del romanzo storico, in una si parla di
romanzo di “personaggi” nell’altra di romanzo di “spazio”.
C’è l’utilizzo da parte dell’autore della tradizione romanzesca, perché
coltiva un romanzo storico ambientato in un universo spagnolo il cui protagonista
è spagnolo, tutto questo per dare un contenuto politico al romanzo.
Infatti il romanzo storico di questi autori deve essere considerato un
romanzo politico perché essi materializzano le loro preoccupazioni sociali e
politiche in un passato storico recente. Questo romanzo possiamo considerarlo
impegnato con la realtà presente alla quale vuole dare una risposta. In questa
corrente non bisogna tralasciare i nomi di: Jesús Fernández Santos con Cabrera,
Tomás Salvador con El Arzobispo pirata, Lourdes Ortiz con Urraca, Antonio
Prieto con El embajador.
Non bisogna poi dimenticare un altro romanzo che senza staccarsi
completamente dalla realtà si allontana nel tempo e nello spazio per coltivare la
struttura del romanzo storico tradizionale. Tra questi ricordiamo, Terenci Moix
con Nuestra Virgen de los mártires e Félix de Azúa con Mansura.19
L’opera dei giovani scrittori di questa decade non presenta né unità
strutturale né stilistica ma si indirizza verso la costruzione di temi autenticamente
romanzeschi. In questa letteratura l’intimismo è un elemento fondamentale,
l’ambito privato ha sostituito il collettivo, l’attenzione rimane centrata sull’io e
18
Ibídem, pp. 196-220.
Cfr. Juan Ignacio Ferreras, op. cit., pp. 102-105.
19
15
non sui problemi del nostro tempo, predominano lo scetticismo e la mancanza di
impegno ideologico.20
In questi anni molti autori già consacrati, influenzati dalle correnti
estetiche del momento, continuano a scrivere romanzi: Camilo José Cela Mazurca
para dos muertos, Miguel Delibes 377 A Madera de héroe, Francisco Ayala
Recuerdos y olvidos, Juan Goytisolo El pajaro solitario, Juan Marsé Teniente
bravo.
Juan Goytisolo mostra il suo talento letterario adeguandosi alle novità e ai
cambiamenti intervenuti, con Makbara (1980) nel quale fa una ricerca di identità
personale e del proprio paese, aspetto quest’ultimo ampliato al mondo civilizzato
di oggi. Nel racconto Las virtudes del pájaro solitario (1988), utilizza il sostrato
poetico di San Juan de la Cruz mentre La cuarantena (1991) è un libro attuale,
ambientato durante la guerra del Golfo.
In campo femminile abbiamo alcune scrittrici come Carmen Riera
Cuestión de amor propio (1988), Teresa Marquina La verbena (1981), Esther
Tusquets Siete miradas en un mismo paisaje (1981), Para no volver (1985),
Montserrat Roig La hora violeta (1980), El canto de la juventud (1990).
Nel panorama spagnolo ed europeo degli anni ‘80-‘90 ci sono molteplici
tendenze: il romanzo fantastico, di avventura, storico, autobiografico o di
memoria, di testimonianza, di cronaca o reportage, poematico e di metafinzione.
Romanzo fantastico. Nella letteratura europea il rinascere della scrittura
fantastica avviene come reazione al romanzo sperimentale o a quello che aveva
sottomesso la scrittura ad un esercizio intellettuale. In Spagna inizia nel periodo
chiamato del “neorealismo sociale”. A questo romanzo fantastico si riferisce gran
parte dell’ultima produzione di Torrente Ballester, Crónica del rey pasmado
(1990) e Las islas extraordinarias (1991). Anche Jesús Ferrero utilizza la fantasia
nella sua opera ed elabora un mondo autonomo lontano dal presente nello spazio e
nel tempo, separato da qualsiasi ideologia e alieno al mondo dei valori etici e
morali.
20
Ibídem, pp. 129-130.
16
Tra il 1988 e il 1991 scrive: Opium, Lady Pepa, Fabulas puras, Alis el
selvaje Pekin de la ciudad prohibida, Los reinos combatientes.
Romanzo poliziesco e di avventura. Questo romanzo che si rifà alle origini
del genere può avere diversi sottogeneri. La mera avventura e l’avventura
mischiata con l’intrigo di tipo poliziesco. Il finale di questi romanzi è già stabilito
e coinvolge il lettore.
Molti sono gli scrittori che già a partire dagli anni settanta hanno notevole
successo, Vázquez Montalbán con Asesinato al Comité Central (1981), La rosa
de Alejandría (1984), El pianista (1985), El labirinto griego (1991), Eduardo
Mendoza con La ciudad de los prodigios, El laberinto de las aceitunas e El
misterio de la cripta embrujada, Juan José Millás con La visión del ahogado e
Papel mojado, Javier Marías con Travesía del horizonte, Los dominios del lobo,
Soledad Puértolas con El bandido doblemente armado.
Romanzo poematico. Questo sottogenere copre un ampio campo della
produzione narrativa attuale, le sue caratteristiche sono la soggettività, la
penetrazione psicologica, la voce lirica, l’interiorizzazione e l’espressione mitica.
Questo genere utilizza le seguenti forme: la prima persona narrativa, il monologo
interiore, il fluire delle emozioni e delle sensazioni in relazione all’essere e allo
stare nel mondo, l’utilizzo dell’universo dei simboli per plasmare aspetti ineffabili
dell’esistenza, l’accentuazione del linguaggio poetico e la sensazione del
trascorrere del tempo. I temi fondamentali sono: la morte, la vecchiaia, l’amore e
la memoria.
Julio Llamazares in La lluvia amarilla (1988), due libri di poemi, utilizza
la lentezza come elemento dell’azione distruttrice del trascorrere del tempo e la
memoria come qualità fondamentale per manifestare i suoi mondi fittizi. Si
evolvono verso questo romanzo Sánchez Espeso con Narciso, Guelzebu, La
mirada e Antonio Colinas con Larga carta a Francesca.
Romanzo di metafinzione. Lo scopo di questo romanzo è indagare sulla
relazione tra finzione e realtà. La metanovela ha una notevole influenza sul
romanzo spagnolo degli ultimi anni, è il risultato di una revisione della poetica
narrativa del realismo e del naturalismo. Gonzalo Sobejano propone come tema di
17
questo romanzo la ricerca del senso attraverso la scrittura cercando di favorire la
pratica dell’ironia e il patto ludico con il lettore. Esempi di questo romanzo sono
Gramática parda di Juan García Hortelano, La única libertad di Marina Mayoral
o i romanzi di Luis Goytisolo raccolti sotto il titolo generale di “Antagonía”.
Romanzo autobiografico e di memoria. Un io che in mezzo a
contraddizioni si affanna a cercare la verità ultima del proprio essere, il tema del
trascorrere del tempo è vincolato a quello della ricerca della propria identità
attraverso la storia. L’immaginazione si intensifica man mano ci si allontana dal
tempo in cui si vive. A questa corrente autobiografica appartengono opere come
En los reinos de taifa di Goytisolo, Recuerdos y olvidos di Ayala, Barrio de
maravillas di Chacel, Los escenarios de la memoria di Castelet, Cuando las horas
veloces di Barral.
Romanzo di testimonianza, cronaca o reportage. L’influenza del
giornalismo nella narrativa contemporanea è evidente. Una forma molto utilizzata
dai romanzieri attuali è la scrittura che si trova a metà tra finzione e reportage
un’altra è quella usata da scrittori-giornalisti che scrivono valendosi di tecniche
che derivano dalla redazione di notizie. I temi sono presi dalla realtà immediata e
dolorosa come, per esempio, il terrorismo. 21
Uno di questi è Raul Guerra Garrido con El año del wolfram, La mar es
mala mujer e Dulce objeto de amor.
Un noto critico, Santos Sanz Villanueva, in un suo articolo definisce gli
autori spagnoli, nati tra il 1939 ed il 1950, come generazione del ’68. Questo
gruppo di scrittori è apparso a partire dagli anni ’70 ed ha rotto con l’epoca
precedente, essi desiderano modernizzare il romanzo. Questi scrittori così diversi
sono però accomunati da alcune caratteristiche: sono scrittori che hanno sofferto
l’educazione restrittiva del dopoguerra, non si sentono eredi delle ideologie
21
Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., pp. 339-372.
18
paterne, la loro prima maturità letteraria coincide con l’apice dello strutturalismo
del romanzo sperimentale.22
Uno di questi è Félix de Azúa. Nella sua scrittura c’è il gioco tra realtà e
simbolismo quest’ultimo elaborato con elementi culturali e mitici come in
Historia de un idiota contada por él mismo (1981) che si avvicina alla biografia
con sequenze che vanno dall’infanzia dell’eroe fino all’evoluzione della sua
personalità.
Luis Mateo Diez nelle sue opere più rappresentative, La fuente de la edad
(1986), El sueño y la herida (1987) e Brasas de Agosto (1989) tratta i temi
dell’amore, della morte, del trascorrere del tempo.
La scrittura di Vicente Molina Foix è pregna di dati cinematografici e
forme visuali. Nel linguaggio egli mischia diversi discorsi come in La quimera
soviética (1988) mentre una scrittura semplice, ambigua, con combinazioni di
insinuazioni e simboli sono caratteristiche di José Millás. Il suo linguaggio pone
in dubbio la realtà e l’esistenza umana, secondo lui il romanzo non deve
compromettersi con la realtà e Letra muerta (1983), Papel mojado (1983), El
desorden de tu nombre (1988), La soledad era esto (1990) ne sono un esempio.
L’integrazione del particolare e dell’universale è tipico della narrativa di
Javier Tomeo come anche il potere della fantasia. Umorismo e simboli si
combinano per rivelare questo fondo allegorico della condizione umana, ne sono
un esempio eclatante Historia minimas e Bestiario (1988), Amada monstruo
(1985), El cazador de leones (1987).
Alvaro Pombo concentra il suo realismo non solo nell’intrigo ma anche
nello spessore psicologico dei personaggi, nei suoi scritti influisce molto la
tradizione barocca e gli apporti del surrealismo avanguardista. Per i suoi romanzi
El héroe de mansarda de Mansard (1983), El hijo adoptivo (1983), El metro de
platino iridiado (1990) l’autore utilizza la struttura circolare e la narrazione in
terza persona.
22
Cfr. Santos Sanz Villanueva, “El cuaderno. Manifiesto generación del ’68”, in El Urogallo,
giugno 1988, p. 64.
19
In questo panorama letterario è doveroso ricordare alcune scrittrici e le
loro opere: Marina Mayoral con Contra muerte y amor (1985), Unha árbore, un
adeus e O reloxio de torre (1988), Lourdes Ortiz che riflette sulla condizione
femminile in Los motivos de Circe (1988), Antes de la batalla (1992), Rosa
Montero con Temblor (1990) e Soledad Puértolas che con Queda la noche ottiene
il Premio Planeta nel 1989.23
In questi ultimi venti anni è apparso un gruppo di giovani scrittori nati
negli anni ’50, e rappresentano la generazione che viene dopo quella che è stata
chiamata del ’68. Tra le opere ricordiamo, La noche del tramoyista di Pedro
Zarraluki, Las sombras rojas di Francisco J. Satué, El año de gracia di Cristina
Fernández Cubas, La dama del Viento Sur di Javier García-Sánchez. Questi autori
adottano diversi tipi di scrittura non ascrivendosi a nessun genere.
Il primo annuncio dell’arrivo di questa nuova generazione di giovani autori
si ha nel 1986 con la pubblicazione di Beatus ille di Antonio Muñoz Molina.24 Le
sue opere sono un insieme di varie tendenze tra cui quella storica, fantastica,
realista, di suspense e memorialista. Tra le sue opere più importanti figurano,
Beatus ille, Beltenebros, El invierno en Lisboa, El jinete polaco di cui parlerò, più
approfonditamente, nei prossimi capitoli.
Concludendo posso affermare che nel dopoguerra si impone un romanzo di
tipo realista, ma questo realismo di tipo tradizionale diventa con il trascorrere
degli anni un realismo rinnovato che si appropria il più delle volte di temi,
tecniche e linguaggi che provengono da altre tendenze. La struttura realista si
trova sempre come parametro in tutta la narrativa ma a partire dagli anni sessanta
e successivamente nasce, come già visto, una moltitudine di tendenze.
Negli ultimi anni i giovani scrittori possono pubblicare con relativa facilità
perché non è più un privilegio di autori consacrati, c’è un cambiamento nella
relazione autore-lettore, una nuova apertura verso l’Europa e il Nord America,
23
Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., pp. 373-426.
Cfr. Alejandro Gándara, “Aires Nuevos: 1984-1985”, a cura di Francisco Rico, Historia y crítica
de la literatura española”, vol. 9, Darío Villanueva, Los nuevos nombres 1975-1990, Barcelona,
Crítica, 1992, pp. 384-385.
24
20
qualcosa si sta muovendo nella letteratura spagnola come si vede dall’ingente
quantità di opere tradotte e pubblicate in tutto il mondo. Questi autori producono
ognuno la loro opera seguendo diversi modelli e interpretando ognuno a modo
proprio il testo che stanno scrivendo. La nascita di giovani autori di indubbio
talento letterario; è dovuto alla nuova generazione di lettori in grado di
comprendere questo impulso di qualità che sostituisce gli scrittori che da tempo
occupano la scena letteraria.
21
2. Antonio Muñoz Molina
2.1. La vita
Antonio Muñoz Molina, giovane scrittore andaluso, nasce a Úbeda (Jaén)
nel sud della Spagna nel 1956. L’ambiente in cui si sviluppa la sua educazione è
quella dell’espansione economica degli anni sessanta e il momento della sua
maturità letteraria coincide con la decadenza di ciò che in Spagna fu lo
“sperimentalismo”.
L’autore vive e cresce in un paese agricolo di provincia lontano dalle
grandi città. Egli racconta che sin da bambino era solito recarsi alla biblioteca
municipale a leggere, invece di andare a giocare a pallone o ritrovarsi al bar come
facevano i suoi coetanei.
La biblioteca municipale non aveva molti libri così doveva rileggerli o
inventare delle nuove storie. Questo suo amore per la lettura ha avuto un ruolo
importante nella formazione culturale dell’autore; egli leggeva di tutto, in
particolare i romanzi di appendice (folletín), amava le illustrazioni lugubri e i
personaggi allegorici e quando si ritrovava con i suoi amici amava raccontare i
romanzi di avventura che aveva letto o ne inventava di suoi.
Con la lettura, ancora bambino, di Ventimila leghe sotto i mari di Giulio
Verne, l’autore scopre un personaggio che lo affascina, il capitano Nemo; grazie a
Verne AMM può viaggiare e scoprire nuovi mondi, uscire dal mondo reale e
proiettarsi in quello immaginario della fantasia.
All’età di tredici o quattordici anni AMM legge gli articoli scritti da Julio
Camba e rimane impressionato dal libro La ciudad automática (1932).
Scrive in La realidad de la ficción a proposito di Camba “a mí me gusta
mucho, y del que he aprendido a escribir artículos”.25
Arrivata l’età del servizio militare è inviato prima a Vitoria poi a San
Sebastián, ed è da questa esperienza personale che nascerà il romanzo Ardor
Guerrero (1995).
25
Antonio Muñoz Molina, La realidad de la ficción, Sevilla, Renacimiento, 1993, p. 57.
22
In seguito, egli decide di cimentarsi con poesie sullo stile di Bécquer,
Neruda e García Lorca, ma comprende che non è ciò che gli permette di esprimere
al meglio le sue idee, così si dedica al romanzo.
Molti dei suoi romanzi più interessanti e di maggior qualità letteraria
hanno preso spunto da storie di vita vissuta raccontategli dai suoi nonni durante
l’infanzia. Questi racconti lo aiutano ad osservare con sguardo attento la realtà
circostante e a riprodurla nei suoi scritti.26 Lo scopo principale dell’autore è “saber
contar”.
Quando si reca a Madrid per studiare giornalismo viene a contatto con una
nuova realtà, a lui sconosciuta, quella cittadina. Purtroppo, non riesce a terminare
gli studi così torna a Granada dove, nel 1974, si laurea in Storia dell’arte. In
questa città lavora nell’amministrazione comunale ma ciò non lo soddisfa e si
consola osservando la vita e le persone che lo circondano.
A circa ventisei anni legge per la prima volta le prose di Baudelaire,
Spleen de Paris, e decide che quella scrittura, capace di raccontare la vita
quotidiana, sarà la sua vocazione.
Dal 1982 al 1983 collabora con il giornale Diario de Granada e,
successivamente, questi articoli saranno raccolti in un libro intitolato El Robinson
urbano. Dal 1983 al 1984 collabora con altri giornali, Ideal di Granada e Las
nuevas letras, e anche questi articoli saranno pubblicati in un libro intitolato
Diario del Nautilus.
Con il suo primo libro Beatus ille (1986) AMM ottiene un notevole
successo ed apre il cammino ad una nuova generazione, quella degli anni ottanta.
Dal 1987 al 1989 scrive per il giornale ABC e si dedica alla scrittura di
racconti che saranno pubblicati in una raccolta intitolata Nada del otro mundo.
Nel 1987 va a Lisbona su consiglio di un amico dove termina un’altra opera El
invierno en Lisboa.
Nel 1988 collabora con Diario 16, e l’anno successivo, 1989, è pubblicato
un altro romanzo Beltenebros.
26
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, La voz narrativa de Antonio Muñoz Molina, Barcelona,
Octaedro, 1996, pp. 17-18.
23
Negli anni novanta l’autore continua a scrivere romanzi, racconti e articoli
di giornale, inoltre tiene conferenze che diventano il mezzo attraverso cui
comunicare le sue idee sul mondo della letteratura e della cultura ai suoi lettori.
Nel 1990 si reca a Madrid per tenere una serie di conferenze all’Università
Complutense e l’anno seguente ne tiene delle altre alla Fondazione Juan March.
Nel 1991 ottiene il premio Planeta per il romanzo El jinete polaco, lo
stesso anno la casa editrice Planeta gli commissiona un ritratto di Córdoba per la
collezione “Ciudades en la historia” che prenderà il titolo di Córdoba de los
Omeyas.
Nel 1992 inizia la collaborazione con il quotidiano El País, e nel 1994
parte per gli Stati Uniti dove gli viene offerto un lavoro come docente
universitario presso l’Università della Virginia, ma lo stesso anno ritorna a Madrid
dove attualmente risiede con la sua compagna, la scrittrice Elvira Lindo.
Egli ama affermare che spesso si sente come Balzac, un giovane uomo dal
cuore puro arrivato dalla provincia che sogna di trovare nella capitale un luogo
dove poter abbandonare le sue vecchie abitudini. Il suo sogno è sempre stato
vivere in una città cosmopolita dove si incontrano diverse culture e dove poter
fare diverse esperienze che il piccolo paese non offre. Nel 1994 viene pubblicato
un altro romanzo El dueño del secreto.
Attualmente scrive per i giornali, in particolare collabora con El País
semanal. Egli ama fare giornalismo perché, è un’attività legata alla letteratura,
insegnare all’università, tenere conferenze e continuare a scrivere opere.
Il suo ultimo romanzo pubblicato si intitola Plenilunio (1997).
24
2.2. Le opere
A partire dal 1982 inizia a pubblicare degli articoli per periodici locali
come Diario de Granada e Olvidos de Granada.
Dal maggio 1982 al giugno 1983, pubblica una serie di articoli sul
quotidiano Diario de Granada, e a proposito di questi sostiene che:
“en el artículo [io] comprimo todos los elementos de una novela, lo único que
cambia es el espacio, un artículo es también una manera de sumergirse en otro
tiempo distinto al de la ficción: mientras que la ficciones exigen reposo y
continuidad, el artículo obedece a eso que, en el expresionismo abstracto
americano, se llama identidad entre la idea y el acto. Cuando tardas horas en
redactar cincuenta líneas, seguramente te estás equivocando. El artículo se hace
en caliente y sin excesiva preparación: en eso consiste su magia”.
Questi articoli sono ripresi in un volume intitolato El Robinson urbano,27
ma non sono tutti quelli pubblicati nel quotidiano granadino; l’autore ha voluto
sopprimerne una parte degli originali, quella giornalistica, per adeguarsi alle
norme di un volume unitario. Il testo include anche “Todos los fuegos, el fuego”,
pubblicato in un’altra rivista Olvidos de Granada. Ognuno di questi lavori
costituisce un insieme di erudizione, dove mischia la sua bravura e sensibilità con
citazioni di vari autori letti.
El Robinson urbano è molto importante per l’autore perché è il primo libro
che scrive: la prima edizione del 1984 fu pagata da lui. Durante una conferenza
tenuta a Granada, un suo amico regala una copia del testo a Pere Gimferrer,
direttore letterario della casa editrice Seix Barral, presente in sala. In seguito, dopo
aver letto il libro, l’editore chiede ad AMM di poterlo pubblicare. Dopo la
pubblicazione del Robinson Urbano segue quella di Beatus ille e con essa il
successo.28
Nel primo articolo “Escuela de Robinsons” AMM afferma che la miglior
letteratura moderna l’hanno scritta alcuni robinsons urbani come Thomas de
Quincey, Edgar Allan Poe o Charles Baudelaire, tutti loro considerati degli
27
Antonio Muñoz Molina, El Robinson urbano, Barcelona, Seix Barral, 1993.
Cfr. Elizabeth Scarlett, “Conversación con Antonio Muñoz Molina”, in España Contemporánea,
Vol. VII, num. 1, primavera 1994, p. 70.
28
25
autentici “fiori del male” dalla società, dei robinsons solitari che percorrono la
città senza andare da nessuna parte.
La solitudine e la ribellione, anche se passive nella maggior parte dei casi,
sono caratteristiche degli eroi e antieroi dei romanzi e racconti di AMM. In questo
senso, il personaggio che dà il titolo al libro rappresenta sufficientemente questo
modo di vedere la vita, dalla solitudine dello scrittore e da quella esistenziale
dell’uomo moderno.
Non si tratta di un Robinson qualsiasi bensì di un Robinson urbano, perso
nel labirinto della città “Granada” che l’autore identifica con Alessandria, perché
entrambe sono avvolte da un alone mitico.
Alla lettura di quest’opera ci troviamo di fronte ad un autore che si è
convertito in un Robinson che passeggia in uno spazio concreto chiamato Granada
(Bibarrambla, Plaza Nueva, Camino de Ronda, Paseo de los Tristes, el Albaicín,
la Alhambra), anche se trasforma tutto in un mondo letterario proprio e personale.
Questa descrizione che fa di Granada si può paragonare a quella della città
di Úbeda-Mágina che ritroveremo spesso nei suoi romanzi.29 La differenza è che
AMM riesce a mantenere le distanze che gli permetteranno di parlare di Granada
con un’oggettività che gli sarà difficile parlando del suo paese.
Nel libro ci sono tre personaggi: l’autore in prima persona, il suo amico e
alter ego Robinson e il maestro Apolodoro, un enigmatico ebreo sefardita,
inventore, cabalista e teologo. Apolodoro sta scrivendo un’enciclopedia della
desolazione che rappresenta il super ego dell’autore.
Andrés Soria Olmedo afferma che questo libro è:
“puesto bajo la advocación de una tradición moderna, la de los Tableaux
parisiens de Baudelaire, y de otra más antigua, la de los viajeros a Granada (…)
el librito tiene la originalidad de tratar a Granada como una ciudad viva, una
ciudad que ofrece al paseante, junto a los monumentos y lugares famosos otras
geografías, la de los ciegos, mendigos, borrachos y locos (…)”.30
Nel Robinson c’è il sovrapporsi di miti dell’antichità classica con quelli
della musica moderna: Lou Reed, David Bowie, Bob Dylan, Jim Morrison.
29
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 19-20.
Andrés Soria Olmedo, “Fervor y sabiduría: la obra narrativa de Antonio Muñoz Molina”, in
Cuadernos Hispanoamericanos, 1988, 458, p. 108.
30
26
Molti sono i nomi riferiti al mondo dell’arte, che lo scrittore cita per
esprimere la sua visione dell’esistenza e dell’estetica: registi (Fellini e Buñel),
pittori (Goya, Velázquez e Zuloaga), poeti (Javier Egea, Rafael Juárez e Antonio
Carvajal), artisti granadini, il pittore Justo Vida. Per AMM sono tutti Robinsons
dell’arte e della letteratura.
Sostiene Negres Cuevas a proposito del personaggio Robinson:
“El autor se ha inventado este personaje para poner en su boca críticas éticoestéticas a la realidad, pero un cierto día el personaje se rebela a su creador,
rechazando la identidad que el escritor le ha asignado y decidiendo huir a otra
ciudad donde puede vivir sin ninguna identidad, en la completa indiferencia de
los demás”.31
Nel capitolo “Viajero en la honda noche” l’autore identifica il personaggio
Robinson con il capitano Nemo, mentre in “Largo adíos que no se acaba”
Robinson si ribella, si confronta con l’autore lasciandogli una lettera, una bottiglia
e una macchina da scrivere (questi oggetti appaiono sovente nei suoi romanzi).
Nella lettera il protagonista rinfaccia all’autore di averlo inventato e ubicato in un
luogo come Granada.32
Durante gli anni del Robinson urbano AMM aveva già scritto alcuni
racconti tra cui va ricordato “Te golpearé sin cólera” scritto per un catalogo di
un’esposizione del pittore e amico Juan Vida nel 1983 e che sarà pubblicato nel
1988 nel volume Las otras vidas.
L’autore, partendo dalla contemplazione di alcuni quadri carichi di una
forte dose di sensualità, inventa una storia a sfondo poliziesco e fantastico, ricca
di mistero e di avventura. I personaggi sono enigmatici, ironici e trascendenti. Il
protagonista che racconta la storia in prima persona, è un detective che deve
individuare colui (Jota Uve) che ha firmato dei quadri osceni e deve scoprire se si
tratta di una cospirazione per destabilizzare la società. Il protagonista è
impassibile, ama bere whisky, fumare dei sigari sdraiato sul letto, stare senza far
niente, aspettando. In questo atteggiamento il personaggio assomiglia ad una
31
A. Negres Cuevas, recensione a: “Antonio Muñoz Molina. El Robinson urbano”, in Rassegna
Iberistica, 37, maggio 1990, p. 51.
32
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 23.
27
figura molto amata da AMM, l’ispettore Maigret protagonista dei romanzi di
George Simenon.
In questo racconto appaiono molti scrittori “maledetti” (Faulkner,
Chandler, Verlaine, Scott Fitzgerald) e l’autore li riunisce al “Hell’s bar” un
inferno di alcol e di degenerazione.
Le allusioni dell’autore al mondo del cinema, alla mitologia classica, alla
musica inglese ricorrono spesso nei suoi romanzi.
In “El hombre sombra” il protagonista, Santiago Pardo, è un debole che
vuole sfuggire alla propria vita e immagina di essere il protagonista di un film di
intrigo. La storia si sviluppa tra realtà e sogno.
Santiago casualmente, durante una conversazione telefonica, conosce
Nelida (allegoria di ideale), lei gli dà appuntamento in un luogo della città
credendolo Mario, l’uomo che ama. L’uomo arriva all’appuntamento ma la donna
non è quella dei suoi sogni. La realtà non conferma né deforma le sue attese, lui le
chiede di accendere una sigaretta e poi se ne va. Arrivato a casa stacca il telefono
troncando l’unica possibilità che aveva di cambiare vita.
Un altro libro che raccoglie gli articoli scritti dal settembre 1983 al giugno
1984 nel periodico Ideal di Granada e nella rivista Las nuevas letras si intitola
Diario del Nautilus.33
La metafora di partenza di questo “diario apócrifo” è la solitudine del
capitano Nemo nel Nautilus, luogo in cui si rifugia per sfuggire dalla crudele
realtà (“Play it again, Julio”) e converte il personaggio di Verne non solo nel
simbolo della solitudine ma nella rappresentazione dello scrittore e lettore
solitario.
Nella “Dedicatoria” spiega che concepisce la letteratura come gioco ma in
realtà egli possiede l’abilità di convertire l’aneddoto in categoria, di dargli senso e
trascendenza, di commuoverci con qualcosa che in origine è solo un’informazione
curiosa. L’autore, come Flaubert, vuole scrivere “un libro en el que no sucedieran
más que las palabras”.
33
Antonio Muñoz Molina, Diario del Nautilus, Madrid, Mondadori España, 1989.
28
Abbiamo una lista degli scrittori della sua adolescenza (Cervantes, Poe,
Verne, Proust, Borges, Quevedo, Cernuda, Rimbaud, Onetti), articoli che dedica a
Soto de Rojas, dei riferimenti a filosofi (Socrate, Eraclito, Aristotele, Marx), a
pittori (Miró, Goya, Picasso, Cezanne, Tiziano, Raffaello).
Con questi molteplici esempi, AMM vuole offrirci la sua visione della
realtà, della fantasia, della vita e della letteratura.
Tutto ciò che lo circonda provoca in lui curiosità: i nomi, i cartelloni
pubblicitari, il suo ombrello, tutti questi oggetti gli servono per commentare
avvenimenti e situazioni. I temi ricorrenti nel testo sono: l’amore e la morte uniti
alla vita e all’opera di scrittori ai quali dedica interi capitoli come “Desolación de
una quimera” nella quale affronta la personalità di Luis Cernuda. Per AMM esiste
una somiglianza tra fantasia e realtà nei libri, ma è quest’ultima che lo
impressiona maggiormente.
Leggere un libro antico non è decifrare una serie di parole allineate, ma
secondo AMM è pensare alle molte mani che lo toccarono prima di noi, questa
presenza di volumi che nessuno ha aperto per molti anni ma che contengono le
parole di un uomo, la vita di chi li scrisse e del lettore che è sprofondato in loro
come in uno specchio della propia coscienza
AMM continua, nel frattempo, a lavorare per il comune di Granada e
confessa la necessità di un’altra vita e l’esplorazione di altri mondi. La letteratura
è la chiave per fuggire verso un’altra realtà e verso il cosmopolitismo che tanto
desidera.
Gli articoli di Diario del Nautilus sono stati raccolti e pubblicati solo dopo
il grande successo ottenuto dall’autore con il suo primo romanzo, altrimenti
sarebbero rimasti inediti.34
Il primo romanzo, Beatus ille,35 si divide in tre parti delle quali la prima si
differenzia dalle altre perché la narrazione è più descrittiva.
Nella Madrid del 1969 vive Minaya, uno studente frustrato che lotta contro
il regime. Uscito di recente dal carcere, incontra un vecchio compagno di studi
34
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 26-30.
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, Barcelona, Seix Barral, 1986.
35
29
che gli parla dell’opera letteraria di Jacinto Solana, un fittizio autore dimenticato
della generazione del 27, scrittore repubblicano condannato all’oblio e della sua
intenzione di basare la propria tesi su questo personaggio. Minaya ricorda che
Solana era amico di suo zio Manuel che continua a vivere a Mágina. Da qui l’idea
di fuggire da Madrid e di rifugiarsi nel tranquillo paese di provincia e di far visita
allo zio con il proposito di investigare sulla vita di Jacinto Solana. Sono tre i
motivi che uniscono il personaggio principale, Minaya, con l’autore e il suo
pubblico: primo, Minaya ha vissuto in modo più immediato i tempi duri della
resistenza studentesca contro il regime e come conseguenza ha una migliore
conoscenza dell’ambiente della sinistra tanto combattente come fanatica e ingenua
per la quale ogni vittima della Guerra Civile si è convertita in un mito; in secondo
luogo, l’autore libera il protagonista dall’attualità politica per avvicinarlo
all’esperienza del passato; in terzo luogo, dà il motivo per l’inizio dello sviluppo
conflittuale tra vita e pensiero e tra realtà e finzione, perché il progetto di Minaya
è basato su una bugia.
Il fatto di passare dall’azione politica all’investigazione astratta della storia
(psicologicamente un ritorno all’infanzia) termina, contro la volontà del
protagonista, in un apprendimento doloroso e pieno di sorprese come quando il
protagonista scopre, studiando i poemi di Solana, della relazione amorosa
intercorsa tra la moglie dello zio Manuel, Mariana, e lo scrittore stesso e che la
morte della donna non è stata accidentale bensì è stata assassinata.36
Il secondo romanzo scritto dall’autore si intitola El Invierno en Lisboa37
(premio della critica 1988 e premio nazionale di narrativa). Quest’opera si
inserisce nel filone del romanzo poliziesco, genere relativamente nuovo in
Spagna. Il libro è popolato di impliciti ed espliciti riferimenti a produzioni
cinematografiche americane il cui fascino cattura le menti delle nuove
generazioni. L’elemento che domina il romanzo è il cinema nero, “Casablanca” è
36
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 33-37.
Antonio Muñoz Molina, El invierno en Lisboa, Barcelona, Seix Barral, 1987.
37
30
evocato diverse volte dagli stessi protagonisti e il narratore afferma che “un
recuerdo no pertenece a su vida, sino a una película”.38
Un pittore amico di AMM, Juan Vida, dopo un viaggio a Lisbona gli parla
della città, l’autore ne rimane affascinato, si mette in viaggio per la capitale
portoghese quando già ha scritto metà della sua opera e ci va perché solo lì può
trovare lo stimolo necessario per terminarla. Una sera di gennaio AMM parte
dalla stazione di Madrid portando con sé solo un quaderno per appunti, una
macchina fotografica e una borsa da viaggio.
In El invierno en Lisboa la cronologia non è lineare, la storia inizia quando
il narratore incontra Biralbo dopo due anni che non lo vedeva e a partire da questo
momento entrambi ricordano gli avvenimenti passati. I due rammentano degli
avvenimenti accaduti tre anni prima a San Sebastián. Questo incontro casuale in
un bar di Madrid, il “Metropolitano”, è il punto di partenza della storia che si
svolge in quattro città, San Sebastián, Lisbona, Madrid e Berlino, nelle quali si
gioca il destino del pianista di jazz, Biralbo, e di una donna, Lucrezia. La storia
sembra il semplice ricordo malinconico dell’amore di un musicista per una donna
sposata ma alla fine si rivela essere un romanzo poliziesco.
Il pianista, Santiago Biralbo, incontra per caso in un club notturno di San
Sebastián. Lucrezia, la moglie di un trafficante di quadri chiamato Bruce Malcom.
Nella sua attività Malcom è socio di un tipo losco, Toussaints Morton, sempre
affincato dalla sua segretaria, Dafne. L’attrazione tra Biralbo e Lucrezia, la
gelosia di Malcom, la sottrazione di un quadro di Cezanne da parte di Lucrezia,
l’inseguimento dei due protagonisti la cui relazione risulta problematica perché
basata sulle fughe e gli incontri, l’omicidio di un uomo ad opera di Toussaints
sono gli ingredienti principali che fanno di questo romanzo un capolavoro del
genere poliziesco. Malcom, Toussaints Morton e la sua inseparabile segretaria,
inseguono Lucrezia per il mondo e anche il pianista si trova, a sua insaputa,
coinvolto nella vicenda.
Il finale è ricco di suspense, Biralbo e Malcom si incontrano su un treno e
dopo una furibonda lotta quest’ultimo muore finendo sotto le ruote del treno39.
38
Ibídem, p. 21.
31
Quando il narratore incontra Biralbo a Madrid nota in lui una felicità che
gli deriva dall’aver scoperto che gli istanti non sono in relazione, che vanno presi
uno ad uno. A Lisbona Biralbo aveva percepito “por primera vez en su vida la
absoluta insularidad de sus actos; se iba volviendo tan ajeno a su propio pasado y
a su porvenir como a los objetos que lo rodeaban de noche en la habitación del
hotel”.40
In El invierno en Lisboa il narratore, del quale non sappiamo nulla e che si
presenta a noi lettori come un personaggio senza storia, ma con una carica di
malinconica tristezza che resta sciolta lungo il romanzo tra musica e alcol, va
riorganizzando nella sua memoria le parole scambiate con Biralbo nell’hotel della
Gran Vía di Madrid e, da questa storia disordinata e anacronistica, il lettore deve
strutturare una narrazione.41
Il romanzo offre al lettore la possibilità di un trivial pursuit culturale. Ci
sono riferimenti alla musica molto importante nel romanzo, l’autore fa un
implicito omaggio a Proust chiamando il trombettista alcolizzato con cui suona
Biralbo, Billy Swann, un’altra allusione indiretta è l’Ulisse di Joyce nel nome di
un altro personaggio, Floro Bloom, proprietario del club notturno “Lady bird” a
San Sebastián dove Biralbo e gli altri suonano. Dopo aver passato una notte di
amore con Lucrezia egli gode dell’assenza del passato ma questa assenza è
momentanea o illusoria. Alla fine non si ristabilisce l’ordine, non si castiga il
criminale e non si ritorna alla situazione iniziale.42
Il libro non ha un finale ben definito, le storie sono troncate dall’autore e al
lettore non resta che immaginare un'ipotetica conclusione. Il libro appare come
una storia di amore, jazz e suspense è una desolata parabola sul desiderio.
Desiderio non solo erotico, carnale, ma come aspirazione di essere e di accedere
ad un’altra realtà assoluta nella quale i personaggi protagonisti stabiliscono i
39
Cfr. Carlos Mellizo, “Antonio Muñoz Molina, El invierno en Lisboa”, in España
Contemporánea, II, num. 3, inverno 1989, pp. 142-144.
40
Ibídem, p. 123.
41
Cfr. Antonio Pérez Lasheras, “Tiempo real/tiempo narrativo en El invierno en Lisboa de Antonio
Muñoz Molina”, a cura di Martínez Latre, María Pilar, Actas del congreso en homaje a Rosa
Chacel, Logroño, Universidad de la Rioja, 1994, p. 227.
32
fondamenti della loro identità cercando di svelare ciò che è, la materia di cui sono
fatti e la perdita e la rinuncia alle quali il tempo e la realtà li sottomettono.43
Per concludere cito alcune parole significative dell’autore che commenta
così la scelta degli ingredienti che compongono il suo romanzo:
“La novela negra –término que detesto-, el cine y el jazz son modas culturales,
gestos cifrados. La novela policíaca, porque me parece eso que Pavese llamaba
una imagen-relato, es decir, una forma narrativa que es en sí misma una metáfora:
la del conocimiento y la muerte (…). El jazz porque es la música de mi corazón,
y porque sólo entre los jazzmen se encuentran artistas dignos de los artistas
malditos del XIX”.44
Dall’ottobre 1987 al maggio del 1989 AMM collabora al supplemento
“Sábado cultural” del quotidiano ABC.
I suoi articoli sono pubblicati alla pagina 16 nella sezione intitolata “La
última palabra”. In questa pagina i giovani scrittori parlano di diversi argomenti
sempre attinenti la letteratura. Questi articoli sono scritti in modo fluido e audace
e mostrano la sensibilità dell’autore di fronte alla creazione letteraria.
Nei suoi scritti egli tratta di molteplici aspetti dell’arte come la pittura, il
cinema, la letteratura e mette in relazione tutte le arti con quest’ultima. Questi
articoli scritti con un’evidente intenzione letteraria costituiscono un manuale di
erudizione perché in essi è presente un’ampia cultura letteraria e artistica e la sua
sensibilità di fronte al mondo della creazione va al di là del semplice esercizio
retorico.
L’importante, per lui, non è la descrizione dettagliata delle cose (come
facevano i realisti), ma lo sguardo al passato e al presente, a ciò che abbiamo visto
e che abbiamo sognato, a ciò che abbiamo letto o ci hanno raccontato.45
A metà degli anni ottanta il racconto è poco diffuso in Spagna per la
mancanza di riviste dove poter pubblicare e di conseguenza non c’è domanda da
parte dei lettori come al contrario avviene in Sudamerica. Per questo motivo
42
Cfr. Randolph Pope, “Postmodernismo en España: El caso de Antonio Muñoz Molina”, in
España Contemporánea, II, 1992, pp. 111-119.
43
Cfr. Sabas Martín, art. cit., p. 156.
44
Cit. Adolfo García Ortega, “Antonio Muñoz Molina, La medicina Flaubert”, in Leer, 11,
gennaio-febbraio 1988, p. 72.
45
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 45-46.
33
AMM afferma che in Spagna si deve cercare un rinnovamento a partire da autori
come Onetti, Borges, Rulfo.
Solo alla fine degli anni ottanta c’è la rinascita del racconto grazie ad
autori come Marías, Mayoral, Tomeo che decidono di coltivare il genere anche se
ciò non ha lo stesso impatto commerciale che ha il romanzo.
Tra l’estate del 1987 e la primavera del 1988 l’autore scrive “Las otras
vidas” che sarà pubblicata in Cuadernos Hispanoamericanos, “El cuarto del
fantasma” che doveva apparire su El Globo ma rimane inedito e “La colina de los
sacrificios” pensato per una collezione intitolata Textos tímidos della casa editrice
Almarabú, ma pubblicato su El País.
I tre racconti appaiono, più tardi, nel libro intitolato Las otras vidas46
insieme a “Te golpearé sin cólera”, citato precedentemente.
Il racconto “Las otras vidas” ha un titolo significativo perché evoca
l’interesse di AMM per le vite diverse come quella di un giovane di provincia
immerso nella sua cupa quotidianità. Egli desidera immergersi in un mondo
lontano dove la vita e la letteratura si confondono.
La storia si svolge a Marrakesh nell’hotel Savoy e nella città anche se a
volte si allude a viaggi in altri paesi del nord Africa. In questa città alloggia una
spedizione composta da persone, di diversa nazionalità, finanziati da una casa
giapponese che produce pianoforti. I personaggi sono tutti titolari di sale da
concerto in Sudamerica ed Europa. Il narratore-protagonista, di cui non si sa il
nome, è accompagnato dalla moglie che non si stanca mai di ricordargli che
guadagna poco, è un imbecille e un fallito. Questo personaggio desidera cambiare
la propia vita, ma tutte le volte che tenta avvengono dei contrattempi. Il
protagonista invidia Armando Cadafells, un personaggio che è la sua antitesi,
capace di rifiutare le interessanti visite turistiche che la guida, il signor Urara, gli
impone. C’è anche il contrasto fra il narratore-protagonista e un personaggio,
Milton Oliveira, un pianista anarchico iperbole dell’artista eccentrico.
L’alcol, la droga, un’uscita notturna per la città con Cadafells e la sua
amica, un locale con molta gente e tanto fumo, proiettano il protagonista in un
34
ambiente a lui sconosciuto, irreale dove per un momento egli dimentica la realtà
quotidiana.
In questo racconto, ricco di ironia e di umorismo, AMM si prende gioco di
certe manifestazioni della stupidità umana come la vanità, l’invidia, l’ipocrisia, la
grossolanità che solitamente accomunano i semplici turisti.47
In “El cuarto del fantasma”, racconto che sarà incluso in Últimos
narradores (Antología de la reciente narrativa española),48 appaiono personaggi
che troveremo in altre sue storie, persone realmente esistite alle quali l’autore
cambia nome.
Lorencito Quesada, corrispondente locale di Singladura, il giornale della
provincia, lo incontreremo anche in El jinete polaco e come protagonista assoluto
di Los misterios de Madrid e di Un alma de Dios.
La storia si svolge a Mágina-Úbeda, nel caffè Royal, dove si svolge la
tertulia culturale alla quale partecipa il narratore che racconta i fatti usando la
prima persona del plurale. Durante questa riunione nasce una discussione tra i
difensori della fede e quelli della scienza, tra credulità e incredulità. Un
personaggio, Don Palmiro, placherà la controversia e per calmare gli animi
racconterà una storia di fantasmi che gli è successa a venti anni in un villaggio
sperduto delle Ande. L’autore vuole parodiare, con umore e ironia, il genere
fantastico e fare la caricatura dei personaggi di provincia.
“La colina de los sacrificios” nasce da una notizia reale, del 1983, sulla
quale AMM scrive un articolo. I personaggi sono un ispettore di polizia che
svolge il suo lavoro interrogando i sospettati e un assassino che ha ucciso la
propria moglie, quindici anni prima, dividendole il cranio in due parti uguali.
AMM come in altri racconti ci pone un enigma, utilizza la simmetria tra presente
e passato e termina con un sorprendente finale.
Questi tre racconti appaiono più tardi in Nada del otro mundo, di cui
parlerò in seguito, che contiene due narrazioni scritte anch’esse nella decade degli
46
Antonio Muñoz Molina, Las otras vidas, Madrid, Mondadori España, 1988.
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 55-56.
48
AA.VV., Últimos narradores (Antología de la reciente narrativa española), Pamplona, Hierbola,
1993, pp. 169-178.
47
35
anni ottanta: “Un amor imposible” e “Si tú me dices ven”, pubblicate in Relatos
eróticos49 e Cuentos de terror, 50 della collezione “El espejo de tinta”.
Il primo racconto, “Un amor imposible”, è la storia raccontata in prima
persona dal protagonista dei suoi sentimenti per una donna che ama e desidera.
Egli intrattiene una relazione sessuale con una donna senza che lei lo ami, l’uomo
vorrebbe lasciarla ma non ci riesce perché il suo è un amore morboso, è una
persona sentimentalmente frustrata. E’ un racconto descrittivo e minuzioso, con
un finale a sorpresa.
Il secondo, “Si tú me dices ven”, è la storia di Guzmán che affitta un
appartamento nel quale vive solo nella speranza di dividerlo un giorno con
Susana, una donna che vuole lasciare il marito per andare a vivere con lui.
L’autore gioca con i sentimenti del lettore utilizzando la suspense, il mistero: in
questo testo la realtà e la fantasia si mescolano.51
Il terzo romanzo di AMM Beltenebros inizia con queste parole: “Vine a
Madrid para matar a un hombre a quien no había visto nunca”.52 Sin dalle prime
parole l’autore vuole trasmettere al lettore un senso di tensione ed è per questo
motivo che i suoi personaggi sono avvolti dal mistero.
L’ambientazione di questo romanzo si avvicina a quella di El invierno en
Lisboa, il tema politico con l’influenza del romanzo giallo e del cinema nero
americano degli anni ’40 caratterizzano l’opera.
La storia principale è quella di un doppio tradimento e si riferisce a due
avvenimenti paralleli separati da parecchi anni.
Il protagonista è il capitano Darman, che racconta la sua storia. E’ un
personaggio solitario, come molti, che vive segregato nel sud dell’Inghilterra dove
possiede un negozio di antiquariato che gli serve da copertura. In realtà Darman è
un agente segreto appartenente ad un’organizzazione clandestina che opera in
Spagna.
49
AA.VV., Relatos eróticos, Barcelona, Grijalbo, 1988, pp. 117-125.
AA.VV., Cuentos de terror, Barcelona, Grijalbo, 1989, pp. 141-155.
51
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 58-59.
52
Beltenebros, Barcelona, Seix Barral, 1989, p. 7.
50
36
Egli è stato incaricato di uccidere a Madrid un uomo, che si chiama
Andrade, un presunto traditore dell’organizzazione.
In questa, come in molte altre sue opere, AMM utilizza il genere
poliziesco a sfondo politico perché gli serve per mantenere la suspense e la
tensione.
Darman è un personaggio introspettivo che medita continuamente e
commenta le sue più intime sensazioni, a volte con un’intensità magistrale:
“Tenía el hábito de calcular las vidas posibles que iban quedando al margen de
cada uno de los actos que no llegaba a culminar. Yo mismo me multiplicaba
invisiblemente en otros hombres: el que habría subido esa noche al avión de
regreso a Milán, el que pudo eludir sin esfuerzo la persecución de Luque, el que
viajaba a Madrid, el que no había salido de Inglaterra. En torno a mí se movían
las sombras de un porvenir que se volvió pasado sin existir nunca”.53
Egli mostra, in apparenza, una freddezza da vero assassino ma è solo un
modo per nascondere il suo senso di colpa e l’angoscia che da sempre lo
accompagna.
Un altro personaggio, Rebeca Osorio, che lavora nel locale la “boîte Tabú”
come cantante, assomiglia molto ad una donna che Darman ha conosciuto anni
prima. Più avanti si scoprirà che Rebeca è la figlia della donna conosciuta da
Darman molto tempo prima e che ha lo stesso nome. Il nome della ragazza
riporterà alla memoria di Darman avvenimenti del passato, un’esperienza
parallela, un altro viaggio a Madrid compiuto anni prima durante la guerra
mondiale, con il compito di eliminare un altro traditore, Walter. Quella volta
Darman ha portato a termine la missione. Darman passa dai suoi ricordi del caso
Walter agli avvenimenti della nuova operazione. Ora non è Darman, convinto
dell’innocenza di Andrade, il presunto traditore, ma l’attivista Luque che lo
uccide. Darman vuole scoprire la verità e smascherare l’uomo che ha maneggiato
tutti i fili nell’oscurità. Dal quattordicesimo al diciottesimo capitolo, nel quale si
conclude il romanzo, il narratore-protagonista in prima persona della storia svela
chi è il vero traditore, il personaggio che per tutta l’opera ha assunto il nome di
53
Antonio Muñoz Molina, Beltenebros, p. 41.
37
“Beltenebros”. Sotto questo nome si cela il misterioso commissario Ugarte che si
scoprirà essere un vecchio attivista di nome Valdivia.
In questo romanzo c’è l’influenza di grandi scrittori come Borges, Proust,
Vargas Llosa e Faulkner il racconto è di una minuziosità incredibile, l’autore
utilizza la forma comparativa como, e a partire da un semplice aneddoto
poliziesco o politico l’autore costruisce la storia. Il lettore durante la lettura
diventa un investigatore.
Beltenebros coincide con Beatus ille per la costruzione di due storie
parallele, per il tema politico della guerra civile ma, soprattutto, per la presenza di
un personaggio, l’attivista Luque, che ha lo stesso nome dello studente che, in
Beatus ille, rivela al protagonista Minaya l’esistenza di Jacinto Solana. Questo
espediente, ovvero l’utilizzo dello stesso personaggio nelle diverse opere era
utilizzato da grandi scrittori come Balzac e Galdós per dare continuità alle loro
opere. Un’altra coincidenza è il tema amoroso che si concentra su tre donne
misteriose e inaccessibili, Mariana in Beatus ille, Lucrecia in El invierno en
Lisboa e Rebeca Osorio in Beltenebros.54
In un libro, La cueva de Montesinos, AMM raccoglie gli articoli scritti
nelle ultime pagine di ABC Literario. Alcuni di questi articoli, scritti nel 1988-89,
chiariscono le idee generali dell’autore sul romanzo.
Nel primo articolo intitolato “Un lugar donde vivir” afferma che, dopo
aver letto un romanzo di George Simenon durante una passeggiata lungo la Senna
a Parigi, è arrivato alla conclusione che un romanzo non è altro che un luogo dove
vivere, una casa, uno sguardo. Lo scrittore dice di sperare che le parole che scrive
arrivino alle persone “lunatiche” che le attendono con trepidazione e a quelle alle
quali non interessa nulla e alle quali non succede mai niente. In questo articolo
AMM ci spiega la sofferenza di un autore che, ha dovuto vivere in un piccolo
paese di provincia pur desiderando essere un cittadino del mondo senza patria e
senza destino, tema questo che affronterà in El jinete polaco.
In “El verano de Proust”, dichiara che la stagione più propizia per leggere
romanzi è l’estate perché è durante questa stagione che, confessa AMM, ha
38
scoperto autori come Verne, Poe, Stevenson, Papini, e più tardi Chandler,
Stendhal e Borges. Da Mágina assiste alle grandi meraviglie del mondo leggendo
di grandi feste, di avventure. In questo articolo ci parla anche della sua
ammirazione per Marcel Proust, che secondo lui ha scritto uno dei romanzi più
affascinanti della letteratura.
In “El pasado se mueve” enumera una quantità di casi nei quali è
manifestato un interesse per il passato come gli scavi archeologici, esposizioni e
aste di oggetti antichi, scoperte che dimostrano la falsità di certi personaggi
storici, tutti avvenimenti in cui si resuscitano aspetti della vita passata..
In molte occasioni AMM ha manifestato il suo interesse per personaggi
con cui si identifica, che fumano sdraiati sul letto, che fanno le cose lentamente,
con indolenza, uno di questi personaggi è l’ispettore Maigret di cui parla
ampiamente nel suo articolo “Lectura y adicción”.
AMM non legge i romanzi gialli per scoprire qualcosa che ignora, ma per
assistere a quello che già sa, per confermare che l’eroe parla, reagisce come
sempre, seguendo le sue abitudini. Leggere alcuni scrittori come Rulfo, Onetti,
Simenon, è viaggiare in paesi con una geografia e una luce che solo essi hanno e
nessun altro posto al mondo. Questi personaggi sono singolari perché non fanno
cose particolari, ma perché appaiono e scompaiono nei libri come le persone che
incontriamo durante la nostra vita e il modello è senza dubbio Maigret.55
Nell’articolo “Desconocidos” secondo AMM la patria di un uomo è il
luogo dove muore, l’ultima città che vede. Anche se ama scrivere delle sue origini
perché sono un buon tema per i suoi romanzi e perché aiutano a capire la sua
personalità, egli si sente un uomo senza patria che rinnega i localismi e preferisce
essere definito nomade e cosmopolita. Queste caratteristiche personali sono
presenti anche nei suoi personaggi.
In “Los libros y los trenes” afferma che il treno è il luogo più idoneo alla
lettura ed è il miglior mezzo per sfuggire alla realtà. Ci racconta di un viaggio
fatto portando con sé un libro di Josep Pla e uno di Alvaro Cunqueiro.
54
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 61-64.
Ibídem, pp. 70-71.
55
39
L’alternanza nella lettura dei due libri durante il viaggio lo ha aiutato ad osservare
le cose con doppia attenzione. Dal libro di Pla, Viaje en autobús, apprende come
osservare i visi comuni e certe tonalità della terra in alcuni momenti di luce; da La
otra gente di Cunqueiro apprende come vedere cose fantastiche ed è in treno che
AMM legge alcuni dei libri che formano il suo pensiero, perché secondo lui la
solitudine che vi regna invoglia il viaggiatore a guardare e leggere con avidità.
In “La máquina del tiempo” AMM riflette sul passato e sul futuro, ed
esprime il suo scetticismo di fronte al mondo. Afferma che non gli interessano i
temi futuristici perché a forza di essere ripetuti non risvegliano più
l’immaginazione in nessuno, però è interessato ai temi futuristi di alcuni romanzi
in particolare l’opera di Wells La máquina del tiempo (1895). Wells ritiene che
basta credere nella fisico-matematica perché le esperienze fuori da ogni ordine
umano diventino possibili. Si può contestare all’autore un eccesso di
immaginazione, un’anticipazione facile basata sui mezzi tecnici del suo tempo,
però la sua fantasia si può considerare ragionevole anche se eccessiva. I principali
temi dell’opera, appartenente al genere romanzesco di fantascienza, sono: la
visione del futuro, l’esplorazione di mondi sconosciuti, l’invasione della terra da
parte degli extraterrestri. Questi aspetti hanno creato la base per il futuro genere
letterario e cinematografico.56
AMM si considera discepolo di Verne e di Wells. Quello di cui l’uomo ha
bisogno, secondo AMM, è una macchina che ci permetta di vivere in un piccolo
paradiso senza la nostalgia del passato né la paura del futuro.
Nel 1991 è pubblicato El jinete polaco57, questo libro segna una tappa
importante nella vita dell’autore. L’idea di realizzare questo testo gli viene a
Granada mentre, chiuso nel suo appartamento, si dedica alla lettura e alla scrittura
con intensità.
E’ la lettura di À la recherche du temps perdu di Proust e di Conversación
en la catedral di Vargas Llosa che fa nascere in lui il desiderio di raccontare il suo
56
Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., pp. 140-141.
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, Barcelona, Planeta, 1991.
57
40
mondo e le proprie origini, inizia così un intenso lavoro che termina con la nascita
dell’opera per la quale riceverà il Premio Planeta 1991.
El jinete polaco è presentato, per la prima volta, ad un concorso letterario
con il titolo El porvenir de los vencidos e firmato con lo pseudonimo A. Larsen
alludendo ad un personaggio di Onetti e di Bioy Casares, due autori ai quali
AMM voleva rendere omaggio con quest’opera.58
L’autore cerca di evocare i ricordi attraverso una distribuzione dosificata
di annunci, reminescenze e frammenti di episodi incompleti disseminati lungo il
romanzo, l’evocazione romanzesca del passato dei personaggi è costruita secondo
i meccanismi di funzionamento della memoria (l’anacronismo, l’associazione, la
trasformazione del vissuto per influsso del tempo e del subconscio). L’autore
assicura la percezione attraverso delle strategie di anticipazione che stimolano la
memoria rendendola particolarmente attiva durante la lettura. La memoria annota
temi e motivi ripetuti e li inserisce in un mosaico che si va componendo con il
ritorno ad un avvenimento già parzialmente narrato.59
Il passato si ricostruisce attraverso degli indizi che sono incorporati
progressivamente nel discorso e che lo ristrutturano. Il tempo non procede in
modo lineare ma ad onde concentriche, il ritorno a certi punti di riferimento crea
l’immagine di una spirale che si riferisce, in modo esplicito, al labirinto. Il tempo
non presuppone un’esperienza della successione ma della ripetizione: 60
“Siempre la desesperante ripetición de los mismos embustes y los mismos
recuerdos, como si vivieras uncidos a una memoria circular en la que el tiempo
no progresaba y en la que yo también sería atrapado si no huía cuanto antes”61.
Quest’opera è talmente ancorata alla realtà fino all’estremo da sembrare
un’autobiografia e una saga familiare. La storia si svolge, nuovamente, a Mágina.
AMM da vita ad un insieme di esseri e avvenimenti che copre un periodo che va
dall’assassinio di Prim (1870) alla guerra del Golfo (1991).62
58
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 86.
Cfr. Marco Kunz, “Anticipación y resonancia en El jinete polaco”, in Ética y estética de Antonio
Muñoz Molina, cit., p. 125.
60
Cfr. María Luisa Fernández Martínez, “La proximidad de los fantasmas. Beatus ille y El jinete
polaco de Antonio Muñoz Molina”, in Versants, num.31, 1997, p. 87.
61
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 315.
62
Cfr. Sabas Martín, art. cit., p. 157.
59
41
Il romanzo si suddivide in tre parti; la prima, intitolata “El reino de las
voces”, è un insieme di ricordi dell’infanzia del protagonista, Manuel, situati nello
spazio mitico-reale di Úbeda-Mágina, è un viaggio evocatore e pieno di tenerezza
verso le sue radici.
Le pagine iniziali compiono una funzione di apertura dove si menzionano
non solo i motivi principali del romanzo ma personaggi e avvenimenti che molte
pagine dopo riappariranno e che andranno completando, spesso in varie tappe, le
informazioni necessarie a rendere comprensibili le allusioni iniziali.
L’opera inizia con una data e un luogo, “Nueva York enero 1991”,
comincia come se stesse per finire; è una narrazione che recupera più di un secolo
per spiegare come due storie individuali hanno potuto convergere in questa
abitazione, in questo spazio chiuso e atemporale, nella quale i due protagonisti,
Nadia e Manuel, celebrano il loro amore e sprofondano nel ricordo del passato. Il
flusso del ricordo che pervade Manuel è condiviso anche da Nadia, come il flusso
dell’amore fisico e attraverso la conoscenza carnale il protagonista viene a sapere
del suo passato, di quello del proprio paese e dell’intera umanità.63
Tutta la narrazione del romanzo è di tipo circolare perché parte da e ritorna
all'appartamento di New York, dove il tempo come afferma Manuel:
“(…) no se parece al de mi vida de ahora, no fluye y se escapa como las horas y
las semanas y los días de los relojes digitales y de los calendarios automáticos,
gira huyendo y regresa en una tenue perennidad de linterna de sombras en la que
algunas veces el pasado ocurre mucho después que el porvenir y todas las voces,
los rostros, las canciones, los sueños, los nombres, sobre todo las canciones y los
nombres que relumbran sin confusión en un presente simultáneo”64.
La seconda parte, “El jinete en la tormenta”, è un racconto di iniziazione
attraverso l’evocazione dell’adolescenza e giovinezza del protagonista. Attraverso
l’evocazione di elementi politici e riflessioni sulla guerra civile, il protagonista
vive gli anni bui del franchismo e cerca con la fuga la salvezza dalla miseria
morale che lo circonda.65
63
Cfr. Marco Kunz, “Anticipación y resonancia en El jinete polaco”, in Ética y estética de Antonio
Muñoz Molina, cit, pp. 126-127.
64
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 25.
65
Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., p. 421.
42
E’ la storia di Manuel, un adolescente che prende coscienza della
situazione politico-sociale in cui vive ma, contemporaneamente, c’è la scoperta
dell’erotismo e del desiderio. C’è una relazione tra l’unione erotica dei due
protagonisti e la fusione delle loro memorie:
“(…) es que algunas veces me sorprende ser exactamente tú, al usar una
expresión o una palabra que he aprendido de tí, al ver las cosas como tú las verías
o acordarme de algo que tú me has contado y creer por un instante que es a mí
quien le pertenece ese recuerdo”66.
L’ultima parte, “El jinete polaco”, narra la vita del protagonista all’estero
come traduttore e il suo ritorno a Mágina in cerca delle proprie origini con la
consapevolezza che le fughe non portano a niente; deluso, non gli rimane che la
memoria di ciò che è stato.
Nel romanzo ci sono, inoltre, due storie originali, quella della scoperta del
cadavere di una donna murata viva nella Casa de las Torres a Mágina e quella del
comandante Galaz fedele alla repubblica.
La storia si svolge a Mágina, facilmente riconoscibile come Úbeda, sua
città natale. In questo paese di provincia si sviluppa la storia di una famiglia. Il
protagonista, Manuel, racconta il passato della sua famiglia a Nadia, la giovane
donna con cui ha una storia d’amore.
Le due ultime parole del romanzo “gratitud y deseo” esprimono questa
poetica dell’affermazione del passato vissuto da AMM ed evocato nel romanzo,
non senza nostalgia, attraverso le immagini, i simboli e le diverse finzioni.67
La casa editrice Planeta, quello stesso anno, vuole pubblicare una
collezione intitolata “Ciudades en la historia”. La casa editrice chiede ad alcuni
autori famosi di fare un ritratto delle più belle città spagnole che non sia una guida
turistica, ma un libro con caratteristiche letterarie, storiche e di viaggio. Per
descrivere la città di Córdoba è contattato AMM che accetta e scrive Córdoba de
los Omeyas68.
66
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 508.
Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., p. 422.
68
Antonio Muñoz Molina, Córdoba de los Omeyas, Barcelona, Seix Barral, 1991.
67
43
AMM è uno scrittore che preferisce il genere della divulgazione storica
senza essere uno specialista, un narratore che sembra rinunciare all’esercizio della
fantasia per costruire con materiali storiografici e documenti.
L’opera è composta da diversi capitoli: I. Introducción, II. Hombres
venidos de la tierra o del cielo, III. El principe fugitivo, IV. La ciudad laberinto,
V. El músico de Bagdad y el teólogo furioso, VI. El bosque de los símbolos, VII.
El médico del califa, VIII. Los libros y los días, IX. El tirano benévolo, X. La
ciudad arrasada. Una bibliografia rigorosa e scientifica, un indice di nomi e opere
chiudono il libro.
Nel primo capitolo, “Hombres venidos de la tierra y el cielo”, l’autore
parla dei primi anni dell’invasione mussulmana.
“El principe fugitivo” è un attraente racconto dell’odissea fino alla
Cordoba di Abd al-Rahman, l’unico sopravvissuto della dinastia omeya69
sterminata dagli abbasíes.70 Il nipote del califfo di Damasco si proclama emiro
nella provincia indipendente del Al-Andalus. La nuova capitale degli ommiadi si
popola di gente di diversa cultura e religione (mussulmani, ebrei e mozárabes71).
I colori caldi e luminosi che l’autore ha impiegato per descrivere la città, le
vie, i mercati, con i loro odori e rumori, si riducono ad un violento chiaroscuro in
“El músico de Bagdad y el teólogo furioso”. In questo capitolo c’è, da un lato, la
Cordoba tollerante, raffinata e cosmopolita, con un emiro amante della vita e di
tutti i piaceri, Abd al-Rahman II e dall’altro, un pugno di fanatici mozárabes che
vedono la mano del maligno in ogni gesto di tolleranza del governo.
In “El bosque de los símbolos”, AMM ci introduce in una moschea e ci
guida alla sua scoperta attraverso un ammirevole linguaggio. Lo spirito di
Cordoba è racchiuso in questo maestoso e affascinante monumento.
In “El médico del califa” l’autore vuol farci scoprire la vita della città ai
tempi del primo califfo Abd al-Rahman III nella prima metà del X secolo.
69
Stirpe araba discendente da Moania I, fondatore del califfato di Damasco nel secolo VII.
Appartenenti alla più famosa e lunga dinastia mussulmana d’oriente denominata Abbasí.
71
Termine che deriva dall’arabo mustracrib con il quale erano chiamati i cristiani che vivevano in
territorio mussulmano.
70
44
“Los libros y los días” è uno sguardo al mondo della cultura e della sua
produzione così come rivela la visita alle biblioteche della città. L’ultimo
rappresentante di questa dinastia, al-Hakam II era uomo colto che possedeva
quattrocentomila opere provenienti da diversi paesi come il Cairo, Damasco,
Bagdad e Costantinopoli.
“La ciudad arrasada” descrive il declino della città preceduto da un
periodo di benessere e di affermazione militare contro i regni cristiani, mentre “El
tirano benévolo” parla di Muhammad ibn Abbi Amir che riuscì ad imporre
l’autocrazia distruggendo ed ingannando.
Córdoba de los Omeyas, oltre alla divulgazione storica parla anche della
vita quotidiana, dell’arte e della poesia di quel periodo passato e AMM cerca di
cogliere le differenze tra la civiltà occidentale e quella orientale.72
L’8 maggio del 1990 durante un congresso di letteratura presso l’università
Complutense di Madrid intitolato “La disciplina de la imaginación”, AMM tiene
due conferenze che sono pubblicate in un libro intitolato ¿Por qué no es útil la
literatura?73.
Nella prima conferenza intitolata “La disciplina de la imaginación” AMM
denuncia l’assurda e rigida separazione che si è creata in Spagna tra educazione e
cultura. All’autore interessa scoprire perché ci sono così pochi lettori e la colpa è,
secondo lui, della classe politica che desidera che gli spagnoli rimangano
ignoranti come loro.
AMM in questo libro afferma che la letteratura è una conseguenza
dell’istinto dell’immaginazione che opera nell’infanzia e che, poco a poco, si
atrofizza come un organo che si smette di utilizzare. Egli sostiene che il
professore di letteratura è colui che sa introdurre gli adolescenti nel regno dei libri
e gli insegna che questi non sono dei monumenti intoccabili, ma testimonianze
della vita degli uomini, parole che ci parlano con la nostra voce e che possono
darci aiuto nelle avversità ed entusiasmo nella disgrazia.
72
Cfr. Victor Alonso Troncoso, “En la Córdoba de los Omeyas, con Antonio Muñoz Molina”, in
Cuadernos hispanoamericanos, 1992, num 504, pp. 34-45.
73
Antonio Muñoz Molina, Luis García Montero, ¿Por qué no es útil la literatura?, Madrid,
Hiperión, 1993.
45
Lo scrittore può introdurci nella vita degli altri e raccontare con grande
intensità le storie come se fossero sue e allo stesso tempo dà al lettore
l’opportunità di viaggiare in mondi favolosi e assistere ad esperienze fantastiche
senza uscire dalla propria casa.
L’autore insiste sull’idea che:
“aprender a escribir libros es una tarea muy dura, un placer extremadamente
laborioso que no se le regala a nadie. Lo que se llama la inspiración, la fluidez en
la escritura, la sensación de que uno no arranca las palabras al papel, sino de que
ellas van por delante señalando el camino, sólo llega, cuando llega, después de
mucho tiempo de disciplina diaria”.74
La stessa cosa succede per ciò che concerne la lettura:
“aprender a leer los libros y a gozarlos también es una tarea que requiere un
esfuerzo largo y gradual, lleno de entrega y de paciencia, y también de
humildad”.75
Al termine di questa conferenza egli riassume la sua posizione di fronte al
mondo letterario con queste parole:
“Donde està y donde importa la literatura es en esa habitación cerrada donde un
hombre escribe a solas a altas horas de la noche, en el dormitorio de un niño que
se desvela leyendo a Emilio Salgari, en el aula de un Instituto donde un profesor
sin más ayuda que su entusiasmo y su coraje le transmite a uno solo de sus
alumnos el amor por los libros”.76
L’altra conferenza, tenuta il 23 maggio 1982 alla XI^ Fiera Provinciale del
libro di Granada, si intitola “Las hogueras sin fuegos” e parla dei libri in questi
termini:
“(…) los libros salen a la calle para afirmar su buena nueva, que es tan antigua
como nuestra historia y durará más que nosotros a pesar de todas las torvas
profecías que vienen condenándolos a la inminente extinción casi desde que el
mundo es mundo. Las gente positivas suelen decirnos que los libros no sirven
para nada, que no se venden, que no interesan a nadie. Pero algo tendrán cuando
todas las tiranías han querido sojuzgarlos y quemarlos y cuando todos los
hombres libres han aprendido de ellos y los han usado para enseñar la libertad.
Decía nuestro Cervantes que no hay libro tan malo que no contenga algo
bueno”.77.
74
Ibídem, p. 59.
Ivi.
76
Ibídem, p. 60.
77
Ibídem, p. 63.
75
46
L’autore critica il franchismo colpevole della decadenza della letteratura in
Spagna, colpevole dell’esilio, della solitudine, della morte e dell’oblio nel quale
sono caduti molti scrittori. Nel 1936 con le parole “Muoia l’intelligenza” c’è stata
una svolta negativa nell’ambito culturale. In proposito l’autore afferma che “lo
peor de la dictadura, es que al privarnos de la libertad y de los libros nos
convirtieron en un país sin memoria”.78
Oggi in Spagna si pubblicano molti libri, ma se ne leggono pochi perché
secondo AMM:
“no hemos vencido la voluntad consciente de ignorancia y amnesia que fue el
arma más poderosa de la tiranía. (…). Lo verdadero letal es aniquilar en los
hombres el instinto y el deseo de la lectura, o no dejar que nazca”.79
L’autore termina la conferenza dando un giudizio sugli anni ’80. Qualcosa
si sta muovendo nella letteratura spagnola. Per la prima volta dopo mezzo secolo
gli scrittori spagnoli possono permettersi di pensare solo alla letteratura. Quindici
anni fa era difficile per un giovane scrittore pubblicare un libro se non viveva a
Madrid o aveva delle conoscenze. Ora, è molto facile pubblicare, soprattutto,
romanzi.
Il 22, 24, 29 e 31gennaio 1991 pronuncia quattro conferenze alla
Fondazione Juan March di Madrid raccolte, più tardi, in un libro intitolato La
realidad de la ficción80.
Nel prologo riferisce che queste quattro dissertazioni sono ”tentativas de
explicarme a mi mismo el trabajo de la literatura y el lugar de la ficción en la
vida”.81 Egli ricorda con piacere la presenza assidua degli spettatori con i quali,
dopo ogni sua lettura, si soffermava a lungo a discutere e commentare.
Nella prima conferenza, “El argumento y la historia”, l’autore esprime la
sua opinione sulla realtà e la finzione nel romanzo e afferma che l’apprendimento
più difficile per un romanziere è: “el modo de manipular la experiencia para
78
Ibídem, p. 67.
Ibídem, p. 68.
80
Antonio Muñoz Molina, La realidad de la ficción, Sevilla, Renacimiento, 1993.
81
Ibídem, p. 7.
79
47
convertirla en ficción, o dicho en términos aristotélicos, de hacer forma de
materia”.82
Gli autori molte volte devono rispondere ad una domanda dei lettori su che
parte di verità ci sia nei loro personaggi, o in cosa lo scrittore assomiglia a loro.
AMM risponde così:
“si lo que se ha contado en la novela tiene algo de verdad, quien lo ha escrito
adquiere, paradójicamente, una dimensión imaginaria; si el libro y el autor no
tienen nada que ver, el libro tal vez sea una pura mentira y quien lo ha escrito un
impostor”.83
AMM dà ai suoi lettori un insegnamento di carattere tecnico e morale
dichiarando che ovunque, nella nostra casa, nella vita quotidiana, all’interno di
ognuno di noi, esistono storie che valgono la pena di essere raccontate e che
possono diventare una magnifica finzione.
In questa conferenza commenta due suoi racconti, “La colina de los
sacrificios” e “La poseída”, e al termine dichiara a proposito delle storie da lui
scritte che “las mejores historias que he inventado han venido a mí y han ido
construyéndose como si fuera otro el que me las dictara, como si fueran
tramándose por sí mismas”.84
La seconda conferenza, “El personaje y su modelo”, spiega che
caratteristiche devono avere i personaggi dei suoi romanzi. Egli è convinto che
ogni personaggio letterario sia la trasposizione di una persona reale e che di questi
personaggi della letteratura, come delle persone reali, è poco ciò che si può sapere
di loro. Nella scrittura è importante ciò che si dice ma anche ciò che si cela e gli
spazi bianchi sono quelli che lasciano al lettore il piacere dell’immaginazione.
Inventando i suoi personaggi lo scrittore fa un solitario esame di coscienza e
scopre ricordi che ignorava e aspetti del suo carattere che nessun altro percorso gli
avrebbe potuto rivelato. Egli sogna scrivendo, ma non sempre è gradevole quello
che vede, alcune volte inventa personaggi con caratteristiche proprie che mai
82
Ibídem, p. 17.
Ibídem, p. 15.
84
Ibídem, p. 25.
83
48
accetterebbe come sue. Egli, come una spia, inventa per salvarsi grazie
all’impunità di un nome falso.85
A proposito dei nomi che dà ai suoi personaggi dichiara che “sólo el oído y
el instinto nos enseña la ciencia de los nombres”86 e prende come esempio i
personaggi di due autori, Proust e Cervantes.
Il nome secondo AMM è importante perché:
“es la cara que ve el lector del personaje. El nombre ha de contenerlo y definirlo,
de tal modo que lo primero que nos molesta en las malas novelas son los nombres
de sus protagonistas, y en tal medida que al escribir, mientras no tengamos el
nombre, no podemos decir que tenemos el personaje”.87
Nella terza conferenza, “La voz y el estilo”, a proposito della voce sostiene
che bisogna prestare attenzione a quelle che raccontano.
Una parte dei romanzi inventati e raccontati nel mondo non ha un autore
conosciuto e le loro storie sono state tramandate oralmente fino ai giorni nostri.
Il narratore è un califfo che si stanca nel palazzo grammaticale dell’io, è
una voce che diventa tante voci e che si ferma ad ascoltarle per distinguere l’unica
voce che è la sua.88. L’autore ama molto ascoltare, ovunque si trovi, in autobus, al
supermercato, in un bar le voci delle persone che gli sono accanto, per fare di
queste le parole dei suoi personaggi.
Conclude affermando che nei suoi tre romanzi, Beatus ille, El invierno en
Lisboa e Beltenebros, “he sido incapaz de contar la historia si no era a través de la
mirada y la voz de un personaje”.89
L’ultima conferenza, “La sombra del lector”, parla dell’identificazione
dello scrittore con il lettore e come esempio racconta della sua abitudine di
leggere gli articoli che scrive per i giornali. Egli si tramuta nel lettore di se stesso,
in un testimone delle sue parole, nel lettore della sua letteratura.
“Los libros, la lectura, están en la raíz de nuestra idea de la libertad. Cuando nos
encerramos a leer a solas, el gusto de la lectura es un gesto tranquilo e
inconsciente de rebeldía. El escritor muchas veces no sabe que hay un lector
85
Cfr. pp. 36-37.
Ibídem, p. 43.
87
Ibídem, p. 41.
88
Cfr. pp. 49, 57, 55.
89
Ibídem, p. 63.
86
49
oculto dentro de él. El lector tampoco se da cuenta de en qué medida está el
mismo escribiendo el libro”.90
A conclusione di questo convegno cita le parole di uno degli scrittori più
importanti, secondo AMM, della letteratura in spagnolo, Juan Carlos Onetti.91
Los misterios de Madrid92 è un romanzo dei primi anni novanta in cui
l’autore utilizza la città di Madrid per ambientare la vicenda narrata.
Questo libro è pubblicato, per la prima volta, in appendice nel quotidiano
El País (dal 11 agosto al 7 settembre 1992). Il protagonista, Lorencito Quesada, è
già apparso in altri due suoi lavori “El cuarto del fantasma” e El jinete polaco. La
storia inizia nell’epoca attuale ed è ambientata a Mágina-Úbeda, dove il
protagonista, Lorencito Quesada, vive con la madre. Aspirante letterato e
giornalista, lavora in una farmacia ed è responsabile del giornale provinciale
Singladura.93
Los misterios de Madrid è parodia e pastiche di un romanzo poliziesco
dove si apprezza in ogni momento il tono rilassato e sicuro, senza la tensione di El
Jinete polaco; quando c’è la suspense l’autore la interrompe con una parentesi di
informazioni estrinseche all’azione che ci svia dall’attesa dell’inevitabile
soluzione. AMM come burla intertestuale adotta la digressione culinaria (con
grandi bevute e piatti degustati dal protagonista). Questa figura assomiglia a
quella del detective Pepe Carvalho personaggio creato da Vázquez Montalbán.94
In questo testo AMM si burla delle usanze di provincia e dell’aristocrazia locale
incarnata da Don Sebastián Guadalimar consorte della contessa de la Cueva. Il
mistero si svolge attorno al furto avvenuto nella cappella del Salvatore di
proprietà della contessa, dell’immagine del Santo Cristo de la Greña.
Il protagonista va a cercare l’immagine sacra per Madrid fino a svelare il
segreto dell’imbroglio. Egli troverà l’immagine dopo aver visitato sexy-shops,
negozi di articoli sacri, dopo essere sopravvissuto a numerosi attentati.
90
Ibídem, p. 79.
Ibídem, p. 81.
92
Antonio Muñoz Molina, Los misterios de Madrid, Barcelona, Seix Barral, 1992.
93
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 102.
94
Cfr. Yvette Sánchez, “Recursos de suspense en las novelas de Antonio Muñoz Molina”, in Ética
y estética de Antonio Muñoz Molina, cit., p. 104.
91
50
Questo romanzo è una avventura appassionata, che termina con il ritorno
del protagonista e dell’immagine sacra a Mágina.
Dice a proposito del romanzo un critico letterario che è:
“Un libro en el que reconocer el magnífico estilo de Antonio Muñoz Molina. A la
tópica historia se acompaña un lenguaje poco elaborado, premeditamente simple
y preñado de expresiones tópicas”.95
L’opera coincide negli aspetti assurdi, nell’ironia (fino ad ora AMM non
l’aveva mai usata nei suoi romanzi) e nell’umorismo con un’altra opera El
misterio de la cripta embrujada di Eduardo Mendoza. Scritto in un linguaggio
diversificato e quasi cinematografico.
Nel 1992, appaiono una serie di articoli su El País in una sezione intitolata
“Vivir para contarlo”. Nel 1993, ogni settimana, l’autore scrive un testo sotto
l’etichetta generale di “Travesía”.
Dodici racconti pubblicati precedentemente (dal 1983 al 1993) dall’autore
sono, successivamente, raccolti nel libro Nada del otro mundo96.
Cronologicamente il primo racconto di questa raccolta è “El hombre
sombra” scritto nell’autunno del 1983, mentre il più recente, “La gentileza de los
desconocidos”, è pubblicato nel supplemento domenicale di El País nel 1993.
Quest’ultimo è stato realizzato nel 1980 a San Sebastián dove un amico gli aveva
affittato un appartamento arredato nel quale AMM trova certi segnali
dell’inclinazione alla pornografia e al collage dell’inquilino precedente.
Tra il primo e l’ultimo racconto trascorre dieci anni e allo stupore del
passare del tempo si aggiunge la certezza che tra tutti i libri che stava scrivendo e
pubblicando dal 1983 ce n’era uno che stava nascendo lentamente e
invisibilmente, all’insaputa dello stesso autore, un libro disperso in riviste o tra le
pagine di altri libri. Afferma l’autore che questo libro gli dava l’impressione di
essere stato scritto senza che lui se ne rendesse conto e ciò è dovuto al fatto che
tutti i racconti, eccetto i più vecchi, li aveva scritti su incarico.
“Cuando se me ocurre una historia, no suelo escribirla immediatamente. Anoto el
argumento en dos líneas, o ni siquiera eso, lo dejo guardado en la memoria,
algunas veces ya con un título, y ahí se queda durante años enteros, madurando,
95
Care Santos, “Antonio Muñoz Molina”, in Quimera, num. 116, 1992, p. 70.
Antonio Muñoz Molina, Nada del otro mundo, Madrid, Espasa-Calpe, 1993.
96
51
modificándose o gastándose, y no siempre llega a existir, porque me olvido por
completo de él o uso un rasgo o el nombre de un personaje en una novela”97.
L’origine de “La colina de los sacrificios”, per esempio, è una notizia che
l’autore legge in alcuni periodici nel dicembre del 1983 e sul quale scrive, anche
lui, un articolo.
AMM dichiara di seguire due norme semplici, “comienzo indudable” e
“final definitivo” come in “Un amor imposible” (1988) e “Si tú me dices ven”
(1989). Con questa affermazione cerca di imitare: Checov, Poe, Rulfo, Borges,
Cortázar, Onetti.
Tutto questo ci permette di ascrivere alla genealogia di Onetti il patetismo
tenero e implacabile dei sentimenti, della malinconia e della lucidità di tante
situazioni come in “El hombre sombra”, “La poseída”, “Un amor imposible”, “La
colina de los sacrificios”, a Borges la volontà di chiudere le trame in “Las aguas
del olvido”, “Si tú me dices ven” e a Bioy Casares l’ironia che serve da
contrappeso al tono serio in racconti come “Las otras vidas”, “El cuarto del
fantasma” e “Nada del otro mundo”.
In questi racconti l’interlocutore non è solo la letteratura ma anche la vita.
Balzac pone per primo il problema e dà la sua personale soluzione nel prologo a
La Comédie humaine: è impossibile e inutile decidere tra vita e letteratura, solo
attraverso l’imitazione si aprono le porte della realtà.98
Afferma Andrés Soria Olmedo a proposito dello stile e forma adottati da
AMM nei suoi racconti:
“(…) en la prosa de AMM puede observarse el progresivo control y contención
de una proclivedad inicial a la retórica ciceroniana, amplificatoria, marcada por la
hipotaxis, los adverbios, el subjuntivo, el condicional, las metáforas y símiles, en
favor de una tendencia más senequista o tacitista (...). También para esto es
elocuente la lectura de los cuentos y narraciones breves, escritos a lo largo de diez
años, y la de El dueño del secreto, donde más visible resulta el empleo de
artificios de la veracidad”.
97
Ibídem, p. 28.
Cfr. Andrés Soria Olmedo, “El curioso impertinente sobre la narrativa breve de Antonio Muñoz
Molina”, in Antonio Muñoz Molina, Nada del otro mundo, Madrid, Espasa-Calpe, 1993, pp. 1415.
98
52
Un primo approccio con l’opera mostra una divisione tra i racconti scritti
in prima persona e in terza. Nel primo caso predomina uno sguardo sulle vite
altrui che si risolvono, solitamente, in chiave ironica. Nel secondo caso, invece,
l’interpolazione dell’immaginario regola tutte le azioni e relazioni e in loro si
attenua e scompare la vena satirica, “las otras vidas” non sono unicamente
l’oggetto di uno sguardo curioso ma interiore ai propri personaggi, forgiati dalla
sua volontà nella tradizione di Don Quijote o Emma Bovary. Indicativo è che più
della metà dei protagonisti della collezione sono scrittori.
Il viaggiatore di “Extraños en la noche” mitiga la sua infelicità con l’aiuto
di una macchina da scrivere e di un robusto quaderno che gli permetterà di
mentire in un dato momento alla donna sconosciuta con cui egli condivide la sua
pietà e la sua sventura. E’ la storia di una donna ricoverata all’ospedale di Madrid
in coma e che vi rimane diversi giorni senza che nessuno ne reclami la
scomparsa.99
“Nada del otro mundo” è il racconto più lungo e dà il titolo generico
all’intera raccolta. Scritto in prima persona è un’evocazione del periodo che
l’autore trascorre, ancora studente, a Granada negli anni ’70.
La personalità del narratore-protagonista è simile a quella dell’autore, il
protagonista è un romanziere che inizia ad avere successo, ma continua a lavorare
per un ufficio della città. In questo racconto come in tutte le sue opere, l’autore
allude alla letteratura citando alcuni scrittori solitari come Faulkner o Flaubert, o
altri che hanno lavorato in ufficio come Kafka e Pessoa. Queste due caratteristiche
la solitudine e il lavoro d’ufficio appartengono al nostro autore.
La storia si svolge intorno all’amicizia del protagonista con il suo
compagno di camera, Funes. Con l’arrivo di una donna, Juana Rosa, l’interesse di
Funes si riversa su quest’ultima che finirà per sposare. Con il passare degli anni
Funes diventa il legale di una cooperativa mentre Juana dirige un centro di salute.
Dopo molti anni il protagonista riceve un invito a tenere una conferenza in un
paese sperduto, dove i due amici vivono, per la Casa de Cultura. Fin qui la storia
è un esempio di realismo e verosimiglianza, ma dopo l’arrivo al paese l’atmosfera
53
diventa irreale e fantastica. Stanco del viaggio il protagonista si ritrova immerso
in un ambiente desolato, tipico dei romanzi di mistero e di terrore, e attraverso una
serie di peripezie ci porta ad un finale sorprendente e il titolo assumerà un altro
significato.100
L’ultima pagina ci riporta al presente riassumendo tutto quello che fino ad
ora è successo. Le ultime righe convertono il racconto in una metafora della
scrittura.101
“(…) me duele mucho la espalda y tengo los ojos enrojecido por el brillo de la
pantalla del ordenador. los dedos se mueven sobre el teclado sin que yo los
gobierne. Las palabras siguen en la pantalla como si no las escribiera. Es como
caminar y caminar por una ciudad desconocida y estar muerto de fatiga y no
detenerse nunca”.102
A questa raccolta di racconti segue la pubblicazione di un romanzo, El
dueño del secreto,103 in cui l’autore parla del franchismo e fa un omaggio ai
giovani di sinistra della sua generazione.
E’ la storia di un apprendista giornalista coinvolto in una cospirazione,
ordita negli uffici di un avvocato anarchico, ai danni del dittatore Franco. Il
racconto è in prima persona ed è caratterizzato da una dose di autobiografismo,
rintracciabile quando parla di un giovane che arriva a Madrid da un piccolo paese,
Mágina, per studiare giornalismo. L’azione si svolge nella primavera del 1974 e,
alla fine, la cospirazione non ha successo perché il protagonista non sa mantenere
il segreto.104
L’episodio che crede di vivere l’eroe di El dueño del secreto è un episodio
nazionale: “En 1974, en Madrid, durante un par de semanas del mes de mayo,
formé parte de una conspiración encaminada a derribar el régimen franquista”.105
La storia è raccontata dal narratore-testimone molti anni dopo, senza
nostalgia, solo con la memoria del passato, con la prospettiva del tempo trascorso;
99
Ibídem, pp. 18-19.
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 104-105.
101
Cfr. Ana Rodríguez-Fisher, “Materia y forma en los relatos de Antonio Muñoz Molina”, in
Insula, num. 568, aprile 1994, p. 23.
102
Antonio Muñoz Molina, Nada del otro mundo, p. 71.
103
Antonio Muñoz Molina, El dueño del secreto, Madrid, Ollero & Ramos, 1994.
104
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 111.
105
Antonio Muñoz Molina, El dueño del secreto, p. 5.
100
54
è un romanzo scritto con semplicità, abilità e ampio dominio del linguaggio.
Nell’opera ci sono molti dei ricorsi di AMM come, il suo amore per Madrid e il
fascino che provocano su di lui i locali notturni.
L’ideologia del protagonista rimane plasmata con chiarezza sin dal
principio: un giovane che ammira gli avvenimenti e i risultati della rivoluzione
portoghese e che, sente un odio profondo verso il colpo di stato fascista di
Pinochet in Cile.106
Un aspetto importante è l’intertestualità in quanto il protagonista deve
porsi in linea con Minaya di Beatus ille e con Manuel di El jinete polaco, tutti
sono giovani che provengono da Mágina. Intertestualità in quanto i protagonisti
sono variazioni sopra quello che possiamo chiamare il giovane di provincia.
L’eroe del romanzo è una sintesi del giovane trionfatore di El jinete polaco
e il disastrato e valoroso Lorencito di Los misterios de Madrid, come il primo egli
preserva la memoria e come il secondo esplora la città.107
Uno degli ultimi racconti scritti da AMM è stato pubblicato su El País in
occasione dei festeggiamenti per il centenario della morte di Robert Louis
Stevenson, e si intitola “Carlota Fainberg”. Questo racconto fa parte di un volume
intitolato Cuentos de la isla del tesoro108 che raccoglie l’omaggio anche di altri
quattro autori: Julio Llamazares, Juan Marsé, Juan José Millás, Arturo PérezReverte.
Un anno dopo viene pubblicato il romanzo autobiografico Ardor
guerrero109.
Questo testo è insolito per la letteratura spagnola dato che l’autore utilizza
la prosa senza finzione per parlare del periodo del servizio militare, facendo di
questo tema un’opera d’arte. E’ la storia, in prima persona, di un uomo privato
dell’identità perché trasformato dall’esercito nella recluta J-54. In questo libro
AMM affronta la questione dell’identità dell’io.
106
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 112.
Cfr. Andrés Soria Olmedo, art. cit., pp. 20-22.
108
AA.VV., Cuentos de la isla del tesoro, Madrid, Alfaguara, 1994.
109
Antonio Muñoz Molina, Ardor guerrero, Madrid, Alfaguara, 1995.
107
55
In questo romanzo, a differenza dei precedenti, l’autore sfugge la finzione
e si concentra su un avvenimento reale della sua vita. L’opera inizia con un verso
di Montaigne “Así pues, lector, yo mismo soy la materia de mi libro” che
riassume ciò che l’autore cercherà di esprimere nel proseguimento dell’opera.
Il romanzo è un’aperta critica al servizio militare, AMM trasforma in
narrazione un’esperienza dove fatti quotidiani grotteschi e sgradevoli, come la
pornografia, l’hascisc e l’alcol sono i tre paradisi artificiali nei quali la maggior
parte dei giovani militari si rifugia. Affronta l’argomento con tenerezza, ironia e
umorismo senza tralasciare una critica all’esercito.
Dopo i primi tre capitoli, che fanno da introduzione, inizia la storia vera e
propria. Nel quarto capitolo l’autore ci racconta il viaggio in treno verso il paese
Basco e lo vediamo solo nella stazione di Espeluy mentre sta leggendo, per
consolarsi, alcune poesie di Borges; qui ha inizio la “enciclopedia de la
desolación” la cui cronaca diventa un libro. La storia si prolunga, dal congedo
(1980) al 1993.
Nel 1994 AMM incontra a Madrid un vecchio compagno del servizio
militare, Martínez, che sta passeggiando per la Gran Vía. Questo incontro casuale
dà all’autore lo spunto per terminare la sua “memoria militare”.
Il tema predominante è la paura, punto di partenza e di riferimento, che dà
impulso alla macchina dell’esercito al quale tutti, dai generali alle reclute,
appartengono.110
Il libro partecipa a ciò che di comune ha l’esperienza militare come la
divisione delle reclute in una specie di gerarchia che va dai “nonni” ai “nipoti”.
Questa scala gerarchica dà diritto ai nonni di umiliare e prendersi gioco di quelli
che sono più in basso. AMM apparteneva a quest’ultima classe, i “nietos”, che
dovevano sempre sottostare al volere dei superiori. Questa esperienza personale
permette di vedere in Ardor guerrero la memoria di tutta una generazione.111
Il romanzo è ricco di riferimenti al mondo della musica, del cinema, della
letteratura. L’autore elenca i libri che ha portato con sé: le poesie di Borges copiati
110
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., pp. 112-116.
56
a macchina su un quaderno, El Quijote di Austral, La gente di Smiley di John Le
Carré, El cine según Hitchcok, El diario de un escritor di Umbral, un volume di
racconti di Cortázar, La linea d’ombra di Conrad, e Dejemos hablar el viento di
Onetti.112
Afferma Antonio Lara a proposito delle caratteristiche principali
dell’opera:
“(…) este libro no es una apasionada diatriba contra los desmanes de la vida
militar cuanto una profunda, lúcida y melancólica reflexión sobre el tiempo. (…)
Ardor guerrero sería no sólo un intento de conocimiento y de explicación del yo
y de quienes compartieron esa experiencia, sino también un intento de explicar
las claves de comportamiento de nuestra sociedad. Porque parece claro que las
situaciones de soledad, humillación, miedo, aislamiento, etc. que nos describe
Ardor guerrero no se dan solamente en el contesto del servicio militar”.113
Nel 1995 ha pubblicato una selezione di articoli giornalistici dal titolo Las
apariencias114. Vivere per ricordare, per osservare la realtà e per raccontarla,
potrebbe essere il tema dell’opera. Nelle sue pagine possiamo notare una critica
alla società attuale e ai suoi usi e costumi. In questo libro appaiono inoltre degli
articoli pubblicati, precedentemente, nel supplemento culturale del ABC intitolati
“La última palabra” (1987-89) e “La cueva de Montesinos” (1988-89), ma
prevalgono quelli della tappa 1990-91 scritti per il quotidiano El País.
Con uno di questi articoli “La sociedad secreta”115 ottiene il Premio Café
Libertad che è dato all’autore del miglior articolo pubblicato in un quotidiano.
Il primo articolo, intitolato “La manera de mirar” (1980), serve da
introduzione perché AMM ci comunica come intende cambiare il suo modo di
osservare e intendere la letteratura e di conseguenza la vita:
“Sólo ahora, tan tarde, uno va sabiendo que hay otra manera de mirar misterios
evidentes y ocultos en el juego de las apariencias. Basta de espejos y de sombras,
se dice, basta ya de melancolía y de literatura, de canciones escuchadas para
sufrir más dulcemente y de libros escritos y leídos para inventarse una vida que
no supo tener. Procurará mirar desde ahora las cosas con los ojos tan
apasionadamente abiertos como un pintor de la verdad, como Edward Hopper o
111
Cfr. Antonio Lara, “Ardor guerrero”, in Ética y estética de Antonio Muñoz Molina, cit., pp. 166168.
112
Cfr. Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 116
113
Cfr. Antonio Lara, “Ardor guerrero”, cit., pp. 166-169.
114
Antonio Muñoz Molina, Las apariencias, Madrid, Alfaguara, 1995.
115
Antonio Muñoz Molina, “La sociedad secreta”, in El País, 17 novembre 1990.
57
Velázquez, con la serenidad de Veemer, con el espanto y la rabia, si es preciso, de
Francis Bacon, con la inocencia de un recién llegado, con la temeridad de un
espía que se juega la vida en su indagación. Intentará vivir para contarlo”116.
La tecnica dell’autore consiste nel mettere in relazione cose diverse che
all’unirsi acquisiscono un nuovo significato. I curiosi paradossi che generano il
nostro mondo sono il tema della maggior parte di questi articoli.
Non manca un lavoro più letterario come “El ladrón de libros” dove
conclude affermando che tutti quelli che amano i libri sono membri di una
pericolosa confraternita, gente di cui non ci si può fidare. In alcuni articoli si
occupa delle spie, del tradimento, della lealtà, della realtà e della finzione come in
“El espía y su sombra” e “Los traídores”; in altri ancora, “Teoría del adíos” e “En
las vidas de otros”, mostra il suo interesse per color che amano vivere in
solitudine.
Ad AMM interessa vedere oltre le apparenze, ma richiama l’attenzione
anche su come la finzione può essere un mezzo per conoscere la realtà e per
questo motivo ritiene che l’articolo sia lo strumento ideale.
Nel 1996 appare La huerta del Edén117 che ha per sottotitolo “Escritos y
diatribas sobre Andalucía”. Questo libro riprende gli articoli pubblicati
nell’edizione andalusa del quotidiano El País, 1995 e del 1996, con l’eccezione di
un paio che compaiono nell’edizione nazionale.
Dichiara a proposito dell’opera Fernando Valls:
“Aunque el título es irónico me parece que peca de optimista el autor cuando, en
el prólogo, se niega a aceptar que esa supuesta huerta del Edén que fue Andalucía
existiera sólo en el pasado, en la literatura (…) Este es un libro que trata de la
realidad, de la España de la primera mitad de los noventa, que no es más que una
concecuencia de la que se gestó durante el gobierno socialista (…). Los artículos
tienen casi siempre su origen en una noticia de períodico o en un acontecimiento,
que sirve como excusa para trascender esa realidad, a veces anecdótica, y hacer
una reflexión crítica general sobre las ideologías” 118.
116
Fernando Valls, “Ver de cerca. Los artículos literarios de Antonio Muñoz Molina”, in Etica y
estética de Antonio Muñoz Molina, op. cit., p. 78.
117
Antonio Muñoz Molina, La huerta del Edén, Madrid, Ollero & Ramos, 1996.
118
Fernando Valls, “Ver de cerca. Los artículos literarios de Antonio Muñoz Molina”, in Etica y
estética de Antonio Muñoz Molina, op. cit., pp. 83-84.
58
Un esempio di ciò che ho appena citato è l’articolo intitolato “Cervantes en
el exilio”.119L’autore si burla di alcuni professori di un Liceo che hanno proibito
agli studenti l’uso del nome dell’autore del Quijote perché non era andaluso.
Questo serve all’autore come pretesto per criticare ciò che chiama “ayatolismo
andaluz”, ossia, l’idealizzazione del passato mussulmano come unico legame
valido dell’Andalusia. Una denuncia che si ripete in questi articoli da parte dei
nazionalisti andalusi è la falsificazione della storia, il loro obiettivo è di
rivendicare la cultura mussulmana e condannare la conquista cristiana. Un
esempio è l’articolo “Una casa para Salman Rushdie”.120
In questi testi l’autore oltre che criticare la società prende le difese dei
deboli, di coloro che soffrono le ingiustizie, come il razzismo, e si sentono indifesi
di fronte al potere (“Granada- Dakar”, “Humorismo judicial” e “El
arrepentimiento”), dei servizi pubblici, dell’istruzione, del lavoro dei maestri e
professori (“Una celebración”), delle biblioteche, del treno, della natura,
dell’agricoltura, (“Caído del cielo”, “Invierno y aceituna” e “Esplendor del
aceite”), del liberalismo, dell’ideologia repubblicana (“Catorce de abril”), del
lavoro, della tranquillità, del silenzio (“Los objetores de la fiesta” e “La gran
meada”), della separazione tra potere civile e religioso (“Catorce de abril”).
L’articolo più importante è quello che chiude il libro, “Entre Úbeda y
Mágina”, dove AMM traccia la relazione tra città reale e inventata e spiega come
Mágina è la trasposizione di Úbeda. In questi articoli come nei suoi romanzi
appaiono personaggi e paesaggi dell’infanzia.
Quasi tutti i migliori articoli del libro sono quelli che lo scrittore definisce
nel sottotitolo come diatribas, i più ironici e sarcastici, i meno prudenti, quelli che
compone in stato di irritazione, però non mancano quasi mai nelle sue pagine la
tenerezza, l’umorismo e la passione per la nobile gente del suo paese, per la
cultura, la difesa della ragione e del senso comune.121
119
Cfr. Antonio Muñoz Molina, La huerta del Edén, cit., pp. 15-18.
Cfr. Antonio Muñoz Molina, Cordoba de los Omeyas, pp. 75-78.
121
Cfr. Fernando Valls, ”Ver de cerca. Los artículos literarios de AMM”, in Etica y estética de
Antonio Muñoz Molina, cit., pp. 81-84.
120
59
Escrito en un instante122 è un testo che raccoglie lavori su commissione,
un procedimento creativo che l’autore ha sempre difeso. Il volume comprende due
parti: la prima riprende i testi che pubblica in Diario 16, durante tutto il mese di
febbraio del 1988, nella sezione “Escrito en un instante” e la seconda parte,
intitolata “Paseos y viajes”, è un incarico del 1992 di Radio Nacional che gli
chiede di raccontare in pochi minuti “un paseo verdadero o ficticio”.
Nel prologo cita alcuni suoi maestri di articulismo: Ortega y Gasset,
Camba, Pla, Clarín. Egli si lamenta del poco interesse che l’articolo giornalistico
suscita e in “En un instante”, “A cierta sombra” e “Otras ciudades” ricorda che
“donde más se apróxima la prosa y la poesía es en el artículo, en su instantaneidad
y su concisión, en su cualidad de burbuja de tiempo, de mirada y pulsación
preservadas en palabras”.
Nel primo articolo citato richiama l’attenzione sul carattere effimero di ciò
che si scrive sui giornali, nel secondo l’autore insiste sull’importanza di trovare un
lettore adeguato e vero. Nell’ultimo confessa che scrive per continuare ad
immaginare, vedere e sentire musiche delle città che ha amato.
Il resto degli articoli toccano i ricordi dell’infanzia e adolescenza, sono
riflessioni sulla memoria e gli effetti del trascorrere del tempo, sulla futilità della
morte e sull’ambiguità sogno/veglia.
“Paseos y viajes” raccoglie diciannove testi scritti per essere ascoltati a
Radio Nacional che gli aveva chiesto di raccontare in due o tre minuti “un paseo
verdadero o ficticio”.
Le città sono per AMM motivo per evocare scrittori o artisti che vi
soggiornarono. Il migliore di questi “paseos” è secondo, Fernando Valls, “Lisboa
caminada” perché:
“(…) como en ningún otro logra dar con el tono adecuado y consigue recrear su
peculiar atmósfera, que tanto me ha recordado la ciudad que magistralmente
evocó Angel Crespo, es un modelo perfecto de la identificación de un escritor con
el sutil misterio de un territorio, con su historia y con su presente, con sus
rincones y gentes”123.
122
Antonio Muñoz Molina, Escrito en un instante, Palma de Mallorca, Calima, 1997.
Ibídem. p. 91.
123
60
A partire dal 2 novembre del 1997 inizia a scrivere in una nuova sezione
del quotidiano El País semanal intitolata “La vida por delante”.
L’ultimo romanzo di AMM si intitola Plenilunio124. Un terribile omicidio
scuote una piccola cittadina di provincia dell’Andalusia. Una notte di luna piena
una bambina, Fatima, è stuprata e uccisa. L’assassino è in città e conduce,
apparentemente, una vita come tutti gli altri.
In quest’opera abbiamo un AMM cinico che ci racconta la paura, il terrore
che si impossessa di ognuno di noi. Tutti abbiamo paura e le nostre paure, che
teniamo segrete, diventano ossessioni con cui conviviamo e che condizionano la
nostra vita. In questo romanzo c’è la fusione di più storie: quella di un poliziotto
tormentato dal passato, quella della maestra Susana Grey che, separata dal marito,
vive con il figlio, quella del violentatore e assassino delle due bambine e di un
prete operaio che scriveva a Pasolini.
Il testo si sviluppa attorno alla vita dei personaggi principali (l’ispettore e
la maestra Susana Grey), e altri meno importanti (il giudice Ferreras, Padre
Orduña, la ex-moglie e l’ex-marito dei protagonisti, l’assassino e le due bambine,
Fatima e Paula), tutti questi personaggi compongono il ritratto della Spagna
moderna.
AMM in quest’opera utilizza certe immagini crude della cronaca televisiva
per fare comprendere al lettore la malvagità intrinseca nell’assassino di due
bambine
Ad un esame più approfondito quello che il romanzo mostra sono alcune
delle forme nelle quali si incarna il male della società contemporanea. Appaiono
anche sentimenti opposti come la solitudine, la solidarietà e l’amore. La violenza
e l’amore trasformano i personaggi. Susana e l’ispettore sono i portatori dell’unica
speranza perché attraverso il loro amore sono in grado di ricostruire le loro vite
che stanno andando alla deriva.125
Percepiamo la crescente inquietudine dell’autore di fronte al disordine,
all’insensibilità, alla crudeltà e alla violenza, allo sconcerto e alla frustrazione che
124
Antonio Muñoz Molina, Plenilunio, Madrid, Alfaguara, 1997.
Cfr. Fernando Valls, “Las apariencias engañan.”, in Quimera, num. 162, ottobre 1997, p. 64.
125
61
predominano ai nostri giorni. Non propone soluzioni ai problemi ne apporta
risposte concrete, semplicemente ci fa prendere coscienza della grandezza del
disordine e delle aberrazioni commesse in nome della modernità. E’ un romanzo
di forte intenzione morale al cui centro non c’è il passato ma il presente. In questo
libro AMM non è interessato a raccontare ciò che succede dopo l’atto violento,
ma il sentimento di vuoto che la morte delle due bambine lascia nella casa e nella
memoria dei loro genitori. Egli ha voluto raccontare l’irreparabile di una
scomparsa perché, solitamente, il cinema contemporaneo non mostra ciò che
accade intorno alle vittime mentre in letteratura questo è mostrato al lettore.126
AMM afferma di provare “asco hacia la obscenidad de la violencia y la
hegemonía de la figura del malvado, la celebración del cruel”127.
Egli dimostra coraggio, perspicacia e capacità nell’osservazione
psicologica e ambientale dei criminali e delle loro vittime. Il prete, Susana, il
poliziotto, sono tutti personaggi affascinanti le cui avventure catturano l’interesse
e creano una convincente atmosfera locale e storica.128
In Plenilunio, come in altre sue opere, utilizza la tecnica del film noir e la
narrazione, di conseguenza, termina con la scoperta e la punizione del colpevole
ma l’epilogo, con l’attentato all’investigatore, apre una finestra sulla questione del
paese Basco. L’attacco al terrorismo, iniziato in Ardor guerrero, si amplia
attraverso l’analisi della violenza arbitraria per motivi di degenerazione sessuale e
politica. L’agente che scopre l’abuso sessuale è, anch’egli, vittima di una
violenza, quella politica.129
126
Cfr. Irene Andrés-Suárez, “Ética y estética de AMM”, in Ética y estética de Antonio Muñoz
Molina, cit., pp. 15-16.
127
Cfr. Elvira Lindo, Intervista ad Antonio Muñoz Molina, in Elle, febbraio 1998, pp. 64-65.
128
Cfr. Santos Sanz Villanueva, “Primera impresión”, in Ética y estética de Antonio Muñoz
Molina, cit., p. 35.
129
Cfr. Gonzalo Navajas, “La historia como paradigma introspectivo”, in Ética y estética de
Antonio Muñoz Molina, cit., p. 47.
62
3. La memoria nella narrativa di Antonio Muñoz
Molina
3.1. La memoria
Uno dei temi da sempre presenti nella letteratura è quello della memoria.
La narrativa di AMM è principalmente composta da due ingredienti: la memoria e
l’invenzione.
Durante una conferenza tenuta alla Fundación Juan March di Madrid
AMM a proposito della memoria afferma:
“La memoria està inventando de manera incesante nuestro pasado (…), por eso es
siempre desconcerante el encuentro con esos amigos de la infancia que nos
cuentan detalles de nuestra propia vida que nosotros hemos olvidado por
completo. La memoria común inventa, selecciona y combina, y el resultado es
una ficción más o menos desleal a los hechos que nos sirve para interpretar las
peripecias casuales o inútiles del pasado y darle la coherencia de un destino (…).
Pero el ejercicio de la ficción no se limita al ámbito del pasado, aunque es cierto
que prefiere usar como materiales los que proceden de la memoria más antigua,
entre otras cosas porque es la más fragmentaria y la más facilmente
manejable”.130
Da queste parole dell’autore si deduce che solo a partire dalle esperienze
vissute e trasformate dall’abilità del narratore si ottiene la memoria fittizia.
Da Marcel Proust AMM eredita l’arte delle digressioni, il gusto per
l’ampliamento e l’analogia così come la forma di raccontare che coglie le
esperienze nell’ordine in cui accadono per ubicarle nella durata temporale, nella
memoria.131
Il nucleo tematico attorno al quale ruota tutta la sua produzione narrativa
rappresenta la memoria individuale e collettiva e la sua necessaria e, a volte,
dolorosa attualizzazione. L’attualizzazione e la rivalutazione di esperienze non
scritte, ma vive nella memoria collettiva, sono parte integrante della storia
ufficiale con particolare riferimento alla guerra civile.
130
Cfr. Antonio Muñoz Molina, La realidad de la ficción, Sevilla, Renacimiento, 1993, pp. 29-30.
Cfr. Joan Oleza “Beatus ille o la complicidad de la historia y novela” in Bulletín Hispanique,
tome 98, num. 2, luglio-dicembre 1996, p. 376.
131
63
La memoria è una delle forme che adotta il nostro potere di invenzione.
L’importante è che i ricordi, inventati o reali, siano coerenti con la visione del
mondo e di sé che ha ogni individuo. Memoria e anticipazione si presentano come
una coppia complementare, ogni individuo vivendo in un presente incerto e
insoddisfacente guarda verso il passato e il futuro cercando forme di vita migliori
ed è allora che incorre nell’immaginazione.132
In Beatus ille133 e El jinete polaco134 lo scrittore potenzia i procedimenti
estetici e i supporti narrativi presenti nei suoi precedenti lavori. Nelle due opere
l’autore attua un viaggio al passato, non per compiangere ma per comprendere e
illuminare la realtà del presente, le tracce si sovrappongono alle tracce costruendo
una memoria che, oltre a salvaguardare i fatti, ne accoglie la loro contraffazione.
In proposito AMM dichiara che “inventar y recordar son tareas que se parecen
mucho y de vez en cuando se confunden entre sí”.135 La seguente analisi del tema
della memoria si centra sulle due opere narrative appena citate.
3.1.1. La memoria tramandata
Nelle sue opere l’autore utilizza lo sforzo mnemonico dei suoi personaggi
per sprofondare nelle proprie radici, per riflettere sul proprio passato e, più
ampiamente, sul destino dell’essere umano. In una scena di El jinete polaco è
descritto il momento della nascita del protagonista; questa nascita pone l’accento
non solo sul destino individuale ma anche su quello della collettività in cui la
memoria personale è una sorta di reminiscenza della specie umana. Per questo
motivo in El jinete polaco si descrive la scena della nascita di Manuel che qualche
pagina più avanti dirà:
“Ellos me hicieron, me engendraron, me lo legaron todo, lo que poseían y lo que
nunca tuvieron, las palabras, el miedo, la ternura, los nombres, el dolor, la forma
132
Cfr. Águila Zamora/Fernando Valls., “Memoria, anticipación y tiempo en El jinete polaco:
algunas implicaciones filosóficas”, a cura di Inge Beisel, El arte de la memoria: Incursiones en la
narrativa española contemporánea, in Arbeiten zur Semiotik und Kunst (ASK), Mannheim, num.
9, 1997, p. 68.
133
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, Seix Barral, Barcelona, 1986.
134
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, Barcelona, Planeta, 1991.
135
Cfr. Elide Pittarello, recensione a: La realidad de la ficción, Los misterios de Madrid, Nada del
otro mundo, El dueño del secreto di Antonio Muñoz Molina, in Rassegna Iberistica, 51, dicembre
1994, pp. 72-75.
64
de mi cara, el color de los ojos, la sensación de no haberme ido nunca de Mágina
y de verla perderse muy lejos y muy al fondo de la extensión de la noche (…)”.136
“No sólo repetíamos las canciones y los juegos de nuestros mayores y estábamos
condenados a repetir sus vidas: nuestras imaginaciones y nuestras palabras
repetían el miedo que fue suyo y que sin premeditación nos transmitieron desde
que nacimos”.137
Per la nuova generazione non c’è possibilità di cambiare nulla, i figli non
sono che la copia dei genitori. Per esempio la vita della madre di Manuel è stata
segnata dalla paura, è stata educata a lavorare, obbedire e accettare le circostanze
che le si presentano. Questa è l’educazione che Manuel ha ricevuto e che segnerà
tutta la sua esistenza.
Il suo modo di raccontare sembra così quello di alcuni anziani che
raccontano la loro vita; i suoi personaggi cercano, attraverso il ricordo, di rendere
omaggio a questo passato che non appartiene loro ma di cui sono gli eredi.
La memoria è quella dei genitori, dei nonni e bisnonni, quella di tutti gli
abitanti di Mágina, una memoria collettiva e l’autore ricorda che le immagini,
quelle più vive della sua infanzia, non derivano da un ricordo visivo ma dalla
profonda voce del nonno materno perché, durante una parte della nostra vita,
quella nella quale l’immaginazione è più attiva e forte è il desiderio di sapere, noi
ci cibiamo, esclusivamente, dei racconti orali.138
Le “voci” ricorrono spesso nei romanzi a porre l’accento sull’importanza
che queste rivestono per la memoria del protagonista:
“Las voces perdidas de la ciudad, los testigos tenaces, postergados, desconocidos,
los que contaron y guardaron silencio, los que dedicaron años al recuerdo o al
odio y los que eligieron la apostasía y el olvido (…)”.139
In alcune pagine di El jinete polaco, Manuel, il protagonista, fa riferimento
a queste voci del passato:
“Oígo las voces que cuentan, las palabras que invocan y nombran no en mi
conciencia sino en una memoria que ni siquiera es mía, oigo la voz desconocida
de mi bisabuelo Pedro Expósito Expósito que le habla a su perro, oigo contar que
136
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 29.
Ibídem, p. 46.
138
Antonio Muñoz Molina, La realidad de la ficción, cit., pp. 47-48.
139
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 59
137
65
lo trajo de Cuba, pero que una cosa fuera imposible no le parecía a mi abuelo
Manuel motivo suficiente para dejar de contarla”.140
“(…) mi voz repite para ella [Nadia] lo que me contaron otras voces y me parece
que estoy hablando no de mi propia vida, sino de otro tiempo mucho más lejano
del que no es posible que yo haya sido testigo”.141
“(…) mi voz es una resonancia de la voz nunca escuchada de mi bisabuelo Pedro
y de mi madre, que tal vez las había aprendido de la suya, o de mi abuelo
Manuel”.142
“(…) por primera vez en mi vida soy yo quien cuenta y no quien escucha, quien
cuenta no para inventar o para esconderse a sí mismo, como cuando Félix y yo
teníamos seis o siete años y me pedía que le contara historias o como cuando
estaba solo en la huerta de mi padre y distraía las horas contándome en voz alta
una vida falsa y futura, sino para esplicarme todo lo que hasta ahora tal vez nunca
entendí, lo que oculté tras las voces de otros”.143
“Prefería callarme, escuchar a otros, mirarlos y espiarlos, he usado mi voz para
inventar o mentir o para enmascararme en las voces de los otros, para decir lo que
ellos querían que dijera o lo que yo consideraba conveniente”.144
Un altro elemento presente nella narrazione è la finzione che serve ai
personaggi per colmare il vuoto che la memoria ha lasciato perché le storie che
Manuel racconta non le ha vissute in prima persona bensì gli sono state raccontate
da altri.
Alla pubblicazione di El jinete polaco nel 1991 Alarcos Llorac afferma:
“la tarea del que cuenta es salvar e inventar la memoria”.145 Di fronte
all’impossibilità di dare una spiegazione della realtà, è solamente possibile dare di
essa una visione frammentaria e discontinua. Nasce così il problema di ricrearla a
partire da dati dispersi, utilizzando solamente l’immaginazione. L’uso
dell’invenzione associata alla memoria è l’unico mezzo per arrivare alla
conoscenza.146Così la considera AMM nel suo libro La realidad de la ficción:
140
Ibídem, p. 27.
Ibídem, p. 87.
142
Ibídem, p. 138.
143
Ibídem, p. 180.
144
Ibídem, p. 390.
145
Cfr. Emilio Alarcos Llorac, “Antonio Muñoz Molina: La invención de la memoria”, in Historia
y crítica de la literatura española, (Los nuevos nombres 1975-1990), Barcelona, Crítica, 1992, p.
416.
146
Cfr. María Luisa Fernandez Martínez, “La proximidad de los fantasmas. Beatus ille y El jinete
polaco de Antonio Muñoz Molina”, in Versants, num. 31, 1997, p. 79.
141
66
“Usando datos de la percepción -que pueden estar distorsiomados- construímos
para los demás una vida como el novelista construye un personaje, y cuando más
íntimamente creemos conocer es justo cuando más acabado es el trabajo de
nuestra imaginación”.147
Alcuni esempi dell’utilizzo dell’invenzione sono presenti in El jinete
polaco, per esempio quando il protagonista, Manuel, immagina il bisnonno Pedro
seduto “a tomar el sol en el escalón, con su perro echado entre las piernas, y los
dos presenciaban en un silencio impasible los juegos de los niños y el paso de los
hombres y de los animales”,148 o episodi dell’infanzia della madre che Manuel
racconta con queste parole:
“(…) tenía seis años, se perdió en la calle y fue arrastada por la moltitud que
corría hacia los descampados del cuartel y mi abuela Leonor pasó varias horas de
angustia buscándola por toda la ciudad”.149
“(…) y los golpes que da el aldabón en forma de argolla sobre las grandes puertas
cerradas de la Casa de las Torres resuenan en mi propia conciencia al mismo
tiempo que en la memoria infantil de mi madre, devolviéndola a la mañana de
mayo en la que vio bajar por la calle del Pozo primero el carro de los muertos sin
dignidad al que llamaban la Macanca y luego el coche negro del médico don
Mercurio tirado por el caballo Bartolomé e la yegua Verónica”.150
O immagina suo padre:
“Quiero imaginarme los días de su pubertad y saber qué sintió las primeras veces
que miraba a mi madre y comprendo que es una tarea imposible, (…)”.151
E ancora guardando la fotografia del nonno Manuel lo vede:
“(…) tal como mi imaginación me lo exaltaba cuando veía su retrato en los
cajones prohibidos, como lo recuerda mi madre bajo la luz de la infancia (…) no
una tiesa figura en blanco y negro sino un hombre más alto que ningún otro que
ella conociera, rubio y grande con su uniforme azul y su gorra de plato, alzándola
vertiginosamente en el aire para darle un beso antes de marcharse como todos los
días a ese cuartel de donde una vez no volvió porque lo habían detenido”.152
L’autobiografismo dell’autore, se così si può chiamare, è presente quando
Manuel parla della sua infanzia e, soprattutto, nella seconda e terza parte quando
parla della propria adolescenza, della musica, della letteratura, dell’amore. In
147
Antonio Muñoz Molina, La realidad de la ficción, cit., p. 31.
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 133.
149
Ibídem, p. 88.
150
Ibídem, p. 46.
151
Ibídem, p. 146.
152
Ibídem, p. 82.
148
67
questo testo le reminiscenze sono sempre accompagnate dal verbo ricordare: “Me
acuerdo del invierno (…). Me acuerdo de la luz húmeda (…). Me recuerdo
mirandome los ojos (…)”.153
All’interno dei due romanzi non è solo il protagonista a ricordare; in
alcune sequenze l’autore fa raccontare certi avvenimenti a personaggi secondari,
in El jinete polaco, sono il padre, la madre del protagonista, il comandante Galaz
e sua figlia Nadia.
Nella citazione che segue le esperienze interiori della madre di Manuel si
trasmettono al figlio attraverso il suo sguardo:
“ Algunas noches que no puede dormir ella [la madre] se asoma a la ventana de
su habitación y cree ver esa luz moviéndose tras los cristales de los terreones, la
cera del espectro, blanca y aplastada contra el vidrio (…) las facciones que nunca
vio sino en los sueños y en los espejismos del insomnio y que desde su memoria
se transmitieron intactas a la mía a través no sólo de su voz sino de la silenciosa
intuición del terror que tantas veces percibí en sus ojos y en su manera cálida y
desesperada de abrazarme, no sé cuándo, mucho antes de la edad en que se fijan
los primeros recuerdos”.154
Nadia, nel vedere alcune fotografie, racconta a Manuel alcuni aneddoti
legati alla sua infanzia e giovinezza. Lei serve a Manuel per completare i propri
ricordi e significativo è un episodio dell’adolescenza quando una sera Nadia lo
incontra ubriaco, dopo una delusione amorosa, e lo porta a casa sua:
“Acababan de dar las doce y no había en la calle nadie más que nosotros. Venías
hacia mí al mismo paso que yo, íbamos a cruzarnos como otras veces, (…). Vi
que te apoyaba en una farola y que estabas muy pálido y me dio lástima de ti. Me
acerqué a ti sin pensarlo, te pregunté si te pasaba algo y si podía ayudarte.
Conseguí llevarte hasta el parque Vandelvira y te senté en un banco (…). Mirabas
a tu alrededor como si te hubieras despertado en una ciudad que no conocías (…)
y cuando te propuse que fueras a mi casa respondiste que no . Te ayudé a
levantarte, ya no me preguntabas que a donde ibamos, te dejabas llevar, muy
dócil, borracho perdido, atontado por el hachís, con la pupilas muy dilatadas y
una sonrisa como de estar soñando (…). Te llevé a mi casa (…)”.155
Invece, a proposito dei ricordi del padre, Manuel afferma che non lo aveva
mai sentito ricordare ad alta voce; tutto ciò che lui sapeva gli era stato raccontato
dalla madre e dalla nonna Leonor; aveva sempre pensato che a lui non
153
Ibídem, pp. 76, 78, 447.
Ibídem, p. 29.
155
Ibídem, pp. 484-486.
154
68
interessassero i ricordi fino a quando il padre va a trovarlo a Madrid e gli descrive
il giorno della sua nascita:
“dieciocho años, si me parece que fue ayer cuando naciste. Hacía tanto frío en el
cuarto de la viga y tú eras tan poca cosa que pensábamos que te nos ibas a morir.
Me parece que te estoy viendo cuando te lavó la comadrona, a la luz de una vela.
Hacía tanto viento que se habían caído los postes de la electricidad. Creíamos que
el techo saldría volando. Fue el año de lo hielos grandes. Se helaron la mitad de
los olivos de Mágina. A la vaca que teníamos se le cortó la leche y el bercero
murió de hambre”.156
In Beatus ille il passato è tramandato da alcuni personaggi -Manuel,
Solana, Utrera- al protagonista, Minaya; in particolare nella prima parte, lo zio
Manuel ricorda e racconta gli avvenimenti storici e personali della sua giovinezza
come la morte di Mariana e la guerra civile. Nella seconda parte è Jacinto Solana
che ricorda la propria vita scoprendo l’identità del narratore fino a quel momento
celato al lettore.
La narrazione sembra quella di un narratore onnisciente che precisa, ogni
tanto, le sue fonti di informazioni o dice che “imagina” ciò che racconta. Questo
narratore ambiguo, Solana, permette l’affluenza nel testo di molte voci che
nascono dalla sua memoria e immaginazione.
3.1.2. La musica
AMM ricorre frequentemente alla musica pop, rock e popolare per
esprimere sentimenti o per testimoniare il trascorrere del tempo. Il suo potere è
quello di rendere simultanei luoghi e tempi; in Beatus ille la memoria si sviluppa
intorno alla canzone Si no volvemos a encontrarnos nunca di Louis Armstrong.
Questa melodia serve da asse di simmetria, nel primo capitolo del romanzo,
all’incontro amoroso tra Inés e Minaya e nonostante la distanza, passato e
presente si sovrappongono mediante delle rievocazioni:
“(…) la música que ella [Inés] había puesto como el azar en el fonógrafo de
Manuel y era increíblemente, premeditamente, la trompeta y la voz de Louis
Armstrong en un disco de 1930, (…). Los pómulos, la barbilla, los húmedos
labios de Inés, las lágrimas que le mojaron a Minaya las yemas de los dedos en la
oscuridad y el perfume y la música sonando en una habitación de 1930 igual que
sonó siete años más tarde, esa misma canción en el piano de Manuel, que tradujo
156
Ibídem, p. 381.
69
su título para Mariana antes el volver a tocarla. Si no volvemos a encontrarnos
nunca”.157
L’oscurità che avvolge Inés e Minaya durante i loro incontri nella
biblioteca lascia il posto, nella seconda parte del romanzo, ad un’improvvisa luce
proiettata sul giardino dalla casa dove ha luogo l’incontro tra Mariana e Jacinto
Solana. Come preludio all’incontro amoroso tra i due avvenuto trentadue anni
prima (1937) lo stesso Solana racconta:
“ (…) salgo afuera (…) oyendo las notas de un aire de jazz que Manuel iniciaba
en el piano. la música que tocaba Manuel y los pasos de Mariana cobraron al
mismo tiempo una dirección indudable. (…) Manuel (…) urdiendo con violenta
delicadeza el ritmo de aquella canción, Si no volvemos a encontrarnos nunca, que
durante aquellos días yo oí incesantemente en el gramófono de la biblioteca”.158
Più avanti leggiamo che i due personaggi sono sorpresi da una luce che
proviene dalla finestra della casa e abbandonano il giardino. Solana ricorda di aver
udito delle voci che conversavano senza sapere a chi appartenessero.
Nel terzo capitolo del romanzo Minaya rivela il mistero dell’assassinio di
Mariana e scopre la colpevolezza dello scultore Utrera. Di nuovo la musica
assume la funzione di filo conduttore e si converte in una specie di trama
invisibile. Durante la conversazione tra Minaya e lo scultore, quest’ultimo ricorda
che durante il suo percorso verso la camera di Doña Elvira:
“(…) le llegó otra vez desde el fondo de la casa y de la oscuridad el rumor de una
música que crecía hasta parecerle muy próxima y que luego se fue apagando
como si se agotara su impulso y bruscamente se extinguió”.159
La canzone è quella interpretata da Manuel e già citata precedentemente.
Subito dopo la madre di Manuel parla con lo scultore, lo ricatta e gli mette tra le
mani una pistola con la quale dovrà uccidere Mariana.
María Luisa Fernández Martínez afferma che in questo romanzo la música
delimita il perdurare dell’intervallo temporale che si crea nei tre capitoli ed unisce
questo momento passato con un altro più vicino al presente della narrazione, ossia
l’incontro tra Inés e Minaya nella biblioteca.
157
Beatus ille, pp. 85-86.
Ibídem, p. 194.
159
Ibídem, p. 252.
158
70
In Beatus ille la scelta del brano jazz, Si no volvemos a encontrarnos
nunca, non è casuale, l’autore considera questa musica come una forma pura del
presente e la letteratura come un lavoro che consiste, essenzialmente, nel saper
vedere il passato all’interno del presente per ridefinire quest’ultimo.160
In El jinete polaco la musica assume un ruolo importante ed è
frequentemente utilizzata, soprattutto, nella seconda e terza parte.
In El jinete polaco l’ascolto di una composizione di Schubert intitolata La
morte e la fanciulla ricorda al fotografo, Ramiro Retratista, la fotografia di un
matrimonio che aveva scattato molti anni prima:
“(…) se acordaría del hombre vestido de militar y de la novia que se apoyaba en
su brazo, muy delgada, con los ojos claros y grandes y la piel casi translúcida en
las sienes, con el pelo corto y castaño, (…) supieron luego que al día siguiente de
su noche de bodas se asomó a un balcón porque había oído un tiroteo en los
tejados y una bala perdida la mató”.161
La melodia che Ramiro Retratista ascolta e la fotografia che guarda,
ricordano i due personaggi di Beatus ille, Mariana e Manuel
C’è quindi un’analogia tra i due romanzi resa possibile dalla musica . In
questa citazione è descritta la morte di Mariana, uno dei personaggi di Beatus ille.
I personaggi associano alla musica i loro ricordi, così Nadia in El jinete
polaco, al suo arrivo in Spagna, sente uscire da un bar la musica di una canzone
dei Rolling Stones, Brown sugar, e pensa che “nunca había esperado oír una de
esas canciones en España, acostumbrada desde niña a asociar el país de su padre a
los discos de los años treinta que algunas veces él escuchaba”.162
L’autore cita altre canzoni come quelle di Concha Piquer, cantante
simbolo di ciò che era lecito durante il franchismo, ma il suo successo popolare è
andato ben oltre questo periodo storico, le sue canzoni hanno accompagnato
l’infanzia di Nadia (la protagonista) a New York e la vita di migliaia di
repubblicani esiliati.163
160
Cfr. María Luisa Fernandez Martínez, art. cit., pp. 93-96.
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 97.
162
Ibídem, pp. 216-17.
163
Cfr. Marie-Claude Chaput, “Les lieux de mémoire dans El jinete polaco d’Antonio Muñoz
Molina”, in Iris, 1996, p. 37.
161
71
Jim Morrison è il cantante più citato da AMM, egli rappresenta la
ribellione giovanile, attuale e passata, incarnata dalla canzone, Riders on the storm
che fa da eco al titolo del romanzo. Questa canzone è stata la colonna sonora della
sua adolescenza e di un’intera generazione. Essa ricorda a Manuel il suo amore
non corrisposto per una compagna, Marina, e rappresenta anche il suo desiderio di
evasione:
“(…) no hay nadie como Jim Morrison, nadie que murmure o grite o escupa esas
palabras, Riders on the storm, los jinetes cabalgando en una noche de tormenta,
yo mismo, solo, fugitivo de Mágina, cabalgando en la yegua de mi padre, no
hacia la huerta, sino hacia otro país, viajando en un coche por una carretera que
no termina nunca”.164
Quando tutti i suoi amici sono al bar ad ascoltare musica lui deve lavorare
nei campi, l’unico suo conforto è la musica e le parole delle canzoni che, grazie
alla sua immaginazione, lo fanno evadere dal mondo che lo circonda verso luoghi
lontani, metropolitani:
“(…) y por el camino abajo, montado en ella (la yegua), murmuraba letras de
canciones, Riders on the storm, Hotel Hell, The house of the raising sun, Brown
sugar, pero no viajaba a cien kilómetros por hora y a través el desierto en
dirección de San Francisco, sino que cabalgaba por una vereda entre las huertas y
los sembrados de Mágina”.165
“Por la noches, cuando dejaba a la yegua encerrada en la cuadra iba a reunirme
con Martín y Félix en una taberna próxima a la puerta de Granada que se llamaba
la Cueva Arabe. Casi todos los discos que había en la máquina eran muy malos,
salvo uno de Led Zeppelin, Whole lotta love”.166
In El jinete polaco, la musica permette di riportare al presente le voci dei
morti, opera come un elemento di unione, attualizza delle scene passate o collega
diversi momenti presenti.
“Está sonando una canción y no sé desde dónde me llega ni cuál es su título, una
voz quejumbrosa y familiar aunque no sepa de quién es ni cuánto tiempo hace
que no la oía, (…) ha empezado a oírse (…) en una pluralidad de lugares y
tiempos que la música vuelve simultáneos y en los segundos que tardo en
acordarme del cantante y del título revivo como a tientas una tarde de junio
despojada todavía de su fecha exacta.167
164
Ibídem, p. 222.
Ibídem, p. 308.
166
Ibídem, p. 376.
167
Ibídem, p. 339
165
72
La canzone, di cui si parla nella citazione precedente, è My girl di Otis
Redding nella versione dei Rolling Stones, essa ricorda a Manuel un amore
giovanile non corrisposto per Marina.
Il protagonista, successivamente, immagina l’amata soffermandosi, come
un poeta, sulle sue qualità fisiche e sul proprio desiderio di lei. Dopo aver
ricordato la donna rammenta il titolo e l’autore della canzone che la radio sta
trasmettendo: “Otis Redding, me acuerdo, y la canción es My girl”.168
Ancora le canzoni di Otis Redding fanno da sottofondo ad un episodio
avvenuto in un periodo triste della sua vita quando si trovava negli Stati Uniti:
“(…) cuando volví a España sin pensar todavía en quedarme, cuando me
deslumbraron los faros de un camión a la salida de una curva y pisé el freno y no
disminuyó la velocidad. Cerré los ojos dispuesto a morir, mis manos dieron un
giro desesperado y automático al volante y no vi nada más que oscuridad (…) y
seguía vivo, oyendo en la radio del coche una canción de Otis Redding que había
escuchado por última vez hacía diecisiete años”.169
Alla prima delusione amorosa sono associate altre canzoni, Manuel ricorda
che un giorno entrando in un locale, il Martos, vede sulla pista da ballo alcune
coppie che ballano ma una in particolare attira la sua attenzione, Marina e un
uomo che:
“(…) se acercó a la máquina, muy alto, con los hombros anchos y las manos en
las caderas, un chulo de mierda, se inclinó sobre el panel iluminado donde
estaban los títulos de las canciones y echó una moneda, ya verás lo que pone, me
dije (…) y entonces empezó a sonar una canción espantosa, de Demis Roussos
una canción que le taladraba a uno los oídos, We shall dance”.170
“(…) empezó a oírse a Roberta Flack cantando Killing me softly with his song y
yo miraba con disimulo inútil a Marina y al tipo que se abrazaba a ella y le hundía
la cara en la nuca y le aplastaba las nalgas con sus dos manos abiertas y me sentía
morir”.171
Queste due citazioni mostrano come la musica sia il mezzo per descrivere i
sentimenti che appartengono a un’intera generazione. I conflitti generazionali
sono evidenti se analizziamo le citazioni. Le canzoni più frequenti sono quelle
rock a cui è legato il protagonista e che rappresentano la ribellione, mentre il
168
Ivi.
Ibídem, p. 419.
170
Ibídem, p. 351.
171
Ibídem, p. 353.
169
73
genere pop, a cui sono legati i due giovani che ballano, rappresenta la stabilità
economica ed emotiva di una parte della società.
Dopo il loro primo incontro Nadia e Manuel non si sono più rivisti.
Diciassette anni dopo si incontrano ad un congresso e iniziano una relazione.
Anche Nadia, spesso, ricorda gli avvenimenti del suo passato attraverso le
canzoni:
“Me acordaba de ti, (…) me parecía verte, o si escuchaba esa canción de Carol
King que te puse en mi casa y que te emocionó tanto porque entendías toda letras,
You’ve got a friend, (…) para entenderte yo tenía que pensar en español hacías
frases copiadas de las canciones de los discos, y como eras tan educado usaste el
título de una canción de los Beatles para pedirme que te cogiera la mano: I wanna
hold your hand”.172
“(…) cuando peor me sentía me acordaba de ti. Calculaba tu edad, porque me
habías dicho que te faltaban seis meses para cumplir dieciocho años, me
preguntaba qué aspecto tendrías, si estarías gordo o calvo, si te habrías casado, si
habrías sido capaz de llevar a cabo todos los propósitos que me contaste aquella
noche. Me repetiste un verso de una canción de Jim Morrison: queremos el
mundo y lo queremos ahora. Quería irte de Mágina y no volver nunca”.173
In queste due citazioni si nota come la canzone faccia da tramite tra realtà
e finzione. Nadia ascoltando le canzoni oltre a ricordare alcuni avvenimenti del
passato, immagina anche come deve essere il presente di Manuel.
Manuel, dopo venti anni ritorna a Mágina ma le cose sono cambiate e
attraversando la città ricorda: “de cuando iba por estas mismas calles con la
guerrera azúl marino de mi abuelo Manuel que me daba, creía yo, un aire entre
aventurero y maoísta, recitando canciones de Jim Morrison o de Lou Reed”174
In tutti i suoi romanzi la musica fa da colonna sonora, ed è uno stimolo al
ricordo perché ad essa sono associati episodi della vita di ogni personaggio, in
Beatus ille è la canzone Si no volvemos a encontrarnos nunca mentre in El jinete
polaco sono le canzoni di un’intera generazione, quella dell’autore, e ne
rispecchiano il gusto personale.
Manuel María Morales Cuesta a proposito della musica nelle opere di
AMM, in particolare modo in El invierno en Lisboa, afferma che:
172
Ibídem, p. 480.
Ibídem, p. 484.
174
Ibídem, p. 547.
173
74
“La música es muy importante en la novela. Al igual que Proust compuso una
balada de Vinteuil para que sus lectores la aprendieran de memoria sin haberla
escuchado nunca, aquí AMM inventa la canción “Lisboa” porque es consciente
de la importancia de la música silenciosa en la literatura”.175
Durante un’intervista, AMM afferma che la tecnica con cui ha costruito i
due romanzi deriva dalla musica e che:
“(…) en la organización del material narrativo, la música es imprescindible. En,
Beatus ille, el primer capítulo está concebido como una obertura. Todos los
temas, o casi todos los temas que van a surgir a lo largo de la novela están ahí. Y
hay una cosa que me interesa mucho de la música, y que he aprendido de ella,
que es la resonancia. Lo que se dice en una página, que vuelve treinta páginas
después, y entonces obliga a la memoria a reaccionar. Igual que la música, la
familiaridad con lo que oye, que es la música barroca, la fuga y la variación”.176
3.1.3. La storia e i luoghi di memoria
I temi dei romanzi di AMM sono strettamente legati alla storia recente
della Spagna: Repubblica, Guerra Civile, Franchismo. Il bisogno del narratore di
cercare nella sua memoria e in quella collettiva il passato ci sembra corrispondere
al progetto annunciato da Pierre Nora nell’opera La mémoire saisie par l’histoire
dove dichiara che:
“Tout ce que l’on appelle aujourd’hui mémoire n’est donc pas de la mémoire
mais déjà de l’histoire. Tout ce que l’on appelle flambée de mémoire est
l’achèvement de sa disparition dans le feu de l’histoire. Le besoin de mémoire est
un besoin d’histoire”.177
L’autore intende con il termine storia, non solo quella particolare di un
romanzo ma anche quella collettiva della società che esso rappresenta. La storia
collettiva e personale si scrive e riscrive mentre i diversi personaggi la evocano
attraverso il ricordo. Nelle opere di AMM la memoria è il cuore della finzione ed
è direttamente correlata alla storia.
Essa si propone di ricostruire il passato, mentre il narratore lo rivisita in
tutta libertà attraverso luoghi di memoria storica, esterni e interni alla finzione.
AMM ritiene che bisogna evocare il passato perché in trenta anni il mondo è
175
Manuel María Morales Cuesta, op. cit., p. 40.
Cfr. Antonio Muñoz Molina, “Simulacros de realidad”, a cura di Jochen Heymann/Montserrat
Mullor-Heymann, Retratos de escritorio. Entrevistas a autores españoles, Frankfurt a. M.,
Vervuert, 1991, p. 103.
177
Pierre Nora, Les lieux de mémoire, I. La Répubblique, Gallimard, Paris, 1984, p. 25.
176
75
cambiato e alcune volte le cose di ieri ci sembrano antiche, in parte perché
appartengono alla irrealtà dell’infanzia ma, soprattutto, perché sono storie e
sensazioni che possiedono una luce ambigua, di passato lontano.
Nelle sue opere AMM rievoca alcuni periodi storici, la repubblica, la
guerra civile, il franchismo, che hanno influenzato la vita socio-politica della
Spagna attuale.
In El jinete polaco la repubblica, con la sua dimensione mitica, prima del
trauma della guerra civile, rappresenta non solo l’origine dei due protagonisti,
Nadia e Manuel, ma anche il loro futuro comune, essi sono gli eredi e anche i
depositari incaricati di riportarla alla luce.
Per Manuel bambino il denaro del nonno, ritrovato nel solaio, rappresenta
questo periodo mitico e prospero attraverso una parola “tesoro”:
“(…) yo he abierto una caja de lata y he visto en su interior grandes fajos de
billetes morados y he pensado con inquietud y orgullo que mi abuelo esconde un
tesoro ganado hace mucho tiempo en una guerra esa de la que se acuerdan
siempre los mayores”,178
Quando il nonno cita un personaggio storico come Manuel de Azaña,179
Manuel si ricorda: “de los tebeos de Hazañas Bélicas que alquila en la plaza del
General Orduña un hombre con las piernas cortadas”.180
Il narratore considera questa epoca positiva rispetto a quella in cui vive
perché il nonno ha sempre descritto questo periodo, della repubblica, come il più
felice della sua vita.
Nel solaio, luogo privilegiato per la memoria e l’immaginazione, oltre al
denaro della repubblica, Manuel trova le lettere del nonno scritte dal campo di
concentramento, i vecchi giornali che ricordano le guerre passate, come quella di
Corea, le fotografie dei nonni e dei genitori, e la divisa del nonno di Guardia de
Asalto, simbolo della repubblica.
178
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 82.
Manuel de Azaña, (1880-1940), politico e scrittore, fu ministro della guerra, Presidente del
Consiglio e Presidente della II Repubblica.
180
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 83.
179
76
All’inizio di questo romanzo l’autore utilizza il rapimento di Don
Mercurio come espediente per descrivere un avvenimento storico-politico, che
colpì gravemente il paese, l’assassinio di Prim.181
“Había llegado de Madrid tan sólo unas semanas atrás, urgido por la conveniencia
de huir de una persecución política cuyos motivos nunca explicó porque tal vez ni
para él mismo estaban muy claros, pero que acaso no eran ajenos a la desbandada
de internacionales y repúblicanos que tuvo lugar tras el asesinato del general Prim
en la calle del Turco (…). Su conciencia permanecía en un estado de incrédula
expectación y casi duermevela, pero su cuerpo se encogía con el automatismo
del pavor. Lo mararían en un coche cerrado, en una berlina de capota negra y
ruedas rojas como aquella en la que viajaba Prim cuando le dispararon”.182
Attraverso il recupero della memoria AMM resuscita la storia dei perdenti
della guerra civile. Lo scopo dell’autore è quello di recuperare un passato che il
franchismo ha negato alle generazioni successive. I suoi personaggi, presenti e
passati, vivono immersi nella storia della guerra e del franchismo. In Beatus ille,
sia nel caso della guerra civile che nella scoperta dell’assassinio di Mariana, il
fattore decisivo è la ricerca e il recupero della memoria.
In quest’ultimo caso, l’assassinio di Mariana, un tradimento politico è il
pretesto che Doña Elvira, la madre di Manuel, usa per ricattare lo scultore Utrera.
Quando scopre che lo scultore ha cercato di vendersi come spia lo obbliga ad
uccidere Mariana così una questione privata si risolve grazie ad un ricatto
politico.183
In questo romanzo il narratore cerca di far rivivere attraverso il racconto
dei personaggi minori il mito della II Repubblica. Cita in proposito Medina
ricordando Mariana:
“(…) apareció pisando con sus tacones blancos los adoquines de Madrid, junto a
Solana, surgida de las aguas o de aquella muchedumbre, la más grande y más
alentadora que había visto Manuel en todos los días de su vida, que celebraba el
triunfo del Frente Popular y daba gritos exigiendo amnistía y nuevo gobierno en
la misma plaza donde habían recibido la proclamación de la República”.184
181
Juan Prim y Prats, (1814-1970), militare e politico spagnolo. Fu uno dei dirigenti della
rivoluzione nel 1868, capo del Governo nel 1869. Morì durante un attentato alcuni giorni prima
che Amedeo di Savoia, da lui appoggiato, salisse al trono.
182
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 39.
183
Cfr. Marie-Claude Chaput, art. cit., pp. 25-38.
184
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 137.
77
Anche Orlando fa una considerazione personale sulla repubblica parlando
con gli altri protagonisti:
“Y me parece que la República es el nombre que dais a vuestra vergüenza,
aunque sabéis que esta República no es vuestra y que esta guerra que todos
vamos a perder no hubiera sido nunca vuestra victoria. Gane quien gane, y no
vamos a ganar nosotros o vosotros o quienquiera que sea esa República de las
banderas y la gaceta Oficial, tú habras perdido, Solana (…) porque tu sangre de
judio sin patria te impide la posibilidad de pertenecer a un bando de
vencedores”.185
In El jinete polaco, l’autore inizia a narrare della guerra civile nel
momento in cui il comandante Galaz, dopo trentasette anni di esilio forzato,
ritorna a Mágina. Egli si confronta con il passato nel vedere alcune fotografie che
lo ritraggono in divisa da ufficiale dell’esercito della II Repubblica e ricorda gli
avvenimenti storici ad essa collegati.
Il padre di Nadia rammenta che all’esplosione della guerra aveva imposto
la sua autorità agli ufficiali insorti e simpatizzanti di Franco, uccidendo il tenente
ribelle Mastalla, e che con la successiva vittoria del franchismo aveva
abbandonato la famiglia ed era andato in esilio negli Stati Uniti dove era nata
Nadia, la protagonista.
Il comandante Galaz, realizzò come militare l’unico atto autentico di tutta
la sua esistenza, la pallottola che avrebbe dovuto usare contro sé stesso gli è,
invece, servita per uccidere un traditore della repubblica. In questo episodio è
evidente come una decisione individuale abbia influito sulla collettività. Questa
azione ha un senso storico, mostra come il potere ha una profonda dimensione
psicologica. Di fronte alla decisione del comandante tutti gli uomini della sua
guarnigione decidono di essere fedeli al governo legittimo.186
La guerra è rivissuta anche attraverso i ricordi della madre di Manuel
quando da bambina immagina che la:
“Macanca traería el cuerpo muerto de su padre, que lo habían matado o había
fenecido de hambre en ese sitio que su abuelo Pedro Expósito llamaba el campo
de concentración (…) la noche de un sábado de finales de marzo las tropas
enemigas habían ocupado Mágina, y a la mañana siguiente, sin hacer caso de
185
Ibídem, p. 191.
Cfr. Águila Zamora/ Fernando Valls, “Memoria, anticipación y tiempo en El jinete polaco:
algunas implicaciones filosóficas”, a cura di Inge Beisel, op. cit., p. 63.
186
78
nadie, él se puso su uniforme de gala y echó a andar tranquilamente hacia el
hospital de Santiago, porque le tocaba guardia, y nada más llegar vio que habían
cambiado la bandera que ondeaba sobre la fachada”.187
Nei due romanzi è importante la relazione tra la memoria e i piani
temporali, frequente è l’utilizzo di anacronismi, di inversioni cronologiche
(ricordiamo l’epigrafe “Mixing memory and desire” in Beatus ille). Le date sono
fondamentali per la ricostruzione fittizia della storia perché la verosimiglianza
dipende più dall’immaginazione creativa dell’autore che dalla realtà dei fatti
storici.
In Beatus ille l’azione si svolge tra il 1930 e il 1969, molte date ricorrono
frequentemente all’interno del testo e ricordano avvenimenti importanti della vita
dei personaggi. Per esempio il 1933 anno in cui Jacinto Solana conosce Mariana,
o il 22 maggio 1937 data in cui Mariana muore, o l’inverno 1947, anno in cui
Jacinto Solana esce dal carcere e ritorna a Mágina dopo dieci anni. Il lettore sa
sempre in che anno, in che mese e in quanto tempo si svolgono i fatti. Il periodo
in cui si svolgono gli avvenimenti di El jinete polaco è più lungo, tra il 1870 e il
1980. In El Jinete polaco, le date degli avvenimenti storici funzionano da luogo di
memoria per i protagonisti, il 14 aprile 1931 (nascita della II Repubblica) è un
giorno di festa per il nonno di Manuel che, in una sequenza del romanzo, lo rivive
così:
“(él) imagina que desfila, como en las paradas del catorce de abril, la cabeza alta,
el codo en ángulo recto junto al costado izquierdo para sostener la culata del
máuser, me explicaba, (...)”.188
Il nonno ricorda alcuni avvenimenti storici:
“El 15 de abril del treinta y uno se le saltaron las lágrimas leyendo en ABC la
carta de Alfonso XIII a los españoles, pero lloró igual cuando en el balcón del
ayuntamiento vio izarse la bandera tricolor”.189
Un’altra data, il 18 luglio 1936 (scoppio della Guerra Civile), è simbolica e
di lutto per il comandante Galaz:
“Pero ahora la calle que iba hacia el cuartel no se llamaba Catorce de Abril sino
Dieciocho de Julio: la sórdida fecha tenía para él algo de conmemoración
187
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 47.
Ibidem, p. 112.
189
Ibidem, p. 115.
188
79
personal. Si no hubiera ido solo no se habría atrevido a bajar por ella: cómo
explicarle a su hija que no tenía nostalgía de haber sido un militar, que lo que
estaba buscando no era un escenario muerto y tal vez vergonzoso del pasado, sino
la solución a un enigma imposible, el de su vida hasta los treinta y dos años, el de
su entrega inflexible a una tarea que nunca le importó”.190
Anche Solana, in Beatus ille, cita questa data quando ricorda il padre:
“(…) porque ahora, cuando está muerto, sé que era un hombre dominado por una
fiera voluntad de estar solo, y que si se marchó de Mágina el 19 de julio de 1936
no fue porque tuviera miedo de la guerra, sino porque la guerra le ofreció el
pretexto que siempre había deseado para abandonar la ciudad”.191
A queste date storiche se ne aggiungono altre inventate dall’autore che
hanno grande importanza all’interno del romanzo come il 1947, anno in cui
Solana esce dal carcere dopo dieci anni e va a far visita a Manuel ed è lo stesso
anno dell’omicidio di Mariana.
In questa architettura del tempo, la storia è il principale protagonista, la
storia del presente, con alcune allusioni reali come quella che si riferisce
all’assassinio dello studente Ruano gettato dalla finestra del carcere dove era
detenuto dalla polizia della celebre Brigada Político Social. Ruano era il
compagno di María Dolores González, un avvocato che nove anni dopo la sua
morte (1977) è ferita durante un assalto dei fascisti all’ufficio del lavoro di calle
de Atocha.192
Anche la fame e il terrore del dopoguerra fanno parte della storia della
Spagna e Manuel è la voce delle persone vissute in questo periodo buio come
afferma:
“Miro sus caras y tengo la sensación de que nunca los he conocido
verdaderamente, de que nunca he sabido cómo eran, quiénes son fuera y lejos de
mí, de qué se acuerdan, qué saben, cómo vivían en las edades oscuras de hambre
y de terror, no haces siglos, sino años, no muchos, un poco antes de que yo
naciera (…)”.193
Oltre alla guerra civile un altro evento bellico che occupa una parte
rilevante in El jinete polaco è la guerra di Cuba. Per il protagonista è un ricordo
dei racconti avventurosi del nonno che sono una reinvenzione, una messa in scena
190
Ibídem, pp. 242-243.
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 129.
192
Cfr. Joan Oleza, art. cit., p. 381.
191
80
della storia. Per lui il solo ricordo di questa guerra sarà “(…) ese hombre con las
piernas cortadas que estuvo en la guerra con el tío Rafael”194 ultimo eco di un
conflitto dimenticato.
Durante l’adolescenza Manuel si nutre dei racconti sulla guerra fatti dal
nonno e dagli zii e si immedesima con il loro passato. Attraverso il ricordo dei
racconti della madre sul bisnonno Pedro, Manuel rievoca alcuni avvenimenti
salienti della vita e della prigionia a Cuba del bisnonno durante la guerra
ispanoamericana del 1898. Quando Manuel parla di lui si riferisce continuamente
a questa guerra:
“En la casa de al lado, la del rincón, donde vivió el ciego González, había vivido
siempre el único amigo de mi bisabuelo Pedro, que combatió en Cuba junto a él y
fue fusilado sin explicación a los pocos días de que entraran en Mágina las
tropas. (…) aquel hombre dedicaba los últimos años de su vida a llevar la cuenta
de los supervivientes de la guerra de Cuba que iban muriendose en Mágina”.195
“(…) mi bisabuelo Pedro Expósito que fue recogido de la inclusa por un
hortelano muy pobre (…), que combatió en la guerra de Cuba y sobrevivió al
naufragio en el Caribe del vapor donde volvía a España.”.196
Anche in Beatus ille, è ricordata questa guerra quando si narra che durante
l’assedio della Plaza del General Orduña gli uomini che spararono alla statua
possiedono “viejos mosquetones de la guerra de Cuba”,197 o quando Jacinto
Solana ricorda una conversazione avuta con il padre sulla guerra “Usted aquí no
se entera o no quiere enterarse, pero les estamos dando un escarmiento a los
fascistas” il padre risponde così:
“Eso nos decían cuando nos mandaron a Cuba. Que ibamos a darles un
escarmiento a los insurrectos. Y ya ves, un poco más y tú no naces”.198
Justo Solana catturato dalla milizia fascista durante il suo sequestro appare
”silencioso y solo, él miraba los rostros desconocidos y las cosas extrañas que
193
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 105.
Ibidem, p. 342.
195
Ibidem, p. 139.
196
Ibidem, p. 27.
197
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, pp. 56-57.
198
Ibidem, p. 129.
194
81
sucedían a su alrededor y pensaba que eso, al fin, era la guerra, la misma crueldad
y desorden que había conocido cuando en su juventud lo llevaron a Cuba”.199
AMM ha il desiderio di evocare il passato attraverso un richiamo storicoletterario in cui la verosimiglianza utilizzata dall’autore per ricreare la storia
dipende più dalla sua immaginazione creativa che dalla realtà degli avvenimenti
storici.200 Per rendere più credibile la finzione, l’autore cita, nella narrazione, i
nomi di personaggi reali come: Alfonso XIII, Primo de Rivera, Luis Armstrong,
Vázquez de Molina, Felipe II, Hedi Lamarr, Jean Harlow, Manuel Azaña, Van
Gogh, Velázquez, Francisco Franco, Carrero Blanco, Hitler, etc.
In Beatus ille, l’autore costruisce una presunta amicizia tra il marito di
Doña Elvira e Alfonso XIII. Racconta Doña Elvira che il marito:
“(…) hizo tantas amistades con Alfonso XIII cuando era diputado. Tenía las
mismas aficiones y ninguno de los dos se molestaba en ocultarlas (…). Cuando el
rey vino a Mágina el año veinticuatro estuvo una tarde tomando el té con
nosotros, en esta casa”.201
In El jinete polaco sono citati alcuni personaggi storici quando Manuel
ricorda di aver visto “en la Plaza de Oriente la cola fúnebre de los que acuden a
despedirse del cadáver de Franco”,202 oppure quando Nadia ricorda una
discussione avuta con il padre:
“El día que mataron a Carrero Blanco no me permitió que saliera a la calle. No
aprendes, me decía, no te das cuenta de lo que pasa en España, no sabes que
cualquiera de esos desalmados puede dispararte un tiro”.203
L’autore utilizza anche, nei due romanzi, dei territori o luoghi in cui i
personaggi rivivono il passato. Questi luoghi di memoria sono Madrid e Mágina
in Beatus ille, Mágina, New York e Chicago in El jinete polaco. Questi luoghi
aiutano a rievocare gli avvenimenti accaduti alle diverse generazioni in diversi
momenti storici.
199
Ibidem, pp. 146-147.
Cfr. William Sherzer, “Tiempo e historia en la narrativa de Antonio Muñoz Molina”, in España
Contemporánea, IV, num. 2, 1991, pp. 626-630.
201
Ibidem, p. 71.
202
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 400.
203
Ibídem, p. 488.
200
82
Un luogo di memoria che l’autore cita, frequentemente, nelle sue opere è
Mágina-Úbeda (città natale e luogo dove si è andata formando la sua personalità)
città concreta che risponde ad una geografia reale ma che è anche la
rappresentazione tipica della città di provincia, che a volte serve da rifugio e da
trappola mortale nella quale i personaggi possono cadere vittime della desolazione
o della bellezza rustica e antica delle sue vie e piazze e città i-magina-ria , fittizia,
dove si parla una sola lingua e dove l’arrivo di uno straniero distrugge l’ordine. La
storicità della finzione e il riferimento agli avvenimenti passati sono legati a
questo luogo identificabile, dal lettore, in Úbeda (referente di Mágina) dove si
sintetizza la storia di Spagna.
New York, Madrid e tutte le grandi metropoli sono sinonimo della città
reale, cosmopolita dove si parlano molte lingue.
La città di Mágina costituisce, attraverso i suoi monumenti, un luogo di
memoria a partire dalle tracce lasciate dai musulmani fino allo splendore degli
antichi palazzi del XVI secolo. Questa città ha conosciuto momenti di gloria
quando, uno dei suoi abitanti, Vázquez de Molina, è stato segretario di Filippo II.
Questo paese di provincia ha una topografia che si presenta come reale ma
che allo stesso tempo si trasforma in uno spazio propizio all’immaginazione. Il
nome di questo luogo evoca varie associazioni semantiche (“immaginazione”,
“magica”) e sopravvive in Minaya come “una iluminación de su memoria como si
le bastara pronunciarlo para derribar murallas de olvido”.204
A Mágina ritornano i personaggi per ritrovare se stessi, le proprie origini,
la propria identità che lontano da questi luoghi avevano perso o dimenticato.205
Dice a proposito di Mágina AMM:
“Yo me inventé Mágina para contarme a mí mismo las experiencias de mi propia
vida y las de mis mayores con un grado de intensidad y unas posibilidades de
lejanía que sólo podría darme la ficción (…). Mágina se parece a una maqueta
(…) con sus estatuas que yo dispongo como si manejara meditativamente figuras
de ajedrez, con sus torres en las que siempre hay reloje, con sus espaldas, sus
calles de empedrado y fachadas blancas y dinteles de piedra”.206
204
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 17.
Cfr. Marie-Claude Chaput, art. cit., pp. 25-38.
206
Antonio Muñoz Molina, “Viaje al sur”, in El País semanal, 14 agosto 1994, p. 72.
205
83
Alcuni luoghi esterni, come la Plaza del General Orduña, la Plaza de los
Caídos, la Plaza de San Lorenzo, aiutano a ricordare il passato ma, soprattutto, gli
avvenimenti storico-politici.
Nella Plaza del General Orduña confluisce la storia del paese, accadono
fatti importanti per la collettività ed é qui che i nostri personaggi riacquistano un
passato storico e personale. Per esempio in Beatus ille:
“Para los habitantes de Mágina, la plaza vieja o simplemente la Plaza, y la estatua
del general pertenecía a ella porque había ingresado en el orden natural de las
cosas, igual que la torre del reloj y las palomas grises y los soportales donde los
hombres se agrupan en la mañanas invernales”.207
Questa Plaza è un luogo di memoria per Solana che ricorda un giorno in
cui, in compagnia di Mariana assiste al linciaggio di un fascista. Questa immagine
dell’uomo “con la cabeza y las manos esposadas (…) el brillo de la sangre que le
manaba por las comisuras de la boca”208 si ricollega nella sua memoria ad altri
corpi, che lui non ha mai visto, come quello del padre abbandonato in un angolo
della Plaza San Lorenzo nel 1936. L’immagine del padre, durante il suo arresto, si
sovrappone a quella appena citata del fascista:
“(…) una patrulla llegó para llevarse a Justo Solana con las manos esposadas y
una mancha de sangre en una esquina de la boca”.209
Questo episodio è ricordato anche in El jinete polaco.
“(…) ay mama mía mía mía quién será, el hombre que vino a decirles que su
padre estaba en la cárcel, cállate hija mía mía mía que ya se irá, los que llamaron
a la casa del rincón y se llevaron a Justo Solana en una furgoneta negra (…)”.210
Un altro avvenimento che può essere messo in relazione con la memoria
collettiva è quello in cui Frasco e sua moglie durante un pranzo a casa di Manuel
parlano “del bombardeo de Guernica, porque una escuadrilla de aviones altísimos
estaba cruzando sobre el cielo de Mágina, y de alguien, un espía -Un
quintacolumnista- que tres días atrás había sido detenido en Mágina”.211
Altri riferimenti storici sono dati dal pittore Orlando:
207
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 55.
Ibídem, p. 166.
209
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 203.
210
Ibídem, p. 51.
211
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 176.
208
84
“El pueblo español tiene derecho a quemar las iglesias y a linchar a los fascistas,
porque será mucho peor lo que ellos hagan si tenemos la desgracia de perder esta
guerra. Pensad en Guernica, o en la plaza de toros de Badajoz. El pueblo no
espera la revolución, sino el Apocalipsis”.212
In El jinete polaco, la memoria individuale dei personaggi restituisce
frammenti di storia e il commissario Florencio Pérez guardando la Plaza dall’alto
del suo ufficio, durante gli anni del dopoguerra, osserva “las caras mal afeitadas y
pálidas de hambre, rígidas de ira, hurañas, embotadas, (…) caras de presuntos
sospechosos, de agitadores, de cobardes (…)”213 e un’altra scena dal passato si
sovrappone:
“(…) un recuerdo borroso de muchedumbre amotinadas y vendavales de banderas
y puños agitándose en esa misma plaza donde el murmullo de ahora sonaba como
un rescoldo pagado de los gritos y los himnos de entonces”.214
La statua del generale, che domina la piazza, è la metafora di Franco e in
questo luogo, a lui dedicato, si situa la memoria collettiva che racchiude il ricordo
della guerra d’Africa, della repubblica e del franchismo. Nel 1990 la piazza
prende il nome di Plaza de Andalucía e questo continuo mutamento del nome
segnala gli avvenuti cambiamenti e l’inevitabile trascorrere del tempo.
La guerra è evocata in un altro luogo, la huerta del padre di Manuel. In
questo posto gli zii e il luogotenente anarchico Chamorro rievocano i loro ricordi.
Per Manuel la guerra sono i racconti di avventure del nonno che sono una
reinvenzione, una messa in scena della storia, il nonno drammatizza e mitizza la
repubblica.215
Al contrario, in Beatus ille la huerta del padre di Solana è un luogo chiuso,
isolato dalla storia dove gli avvenimenti non hanno influenza e dove lui si rifugia
per sfuggire dalla realtà esterna perché sinonimo di pace e tranquillità.
I valori ideologici risultanti dai romanzi rimettono alle nozioni di tempo
storico e di memoria. Il tempo storico, i cui segni marcano luoghi, corpi e
coscienze, ingloba e unifica gli episodi della vita quotidiana di ognuno la cui
memoria può essere discontinua.
212
Ibídem, p. 177.
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 124.
214
Ivi.
213
85
Attraverso il racconto di Solana, in prima e terza persona, si intraprende
una investigazione soggettiva della storia vissuta dai protagonisti, con tutti i suoi
traumi, attraverso le impronte che ha lasciato la II Repubblica e il franchismo.
Nonostante l'autore sia nato venti anni dopo si sente erede di quel periodo
storico e riflette con ironia e scetticismo sulla grave repressione.216
In El jinete polaco, non ci sono solo riferimenti alla storia passata ma
anche a quella presente, in particolare nell’ultima parte del romanzo quando il
protagonista sta volando in Europa per il funerale della nonna Leonor e pensa che
i passeggeri sono tutti “desconcertados por la luz del alba que surge cuando se
leventan las persianas de plásticos de las ventanillas, con esa familiaridad huraña
de los vuelos nocturnos que se acentúa porque somos muy pocos en un avión tan
grande y compartimos la modesta audacia de viajar a Europa en tiempo de
guerra”.217 La guerra a cui si riferisce Manuel è quella del Golfo.
In El jinete polaco Nadia e Manuel, figli di famiglie di diversa ideologia
politica, ricostruiscono il loro passato e durante questo lavoro incontrano
molteplici aspetti della storia politica e sociale della Spagna a partire dal 1870
circa. In questo romanzo si creano situazioni che spingono i protagonisti a
investigare e ricordare, di modo che avvenimenti lontani nel tempo, molte volte
enigmatici o rimossi, prendono corpo e svelano la loro importanza per l’attualità.
Nei due romanzi c’è una forte presenza di riferimenti alla realtà storica di
Spagna, ma la motivazione come il senso di questo mondo sono trasformati
dall’esperienza interna dei protagonisti attraverso il loro stato di innamorati, di
modo che l’esperienza di alcuni personaggi che hanno nostalgia di un passato di
cui hanno solo sentito parlare durante l’adolescenza, acquista maggior importanza
degli avvenimenti storici, citati nel testo.218
215
Cfr. Marie-Claude Chaput, art. cit., pp. 28-32..
Cfr. Maryse Villapadierna, “Tiempo, espacio y memoria en Beatus ille de Antonio Muñoz
Molina”, a cura di Jacqueline Covo, Historia, espacio e imaginario, PU du septentrion, Villeneuve
d’Ascq, France, 1997, pp. 79-88.
217
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 512.
218
Cfr. Ken Benson, “De la amnesia a la nostalgia. Reflexiones sobre la función de la memoria en
tres textos de autores contemporáneos (Rosa Chacel, Juan Benet, Antonio Muñoz Molina)”, a cura
di Inge Beisel, op. cit., pp. 7-26.
216
86
3.1.4. Gli oggetti
Gli oggetti presenti nei due romanzi aiutano i personaggi nel recupero
della memoria passata e della storia. La loro massiccia presenza cattura
l’attenzione dei personaggi, eccita la loro inventiva e partecipa alla messa in scena
della memoria. Manuel dice a Minaya che “las cosas existen sólo si hay alguien,
un interlocutor o un testigo que nos permita recordar que alguna vez fueron
ciertas”.219
La vista di alcuni oggetti come fotografie, quadri, libri e specchi, riportano
alla mente dei personaggi alcuni avvenimenti della loro vita passata e presente.
In una sequenza delle ultime pagine di Beatus ille gli oggetti della finzione
acquistano valenza temporale, come afferma il narratore:
“Minaya entendió que ese lugar y esa casa nunca lo habían aceptado entre los
suyos, porque aún antes de que saliera de allí ya los muebles, el olor tibio de la
madera y de las sábanas, el espejo donde una vez vio que Inés se le acercaba
desnuda y lo abrazaba por las espaldas, renegaban de él como cómplices
súbitamente desleales y se apresuraban a borrar toda prueba o signo del tiempo
que permaneció entre ellos”.220
Alla fine del romanzo El jinete polaco, abbiamo un inventario di oggetti
dissimili, appartenenti a diversi contesti come se Manuel attraversasse un bazar o
come se facesse due passi attraverso la storia; passato e presente di Mágina si
trovano qui mischiati.221
“Sólo he encontrado urbanizaciones sin aceras, garajes, talleres de coches, incluso
whiskerias con nombres invitadores y dotados de genitivo sajón (…) no quedan
rastros de las hileras de álamos que yo recordaba (…). De modo que esta barbaria
que ha venido creciendo como un tumor sin que yo supiera o quisiera advertirlo
es mi ciudad y mi país (…) los caminos del campo cegados por el abandono y la
basura, frigorificos viejos y lavadoras y televisores rotos en astillas (…)
envoltorios desganados de plástico (…) tiendas de lujo y jardines devastados,
garabatos de spray en las fachadas de casas en ruinas (…) latas aplastadas de
coca-cola flotando en el agua podrida de aquella fuente del parque
Vandelvira”.222
219
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 170.
Ibídem, p. 237.
221
Cfr. Águila Zamora/ Fernando Valls., “Memoria, anticipación y tiempo en El jinete polaco:
algunas implicaciones filosóficas”, a cura di Inge Beisel, op. cit., p. 71.
222
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 545.
220
87
Gli oggetti costituiscono i ricordi, perché non è la memoria che dura nel
tempo, ma le cose. Un esempio, gli oggetti nella sala da pranzo dello zio di
Minaya hanno valenza mnemonica:
“Amalia había accedido a servir la cena en la vajilla de plata, y a poner en la
mesa dos candelabros de bronce que habitualmente estaban sobre el aparador y
eran un testimonio del tiempo en que aún vivía el padre de Manuel y se
celebraban en la casa cena de gala como aquella a la que asistieron Alfonso XIII
y el general Primo de Rivera”.223
Nella casa di Manuel ci sono porte che invitano ad addentrarsi nelle stanze
successive della memoria e altre chiuse dove non è permesso entrare, una di
queste è la camera matrimoniale, non più abitata dopo la morte di Mariana, luogo
di un culto feticista da parte di Manuel, una stanza dei ricordi:
“En el dormitorio que compartió con Mariana una sola noche guardaba su vestido
de novia y los zapatos blancos y el ramo de flores artificiales que ella llevó en la
mano el día de la boda. Tenía catalogados no sólo todos sus recuerdos sino
también las fotografías (…)”.224
Introducendosi di nascosto nella stanza, Minaya osserva la camera e gli
oggetti che la compongono:
“Una habitación grande, inesperadamente vulgar, con muebles oscuros y cortinas
blancas sobre los postigos del balcón que da a la plaza de las Acacias. Aquí se
encierra [Minaya] pensó [Manuel], para acariciar los bordados o el filo de las
sábanas como si acariciara el cuerpo de la mujer (..) para mirar la plaza o mirar el
espejo en busca de un recuerdo de Mariana”.225
Quando Minaya è invitato a prendere un tè nella camera di Doña Elvira,
che rappresenta la memoria di un tempo passato ed è un simbolo della Spagna
reazionaria, si accorge che nella stanza c’è “ un perfume desconocido y denso
(…), como si también formara parte de la presencia no visible, de la encerrada
soledad y las ropas y muebles de otro tiempo que envolvían a Doña Elvira (…) no
es el olor de una mujer, sino el de un siglo: así olían las cosas y el aire hace
cincuenta años”.226
Nei due romanzi esaminati possiamo osservare come lo scrittore usi gli
stessi oggetti per esprimere il rapporto con il passato e la memoria
223
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 150.
Ibídem, pp. 24-25.
225
Ibídem, p. 88.
224
88
Questi oggetti sono un quadro intitolato Une partie de plaisir, in Beatus
ille ed un altro intitolato El jinete polaco, raffigurante un cavaliere che cavalca
attraverso un paesaggio notturno in El jinete polaco; un libro, dal titolo ipotetico
Beatus ille, mai scritto dal poeta Jacinto Solana in cui si cela il ricordo della sua
vita e dei suoi amici in Beatus ille, una Bibbia protestante, scritta in uno spagnolo
incomprensibile del XVI secolo in El jinete polaco; un corpo, quello della
mummia di una donna trovata murata nella casa de las Torres successivamente
riprodotto in una statua di cera, in El jinete polaco e quello di Mariana riprodotto
in una statua posta in una piazza in Beatus ille.
Il testo (la Bibbia e Beatus ille), un’immagine (i quadri El jinete polaco e
Une partie de plaisir), un corpo (la mummia della donna murata e la statua
raffigurante Mariana), possono intendersi come tre simboli del tempo.227
Tutti questi oggetti-simbolo stimolano il ricordo nei protagonisti e
rappresentano la memoria perché a loro sono legati degli avvenimenti passati,
come afferma AMM all’inizio di El Jinete polaco:
“(…) todas las cosas irradiaban vínculos en el espacio y en el tiempo, todo
pertenecía a una secuencia nunca interrumpida entre el pasado y el presente, entre
Mágina y todas las ciudades del mundo donde había estado o soñado que iba,
entre él mismo y Nadia y esas caras en blanco y negro de las fotografías en las
que era posible distinguir y enlazar no sólo los hechos sino también las orígines
más distante de sus vidas”.228
I libri, come appena detto, sono un simbolo tangibile e ricorrente nei due
romanzi, come si può notare all’inizio di ogni parte di Beatus ille dove c’è una
citazione che riassume un aspetto fondamentale della stessa catapultando il lettore
in una dimensione passata, del ricordo e dell’immaginazione.
La prima epigrafe, tratta da The Waste Land di T.S.Eliot, “Mixing memory
and desire” si riferisce alla memoria e alla sua relazione con l’emozione umana. In
questa prima parte la focalizzazione del racconto è su Minaya che va a Mágina per
ricostruire la storia (il ricordo) e che è sorpreso dalla figura di Inés (il desiderio).
226
Ibídem, p. 70.
Cfr. Marco Kunz, “Anticipación y resonancia en El jinete polaco”, a cura di Irene AndresSuárez, Inés d’Ors, op. cit., pp. 133-135.
228
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 16.
227
89
Il narratore parte dal finale della storia per ritornare all’inizio attraverso
una successione di ricordi ed evocazioni del passato, tutto questo è reso possibile
dalla scrittura a carattere indiziale che crea una prosa ricca di mistero.
Nella seconda parte l’epigrafe tratta dal Quijote: “Al cabo de tantos años
como ha que duermo en el silencio del olvido” allude alla fittizia esistenza del
mitico poeta scomparso, Jacinto Solana, su cui Minaya deve investigare per
portarne alla luce la storia.
La terza parte che inizia con un’altra epigrafe del Quijote: “Fuego soy
apartado y espada puesta lejos” riassume l’inutilità della ricerca dello studente.
La frase potrebbe appartenere a Jacinto Solana narratore incaricato di
svelare l’influsso della storia e della letteratura come afferma, nella citazione
seguente, rivolgendosi a Minaya:229
“Usted ha escrito el libro, le dije, usted me ha devuelto por unos días a la vida y a
la literatura, pero es posible que no sepa medir mi gratitud y mi afecto que son
más altos que mi ironía (…). Porque usted es el personaje principal y el misterio
más hondo de la novela que no ha necesitado ser escrita para existir (…). Ama la
literatura como ni siquiera nos es permitido amarla en la adolescencia, me busca a
mí, a Mariana, al Manuel de aquellos años como si no fuéramos sombras, sino
criaturas más verdaderas y vivientes que usted mismo”.230
Alla fine del romanzo c’è l’incontro decisivo tra Minaya e Solana,
quest’ultimo spera che quando Minaya arriverà a Madrid “ quemará los
manuscritos y el cuaderno azul y renegará de Mágina y de Inés, (…) que cuando
vea a Inès parada bajo el gran reloj amarillo tarde un instante en comprender que
no es otro espejismo erigido por su deseo y su desesperación, beatus ille”.231
In Beatus ille si nota un forte vincolo con la poesia della II Repubblica. Il
romanzo parla della relazione tra una persona della generazione di AMM e della
generazione della II Repubblica; in questo libro l’autore cita il poeta che più gli
interessa della Spagna del XX secolo, che è Pedro Salinas. C’è un momento nel
quale Solana regala a Mariana un libro con la dedica di Salinas, La voz a ti
debida, questo testo crea un legame affettivo tra i due e Mariana ricorda che “no
229
Cfr. María Dolores Asís Garrote, op. cit., 1990, pp. 399-405.
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 278.
231
Ibídem, p. 281.
230
90
dormía de noche para leer los libros que me regalabas tú. Al leer aquellos poemas
tenía siempre la sensación de que eras tú quien los escribía”.232
Minaya e lo zio si ritrovano spesso nella biblioteca, accogliente e
protettiva, idonea al lavoro, alla riflessione e agli incontri amorosi, per ricordare il
passato. Questo luogo di sapere è un archivio della memoria di un tempo,
riscontrabile negli appunti e dediche manoscritte da Solana che Minaya rinviene
tra le pagine di alcuni libri della biblioteca.
Minaya riceve dallo zio il compito di catalogare i libri della biblioteca e
mentre sta svolgendo quest’attività, nota un libro in francese I viaggi straordinari
e ricorda che “el padre de Manuel muy devoto a Verne debió comprarlo en París
hacia principios de siglo”.233
In biblioteca si intrecciano le relazioni tra i personaggi, è qui che si
incontrano sovente Minaya e Inés. Durante uno di questi incontri con Inés,
Minaya ricorda gli avvenimenti della mattina quando discutendo di un libro, La
Certosa di Parma, di Sthendal:
“(…) ella en el compartido entusiasmo por las aventuras y el coraje de Fabrizio
del Dongo, por un instante le sonrió como al cómplice de una pasión secreta:
Hablaba de Fabrizio como de Errol Flynn, porque su imaginación literaria se
había educado visualmente en las películas en color, (…) y el leer un libro
adelantaba el perfil con la misma atenta avaricia que si contemplara la pantalla
iluminada”.234
Qualche riga dopo Inés aggiunge che ha letto il libro fino alle tre della
mattina perché le è piaciuto molto, mentre Minaya dichiara di prediligere L’isola
misteriosa di Verne. Successivamente il narratore osserva che Inés mentre guarda
Minaya ha “la misma sonrisa, el mismo modo de mirarlo como si por fin lo viera
y de usar la literatura, el nombre tan sonoro de Fabrizio del Dongo y el recuerdo
ilusorio de los paisajes del norte de Italia, para hablar de ella misma, de Minaya,
cuyo rostro instintivamente atribuía a Fabrizio, pues desde entonces sus
232
Ibídem, p. 159.
Ibídem, p. 51.
234
Ibídem, p. 84.
233
91
conversaciones sobre los libros en las mañanas tibias de la biblioteca eran el velo
de otras palabras que ninguno de los dos se atrevía a decir”.235
Quando Minaya ritrova il libro scomparso dalla biblioteca, L’isola
misteriosa, osserva il disegno che ritrae i naufraghi che stanno abbandonando il
Nautilus fuggendo dall’eruzione che sta sommergendo l’isola, mentre il Capitano
Nemo se ne sta rinchiuso nella sua biblioteca sommersa. In fondo a questo
disegno c’è una scritta lasciata da Solana: “11-3-47. Quién hubiera tenido el
coraje de ser el capitán Nemo. Mi nombre es nadie, dice Ulises, y eso lo salva del
Ciclope. JS”.236
L’autore, nel creare il personaggio di Jacinto Solana non si ispira ad una
persona reale della generazione del ‘27 ma ricrea una copia fedele del Capitano
Nemo di Verne, un personaggio enigmatico e solitario. Solamente nella terza
parte del romanzo AMM ci chiarisce la vera identità del personaggio che tutti
credevano morto ma che in realtà si era ritirato a vivere in solitudine lontano dai
ricordi del passato.
In un altro caso il pittore Orlando afferma che Mariana “me recuerdas
aquella heroína del Orlando Furioso que cabalgaba sobre un caballo alado con
una armadura reluciente”.237
Lo zio Manuel, racconta a Minaya la prima volta in cui Jacinto Solana
entrò nella biblioteca e il suo stupore nel vedere quei libri che la sua condizione
sociale gli negava:
“Teníamos once o doce años (…).En realidad no era la casa lo que le interesaba,
sino el lugar de donde salían los libros que yo le dejaba a escondidas de mi
madre, y que él leía con una rapidez que a mí siempre me desconcertó (…).En su
casa había un solo libro. Se llamaba, me acuerdo, Rosa María y la Flor de los
amores, un folletín en tres volúmenes que Solana leyó a diez años y por el que
guardó siempre una especie de gratitud. (…). Entró en la biblioteca como si se
internara en la cueva de un tesoro, y no se atrevía a tocar los libros, sólo los
miraba, o les pasaba la mano delicadamente, como acariciara a un animal”.238
235
Ibídem, p. 85.
Ibídem, p. 52.
237
Ibídem, p. 162.
238
Ibídem, p. 49.
236
92
“Los libros eran sólo la medida o el signo de su deseo de huir [da Mágina] para
calcular muy lejos su futura venganza, apetecida y tramada cuando leía en los
libros el regreso del conde de Montecristo”.239
Minaya si è messo sulle tracce di Solana e, attraverso i racconti dello zio,
immagina la vita dello scrittore. Egli è catapultato dal presente al passato e
attraversando i luoghi dove Solana ha vissuto rivive gli avvenimenti del passato
come quando, trovandosi davanti alla casa del poeta, immagina ciò che doveva
avvenire all’interno:
“La casa de hondos corrales y graneros donde él se escondía tras los sacos de
trigo para leer los libros que le dejaba Manuel, que tenían como la biblioteca, ese
olor profundo a tiempo sosegado y a dinero que lo aislaba de su propia vida y de
los gritos de su padre llamándolo desde el portal para que bajara a limpiar la
cuadra o a echar el pienso a los animales. En su casa non existía el dorado
prodigio de la luz eléctrica, (…) y el se quedaba solo en la cocina, alumbrado por
las ascuas del fuego y la vela que encendía para seguir leyendo las aventuras del
capitán Grant o de Henry Morton Stanley o los viajes de Burton y Speke a las
fuentes del Nilo hasta que sus ojos se cerraban”.240
L’immagine di Jacinto Solana è sempre legata al suo amore per la
letteratura come si è potuto constatare leggendo la citazione precedente.
L’idea di una memoria circolare,
nella quale il tempo non procede,
contribuisce a creare la trama dell’opera. L’inesistente romanzo dentro il
romanzo, che si intitola Beatus ille, costituisce il pretesto della ricerca di Minaya e
si converte in uno specchio che riflette l’opera definitiva che il lettore ha tra le
mani:
“Sólo más tarde cuando leyó los manuscritos, pudo Minaya entender por qué
Manuel le había mentido diciéndole que no quedaba ni una página del libro que
Solana estaba escribiendo cuando lo mataron. Decía Beatus ille en el inicio de la
primera cuartilla, pero no era, o no lo parecía, una novela, sino una especie de
diario escrito entre febrero y abril de 1947 y ruzado de largas rememoraciones de
las cosas que habían sucedido diez años atrás. A veces Solana escribía en primera
persona, y otras veces usaba la tercera como si quisiera ocultar la voz que lo
contaba y lo adivinaba todo, para dar así a la narración el tono de una crónica
impasible”.241
Solana confida a Manuel:
239
Ibídem, p. 50.
Ibídem, pp. 58-59.
241
Ibídem, p. 89.
240
93
“He empezado a escribir un libro (…), en la cárcel como Cervantes (…), se
llamaría Beatus ille. Trata de Mágina, y de todos nosotros, de Mariana y de ti, de
Orlando, de esta casa”.242
Il desiderio di Solana di scrivere un libro è dato dal desiderio suo e di tutti
gli scrittori di lasciare un ricordo del passato e di sé. Questo libro, Beatus ille, è
per lui molto importante perché è l’opera di un’intera vita anche se sappiamo che
non esiste ma nasce dall’immaginazione di Minaya e del lettore:
“Tibiamente lo serenaba y exaltaba la sola presencia física de las hojas apiladas,
el tacto sólido y cierto de sus ángulos, el olor del papel, como si el libro fuera un
objeto de antemano definitivo y precioso, ceñido a su peso y a la persistencia de
su volumen en el espacio, cerrado en ella y en su forma como una figura de
bronce. Pensó en su vida pasada y no pudo entender cómo había podido
sobrevivir a tantos años de vacía desesperación en los que aún no existía aquel
libro, y recordó con lejana gratitud las historias que escribía de niño en sus
cuadernos escolares para mostrárselas luego a Manuel”.243
In Beatus ille c’è il desiderio di recuperare, mediante la scrittura, la
memoria dello scrittore Jacinto Solana.
In El jinete polaco, i versi citati durante tutto il romanzo, che si associano
all’amore carnale di Manuel e Nadia nel loro appartamento di New York, sono
tratti da una Bibbia protestante del XVI secolo, appartenuta a Don Mercurio, il
dottore di Mágina.244 La Bibbia si trova nel baule che il comandante Galaz lascia
in eredità alla figlia Nadia. Le due storie d’amore, quella passata, tra il dottore e la
donna trovata murata e quella presente, tra Manuel e Nadia, sono legate dalla
lettura del medesimo testo.
Per Don Mercurio la Bibbia è il simbolo del suo amore giovanile per una
donna sposata che, molti anni dopo, è ritrovata murata nella Casa de las Torres
dove abitava e dove si svolgeva la relazione segreta. Solo alla fine del romanzo,
con un colpo si scena, il lettore scopre che la mummia è in realtà la bisnonna di
Manuel, Agueda.
242
Ibídem, p. 126.
Ibídem, p. 223.
244
Si tratta della prima traduzione spagnola completa della Bibbia, pubblicata nel 1569 da Thomas
Guarin a Basilea, chiamata anche la “Bibbia dell’orso” per l’emblema che c’è stampato sulla
copertina. Il traduttore, Casiodoro de Reina, fu uno dei dodici monaci simpatizzanti della Riforma
che nel 1557 abbandonarono clandestinamente il monastero di San Isidro del Campo a Siviglia e
fuggirono in paesi protestanti, salvandosi così dal rogo.
243
94
Durante tutto il romanzo Nadia legge alcuni versi della Bibbia a Manuel,
facendo rivivere una storia passata. Afferma Manuel che i seguenti versi d’amore
citati da Nadia:
“trújome a la cámara del vino y su bandera de amor puso sobre mí”, “las noches
busqué en mi cama al que ama mi alma, busquélo y no lo hallé”, “mi amado es
para mí un manojico de mirra que reposará entre mis tetas (…), cuán hermosos
son tus pies en los calzados, oh hija de principe, dice, ella o él”,245
devono aver suscitato il desiderio di molte persone ieri come oggi.
La prima volta che Nadia sfoglia la Bibbia scopre tra le pagine la
fotografia di una giovane donna del secolo scorso e si ricorda “de aquel hombre
gordo y manso que visitaba todas las tardes a su padre en el chalet de Mágina y de
las historias que contaba, Ramiro, ése era su nombre, lee al azar en las páginas,
donde estaba la foto [della mummia], aparta tus ojos de delante de mí, porque
ellos me vencieron”.246
Lo stesso fotografo, Ramiro Retratista, ricorda di aver trovato nascosto
nel vestito della mummia un foglio manoscritto con alcuni versi che rivelano la
passione segreta di un anonimo amante:
“Ponme como sello sobre tu corazón, como un signo sobre tu brazo; porque
fuerte es, como la muerte, el amor; duro, como el sepulcro, el celo; sus brasas,
brasas de fuego, llama fuerte. Las muchas aguas no podrán apagar el amor ni
247
los ríos lo cubrirá”.
Leggendo questi versi il fotografo scopre che il grande amore della sua
vita è una donna morta trent’anni prima della sua nascita
Nella seconda parte del romanzo, l’adolescenza di Manuel, la sua
immaginazione e i ricordi sono legati ad un libro del nonno:
“(…) cuando se me acaban las historias que le he oído a mi abuelo las continúo
inventando peripecias nuevas mientras hablo, acordándome de películas y de
ilustraciones de libros; he descubierto que los libros estan llenos de palabras y de
voces silenciosas (…). El libro tiene los cantos requemados y mi abuelo me
explica con orgullo que lo rescató de la hoguera a donde los milicianos habían
arrojado todos los libros (…). Cuando estoy solo busco el libro y lo pongo sobre
la mesa igual que mi abuelo y recorro las páginas buscando las palabras que él
245
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, pp. 15, 18, 152.
Ibídem, p. 476.
247
Ibídem, pp. 103-104.
246
95
dice en voz alta, sigo las líneas con el dedo índice de mi mano derecha, busco los
grabados que me impresionan más que las imágenes de una película”.248
Successivamente a questa citazione Manuel associa il cavaliere raffigurato
nel quadro di Rembrandt, nell’appartamento di New York, ad una figura letteraria
del suo passato:
“Le hablo a Nadia en voz baja y miro frente a nosotros el grabado del jinete y
aunque sé que es imposible tengo la sensación de que lo he visto hace muchos
más años de lo que yo creía, en una de las páginas con los filos requemados de
aquel libro que leía mi abuelo Manuel, la misma sensación de aventura y de
sueño, mi abuelo atravesando la sierra de Mágina en una noche de tormenta,
Miguel Strogoff perseguido por los tártaros en el primer libro que me compraron
cuando supe leer”.249
Anche un personaggio secondario, Florencio Pérez, poeta frustrato di
Mágina, nella sua scrittura stabilisce una continuità tra passato e futuro che
ricorda e anticipa nella redazione delle sue memorie:
“(…) cuando se puso seriamente a escribir se dio cuenta con estupor y
desconsuelo de que no le había ocurrido casi nada en la vida (…) en apenas un
año de escribir todos los días tuvo contados los setenta años de su vida entera (…)
empezó tranquilamente a contar sus recuerdos del día siguiente (…) y contó el
regreso de su hijo menor (…) a medida que el manuscrito se aventuraba en el
porvenir y en la mentira iba volviéndose más lujosamente detallado”.250
Il libro è uno strumento che aiuta i personaggi a ricordare il passato ma
anche ad immaginarlo come afferma Manuel:
“(…) mientras hablo con Nadia, mientras las palabras vienen a mis labios tan
involuntariamente y tan sin tregua ni orden como las imágenes de un sueño,
cuando surge ante mí un recuerdo intacto y perdido, no un recuerdo, sino algo
más poderoso y material, la sensación de ir montando a caballo detrás de mi
padre, abrazado a su cintura (…) voy con él e imagino que cabalgamos hacia una
aventura leída en los libros, sé que tengo ocho o nueve años”.251
Per AMM la letteratura è la capacità di riflettere, di negare e di cercare di
formulare un’altra idea del mondo come afferma durante un’intervista:
“La literatura consiste en que la palabra signifique cosas y la política, la
economía, la publicidad hacen que el idioma no signifique. La literatura implica
la idea de universalidad y de comunicación entre todas las personas. Entonces la
literatura siempre estaba en contra, gracias a Dios ya no tenemos las limitaciones
248
Ibídem, p. 188.
Ibídem, p. 189.
250
Ibídem, p. 61.
251
Ibídem, p. 189.
249
96
exteriores que teníamos antes ni las limitaciones interiores del dogmatismo
político, pero la literatura siempre es minoritaria, siempre es marginal, y siempre
es sospechosa. Y a mí me gusta que lo sea”.252
Nel romanzo El jinete polaco, una riproduzione dell’omonimo quadro di
Rembrandt è strettamente correlata ai due temi appena esaminati, la musica e la
letteratura; essa riveste un ruolo importante all’interno della finzione ed è il mezzo
che suscita il ricordo del passato in Manuel e Nadia; essa rinvia alla storia
ambigua del comandante Galaz ma anche alla letteratura e alla canzone dei Doors,
Riders on the storm. Il protagonista associa la figura del quadro a quella letteraria
di Michele Strogoff la cui fidanzata si chiama Nadia.
L’immagine del “cavaliere” rappresenta per Manuel l’instabilità,
l’incertezza del futuro e anche il suo errare per il mondo senza una meta prima di
rivedere, dopo molti anni, Nadia.
La figura del cavaliere è il legame principale tra i due amanti, nella
versione dei Doors è l’immagine che li unisce nella “repetida sorpresa de haber
amado exactamente la misma música a la misma edad y de poseer de pronto un
pasado común en el que sin conocerse ya estaban juntos”.253
Sin da piccola Nadia conosce questo quadro di Rembrandt perché suo
padre possedeva un’incisione e non se ne separava mai, mentre Manuel la
contempla alla Frick Collection di New York:
“(…) un hombre joven, cabalgando sobre un caballo blanco, de noche, con un
gorro de aire tártaro, delante de una colina en la que se distingue con dificultad la
forma de una torre ancha y baja o de un castillo. Se acerca para mirar el título,
Rembrandt, The polish rider, pero tiene que apartarse otra vez porque la luz se
refleja en la superficie oscura y brillante del lienzo. Es el cuadro más raro que ha
visto en su vida, aunque no sabe explicarse por qué, es muy raro pero también
familiar, como si hubiera visto en un sueño olvidado, no hace mucho (…). Está
seguro, ha soñado con este jinete, lo hace feliz y le da terror, como las historias
que su abuelo Manuel le contaba (…), no puede tolerar la tensión imposible que
le ha agudizado la memoria, dónde lo he visto, cúando (…). Puede que esté
acordándose de una película o de la ilustración de un libro”.254
252
Cfr. Elizabeth Scarlett, art. cit., p. 77.
El jinete polaco, p. 18.
254
Ibídem, pp. 440-441.
253
97
L’impressione che Manuel riceve al museo, è simile a quella che prova
Minaya in Beatus ille, “la perdurable fascinación de los rostros sombríos que lo
miraban desde los muros”255 nella casa dello zio.
Al quadro è legato un episodio dimenticato dell’adolescenza di Manuel
che Nadia gli ricorda durante il loro incontro casuale a New York.
Questo incontro è l’anello mancante alla catena degli avvenimenti che si
sono susseguiti durante tutto il romanzo e solo alla fine è restituito alla memoria
del protagonista grazie alla narrazione.
L’incisione aiuta Manuel a ritrovare nella sua memoria questo frammento
che Nadia gli racconta. Egli non vuole finire come questo cavaliere anonimo
ritratto la cui vita ha perso le coordinate:
“que cabalga por un paisaje donde muy pronto amanecerá o acaba de hacerse
noche, un viajero solitario y tranquilo, alerta, orgulloso, casi sonriente, que da la
espalda a una colina donde se distingue la sombra de un castillo y parece cabalgar
sin propósito hacia algún lugar que no puede verse en el cuadro y cuyo nombre
nadie sabe, igual que tampoco sabe nadie el nombre del jinete ni la longitud y
latitud del país por donde está cabalgando”.256
Appartenere ad un luogo, a qualcuno, avere un’identità, un passato è ciò
che Manuel desidera.257
La relazione tra corpo e memoria è un riflesso sulla superficie di uno
specchio, l’immagine dall’altro lato sembra essere autonoma, indipendente dal
riflesso della persona che esiste nello spazio reale, è lo specchio di una finestra o
una porta dalla quale la mente penetra in un altro spazio “chambre de mémoire”
memoria immateriale che apre la strada all’immaginario. Guardarsi nello specchio
è confrontarsi con il passato, relazionare il presente con diverse tappe del passato.
In Beatus ille Minaya allude alla linearità temporale nella seguente
riflessione che appare all’inizio del romanzo:
255
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 14.
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 18
257
Cfr. Marco Kunz, “Anticipación y resonancia en El jinete polaco”, a cura di Irene AndresSuárez, Inés d’Ors, op. cit., pp. 125-137.
256
98
“(…) si hubiera un espejo capaz de recordar estaría plantado ante la tachada de
esa casa, y sólo él habría percibido la sucesión de lo inmóvil, la fábula encubierta
bajo una quietud de balcones cerrados, su persistencia en el tiempo”.258
Gli specchi sono i ricordi che operano in modo discontinuo restituendo le
immagini iterative dei morti che hanno vissuto in questi luoghi dove gli oggetti,
uguali e disposti in modo immutabile, provocano casualmente il processo di
rimembranza, come quando “en ese espejo donde Inés ya volverá a mirarse
Minaya sabe que buscará el rastro imposible de un niño vestido de marinero que
se detuvo ante él hace veinte años”259; un solo sguardo allo specchio ha scatenato
diversi livelli temporali.260
L’utilizzo di questo tema dello specchio culmina drammaticamente nella
notte d’amore che Inés e Minaya condividono nella camera nuziale dello zio
Manuel, quest’ultimo nel vederli insieme rivive un momento passato come
presente ed è colpito da un attacco di cuore che lo uccide. In un primo momento
“asidos como dos sombras rodaron el suelo arrastrando consigo las sábanas de la
cama, y sobre la alfombra, entre las sábanas manchadas, se buscaban y derribaban
y mordían en una persecución multiplicada por los espejos en el aire púrpura y
oscuro”.261
La scena continua ed è interrotta bruscamente da una nuova illusione
fantastica:
“(…) y fue entonces cuando se rasgó el tiempo como si una piedra vengativa
hubiera roto los espejos que los reflejaban, porque escucharon tras ellos el ruido
de la puerta (…)”.262
Tutti i personaggi sono circondati da specchi eccetto Doña Elvira, la cui
rigidità non sembra conoscere né passato né presente né futuro. Lo specchio
permette di realizzare la materializzazione del passato, ormai dimenticato come in
questa occasione:
258
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 9.
Ibídem, p. 14.
260
Cfr. Maryse Villapadierna, “Tiempo, espacio y memoria en Beatus ille de Antonio Muñoz
Molina”, a cura di Covo Jacqueline, op. cit., p. 86.
261
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 110.
262
Ibídem, p. 111.
259
99
“Frente al espejo todavía, sin volverse ni alzar la voz, Doña Elvira ve a Teresa
retirando las sábanas y la colcha de la gran cama conyugal en la que sigue
durmiendo cuarenta años después de quedarse viuda y advierte de pronto, con
secreta satisfacción, cómo ha envejecido la criada que era una niña cuando entró
a servicio”.263
L’enigma che presenta il quadro di Rembrandt, in El jinete polaco, è
simile a quello che in Beatus ille ci pone la continua presenza degli specchi.
Questi specchi, a volte, hanno una funzione analoga alle fotografie che analizzerò
successivamente.
L’incisione del cavaliere diventa uno specchio quando ad esso si
sovrappone il volto del comandante Galaz:
“[Nadia] mira la cara indiferente y joven del jinete y le parece ver en ella un
helado desafío que siempre le dió miedo, una solitaria determinación en la que
ahora adivina el retrato espiritual de su padre: como si el grabado estuviera
cubierto por una lámina de vidrio y viera reflejada en ella, fundida a la efigie del
hombre a caballo y la colina que hay tras él, la cara ya muerta y todavía vigorosa
y severa del comandante Galaz”.264
Il comandante Galaz, come afferma il narratore, osservando la sua
immagine riflessa nello specchio:
“No asociaba esa cara con ningún recuerdo, no la encontraba parecida a la que
veía cada mañana y cada noche en el espejo, y no sólo porque fuera la de un
hombre mucho más joven, sino porque lo consideraba tan extraño a sí mismo
como un hijo cuyo comportamiento no supiera explicarse”.265
Quando involontariamente il comandante Galaz imita la voce del padre
ascoltando sè stesso gli sembra di udire la voce di un uomo morto mezzo secolo
prima tanto che sua figlia non lo riconosce. Il volto del padre “se le presentaba en
los espejos, en el que ella [Nadia] le ponía delante cuando terminaba de
afeitarlo”.266
Lo specchio svolge un ruolo importante, serve ai personaggi per conoscere
se stessi. Manuel, per esempio, ricorda che “mirándome de soslayo en las
cristaleras de los bares o en los espejos de las tiendas, inventándome a mí mismo
263
Ibídem, p. 69.
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 475.
265
Ibídem, p. 297.
266
Ibídem, p. 324.
264
100
como a un personaje de novela o de cine que nunca acaba de pertenecer
plenamente a una historia”.267
In Beatus ille osserviamo il procedimento inverso: quando Minaya si
contempla allo specchio è paragonato ad un ritratto del tenebrismo:268
“Avanzó a tientas, cerrando la puerta a sus espaldas, encendió una cerilla y se vio
a sí mismo en el doble espejo del armario, su cara pálida que emergía de la
oscuridad como en un retrato tenebrista”.269
AMM con la sua metafora dello specchio vuole evocare la concezione
realista di Stendhal “un roman, c’est un miroir que l’on promène le long d’un
chemin” convertendola in una concezione propria, a volte scettica e ludica. Uno
specchio che ha la capacità di conservare un'immagine materiale e fisica che si va
perdendo con il trascorrere del tempo.
Due donne passionali, Mariana in Beatus ille e la trisavola Agueda in El
jinete polaco, sono ricordate all’interno dei romanzi attraverso un oggetto che ne
riproduce le sembianze, la statua.
La mummia della trisavola, ritrovata murata viva nella Casa de las Torres,
simboleggia il tempo trascorso. Essa è riprodotta su commissione del dottor
Mercurio in una statua di cera che mantiene inalterato il suo aspetto originale.
L’inalterabilità della mummia e le immagini delle fotografie ricordano ai
vivi il trascorrere del tempo. Alla fine del romanzo il lettore scopre che la
trisavola ha partorito un bimbo che non muore strangolato dal cordone
ombelicale, come Don Mercurio racconta, ma sopravvive e si scoprirà essere il
bisnonno del protagonista, ipotesi non confermata ma suggerita al lettore da
alcune analogie tra il figlio del dottor Mercurio e Pedro Expósito. La madre di
Manuel, attraverso i ricordi, gli svela la storia del bisnonno abbandonato e trovato
dalle suore che lo chiamano Pedro. Egli è il frutto della relazione giovanile tra la
trisavola e Don Mercurio. Questa scoperta è sorprendente per Manuel e per il
267
Ibídem, p. 232.
Corrente pittorica che oppone, con forte contrasto, luce e ombra. Fu introdotta dal pittore
italiano Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1573-1610).
269
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 88.
268
101
lettore che deve cercare con la memoria di saltare l’abisso di pagine che separano
la prima citazione dall’ultima.
Tutta la prima parte e l’ultima del romanzo sono disseminate dei
frammenti di questa storia attraverso i ricordi dei vari personaggi.270
In Beatus ille la statua dei Caduti, scolpita da Utrera e situata nella piazza
di Mágina, rappresenta un periodo cupo della storia spagnola e raffigura un angelo
che ha un foro di pallottola in mezzo alla fronte. Nessuno conosce il significato di
quel foro tranne lo scultore ma Minaya osservandola nota che ha i capelli e i tratti
di Mariana. Tutte le opere dello scultore hanno il volto di Mariana che lo scultore
ricorda così:
“Los ojos y los pómulos. Su boca era admirable, y su nariz, como usted ya habrá
notado, era justo un poco más larga y aguda de lo que admiten las normas de la
estatuaría. Pero su belleza estaba sobre todo en los ojos rasgados y en aquellos
pómulos tan altos”.271
“El rostro del Caído es un retrato de Mariana, un retrato funerario, para ser más
exactos. Yo le había hecho la mascarilla mortuaria, pero la perdí antes de que
terminara la guerra. Volví a encontrarla mucho años después, en el cincuenta y
tres, cuando ya estaba trabajando en el monumento a los Caídos. Al principio
pensé que el Ángel debía tener el rostro de Mariana”.272
La presenza di Mariana crea una struttura a specchio nel romanzo, la
donna è definita nella logica romanzesca della sua resurrezione come volubile e
incomprensibile che racchiude in se desiderio e ricordo. La gente comune proietta
su di lei i propri fantasmi e la vede come un demonio, una passionale ovvero un
pericolo da eliminare273. Il medico Medina “en seguida pensó que no era la clase
de mujer que él había imaginado mirando las fotografías, y menos aún la que
Mágina había calculado y temido”.274
Queste due figure femminili servono ai personaggi per ricordare la storia
privata e quella collettiva ma anche gli avvenimenti storico-politici dell’epoca in
cui le due donne sono vissute.
270
Cfr. Marco Kunz, “Anticipación y resonancia en El jinete polaco”, a cura di Irene AndresSuárez, Inés d’Ors, op. cit., pp. 125-137.
271
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 94.
272
Ibídem, p. 95.
273
Cfr. Villapadierna Maryse, “Tiempo, espacio y memoria en Beatus ille de Antonio Muñoz
Molina”, a cura di Jacqueline Covo, op. cit., p. 87.
102
Tra i due personaggi femminili ci sono alcune similitudini, come la morte
misteriosa e un amore impossibile; in El jinete polaco c’è anche un richiamo alla
storia di Mariana quando Ramiro Retratista:
“Pensó esa noche, comparandola fotografía nupcial y la que tomó por encargo del
inspector Florencio Pérez, que las dos mujeres se parecían y que estaban unidas
por un destino común. La muerta de 1937, ¿ no sería una reencarnación de la otra,
no habría repetido casi setenta años después el entusiasmo y luego la expiación de
un amor culpable, no se habría levantado sonámbula de la cama y caminado
hacia el balcón al escuchar la voz seductora de la muerte, igual que la
emparedada de la Casa de las Torres y la doncella de Schubert?”275
Le fotografie, presenti in entrambi i romanzi, ci danno l’illusione di vivere
un tempo inaccessibile e dalla loro osservazione possiamo immaginare, come
eravamo e come erano le persone che sono morte.
Le fotografie hanno sempre suscitato interesse in AMM il quale afferma:
“ cada foto que yo miraba era una interrogación una posible historia de alguien a
quien yo no conocía, pero que tenía mucho que ver conmigo, que había vivido
también en la misma casa que yo en el tiempo anterior a mi vida o a mis primeros
recuerdos”.276
Manuel mentre osserva una fotografia che ritrae la donna trovata murata
dice che Ramiro Retratista scattò quelle fotografie con un proposito::
“ para que ahora yo pueda mirarlas y viaje como en una secreta máquina del
tiempo a una plaza sombreada de álamos que ya no existen y reconozca y
recuerde voces que suenan en la infancia de mis padres y ecos de llamadores
golpeando puertas de casas en las que no vive nadie desde hace muchos años”.277
In Beatus ille le fotografie dei tre amici-amanti (Manuel, Mariana e
Jacinto) e del matrimonio di Mariana e Manuel rappresentano una storia passata e
la loro vista suscita nei personaggi i ricordi.
Lo zio Manuel colloca nei diversi locali della casa delle fotografie e
Minaya osserva che queste sono disposte in un ordine personale e
“cuidadosamente establecido en los catálogos de su memoria como invisible para
274
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 142.
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 98.
276
Cfr. Antonio Muñoz Molina, “Fotografía. ‘Las fuentes de la memoria’. La vida entera en
blanco y negro”, in El País semanal, 14 Aprile 1996, pp. 22-24.
277
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 58.
275
103
nadie que no sea él”.278 Esse hanno un significato di commemorazione dei morti
ma a Manuel non bastano le immagini:
“exigía fechas, lugares precisos, tonos exactos de luz y pormenores de ternura,
enumeraciones de citas, de palabras, y de tanto pensar en Mariana y en el que fue
su mejor amigo se le gastaron los recuerdos, de modo que ya no estaba seguro de
que hubieran existido verdaderamente fuera de las fotografías y de su
memoria”.279
La prima cosa che Minaya nota, al suo arrivo nella casa dello zio, è la
fotografia sopra il camino che nel catalogo immaginario di Manuel ha il numero
uno perché è la prima fotografia fatta con Mariana:
“(…) la misma muchacha [del disegno di Orlando] caminaba entre dos hombres
por una calle que indudablemente era de Madrid. Llevaba un abrigo con cuello de
piel abierto sobre un vestido blanco y zapatos de tacón, pero de su rostro sólo
podía precisarse la gran sonrisa que se burlaba del fotógrafo (…).El hombre que
caminaba a su izquierda sostenía un cigarrillo y miraba el espectador con aire de
ironía o recelo. (…) En el de la derecha, el más alto de los tres y sin duda el mejor
vestido, Minaya creyó reconocer a su tío”.280
Anche Solana, guardando la fotografia che ritrae Mariana, ricorda la scena
nella quale il fotografo, Ramiro Retratista, stava preparando la camera e le luci
mentre lui conversava con Orlando, rivive l’istante in cui i suoi occhi si
incrociarono con lo sguardo di Mariana che “perduró gracias al azar y la fogonazo
del magnesio más firme que la memoria”.281
Il narratore descrive Mariana attraverso ciò che le fotografie mostrano, una
donna:
“Tensa y tranquila, en el centro de las fotografías y en el dibujo de Orlando y en
la médula de una memoria plural que se hacía única al entrecruzarse en ella como
las miradas de los hombres en una muchacha que pasa sola entre las mesas de un
café: firme en su desconocida voluntad, en la certeza de la fascinación que
ejercía, igual que en la leve caída de su sombrero con un velo que le encubría los
ojos y llegaba justo hasta la mitad de su nariz y sus pómulos”.282
In alcuni casi la fotografia non rispecchia la vera personalità di chi è
ritratto, è un’immagine ingannevole, Nel ricordo di Medina, un amico di Manuel e
Solana, Mariana “(…) no se parecía en nada a la foto de Madrid, ni siquiera a la
278
Ibidem, p. 212.
Antonio Muñoz Molina, Beatus ille, p. 25
280
Ibidem, p. 23.
281
Ibidem, p. 216.
279
104
que le tomaron el día de su boda: Sólo el dibujo de Orlando es aproximadamente
fiel a la realidad. Pero es que los muertos dejan de parecerse en seguida a las
fotografías”.283
Anche Solana ricorda una fotografia pubblicata su un giornale che
annunciava la sua morte e non si riconosce nell’uomo ritratto:
“yo era esa fotografía de un hombre que se había enfrentado con una pistola a la
Guardia Civil y preferido la muerte antes de rendirse. Usted quería un escritor y
un héroe”.284
Alla fine del romanzo Minaya e Jacinto Solana si incontrano e il narratoreSolana spiega con queste parole l’evento:
“Él [Minaya] no dijo nada, o sólo repitió mi nombre, que al sonar en su voz tenía
una cualidad dura, desconocida, remota, porque no me nombraba a mí, a quien
verdaderamente yo soy, sino a otro tal vez a un héroe, a la sombra oculta en los
manuscritos y en las fotografías”.285
La storia individuale di Manuel e Nadia, in El jinete polaco, si proietta in
quella collettiva, la dimensione intima e personale si mischia agli avvenimenti
familiari, sociali e politici della collettività. Amore e memoria si coniugano per
ridare vita ad un passato collettivo dimenticato.286
In El jinete polaco, il vecchio baule “archivo prodigioso y anárquico” di
fotografie ingiallite, scattate da Ramiro Retratista e lasciato in eredità a Nadia dal
padre, il comandante Galaz, rivela la storia di Mágina, metonimia della Spagna,
attraverso i ritratti di personaggi immaginari. Il baule funziona come memoria
implacabile che racchiude la testimonianza fotografica di quasi un secolo di vita
locale.
Dal presente la copia recupera il passato che è simboleggiato nel baule
dove sono conservati, oltre agli oggetti precedentemente citati (la Bibbia, il
quadro di Rembrandt), queste vecchie fotografie che riproducono le scene e le
persone della mitica Mágina-Úbeda. Manuel e Nadia le contemplano nel tentativo
282
Ibidem, p. 136.
Ibidem, p. 142.
284
Ibidem, p. 267.
285
Ibidem, p. 263.
286
Cfr. Marie-Claude Chaput, art. cit., pp. 27, 37.
283
105
di rivivere il tempo passato e di recuperare la loro identità e le proprie origini. Si
tratta di ricomporre un “ desorden caudaloso de cronologías y vidas”.
Frugando tra queste fotografie Manuel osserva quelle della sua famiglia e
Nadia gli chiede i nomi delle persone ritratte e vuole che, come lui stesso dichiara:
“ le cuente historías que pueblen únicamente para nosotros dos el espacio vacío
de nuestro pasado común, inventado, imposible, y al encontrar la foto de mi
abuelo Manuel lo veo tal como mi imaginación me lo exaltaba cuando veía su
retrato en los cajones prohibidos, como lo recuerda mi madre bajo la luz de su
infancia, no una tiesa figura en blanco y negro sino un hombre más alto que
ningún otro que ella conociera”.287
In un passaggio del romanzo Manuel, guardando i volti, ha la sensazione
di non averli mai conosciuti veramente, sono i volti dei suoi parenti e fa una loro
accurata descrizione facendo anche delle considerazioni personali:
“ mi padre con chaqueta y corbata y pantalón corto posando junto a una columna
sobre la que hay un galgo de escayola, mi madre con alpargatas blancas y
calcetines oscuros y un lazo en el pelo, con doce o trece años, llevando en brazos
a uno de sus hermanos menores, sonriendo a la sombra de mi abuelo Manuel, ya
sin el uniforme de Guardia de Asalto, (…) con pantalones y chaleco de pana y
una camisa sin cuello abronchada bajo la barbilla, solemne, (…) pasando su brazo
derecho sobre el hombro de mi abuela Leonor (…) mirando de soslayo, con un
poco de rencor, a mi bisabuelo Pedro, que no sabe que están haciéndole una
fotografía”.288
I due personaggi amano osservare le fotografie e paragonarsi ai loro
antenati, in proposito Manuel afferma che a Nadia:
“le gusta reconocer los rasgos que ama en alguien que no soy yo: igual que la
memoria y que las palabras que decimos, tampoco nuestras caras nos pertenecen
del todo. Lo entiendo ahora cuando veo la mirada y los pómulos de Nadia en una
foto de su padre, cuando reconozco una sombra o un rastro de su identidad en
esas fotos de su hijo”.289
Una fotografia del padre serve da spunto a Manuel per immaginarne
l’adolescenza:
“(…) en la foto mi padre tiene el pelo ondulado y muy corto y sonrie igual que
ahora, con la misma reserva de solitario y emboscado: cumpliría muy pronto
catorce o quince años y aún no sabía que iba a enamorarse de la hermana de su
amigo Nicolás, y su piel era casi tan oscura y sus manos tan fuertes como las de
sus mayores, pues desde que tuvo diez años había trabajado en las huertas a la par
de los hombres, y el orgullo se le nota en la cara, una confianza tranquila en sí
287
Antonio Muñoz Molina, El jinete polaco, p. 82.
Ibídem, p. 105.
289
Ibídem, pp. 141-142.
288
106
mismo, una precoz severidad que el rancio traje de adulto y la sonrisa acentúan y
que tal vez no procede de su envaramiento ante la cámara”.290
Nella pagina seguente afferma a proposito del padre:
“Sé de el lo que he visto en sus fotografías, casi lo mismo que puede saber Nadia
mirándolas. Ese aire de orgullo, soledad y decencia, esa manera de inclinarse con
solicitud y ceremonia hacia mi madre en una de sus fotos de bodas. Soy incapaz
de imaginarlo vencido por una pasión que no sea la de su soledad y de su trabajo.
(…) Lo que me desconcierta no es saber tan pocas cosas sobre él: es la certeza de
que mi ignorancia es de antemano tan irremediable como si ya estuviera
muerto”.291
Manuel guarda la fotografia del matrimonio dei genitori e ricorda che una
stessa immagine si trova appesa ad una parete nella casa di Mágina.
Nell’esaminare i volti giovani dei genitori nota che “ya tienen ese aire abstracto de
época de las fotografías un poco antiguas de los desconocidos, como si al cabo del
tiempo hubieran perdido su identidad singular para convertirse en figuras
alegóricas de un pasado extinguido”.292
Grazie alle fotografie e ai ricordi di Nadia, il comandante Galaz si è
trasformato per Manuel da una figura leggendaria, che durante la sua infanzia
aveva paragonato a personaggi di finzione, ad una persona strettamente legata alla
propria vita reale:
“me impresionaba ese nombre tan rotundo y tan raro [quello del comandante
Galaz] que sólo era posible atribuir a un hombre imaginario, a un héroe tan
inexistente como el Cosaco Verde o Miguel Strogoff o el general Minaja (…)”.293
Verso la fine del romanzo, Manuel e Nadia fanno una considerazione sulle
persone di Mágina fotografate ed osservano che il fotografo, Ramiro Retratista
aveva tenuto una copia di tutte le fotografie scattate senza sospettare il destino che
sarebbe toccato ad esse, senza sapere che sarebbe stato l'unico testimone di quelle
vite che nessuno ricordava e che ora risorgono alla memoria come una clandestina
e universale resurrezione dei morti in un appartamento di New York..294
290
Ibídem, pp. 144-145.
Ibídem, p. 146.
292
Ibídem, p. 160.
293
Ibídem, p. 24.
294
Cfr. p. 494.
291
107
Mi sembra opportuno concludere ricordando le affermazioni di AMM
riguardo la fotografia:
“mi memoria está llena de fotografías. Si no fuera por las fotos, mi memoria sería
mucho más pobre, incluso sería menos memoria, no habría percibido desde antes
de tener uso de razón la poesía y el enigma del tiempo de las vidas humanas.
Cada foto que yo miraba era una interrogación, una posible hostoria de alguien a
quien no conocía, pero que tenía mucho que ver conmigo, que había vivido tal
vez en la misma casa que yo en el tiempo anterior a mi vida o a mis primeros
recuerdos”.295
295
Cfr. Antonio Muñoz Molina, “Fotografía. ‘Las fuentes de la memoria’. La vida entera en blanco
y negro”, art. cit., p. 22.
108
Conclusione
Dalla lettura delle opere di Antonio Muñoz Molina emerge un tema
comune che lega con un filo romanzi e racconti: la memoria.
Questo argomento è da sempre presente in letteratura e l’autore che ho
scelto fa di questo un elemento fondamentale della sua opera.
Attraverso il ricordo AMM cerca di recuperare il passato personale e
collettivo. Egli utilizza la memoria reale e storica che appartiene ad un’esperienza
personale o si manifesta nel racconto di altre persone che lo scrittore espone
attraverso i suoi personaggi.
Muñoz Molina mescola abilmente la memoria inventata a quella reale per
cercare di ingannare il lettore che non riesce più a distinguerle ritenendo reale
anche la finzione.
Il lavoro che mi sono proposta è stato ricercare all’interno del testo ogni
riferimento alla memoria e successivamente scinderla in reale e immaginaria.
Nell’analisi di alcune opere ho rilevato alcuni dei meccanismi attraverso
cui agisce la memoria e ho potuto verificare che la distanza che separa i ricordi e
l’immaginazione è minima.
La finzione è spesso utilizzata dall’autore per colmare i vuoti di memoria
lasciati da avvenimenti non vissuti in prima persona o vissuti durante l’infanzia
dove il ricordo è completamente assente o sfuocato.
Molti dei personaggi che l’autore impiega nelle sue opere appartengono
alla finzione. Come ho potuto constatare essa è correlata alla realtà perché alcuni
personaggi sono frutto dell’immaginazione dell’autore mentre altri sono legati alla
realtà familiare dell’autore.
La memoria è una delle forme che adotta il nostro potere di invenzione.
L’importante è che i ricordi, inventati o reali, siano coerenti con la visione del
mondo e di se che ognuno possiede.
Non si può, in effetti, parlare di memoria autobiografica perché AMM non
lo dichiara mai apertamente nei suoi scritti. Solamente conoscendo la vita ed il
pensiero dell’autore il lettore può dedurre che alcuni personaggi e avvenimenti
109
raccontati fanno parte della sua vita passata e presente. Nelle sue opere AMM fa
una profonda riflessione sull’identità personale e generale restando fedele ad
un’etica della memoria.
Egli si rifà ripetutamente allo spazio e al paesaggio di Mágina come
apportatori di memoria collettiva basandosi su avvenimenti autobiografici.
Mágina, sebbene il nome sia nato dall’immaginazione di AMM, non è solo
un luogo dei libri dello scrittore ma del suo passato e della memoria dei suoi
antenati ed è trasposizione del suo paese, Úbeda.
Mágina e la vita di provincia sono lo scenario attraverso cui AMM esprime
il suo desiderio nomade e cosmopolita di fuga verso la città. A questo paese sono
legati i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza in particolare, le storie che gli
raccontavano i nonni ed i genitori.
La sua è una “memoria personale” perché parla, attraverso i personaggi,
della sua famiglia, delle sue esperienze vissute prima nel paese di origine e poi in
giro per il mondo.
L’autore, come i suoi personaggi, è un ribelle che si oppone alla volontà
del padre che lo vuole avviare alla campagna e si trasferisce in città per studiare e
per essere, come lui stesso si definisce, “un cosmopolita”.
Durante la maturità AMM riscopre il valore delle proprie origini e ritorna a
Úbeda-Mágina per ritrovare se stesso e le persone che ha lasciato.
Nei suoi libri gli piace raccontare il rapporto tra passato e presente come
osserva in un’intervista: “talvolta mi capita di ricordare cose antiche, come se la
mia memoria avesse più anni della mia età”.
Nel presente è contenuto il passato e in questo il futuro, da qui
l’importanza di osservare i corpi nel tempo. E’ necessario percepire ciò che
rimane nonostante il trascorrere del tempo e ciò è possibile solo attraverso la
memoria.
Importante è osservare il continuo riferimento di AMM alla storia presente
e passata. La II Repubblica, la guerra civile e il dopoguerra della Spagna e i suoi
problemi politico-sociali come la violenza, la solitudine e la frustrazione sono tutti
110
argomenti che ho ritrovato nelle sue opere e ai quali i personaggi fanno
riferimento per ricordare.
Nelle sue opere l’autore ricorre spesso agli oggetti come quadri, libri,
fotografie e specchi che i protagonisti usano per far rivivere, attraverso i ricordi ad
essi legati, il passato personale e collettivo. Ho potuto constatare una relazione tra
le immagini che questi oggetti rappresentano, la memoria ed il recupero del tempo
passato.
Oltre agli oggetti personali disseminati nei romanzi ve ne sono altri come
i monumenti che suscitano i ricordi della collettività perché ad essi ognuno
associa lo stesso ricordo come per esempio avvenimenti legati al periodo della
guerra civile.
L’oggetto-simbolo che più ricorre nelle sue opere sono le fotografie perché
esse rendono immortale ciò che ritraggono e suscitano il ricordo nelle persone che
le osservano.
All’ascolto della musica AMM associa i ricordi della propria adolescenza
che poi trascrive in romanzo, essa aiuta i personaggi a ricordare. Egli cita, per
esempio, musicisti come Lou Reed, The Doors, Rolling Stones e Louis
Armstrong. Questi musicisti rappresentano il modo di essere di un’intera
generazione e ad essi se ne aggiungono altri come Antonio Molina e Concha
Piquer che attraverso le loro canzoni rievocano un passato lontano e dimenticato.
Nelle sue opere AMM fa una riflessione sull’infanzia e sul proprio passato
individuale e familiare, sul contesto storico, politico e sociale della guerra civile e
del dopoguerra non dimenticando la storia precedente, ed infine, si preoccupa di
recuperare attraverso la memoria l’identità individuale e collettiva.
111
Bibliografia
Opere di Antonio Muñoz Molina
Libri
Beatus ille, Barcelona, Seix Barral, 1986.
El invierno en Lisboa, Barcelona, Seix Barral, 1987.
Las otras vidas, Madrid, Mondadori España, 1988.
Beltenebros, Barcelona, Seix Barral, 1989.
Diario del Nautilus, Madrid, Mondadori España, 1989.
Córdoba de los Omeyas, Barcelona, Seix Barral, 1991.
El jinete polaco, Barcelona, Planeta, 1991.
Los misterios de Madrid, Barcelona, Seix Barral, 1992.
El Robinson urbano, Barcelona, Seix Barral, 1993.
La realidad de la ficción, Sevilla, Renacimiento, 1993.
Nada del otro mundo, Madrid, Espasa-Calpe, 1993.
¿Por qué no es útil la literatura?, Madrid, Hiperión, 1993. (con Luis García
Montero)
El dueño del secreto, Madrid, Ollero & Ramos, 1994.
Ardor guerrero, Madrid, Alfaguara, 1995.
Las apariencias engañan, Madrid, Alfaguara, 1995.
La huerta de Edén, Madrid, Ollero & Ramos, 1996.
Escrito en un instante, Palma de Mallorca, Calima, 1997.
Plenilunio, Madrid, Alfaguara, 1997.
Articoli
Antonio Muñoz Molina, “Fotografía. ‘Las fuentes de la memoria’. La vida entera
en blanco y negro”, El País Semanal, 14 abril 1996.
Antonio Muñoz Molina, “La sociedad secreta”, in El País, 17 noviembre 1990.
Antonio Muñoz Molina, “Simulacros de realidad”, a cura di Jochen
Heymann/Montserrat Mullor-Heymann, Retratos de escritorio. Entrevistas a
autores españoles, Frankfurt a. M., Vervuert, 1991, pp. 97-115.
Antonio Muñoz Molina, “Viaje al sur”, in El País, 14 agosto 1994.
112
Su Antonio Muñoz Molina
Interviste
Gallego, Vicente, “Beltenebros de Antonio Muñoz Molina”, in Insula, num. 514,
octubre 1989, p. 19.
García, Ángeles, “Reclamo mi derecho a decir que la violencia nunca puede ser
un signo de modernidad”, in El País, 10 marzo 1992, p. 67.
García Ortega, Adolfo, “Antonio Muñoz Molina. La medicina Flaubert”, in Leer,
num. 11, enero-febrero 1988, pp. 71-73.
Juristo, Juan Ángel, “ Antonio Muñoz Molina: La invención del espacio”, in Leer,
num. 49, enero 1992, pp. 55-58.
Lindo, Elvira, Intervista con Antonio Muñoz Molina, in Elle, febrero 1998, pp.
64-65.
Scarlett, Elizabeth, “Conversación con Antonio Muñoz Molina”, in España
Contemporánea, num. 7:1, 1994, pp. 69-82.
Smith, Alan, “Entrevista con Antonio Muñoz Molina”, in Anales de la literatura
española contemporánea, volume 20, Issues 1-2, 1995, pp. 233-239.
Critica
Libri
AA.VV., Ética y estética de Antonio Muñoz Molina, a cura di Irene AndrésSuárez, Inès d’Ors, in Cuadernos de narrativa, Université de Neuchâtel, Suiza,
num. 2, dicembre 1997.
Morales Cuesta, Manuel María, La voz narrativa de Antonio Muñoz Molina,
Barcelona, Octaedro, 1996.
Articoli
AA.VV., “El espejo de la crítica. El jinete polaco, Antonio Muñoz Molina”, in
Quimera, num. 109, 1992, pp. 62-63.
Alarcos Llorach, Emilio, “Antonio Muñoz Molina: la invención de la memoria”, a
cura di Rico, Francisco, Historia y crítica de la literatura española”, vol. 9,
Villanueva, Darío, Los nuevos nombres 1975-1990, Barcelona, Crítica, 1992, pp.
416-422.
Alonso Troncoso, Victor, “En la Córdoba de las omeyas, con Antonio Muñoz
Molina”, in Cuadernos Hispanoamericanos, num. 504, junio 1992, pp. 33-51.
113
Benson, Ken, “De la amnesia a la nostalgia. Reflexiones sobre la función de la
memoria en tres textos de autores contemporáneos (Rosa Chacel, Juan Benet,
Antonio Muñoz Molina)”, a cura di Beisel, Inge, El arte de la memoria:
Incursiones en la narrativa española contemporánea, in Arbeiten zur Semiotik
und Kunst (ASK), Mannheim, num. 9, 1997, pp. 7-26.
Chaput, Marie-Claude, “Les lieux de mémoire dans El jinete polaco d’Antonio
Muñoz Molina”, in Iris, 1996, pp. 25-38.
Cruz, Juan, “El artículo”, in El País, 27 junio 1997, p.30.
del Rey, Santiago, “La memoria a dos voces”, in Quimera, num. 109, 1992, p. 67.
Fernández Martínez, María Luisa, “La proximidad de los fantasmas. Beatus ille y
El jinete polaco de Antonio Muñoz Molina”, in Versants, num.31, 1997, pp. 77106.
Gándara, Alejandro, “Aires Nuevos: 1984-1985”, a cura di Rico, Francisco
Historia y crítica de la literatura española”, vol. 9, Villanueva, Darío, Los nuevos
nombres 1975-1990, Barcelona, Crítica, 1992, pp. 384-385.
García Ronda, Ángel, “Delta del río”, in El Urogallo, num. 70, marzo 1992, pp.
54-55.
Gil, María José, “ Antonio Muñoz Molina”, in El Urogallo, nums. 76-77,
septiembre-octubre, 1992, pp. 55-56.
Giménez, María José, “El aparato de la enunciación de Beatus ille, de Antonio
Muñoz Molina”, in Cuadernos Hispánicos, IV, 1993, pp. 103-111.
Gracia, Jordi, “El precio del espanto”, in Cuadernos Hispanoamericanos, 564:-,
1997, pp. 119-121.
Herzberger K, David, “Reading and the creation of identity in Muñoz Molina’s
Beatus ille”, in Revista Hispánica moderna, num. 2, diciembre 1997, pp. 382-390.
López de Abiada, José Manuel, “Beatus ille y los recovecos de la memoria. La
escritura como salvación e invención de una memoria proscrita”, a cura di Beisel,
Inge, El arte de la memoria: Incursiones en la narrativa española
contemporánea, in Arbeiten zur Semiotik und Kunst (ASK), Mannheim, num. 9,
1997, pp. 27-48.
López de Abiada, José Manuel, ”Para una cronología de Beatus ille. Marcas
temporales significativas y breves acotaciones”, a cura di Beisel, Inge, El arte de
la memoria: Incursiones en la narrativa española contemporánea, in Arbeiten zur
Semiotik und Kunst (ASK), Mannheim, num. 9, 1997, pp. 167-187.
114
Mainer, José-Carlos, “Antonio Muñoz Molina ou la prise de possession de la
mémoire”, in Études, 380, 2, febrero 1994, pp. 235-246.
Martín, Sabas, “ Antonio Muñoz Molina: identidad, memoria y deseo”, in
Cuadernos Hispanoamericanos, num. 504, junio 1992, pp. 155-158.
Mellizo, Carlos, “ Antonio Muñoz Molina, El invierno en Lisboa”, in España
Contemporánea, II, num. 3, 1989, pp. 142-144.
Negres Cuevas, A, “Antonio Muñoz Molina. El Robinsón urbano”, in Rassegna
Iberistica, num.37, mayo 1990, pp. 51-52.
Oleza, Joan, “Beatus ille o la complicidad de historia y novela”, in Bulletín
hispanique, tome 98, num. II, 1996, pp. 363-383.
Pérez Lasheras, Antonio, “Tiempo real/tiempo narrativo en El invierno en Lisboa
de Antonio Muñoz Molina”, a cura di Martínez Latre, María Pilar, Actas del
congreso en homenaje a Rosa Chacel, Logroño, Universidad de la Rioja, 1994,
pp. 223-227.
Pittarello, Elide, recensione a: “Antonio Muñoz Molina. La realidad de la ficción,
Los misterios de Madrid, Nada del otro mundo, El dueño del secreto”, in
Rassegna Iberistica, 51, dicembre 1994, pp. 72-75.
Pope, Randolph, “Postmodernismo en España: El caso de Antonio Muñoz
Molina”, in España Contemporánea, II, 1992, pp. 111-119.
Rodríguez-Fisher, Ana, “Materia y forma en los relatos de Antonio Muñoz
Molina”, in Insula, num. 568, abril 1994, pp. 22-24.
Santos, Care, “ Antonio Muñoz Molina”, in Quimera, num. 116, 1992, p. 70
Scheffler, Ben, “Antonio Muñoz Molina. Beatus ille”, a cura di de Toro Alfonso e
Ingenschay Dieter, La novela española actual. Autores y tendencias, Kassel,
Reichenberger, 1995, pp. 141-151.
Sherzer, William, “Tiempo e historia en la narrativa de Antonio Muñoz Molina”,
in España Contemporánea, IV, num. 2, 1991, pp. 626-630.
Soria Olmedo, Andrés, “Fervor y sabiduría: la obra narrativa de Antonio Muñoz
Molina”, in Cuadernos Hispanoamericanos, num. 458, agosto 1988, pp. 107-111.
Troncoso, Victor Alonso, “En la Córdoba de los Omeyas con Antonio Muñoz
Molina”, in Cuadernos hispanoamericanos, 1992, num. 504, pp. 34-45.
115
Valls, Fernando, “Las apariencias engañan”, in Quimera, num. 162, octubre 1997,
pp. 63-65.
Villapadierna, Maryse, “Tiempo, espacio y memoria en Beatus ille de Antonio
Muñoz Molina”, a cura di Covo Jacqueline, Historia, espacio e imaginario, PU du
septentrion, Villeneuve d’Ascq, France, 1997, pp. 79-88.
Zamora Águila, Valls Fernando, “Memoria, anticipación y tiempo en El jinete
polaco: algunas implicaciones filosóficas”, a cura di Beisel, Inge, El arte de la
memoria: Incursiones en la narrativa española contemporánea, in Arbeiten zur
Semiotik und Kunst (ASK), Mannheim, num. 9, 1997, pp. 49-76.
Bibliografia generale
Libri e articoli
AA.VV., Cuentos de la isla del tesoro, Madrid, Alfaguara, 1994.
AA.VV., Cuentos de terror, Barcelona, Grijalbo, 1989.
AA.VV., Historia de España, a cura di Antonio Dominguez Ortiz, Barcelona,
Planeta, Vol. 12, 1990.
AA.VV., Relatos eróticos, Barcelona, Grijalbo, 1988.
AA.VV., Últimos narradores (Antología de la reciente narrativa española),
Pamplona, Hierbola, 1993.
Amorós, Andrés, Introducción a la novela contemporánea, Catedra, Madrid,
1985.
Arbó, Sebastían Juan, Relatos del Delta, Barcelona, Mateu, 1965.
Asís Garrote, María Dolores, Última hora de la novela en España, Madrid,
Eudema, 1990.
Castellet, José María, “Veinte años de novela española (1942-1962) ”, in
Cuadernos americanos, (genero-febrero) 1963, pp. 290-295.
Ferreras, Juan Ignacio, La novela en el siglo XX (desde 1939), Taurus, Madrid,
1988.
Gullón, Ricardo, La novela española contemporánea. Ensayos críticos, Alianza
Editorial, Madrid, 1994.
116
Navajas, Gonzalo, Teoria y practica de la novela española postmoderna, Ed. del
Mall, Barcelona, 1987.
Nora Pierre, Les lieux de mémoire, I. La Répubblique, Gallimard, Paris, 1984, p.
25.
Paz Octavio, “La busqueda del presente”, a cura di Rico, Francisco Historia y
crítica de la literatura española”, vol. 9, Villanueva, Darío, Los nuevos nombres
1975-1990, Barcelona, Crítica, 1992, pp. 40-72.
Pedraza Jiménez, Rodriguez Cáceres, Las épocas de la literatura española,
Barcellona, Editorial Ariel Sas, 1997.
Rico, Francisco, Ynduráin, Domingo, Historia y crítica de la literatura española .
Epoca contemporánea 1939-1980, Editorial Crítica Grijalbo, Barcelona, 1980.
Ricoeur, Paul, Tempo e racconto. La configurazione nel racconto di finzione, Jaca
Book, Milano, 1987.
Sanz Villanueva, Santos, “El cuaderno. Manifiesto generación del ’68”, in El
Urogallo, giugno 1988, p. 64.
Segre, Cesare, Teatro e romanzo, Einaudi, Torino, 1984.
Silvestri, Laura, Cercando la via. Riflessioni sul romanzo poliziesco in Spagna,
Roma, Bulzoni Editore, 1996.
Tamames, Ramón, La España alternativa, Madrid, Espasa Calpe, 1993.
Viñó, Manuel García, Novela española actual, Madrid, Guadarrama, 1967.
117